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traditional and sustainable building techniques, particularly in mediterranean seismic zones View project
All content following this page was uploaded by Fumo Marina on 27 May 2021.
GEO 05/Geologia applicata: prof. geol. Alfonso Corniello, prof. geol. Paolo Budetta,
ICAR10/Architettura Tecnica: prof. arch. Marina Fumo, prof. ing. Francesco Polverino, prof. ing. Gigliola Ausiello, prof.
ing. Roberto Castelluccio
ICAR 11/Produzione edilizia: prof. ing. Maurizio Nicolella
ICAR14/Composizione architettonica e urbana: prof. arch. Francesco Viola, prof. arch. Francesca Bruni
ICAR17/Disegno: prof. arch. Lia Maria Papa, prof. arch. Maria Ines Pascariello, prof. arch. Pierpaolo D’Agostino
ICAR20/Tecnica e pianificazione urbanistica: prof. arch. Elvira Petroncelli, prof. arch. Marialuce Stanganelli
Il gruppo DICEA ha costituito un’associazione temporanea con il CUEBC (Centro Universitario Europeo per i Beni
Culturali) che si è avvalso degli studiosi ed esperti: arch. Camillo Crocamo, prof. ing. Ferruccio Ferrigni, arch. Alessandro De Masi
Ha coordinato la ricerca in qualità di responsabile del corrispondente progetto POAT MiBACT presso la Regione
Campania la dottoressa Nadia Murolo, Dirigente di Staff alla DG e dell’ Unità Operativa Dirigenziale Promozione e
Valorizzazione dei Beni Culturali della Direzione Generale per le Politiche Sociali, le Politiche Culturali, le Pari
Opportunità e il Tempo Libero, coadiuvata dall’arch. Antonio Ranauro, già funzionario del UOD03, in quanto ideatore di
numerosi progetti regionali sul tema dell’architettura e del paesaggio rurale, e dalla dott.ssa Valeria Di Fratta, AT POAT
FESR Beni Culturali per gli aspetti connessi al programma operativo.
Un doveroso ringraziamento da parte di tutto il gruppo di ricerca universitario va all’architetto cilentano Camillo
Crocamo che, in maniera scientificamente rigorosa e sistematica, da oltre un trentennio studia con passione
l’architettura rurale del Cilento e ne ha costituito una preziosa banca dati. Il patrimonio di conoscenza da egli stesso
pubblicato negli anni, allo scopo di divulgare l’esistenza di tanti tipi di edifici spesso abbandonati, ma soprattutto di far
conoscere la cultura ed il sistema di vita dalle quali sono scaturiti per favorirne la conservazione, ha costituito una base
fondante per le riflessioni sui criteri e sulle tipologie di interventi proposti.
CAPITOLO 1 | PAG.7
IL RILIEVO ARCHITETTONICO E PAESAGGISTICO
1.1 L’APPROCCIO PAESAGGISTICO
1.2 IL RILIEVO: FINALITÀ E PROCEDURE
CAPITOLO 2 | PAG.13
RECUPERO DELL’ARCHITETTURA RURALE IN CAMPANIA
DEFINIZIONE DEI CRITERI TECNICO-SCIENTIFICI DI INTERVENTO
2.1 L’APPORTO DELLE SCIENZE GEOLOGICHE APPLICATIVE
CAPITOLO 3 | PAG.17
IL RISCHIO IDRAULICO
3.1 IL RISCHIO IDRAULICO E LA PIANIFICAZIONE DI BACINO
CAPITOLO 4 | PAG.23
VADEMECUM PER LE OPPORTUNITA’ DI SVILUPPO E VALORIZZAZIONE
4.1 LOCALIZZAZIONE DELL’IMMOBILE
4.2 OPPORTUNITA’ DI USO E VALORIZZAZIONE
4.3 LIMITAZIONI ALL’USO DEL TERRITORIO
4.4 RISCHI NATURALI E ANTROPICI
CAPITOLO 5 | PAG.31
DOCUMENTAZIONE, RICONOSCIMENTO E VALUTAZIONE DEI CARATTERI IDENTITARI
DISCRETIZZAZIONE CRITICA, CONOSCENZA MULTISCALARE E MULTIDISCIPLINARE
5.1 INTRODUZIONE ED OBIETTIVI
5.2 IL CRBC E LA DISCRETIZZAZIONE DEL PATRIMONIO RURALE
5.3 PIATTAFORMA DIGITALE DI RILIEVO DEL SISTEMA COMPLESSO PER IL RICONOSCIMENTO E LA VALUTAZIONE DEI
CARATTERI IDENTITARI DEL PATRIMONIO CULTURALE RURALE
CAPITOLO 6 | PAG.39
CARATTERI DELL’ARCHITETTURA RURALE
6.1 TIPOLOGIE DEGLI INTERVENTI
6.2 MATERIALI
6.3 DISEGNO DEL PAESAGGIO E DEGLI SPAZI ESTERNI
CAPITOLO 7 | PAG.47
CONSERVAZIONE E PROGETTO. LA SCELTA DEI MATERIALI E DELLE SOLUZIONI TECNICHE
7.1 I PRINCIPI BASE DELL’APPROCCIO CONSERVATIVO
7.2 L’UNITARIETÀ NELLE FASI PROGETTUALI
7.3 CRITERI DI BASE: MINIMO INTERVENTO E REVERSIBILITÀ
7.4 COMPATIBILITA’, SOSTENIBILITÀ E DURABILITÀ
7.5 TECNICHE NUOVE E MATERIALI DELLA TRADIZIONE
7.6 I MATERIALI NUOVI E LA RICONOSCIBILITA’
7.7 I MATERIALI NATURALI E LA RISCOPERTA DI UN APPROCCIO SOSTENIBILE
7.8 RIPROPOSIZIONE E POTENZIAMENTO DEL MODELLO BIOCLIMATICO
7.9 LA PERMEABILITÀ DEL SUOLO E IL PROGETTO CON IL VERDE
7.10 L’APPROCCIO STRUTTURALE E IL CONSOLIDAMENTO
CAPITOLO 8 | PAG.53
LA MANUTENZIONE PROGRAMMATA DEGLI EDIFICI RURALI
CAPITOLO 9 | PAG.55
NUOVA DESTINAZIONE D’USO DELLE ARCHITETTURE RURALI: CRITERI GUIDA
9.1 CARATTERISTICHE DELLE NUOVE DESTINAZIONI D’USO
9.2 MAPPA DEI SAPERI ANTICHI
PREMESSE INTRODUTTIVE
Obiettivi principali del presente lavoro, ai fini della valorizzazione e la tutela del
patrimonio edilizio in quanto documento della cultura rurale che struttura la
maggior parte del nostro paesaggio regionale campano sono:
6
| CAPITOLO 1
7
Figura 1: quadro sinottico con indicazione dell’andamento del terreno per i manufatti in esame
8
Una volta inquadrato il manufatto nel suo contesto territoriale e definita la
categoria tipologica è opportuno procedere alla raccolta di informazioni di tipo
metrico.
La spesso impervia condizione di avvicinamento dei casi selezionati ha condotto a
riflessioni in merito alle più adeguate forme di rilevamento.
Innanzitutto, si è scelto di operare all’interno del campo delle nuove tecniche, ossia
orientate preferibilmente ad ottenere un rilevamento metrico restituente una
nuvola di punti.
L’insieme delle informazioni derivate da procedure di rilevamento, sia mediante
operazioni di prese metriche dirette, che topografiche, che fotogrammetriche, può
trovare un compimento logico all’interno delle tecniche del disegno automatico.
Si consiglia comunque, come buona prassi, di configurare un reticolo geometrico di
riferimento, traducibile nelle diverse forme della rappresentazione grafica e
numerica, che consente di archiviare anche gli esiti di ricerca in relazione a vari
tematismi.
In questa fase vanno utilizzati prevalentemente software di correzione e
restituzione da fotogrammi ed è bene ricordare che la restituzione dei fronti deve
tener conto delle successive applicazioni delle texture.
È necessario infine accennare ad una ulteriore componente da approfondire
nell’elaborazione grafica, ossia la presenza dei fondali su cui “appoggia” sia
l’edificio isolato che la cortina oggetto di studio; fondali che possono essere sia
artificiali che naturali, o misti, e che contribuiscono alla caratterizzazione
ambientale delle architetture.
Per facilitare la comprensione metrica del disegno originale anche in base ad una
eventuale riproduzione a dimensioni ridotte è opportuno indicare la scala di
rappresentazione secondo la norma UNI 936.
Comunque ogni grafico finale può essere inquadrato in un rettangolo, graduato su
almeno due lati adiacenti, in base al quale identificare ed utilizzare l’unità di misura
adottata, e la scala.
10
Figura 3 : esempio di grafico finale
11
PAESAGGIO CILENTANO
12
| CAPITOLO 2
L’architettura rurale campana, nel corso dei secoli, ha fatto ampiamente ricorso a
rocce di varia natura.
L’uso di materiali naturali da costruzione di provenienza locale è stato poi sovente
abbandonato (o ad esso si è fatto un ricorso assai meno frequente) a causa di molti
fattori tra i quali hanno avuto un peso significativo i costi di estrazione e
lavorazione, la reperibilità e, non da ultimo, le scelte legate al mutare del gusto
architettonico.
Tutte le rocce, ancorché con requisiti idonei all’uso, una volta messe in opera
subiscono inevitabili processi di alterazione che si sviluppano naturalmente e/o per
azione antropica, soprattutto in presenza di scelte non oculate nel posizionamento
dei materiali naturali nel corpo della costruzione. Questa alterazione comporta uno
scadimento delle caratteristiche tecniche dei materiali utilizzati. Ad esempio il Tufo
Giallo Napoletano, usato a “facciavista”, subisce alterazioni (dovute a
cristallizzazione di sali, umidità, temperatura etc.) che si traducono in
alveolizzazioni, scagliature, disgregazioni, efflorescenze etc.
Va inoltre considerato che, nel corso del tempo, il territorio può essere stato
interessato da fenomeni di dissesto, alluvionamenti od ancora da modifiche locali
nella normativa vigente, ad esempio per quanto riguarda i livelli di rischio sismico,
di pericolosità vulcanica etc.
E’ pertanto evidente come la progettazione degli interventi di recupero e
conservazione dell’edilizia rurale non possa prescindere da una solida conoscenza
geologico-applicativa non solo relativa al manufatto e al sito immediatamente
contermine, ma che va estesa anche ad un areale ben più vasto.
In primo luogo va considerato il contesto geologico generale in cui un manufatto si
colloca, così da avere una prima visione delle problematiche geologiche che,
ovviamente, saranno diverse per aree vulcaniche ovvero dominate da rocce
piroclastiche od altro.
13
• Carte geologiche (Cartografia ufficiale a scala 1/100.000 ed aggiornamenti
CARG, in via di realizzazione, a scala 1/50.000)
• Carte della pericolosità e del rischio da frana dei PAI (Piani di assetto
idrogeologico) delle Autorità di Bacino nazionale, regionali ed interregionali (cfr.
esempio in Fig. 1)
• Carte del rischio sismico (Ordinanza PCM 3519 del 28 aprile 2006; Norme
Tecniche per le Costruzioni; Decreto 14/01/2008 del Ministero delle
Infrastrutture; GU n. 29 del 04/02/2008)
• Carte della pericolosità vulcanica
(http://www.lavoripubblici.regione.campania.it/; http://www.protezionecivile.gov.it/ ).
Figura 4: Stralcio della Carta del rischio frana del Comune di Montano Antilio (Cilento)
all’intorno di un fabbricato rurale (quadratino); R1: Rischio basso, R2: Rischio moderato; R3:
Rischio alto; R4: Rischio molto alto
Ciò di fatto può portare ad individuare eventuali “errori” nell’uso e/o nel
posizionamento dei materiali naturali, errori da tenere in giusta considerazione in
una successiva fase di recupero dei manufatti.
Il riconoscimento puntuale delle litologie utilizzate consente altresì di risalire alle
cave di prestito più idonee cui far ricorso per le operazioni di ripristino
architettonico e strutturale dei manufatti. A tal fine il riferimento non può che
essere il “Piano Regionale delle Attività Estrattive” della Regione Campania del
2006.
Tutto ciò rende possibile il corretto ripristino di un manufatto che così rivive in
armonia col contesto paesaggistico in cui, a suo tempo, è strato realizzato.
1
Forme di degrado più frequenti:
• alveolizzazione (distacco di clasti o, nelle formazioni tufacee, di pomici)
• risalita capillare (nelle zone in prossimità di acque stagnanti o con una circolazione idrica sotterranea poco
profonda rispetto al piano di posa delle fondazioni)
• patine di polvere e particolato
• attività biologica (soprattutto nelle zone d’ombra)
• esfoliazione e scheggiatura (dovute all’azione delle acque piovane ed alla ricristallizzazione di sali solubili)
• disgregazione (infiltrazione di acqua e conseguente effetto di dissoluzione di talune fasi presenti nella roccia).
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TIPICA MASSERIA VESUVIANA, BOSCOREALE
16
| CAPITOLO 3
IL RISCHIO IDRAULICO
PREMESSA
Gli Enti preposti alla protezione idraulica del territorio e alla tutela e gestione
ottimale delle risorse idriche sono le Autorità di Bacino (istituite con la legge 18
maggio 1989 n. 183) e gli Ambito Territoriali Ottimali (ATO) (istituite con la legge 5
gennaio 1994 n. 36 (Legge Galli), in seguito sostituita dal vigente D. Lgs. n. 152 del
2006).
In particolare, i suddetti Enti, mediante l’implementazione di dati e modelli a
supporto delle decisioni, hanno il compito di raccogliere in modo sistematico tutte
le conoscenze idrologiche e idrauliche che vengono prodotte all’interno del
territorio di un determinato bacino, effettuare le analisi necessarie e mettere a
punto i modelli previsionali finalizzati a supportare le scelte di gestione del
territorio stesso, sia in ordine alle piene e alla difesa del suolo, sia riguardo alla
corretta gestione delle risorse idriche e alla tutela degli ecosistemi acquatici.
Le domande alle quali debbono rispondere riguardano, come già accennato:
• la difesa del territorio e la protezione civile:
• qual è la portata di assegnato tempo di ritorno in un punto qualunque del
territorio?
• qual è il grado di sicurezza delle sezioni idrauliche in quel punto, in relazione
alla portata di assegnato tempo di ritorno?
• dove va l’acqua che eventualmente tracima?
• che rischio si può identificare di collasso delle arginature?
• se le arginature cedono, fin dove si deve ritenere che ci sia pericolo?
• quali volumi devo prevedere per mantenere l’invarianza idraulica se effettuo
una certa impermeabilizzazione dei suoli?
• la quantità e la gestione ottimale delle risorse idriche:
• qual è la pioggia che mi devo attendere in questo periodo dell’anno?
• qual è la portata che può derivare da questa pioggia e quale sua parte potrò
utilizzare per i vari scopi (irriguo, civile, industriale, idroelettrico)?
• qual è la portata massima che posso emungere dall’acquifero senza
comprometterne gli equilibri?
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conseguenze negative, derivanti dalle alluvioni, per la salute umana, per il
territorio, per i beni, per l’ambiente, per il patrimonio culturale e per le attività
economiche e sociali.
I fiumi del territorio campano sono da tempo oggetto di attenzione, così che le
Autorità di Bacino competenti hanno concentrato studi specifici sul problema
‘rischio idraulico‘, mediante la redazione dei Piani di Bacino che mettono a sistema
la conoscenza dei fiumi e, costruendo dei particolari modelli scientifici,
permettono, entro certi limiti, di mettere in relazione le cause con le loro
conseguenze, e di indicare così le problematiche e criticità esistenti.
I suddetti Piani di Bacino ovvero i Piani Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PSAI),
redatti dall’Autorità di Bacino Regionale di Campania Sud, per quanto riguarda
l’area Cilentana e dall’Autorità di Bacino della Campania Centrale per quanto
riguarda l’area Vesuviana, hanno il compito di dare le regole per il corretto uso del
territorio e la ricostruzione della sua sicurezza idrogeologica sempre più
compromessa da numerosi fattori che, in riferimento alla situazione specifica dei
Bacini Regionali Campani e alle problematiche di tipo idrologico e idraulico, sono di
seguito sintetizzabili:
18
realizzazione di manufatti pesantemente invasivi che hanno compromesso in
varie occasioni le condizioni ambientali dei fiumi.
Esistono, in particolare, tre zone distinte del territorio (A, B, C) caratterizzate dal
poter essere interessate da eventi di alluvione corrispondenti ad uno dei tre livelli
di pericolosità:
A. piene dei corsi d’acqua maggiori con tempo di ritorno 30 anni (ZONA A): aree
molto pericolose e nelle quali le attività antropiche fisse non sono compatibili
con la dinamica dei corsi d’acqua, è vietata l’edificazione e si deve tendere a
disincentivare la localizzazione di ogni attività che comporti un’occupazione
permanente del territorio (per esempio, la classificazione di una golena o di
un’ansa fluviale come area di tipo A implica che è assolutamente da evitare
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l’insediamento in quell’area, dal momento che essa serve per la dinamica del
fiume);
B. piene dei corsi d’acqua maggiori con tempo di ritorno 200 anni, oppure
esondazioni più frequenti ma di minore entità quali quelle derivanti dal reticolo
di bonifica o dai corsi d’acqua minori (ZONA B): occorre che i manufatti e gli
insediamenti abbiano particolari caratteristiche, tali da renderli compatibili
senza eccessivi danni con l’allagamento che, in casi eccezionali, può comunque
verificarsi;
C. piene di entità catastrofica corrispondenti a tempi di ritorno di 500 anni dai
corsi d’acqua maggiori (ZONA C): occorre che si sappia come intervenire nel caso
tali calamità si verifichino, e quindi devono essere predisposti piani di
protezione civile che, a fortiori, si estendono anche alle zone A e B.
portata Portata
massima nel
fiume
Volume complessivo
che esce dal fiume
durante la piena
tempo
Figura 1. Calcolo del volume potenziale esondato in corrispondenza di una data area
20
Caso 2: la sezione non contiene la portata di
progetto, per cui si esegue il calcolo del
livello come se l’acqua crescesse
verticalmente , e successivamente si estende
il livello calcolato fino al limite morfologico
21
MASSERIA CILENTANA, CELLE DI BULGHERIA
22
| CAPITOLO 4
PREMESSA
Le indicazioni contenute nei paragrafi seguenti hanno un duplice obiettivo: da un
lato sono volte a guidare il personale tecnico e amministrativo nell'accertamento
della compatibilità di un intervento edilizio su un immobile con le prescrizioni della
pianificazione urbanistica e territoriale e con i rischi naturali e antropici
eventualmente presenti nell'area in esame; dall'altro ad individuare linee
strategiche e condizioni di sviluppo entro cui l'intervento sull'architettura rurale si
può utilmente inquadrare.
23
i. PIANI URBANISTICI GENERALI DI AREA VASTA
L'esame dei piani di settore di area vasta che hanno effetti sul territorio in cui è sito
l'immobile è indispensabile per comprendere se l'intervento previsto sia conforme
con le strategie di tutela ambientale e paesaggistica; tale verifica è da effettuarsi
mediante consultazione delle tavole di analisi del Ptcp.
1. Consultazione del Piano di assetto idrogeologico (Pai) dell'Autorità di Bacino
competente:
• verifica dell'appartenenza dell'immobile a zone interessate da rischio
idraulico e/o rischio frane, nonché controllo degli interventi ammessi per le
zone in questione dalle Norme tecniche d'attuazione (Nta) del Pai (Cfr. C);
2. Consultazione del Piano paesaggistico o del Piano territoriale paesistico (Pp),
ove presente:
• verifica dell'appartenenza dell'immobile a zone di tutela paesistica e
controllo degli interventi ammessi per le zone in questione dalle Nta del Pp;
3. Consultazione del Piano del parco (PdP), ove presente:
• verifica dell'appartenenza dell'immobile a zone di tutela dei valori
naturalistici del Parco e controllo degli interventi ammessi per le zone in
2
questione dalle Nta PdP ;
2
Qualora l'immobile ricadesse in un Parco nazionale o regionale, ma il PdP non fosse stato approvato,
sarà necessario valutare la compatibilità degli interventi sull'immobile con le norme di salvaguardia del
Parco.
24
iii. STRUMENTAZIONE URBANISTICA COMUNALE
L'inquadramento urbanistico comunale è definito da:
1. individuazione della zona territoriale omogenea in cui ricade l'immobile nel
Piano comunale vigente;
2. Estratto dalle Norme Tecniche di Attuazione della relativa normativa in termini
di: categorie di intervento ammesse, destinazioni d'uso consentite e modalità di
attuazione previste;
3. Verifica del Regolamento edilizio comunale per la disciplina degli aspetti
tecnico-estetici, igienico-sanitari, di sicurezza e vivibilità dell'immobile e delle
sue pertinenze.
VINCOLI PAESISTICI
Ente preposto
Riferimento
Tipologia alla tutela del Azione
normativo
vincolo
art. 136 e 157 Per tutti gli interventi che alterano lo
Cose immobili di
DLgs 42/2004 e stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli
interesse paesistico
s.m.i
edifici ricadenti nelle aree vincolate è
necessario inoltrare al comune istanza di
Soprintendenza per i
autorizzazione paesaggistica di cui all'art.
Beni
Architettonici,Paesa 146 del Dlgs 42/2004 e s.m.i.
art. 143 ggistici Storici,
Aree individuate dal Ai fini dell'accertamento circa l'esistenza
DLgs 42/2004 e Artistici ed Etno-
Piano paesaggistico
s.m.i antropologici di un vincolo paesaggistico è possibile
consultare le tavole di analisi del Ptcp
oppure il sito http://sitap.beniculturali.it/
a cura del Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del Turismo.
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VINCOLI PER LA TUTELA DEI BENI CULTURALI
Ente preposto
Riferimento
Tipologia alla tutela del Azione
normativo
vincolo
26
VINCOLI PER LA TUTELA DEI BENI CULTURALI
Ente preposto
Riferimento
Tipologia alla tutela del Azione
normativo
vincolo
Sulle zone boscate e sui pascoli i cui
soprassuoli siano stati percorsi dal
fuoco, è vietata per 10 anni la
realizzazione di edifici nonché di
strutture e infrastrutture finalizzate ad
insediamenti civili ed attività
Aree percorse dal legge 353/2000 produttive, e per 15 anni il cambio della
Comune
fuoco e s.m.i.
destinazione d’uso preesistente
all’incendio
FASCE DI RISPETTO
Riferimento
Tipologia Azione
normativo
http://www.ildistrettoidrograficodellappenninomerid
ionale.it/tav%204.1-campania.jpg
27
FASCE DI RISPETTO
Riferimento
Tipologia Azione
normativo
Le limitazioni e i divieti riguardano una fascia di
terreno definita come Distanza di prima
approssimazione (Dpa). Essa riguarda solo gli
Dm 449/1988;
Zone di rispetto di impianti di distribuzione di maggiore importanza e si
DM 16/01/1991;
Elettrodotti
Dm 29/05/2008 computa come distanza del bordo della fascia dal
centro della proiezione al suolo dell’impianto
28
FASCE DI RISPETTO
Riferimento
Tipologia Azione
normativo
Tale zona è individuata dalla legge nella fascia di 30
m dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni
elevati sul mare. In tale zona, l’esecuzione di nuove
Zone di rispetto del opere di qualsiasi genere è sottoposta al nulla osta
Regio Decreto 327/1942
demanio marittimo del Capo del Compartimento. Non è richiesta alcuna
autorizzazione quando le costruzioni in tali zone di
rispetto sono previste in strumenti urbanistici già
approvati dall’autorità marittima.
Tipologia di Riferimento
Azione
rischio normativo
29
Tipologia di Riferimento
Azione
rischio normativo
30
| CAPITOLO 5
• una “valenza economica” dei beni per i costi legati alla sua salvaguardia e alla
sua comunicazione;
• “politiche di sviluppo” della sua conoscenza e fruizione che richiedono investimenti;
• “attività imprenditoriali” che possono generare occupazione e benessere, come
le attività legate al turismo culturale.
3
per lo studio verificare il sito http://whc.unesco.org/en/list/
31
La necessità di acquisire dati, documentazioni ed effettuare relative valutazioni
inerenti le architetture significative del patrimonio rurale è provata dall'esistenza di
organizzazioni internazionali che hanno, come principale obiettivo, la definizione di
specifiche rigorose per la documentazione adeguata dei monumenti (Pavlidis et al.,
2007). L’obiettivo principale è connesso alla crescente domanda di documentazione del
patrimonio culturale al fine di supportarne la fase di valorizzazione, rigenerazione e
restauro degli edifici rurali delle aree esaminate. Secondo l’ICOMOS ogni
organizzazione nazionale ed internazionale è responsabile sia dei monumenti creati
dall'uomo, che della realizzazione di appropriati metodi di documentazione degli
stessi.
La documentazione da acquisire potrà includere descrizioni scritte e analisi,
fotografie (aree o terrestri), la rettificazione fotografica, la fotogrammetria,
l’indagine geofisica, le mappe, i disegni e gli schizzi, altre tecnologie tradizionali e
moderne (Sormann, 2004). Inoltre, la necessità di tecniche appropriate per
l'interpretazione, la presentazione e la documentazione digitale costituisce un
elemento importante per consentire a tutti i paesi la creazione, la diffusione, la
conservazione del loro patrimonio e la continua accessibilità digitale allo stesso
(Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, 2003). Da
questo punto di vista l'uso di modelli computerizzati 3D del patrimonio culturale
apre verso applicazioni aggiuntive e consente nuove analisi, interpretazioni,
politiche di conservazione e, soprattutto, la conservazione digitale oltre al restauro
dei beni esaminati.
In tale quadro di ricerca è stato elaborato un “Sistema di Riconoscimento e
Valutazione dei Caratteri Identitari" delle fabbriche rurali dell’area cilentana e
vesuviana (SRV) che rientra nella procedura di supporto istituita dal Centro
Universiatrio Europeo per i Beni Culturali (CUEBC). La procedura, proposta nel
presente studio, consente una conoscenza multiscalare, multidisciplinare e
multidimensionale del Patrimonio Culturale Rurale censito dal gruppo di ricerca
nella piattaforma digitale del Centro Regionale Beni Culturali della Campania
(CRBC). La suddetta conoscenza, fattore indispensabile per una tutela attiva, è stata
raggiunta attraverso la definizione di un database “critico” che si configura come
“Piattaforma Digitale di Rilievo del Sistema Complesso” (PDRSC) relativo al
patrimonio rurale censito dal Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale
(D.I.C.E.A.) dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. L’infrastruttura del
database assume un ruolo di primo piano nella gestione integrata dei beni
architettonici rurali al fine di individuare una rigenerazione e un piano di
valorizzazione della stessa architettura rurale distribuita uniformemente sul
4
territorio esaminato. Pertanto, il cluster propone di conseguire alcuni valori
aggiunti:
4
Con il termine cluster si intende generalmente un gruppo; il sostantivo, invariante, viene utilizzato
prevalentemente in ambito scientifico e tecnico. Nell'ambito scientifico, con il termine cluster si intende
un gruppo di unità simili o vicine tra loro, dal punto di vista della posizione o della composizione. Un
cluster è un insieme di computer connessi tramite una rete telematica (v. https://it.wikipedia.org/wiki/Cluster).
32
• l’attivazione di scambi di informazioni per i diversi utenti a differenti scale;
• l’apertura a collaborazioni interdisciplinari sulla base di una riconosciuta
identità scientifica.
33
Il lavoro di ricerca, così discretizzato nel CRBC della Regione Campania contempla
tre ambiti:
1. multiscalare in quanto si fonda su di uno studio a più scale di rappresentazione
dei manufatti rurali con analoghi livelli di restituzione delle informazioni
documentate;
2. multidisciplinare in quanto integra diverse discipline;
3. multidimensionale perché opera contemporaneamente su diversi piani di
lavoro ed è in grado di confrontare ed integrare rapidamente più “layer di
informazione”.
Gli ambiti descritti hanno consentito di discretizzare il patrimonio rurale in parti per
individuare aspetti dimensionali, costruttivi, tipologici, funzionali e, quindi,
successivamente delle “linee guida” e dei “criteri di lettura” per la documentazione
del patrimonio culturale rurale esistente. L’impiego di un metodo di lettura
multidisciplinare si fonda sulla conoscenza del paesaggio, sul disegno e sul rilievo,
sulla successiva rappresentazione, la ricerca delle fonti storiche e culturali, sulle
prescrizioni in merito alla tutela delle architetture e del paesaggio ed assolve ad
una funzione importante per gli utenti e gli studiosi. Da questo punto di vista l’iter
seguito richiama il procedimento di “Rilevamento” che rappresenta l’operazione
del rilevare, nella concretezza dell’osservare, del misurare e ragionare con somma
cura su un certo organismo architettonico (Docci & Maestri, 2009) per averne la
piena conoscenza. Lo scopo della procedura del Rilevamento è quello di offrire una
documentazione eccellente, ineccepibile, ricettiva di tutte le sollecitazioni e i riflessi
psicologici e di tutti i ricordi che l’opera architettonica può suggerire (Zander,
1893).
Gli ambiti di ricerca multiscalare, multidisciplinare e multidimensionale, sono stati
oggetto di applicazione da parte dell’autore in precedenti progetti di ricerca quali:
La piattaforma messa a punto potrà offrire risvolti pratici per il modello di smart
Cultural Heritage inteso come identità dei luoghi supportato dall’implementazione
di tecnologie intelligenti, dalla conoscenza e inclusione sociale per la partecipazione
5
La pubblicazione è stata patrocinata da 17 Istituzioni internazionali e nazionali tra cui il Consiglio
d’Europa, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Campania, Provincia di Caserta e il
CUEBC.
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attiva degli utenti nella promozione del patrimonio culturale. Il pensiero corrente
sull'intelligenza urbana e sulla costruzione di smart cities e smart territories sta
generando un nuovo concetto di territorio, in cui il rapporto tra la realtà
contemporanea e il tessuto storico diventa un fattore importante di ripensamento
degli smartnes urbani attraverso lo studio del patrimonio storico artistico
all'interno della città virtuale (Caragliu et al., 2009). In futuro con applicazioni open
source si potrà concettualizzare un servizio personalizzato e contestualizzato di
esplorazione dei Beni Culturali rurali per la pubblica amministrazione, per cittadini
e turisti al fine di coinvolgere tutti i soggetti interessati in materia di innovazione
sociale. Ciò con l’obiettivo di favorire:
• un’analisi esperienziale del territorio;
• un modello di incubatore di cultura e attività turistiche della Campania;
• azioni relative ad una mobilità intelligente;
• destinazioni turistiche che interconnettano sistemi di beni, servizi ed esperienze
all'interno di un complesso set di relazioni.
6
cfr. http://www.campaniacrbc.it.
35
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ICCD, Dir. Regionale e
Soprintendenze;
3. garantisce l’amministrazione del proprio territorio per gli Enti Locali, Provincia,
Comuni della Campania;
4. consente di accedere e di fruire delle informazioni catalogate del patrimonio
ambientale e culturale con evidenti ricadute anche dal punto di vista turistico
per il cittadino/gli studiosi;
5. consente di rafforzare l’offerta e renderla competitiva sul piano nazionale e
internazionale per il settore turistico-culturale;
6. consente di organizzare in maniera gerarchica, funzionale ed economica, le
informazioni di base per l’Istruzione e il mondo della Ricerca Scientifica.
36
Inoltre, sono stati individuati nuovi layer di ricerca quali:
• “Fattori Generali dell’Unità Architettonica Rurale” per una lettura comparata
dei dati localizzativi, geografico-amministrativi con la documentazione
cartografica di riferimento dell’I.G.M.I.;
• “Fattori Fisici, Identitari e di Conoscenza del Paesaggio” per comprendere gli
aspetti relativi alla documentazione fotografica del paesaggio rurale, gli ambiti
di paesaggio su cui insistono le diverse unità di paesaggio in relazione agli studi
evidenziati dal Piano Territoriale Regionale della Campania (PTR) del 2006;
• “Prescrizioni per il Recupero del Patrimonio Rurale”;
• “Fattori di Catalogazione” con eventuali annotazioni.
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DETTAGLIO SCALA ESTERNA, AREA CILENTANA
38
| CAPITOLO 6
39
Nell’architettura rurale tradizionale non sono presenti balconi, loggiati, terrazze, fregi:
l’arco è usato di rado a sostegno delle scale e l’unico elemento di decorazione nelle case
più evolute è il portale di ingresso, costruito in pietra locale, che in alcuni casi reca nel
colmo un elemento ornamentale. Quasi sempre la casa è bianca quando non grezza.
Nella campagna di Napoli si evolve il tipo della casa rustica campana con un più intenso
uso dell’arco, la comparsa di passaggi pensili, balconate, poggioli su mensole, terrazzini.
Il cornicione diventa elemento comune e vistoso come le cornici e il fregio; si possono
notare anche motivi decorativi ottenuti con l’alternanza dei mattoni. La terrazza diventa
la copertura delle case coloniche costituite da un solo vano al piano terra, negli orti
irrigui di Napoli (padule) e nella zona Vesuviana. Il materiale da costruzione è in ogni
caso locale: tufo vulcanico a Napoli, argilla a Pozzuoli, pietra lavica vesuviana e laterizi
nel Casertano.
Le tipologie insediative che si riscontrano nell’area Cilentana sono riconducibili a due
sistemi principali: il primo è quello degli abitati storici, organizzati in forme unitarie e
compatte sui rilievi collinari; il secondo è dato dalle costruzioni rurali sparse nella
campagna. I fabbricati rurali costruiti in aperta campagna assumono sempre forme
geometriche regolari e indipendentemente dalla loro posizione geografica o dal
contesto morfologico, propongono schemi semplici riconducibili a impianti planimetrici
rettangolari o quadrangolari. Le forme-tipo insediative sono prevalentemente tre: i
borghi urbani inerpicati, che disegnano il paesaggio montano con tessuti costruttivi
molto fitti e compatti, appena solcati da strade strette e mal lastricate; i complessi
rurali, come le masserie, prevalenti nelle aree collinari e pianeggianti, contraddistinte
da un impianto compositivo austero, spesso dominato dalle torri colombaie
quadrangolari e cilindriche; le dimore rurali semplici sparse, diffuse soprattutto nella
fascia costiera, realizzate spesso con pietra in forme elementari e coperte da tetti a due
pioventi leggermente inclinati.
Gli elementi costruttivi – formali, tecnici e tipologici – di un’abitazione rurale come il
tetto, il comignolo, il cornicione, le finestre, i portoni, erano il segno distintivo che
permetteva di ricondurre al proprietario del fabbricato a una determinata classe
sociale. Le particolarità ornamentali, ove presenti erano estremamente semplici e
dettate da ragioni funzionali: intonacatura grezza della facciata principale; talvolta
fascia di intonaco tinteggiata a calce a segnare i riquadri delle finestre e delle porte;
cornicione del tetto aggettante in coppi e mattoni oppure in pietra. Quanto più il fondo
era produttivo, tanto più curata era la casa, sia sotto l’aspetto formale che per quanto
riguarda le dotazioni accessoriali.
Per quanto riguarda l’area Vesuviana sul piano tipologico, nella definizione delle
modalità compositive degli agglomerati rurali, è possibile distinguere la fascia costiera
da quella urbana interna. Il modello prevalente sulla fascia pianeggiante costiera è
costituito da volumi prismatici isolati coperti a volta (a vela, a padiglione o a botte,
raramente a crociera) articolati da scale esterne su archi rampanti e da
terrazzi a più livelli. Nella maggior parte dei casi è presente un’aia antistante alla casa,
mentre risultano quasi assenti le stalle. Caratteri fortemente segnati e riconoscibili
40
mostrano infine le case Terzigno, Boscoreale e Poggiomarino, composte da una
sommatoria di monovani quadrangolari spesso comunicanti solo attraverso l’aia
esterna e contraddistinte dalla volta a botte del portone di ingresso, dagli archi ribassati
del telaio sovrastante alle aperture esterne dei locali e dal tipico cellaio seminterrato.
Una morfologia diversa mostrano, invece, le case sul versante orientale dove prevale la
copertura con tetti di tegole e l’adozione del tufo giallo come materiale da costruzione.
In quest’area si distinguono due forme insediative prevalenti: quella data dalle case
sparse, con tendenziale sviluppo verticale, diffuse nelle zone medio-montane e quella a
grande accorpamento orizzontale che ricalca il modello delle masserie con ampio
cortile e stalle, tipica delle zone pedomontane contigue alla pianura interna.
Per quanto riguarda gli elementi tettonici prevalenti, nella sub-zona da Boscoreale a
Portici vi è senza dubbio la copertura a volta che domina nell’edilizia locale. Elementi
tettonici specifici delle case vesuviane sul versante occidentale sono i rivestimenti di
intonaco composti di sabbie vesuviane che danno alle case un’impronta cromatica
cinerea, l’uso del lapillo per pavimentazioni e per strati di impermeabilizzazione delle
volte e l’uso della lava per la realizzazione delle strutture portanti. Quasi costante è la
presenza di cellai, per la coltura della vite, e di pozzi per l’approvvigionamento idrico.
a. INNESTI
ADEGUAMENTO E CONSERVAZIONE ATTRAVERSO INNESTI
Gli interventi di adeguamento non dovranno stravolgere l’impianto planimetrico
caratteristico del manufatto rurale.
Sono previsti innesti all’interno del volume esistente, per la realizzazione di nuovi
servizi e spazi al fine di ospitare funzioni aggiuntive relative alla nuova destinazione
d’uso del complesso rurale.
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MODIFICHE DI FACCIATA
Le modifiche di facciata non dovranno alterare il disegno originario delle cortine e
dovranno denunciare la presenza degli elementi innestati attraverso l’utilizzo di
materiali contemporanei che dialoghino con quelli esistenti (pietra, legno, acciaio
corten). Si prevederà inoltre l’adeguamento degli impianti di risalita, delle coperture
e degli elementi accessori non costituenti volume: balconi, logge, terrazze, pensiline,
tettoie. In nessun caso sarà possibile modificare la morfologia delle caratteristiche
torri, dei tetti a falda e delle scale interne.
RICOSTRUZIONE E COMPLETAMENTO
In caso di architetture rurali parzialmente crollate o con parti mancanti sarà possibile
ricostruire tali parti: l’intervento prevederà il rispetto della presistenza attraverso
l’uso di materiali compatibili e distinguibili dagli originali; attraverso un disegno dei
giunti che denunci le parti di contatto tra la preesistenza e i nuovi corpi; attraverso un
linguaggio contemporaneo che dialoghi con quello tradizionale senza emularlo ma
astraendone le forme archetipiche.Non si prevede aumento di volumetria.
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b. AMPLIAMENTO
CREAZIONE DI NUOVI CORPI IN CONTINUITÀ CON LA PREESISTENZA
Gli interventi di ampliamento dovranno essere progettati in base al principio della
compatibilità delle trasformazioni edilizie e delle destinazioni d’uso: tali
ampliamenti potranno essere eseguiti solo se compatibili con lo stato di fatto
dell’edificio e del suo contesto rurale. Il nuovo corpo dovrà essere subordinato alla
preesistenza e in maniera non competitiva si distinguerà da essa per i materiali
adottati e le tecnologie costruttive.
La presenza di questi nuovi volumi dovrà essere tale da non stravolgere nè
l’immagine d’insieme del manufatto rurale nè il morfotipo edilizio, mettendo in
evidenza l’idea di continuità del corpo architettonico, sebbene attraverso un
linguaggio e un disegno contemporaneo: questo sarà possibile attraverso l’uso di
materiali compatibili e distinguibili dagli originali, attraverso un disegno dei giunti
che denunci le parti di contatto tra la preesistenza e i nuovi corpi, attraverso un
linguaggio contemporaneo che dialoghi con quello tradizionale senza emularlo ma
astraendone le forme archetipiche.
La sagoma planimetrica del nuovo volume deve essere accostata a quella
dell’edificio esistente in modo tale da assicurare il rispetto dello schema
aggregativo del morfotipo originario.
La sagoma altimetrica del nuovo volume deve essere accostata a quella dell’edificio
esistente assicurando la continuità delle fronti edilizie, dei loro elementi
architettonici (cornici, cornicione, marcapiani, aperture, ecc) e delle quote di
imposta di orizzontamenti e coperture. Non sono ammessi ampliamenti in
sopraelevazione, se non a saturazione, totale o parziale, della sagoma rettangolare
che inviluppa i prospetti dell’edificio; in ogni caso l’altezza del manufatto esistente
non può essere superata.
Aumento della volumetria: < 30% a quella esistente.
43
c. NUOVA COSTRUZIONE
NUOVI CORPI AUTONOMI ANNESSI AL COMPLESSO RURALE
I nuovi volumi prevedranno l’utilizzo di materiali visivamente compatibili con quelli
dei corpi già esistenti e si caratterizzeranno per un disegno contemporaneo e
minimalista, interpretando i caratteri tipologici del manufatto rurale secondo
nuove declinazioni (falde, ingressi, bucature, ecc).
La realizzazione dei nuovi volumi non dovranno favorire processi di saturazione
edilizia lungo le strade, evitando in tal modo la frammentazione ecologica e
l’effetto barriera delle visuali.
Il nuovo corpo dovrà recuperare la tradizione costruttiva e tecnologica locale
sperimentando l’uso di materiali e tecniche contemporanee: materiali, tecniche,
forme, tipologie e relative aggregazioni dovranno appartenere alle forme
tradizionali ricorrenti (es. semplificazione formale dei volumi, impianti distributivi a
corte interna, esclusione della formazione di balconi, dimensioni delle bucature
ridotte rispetto ai “pieni” murari, limitazione delle altezze al minimo indispensabile,
realizzazione di infissi in legno, scialba ture a base di calce, ecc). Considerando,
inoltre, i materiali e le tecnologie attualmente in uso, è opportuno utilizzare i
sistemi costruttivi metallici, lignei o misti secondo la loro intima natura e capacità
fisica e strutturale, anche con risultati formali del tutto diversi dalle preesistenze,
ed evitare di introdurre sovrastrutture e orpelli, “arricchimenti” che il paesaggio
rurale non possiede.
Dovranno essere adottate soluzioni cromatiche compatibili con la realtà del
manufatto e dell’intorno, evitando forti contrasti, privilegiando i colori prevalenti
nei luoghi, utilizzando preferibilmente pigmenti naturali.
I nuovi volumi dovranno essere autonomi a livello energetico e prevedere l’uso di
strategie sostenibili.
Aumento della volumetria: < 50% a quella esistente.
44
6.2 MATERIALI
I nuovi volumi prevedranno l’utilizzo di materiali visivamente compatibili con quelli
dei corpi già esistenti e si dovrà privilegiare l’uso di materiali rinnovabili.
Dovranno essere adottate soluzioni cromatiche compatibili con la realtà del
manufatto e dell’intorno, evitando forti contrasti e privilegiando i colori prevalenti
nei luoghi, utilizzando preferibilmente pigmenti naturali.
Considerando, inoltre, i materiali e le tecnologie attualmente in uso, è opportuno
utilizzare i sistemi costruttivi metallici, lignei o misti secondo la loro intima natura e
capacità fisica e strutturale, anche con risultati formali del tutto diversi dalle
preesistenze, ed evitare di introdurre sovrastrutture e orpelli, “arricchimenti” che il
paesaggio rurale certamente non possiede.
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6.3 DISEGNO DEL PAESAGGIO E DEGLI SPAZI ESTERNI
A questa categoria appartengono tutti i componenti che caratterizzano lo spazio
esterno e che mettono in relazione il manufatto o il complesso rurale con il
paesaggio circostante, come:
• la perimetrazione dell’area di pertinenza: utilizzo dei materiali tradizionali
(muretti a secco, paletti in legno ecc.)
• il rapporto del complesso con le strade di accesso e i percorsi rurali esterni/interni
al lotto
• i nuovi spazi esterni: utilizzo dei materiali e delle tecniche tradizionali (battuti,
lastricati, pietre, lapilli, ecc.)
• il recupero delle acque piovane negli spazi esterni
• il ridisegno degli spazi verdi piantumati e coltivati
• le zone d’ombra e zone attrezzate nel verde (pergolati, ombracoli, ecc)
• le zone d’acqua e strutture pertinenti (abbeveratoi, fontane, ecc)
• lo studio della composizione dei volumi preesistenti e dei volumi aggiunti
Gli interventi dovranno seguire i seguenti principi:
• le aree a parcheggio saranno posizionate preferibilmente in zone defilate, in
modo da non interferire visivamente con le costruzioni;
• le nuove pavimentazioni di aree di soggiorno all’aperto e i camminamenti
pedonali e carrabili saranno ridotti al minimo indispensabile e realizzati
preferibilmente con materiale drenante (terra battuta, ghiaino, pietra locale con
giunto aperto, ecc.), al fine di evitare ulteriore impermeabilizzazione del suolo;
• sarà evitato l’espianto di esemplari arborei o arbustivi, e comunque, ad ogni
eventuale espianto seguirà il relativo reimpianto nelle immediate vicinanze;
l’eventuale nuova piantumazione sarà realizzata con essenze autoctone provenienti
da ecotipi locali.
46
| CAPITOLO 7
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Ad esempio, materiale lapideo di riciclo, eventualmente ridotto in elementi di
piccole dimensioni, può essere impiegato nel ripristino delle murature per ricucire
lesioni con la tradizionale tecnica dello scuci e cuci, e ancora nella realizzazione di
un’intercapedine per impedire la risalita dell’umidità in corrispondenza del primo
calpestio. La valenza è duplice, perché si impiega materiale lapideo riciclato e, nel
porlo in opera con una soluzione meno industrializzata, si recupera un’artigianalità
nell’esecuzione degli interventi di ripristino in un’ottica di salvaguardia di
professionalità e mestieri che rischiano di scomparire.
Inoltre, scelte in termini di continuità e appropriatezza pongono a confronto la
durabilità dei materiali del passato con i termini attuali e non essendo ancora
disponibili dati sperimentali sull’impiego di svariati materiali nuovi, il loro
comportamento nel tempo è un’incognita che rischia di compromette la qualità
dell’intervento.
49
7.7 I MATERIALI NATURALI E LA RISCOPERTA DI UN APPROCCIO SOSTENIBILE
La scelta dei materiali nuovi deve guardare anche nella direzione dei materiali
naturali, da prediligere in quanto più compatibili con quelli già presenti.
L’obiettivo della sostenibilità e del basso impatto, sotteso dall’azione che predilige i
materiali naturali, ricalca i criteri di scelta che il fruitore-costruttore, architetto
autodidatta, ha compiuto a suo tempo. Dunque, materiali naturali per integrare
quelli preesistenti, in una logica interattiva che migliori la funzionalità ed elevi i
livelli prestazionali.
50
7.10 L’APPROCCIO STRUTTURALE E IL CONSOLIDAMENTO
Il progetto esecutivo prevede la conservazione dei manufatti rurali in tutta la loro
integrità spaziale e strutturale.
Il principio del minimo intervento e della massima reversibilità devono
sovrintendere anche l’approccio strutturale, nel rispetto del dettato normativo,
spaziando tra miglioramento e adeguamento, nella consapevolezza della qualità e
della natura dell’antica struttura.
La comprensione del comportamento statico strutturale è fondamentale per poter
“misurare” l’intervento, nel rispetto dei principi e dei codici di base già enunciati.
L’obiettivo di non alterare la concezione costruttiva, consente di conservare la
distribuzione degli stati tensionali e di rispettare la durabilità pluricentenaria della
struttura e dell’intero manufatto rurale.
Tuttavia, può essere presa in considerazione la possibilità di ricostruire alcune parti
necessarie al miglioramento strutturale, qualora non sussistano dubbi sulla forma e
sulla tecnica originaria.
51
MASSERIA CARAFA, SANT’ANASTASIA
52
| CAPITOLO 8
54
| CAPITOLO 9
Altre destinazioni, comunque connesse alla ruralità dei territori quali, ad esempio
alberghi e centri benessere, edifici legati ad attività culturali, ecc. dovranno essere
valutate con massimo rigore.
Si rimanda pertanto alle Matrici di Valutazione delle Destinazioni d’Uso presenti
nell’ALLEGATO B - TUTORIAL PER LA SELEZIONE DELLE DESTINAZIONI D’USO PRIORITARIE, del Manuale.
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• Promozione della cultura locale
• Ripopolamento rurale
INTRODUZIONE
Il valore dell’architettura rurale storica non è solo edilizio, deriva anche dall’essere
documento di una specifica organizzazione delle produzioni agricole. Manufatti e
colture alle quali erano di supporto diventano quindi da un lato elementi costitutivi
del paesaggio, dall’altro documenti della trasformazioni antropiche apportate nei
secoli. Possiamo quindi definire il paesaggio rurale come parte del “territorio
storico”.
A parte il valore documentale, il "territorio storico" ha anche un’altra caratteristica
che ne rende opportuna la tutela: è necessariamente rispettoso degli equilibri
ambientali. Se un'architettura vernacola, una sistemazione dei terreni, delle
coltivazioni sono diventate "tipiche" di un sito è solo perché sono - e sono sempre
state - compatibili con l'ecosistema locale. Edifici e sistemazioni tradizionali del
suolo sono stati concepiti sulla base di una consolidata conoscenza dei caratteri del
sistema locale ed in previsione di una manutenzione permanente. Una
impostazione "tecnica" che si inseriva in un contesto economico in cui la risorsa più
abbondante e a buon mercato era la mano d'opera. Oggi invece la manutenzione
viene considerata come inutile, o troppo costosa. Salvo poi a riconoscere che il
costo della riparazione è di gran lunga superiore a quello della manutenzione
preventiva. Ma, anche quando si decide di fare investimenti preventivi, non si
rinuncia alla logica dell’intervento risolutivo, quello che rafforza il manufatto una
volta per tutte, lo protegge per i secoli a venire, liberando proprietari,
amministratori e tecnici del fastidio della manutenzione.
Ed è in tale ottica che si sono sviluppate le moderne tecnologie della costruzione.
Queste, tuttavia, non sempre sono compatibili con quelle tradizionali. Non è solo
per esigenze filologiche che si richiede che negli interventi di restauro vengano
adoperati materiali e tecniche omogenei con quelle presenti nel manufatto. Una
esigenza tecnica e culturale che però si scontra con il sistema delle produzioni edili,
57
che privilegia materiali a basso costo e di facile utilizzazione. E che, oltretutto,
risente delle carenze della formazione in materia, a livello sia professionale sia
universitario.
Nella formazione dei tecnici chiamati ad intervenire nell’edilizia, infatti, non c’è
molto spazio per i saperi tradizionali, quasi sempre empirici. Da un lato perché, in
genere, tutto ciò che è antico viene considerato di grande interesse per la ricerca,
ma sostanzialmente obsoleto per la sua utilizzazione. Dall’altro perché tecniche
empiriche e materiali tradizionali mal si adattano a verifiche numeriche, le uniche
che permettono di validarne le prestazioni.
Altro fattore che scoraggia l’uso delle tecnologie tradizionali è il loro maggior costo
rispetto a quelle contemporanee. In verità non sempre la comparazione viene fatta
con rigore. Al costo iniziale va infatti sempre sommato quello della manutenzione.
E con tale criterio si scopre spesso che il maggior costo iniziale è ampiamente
compensato dalla durata dell’intervento effettuato con tecnologie tradizionali.
Sono tutti aspetti ben noti a chi si occupa di recupero e restauro, ma che molti
progettisti tendono a tralasciare. E non si può chiedere ai tecnici che interverranno
per il recupero dell’edilizia rurale di fare un corso di restauro prima di affrontare il
progetto. Oltretutto, per affrontare questioni che i loro committenti ignorano.
D’altra parte se si vuole che la tutela diventi “attiva” – se cioè l’uso di tecnologie di
riparazione appropriate divenga pratica corrente – è necessario che i tecnici le
conoscano e sappiano come utilizzarle e che sia facile trovare chi sa metterle in
pratica.
Per dare taglio operativo alle Linee guida promosse dalla Regione è quindi apparso
opportuno supportare i tecnici con le indicazioni tecniche e metodologiche fornite
con l’“Abaco degli elementi documentali” e con il “Manuale delle Buone Pratiche”.
Per facilitare tecnici e proprietari a realizzare interventi appropriati, anche sotto il
profilo di tecniche e materiali, si è deciso di aggiungere una “Mappa dei Saperi”,
cioè una lisata ragionata delle imprese operanti nei due comprensori specializzate
in interventi di restauro.
Purtroppo la ricerca effettuata sui data base ufficiali (Camere di Commercio, Pagine
gialle) non ha dato risultati utili. Tutte le imprese reperibili sotto la voce “restauri
edili” e simili sono state contattate, ma il riscontro ha mostrato che in realtà non
hanno competenze specifiche. È stata quindi utilizzata la lista delle imprese incluse
nella categoria OG 2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela
ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali ) e accreditate
presso le Soprintendenze BAP di Salerno e Avellino e di Napoli (cfr. All. 1). La lista è
di grande utilità. Seleziona infatti le imprese delle quali la Soprintendenza si serve
per gli interventi di restauro che effettua.
Va osservato, tuttavia, che molte di tali imprese hanno dimensioni e organizzazione
che le rendono poco interessate ad interventi di limitata entità, quali quelli
presumibili per il recupero dei manufatti rurali. Per promuovere un recupero
corretto del patrimonio rurale è quindi necessario recuperare anche il patrimonio
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di regole e di esperienze di cui alcuni artigiani sono depositari per averle ricevute
dai loro maestri e applicate in decenni di lavoro. D’altra parte essi hanno vissuto un
periodo che ha visto profonde modifiche del mestiere, sia per le tecniche, sia per le
macchine immesse sul mercato, sia per i nuovi materiali. Essi ricordano gli
insegnamenti della gioventù ed il modo nel quale si lavorava allora. Pur costretti a
modificare i loro procedimenti, sono gli unici in grado di stabilire un confronto tra
due culture. La loro testimonianza ha, pertanto, un grande valore.
Per trasformare questo sapere depositato in una risorsa per interventi di recupero
appropriati gli artigiani presenti nei due comprensori vanno intervistati per
raccogliere e sistematizzare le loro conoscenze relative a:
• le tecniche impiegate nell’edilizia antica in Cilento e in area vesuviana.
• l’uso e la preparazione dei materiali.
• le fonti di approvvigionamento.
• l’evoluzione delle tecnologie del settore dalla metà del XIX sec ad oggi.
59
FORMAT PER L’INTERVISTA
1. IDENTIFICAZIONE INTERVISTATO
1.1. Cognome e Nome____________________________________________________
1.2. Attività: Titolare impresa edile □, Mastro Muratore □, Aiuto Muratore □, Carpentiere □
1.3. Anni di attività _________
1.4. Luoghi dove si svolge prevalentemente l’attività (Comune e Provincia):
_______________________
2. ATTIVITÀ
Le volte:
2.1. Quali tipologie di volte Lei conosce?
2.1.1. a cupola □
2.1.2. a vela □
2.1.3. a botte □
2.1.4. a gaveta □
2.1.5. a crociera □
2.1.6. a ogiva □
2.1.7. a lunetta □
2.1.8. a padiglione □
2.1.9. a schifo □
2.1.10. a creste e vele □
2.2. Nella sua attività quali volte ha realizzato o riparato più frequentemente?
2.2.1. a cupola □
2.2.2. a vela □
2.2.3. a botte □
2.2.4. a gaveta □
2.2.5. a crociera □
2.2.6. a ogiva □
2.2.7. a lunetta □
2.2.8. a padiglione □
2.2.9. a schifo □
2.2.10. a creste e vele □
2.3. In base alla Sua esperienza può descrivere brevemente le fasi per la realizzazione della volta?
preparazione
messa in forma
disarmo
2.4. Quali materiali Lei utilizza per la costruzione delle volte e da dove provengono?
2.5. Quali strumenti Lei impiega nelle varie fasi della costruzione?
2.6. Quali tipi di danno ha riscontrato più spesso nelle volte per le quali l’attività prevista è il
recupero?
2.6.1. cedimenti dei muri portanti □
2.6.2. lesioni in chiave □
2.6.3. lesioni sulle reni □
2.6.4. degrado dei materiali □
2.6.5. altro
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2.7. Quali soluzioni Lei applica (perché le ritiene di maggiore utilità)?
2.7.1. utilizzo di catene di ferro o barre filettate dotate di piastre di acciaio e bulloni □
2.7.2. realizzazione di cordoli
□
2.7.3. lesioni colmate con lapillo fine misto a calce
□
2.7.4. contrafforti all’esterno
□
2.7.5. altro
I solai
2.8. Quali tipi di solai Lei conosce?
2.8.1. battuti di pomice sabbia e calce spenta □
2.8.2. battuto di lapillo bianco misto a calce □
2.8.3. solaio in legno □
2.8.4. solaio in laterizio □
2.9. Durante la Sua attività quali tipi di solai Lei realizza o ripara più spesso?
2.9.1. battuti di pomice sabbia e calce spenta □
2.9.2. battuto di lapillo bianco misto a calce □
2.9.3. solaio in legno □
2.9.4. solaio in laterizio □
2.10. Da dove provengono i materiali che Lei utilizza e qual è la motivazione prevalente per la scelta
della provenienza?
Gli archi
2.12. Quali tipi di arco Lei conosce?
2.12.1. arco a sesto acuto □
2.12.2. arco a tutto sesto □
2.12.3. arco a sesto ribassato □
2.13. Quali tipi di arco Le viene più spesso chiesto di realizzare o riparare?
2.13.1. arco a sesto acuto □
2.13.2. arco a tutto sesto □
2.13.3. arco a sesto ribassato □
2.14. In base alla Sua esperienza quali sono le fasi costruttive per la realizzazione dell’arco (breve
descrizione)?
Preparazione
messa in forma
disarmo
rifinitura
2.15. Quali tipi di danno ha riscontrato più spesso negli archi per i quali l’attività prevista è il
recupero?
2.15.1. cedimenti ai muri portanti □
2.15.2. lesioni in chiave □
2.15.3. lesioni alle reni □
2.15.4. degrado dei materiali □
2.15.5. altro
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2.16. Quali soluzioni ha adottato?
2.16.1. utilizzo di catene di ferro o barre filettate dotate di piastre di acciaio e bulloni □
2.16.2. realizzazione di cordoli
□
2.16.3. lesioni sarcite con lapillo fine misto a calce
□
2.16.4. contrafforti esterni
□
2.16.5. altro
disarmo
A quali trattamenti sottopone le pietre prima della messa in opera e da dove provengono (breve
descrizione)?
3. CONOSCENZE
3.1. Queste Sue conoscenze sono, a Suo parere, un elemento valorizzante dell’attività che svolge?
a) sì, perché lavorando su strutture antiche è bene conoscerne le tecniche costruttive □
b) si perché
c) no, perché comunque i materiali moderni per l’edilizia non richiedono tutte queste
conoscenze □
d) no, perché
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ISBN: 978-88-6026-166-3
http: //www.lucianoeditore.net
e-mail: info@lucianoeditore.net
Finito di stampare
nel mese di novembre 2015
per conto della Luciano Editore - Napoli
dalla Graficart - Formia (LT)