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PRE – Lezione 1 (11/03/21)

Progetto = è una prefigurazione di qualcosa, che nasce come un’idea che non può essere solo una visione, ma
deve essere rappresentata come un disegno, in quanto linguaggio universale. La rappresentazione dell’idea
rende il progetto presente e non più futuro. I disegni saranno sottoposti a diverse figure, subiranno un iter in
modo che il disegno presenti l’idea al posto del progettista. Oggi si chiede una definizione più precisa di
progetto. Un buon progetto deve tener conto di tutto il ciclo di vita dell’edificio in un’economia circolare (come
lo si demolisce?)
Recupero = comprende tutte le categorie di interventi che si possono applicare sugli edifici (manutenzione,
ordinaria, straordinaria, risanamento, ristrutturazione, rigenerazione urbana, ripristino, consolidamento,
adeguamento, efficientamento energetico). Letteralmente restaurare significa riportare a uno stato precedente,
mentre recuperare significa riportare l’edificio in un ciclo di vita attuale (modificare le funzioni, fare interventi
minimi, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, una rigenerazione urbana, efficientamento
energetico, adeguamento sismico…). Il restauro riguarda gli edifici vincolati (di cui se ne occupano gli
architetti). Tutti gli altri edifici non vincolati invece rientrano nel recupero. Dobbiamo recuperare quello che
già c’è e riportarlo a una vita per i nostri tempi e le nostre esigenze. Tutto ciò non esclude la demolizione. Si è
visto che per adeguare gli edifici, il costo (anche quello relativo all’ambiente) è talmente elevato che conviene
demolire in modo selettivo così da separare i materiali, utilizzarli in modo diverso e costruire degli edifici
nuovi (se servono). Invece, con la sola demolizione si restituisce il suolo alla natura, questo ritorna permeabile
(su di esso torna a piovere), e si riduce il problema delle bombe d’acqua per il migliore drenaggio. Dobbiamo
riportare le strutture alle condizioni stabilite dalla normativa ora vigente (attualmente ci sono tantissimi edifici
fuori norma dal momento che le NTC risalgono solo al 2008 e quindi necessitano di un adeguamento). Alcune
strutture saranno duttili all’adeguamento, altre non lo saranno, in questo caso è da considerare la demolizione.
Quindi possiamo dire che la maggior parte del patrimonio edilizio è da recuperare. Quando si parla di
rigenerazione urbana si parla non solo del recupero fisico dell’edificio ma anche del suo reintegro nella
comunità e che la sua nuova vita sia a tutti gli effetti attiva. La nuova vita dell’edificio deve far sì che esso si
inserisca nel contesto urbano. Dal Rapporto Brundtland dell’87 si parla di sostenibilità e di sviluppo
sostenibile: un futuro che tenga conto delle esigenze ambientali, economiche e sociali. È importante tener
conto che valgono molto le esigenze ambientali che sono prioritarie. Lo sviluppo urbano dovuto all’aumento
della popolazione mondiale mette in pericolo gli ecosistemi che cambiano portando delle conseguenze su di
noi (deforestazione -> animali a contatto con gli uomini -> virus). L’essere umano è capace di adattarsi ai
diversi habitat, e infatti gli edifici si possono considerare come una terza pelle (gli indumenti sono la seconda
pelle), si adattano alle condizioni ambientali. Le costruzioni, inoltre, sono il risultato di una cultura materiale
locale, sono state trasmesse delle conoscenze di generazione in generazione per garantirsi un buon adattamento
nei posti. Se non conosciamo il passato non possiamo proiettarci nel futuro. Chi non conosce il passato non
riesce a fare un progetto per il futuro. È importante conoscere come si realizzavano gli edifici e perché si
facevano in un determinato modo, studiando il modo per migliorare e innovare.
Edilizia = Tutto ciò che riguarda il mondo delle costruzioni
Gli edifici sono stati definiti come organismo edilizi, perché gli si attribuisce una vita. In questo modo si
stabilisce un parallelismo tra l’edificio e l’essere umano sulla base delle patologie. Possiamo definire la figura
professionale del patologo edile, colui che è in grado di definire le patologie negli organismi edilizi. Per fare
la diagnosi il medico deve sapere come funziona il corpo umano, l’anatomia e la fisiologia. Quindi bisogna
sapere come è fatto l’edificio, come funziona e la patologia (intesa come disfunzione che si contrappone alla
funzione regolare). Bisogna saper individuare le difformità. Nella fase di anamnesi è fondamentale conoscere
l’età dell’edificio perché ci sono delle patologie che sono proprie del tempo in cui sono stati costruiti gli edifici.
In passato non si costruiva seguendo dei manuali ma per familiarità e più sono antichi gli edifici e più questi
erano spontanei (non si calcolavano ma venivano fatti in un certo modo perché si era sempre fatto così).
Quando non si facevano i saggi per i suoli e non si facevano studi geotecnici, si costruiva dove si era già
costruito, si imitavano delle pratiche che non erano negate da effetti negativi per cui venivano riconfermate.
Quando però non c’erano il borgo e altre costruzioni a cui riferirsi, per capire dove si dovevano posizionare
gli edifici, si sapeva che dove c’erano allevamenti, e quindi vegetazione, era meglio evitare per evitare l’acqua
superficiale (argille), in questo caso gli edifici avrebbero avuto l’umidità ascendente costante. Oppure si
facevano cadere massi per studiare i cedimenti del terreno (si studiava la compattezza del terreno in base
all’impronta lasciata dal masso).
Sulle tre rive del Mediterraneo ci sono dei caratteri comuni perché le architetture spesso cambiano più per
motivi di cultura sociale e religiosa che non per motivi di cultura costruttiva. L’ambiente mediterraneo è una
zona climatica temperata il problema principale se così vuol dire e quello dell'ombreggiamento ed è più un
problema il sole che non il freddo. In foto vediamo un paesaggio
mediterraneo e possiamo già intuire quale fosse l’orografia del suolo: i
paesaggi sono collinari e l'abitato segue l'orografia, si adatta al suolo
preesistente e di conseguenza sono necessari dei sistemi di risalita, scale
e c'è una compattezza nell'abitato che è molto frequente in ambiente
Mediterraneo. Ciò dipende proprio dal problema dell'ombreggiamento
perché gli edifici si fanno ombra l'uno con l'altro e il bianco tipico riflette
la luce, così da mitigare il calore (l’apporto di luce è in parte riflesso).
Anche le aperture sono
piccole in modo da mantenere
le masse murarie quanto più
conservative della frescura in
estate e del calore in inverno.
In genere le coperture sono
piane e sono spesso utilizzate
(terrazze). Il verde non è mai tantissimo, ma quel poco che c’è è
importantissimo. Si nota poi la cupola che è una caratteristica mediterranea. Se osserviamo le foto facciamo
fatica a capire se siamo in Europa, in Medio Oriente o in Africa perché non ci sono elementi tipologici che ci
fanno pensare ad architetture straniere, eppure nessuna delle foto rappresenta l’Italia (Damasco, Il Cairo,
Tunisi). Possiamo osservare i porticati, gli archi, che fanno da filtro,
ma soprattutto i balconi, che sono una caratteristica mediterranea.
All’estero invece troviamo al massimo i bow-window che però sono
spazi chiusi. Il balcone serve a sviluppare un contatto con l’esterno,
difatti le comunità mediterranee sono molto estroverse. Ciò è
possibile perché la temperatura consente di stare all’aperto e quindi
la presenza del balcone determina un rafforzamento della vita
comunitaria (dai balconi si possono osservare processioni,
manifestazioni ecc.). Un altro elemento è la pergola che pure serve
alla mitigazione della luce e del calore ma è collegato al mondo vegetale.
Qui siamo in Giordania e possiamo
osservare che i balconi sono in qualche
modo chiusi, le donne infatti possono
guardare la vita esterna ma in modo
protetto. Questo accade per motivi
religiosi e non per un’esigenza
climatica. Per quanto riguarda il
dettaglio del solaio, possiamo osservare
le travi in legno appena scortecciate, un
tavolato, una parete muraria con piedritti
e arco a tutto sesto. Inoltre, nel portone osserviamo un elemento tipico delle nostre
zone: la rosta, l’elemento semicircolare, la raggiera aperta al di sopra del portone, che
serve a far passare l’aria per la ventilazione. Nei palazzi napoletani c’è l’androne che
è fatto a camino, in modo che circoli l’aria tra l’androne, la strada e la corte. Durante
il fascismo e il periodo di colonizzazione della Libia, gli architetti italiani hanno
coniugato le caratteristiche dell’architettura nord africana con la modernità. In una scuola di Tripoli vediamo
che il cortile è fatto con un porticato che non ha più gli archi ma c'è un sistema intelaiato in calcestruzzo; nel
rispetto della tradizione locale all'esterno c'è un arco un po più ogivale un bow-window, una loggia di legno
colorata, e piccole aperture che servono a non far entrare il calore.

Venezia è sempre stata un incrocio importantissimo di culture tra Oriente e Occidente. A Venezia esiste una
sola piazza ossia piazza San Marco mentre gli altri slarghi si chiamano campo o campiello. È interessante la
vista dall'alto di Venezia e il tessuto urbano, infatti essa fu fondata alla
fine dell'Impero Romano d'occidente perché le famiglie patrizie più
importanti si rifugiarono in fondo all' Adriatico in una zona ostile
all'insediamento umano. Quindi portarono con sé tutta le capacità
costruttive, la tecnologia e romana quindi se a Roma si costruiva con
pali e palificate nei pressi del Tevere, fecero lo stesso nella laguna di
Venezia, impararono a
fare i canali e a drenare
l'acqua asciugando i
terreni e sviluppando le
prime tecniche di
geotecnica. Il tracciato edilizio è diverso da quello di Napoli che è
fatto a scacchiera a Venezia, infatti, il tracciato ha un aspetto più
labirintico. A Venezia vediamo che non abbiamo i tetti a terrazza
ma a falde questo perché c'è un alto tasso di umidità che influenza
la temperatura percepita EI detti in questo caso fanno da intercapedine d'aria per mitigare l'umidità. Nell’isola
di Capri possiamo osservare oltre alle cupole, le volte estradossate ossia volte su cui non sono stati costruiti
tetti. Le cupole sono un marcatore del territorio tipico Mediterraneo, ma ci sono alcune differenze tra le cupole.
La cupola di Santa Teresa degli scalzi a Napoli è costituita da delle maioliche
che riproducono un po’ un'idea delle nervature strutturali sulle parti piene e
c'è un lanternino che serve a stabilizzare la cupola. Le maioliche non hanno
una funzione estetica, ma impermeabilizzante: sono costituite terra cotte con
uno strato vetrificato che determina l’impermeabilizzazione. Il tamburo della
cupola ha sempre le finestre, questo perché la cupola fa si che l’aria calda che
sale, impatta sulla superficie sferica della cupola, innescando un volano, l’aria
gira e aspira l’aria dal basso, determinando un moto convettivo che coinvolge
l’aria sottostante: le cupole sono macchine climatiche. Il tamburo, quindi,
serve ad avere la possibilità di far entrare e uscire aria verso l’esterno. Tranne
quando il sole è allo zenit, e la cupola è ugualmente illuminata, ci sarà sempre
una parte più illuminata e calda e una parte non illuminata e più fredda. Quindi
ci saranno sempre superfici calde e fredde che influenzeranno i moti
convettivi. La cupola a lato è musulmana. La forma poli lobata in intradosso
mantiene le lobature che vanno ad aumentare la superficie e il vapore che si
rapprende sulla superficie per unità di superficie, diminuisce e si crea una
micro-ventilazione che smaltisce prima il vapore. La volta estradossata
rientra nell’architettura spontanea, e tante
costruzioni che sono nate senza nessuna
volontà estetica sono poi state definite
architetture anche se nascevano come
edilizia. I trulli di Alberobello, ad esempio,
rientrano nell’edilizia spontanea. Il re del
regno di Napoli impose delle tasse per le
costruzioni abitabili anche nelle aree rurali e
così si costruirono dei recinti per animali
circolari con delle pietre messe a secco in
forma di cono per la copertura che era pronta
ad essere smontata. Nell’edilizia spontanea
rientrano poi i cubi. Sono costruzioni in
muratura con pietre locali con coperture a
calotte estradossate con un canale perimetrale
e un gocciolatoio e se hanno solai intermedi questi sono in legno di castagno
(nelle nostre zone) e hanno le scale esterne. Questo perché sarebbe stato
strutturalmente complicato realizzarle all’interno e inoltre non si toglie lo
spazio all’interno. Nei disegni
di Schinkel e Hoffman si
possono individuare tutti gli
elementi caratteristici
dell’edilizia tradizionale.
Nel disegno di Le Corbusier a lato vi è lo studio di una
casa di Pompei e si vede la corte interna che permane nella
nostra cultura. Anche Villa Moissi (le immagini
sottostanti) di Adolf Loos riprende tali forme.

Poi abbiamo Luigi Piccinato che fa dei progetti per le case coloniali in Africa dove
fa più caldo e il muro diventa alto con la luce che entra dall’apertura in alto, il
loggiato è più sporgente in modo da proiettare più ombra, la facciata è quasi chiusa
a meno di finestre sporgenti.

Poi abbiamo Gio Ponti che


fa un progetto di villa alla
pompeiana.
La corte è presente
anche nel padiglione
delle colonie della
fiera di Tripoli di
Carlo Enrico Rava.

(da notare l’uso del


vetrocemento)

A Marechiaro c’è Villa Oro (a sinistra) di Luigi Cosenza che adatta gli
elementi del linguaggio architettonico mediterraneo su un lotto molto
difficile, con spazi aperti e verde, dislivelli e volumi bianchi e loggia.
Infine, Casa Malaparte a Capri di Adalberto Libera (in basso e a destra).

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