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Universit degli Studi di Napoli LOrientale

Regione Campania

Fondazione Banco di Napoli

Archivio di Stato di Napoli

Universit degli Studi di Napoli LOrientale Archivio di Stato di Napoli


Collana Matteo Ripa n. 19

Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi di Napoli (1682-1869)


Percorso documentario e iconografico
Con lAlto Patronato della Presidenza della Repubblica

Catalogo della mostra


Archivio di Stato di Napoli 18 novembre 2006 - 31 marzo 2007 a cura di

MICHELE FATICA
Napoli 2006

A cura di: MICHELE FATICA Universit degli Studi di Napoli LOrientale Impaginazione, grafica e fotoritocco: MARIANO CINQUE ISSN: 1824-4181 Stampa: ARTI GRAFICHE ZACCARIA Srl copyright 2006 Universit degli Studi di Napoli LOrientale Finito di stampare nel mese di settembre 2006

Indice

Presentazioni
Matteo Ripa: luomo di fede, lintellettuale, lartista | PASQUALE CIRIELLO Un ponte tra Oriente e Occidente: Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi attraverso le carte dArchivio | FELICITA DE NEGRI 5

Saggi
I percorsi della mostra | MICHELE FATICA Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi | GIACOMO DI FIORE MICHELE FATICA Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinese commissionata da Kangxi | ANDREINA ALBANESE Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa | GIOVANNI STARY Ricercato numero uno: la vita avventurosa tra Europa ed Asia di Pietro Zai (Cai Ruoxiang , 1739-1806), alunno del Collegio dei Cinesi | EUGENIO MENEGON Arte e storia nella chiesa e collegio della Sacra Famiglia ai Cinesi | UGO DI FURIA Le ricerche in Cina sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi | WAN MING 11

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Iconografia

La famiglia, le aderenze familiari, lascesa sociale, la caduta Da Roma a Portsmouth a Macao

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame Le polemiche con i Gesuiti Echi sulla stampa napoletana Lattivit di interprete Il problema della fondazione del Collegio dei Cinesi a Napoli: promotori e oppositori Lacquisto della sede e il breve Nuper pro del 7 aprile 1732 del Papa Clemente XII Corsini La sede del Collegio, la chiesa dei Cinesi e larciconfraternita di Santa Maria Assunta Scritti di Ripa, da Ripa, su Ripa Dal Collegio dei Cinesi al Real Collegio Asiatico I Cinesi a Napoli Napoli in Cina

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Matteo Ripa: luomo di fede, lintellettuale, lartista PASQUALE CIRIELLO


Magnifico Rettore dellUniversit degli Studi di Napoli LOrientale

Poche Universit hanno il privilegio, come LOrientale, di essere state fondate da un artista. Certamente nella biografia di Matteo Ripa risaltano anzitutto la sua statura di uomo di fede, che lo port appena ventiseienne a partire missionario per la Cina, cos come il profilo di letterato, che gli permise di appropriarsi dei misteri dellidioma mandarino. E tuttavia questa esposizione dimostra, ove mai ve ne fosse bisogno, che Matteo Ripa fu anche e forse soprattutto un artista. noto che il motivo fondamentale della sua ammissione alla corte dellimperatore cinese fu appunto labilit nelle arti del disegno, della pittura, dellincisione su rame, tanto che il sovrano del Celeste Impero ebbe a commissionargli una serie di stampe raffiguranti la propria residenza di Jehol in Tartaria. Ben conosciuta, e fonte ogni volta di rinnovata ammirazione, la sua Grande Mappa dellImpero di Cina, capolavoro della cartografia del primo Settecento. Ma il materiale iconografico esposto dimostra che Matteo Ripa fu artista in ogni momento della sua vita, non solo su commissione ma anche quando il disegno e la pittura furono semplicemente al servizio della sua curiosit intellettuale unita a una certa sensibilit estetica. Ne sono prova i minuziosi disegni di pesci, molluschi e vegetali che il sacerdote traccia a margine delle pagine del diario redatto nel 1708 durante la navigazione sul vascello inglese Donegal che lo sta portando verso Macao. Squali, calamari, remore, frutti esotici, dei quali annota anche i nomi in varie lingue, vi sono tracciati con unaccuratezza che fa apparire Matteo Ripa un epigono non disprezzabile del Leonardo osservatore della natura e un notevole anticipatore delle sistematiche raffigurazioni di Linneo (che, ricordiamolo, nel 1708 aveva a malapena un anno). Se, da un lato, spiace che non sia rimasto molto della produzione figurativa realizzata in terra cinese (ma non detto che da archivi e biblioteche non spuntino altre testimonianze), altrettanto evidente che in Matteo Ripa, da un certo momento in poi, il talento pittorico viene sostanzialmente abbandonato a favore di quella che resta la sua grande impresa, di uomo di fede come di intellettuale: la fondazione del Collegio dei cinesi. E daltronde tutte le tracce che

Presentazione Matteo Ripa: luomo di fede, lintellettuale, lartista

ci restano del suo operato, ben compendiate peraltro nei reperti della mostra, curata dal prof. Fatica, testimoniano di come questi aspetti risultino organicamente integrati in quello che il suo grande, utopico, progetto: la conversione al cristianesimo dellImpero cinese. questo carattere complesso della personalit di Matteo Ripa a tracciare quello che sar il compito della prima istituzione europea per lo studio delle lingue e delle culture del lontano Oriente. Anche il disegno di evangelizzazione affidato a un percorso di acculturazione e di formazione, sia per i membri occidentali della Congregazione da lui fondata che per i giovani cinesi disposti a intraprendere limpegnativo cammino verso il sacerdozio. Ecco, dunque, che anche la diffusione di un messaggio concepito come universale si apre alla reciproca (pur se non ancora simmetrica) assunzione della diversit culturale. Questa duplice missione di apertura della societ europea verso i misteri delle civilt orientali e di contemporaneo avvicinamento delle culture dellAsia estrema alle elaborazioni della tradizione europea permette la realizzazione e il progressivo radicamento nel contesto napoletano dellistituzione immaginata da Matteo Ripa, dapprima nel periodo del viceregno austriaco e, poi, negli anni della dinastia borbonica. Sar poi questa vocazione intrinsecamente destinata, anche al di l delle stesse intenzioni del fondatore, a un arricchimento culturale originale e intenso (e pertanto dagli esiti non sempre prevedibili: si vedano le simpatie liberali dei convittori a met dellOttocento) a permettere la trasformazione, dopo lunit dItalia, dellantico Collegio dei Cinesi in unistituzione laica e statale, maggiormente attenta alle prospettive di proiezione commerciale e politica in Asia degli interessi italiani. Progressivamente sempre pi aperta a prospettive culturali plurali e diversificate, attenta ai mutamenti della societ contemporanea, LOrientale si riconosce tuttavia ancora oggi nella capacit di discernimento, nella sensibilit artistica, nellincrollabile passione di Matteo Ripa, qui cos evidentemente esibite.

Un ponte tra Oriente e Occidente: Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi attraverso le carte dArchivio FELICITA DE NEGRI Direttrice dellArchivio di Stato di Napoli

Missione istituzionale dellArchivio di Stato di Napoli la conservazione della memoria documentaria; ma lArchivio non un mero deposito di atti. La memoria, il ricordo sono possibili solo se il passato viene ripensato nei termini posti dalle domande e dalle necessit del presente. A tal fine, il documento, che del passato testimonianza, deve essere sottratto alloblio e al silenzio. lArchivio stesso a rendere possibile la conoscenza del patrimonio documentario che custodisce. Potremmo dire, quindi, che lArchivio conserva per comunicare. Le forme di cui tale attivit di comunicazione si avvale sono le pi diverse: sia va dagli strumenti pi tradizionali, gli inventari cartacei dei fondi archivistici, ai moderni data-base, che consentono anche allutente remoto di recuperare linformazione, alle mostre documentarie. Molto si scritto, anche in anni recenti, contro le mostre in genere e quelle archivistiche in particolare. Alle critiche incentrate sul carattere effimero di tali manifestazioni, si aggiunta, nel caso delle mostre documentarie, lobiettiva difficolt di offrire alla vista del pubblico un bene culturale che, a differenza di altri, proprio per le sue peculiarit, si presta, piuttosto, ad una comprensione mediata attraverso la lettura. Sappiamo inoltre che il documento, una volta estrapolato dal contesto originario il fondo, la serie, lunit archivistica cui appartiene non riesce a trasmettere tutto intero il suo significato. Vero , daltro canto, che fra i compiti dellarchivista vi anche quello di mettere pi direttamente il grande pubblico a contatto coi documenti e collarchivio, del quale per lo pi ignora lesistenza. Laffermazione di Eugenio Casanova che ha ricoperto, fra laltro, anche la carica di direttore dellIstituto napoletano agli inizi del Novecento e risale agli anni 20 del secolo scorso. Tuttavia, essa ha mantenuto in gran parte il suo valore, giacch gli Archivi continuano ad avere problemi di visibilit, specie se posti a confronto con altre istituzioni culturali di pi largo richiamo, come musei e scavi archeologici; il nostro Istituto, in particolare, ancora per molti napoletani, non addetti ai lavori, un luogo inesplorato e un po misterioso. Ben vengano, dunque, le occasioni di divulgazione offerte dalle mostre, tanto pi quando esse

Presentazione Un ponte tra Oriente e Occidente: Matteo Ripa...

concernono temi che hanno connessioni con i problemi e gli eventi dellattualit e che possono perci richiamare pi facilmente lattenzione del pubblico non specialistico. La mostra su Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi appartiene sicuramente a questultima categoria; la straordinaria avventura umana, religiosa, culturale del sacerdote napoletano e le vicissitudini dellistituzione da lui creata si collegano prepotentemente con le curiosit e le ansie del presente; e se non possono offrire risposte ai nostri interrogativi, sono per in grado di illuminarli di nuova consapevolezza. La struttura narrativa della mostra si articola in pi sezioni corrispondenti alle varie fasi della vicenda; quella centrale, che segna il momento cruciale del ritorno a Napoli di Matteo Ripa e della laboriosa fondazione del Collegio dei cinesi e degli indiani, attinge al patrimonio documentario dellArchivio di Stato di Napoli, le altre si avvalgono, invece, dellapporto di numerosi istituti fra Archivi e Biblioteche, italiani e stranieri. Nata dalla collaborazione fra lIstituto napoletano e lappassionata ricerca del prof. Michele Fatica che a Matteo Ripa e alla storia dellIstituto Orientale ha dedicato anni di studio e numerose pubblicazioni la mostra ha potuto essere realizzata grazie al lavoro paziente e solerte di Carolina Belli, vicedirettore dellArchivio, che stata coadiuvata validamente da Barbara Orciuoli, brillante diplomata della nostra Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica. Il riaffacciarsi prepotente della Cina sulla ribalta mondiale, dopo un lungo periodo di eclisse, sollecita una riflessione approfondita sulla storia dei rapporti fra la Cina e lOccidente; il percorso documentario costruito dalla mostra, con il relativo catalogo, ne rappresenta una pagina significativa. Ci auguriamo, quindi, che il pubblico possa trarne stimoli per un confronto pi sereno con le affinit e le diversit del presente.

Saggi

I percorsi della mostra


MICHELE FATICA Universit degli Studi di Napoli LOrientale

Premessa
Nel 1996, a 250 anni dalla morte di Matteo Ripa (29 marzo 1746), chi scrive propose ai vertici dellallora Istituto Universitario Orientale di ricordare lanniversario con un convegno internazionale e con una mostra documentaria, iconografica e bibliografica. La proposta suscit un forte interesse nel rettore del tempo, prof. Adriano Rossi, in Maurizio Taddei e Adolfo Tamburello, studiosi del Dipartimento di Studi Asiatici, che avevano gi compiuto ricerche sul fondatore del Collegio dei Cinesi di Napoli, in Mario Agrimi, allora direttore del Dipartimento di Filosofia e Politica. Grazie alle sinergie dei due dipartimenti il convegno ebbe luogo il 11 e 12 febbraio 1997 con ladesione della Societ Italiana di Studi del secolo XVIII rappresentata da Alberto Postigliola e vi parteciparono studiosi provenienti da tutte le parti del mondo, come testimoniato dai loro contributi pubblicati negli atti1. doveroso ricordare che il successo del colloquio internazionale fu merito anche di Francesco DArelli e di Paola Paderni, che affiancarono efficacemente chi scrive nella fase organizzativa e nella realizzazione delliniziativa, mentre DArelli dimostr una grande capacit nella composizione degli atti, operazione tuttaltro che facile in presenza dei numerosi contributi degli studiosi cinesi nella loro lingua. Lidea ritornata a 260 anni dalla morte di Matteo Ripa ed coincisa con lanno dellItalia in Cina. La felice conclusione dovuta a tante persone, a cui dobbiamo esprimere la nostra gratitudine: in primo luogo, la direttrice dellArchivio di Stato di Napoli, dott.ssa Felicita De Negri, che, con la finezza del suo tratto distintivo, ha messo a disposizione locali e tesori documentari; il prof. Pasquale Ciriello, rettore dellUniversit degli Studi di Napoli LOrientale, che ha riposto la sua fiducia in chi scrive. superfluo ricordare che lesito positivo stato possibile soprattutto grazie ad un finanziamento generoso erogato dalla Regione Campania, che ci preme ringraziare nella persona del governatore on. Antonio Bassolino e dei funzionari Pasquale Carrano e Raffaella Farina. Il prof. Adriano Giannola e il dott. Aldo Pace, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Banco di Napoli, sono intervenuti con grande sensibilit per coprire, con un contributo della benemerita istituzione alcuni buchi che si erano venuti a creare.
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Michele Fatica, Francesco DArelli (a c. di), Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi, Atti del Colloquio Internazionale, Napoli, 11-12 febbraio 1997, Napoli 1999.

I percorsi della mostra

Una citazione riconoscente merita anche lIna Assitalia, Agenzia di Napoli Nord, la quale ha offerto gratuitamente lassicurazione dei pezzi provenienti dalla Biblioteca Nazionale di Napoli. Accanto alle istituzioni e persone gi ricordate, non possiamo passare sotto silenzio quanti nel Dipartimento di Filosofia e Politica si sono prodigati per la buona riuscita delliniziativa: il prof. Riccardo Naldi, direttore; Antonietta Sportiello e Nicola Fabozzi, responsabili della segretaria amministrativa; Daniela Di Donna, assistente alla segretaria. La sinergia delle competenze dirigenziali e amministrative concorrono con le competenze culturali. A tal proposito il curatore non poteva trovare collaborazione migliore di quella offerta dalle dott.sse Carolina Belli e Barbara Orciuoli dellArchivio di Stato di Napoli. La riuscita del catalogo sotto il profilo estetico dovuta al giovane, ma gi esperto Mariano Cinque. Occorre anche ringraziare quanti (Andreina Albanese, Giacomo Di Fiore, Ugo Di Furia, Eugenio Menegon, Giovanni Stary, Wan Ming) hanno scritto i saggi che aiutano a capire la complessa personalit di Matteo Ripa, ricostruiscono i tesori di arte oggi in gran parte dispersi o perduti che corredavano la chiesa e il Collegio dei Cinesi, raccontano le esistenze e le sofferenze dei suoi ospiti, ricordano quanto listituzione di Napoli sia presente sia nella documentazione archivistica, sia nelle ricerche della lontana Cina. La raccolta bibliografica, documentaria ed iconografica iniziata da molti anni e chi scrive deve ringraziare quanti hanno agevolato le sue ricerche e consentito luso gratuito delle immagini: in modo particolare padre Leonard Boyle OP, gi prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana; Josef Metzler OMI, gi responsabile dellArchivio Storico della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli; monsignor Vittorio Giustiniani, responsabile dellArchivio Storico della Diocesi di Salerno; padre don Pedro Gil, responsabile dellarchivio della Curia Generalizia dellOrdine dei Frati Minori; la dott.ssa Maria Luisa Storchi e il sig. Franco Manzione, direttrice luna e impiegato laltro dellArchivio di Stato di Salerno; lavvocato Salvatore Maffei, direttore della Emeroteca Tucci di Napoli. Il sopralluogo nella chiesa dei Cinesi stato autorizzato dal dott. Mario Tursi, direttore dellASL 1 di Napoli e guidato dalling. Carmelo Covuccia. La ND Maria Grazia Leonetti Rodin e la dott.ssa Loredana Gazzarra hanno gentilmente permesso di pubblicare la foto della tela Visita dei Re Magi al Bambin Ges, un tempo patrimonio della chiesa dei Cinesi ed oggi conservata nella quadreria del Pio Monte della Misericordia. Paziente e vicino mi stato il personale tutto (Paolo Amodeo, Bruno Calabr, Enzo Cipullo, Ettore Griffo) del Torcoliere, Centro di composizione e stampa dellUniversit degli Studi di Napoli LOrientale, in modo particolare il segretario amministratico del Centro, dott. Luigi Squillacciotti, e il responsabile del coordinamento editoriale, dott. Umberto Cinque. Massimo Zaccaria e Antonio Scagliola hanno messo a disposizione di chi scrive la loro arte tipografica.

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Michele Fatica

Le sezioni della mostra

I. La famiglia, le aderenze familiari, lascesa sociale, la caduta Il numero notevole di documenti esposti, tratti dallArchivio Storico della Diocesi di Salerno, ha un solo scopo: quello di dimostrare la reale condizione sociale degli ascendenti paterni e materni di Matteo Ripa e sfatare la diffusissima e mai contestata leggenda circa un preteso titolo nobiliare di Gian Filippo Ripa, padre del fondatore del Collegio dei Cinesi. Anche un testo relativamente recente, frutto di lunghe ricerche archivistiche e scevro di quella pietas che spesso appanna la vista di chi scrive, ripete la leggenda relativa ad un sedicente titolo di barone di Planchetella posseduto dal genitore di Matteo Ripa2. Quanti tra cultori di storia e di glorie patrie hanno attribuito negli ultimi 140 anni a Gianfilippo Ripa una qualifica baronale inesistente non possono sottrarsi ad un certo biasimo, avendo ignorato un testo pubblicato nel 1859 che ricostruisce minutamente la storia del feudo di Chianca e Chianchetella in Principato Ulteriore3. Ma quale era allora la condizione sociale della famiglia da cui proveniva Matteo Ripa? Se volessimo usare gli attuali parametri di classificazione sociale potremmo dire che la famiglia di Matteo Ripa apparteneva al ceto medio agiato provinciale. Lagiatezza derivava a tale famiglia dallesercizio delle professioni liberali. Il nonno del fondatore del Collegio dei Cinesi, Diego, abitante in Prepezzano, uno dei sei casali di Giffoni, provincia di Salerno ove la gens risiedeva in una contrada che da essa prendeva nome la Ripa e che comprendeva una casa palazziata era doctor utriusque iuris; il padre di Matteo Ripa era doctor physicus, oggi diremmo medico, che aveva sposato Antonia Longo/Luongo, sorella di prete e di medico, quindi di famiglia della stessa condizione sociale, che abitava in una contrada denominata casa Longo in Vignale, altro casale di Giffoni. Allora quale il legame della famiglia di Matteo Ripa con la baronia di Planchetella o Chianchetella? I fratelli di Matteo Ripa erano medici, avvocati e preti, ma nutrivano tutti una grande ambizione: quella di nobilitarsi. La mostra documenta il trasferimento da Prepezzano ad Eboli di Gianfilippo, la conquista di Napoli dei suoi figli Diego e Lorenzo, lacquisizione del titolo baronale da parte di Lorenzo con lacquisto del feudo di Chianchetella e Balba. La morte prematura di Lorenzo nel 1739 e quella successiva di Diego documentano una cadura altrettanto rapida dellascesa. Alle ambizioni di ascesa sociale dei fratelli, alle loro sinergie per favorire la nobilitazione di Lorenzo, Matteo Ripa era rimasto quasi estraneo. Egli aveva carattere troppo forte e determinato per presta2 3

Cosimo Longobardi, Eboli tra cronaca e storia, vol. IV, Salerno 1998, p. 239. Erasmo Ricca, La nobilt del Regno delle Due Sicilie, vol. I, Napoli 1859, pp. 368-373.

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I percorsi della mostra

re la sua collaborazione al disegno familiare quasi ossessivo di promozione sociale, n dal fratello Tommaso Andrea, guida spirituale del gruppo, aveva avuto un trattamento uguale o paritetico a quello di Lorenzo. Non poteva dimenticare che il fratello maggiore nel 1704 lo aveva costretto a retrodonare a favore di Lorenzo la casa palazziata in Eboli gi donatagli nel 17024 e che nel 1711 allo stesso Lorenzo gli altri fratelli avevano donato un uliveto con 300 piante, il cui usufrutto annuo di 50 ducati era stato prima devoluto, vita natural durante, a beneficio di D. Matteo Ripa, attualmente predicatore e missionario apostolico nel Regno della Cina5. Egli prima ancora di essere ordinato sacerdote, il 28 marzo 1705, dallarcivescovo di Salerno, il francescano calabrese Bonaventura Poerio, aveva condotto unesistenza quasi in polemica con quei fratelli tutti protesi ad arrivare. Si era iscritto alla Congregazione di Santa Maria della Purit, che aveva sede nella chiesa di San Giorgio Maggiore e che svolgeva attivit tra i ceti pi poveri di Forcella allora nota come la Vicaria Vecchia e dei Mannesi, proprio per marcare una certa distanza dai fratelli che frequentavano i ceti alti di Napoli. La sua scelta di accettare linvito di Antonio Torres, preposito dei Pii Operai, a recarsi a Roma per poi essere destinato in Cina, pu essere valutata anche nellambito di questo rapporto non sempre disteso coi fratelli.

II. Da Roma a Portsmouth e a Macao Prima di accingersi a prendere da Napoli la direzione per Roma il che avverr il 26 novembre 1705 Matteo Ripa aveva preso con s stesso due impegni: in primo luogo, mantenere il pi stretto silenzio con il genitore Gianfilippo e con i fratelli. Dati i rapporti che aveva con i congiunti, ai quali abbiamo accennato, i fratelli avrebbero usato ogni mezzo per impedire a Matteo di mettere in atto quella decisione che giudicavano pazzesca di partire missionario per la lontanissima Cina. In secondo luogo, compiere il viaggio a piedi e mendicando il vitto. Riusc ad osservare il primo impegno, perch i fratelli non seppero assolutamente nulla della sua partenza. Raggiunse Roma in calesse, il 30 novembre 1705, per aiutare lamico Gennaro Amodei, debole di corpo, ma non di spirito. Nella capitale della cristianit deve attendere ludienza pontificia dell8 ottobre 1707, per intravedere il segnale della partenza per la Cina. Intanto, dopo un periodo di grandi patimenti, per mancanza di risorse e di aiuti, si fa largo grazie alle eccezionali doti di cui fornito: contrae amicizie importanti come dimostrano i documenti esposti nella mostra.
4 ASSa, Protocolli notarili, Notai del distretto di Salerno, Eboli, Atti di Berniero Romano, fascio 2658, ff. 72-74, atto del 18 luglio 1704. 5 ASSa, Protocolli notarili, Notai del distretto di Salerno, Eboli, Atti di Rocco de Antola, fascio 2641, rogito del 1 aprile 1711, f. 74v.

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Michele Fatica

III. Ripa alla corte di Kangxi: le incisioni su rame In coerenza con la consegna ripiana di non insistere sul suo talento di pittore e di incisore, noi possiamo ricostruire solo attraverso i vaghi indizi contenuti nei suoi scritti litinerario che lo port ad essere apprezzato ed onorato dallimperatore Kangxi proprio per le sue capacit artistiche e tecniche. Limperatore, del resto, non aveva gusti dozzinali, ma per essere un cultore raffinato delle arti, era noto in Europa come il Luigi XIV dellEstremo Oriente. Per quanto riguarda lapprendistato di pittore a Napoli, sappiamo che, ancora prima di essere prete assecond il suo talento pittorico copiando alcuni affreschi esistenti nella chiesa di S. Giorgio Maggiore. A Roma sicuramente continu a coltivare la sua passione per la pittura: lo deduciamo dallimmagine della Vergine che egli aveva dipinto e che aveva colpito a tal punto Giovanni Antonio Mezzafalce da indurlo a scriverne al fratello Giovanni Donato al seguito del legato papale in Cina Carlo Tommaso Maillard de Tournon. Questi, pur essendo prigioniero a Macao, aveva comunicato allimperatore larrivo del pittore Matteo Ripa, insieme a musicisti come il prete della Congregazione della Missione Teodorico Pedrini, e a scienziati, come lagostiniano Guglielmo Bonjour Fabre, secondo quanto gli aveva promesso al momento della prima udienza. Era scontato per quanti sedevano sul trono giallo del dragone che lonore di accedere in Cina ed essere ammessi a corte era riservato solo a coloro che dallOccidente portavano le novit scientifiche, tecnologiche, artistiche ignote nel Paese di Mezzo. Ma limperatore non accoglieva come suoi ospiti gli occidentali portatori di conoscenze nuove solo sulla base di segnalazioni che gli venivano da personalit sia pure importanti come il legato papale. Nel caso di Matteo Ripa Kangxi richiese due condiziono: I. di verificare di persona le sue capacit di pittore; II. di comunicare con il pittore solo nella lingua cinese. Quindi il sacerdote ebolitano dovette inviare allimperatore saggi delle sue capacit e mettersi di buona lena ad imparare il cinese mandarinico o guanhua . Quando il 5 novembre 1710 il governatore di Canton riceve lordine di provvedere alla partenza per Pechino di Ripa, Pedrini e Bonjour Fabre, significa che limperatore ha mostrato il suo gradimento per i saggi della pittura di don Matteo. Il sacerdote ebolitano, partito da Canton il 27 novembre 1710 raggiunse Pechino il 6 febbraio 1711, ammesso nella reggia come pittore di corte. Della sua produzione pittorica in Cina non pervenuto nulla. Di tutta la sua attivit a corte restano solo due imprese legate alla sua sapienza tecnica di incisore su rame. Dove e quando avesse imparato questa tecnica Matteo Ripa dice, come al solito, molto poco. Scrive soltanto che durante il suo soggiorno a Roma tra il dicembre 1705 e lottobre 1707, prima di partire per la Cina, aveva appreso da un pittore la tecnica di incisione su rame con lacquaforte6. Il 9 maggio 1711, quin-

Matteo Ripa, Giornale, vol. II (1711-1716), testo critico, note ed appendice documentaria di Michele Fatica, Napoli 1996, p. 38.

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I percorsi della mostra

di 3 dopo mesi essere stato ammesso a corte, fu richiesto da Kangxi se oltre alla pittura, egli conoscesse qualche altra arte o scienza. La sua risposta, come si legge nel suo Giornale, fu, come al solito, ispirata a 7 modestia. Ma le sue prove appagarono limperatore a tal punto che questi gli commission nellagosto 1712 lincisione delle vedute dellimmenso parco tra i monti per fuggire la calura estiva. Dopo lincisione della villa imperiale di Jehol una commissione ancora pi impegnativa egli ebbe dallimperatore: riprodurre la carta generale dellImpero. Nel 1914, quando il missionario ebolitano ebbe lincarico, i lavori per la confezione della grande carta non erano completati e, presumibilmente, egli procedette a misura che lquipe di geografi, cartografi e matematici europei inviava a Pechino i risultati dei suoi rilevamenti. Nella romanizzazione dei toponimi sia cinesi, che mancesi egli fu aiutato dai collaboratori delle due nazionalit che imparavano la tecnica nel laboratorio che egli aveva creato8. Sotto la data del 20 ottobre 1716, egli afferma che nellintagliare la carta geografica, gi er[a] giunto alla gran muraglia, che divide la Cina dalla Tartaria9. Di pi non aggiunge, anche se pi volte ribadisce che egli ha delineato a penna, cio, ha disegnato in scala ridotta tutta la carta, che risulta nellinsieme di 44 tavole di rame10.

IV. Le polemiche con i Gesuiti, echi sulla stampa napoletana, lattivit di interprete La permanenza del Ripa nella corte mancese fu caratterizzata da una continua polemica con i missionari della Compagnia di Ges. I motivi della sua avversione agli accoliti di S. Ignazio era motivata, in primo luogo, dalla sua convinta difesa della purezza della nostra Santa Fede. Nei secoli si sono scontrate due tendenze nella Chiesa di Roma: quella di chi stato fermo nel pensiero di operare una rivoluzione culturale nel convertito alle verit di Cristo. Questo pensiero comporta la costruzione di un uomo nuovo che faccia tabula rasa di tutta la precedente cultura. La seconda posizione si rende conto della impossibilit del convertito di effettuare un completo sradicamento dalla sua precedente cultura. Matteo Ricci si mosse in questa seconda direzione e riconobbe nel culto degli antenati, dellimperatore e delluniverso dei santi di cui costellata la religiosit popolare cinese un complesso di credenze, da lui definite civili che non intaccavano la fede in Cristo. Ma i Gesuiti ai primi del XVIII secolo erano diventati troppo potenti perch la loro prassi missionaria in Cina ma anche in altre regioni del

Ibidem, p. 29. ACGOFM, MH, 15-2, p. 348; in sintesi i dati sono confermati in Matteo Ripa, Giornale, vol. II, cit., p. 136. 9 Matteo Ripa, Giornale, vol. II, cit., p. 223. 10 Ibidem, pp. 27 e 136.
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Michele Fatica

mondo fosse condivisa. Furono attaccati dagli zelanti, che parlavano della ipocrisia gesuitica, di morale immorale, di concessioni al paganesimo, favorendo in Cina la contaminazione del cristianesimo con il confucianesimo. Nasceva cos la questione dei riti cinesi, su cui furono versati fiumi dinchiostro. Ripa appartenne al partito degli zelanti, attirandosi nel suo soggiorno a Pechino lavversione dei suoi antagonisti, non solo per questa sua posizione, ma anche per liniziativa di creare un seminario per giovani cinesi a Pechino. I Gesuiti, che avevano della Cina unesperienza secolare, ritenevano che a loro sarebbe spettato il compito della formazione del clero indigeno. Ma quando in passato avevano preso in considerazione una ipotesi del genere, sempre lavevano scartata, arretrando di fronte alle grandi difficolt che la realizzazione di un tale progetto avrebbe incontrato. Le culture erano troppo diverse perch si potesse pensare seriamente a cinesi ordinati sacerdoti. Per le famiglie cinesi i giovani maschi erano destinati a continuare la generazione e solo i pi poveri erano disposti a farsi castrare nella prospettiva di una brillante carriera a corte in qualit di eunuchi. Ora i Gesuiti venivano sfidati dal Ripa con un piano sistematico, e non con una iniziativa sporadica, proprio l dove essi avevano ceduto. La vittoria del Ripa in questo settore fu parziale, perch la sua idea di fondare un collegio per i cinesi avr possibilit di realizzarsi solo lasciando Pechino ed eleggendo Napoli come sede del seminario per i cinesi. Comunque, anche prima del suo ritorno nella citt, dove si era formato, la sua fama era grande. Di quel che faceva in Cina abbiamo dettagliate notizie sugli Avvisi di Napoli, Ripa, inoltre, impar cos bene la lingua cinese da essere scelto dallimperatore Kangxi quale interprete della legazione del russo Lev Izmailov e del legato pontificio Carlo Ambrogio Mezzabarba.

V. Il ritorno a Napoli con 5 cinesi. Promotori ed oppositori del Collegio dei Cinesi Stanco di polemizzare con i Gesuiti, Ripa decide, a fine estate del 1723, dopo la morte di Kangxi nel dicembre 1722, di tornare a Napoli allo scopo di fondare un seminario per cinesi, da educare con una metodologia opposta a quella dei Gesuiti, affinch, ritornati nella loro patria, diffondano tra i loro connazionali un cristianesimo puro, non inquinato dal confucianesimo. Poich i rapporti col nuovo imperatore Yongzheng sono ottimi, questi gli concede il permesso di ritornare in Europa a motivo di un lutto familiare. Essendo uomo di corte, Ripa pu essere accompagnato da servitori di fiducia: sono i quattro giovani, primo nucleo del Collegio dei Cinesi. Ai quattro si aggiunge un cinese che ha superato i 30 anni: il maestro Gioacchino Wang, il quale deve mantenere in esercizio i giovani allievi nella lingua e nella scrittura della loro patria, che potrebbero dimenticare dopo una lunga permanenza a Napoli. Lidea di fondare il Collegio trova una certa resistenza nel papa Benedetto XIII Orsini, che giudica Napoli una citt troppo condizionata dalle teorie di Pietro Giannone. Ripa, per, trova sostenitori del suo progetto sia nel presidente del Consiglio Collaterale, Gaetano Argento, sia nellimperatore

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I percorsi della mostra

Carlo VI dAsburgo, chegli visita a Vienna nel 1726, e che approva il Collegio, anche perch il sacerdote ebolitano gli promette di creare una scuola per interpreti della lingua cinese e della lingua indiana, idea che piace molto allimperatore, che nel 1722 ha fondato sotto legida imperiale la Compagnia di Ostenda; che ha scali commerciali in India e a Canton. Dallora in poi listituto napoletano fondato dal Ripa prender il nome di Collegio dei Cinesi e degli Indiani, anche se di questi ultimi a Napoli non si mai vista neppure lombra.

VI. La sede del Collegio, la chiesa dei Cinesi e larciconfraternita di S. Maria Assunta in Cielo ai Cinesi. Dal 1729 al 1894, il Collegio dei Cinesi, anche dopo le trasformazioni avvenute nel 1869 e nel 1888, ebbe la sua sede nel complesso situato extra mnia sul poggio della Montagnola, zona dei Pirozzoli, borgo dei Vergini formato da un grande corpo di fabbrica, da due giardini, da una chiesa con un piccolo vano laterale, dove Ripa sistem larciconfraternita di S. Maria Assunta in Cielo detta ai Cinesi. Il sacerdote ebolitano, tutto preso dallorganizzazione dellistituto da lui fondato, non dimentic di essere un pittore, disegn lo stemma del Collegio e limmagine della Vergine che ascende in cielo. Trattandosi dellunica documentazione materiale che resta del Collegio, la sezione ricostruisce vecchie epigrafi, legge alcune lapidi incise sopra il sepolcro di Matteo Ripa e di altri importanti congregati, ricostruisce la quadreria ed altri significativi dettagli della Chiesa e di tutto il complesso monumentale.

VII. Scritti di Ripa, da Ripa e su Ripa Gli scritti di Matteo Ripa in gran parte restano manoscritti. In vita egli stamp una sola opera, che una biografia di un collegiale di origine giapponese, ma proveniente dalle Filippine, Belisario degli Angeli, morto giovanissimo a Napoli. Nel 1832 i congregati della Sacra Famiglia assemblarono malamente due manoscritti del fondatore, censurando tutte le polemiche con i Gesuiti, manipolando e, in alcuni casi, falsificando il testo del Ripa, il tutto allo scopo di avviare il processo di beatificazione, che inizier, senza successo, solo nel 1874. Gli stessi manoscritti furono visti, copiati e tradotti in francese a Napoli, dal sacerdote della Congregazione della Missione, Gabriel Perboyre, confluendo poi nei tomi IV-VIII degli anonimi Mmoires de la Congrgation de la Mission (Paris, 1863-1866). Intanto tutte le relazioni inviate al papa Clemente XI Albani e a Propaganda Fide furono copiate da alcuni scrittori avversi alla Compagnia di Ges, che daranno il loro contributo alla soppressione dellistituto ignaziano nel 1773. Al di fuori della letteratura controversistica la fama del Ripa acquistava una dimensione mondiale e di lui si scrisse in libri sia stampati a Londra, sia pubblicati in Cina. I libri sono o fotocopiati nel frontespizio e esposti nella loro edizione originale.

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VIII. Le trasformazioni del Collegio dei Cinesi e i benefici concessi dai pontefici Limperatore Carlo VI dAsburgo autorizz lapertura di un Collegio formato da una scuola per missionari e interpreti cinesi e indiani, da un convitto aperto, dietro pagamento di una retta, a giovani disposti a diventare missionari in Oriente, in pi da una congregazione chiamata della Sacra Famiglia di Ges Cristo di sacerdoti, dotati di patrimonio sufficiente ai bisogni della loro esistenza, incaricati delleducazione sia dei collegiali che dei convittori. Il breve di approvazione Nuper pro, fu emesso il 7 aprile 1732 dal papa Clemente XI Albani nella presunzione di unautonomia finanziaria dellistituzione, garantita dallimperatore in 800 ducati annui da ricavare dalle rendite di 3 vescovati di patronato regio (Reggio, Cassano e Tropea). Il cambiamento dinastico e di governo, con la conquista nel 1734 del Regno di Napoli da parte di Carlo di Borbone, vanific la promessa di Carlo VI dAsburgo, per cui il Collegio dei Cinesi si trov ad un certo punto privo di risorse finanziarie sicure. Tutto ci fu fatto presente dal Ripa al nuovo papa Benedetto XIV Lambertini, da lui conosciuto in precedenza a Roma. La bolla In Sacro Principis di Benedetto XIV, del 31 agosto 1743, segnava una svolta nella storia del Collegio dei Cinesi, perch papa Lambertini, scrisse nel documento pontificio di avere saputo che le rendite erano cos esigue da non essere sufficienti a nutrire i collegiali ragazzi e adolescenti, nonch il personale addetto ai servizi e al governo dellistituto, e pertanto concedeva al Collegio il beneficio dellabbazia di S. Pietro Apostolo in Eboli, valutato a 1.700 ducati annui, con la riserva si detrarre dalla rendita una pensione di 500 ducati da assegnare a persona da nominare. Ma la vera trasformazione si ebbe con altra bolla, Misericordia Dei, del 6 ottobre 1747, con la quale, ormai defunto Ripa, papa Lambertini rinunciava alla pensione annua di 500 ducati, alla condizione che nel Collegio dei Cinesi fossero ammessi immediatamente anche 4 giovani cristiani provenienti da Valacchia, Bulgaria, Serbia ed Albania (regioni soggette al Gran Turco), prevedendo in prosieguo un numero di 16 collegiali: 8 provenienti dallIndia e dalla Cina e 8 dallImpero Ottomano, restando le spese per il viaggio e per il resto a carico del Collegio dei Cinesi. La definitiva trasformazione del Collegio dei Cinesi e degli Indiani, in Collegio dei Cinesi e degli alunni provenienti dallImpero Ottomano si ebbe con le successive bolle di Clemente XIII Rezzonico (Quanta Ecclesia, 1 maggio 1760) e di Pio VI Braschi (Pr ceteris illa, 22 luglio 1775) con le quali furono attribuiti nuovi benefici (la Petruccia) alla istituzione fondata da Matteo Ripa in territorio dellattuale Battipaglia, ed il numero dei collegiali fu portato a 32, cui si aggiunsero le spese del viaggio in Cina per tre missionari designati da Propaganda Fide. La concessione dei benefici ecclesiastici attenu lautorevolezza della regia protezione, con la quale il Collegio era sorto, ponendo questultimo alle dipendenze di Propaganda Fide anche sotto il profilo politico. Altra trasformazione durante il decennio francese, quando fu incrementato il convitto, equiparato ad un liceo, e fu introdotto linsegnamento del cinese per i convittori che ne avessero fatto richiesta. In questo periodo il Collegio fu posto sotto la sorveglianza del Ministero dellinterno, sorveglianza che cess con la restaurazione borbonica. La forte attenzione dedicata al convitto si accrebbe nel periodo com-

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preso tra il 1830 e il 1860, quando uno spazio di rilievo fu riservato alla musica e alle rappresentazioni teatrali. Nel periodo precedente lintervento garibaldino nel Mezzogiorno, i congregati della Sacra Famiglia manifestarono simpatie liberali, che allarmarono le autorit pontificie e larcivescovo di Napoli Sisto Riario Sforza. Forse fu anche grazie a tali simpatie, allamicizia di alcuni congregati con Pasquale Villari e con lorientalista Giacomo Lignana, che il Collegio non fu soppresso e si avvi autonomamente a quella riforma realizzata nel 1868, che chiam Collegio Asiatico lantico Collegio dei Cinesi, prima ancora dei decreti del ministro della Pubblica Istruzione Angelo Bargoni emessi nel settembre 1869. Questa sezione densa dimmagini e di documenti provenienti dallArchivio Storico dellOrientale e dallArchivio di Stato di Napoli.

IX. Cinesi a Napoli, Napoli in Cina Per secoli Napoli ha accolto in forma continua e non sporadica, come altre capitali europee si pensi a Parigi una comunit di cinesi qualificati, che ha lasciato tracce che solo lincuria del XX secolo ha cancellato. Se Ripa non fosse stato totalmente assorbito dallidea, diventata ad un certo punto ossessiva, di fondare un seminario dei cinesi per convertire limmenso Impero Celeste alla fede in Cristo, Napoli avrebbe avuto stampato gi ai primi degli anni trenta del Settecento un vocabolario sinolatino, per il quale il missionario ebolitano scrisse lintroduzione. Ma a quella fonte di sapere sinico, che fu il Collegio dei Cinesi, attinsero non solo intellettuali napoletani come Domenico Cirillo, ma diplomatici di grande statura come George Macartney, missionari e poliglotti famosi del XIX secolo come Ludovico de Besi e Giuseppe Mezzofanti, Quando leggiamo il canto funebre in morte di Gaetano Argento e la traduzione dei riti funebri prescritti per i cinesi dal papa Benedetto XIV Lambertini proviamo una grande commozione. Del Collegio si seppe in Cina, al di l della ristretta cerchia di missionari, solo nel 1861, grazie alla Breve relazione di un viaggio in Occidente, di Pietro Kuo, fratello di Giuseppe Maria. Pi tardi listituzione fu visitata nel giugno del 1870 dalla prima delegazione diplomatica cinese in visita in Italia, dando luogo ad uno strascico di polemiche. Quindi ne parlarono il funzionario imperiale Hong Xun , che ne atttribu la fondazione a Matteo Ricci errore in cui sono incorsi non solo i cinesi e il diplomatico Xue Fucheng . Per fortuna, come documenta Wan Ming, la prima accademia sinica europea sta ritornando oggi in auge nella Repubblica Popolare cinese.

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GIACOMO DI FIORE MICHELE FATICA Universit degli Studi di Napoli LOrientale I. La vita di relazione nel Collegio dei Cinesi agli esordi: Ripa e gli altri
La viziosa vogliosit, che sul principio io ebbi di radunare soggetti, affine di non lasciare soli i Cinesi, la Casa e la Chiesa ne tempi delle mie lunghe assenze da questa Citt, fece che mi caricassi di alcuni ecclesiastici, santi per altro, ma non buoni per questa communit; e perch non sera ancor introdotto il noviziato, essendo loro rimaste alcune involontarie imperfezioni, disturbavano con esse la novella pianta del Signore; onde, avendo io colla propria esperienza conosciuto il mal, chaveva fatto in esser stato tanto facile a riceverli, mi posi a pregare instantemente il Signore a volersi degnare di sgravarmene, promettendoli desser pi cautelato nella recezione de soggetti per lavvenire. Il Signore si degn esaudirmi, avendo disposto che un dopo laltro se ne andassero, lo che caus non poco discredito a questa Santa Opera, per vedersi dal publico, che nessuno vi persisteva1.

Cos scriveva Matteo Ripa, ricordando i primi passi dellistituzione da lui fondata, la Congregazione della Sacra Famiglia di Ges Cristo con lannesso Collegio dei Cinesi. Tra gli ecclesiastici, santi per altro, ma non buoni per questa communit Matteo Ripa si sofferma a lungo sui suoi rapporti con Alfonso Maria de Liguori, che soggiorn per tre anni dal giugno 1729 al novembre 1732, in qualit di convittore presso il Collegio dei Cinesi, nella sede ai Pirozzoli, situata alle falde di Capodimonte, acquistata dallo stesso Ripa nellaprile del 1719 dai padri olivetani.

Giacomo Di Fiore autore dei capp. I e III di questo saggio; Michele Fatica ne ha scritto il cap. II ed ha curato le citazioni dal ms. originale del Ripa intitolato Istoria o sia relazione. 1 Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Gies Cristo, ms. in ACGOFM, MH, 9-2, cap. 28, sotto la data di Napoli, luglio 1732, p. 299. Nel 1832, in previsione del processo di santit del Ripa, che avr inizio, senza esito, solo nel 1874, i congregati della Sacra Famiglia di Ges Cristo assemblarono detto manoscritto con 5 tomi scritti dallo stesso Ripa, intitolati Giornale de viaggi , per stampare in 3 tomi una Storia della fondazione della Congregazione della Congregazione e del Collegio de Cinesi sotto il titolo della Sagra Famiglia di G. C. scritta dallo stesso fondatore Matteo Ripa, Napoli 1832, opera in gran parte rimaneggiata e non priva di vere e proprie falsificazioni. Per la vicenda legata al cattivo uso dei manoscritti del Ripa si rinvia a Matteo Ripa, Giornale (1705-1724), vol. I (1705-1712), introduzione, testo critico e note di Michele Fatica, Napoli 1991, intr. passim.
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Dopo aver descritto in molte pagine le travagliate relazioni tra se medesimo e il de Liguori, il fondatore del Collegio dei Cinesi conclude:
Voglio per che serva questo fatto [la diserzione di Alfonso Maria de Liguori] per ammaestramento dognun di noi a non voler mai condescendere a dispensare la nostra regola, che proibisce accettare alcuno che abbia vestito labito daltro istituto, bench sia dun giorno solo, e indi senza legitima causa labia deposto, e molto meno andar inquietando le altrui communit, con subbornare i soggetti a disertare dalla loro vocazione per abbracciare questa nostra vita, mai non benedicendo Dio queste simili azioni2.

Che il giudizio su Alfonso Maria de Liguori, presentato come un personaggio che andava inquietando le altrui congregazioni e subornava i soggetti per indurli a seguirlo, non fosse lusinghiero, non sfugg ad Antonio Tannoja, compagno del de Liguori e suo primo biografo, il quale ebbe modo di leggerlo, facendo rilevare che quelle espressioni del Ripa suonavano non a gloria di Alfonso, ma a suo vituperio3. Tra quanti abbandonarono, insieme al futuro S. Alfonso il sacerdote ebolitano, nelle memorie di questultimo troviamo altri due nomi: quello di Vincenzo Mandarini e di Gennaro Maria Sarnelli, ai quali egli dedica la seguente nota:
bench il Mandarini con altri suoi compagni persistesse qualchanno in Tramonte, in questanno 1738 chio rileggo questa Relazione per corriggerla, ne sono stati con poco decoro scacciati. S unito il Mandarini con alcuni ecclesiastici, che convivono in Cajazzo, e con essi si sforza di servire il Signore. Col Sig. D. Alfonso di Livoro sun il Sig. D. Gennaro Sarnelli. Questo rimase nella casa presa in affitto a Scala, assieme con un vecchio sacerdote, attuale canonico di quella citt, per proseguire ivi lerezione della loro fondazione, dicendo la regola sudetta da essi mitigata, ed il Sig. D. Alfonso con un altro buon sacerdote se ne and su dun monticello sei miglia distante dalla citt di Caiazzo, per formar ivi il noviziato. Il Sig. Sarnelli si sciolse dalla radunanza e cos fin la nuova religione4.

Per ora ci soffermiamo su Gennaro Maria Sarnelli, del quale ci siamo gi occupati parecchi anni fa, trattando della memorabile, forsennata e perdente crociata che egli condusse contro le meretrici di Napoli5. Qui ritorneremo ancora su questo personaggio e su quel breve periodo della sua vita (anchessa peraltro di scarsa durata: mor ad appena quarantadue anni) durante il quale fu ospitato nel Collegio dei Cinesi.
Ibidem, cap. XXVIII, p. 307. Antonio Maria Tannoja, Vita ed istituto di S. Alfonso Maria de Liguori, Napoli 1798, vol. I, p. 73. 4 Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione , cit., p. 306. 5 Giacomo Di Fiore, Il pi antico mestiere e uno scrittore napoletano del 700, in Prospettive Settanta, 3-4 (1985), pp. 378402.
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Secondo Raimondo Giovine, che a met Ottocento scrisse la pi completa biografia del Sarnelli, e che avrebbe curato la ristampa delle sue opere, a d 4 giugno 1729, il Sarnelli entr nel sudetto convitto de Cinesi in qualit di semplice convittore, e il suo esempio fu subito seguito da Alfonso de Liguori anche se secondo il Ripa il primo a dare il cattivo esempio fu proprio questultimo il quale vi entr nella stessa qualit verso la met del medesimo mese di giugno6. A parte il discorso su chi fosse stato per primo il seminatore di discordie, i due giovani erano, al momento di entrare come convittori nella istituzione del Ripa, gi legati da un saldo rapporto di amicizia e di collaborazione, iniziato da qualche anno e che avrebbe visto il suo momento pi fervido nella pratica delle cosiddette cappelle serotine. Partendo dal presupposto che allimbrunir della sera ... la maggior parte dei plebei libera dalle faccende, un piccolo drappello di volenterosi preti, guidati dal de Liguori e comprendente il Sarnelli, allepoca peraltro non ancora ordinato sacerdote, cominci nelle serate estive a catechizzare la gente in luoghi remoti e solitari, cio nel largo avanti le chiese di S. Teresa de Scalzi, di S. Agnello a Caponapoli, e di S. Francesco di Paola sopra la Stella. Ma, poich a quei tempi alcuni soldati luterani sparsi per la citt occultamente tenevano cattedra, ponendo ogni loro ingegno a togliere ai buoni Napoletani la Fede che avevano ricevuto dal Principe degli Apostoli, e ne seguirono alcuni arresti di eretici, si sparse per la citt una generale diffidenza: siccome i napoletani sono menti magnificatrici, cos ogni unione che vedevano in luogo solitario, subito sospettavano che fosse di luterani7. Larcivescovo di Napoli, Francesco Pignatelli, per evitare disordini, proib queste generose ma incontrollabili adunanze, e cos il de Liguori e i suoi compagni ripiegarono nella catechesi non pi nelle piazze, ma nelle private case. Erano principalmente il de Liguori e il Sarnelli a dedicare le proprie energie allopera:
Spesso al tramontar del sole ambedue uscivano dal convitto; e girando per quelle case e botteghe ove erano tali sacre adunanze, erudivano quei plebei delle cose necessarie al conseguimento delleterna salute e con belli e sacri ragionamenti lincuoravano ad essere buoni e costumati cristiani. Compiuto il catechismo, e fatte le pratiche di piet, si ritiravano verso il tardi nel convitto carichi di gloriose spoglie rapite allinferno8.

A seguito del successo che riscosse la nuova iniziativa, si aprirono le pubbliche chiesicciuole che erano per le vie della citt, e furono addette ad uso della religiosa istruzione della plebe: e cos furono chiamate cappelle serotine9.
Raimondo Giovine, Vita del gran servo di Dio D. Gennaro Maria Sarnelli padre della Congregazione del SS. Redentore, Napoli 1858, vol. I, pp. 94-95. 7 Ibidem, p. 89-90. 8 Ibidem, p. 97. 9 Ibidem, p. 92.
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Non sappiamo quanto queste pie scorribande fossero approvate dal Ripa. Certo che il sacerdote ebolitano sollecitava con insistenza i due convittori, affinch si affiliassero alla sua congregazione (sembra anzi, come vedremo, che almeno il Sarnelli si fosse in qualche modo impegnato in tal senso), e fu probabilmente proprio per sottrarsi a pressioni sempre pi assillanti che sia il de Liguori, sostenuto da Tommaso Falcoia e tentato dallavventura di fondare una propria congregazione, sia il Sarnelli, consigliato dai propri direttori spirituali, decisero di lasciare il Collegio a breve distanza temporale luno dallaltro. Raimondo Giovine, la cui fonte in questo caso evidentemente proprio lex missionario, per giustificare luscita del Sarnelli dal Collegio si serve delle medesime parole del Ripa con la citazione delle quali abbiamo aperto questo lavoro:
Se non che siccome p. d. Matteo Ripa aveva ammesso nel suo convitto alcuni ecclesiastici santi per altro, ma non buoni per la sua comunit, perch avendo costoro qualche involontaria imperfezione, le recavano disturbo e confusione; cos Gennaro Maria poco dopo di essere stato iniziato nella chierical tonsura pens di far ritorno alla casa paterna. Infatti a d 8 aprile 1730 usc dal convitto, avendovi dimorato per mesi dieci e giorni quattro. Sebbene per in tal riscontro fosse uscito dal convitto, nondimeno prosegu ad essere amico e confidentissimo del p. Ripa, anzi ad essergli di aiuto per la sua nascente Congregazione10.

Il Giovine, dunque, attribuiva al disturbo e alla confusione che provocavano questi ecclesiastici santi per altro ma non buoni per la comunit, la decisione del Sarnelli di lasciare il Collegio, contrariamente a quanto invece ritiene, pi verosimilmente, lo studioso redentorista Oreste Gregorio, il quale identificava proprio nel Sarnelli il pi importante di quegli ecclesiastici, santi per altro, ma non buoni per questa communit, a cui si riferiva Matteo Ripa con una allusione indiretta poco elogiativa11. Mentre nella Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Gies Cristo il giovane convittore citato in soli due luoghi, in un manoscritto del Ripa (il cosiddetto Zibaldone, sorta di diario e insieme di brogliaccio, fogli di appunti, minute di lettere) invece menzionato pi volte. Quando ne scrisse la biografia, Raimondo Giovine non era certo alloscuro che il Sarnelli aveva avuto col Ripa un pesante dissidio: lo attesta la superflua precisazione dellautore sui buoni rapporti che si sarebbero mantenuti fra i due dopo labbandono del Collegio da parte del Sarnelli (che sarebbe pi preciso definire la sua cacciata a opera del Ripa). Ma seguiamo gli eventi, partendo da alcuni appunti del Ripa nel suo Zibaldone12, in fogli pieni di cancellature e non sempre di facile decifrazione. In uno di questi fogli13 troviamo, su una delle due colonne, in cui diviso il foglio, un appunto intitoIbidem, p. 100. Oreste Gregorio, Lettera inedita del ven. Gennaro Sarnelli allabate Matteo Ripa, 1730, in Spicilegium historicum Congregationis Ss.mi Redemptoris, XXIII (1975), n. 1, p. 5n. 12 Il ms. conservato nellACGOFM, MH, 12-3, e sar dora innanzi cit. come Zibaldone.
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lato: Lettera al sig. Sarnelli. 21 Gennaro 1730. Circa lobedienza da prestarsi al Superiore del luogo. Siegue la risposta. Sullaltra colonna troviamo, invece, quella che doveva essere con ogni probabilit la minuta o quanto meno il canovaccio pieno di ripetute cancellature su cui sarebbe poi stata formulata la lettera vera e propria. Questa, come si detto, andata perduta, ma possiamo tuttavia ricostruirne con buona approssimazione il contenuto, anche tenendo presente la risposta del Sarnelli, che invece a disposizione degli studiosi dopo la sua relativamente recente pubblicazione a opera di Oreste Gregorio14. Il Ripa esordiva comunicando al carissimo Sig. D. Gennaro di avergli inviato lattestato che desiderava, e che presumibilmente doveva riferirsi alla sua buona condotta nel Collegio dove era convittore. Egli aggiungeva poi di avere:
aggiatamente considerato avanti Dio questaffare, stante che nellultima parlata che V. S. fece meco la notte della mia partenza [per Roma] non solo si dimostr tanto restivo alla volont del suo Superiore, ma di pi si espresse di non essere ancor fermo e determinato di persistere in cotesta Congregazione, dandomi cos giusto motivo di negarle il detto attestato, e di pi venire ad altre risoluzioni, pure avendo maturamente considerato laffare avanti il Crocifisso, e fatto riflessione, che il male non perviene dalla sua volont, che risoluta di amare e servire Dio, ma che perviene dal comune inimico del genere umano, che invidiando il bene che si puol fare, lha confuso la mente, e sotto pretesto di bene lha gi illuso. E mi creda caro D. Gennaro, che in Ges Cristo le parlo, mi creda dissi, che in questo V. S. gi illuso; e di pi essendo io entrato in speranza che col svelarle io apertamente il suo male, sia ella per ravvedersi ed emendarsi, pertanto per questa volta non solo desisto dal prendere qualunque risoluzione, ma anche le invio il desiderato attestato. Intanto Le faccio sapere come se in ogni ben regolata communit si esigge una perfetta ubedienza al Superiore, in cotesta per che ora nasce, si esigge perfettissima. E non si supporter in essa soggetto alcuno, per qualunque altra buona parte che egli abbia, se non ha un animo risoluto e pronto di totalmente esser morto nel volere del Superiore; e questa o carissimo fratello, la sola perfezione, e non gi loprare di propria testa: obbedire praepositis vestris, e vivere nel volere del proprio Superiore, quando non apertamente peccaminoso, questo il volere di Dio, e tutto quello che nelle comunit si fa contro il volere del Superiore non solo tutto perduto, ma tutto inganno aperto e manifesto del demonio. Sicch dunque, acci ella resti illuminata e venga ad intendere in che consista la vera perfezione di chiunque vive in comunit, con questa la priego, ed acci ne abbia anche il merito della virt dellubbedienza, fortemente la incarico a volere ogni giorno far parte della sua quotidiana lettura spirituale nel trattato dellubbedienza che fa quel

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Zibaldone, f. 169. Oreste Gregorio, Il Ven. p. Sarnelli e labate Ripa, in Spicilegium historicum Congregationis Ss.mi Redemptoris, XI (1963), n. 1, pp. 245-51.

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi gran maestro di spirito D. Rodriguez15. Legga con attenzione, legga con animo disposto di volere intendere e fare la volont di Dio, e caldamente raccomandandosi al Signore rester senza dubbio illuminata, e spero che mai pi sar per resistere al volere del suo Superiore. E per toglierla da un altro errore, ben che le faccia parimente sapere, come presentemente che siamo pochi, bench si permette il potersi far guidare nelle cose di spirito da altri che non sono di codesta comunit, non per questo il Superiore non resta Superiore, potendo egli non ostante dimandare conto di coscienza, e modificare come meglio stimer egli nel Signore anche nel caso istesso che ella facesse il voto che disse voler fare di ubbidire al suo Direttore. Confido in Dio e nella sua buona volont di voler incontrare in tutte le cose il divino volere, che sar per fare quanto qui le ho scritto, come ne la priego 16.

Questo dunque dovette esser il tenore della lettera perduta piuttosto ripetitiva, e tutta imperniata sullubbidienza dovutagli che il Ripa scrisse al Sarnelli, il quale a sua volta il 6 febbraio 1730 rispondeva al Superiore senza negarsi a una franca discussione:
In quanto poi alli lamenti che V. S. fa di me, per gloria di Dio benedetto e per sua soddisfazione conviene che io risponda []. In quanto a quello che V. S. dice esser illuso, spero nella Misericordia di Dio di no, secondo il parere di tanti Santi, e savii uomini di questa citt17.

Il Sarnelli precisava poi che dalla parlata che ebbimo in quella notte ricordata dal Ripa nella sua lettera non si poteva inferire che egli volesse abbandonare il Collegio, ma solo che io in questo Collegio desiderava vivere da Convittore e non esser del Corpo, cio non aderire alla Congregazione della Sacra Famiglia di Ges Cristo, e ne precisava le ragioni:
I motivi poi che mi hanno mosso a vivere da Convittore, e come tale desidero esser riputato in questo Collegio, sono moltissimi. Tra gli altri essendo io sempre per lo pi infermo e di non troppa complessione non posso addossarmi molti pesi, ma mi conviene vivere con minor peso che sia possibile, essendo debole e spesso infermo, e vivendo come del corpo, ogni momento avrei dovuto farmi dispensare mille cose e mi sarebbono facilmente venuti mille scrupoli.
Il Rodriguez, cui fa riferimento il Rip, senza dubbio il gesuita spagnolo Alonso Rodriguez (1537-1612), autore di un ponderoso trattato di morale dal titolo Exercicio de perfecion y virtudes christianas, edito per la prima volta a Siviglia nel 1609, tradotto in varie lingue (tra cui larmena, laraba e la cinese) e pi volte ristampato tra Seicento e Ottocento. V. A. e A. De Backer, Bibliothque de la Compagnie de Jsus, (nuova ed. a c. di Carlos Sommervogel, Bruxelles-Paris 1895, ad vocem). Nellultima sezione di questo best seller, il Trattato V, dedicato alla virt dellubbidienza, si legge che necessario confermar il giudicio e lintelletto nostro al giudicio del Superiore, avendo non solamento unistesso volere, ma anche unistesso sentire col Superiore: cito dalled. veneziana del 1726 di A. Poletti, p. 286 della III parte (lintero volume supera pagine 1700). 16 Zibaldone, ff. 169-170. 17 Le citazioni che seguono sono tratte da Oreste Gregorio, Il Ven. p. Sarnelli e labate Ripa, cit., pp. 246-249 e passim.
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Suona davvero strana questinsistenza sulla gracilit della propria salute che effettivamente non era per niente florida, se ricordiamo che il Sarnelli, come si gi detto, mor a soli quarantadue anni da parte del sodale di Alfonso Maria de Liguori, che nella congregazione fondata poi da questultimo non si sarebbe risparmiato afflizioni, tormenti e macerazioni, a detta di tutti i suoi biografi. Molto probabilmente le motivazioni che egli accampava per giustificare il proprio rifiuto erano solo di facciata: la verit era semplicemente che il Sarnelli non voleva legarsi al Ripa, del quale aveva avuto modo di sperimentare linflessibile autoritarismo. Agli appartenenti alla congregazione, scriveva poi il Sarnelli, erano preclusi benefici o cappellanie, e questa limitazione lo scoraggiava. Non sappiamo quanto il giovane fosse sincero in proposito, considerando il suo assoluto disinteresse e la vita di stenti che volontariamente conduceva:
Di pi da qui a cento anni dopo morto mio padre non sar molto ampia la mia posizione, e Dio benedetto vuole che ognuno pensi (bench senza sollecitudine) a procurarsi con mezzi leciti il suo mantenimento onesto.

Il Sarnelli era perplesso anche sulla proibizione, imposta dalle regole del Ripa, di iscriversi in futuro ad altre congregazioni. E allex missionario che lo aveva definito un illuso, egli replicava ricordandogli che uomini deccezione, come Tommaso Falcoja, vescovo di Castellammare e suo primo padre spirituale, cos come il suo attuale direttore di spirito, il gesuita Domenico Manulio, gli avevano consigliato di restare nel Collegio come semplice convittore, senza far parte della congregazione della Sacra Famiglia:
Veda dunque che non cos facile lesser illuso, essendomi posto nelle mani, e regolandomi col consiglio di s grandi uomini.

Laccenno a s grandi uomini indirettamente, ma di fatto, sminuiva il Ripa, quasi che lui non appartenesse a questa schiera eletta. Dal contesto della lettera si comprende, poi, che il Sarnelli fosse stato invitato, o piuttosto obbligato dallex missionario a collaborare alla sua istituzione impartendo lezioni ai collegiali col tacito accordo di pagare in cambio una retta pi modica, come vedremo ma il giovane, che pure si era adattato a far da maestro a uno degli ospiti, il ginevrino Pitard, e qualche volta anche agli alunni cinesi, non voleva accollarsi questaltro onere in via permanente:
gli Cinesi possono aver assai miglior sodisfazione e accudimento essendo insegnati da altri; io non ho prattica di dar lezione, n lho fatto mai; mindussi a farlo al Genevrino, conoscendone la gran necessit e che era meglio quel poco che poteva che niente.

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Lesigenza del Ripa di gravare di incombenze il giovane convittore contrastavano col desiderio di questi di dedicarsi ad altre attivit di edificazione spirituale. Il Sarnelli, che stava per ascendere al sacerdozio, avvertiva la necessit di prepararsi per il suo ministero, e temeva che ladesione alla congregazione ripiana gli avrebbe tarpato le ali, assorbendo tutto il suo tempo libero; se ne ha una conferma in alcuni passi rivelatori di questa lettera:
Io ho studiato sino allaltro giorno scienze del mondo inutili: ho preso questo santo stato non pi che un anno e mesi .... ho necessit positivissima di studiare qualche cosa del mio stato, ho da passare per ignem et aquam per tanti esami. Veda perci V. S. che se voglio applicarmi con tanti pesi, e in tante cose non mi resta tempo di studio. Per questi, e per altri motivi mi convien esser Convittore.

In definitiva, il Sarnelli ribadiva che voleva rimanere nel Collegio, senza per affiliarsi alla congregazione. Ma la lettera del Sarnelli importante perch vi troviamo espressa, sia pure en passant, la prima testimonianza giovanile di quella che sarebbe stata lossessione di tutta la sua vita, e cio labominazione delle donne pubbliche, contro le quali egli avrebbe in seguito ingaggiato una feroce, e, come si detto, perdente battaglia. In una lettera che si riferisce al Carnevale del 1730 se ne trova una fuggevole traccia; sia pure sotto forma di un rapido flash quasi una foto scattata in un interno, o un quadretto dambiente del tempo attraverso cui emergono confusamente non solo i volti sbiaditi dei giovani cinesi ospitati a Napoli fra le mura di quel Collegio che da loro prese il nome, ma anche i loro desideri e le loro frustrazioni:
Filippo [Huang ] sta infermo con tosse e dolor di petto, e da molti giorni non fa lezione. Lucio [Wu ] la fa quando sta bene. Filippo sta molto attaccato e vuole andare a vedere i carri di Bacco; Don Vincenzo [Mandarini] saviamente non li diede licenza, s perch queste scene non convengono sempre a Missionarii, s anche perch le strade del mondo sono in questi tempi specialmente piene di schifezze, e di scandali, cio di donne pubbliche e di donne vestite da uomini, di parole sporche, di risse, ecc. Insomma trionfa per ogni via satanasso, e trionfa il gentilesimo in questi giorni anche in mezzo ai Cristiani. Esso volea domandar licenza a V.S. Io che glielo vedo cos attaccato, non ostante che glielo avessi dissuaso, anche ho voluto scriverne a V. S.; se le pare non gliela dia.

Gennaro Maria Sarnelli aveva allora ventotto anni, e solo quattordici da viverne ancora, nel corso dei quali avrebbe scritto diverse migliaia di pagine contro la piaga della prostituzione, non tanto per abolirla la disponibilit sessuale di queste peccatrici contribuiva in fin dei conti a tenere sotto controllo la libido di soggetti che altrimenti lavrebbero sfogata ai danni di onorate vergini o di rispettabili matrone quanto piuttosto perch questa attivit si esercitasse in appositi quartieri periferici, o, come si diceva allora, extra moenia.

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Ma proseguiamo nella lettura del carteggio tra Ripa e Sarnelli, davvero emblematico del sistema di relazioni in vigore nel Collegio dei Cinesi ancor vivo il fondatore. In una Risposta al sig. Sarnelli, datata 11 febbraio 173018, il Ripa ribadiva lubbidienza pi assoluta dovuta al superiore, rifiutando di condividere la propria autorit con chiunque altro, fosse anche il pi santo dei direttori spirituali, attenendosi alle indicazioni dei quali un giovane inesperto come Gennaro Maria Sarnelli poteva facilmente cadere in errore:
n questa la mente del suo direttore [e cio che il Sarnelli abbandonasse la congregazione del Ripa], perci non bisogna lusingarsi, ma intendendo che questo secondare il proprio giudizio e parere, cio a dire secondare la tentazione, e perci dissi e dico che in questo ella illuso.

Senza tanti giri di parole, lex missionario comunicava seccamente al Sarnelli che alla sua comunit non conveniva tenere come convittore un soggetto come lui, che, tra laltro, aveva quanto meno gi formalmente promesso, se non addirittura assunto limpegno solenne, di affiliarsi alla congregazione. Infatti, lex missionario faceva esplicito riferimento alla cassazione del giovane dal numero dei congregati, il che presupponeva che un formale impegno fosse stato preso dal Sarnelli, anche se in verit questi non aveva mai usato nella sua lettera il termine cos impegnativo che gli attribuiva con qualche forzatura il Ripa:
Al punto di voler esser cassato dal numero de Congregati e restar cost per Convittore, le dico che cotesta minima nascente Congregazione fondata colla porta aperta, e perci uno puole uscirsene ognora che vuole. E chi non volesse sottomettersi alle sue regole, fundamento delle quali lubbidienza, ne sar licenziato.

Dobbiamo osservare che sia la prima, che la seconda affermazione del Ripa sarebbero state smentite dalla sua successiva condotta: un alunno insofferente della disciplina come Lucio Wu non trov mai le porte aperte per andarsene, ma dovette fuggire, e per questa fuga venne perseguitato vita natural durante dalla vendetta del Ripa e dei congregati19. Anche da altre frasi dello Zibaldone (e da una successiva lettera dello stesso Sarnelli) abbiamo la conferma che questi si fosse tirato indietro dopo avere promesso di affiliarsi allistituzione del Ripa, come sottolineava lex missionario:
Se ella sul principio fosse venuto per Convittore, sarebbe stato il Padrone, avendole io proposto luno

18 19

Zibaldone, f. 179. Giacomo Di Fiore, Un cinese a Castel SantAngelo. La vicenda di un alunno del Collegio di Matteo Ripa fra trasgressione e reclusione, in Aldo Gallotta, Ugo Marazzi (a c. di), La conoscenza dellAsia e dellAfrica in Italia nei secoli XVIII e XIX, vol. II, t. I, Napoli 1989, pp. 381-432.

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi o laltro partito, ma dopo essersi ascritto alla Congregazione e dopo averlo detto anche alli signori canonici [] non par che ora convenga tenerla per convittore20.

Ma il Ripa contestava anche le scusanti come la precaria salute che adduceva il Sarnelli per recedere dal suo proposito iniziale di far parte della congregazione:
Essendo io (sono sue parole) sempre per lo pi infermo e di non troppa complessione non posso addossarmi molti pesi, ma mi conviene vivere con minor peso che sia possibile, essendo debole e spesso infermo, e vivendo come del corpo, ogni momento avrei dovuto farmi dispensare mille cose e mi sarebbono facilmente venuti mille scrupoli. Rispondo: La regola, comella sa, delezione, non obliga a verun peccato, e linfermi sono dispensati dallo stesso jus.

Dunque, perch tanto zelo indiscreto? Nessuno gli aveva ordinato tutte quelle mortificazioni:
Se ella infermo, e non puol fare unora di orazione che quanto prescrive la regola, perch vuol farne quattro in tempo dinfermit, e che positivamente lammazza? Perch vuol andare a dimorare per pi ore .... nellIncurabili, in tempo che ella appena puol reggersi in piedi? Perch vuol fare tante astinenze e digiuni... e tante altre cose che non solo non sono prescritte dalla Regola, ma proibitele dal Superiore in tempo dinfermit per essere positivamente nocive alla sua salute?

Il Ripa aveva buon gioco nel rilevare le incongruenze della posizione del Sarnelli, il quale accampava la propria cattiva salute per esimersi dallentrare nella Congregazione, ma nello stesso tempo si sottoponeva a tali mortificazioni che la peggioravano ancor pi:
Caro don Gennaro, di grazia, non crede che col fatto stesso ella si contradice? Quali sono state tutte le doglianze del Superiore e di tutta la comunit se non questa di non voler essere ella discreto?21.

Quanto tormentata e meditata fosse stata questa lettera che il Ripa indirizz al Sarnelli lo testimoniano le numerosissime cancellature dello Zibaldone, e la presenza nel testo dei passi pi importanti della lettera del Sarnelli che il Ripa aveva trascritto per meglio confutarli. Per esempio, come abbiamo gi rilevato, il giovane convittore aveva osservato che quelli del corpo non possono aver cappellanie e benefici, il che costituiva per lui un ulteriore impedimento a aderire alla Congregazione. Possiamo immaginare con quanta irritazione il Ripa scrivesse nel suo Zibaldone: la priego a volermi significare
20 21

Zibaldone, cit., f. 180. Ibidem, ff. 180-181.

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dove sta questo punto di regola che proibisce tal cosa? Io ho scritto la regola, e questo punto non lho scritto mai!. Ci sia consentita ora una breve digressione a proposito delle regole della Congregazione redatte dal Ripa. Quale secondo lui fosse il ruolo sacrale del superiore lo comprendiamo nella sezione intitolata Dellubbidienza e maniera che dobbiamo portarci co Superiori, che costituisce il capitolo VII:
Lubbidienza quella virt, per cui principalmente le Comunit sono ordinate adunanze, imperocch allora lordine in tutte le cose e la pace fra tutti e lo spirito di veri Congregati in Gies fioriscono nelle Comunit, quando tutti, spogliati del proprio parere e volont, che sono lorigine e la sorgiva copiosa dogni disordine e disturbo, unicamente seguitano i comandi e il parere del Superiore, e in tutto ci che ordina e prescrive, si persuadono di sentir Gies che comandi, e senza altro scrutinio lubbidiscono pienamente, e seguitano a chiusi occhi le ordinanze da lui prescritte con esecuzione sollecita e pronta22.

Il Ripa era pienamente convinto e non poteva essere diversamente al suo tempo del supremo valore della gerarchia, nel senso etimologico di sacro comando: infatti, sempre in questo capitolo sullubbidienza, si legge:
Chi opera senza la guida dellubbidienza, ma secondo il proprio parere e piacimento, et inclinazione, ancorch metta mano allopera di cose grandi, si espone a pericolo di non secondare in quelle opere il divino volere, e di essere illuso23.

Dunque secondo il Ripa solo il superiore ha un filo diretto col Signore ed linterprete del suo divino volere, o, per dirla in altro modo, il volere del superiore quello del Signore. Come se non fosse ancora chiara lassoluta importanza che il Fondatore attribuiva allindiscussa autorit del superiore, questa veniva ribadita nello stesso capitolo, con una terminologia che ricorda il perinde ac cadaver degli odiati gesuiti:
Tutti coloro che si ascriveranno in questa adunanza della Sagra Famiglia devono prima dogni altra cosa lasciare la propria volont fuori della porta di questa Casa, e vivamente immaginarsi di esser morti [si noti lossimoro] ad ogni proprio lor parere e volont, e perci dover in ogni cosa esser pienamente regolati e mossi dalla pura volont del Superiore e dovranno interamente abbandonarsi alla pura ubbidienza senza replica e mormorazione.
22 , MH, 1-1, Regole e costituzioni della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Gies Cristo, (dora innanzi: Regole e costituzioni), f. 19. 23 Ibidem, f. 20.

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Ci fermiamo qui per non tediare il lettore con lesaltazione, da parte dellex missionario, dellubbidienza, fondamentale virt che ora veniva messa in discussione dal riottoso Sarnelli. Questi rispose alla lettera del Ripa il 19 febbraio 1730, ribadendo in sostanza ancora una volta la propria intenzione di restare nel Collegio come semplice convittore al pari di Alfonso Maria de Liguori. Nella lettera, tuttavia, il Sarnelli era piuttosto vago, per non dire ambiguo, circa leffettiva promessa che avrebbe fatto di iscriversi alla Sacra Famiglia:
Vostra Signoria dice che io entrai sotto titolo della Congregazione, e perci conviene che tale io resti. Rispondo che io nel venire in questo Collegio ebbi intenzione di ritirarmi dalli tumulti del mondo per darmi maggiormente al servizio di Dio, ed agli studii, non sapendo n lobbligazioni di quelli della Congregazione, n le sue regole.

Il giovane ricordava che quelle offerte che V. S. fece a me, anzi molto maggiori, venne il barone Ripa, suo fratello, in casa e le fece a detto mio padre, e detti miei fratelli, e che egli non aveva escluso di affiliarsi in seguito alla congregazione del Ripa, e cos dunque non entrai con animo fermamente risoluto di esser specialmente del corpo, anzi da primi giorni andava tra me ruminando voler esser convittore. Dal punto di vista del Sarnelli sembra, dunque, che egli avesse pi che altro subto la sollecitazione a entrare in qualche modo nella nascente istituzione del Ripa, e che, pur non avendo scartato la prospettiva di farne parte, neanche aveva per formalizzato la propria adesione, tanto pi che questa comunit non pu dirsi veramente comunit, n gi finora stabilita Congregazione. Come poteva dunque dirsi che egli fosse stato del numero dei congregati, se listituzione non aveva ancora alcun riconoscimento ufficiale? Eppure in qualche modo egli ammetteva di essersi compromesso:
E poi V. S. ben sa che cosa delluomo prudente il mutar consiglio, col consiglio degli direttori dotti, santi e discreti non cosa pregiudiziale che i Signori Canonici avessero inteso dire sei o sette mesi fa voler essere io del corpo, ed ora per ottime, sante e ben fondate ragioni col parere de savi ho risoluto altrimenti .

In fin dei conti, concludeva il giovane, egli poteva benissimo restare nel Collegio senza dar fastidio a nessuno, e anzi aiutando con qualche lezione i collegiali. Bisognava badare al sodo: poco si curi V. S. del resto, e dei titoli Congregazione e di Convittore. A indispettire il Ripa fu sicuramente proprio questa ostentata non-chalance, oltre ai riferimenti pi propriamente giuridici (il Sarnelli prima di farsi prete era stato avvocato). Poich la lettera di risposta del Ripa andata perduta, vale la pena, per ricostruirne approssimativamente il contenuto, di soffer-

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marsi sugli appunti, anche se purtroppo scarni, che ci rimangono dellex missionario. In detti appunti il Ripa annotava al f. 186 dello Zibaldone:
Tre punti contiene questultima lunghissima di V. S. de 19 febbraio osservava il Ripa con una evidente punta di fastidio, trascurando evidentemente che anchegli era stato a sua volta prolisso e ripetitivo quando vantava insistentemente la virt dellubbidienza - e sono gli stessi che anche a lungo descrisse nellaltra sua antecedente... Nel primo mi fa sapere come i suoi Padri Spirituali Gesuiti avendo considerato le sue ragioni, le hanno consigliato ad uscire da cotesta Congregazione; nel secondo poi dice che i medesimi Padri le hanno consigliato a restarsene cost da semplice Convittore; e nel terzo, che vorrebbe V. S. servire cotesta Casa da Maestro di scuola per cos non pagar pi che 30 carlini il mese24.

Si pu ben immaginare quale concetto avesse il Ripa di questi invadenti gesuiti napoletani, dopo essersi scontrato per tanti anni coi loro confratelli in Cina. Non sfugge dunque lironia con cui si riferiva a loro nella risposta che scrisse al Sarnelli, improntata del resto tutta a malcelato sarcasmo, che riversava anche sulle contraddizioni del giovane, il quale chiedeva ora di essere utilizzato come maestro di scuola, mentre nella precedente lettera aveva dichiarato di essere troppo occupato a studiare per impartire lezioni: Or in risposta de detti tre punti, io dico che aderendo al savio consiglio de suoi direttori, e secondando il volere di V. S., in vigor di questa io la dichiaro cassato da cotesta Congregazione; e perch non converrebbe che uno che stato cassato resti per Convittore, nonostante per riguardo della sua persona e di sua casa, io lammetto per Convittore. Ma circa il voler servire cotesta Casa per maestro di scuola, dico che non rende conto a cotesta Communit di servirsi di V. S. per maestro. Primo, perch V. S. continuamente infermo, e la Casa vuole maestri sani. Secondo, perch V. S. non vuole ubbidire al Superiore, e la comunit vuole maestri docili e che lubbidiscono alla cieca; e cos s per questi, come per varii altri giustissimi motivi io non posso servirmi di V. S. per maestro di scuola. Un altro appunto, cancellato ma leggibile, probabilmente non fu inserito nella lettera che poi il Ripa scrisse al Sarnelli:
Secondo, perch sinora che V. S. stato congregato s sempre scusato con dire che non sa insegnare: or se da congregato dice di non sapere per sua stessa confessione insegnare, certo che ne pure sapr insegnare da Convittore. E cos si per questi, come per vari altri giusti motivi, io non voglio servirmi di V. S. per maestro di scuola.

Zibaldone, f. 186: Risposta alla lettera del Sig. Sarnelli colla quale viene escluso da Perrozzo [o Pirozzoli: un altro nome della zona di Napoli in cui sorgeva il Collegio]. 10 marzo 1730.
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Dopo questa cancellatura, il testo riprende con tono duro, sarcastico e, a tratti, poco riguardoso:
Ma perch non voglio servirmi di V. S. come maestro di scuola, per tanto dal punto che ricever questa lettera cominciar a pagare li soliti sei ducati al mese che pagano li Convittori di cotesta Casa. Che se poi non li potesse o non li volesse pagare i detti sei ducati al mese, in tal caso si compiacer consegnare la chiave della sua stanza al sig. don Vincenzo Mandarini. Al motivo di risparmio che poi adduce allegando che V. S. magna una volta il giorno, poco o niente beve vino, ed io aggiungo che di pi spesso digiuna, dico che questi sono motivi da addursi alloste, non ad una Casa Religiosa, la quale allora appunto gode, quando vede che tutti egualmente magnano e bevono quello che loro d la communit, senza spirito di singularit, che peste delle congregazioni25.

Cos veniva liquidato il Sarnelli. Ma la sgradevole vicenda avrebbe avuto qualche altro strascico, anche se non col diretto interessato. Nello Zibaldone del Ripa si riscontrano infatti un paio di ulteriori riferimenti al suo ex convittore. Il primo lo troviamo nella minuta di una lettera diretta a Vincenzo Mandarini, che fungeva da economo della congregazione: il Ripa si lascia andare a un tono confidenziale che si sarebbe ben guardato dalladoperare, se avesse saputo che lo stesso Mandarini di l a poco avrebbe a sua volta abbandonato listituzione da lui fondata per seguire Alfonso Maria de Liguori e lo stesso Sarnelli nella concorrente congregazione prima del Santissimo Salvatore e poi del Santissimo Redentore.
Fo sapere a V. S. il Ripa come il sig. Sarnelli con due lunghissime mi ha fatto sapere che i suoi PP. spirituali Gesuiti lo hanno consigliato a volere uscire da cotesta nostra Congregazione, e restarsene da semplice Convittore, ed io aderendo al consiglio di detti Direttori ed eludere esso sig. Sarnelli nella risposta che li ho dato, lho dichiarato cassato dal numero de Congregati, e lo lascio per semplice Convittore. V. S. dunque da oggi in avanti lo consideri come Convittore, senza mai imporli cosa alcuna di servizio della Casa, dal di che ricever quanto esigo da lui un tar al giorno, cio sei ducati al mese per tutto il tempo che seguir a vivere in cotesta Casa. In tutte le sue lettere mi ha fatto istanza di voler servire cotesta Casa da maestro di scuola, per cos pagare sol 30 carlini il mese, ma considerando io la continua sua infermit e sopratutto il non volere ubbidire che al suo confessore, vedendo che non rende conto a cotesta casa di tenere per maestri cotesti soggetti infermi, indocili e niente ubbidienti, non ho voluto accettarlo per maestro di scuola. Quindi egli che non ha pi che 5 ducati il mese assegnatili da suo Padre, non potendo pagare li ducati sei, sar costretto andarsene in casa sua, ed io incarico V. S. a non volerlo distogliere, ma lasciarlo andare via, e listesso dica in confidenza a tutti gli altri nostri signori, essendo di servizio di cotesta Casa che se ne vada, tanto pi che se ne va per suo puro volere, sotto un mal titolo per, cio per non ubbidire al Superiore. Il povero
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Ibidem, f. 187.

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Giacomo Di Fiore Michele Fatica per resta burlato, perch credeva che colluscire dalla Congregazione uscisse dallubbidienza, e restando in casa da Convittore restasse collintiera sua volont da poter fare tutto quello che le piace, senza obbligo di ubbidire al Superiore, e non avendo io voluto accettarlo per maestro, non potendo pertanto egli pagare li sei ducati, resta astretto andarsene in casa sua, ch quanto io desidero per il bene di cotesta Casa che non vuole disubbidienti e uomini di proprio parere26.

Non sappiamo immaginare come avrebbe reagito lastioso e vendicativo superiore pensiamo solo a quel malcelato trionfalismo del povero resta burlato se il Sarnelli avesse accettato di restare, pagando la retta che gli veniva richiesta: con tutta probabilit il fondatore avrebbe escogitato qualche altra scusa per liberarsi del suo riottoso convittore, sia pure salvando ipocritamente la forma e senza ricorrere a gesti traumatici o eclatanti. Laltro accenno al Sarnelli si trova ancora nello Zibaldone: lex missionario non voleva che per causa sua si guastassero i buoni rapporti che intercorrevano tra la famiglia dei baroni Sarnelli e quella di suo fratello, il barone Lorenzo Ripa, al cui interessamento, come si visto, si dovette lingresso del giovane Sarnelli nel Collegio. Del resto, nella gi menzionata lettera del 6 febbraio 1730, Gennaro Sarnelli aveva fatto un preciso riferimento al fratello dellex missionario per rafforzare la legittimit della propria intenzione di restare nel Collegio solo come convittore:
tanto pi che mi ricordo che tanto V. S. quanto il barone Ripa suo fratello, prima che io venissi in questo Collegio, dissero chiaramente a miei parenti che io fossi qui vivuto come pi mi piaceva, e pareva da Convittore o in altro modo; e tali promesse e favore anche mi diedero la spinta a venirvi pi volentieri, e senza molta riflessione e molto studio27.

Ecco quello che il Ripa scriveva in quella che con ogni probabilit doveva essere, salvo ripensamenti, la minuta della lettera diretta al fratello per giustificare lallontanamento del Sarnelli dalla sua Fondazione:
Scrivo la presente a V. S per giustificare le mie operazioni avanti V. S. e la S.ra Baronessa, quanto avanti il Sig. Barone e Baronessa Sarnelli. Le fo pertanto sapere, come, dopo di avere inutilmente procurato in varii modi di ridurre a discrezione la indiscreta vita del Sig. D. Gennaro Sarnelli che li fa perdere la salute, e poco prima di partire per Roma avendolo veduto in pessimo stato di salute, stimai esser proprio ufficio del mio dovere di dare un passo pi efficace per ridurre il sig. D. Gennaro

26 27

Ibidem, ff. 188-189: Al Sig. Mandarini circa il S. Sarnelli uscito dalla Congregazione. Oreste Gregorio, Il Ven. p. Sarnelli e labate Ripa, cit., p. 248.

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi dentro i limiti della discretezza, quindi lultima sera della mia partenza qui avanti tutti li altri miei Compagni e come Superiore del luogo fortemente imposi al Sig. D. Gennaro che durante la sua grave infermit sotto la quale penava, non volesse abbassare [sic] in chiesa, che era fredda, e di gennaio farsi due ore in circa dorazione in genocchioni, ma che se ne stesse sopra nelloratorietto segreto seduto, e col foco avanti sentendo intra dal fenestrino la S. Messa. Di pi limposi che non facesse pi di mezzora dorazione mentale il giorno, potendo poi di quando in quando alzare dolcemente la mente a Dio. Di pi che non andasse pi allospedale. E per finire, che non facesse nessun digiuno, o altra mortificazione, sin a tanto che non avesse ricuperata la sanit. Ad ordini s discreti per il bene della sua salute il sig. Sarnelli non volle ubbidire, sotto pretesto di volere ubbidire al suo Padre Spirituale Gesuita, asserendo che tanto le veniva consigliato da esso Padre. Belle massime di spirito! Sarebbero rovinate tutte le comunit, se i sudditi negassero lubbidienza a loro Superiori, sotto il pretesto di volere ubbidire alli loro Padri Spirituali. A tal resistenza allora per allora io averei dovuto licenziarlo, e mandarlo in sua casa, ma la considerazione desser figlio delli Signori Baroni e Baronessa Sarnelli mi fece dissimulare, e gionto qui in Roma, da qui li scrissi una lettera, acci si ravvedesse, ma la risposta fu di scrivermi che li suoi Padri Spirituali Gesuiti lo consigliavano a volere uscire dalla Congregazione della Sagra Famiglia (per cos uscire dallobligo dubbidire al Superiore), e restare in Casa per puro Convittore, i quali non sono obbligati allubidienza del Superiore. Almeno a questa lettera io subito averei dovuto licenziarlo, e per i detti riguardi de signori Barone e Baronessa Sarnelli anche mi trattenni, e le risposi facendole vedere il male che faceva, e che averei pregato Dio circa quello che dovevo fare. A detta mia il sig. D. Gennaro ha risposto, ed ha replicato listesso, cio di volere uscire dalla Congregazione e restare per Convittore, allegando il consiglio delli suoi Direttori Gesuiti. Or a questa seconda sua io non posso pi tener sospesa la risoluzione, onde in questo ordinario le ho risposto che, aderendo al consiglio de suoi Direttori, e secondando il suo volere, lo dichiaro cassato dal numero de Congregati; e bench affatto non converrebbe lasciarlo nel numero de Convittori, pure lo lascio a riguardo de suoi degni Genitori. Perch il sig. Sarnelli sa, che volendo vivere da Convittore, deve pagare sei docati il mese, e non 30 carlini come ha fatto sinora, ch vissuto da Congregato, ed egli non puole pagare sei docati il mese, stante che il Sig. suo Padre non glie ne somministra pi di cinque, perci si offerto di servire la comunit da Maestro di scuola, e cos pagare soli 30 carlini il mese. Ma sopra questo considerando io la continua infermit di esso sig. Gennaro e soprattutto la sua durezza in ubbidire al Superiore, perci affatto non posso servirmi di lui per Maestro di scuola, volendo io un Maestro di scuola che mi ubbidisca, che sia docile e pieghevole, e di salute sano, e non lui, infermo e che si dichiarato di non volere ubbidire. Or non servendomi di lui da Maestro di scuola, e restando da Convittore come egli ha voluto, non potendo pagare sei docati il mese, perci sar costretto andarsene in casa sua, restando cos burlato, perch egli si credeva che io laccettassi per maestro di scuola, ma una volta che egli ha voluto uscire dalla Congregazione, ancorch stasse sano, io non devo [cancellato: voglio] servirmi di lui e so quanto mi occorre su questo fatto, che glielho scritto a distinzione, acci sia nota a lor Signori la mia condotta, e cos non abbino a lagnarsi di me [cancellato: circa questo affare, aven-

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Giacomo Di Fiore Michele Fatica do avuto col sig. D. Gennaro Sarnelli quella pazienza e dissimulazione che con nessun altro avevo avuta]28.

Dopo questultimo riferimento, Gennaro Sarnelli riapparve allorizzonte mentale del Ripa solo nel 1738, quando il fondatore rilevava, non senza un certo compiacimento, quelle che gli sembravano le tappe fallimentari delle velleitarie nuove fondazioni messe in opera dai transfughi dal Collegio.

II. La vita quotidiana secondo le regole Come in tutte le comunit, cos anche nel Collegio dei Cinesi di Napoli una delle prime preoccupazioni del Fondatore e dei suoi successori fu ladozione della distribuzione delle ore. Prevedere per le 24 ore del giorno il tempo da dedicare allo studio, allaudizione delle lezioni, ai tre pasti prima colazione, pranzo e cena alle funzioni religiose, alle preghiere, agli esami di coscienza, nonch alla ricreazione, ai bisogni fisiologici e al sonno era un impegno, cui non si poteva derogare, soprattutto in presenza di giovani provenienti da diverse parti del mondo, quindi con abitudini e costumi diversi, con pulsioni personali e segrete, non da tutti controllabili, uniti, tuttavia, nello studio di alcune discipline obbligatorie nei seminari: storia sacra e profana, teologia dogmatica e morale, cui si aggiungeva, per i giovani cinesi, lo studio della lingua latina, in cui si impartivano le lezioni e che essi dovevano imparare a leggere e a scrivere, anche perch in latino essi erano obbligati a corrispondere con i superiori del Collegio e con Propaganda Fide una volta ritornati in Cina come missionari. Grazie alla segnalazione di uno studioso, che tra gli autori dei saggi premessi al percorso della presente Mostra29, si trovato un regolamento sulle ore, che riproduciamo qui sotto integralmente:
Esercitij ed impieghi quotidiani per gli Colleggiali Cinesi di Napoli Doppo sette ore di riposo la notte si d il primo segno dellOratione e tutti (eccetto glinfermi, e convalescenti) sono obligati a levarsi da letto. Dal detto primo segno sino al secondo si d mezzora di tempo, acci si vestino, agiustino il letto, faccino glatti soliti di Cristiano, ed altre cose corporali necessarie. Doppo la detta mezzora tutti intervengono al luogho destinato per loratione, dove si fa mezzora di oratione mentale in commune, finita la quale si mettono a studiare per unora la lettione da recitarsi nellistessa mattina al Maestro.
28 29

Ibidem, ff. 190-92: Al Sig. Barone Ripa giustificazione per la licenziata del Sig. Sarnelli. Ci corre lobbligo di ringraziare il Prof. Eugenio Menegon, dellUniversit di Boston (Massachussets), che ci ha segnalato il documento.

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi Prima dincominciarsi la scuola si d la colazione a chi la desidera, e doppo si principia la lettione, la quale dura per unora, e mezza in circa. Finita la lettione, doppo un quarto dora di svario vanno alla messa; doppo la quale sino al pranzo non vi altro di Regola che debbano fare; ma resta al loro arbitrio il divertirsi come gli pare. Ad ore diece sette e mezza suona di questi tempi la prima tavola, alla quale tutti i Colleggiali intervengono (eccetto glinfermi ai quali si porta il mangiare in stanza, o nel letto, secondo il bisogno) e si d egualmente a tutti ogni mattina a pranzo: la minestra, lallesse, lantipasto, ed i frutti. Terminata la tavola si recitano in commune alcune poche orationi vocali per li Benefattori vivi, e defonti, e doppo immediatamnte vanno al luoco della ricreatione, o al giardino, o alla loggia, o vicino al fuoco quando freddo; dura la ricreatione per lo spatio di unora. Doppo lora suona il segno del silentio, e del riposo, e tutti si ritirano in camera, dove o dormono, o si spassano in qualche esercitio manuale con silentio. Doppo unora di riposo suona la sveglia che anche il primo segno della conferenza spirituale. Dal detto segno sino al secondo vi passa un quarto dora per commodo di chi dorme, ed indi sincomincia la detta conferenza, la quale dura per mezzora o sopra le regole, o sopra qualche libro spirituale ad elettione del Superiore. Finita la detta conferenza, finita tutta loccupatione del giorno, e si esce a spasso per la campagna, e quando il tempo non lo permette si spassano dentro allistesso colleggio. Il segno dellAve Maria il segno del silentio nelle stagioni dinverno, e da allora sono obligati a studiare sino ad un ora di notte, perch ad un ora sincomincia la seconda lettione, che dura sino a due ore di questi tempi. A due ore di notte suona loratione, e tutti vintervengono e dura mezzora. A due ore e mezza si va a cena, e si d a tutti una minestra di bianco, unantipasto di carne o di pesce, secondo le giornate, ed i frutti, il pane, ed il vino si pone senza misura davanti a tutti; ma per a Domenico Ciao proib il Superiore di bere vino, o per meglio dire il medico della casa; perch in Cina avea patito di dolore di petto, e per il viaggio in Pariggi avea anche sputato sangue. Doppo la cena si recitano alcune brevi orationi vocali ed indi si va alla ricreatione, la quale dura tre quarti dora. Doppo finalmente si fa lesame di coscienza in commune, e si va a letto. I cinesi sono dispenzati dal venire al coro, quando vi messa cantata, acci quel tempo lapplichino allo studio. Sono dispenzati dalle conferenze delle colpe, che si fanno dalla communit avanti il Superiore in tutti i venerd a sera, e finalmente da tutto ci che pu apportargli fatiga, o distrattione dallo studio, venendo in tutto serviti da quelli della Congregatione e dallistesso Superiore il quale obbligato nel loro primo arrivo a lavargli anche i piedi, come gi si praticha30.

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APF, Collegi vari, Collegio dei Cinesi della Sagra Famiglia in Napoli, b. 8, ff. 76-76v.

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Ci sembra opportuno, data la scarsa dimestichezza delle generazioni attuali con lhora italica, rendere con alcune nostre chiose intelligibile la distribuzione delle ore, che, altrimenti, assumendo come metro il modo odierno di contare le ore, sembrerebbe astrusa. Nel documento compare un solo riferimento cronologico diretto: Ad ore diece sette e mezza suona di questi tempi la prima tavola. Linciso di questi tempi importante: dal momento che in seguito si prescrive unora di studio alla prima ora di notte ed unora di lezione da impartire entro la seconda ora di notte, lipotesi pi attendibile che il regolamento delle ore sia stato pensato per una stagione autunno-invernale quando lhora prima italica (la prima ora di notte) corrispondeva mediamente alle 16,30-17,30 secondo lhora anglica e alle 4,30-5,30 pomeridiane secondo lhora gallica. Se la nostra interpretazione del regolamento studiato secondo lhora italica esatta, le attivit scolastiche avevano termine alle 18,30. Alle 19, dopo lorazione che aveva la durata di mezzora, si andava a cena. A questo punto difficile da stabilire quando suonava lora del letto, perch il documento prevedeva dopo la cena tre momenti: 1) brevi orazioni vocali; 2) ricreazione di tre quarti dora; 3) esame di coscienza in comune o, in alternativa, messa cantata. Supposto che la cena avesse la durata di unora, le orazioni e la ricreazione coprissero unaltra ora, si arriva alle nostre ore 21 o 9 pomeridiane. Calcolato un esame di coscienza collettivo di unaltra mezzora, alle 21,30 suonava la campana per il riposo notturno, al massimo alle 22 quando si celebrava la messa cantata. La sveglia avveniva in corrispondenza delle 4,45-5 di mattina, dopo 7 ore fissate per il sonno. Le operazioni previste dopo la sveglia erano il riassetto del letto, la vestizione, le preghiere del buon cristiano, i bisogni fisiologici (mezzora), in modo da arrivare alle 5,15-5,30 antimeridiane, quindi mezzora di orazioni in comune e alle 6-6,15 iniziava lora dedicata allo studio. Alle 7 veniva offerta la prima colazione a chi ne faceva richiesta e la prima ora di lezione durava dalle 7.30 alle 9; quindi un quarto dora di svago (9,15), poi ancora la messa e alle 17,30 (hora italica) corrispondente alle 10 del nostro orario suonava la campana per il pranzo. Alle 11,30-12, concluse preghiere per i benefattori e ricreazione, veniva dato il segnale della siesta pomeridiana che si prolungava fino alle 13,45, quindi mezzora di conferenza spirituale e dalle 14,30 fino alle 16,30 collegiali e convittori erano liberi di passeggiare nella campagna circostante e nei due giardini che erano parte del complesso ai Pirozzoli. Ad una prima impressione sembra trattarsi di un regolamento molto liberale con un tempo abbastanza modico previsto per lo studio maggiore comunque per i cinesi (2-3 ore) rispetto ai convittori (2 ore) e con un tempo altrettanto modico contemplato per le lezioni (2,30 ore). Non vi cenno di punizioni per trasgressioni, atti di indisciplina e comportamenti disdicevoli. Ma a quando risale detto regolamento? Anche a questo proposito abbiamo una spia importante nel passo che recita: il pane, ed il vino si pone senza misura davanti a tutti; ma per a Domenico Ciao proib il Superiore di bere vino, o per meglio dire il medico della casa; perch in Cina avea patito di dolore di petto, e per il viaggio in Pariggi avea anche sputato sangue. Sicuramente, allora il regolamento posteriore alla morte di Matteo Ripa e posteriore anche al ritorno di Domenico Ciao in Cina via Parigi e il porto di Lorient. In

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che periodo si colloca il soggiorno nel Collegio di Zhao Ximan , nella romanizzazione allitaliana del tempo chiamato Simone Ciao? Ad un grande maestro cinese, Guo Dongchen (noto in italiano come Giuseppe Maria Kuo), uomo di vasti saperi, che padroneggiava non solo la sua lingua, ma anche litaliano e il latino, dobbiamo i dati biografici essenziali riferiti a Simone Ciao. Questi era nato nella cittadina di Jingzhou , provincia dellHubei , nel 1722 ed era giunto a Napoli il 15 maggio 1738, allet di 16 anni. Dopo un lungo e travagliato soggiorno di circa 13 anni, non privo di contrasti con il Fondatore e non sempre in buone condizioni di salute avendo contratto una forma lieve di tubercolosi aveva preso la via del ritorno il 26 luglio 17531. Quindi sicuramente la distribuzione delle ore posteriore a questa data. Eppure nel regolamento mancano informazioni pi precise e dettagliate relative ai convittori. Dal carteggio Sarnelli-Ripa risultato che i convittori pagavano una retta mensile di sei ducati. Ma tutti potevano essere ammessi, pagando quella retta? Oppure si procedeva ad una selezione? E gli ammessi dovevano dotarsi di un corredo? Dovevano in ogni caso seguire un curriculum di studi per essere ordinati sacerdoti e votarsi poi alle missioni? Oppure, dopo la permanenza nel convitto erano liberi di scegliere il proprio futuro? Tra il breve Nuper pro di Clemente XII Corsini, datato 7 aprile 1732, che approva solennemente il Collegio dei Cinesi, e il decreto del ministro della Pubblica Istruzione, Angelo Bargoni, datato 28 settembre 1869, che ufficialmente ne sanziona la trasformazione in Real Collegio Asiatico anche se questultimo era stato inaugurato ufficiosamente il 24 novembre 1868 corrono 137 anni, durante i quali si avvicendano quattro forme di governo: 1a) viceregno austriaco 1707-1734); 2a) regno borbonico (1724-1806); 3a) decennio francese (1806-1815); 4a) restaurazione borbonica (1815-1860). In questi susseguirsi di forme diverse di governo politico non abbiamo tenuto conto della breve parentesi repubblicana che si svolge nellarco di tempo compreso tra il gennaio e il giugno del 1799. In tutti questi anni si trasforma anche il Collegio dei Cinesi: basti pensare allequiparazione, avvenuta nel 1811, re di Napoli Gioacchino Murat, del convitto a uno dei tanti collegi-licei dimpronta napoleonica. Fatta questa premessa, bisogna anche ricordare che in linea di massima rimangono alcune costanti fisse. Abbiamo trovato un documento che contiene alcune regole per lammissione al convitto, che in parte non si discostano dai requisiti richiesti dal Ripa. Per esempio, la retta aumentata di 2/3 rispetto a quella prevista da Matteo Ripa:
Si pagano per ogni Convittore ducati 60 anticipati in ogni semestre; e se alcuno uscisse dal Collegio prima che terminassero i sei mesi non ricever alcuna cosa del denaro gi deposto, tranne il caso che lAlunno fosse mandato via, perch indegno di rimanervi.
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[Giuseppe Maria Kuo, alias Guo Dongchen ], Elenchus alumnorum, decreta et documenta, quae spectant ad Collegium Sacrae Familiae Neapolis, Chang-hai 1917, pp. 2-3.

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Ma nel testo appaiono nuove esigenze di una giovent di condizione sociale borghese, per la quale le due ore di ricreazione giornaliera nella campagna circostante la sede ai Pirozzoli sono chiaramente insufficienti. Ora si parla di villeggiatura e di gite nel mese di ottobre:
In ogni mese di ottobre gli Alunni si recano a villeggiare in Portici in una casina di propriet del Collegio Nellingresso di ciascun Alunno pagansi ducati 6, e ducati 4 in ogni autunno per la villeggiatura, i quali serviranno ancora, e per trasporto dei mobili alla casina, e per qualche altra straordinaria gita che si accorda durante lottobre.

Per lalimentazione quotidiana si registra un men non molto diverso da quello descritto nel regolamento di met Settecento:
Il cibo che si d salubre, ed abbondante. La colazione di un pane, e frutta. Il desinare quotidiano di una zuppa [di] due pietanze, e frutta con pane, e discreta quantit di vino. La cena di una zuppa, o insalata, una pietanza, e frutta. Nei giorni di solenne festa vi si aggiunge unaltra pietanza, o pasticceria.

Ma vi sono passaggi, tuttavia, che dimostrano un carico maggiore di spesa per i convittori. Quando accedono nel convitto essi devono munirsi di un corredo, compresa luniforme estiva ed invernale, di stoviglie e di un mobilio costruito secondo un identico disegno:
Ogni Alunno si provveder di due vesti, luna di saia di regno per casa, e laltra di zurigo con mantello, per linverno di due zimarre, luna di saia per casa, e laltra di panno, di una berretta, due collari coverti della medesima roba della veste, di un numero sufficiente di collaretti bianchi, di calze bianche, e due paja di calze nere di bavella. Porter inoltre un bacino di rame, una posata di metallo, pettini, spazzole, e i pannilani in discreta quantit, aggiungendo a questi una cotta riccia per le funzioni di Chiesa. Il letto, la lucerna di ottone, gli abiti, il com, e la piccola libreria debbono essere al modello del Collegio, ed alluopo nellannessa litografia se ne mostra il disegno.

Ma compare una novit importante: anche se i convittori vestono da prete, studiano discipline di unet ormai secolarizzata. Il riferimento alla religione cristiana come fondamento di ogni sapere dobbligo, trattandosi di una comunanza religiosa fondata da quello spirito gentile, e santo di Matteo Ripa. Ma il programma scolastico, che la comunanza propone ai convittori, non molto diverso da quello di una pubblica scuola secondaria di tipo liceale:
Essa [comunanza] adunque si propone di mettere la sua opera nelleducazione de giovanetti con quella maggiore sollecitudine che possa. Nellammaestramento letterario da una salda istituzione di

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi lettere latine non andran disgiunte le greche, e particolarmente la bellissima nostra favella. Con essa andran di brigata le storie, la lingua francese, e la calligrafia. A chi il voglia sar pure insegnata la lingua inglese, il disegno, la musica, e la declamazione, ma per queste lezioni si paga un mensile particolare. Quanto alle scienze, cominciando dalla Geografia, verrem per insino alla Filosofia, allintero corso di Matematica, ed alla Fisica, nella quale ci gioveremo di tutti i trovati, e miglioramenti moderni, guarderemo di non rimanere addietro allet in tutto quello che ha di buono, ma schiveremo la sua leggerezza, e quella sua smania di belletti, ed appariscenze senza fondo.

Tutto limpianto programmatico ci riporta a quella che abbiamo definito secolarizzazione iniziata con il decennio francese. Ma per la datazione pi precisa del documento abbiamo altri punti di riferimento. Il testo del Programma inizia con queste frasi.
Se in ogni tempo fu da tenere in gran pregio una istituzione savia e disciplinata, ed un saldo, e non leggiero ammaestramento nelle scienze, e nelle lettere, sguardando soprattutto ad informar gli animi giovanili negli insegnamenti religiosi let nostra pi di tutte le precedenti il richiede, la quale corre piena di tanti rischi, e diffondonsi da maestri subdoli, e perversi dottrine pestilenti, e disperate. Ch per fermo il soqquadro della civil compagnia in gran parte ingenerato dalle torte ed efferate speculazioni di cui tanti oggi si fan banditori, le quali bevute cupidamente da una giovent calda, innamorata delle novit, e dei pensieri smisurati, e superlativi, e presa dallesca della fama di certi nomi, adoperano che quella si faccia sdegnosa dogni freno, intemperante dogni voglia, ritrosa dogni soggezione, e riverenza32.

La temperie, alla quale si allude, ci sembra corrispondere senza dubbio allatmosfera post-1848, quando una giovent innamorata di novit, si lasciava sedurre dalle torte ed efferate speculazioni messe in giro da alcuni banditori di fama.

III. Le tentazioni della carne: resistenze e cedimenti Nellet compresa tra ladolescenza e la prima giovinezza, quando gli stimoli sessuali sembrano essere irrefrenabili, riuscire a contenerli non era e non impresa facile. Anche se i giovani convittori e collegiali erano controllati sia dai congregati che dai cosiddetti fratelli laici e pi tardi da istitutori, le

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Collegio diretto dai PP. Cinesi. Programma, s. d. e s. l., in Biblioteca Nazionale di Napoli, Misc. 252/11. Si tratta di pp. 4 (non numerate), pi una immagine. Dalle stesso opuscoletto sono tratte le precedenti citazioni.

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occasioni per cedere alle tentazioni della carne si presentavano in modo particolare nelle due ore di ricreazione nelle campagne o nelle zone che circondavano ledificio ai Pirozzoli e nelle sette ore destinate al riposo. Ma anche in questo caso, bisogna distinguere tre tempi: 1) il tempo di Matteo Ripa; 2) larco di tempo che comprende il secondo Settecento; 3) let della secolarizzazione. Il tempo di Matteo Ripa quello della macerazione della carne e della mortificazione dello spirito. Era opinione corrente a quel tempo che i digiuni e lautoflagellazione del corpo con la disciplina fossero la terapia del dolore pi efficace per allontanare le tentazioni. A tanto si uniformarono sia lo stesso Ripa sia Alfonso Maria de Liguori, il quale come si gi ricordato visse come convittore nel Collegio dal giugno 1729 al novembre 1732. Quando fece il suo ingresso nel complesso ai Pirozzoli il de Liguori aveva 33 anni compiuti, essendo nato a Marianella nei pressi di Napoli il 12 settembre 1796. A quellet le tentazioni non erano scomparse, anzi erano avvertite pi prepotenti che mai. Ecco come il suo pi autorevole biografo, Antonio Maria Tannoja, sulla scorta della testimonianza di Gennaro Fatigati, successore del Ripa nella carica di superiore, descrive gli accorgimenti messi in atto dal futuro santo per respingere gli assalti del demonio:
Vedevasi Alfonso in questo collegio cinto di continuo in tutto il corpo con varii ordigni, ma troppo aspri, di catenette di ferro: pi volte al giorno flagellavasi, e spesso a sangue, come rilevavasi dai suoi pannilini, che vedevansi tutti intinti di sangue, ed inzuppati: scarsissimo era il cibo che prendeva, e quel poco, attossicato di mirra, e da altre polveri amare. La centarea e lassenzio erano per esso le ordinarie confetture: frutta poche o niente se ne vedeva: ogni sabato in onore della Vergine passavalo in pane ed acqua: quasi di continuo non cibavasi che ginocchione o stramazzone a terra. Questo anch poco. Nella stanza non vedevasi mai seduto, ma studiava in piede, e col libro fra le mani. Di pi, dentro le scarpe aveva delle petruzze, per isperimentare un continuo tormento. Soleva dire monsignor Coppola vescovo di Cassano che era consapevole di queste e altre sue austerit, e lo diceva con enfasi: Le penitenze di Alfonso Liguori sono tali, che sapendosi, supereranno di molto anche quelle di s. Pietro di Alcantara33.

Si potrebbe ritenere che le usanze del Collegio non avessero attinenza con queste penitenze, e che esse partissero da una iniziativa personale del de Liguori, gi aduso a mortificare la sua carne: lo stesso biografo infatti ricorda, che, quando il futuro santo viveva ancora nella casa paterna:
nella notte, dubitando tral sonno qualche involontario toccamento con se stesso, che offeso avesse la santa purit; mettendosi a letto, mi disse D. Gaetano suo fratello, che restringeva le proprie mani

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Antonio Maria Tannoja, Vita ed istituto di S. Alfonso Maria de Liguori, vol. I, cit., p. 70.

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi in una manetta di cartone ben grossa, fatta a borza, per cos evitare a se stesso, anche dormendo, ogni toccamento non puro34.

Queste abitudini di mortificare il proprio corpo con discipline e penitenze sarebbero state seguite dal futuro santo anche nella nuova congregazione che fond, dove egli e i suoi compagni gareggiavano a tormentarsi, sottoponendosi a volontari e fantasiosi supplizi elencati dal Tannoja. Un gentiluomo che si era aggregato alla brigata, tal Vito Curzio, che deposta la spada gi vestiva una lacera tonaca, facendo da cuoco senza saper di cucina, anchegli ci aggiungeva del suo: ora si aveva la minestra o scotta, o salsa in estremo, ed ora o cruda o scondita. E la cosa curiosa che una volta che questo maldestro cuoco, non sappiamo se intenzionalmente o per sbaglio impast il pane senza lievito, i maggiorenti e la nobilt di Scala il paese sulla costiera amalfitana, prima sede della congregazione fondata da S. Alfonso presi da edificanti velleit emulative, per divozione ne vollero essere a parte35, come se questo fosse il vero mezzo per guadagnarsi la salvezza eterna. Ma le penitenze e mortificazioni, cui si sottoponeva il de Liguori non erano affatto eccezione o stravaganza nellistituzione fondata dal Ripa, dove se ne praticavano di non dissimili. Infatti, lo stesso Tannoja aggiunge che oltre di queste penalit che Alfonso volontariamente si addossava, ve nerano ancora in congregazione delle indispensabili e comuni, passando poi a descrivere pi minutamente la vita grama che si menava nel Collegio, a partire dal miserabile vitto quotidiano, degno pi della ciurma di una galera che degli ospiti di un istituto religioso che vi soggiornavano, ironia delle parole, come convittori:
In quel tempo tutto era patimento, e miseria. Bench per lo vitto stabilito ne fosse minestra e lesso, carne poco o nulla se ne provava; e quella che si aveva, non era che delle rimasuglie avanzate ne macelli, o carnaccia di bufalo, o vacca stanta, non pi che a grana sei il rotolo. Tante volte in luogo della carne si compravano delle ossa, per ritrarne un misero brodo.

Se questo era il regime normale, figurarsi la quaresima. Leconomo della congregazione, il cosiddetto spenditore, doveva evidentemente essere allenato a farsi regalare scarti e rifiuti dalla carit dei negozianti, e comunque ad acquistare solo i prodotti pi infimi. Del resto le Regole della congregazione ripiana prescrivevano senza equivoci a quali criteri dovesse attenersi leconomo:
il Compratore dovr essere diligente in comprare tutto quello che le sar ordinato, per luso quo-

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Ibidem, p. 13. Ibidem, p. 83.

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Giacomo Di Fiore Michele Fatica tidiano della comunit, e dovendo andare pi lontano per comprare cose migliori e con risparmio non sia trascurato di farlo36.

Ma riprendiamo la lettura del Tannoja:


Nella quaresima non vedevasi pesce: molto meno in altri giorni, ma una saraca sopra la minestra faceva la lautezza di ognuno, o se prendevasi del pesce una volta o al pi due in quaresima, non avevasi che quando era dellultimo prezzo. Essendosi sementato di ravanelli un orticello, che si aveva di fianco al collegio, non si ebbe per minestra per pi mesi, che ravanelli cotti, e non altro, o, se si comprava, non era che di bietole unite con altre erbe di poco valore. Tal volta si faceva pasto ne giorni di magro con una saraca ed un poco di semola condita con olio. Anche il pane era nero, e della farina la pi ordinaria37.

A questo triste canovaccio quotidiano, tuttavia, bisognava aggiungere il pasto, se cos possiamo chiamarlo, serale; e perfino il Tannoja si concede lironia di precisare che di sera la cena non era meno lauta:
In quel brodo di ravanelli o delle bietole, che avanzava la mattina, si mettevano ad ammollire avanti tempo dentro un caldaio a fuoco lento biscotti duri, e neri, che risultavano dalla crusca un po pi raffinata, e di questa zuppa cos delicata se ne dava per cena un cocchiarone a soggetto38.

Lo stesso fondatore, come si legge negli atti della sua causa di beatificazione, aveva dedicato il mese di marzo alla Sacra Famiglia, e in detto mese si facevano delle preghiere quotidianamente, e nei venerd si digiunava mangiando una sola vivanda seduto a terra. Il Ripa aveva poi istituito il pio uso di digiunare in tutte le vigilie delle feste principali della Vergine mangiandosi un solo piatto a terra. Del resto, egli non faceva altro che seguitare una pratica cui era aduso fin da giovane: il Servo di Dio era contento di mangiare pane e cipolla nel viaggio alla Cina, il che fu motivo di disturbo con qualche compagno39. Un capitolo specifico delle Regole (il XVII), conteneva lelenco di digiuni e discipline in vigore nel Collegio. Il digiuno era prescritto non solo il venerd in onore della passione e morte di Nostro Signore Gies Cristo, ma anche ogni sabato in onore di N. S. e di tutta la S. Famiglia. Bisognava digiunare anche la vigilia di innumerevoli altre feste, da quella di Natale a quella di S. Giuseppe, da

Regole e costituzioni, f. 83. Antonio Maria Tannoja, op. cit., p. 52. 38 Ibidem.
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Neapolitanae beatificationis et Canonizationis Servi Dei Matthaei Ripasummarium, Neapoli 1874, pp. 162 e 251, testimonianze di Francesco De Cristofaro e Tommaso Chang [alias Zhang Tianyi ].

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quella di S. Gioacchino a quella di S. Anna, oltre a quelle di S. Carlo Borromeo, S. Francesco Saverio, S. Filippo Neri, S. Teresa, S. Tommaso, e perfino S. Giovanni Nepomuceno. Il venerd, poi, oltre al digiuno (escluso nel solo mese di marzo, allorch i congregati seduti per terra, mangeranno una sola cosa calda), era il turno della disciplina; lautoflagellazione tuttavia era resa pi tollerabile dalla sua brevit, perch essa dovr durare un Miserere, un De Profundis, ed una Salve Regina cantati40. Nemmeno per gli ospiti furono fatte eccezioni. Un vecchio missionario in Cina, Antoine Guigue, del Seminario delle Missioni Estere di Parigi, che ebbe occasione nel corso della primavera del 1735 di soggiornare per qualche mese nel Collegio, in una lettera diretta a un suo connazionale, il Combette, scriveva che egli vi aveva trascorso une vie dure au corps pour la nourriture, mais douce lesprit41. Il vecchio missionario non entrava in particolari riguardanti il men, ma, se le usanze del Collegio erano ancora quelle che abbiamo appreso dal Tannoja, da supporre che quel soggiorno primaverile napoletano avesse per lui coinciso con una salutare cura dimagrante. C da domandarsi allora quanta contezza della cucina del Collegio dei Cinesi avesse Giovanni Zambecchini, archivista di Propaganda, quando informato dallo stesso Ripa criticava Guigue per non avere avuto la discretezza di contribuire per i suoi alimenti42. Ma, se innegabile che Guigue avrebbe dovuto avere la sensibilit di non gravare sulle finanze del Collegio, va anche detto che queste non rischiavano certo di andare in dissesto, vista linfima qualit del vitto propinato a coloro che avevano la disavventura di esservi ospitati. Del resto, se il Collegio divenne ben presto carcere per ecclesiastici scostumati e vero e proprio soggiorno penitenziale, era evidente che la fama dello stretto rigore che vi imperava doveva avere oltrepassato le sue mura. Il Ripa ricordava nelle proprie memorie che larcivescovo di Napoli nel 1738 gli aveva ordinato, senza che egli potesse resistere a questa sgradita intimazione, di accogliere alcuni suddiaconi e diaconi, che per i loro trascorsi era stato loro impedito lordinarsi, ed alcuni sacerdoti che meritavano castigo, acci, menando fra noi la nostra vita, simbevessero dun vero spirito ecclesiastico43. Qualche anno dopo, il cardinale arcivescovo Spinelli, dovette ricredersi sullefficacia della correzione dei costumi di tali ecclesiastici nel Collegio dei Cinesi. Una nota del Ripa ci mette a giorno non solo dellincorreggibilit di queglindividui, ma anche dellambiente che circondava la casa ai Pirozzoli:
Seppi da varie persone di questo contorno e dalla stessa gente di Casa che tre di essi ordinandi facevano spesso per una finestra, e per molto tempo anco al lume della luna, segni ad una certa donna
Regole e costituzioni, ff. 44-45. Giacomo Di Fiore, Gesuiti e giansenisti negli anni Trenta del Settecento. Pierre de Goville, Antoine Guigue e gli Anecdotes sur ltat de la religion dans la Chine, in Michele Fatica, Francesco DArelli (a c. di), La missione cattolica in Cina tra i secoli XVIIIXIX . Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi. Atti del Colloquio Internazionale di Napoli, 11-12 febbraio 1997, Napoli 1999, p. 434. 42 Ibidem, p. 435. 43 Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione , cit., cap. 53, sotto la data di Napoli 29 luglio 1738.
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Giacomo Di Fiore Michele Fatica del vicinato e che facevano altre consimili leggierezze da non potersi tolerare da noi. A me dispiacque dentro lanima lo scandalo, ma per evitare i scandali maggiori, stimando esser questa lapertura datami da Dio per liberarmi, senza offesa del Sig. Cardinale, da essi convittori, subito per lettere diedi parte ad esso Sig. Cardinale, che stava a Roma, acci ordinasse al canonico Borgia ne prendesse linformo per licenziarli da questa Casa. Cos fece il Sig. Cardinale e cos esegu esso Sig. canonico, chavendo ritrovato esser tutto vero quanto io scritto avevo li licenzi44.

Ma il rigore che caratterizzava gli esordi dellistituzione ripiana sub un radicale mutamento dopo la morte del fondatore. A prestar fede a una sequela di lettere anonime indirizzate a Propaganda Fide agli inizi degli anni Sessanta del XVIII secolo, laustero Collegio di qualche decennio prima sarebbe divenuto luogo di banchetti luculliani, ma solo per i congregati e i loro parenti. Costoro, infatti, indulgevano alle delizie della gola, sfruttando le risorse dellistituzione ripiana, mentre i giovani collegiali menavano vita grama. Inoltre i congregati fruivano individualmente anche di pi di una camera, mentre i ragazzi erano costretti a vivere tutti insieme in due camerate poco salubri. Scarseggiavano le coperte, la biancheria di ricambio, e le condizioni igieniche erano tanto precarie che lultimo collegiale di nazione bulgaro ... non portava altre mutande di quelle che aveva indosso. Ben cinque dei giovani collegiali erano morti nelledificio che li ospitava. Queste notizie le ritroviamo non solo nelle lettere anonime, ma in un memoriale del collegiale bulgaro Pietro Delvesi, forse lo stesso autore di quelle missive senza firma, il quale, recatosi a Roma per sostenere lesame finale di missionario, ebbe il coraggio di presentare ai vertici di Propaganda Fide larticolata denuncia delle magagne del Collegio, dove era morto, fra incuria, indifferenza e cattiva amministrazione, anche suo fratello Stefano45. Nessun provvedimento, a quanto ci risulta, fu tuttavia preso da Roma. Allinizio del secolo XIX i costumi si sono adeguati ad una sorta di rilassatezza generale. Il complesso sorgeva nella parte forse pi degradata del Borgo dei Vergini di Napoli, dove non mancavano donne di malaffare, frequentate da fratelli laici, i quali, non avendo ricevuto gli ordini, non erano sottoposti allobbligo della castit. Le malefatte a volte non erano solo dei fratelli laici, ma anche di qualcuno degli stessi congregati. Ce lo racconta nel 1816 il giovane collegiale cinese, Luca Phan [alias Pan Lujia ]46, in un latino approssimativo, ma molto efficace. In una lunga lettera indirizzata al papa, egli parla una solecitationem mulie-

Ibidem, cap. 59, sotto la data di Napoli, agosto 1939. Giacomo Di Fiore, Lettere di missionari dalla Cina, Napoli 1995, p. 12. 46 Nato il 22 giugno 1772 nella citt Lechang , nella provincia Guangdong , giunse a Napoli il 23 luglio 1795. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1806, lasci il Collegio il 25 marzo 1817: [Giuseppe Maria Kuo, alias Guo Dongchen ], Elenchus alumnorum, decreta et documenta ecc., cit., pp. 4-5.
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bri ad turpem etiam factam fuisse a congregato nostro sub praetextu confessionis, cum verbis et tactibus, che fa il paio con il tentativo di un fratello laico di coinvolgerlo nei suoi raids per le case di malaffare (Praetera laicus saepe saepissime perduxit me ad meretrices a quibus ad copulam fui vocatus: sed per gratiam Dei nunquam eis consentivi)47. Qui i vertici vaticani sembrarono non prestar fede alla denuncia del giovane, sottolineandone invece la stravagante e scandalosa condotta non altrimenti specificata, ma che, nel reticente linguaggio dellepoca, faceva sicuramente riferimento a comportamenti sessualmente devianti. Tuttavia ci che qui interessa, che Propaganda Fide avvi una inchiesta sul Collegio per verificare le accuse che Luca Phan aveva lanciato contro i congregati e contro i fratelli laici, ma che si concluse lasciando indenne listituzione ripiana e disponendo il rimpatrio del giovane48. Della decadenza progressiva del Collegio abbiamo ancora qualche testimonianza, a distanza di circa un secolo dalla sua fondazione. In un foglio, anonimo e senza data, ma risalente presumibilmente intorno al 1835 per la sua collocazione, si legge quanto forte fosse il disagio dei giovani cinesi che vi erano ospitati, e che erano i pi diretti interessati alla buona gestione dellistituzione che da loro prendeva il nome. Da questo documento apprendiamo che tutti i cinesi ritornati da Napoli dal 1806 sino al giorno doggi si lamentano del loro Collegio dicendo che non si osservano pi le regole e che si trovano a praticare gente tutta ignorante e bassa, che vi gravitava attorno (si trattava per lo pi di servi o barbieri, come specificava lanonimo autore). Questi sottolineava poi che i giovani cinesi non possono non sentire le orrende bestemmie napoletane, mentre passavano davanti a lupanari, da dove ammiccavano loro le meretrici, le quali non si contenevano nei loro ridotti, come imponeva la legge, ma sciamavano per le strade della citt in numero di pi di ventimila, precisava lanonimo autore, evidentemente ben documentato in proposito. I futuri missionari rimanevano poi scandalizzati nel vedere i preti (presumibilmente, dal contesto, proprio i congregati) mangiare, camminare, scherzare ed abitare con donne. Sanno quanto sono le rendite, e mormorano dicendo che i Padri di detto Collegio si mangiano tutto, essendo denaro per i Cinesi49.

APF, Collegi vari, Collegio dei Cinesi della Sagra Famiglia in Napoli, b. 12, ff. 280-295. Le due citazioni sono tratte dai ff. e 282v e 288v. 48 APF, Lettere della Sacra Congregazione e Biglietti di Monsignor Segretario, 1816, vol. 297, ff. 341r, 361r, 496r; ivi, anno 1817, vol. 298, f. 73v. 49 APF, SOCP (1833-1840), vol. 76, f. 486.
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Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinese commissionata da Kangxi


ANDREINA ALBANESE Universit degli Studi di Bologna

I. Vaghi e sporadici accenni di Matteo Ripa alla sua attivit di incisore Sembra di certo sorprendente che nelle sue dettagliate memorie Matteo Ripa abbia accennato solo di sfuggita alla calcografia della carta geografica dellimpero cinese, che il mancese Kangxi , limperatore della Cina, alle cui dipendenze si era trovato a lavorare per pi di dieci anni, gli aveva commissionato sin dai primi tempi della sua permanenza a Pechino e che verosimilmente aveva portato a termine tra il 1717 e il 1718. La reticenza a ricordare il suo talento di pittore ad olio e la sua perizia di incisore su rame, virt per le quali era stato invitato a corte, si spiega con la finalit precipua assegnata alle sue memorie. Quando, il 26 maggio 1743, a meno di tre anni dalla morte finir i suoi giorni il 29 marzo 1746 cominci a rielaborare i suoi appunti per comporre i 5 tomi intitolati Giornale de viaggi1, egli guardava alle glorie mondane come prodotti delleffimero e di un deplorevole amor di s, e se nei suoi appunti scritti in contemporanea aveva attribuito uno spazio, sia pure non eccessivo, alla sua produzione di pittore e di calcografo, ora gli premeva, sotto il peso degli acciacchi di una senescenza precoce, scrivere tutto quello che possa essere distruzione ed edificazione de nostri. Quindi ne era scaturita unopera didascalica ed edificante per quelli che fra nostri andranno a missionare in Cina2. Eppure si trattava di sicuro di unopera di cui andare sotto molti aspetti fiero, almeno da quanto si pu

Lopera porta il titolo lunghissimo: Giornale de viaggi fatti da D. Matteo Ripa in tre parti. Nella prima si tratta del suo viaggio fatto da Napoli sino alla imperial corte di Pechino. Nella seconda si parla della dimora fatta in quella gran Corte Imperiale de suoi viaggi in Tartaria e della variet degli eventi, che accaddero in quella missione in tutto il tempo che vi dimor e specialmente di quelli che accaddero in Pechino a causa della condanna de riti cinesi. Nella 3a finalmente si descrive il suo viaggio fatto nel ritorno da Pechino in questa Citt di Napoli. Nel 1832, in previsione del processo di santit del Ripa, che avr inizio, senza esito, solo nel 1874, i congregati della Sacra Famiglia di Ges Cristo, assemblarono detto manoscritto con un altro dello stesso Ripa intitolato Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Gies Cristo, e pubblicarono in 3 tomi la Storia della fondazione della Congregazione e del Collegio de Cinesi sotto il titolo della Sagra Famiglia di G.C. scritta dallo stesso fondatore Matteo Ripa, opera apocrifa, piena di tagli, manipolazioni e falsificazioni, su cui si rinvia a Matteo Ripa, Giornale (1705-1724), vol. I (1705-1712), introduzione, testo critico e note di Michele Fatica, Napoli 1991, intr. passim. 2 Matteo Ripa, (Giornale (1705-1724), vol. I (1705-1712), cit., p. 1.
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agevolmente rilevare dagli esemplari di tale carta pervenutici, ed in particolare di quello rintracciato alcuni anni or sono nella Biblioteca Universitaria di Bologna3.

II. I cartografi e i matematici occidentali che lavorarono alla confezione della carta generale dellImpero di Cina In primo luogo vale la pena di accennare alle vicende che portarono alla confezione della carta. Limperatore Kangxi era senza dubbio una persona singolare: mancese di nascita, trovatosi adolescente a governare limpero cinese al cui trono era assurto nel 1662 essendo dintelligenza vivace e pronta, aveva studiato appassionatamente la cultura del paese su cui regnava, e per propensione personale e per una serie di fortuiti e fortunati eventi aveva potuto studiare altrettanto appassionatamente alcuni aspetti della cultura occidentale, grazie agli insegnamenti in gran parte di tipo scientifico impartitigli, sin da quando era giovanissimo, da alcuni padri gesuiti che risiedevano a Pechino. Visto che desiderava approfondire le sue conoscenze sullOccidente, la Francia, che mirava ad allargare la propria influenza in Indocina ed in Cina, tra gli anni 1685-97 gli aveva inviato scienziati, alcuni dei quali di grande valore4. In seguito limperatore aveva chiesto al pontefice di poter disporre anche di artisti europei. Larrivo di Ripa in Cina, infatti, da collegare proprio al desiderio dellimperatore di avere accanto a s musicisti e pittori occidentali ed al talento di pittore ad olio del sacerdote originario di Eboli (Salerno), ove era nato il 29 marzo 1682. La sua chiamata a corte era stata preceduta da una verifica delle sue capacit, verifica conclusasi con un giudizio pi che lusinghiero di Kangxi. Quindi, il sacerdote ebolitano, dopo una permanenza a Canton di 5 mesi circa (3 luglio-27 novembre 1710) per imparare i rudimenti della lin-

Andreina Albanese, Cronaca di un ritrovamento inaspettato, in Istituto Universitario Orientale, Annali, 52, 3 (1992), pp, 309-27, e La carta geografica di Matteo Ripa: caratteristiche dellesemplare della Biblioteca Universitaria di Bologna, in Michele Fatica,? Francesco DArelli, (a c. di) Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi, Atti del Colloquio Internazionale, Napoli, 11-12 febbraio 1997, Napoli 1999, pp. 135-183. 4 Sei erano i famosi matematici del re, mandati in Estremo Oriente nel gennaio 1685 da Luigi XIV. Di questi ne arrivarono in Cina nel 1688 cinque: i gesuiti Bouvet, de Fontaney, Gerbillon, Le Comte e de Visdelou. Nel 1699 sarebbero arrivati altri religiosi (una decina, tra cui Parrenin, de Prmare e Rgis): v. David E. Mungello, Curious Land: Jesuit Accomodation and the Origin of Sinology, Stuttgart 1985, p. 256; John W. Witek, Understanding the Chinese: a Comparison of Matteo Ricci and the French Jesuit Mathematicians Sent by Louis XIV, in Charles E. Ronan, Bonnie B.C. Oh (eds.), East Meets West. The Jesuits in China, 1582-1773, Chicago 1988, pp. 62-102 (pp. 74 s.,), Louis Pfister. Notices biographiques et bibliographiques sur les jsuites de lancienne mission de Chine, 1552-1773, rep. San Francisco 1976, p. 42. 5 Theodore N. Foss. A Western Interpretation of China: Jesuit Cartography, in Charles E. Ronan, Bonnie B.C. Oh (eds,), East Meets West, cit., pp. 209-51 (pp. 222 s., nn. 33-35).
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gua parlata, arriv a Pechino nel febbraio 1711. Allepoca il progetto di promuovere con i sistemi cartografici occidentali la rilevazione di tutto il territorio dellimpero suggerito allimperatore dal gesuita Gerbillon5 era gi decollato, e dal 4 giugno 1708 diverse quipes di religiosi stavano gi attivamente lavorando sul campo, intente alla raccolta di dati che sarebbero serviti per la compilazione delle mappe. Si trattava di abili uomini di scienza, in gran parte francesi, e quasi tutti gesuiti, a parte lagostiniano Guillaume Bonjour Favre, sgraditissimo compagno di viaggio di Ripa, che si un agli altri solo nel 17116. Le mappe che i missionari si accingevano a comporre non erano certo le prime che religiosi occidentali confezionassero della Cina, ma indubbiamente sotto alcuni aspetti sarebbero state molto diverse da quelle precedentemente prodotte. Da molto tempo i missionari sinologi riproducevano il territorio cinese: i gesuiti Ricci, Ruggieri, Aleni, Semedo, Martini, Boym solo per citarne alcuni insieme a religiosi di altri ordini, in precedenza avevano compilato numerose carte geografiche7, rifacendosi alla grande tradizione esistente nel paese sin dal III secolo dellera volgare. In particolare si erano rifatti ad alcune versioni a stampa di una mappa manoscritta, costruita mediante lusuale metodo cinese del reticolo8, chiamata Yutu (Mappa del mondo), in cui era rappresentata la Cina ed i territori limitrofi. La mappa, fatta da Zhu Siben , il pi grande cartografo cinese di tutti i tempi, risaliva ai primi
Si trattava dei padri Jartoux, Rgis, de/du Tartre, de Mailla, dellalsaziano Hinderer, del portoghese Cardoso, dellaustriaco Fridelli. In merito v. Joseph Dehergne, Rpertoire des Jsuites de Chine de 1552 1800, Roma-Paris 1973, pp. 131 s., 213 s., 264, 163 s., 126 s., 44 s., 102. Per Rgis, eccezionale cartografo, che probabilmente aveva portato dalla Francia nuovi strumenti per le mappazioni e che viaggi nelle zone pi impervie, v. Shannon McCune, Jean-Baptiste Rgis, S. J., an Extraordinary Cartographer, in Chine et Europe: volution et particularits des rapports est-ouest du XVI au XXe sicle (Varits sinologiques, n. s., 73), Taipei-Paris-Hong Kong 1991, pp. 237-248 (p. 238). Per Bonjour-Fabre, v. Theodore N. Foss, A Western Interpretation, cit., p. 245 n. 55. 7 Dopo che in Europa erano state accettate le idee di Matteo Ricci in merito alla posizione territoriale della Cina, i missionari avevano cominciato ad inviare mappe sempre pi precise, effettuate migliorando i dati della tradizione occidentale tramite informazioni desunte da fonti cinesi (in cui erano citate anche le regioni dellAsia centrale). Gradualmente si dette ampio riconoscimento alla validit dei dati forniti dalla tradizione cinese, che fu fatta conoscere agli Europei. Costoro per continuarono a lungo a nutrire alcuni dubbi sulla attendibilit dei dati forniti: non a torto, dal momento che spesso arrivavano loro versioni del tutto diverse dei territori rappresentati (ed in effetti conformazioni e proporzioni dei continenti erano ben lungi dallessere riportate con verosimiglianza). Sanson dAbbeville ad es. nel 1658 nella seconda edizione del suo Asie, facendo riferimento a quattro mappe da lui esaminate, sottolineava criticamente come secondo Semedo la Cina avesse le stesse dimensioni dellEuropa, secondo Martini fosse grande il doppio, secondo Boym il triplo e secondo Ruggieri il quadruplo (Boleslaw Szczesniak, The Seventeenth Century Maps of China: an Inquiry into the Compilation of European Carthographers, in Imago Mundi, XIII (1956), pp. 116-136 (pp.133-136). 8 Questa mappa, a detta del suo autore, era imprecisa per le zone del sud-est asiatico e per la Mongolia nel nord-ovest. Anche se non era stata mai stampata (pur essendo gi documentata dal 1155 lusanza in Cina di stampare carte), secondo la tradizione avrebbe rappresentato lAfrica sorprendentemente con la punta orientata a sud, mentre nello stesso periodo gli Europei la immaginavano volta verso est: Joseph Needham, Science and Civilisation in China, v. III, Cambridge 1959, p. 552.
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due decenni del sec. XIV, ed una volta ampliata e molto migliorata da Luo Hongxian e stampata nel 1555 in un atlante Guangyu tu (Mappa generale del mondo)9, sarebbe stata se pur con modifiche riproposta in molteplici edizioni sino ai primi anni del sec. XIX. Sulle versioni del Guangyu tu si basavano le carte che i missionari cominciarono ad inviare in Europa, spesso modificate e corrette tramite dati rivisti con osservazioni dirette, con luso dellastrolabio e con la consultazione di materiale cinese di varia natura. I metodi dei religiosi differivano da quelli cinesi sotto due aspetti: i dati rilevati venivano costantemente migliorati con nuovi controlli, pi che altro di tipo astronomico, e le loro mappe non seguivano lo schema cinese del reticolo rettangolare o quadrangolare, slegato da riferimenti a coordinate celesti10, e costruito senza tener conto della curvatura della terra. I religiosi europei dalle carte cinesi ripresero fra laltro i segni convenzionali, che usarono per indicare alcune specificit territoriali (citt di diversa importanza, fortificazioni ed altro), che probabilmente furono i primi elementi iconici di questo tipo che fossero usati nella cartografia occidentale. Gli Occidentali nel tempo ampliarono sempre di pi i dati in loro possesso, riuscendo a fornire rappresentazioni in piano della superficie della Cina piuttosto accurate, anche se per forza di cose

Nellatlante di Luo cerano anche 44 carte di territori cinesi e non (costruite usando scale diverse), quattro delle quali riguardanti Corea, Annam, Mongolia e Asia Centrale. Il Guangyu tu fu stampato numerose volte (anni 1555-58, 1561-66, 1572, 1579, 1799), anche con vistose varianti (ad es. la Corea rappresentata come unisola nella prima edizione, ed in seguito modificata, tanto che Martino Martini la disegn come penisola). Nelledizione del 1579, la pi usata, la griglia quadrangolare, accuratamente disegnata da Luo, per colpa di un copista fu trasformata in rete rettangolare: Theodore N. Foss, A Jesuit Encyclopedia for China: A Guide to Jean-Baptiste du Haldes Description de la Chine (1735) volume I, Dissertation University of Chicago 1979, p. 176 n.1. 10 In Cina furono anche adoperate carte allapparenza assai simili ai portolani occidentali stampate nel sec. XVII ed utilizzate per la navigazione, in cui furono usati riferimenti a fenomeni celesti. In queste, che si basavano su criteri assai differenti da quelli occidentali (non comparivano ad es. linee lossodromiche arbitrarie, come nei portolani), in relazione ai siti segnati erano forniti i rilievi effettuati con la bussola, e fornite notazioni relative alla posizione della stella polare: Joseph Needham, Science , cit., p. 560. 11 Molti di questi rilevamenti, per, una volta inviati in Europa, avevano suscitato il pi che legittimo sospetto che le carte fino ad allora compilate fossero tuttaltro che esatte. Il matematico Riccioli, che a Parigi aveva gi lavorato su dati basati sulle osservazioni effettuate nelle missioni doltremare, alla fine del secolo aveva rivisto e calcolato a tavolino la posizione in latitudine e longitudine di molte citt cinesi. Le misure che riguardavano le longitudini continuavano, per, ad essere ancora non esatte, e solo alla fine del sec. XVIII sarebbero stati risolti i problemi connessi alla loro misurazione. In effetti sin dai tempi di Tolomeo (120-170 d. C.) calcolare le longitudini, difficilmente verificabili, aveva rappresentato un problema, che sarebbe stato superato solo con ladozione del cronometro marino, inventato e perfezionato nei secc. XVII-XVIII, strumento con il quale sarebbe stato possibile registrare la differenza di orario tra un meridiano e laltro (differenza gi preconizzata da Roger Gemma Frisius nel 1530). Sin nel lontano 1636 Galileo aveva proposto di osservare col telescopio i movimenti dei quattro satelliti di Giove, ma il Papato non aveva incoraggiato tale idea, quando per i gesuiti effettuarono i loro rilievi per le nuove mappazioni i tempi erano cambiati, ed i religiosi utilizzarono anche questo metodo per controllare i dati che andavano raccogliendo: David E. Mungello, Curious Land , cit., p. 122 n.45; Theodore N. Foss, A Jesuit Encyclopedia , cit., pp. 88 s., p. 107 n. 4, p. 221.
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imprecise. I religiosi continuavano attivamente ad effettuare rilevamenti astronomici11, ed allinizio del sec. XVIII erano state gi fissate le posizioni delle pi grandi citt cinesi. Non va sottovalutato, poi, che quando Ripa arriv in Cina i missionari che operavano a corte erano per la maggior parte francesi, e non era certo casuale che lo fossero. In Francia negli ultimi decenni del secolo XVII, sotto legida di Luigi XIV e di Colbert, erano stati realizzati studi avanzatissimi in campo scientifico in collegi, in cui linsegnamento di matematica e geometria, astronomia e cartografia era completamente affidato ai gesuiti. I religiosi francesi, che erano stati inviati in Cina, non solo avevano portato con s nuovi supporti scientifici, ma erano anche addestrati ad utilizzare nuovi metodi, che avrebbero usato con profitto per la compilazione delle mappe che sarebbero confluite in seguito nel grande atlante del 1721. Dalle testimonianze pervenuteci, relative ai sistemi usati nei rilevamenti territoriali ed astronomici, preliminari alla preparazione delle mappe (sistemi che sarebbero stati compendiati nel 1946 dal gesuita Henri Bernard)12, si evince che il metodo fondamentale per ottenere latitudini e longitudini si basava sulla triangolazione del territorio, integrata per la latitudine con losservazione del meridiano del sole e delle stelle del polo, ed a volte, per la longitudine, con le osservazioni delle eclissi di luna e dei satelliti di Giove. Non di rado, per, gli strumenti adoperati si rivelavano non del tutto adeguati13, ed indubbiamente pi lontane erano le localit da Pechino, usato come meridiano 0, e pi vistosi erano gli errori14. I moltissimi dati, che furono assemblati, a volte furono ottenuti e verificati personalmente dai religiosi, a volte ottenuti attraverso la mediazione di altri, dal momento che in alcuni casi vi furono impedimenti di vario genere che non ne permisero lacquisizione diretta (ad es. per il Tibet al tempo chia-

Henri Bernard, Note complmentaire sur lAtlas de Kang-hi, in Monumenta Serica, XI (1946), pp. 191-200 (pp. 198 s.). In una lettera di Gaubil, datata 1728, sono descritti alcuni sistemi utilizzati dai Padri: Rene Simon (ed.), Antoine Gaubil, Corrispondance de Pkin 1722-1759, Genve 1970, p. 214. La triangolazione era il metodo pi in uso per misurare distanze e direzioni: si trattava di un sistema sviluppato in Francia alla fine del sec. XVII, che consisteva nel calcolare le distanze in una data regione suddividendola in un reticolo di triangoli. Determinato tramite corde un lato di un triangolo, facendo riferimento a postazioni preminenti (picchi di montagne, in pianura una bandiera, una costruzione o un palo) attraverso calcoli trigonometrici venivano calcolati gli altri due. Estendendo questo metodo, attraverso il calcolo di altri triangoli larea veniva allargata e poi completamente coperta. I religiosi per erano ben consci che le osservazioni astronomiche (che servivano da controllo), da loro effettuate con e senza telescopio, non sempre erano esatte. 14 Come rilevava Richthofen (cit. in Henri Bernard, Les tapes de la cartographie scientifique pour la Chine et les pays voisins dupuis le XVI la fin du XVIIIe sicle, in Monumenta Serica, I (I935), pp. 428-477 [p. 461]), per quanto riguardava la Cina le zone riprodotte con maggior precisione furono le province costiere, quelle delle rive del Yangzijiang dai Cinesi chiamato Lungo Fiume ed in particolare le province dello Yunnan e del Bei Zhili (= Hebei ). Di fatto le latitudini erano tutte troppo spostate verso nord, mentre le longitudini erano abbastanza esatte. Per le localit non cinesi, da quanto possibile valutare, secondo le zone gli errori variavano da 30 a 120 in latitudine ed in longitudine. Nella Description de la Chine di Jean-Baptiste du Halde, stampata a Parigi nel 1735, le misure delle latitudini corrette e revisionate dal cartografo dAnville anche sulla base di ulteriori dati forniti nel frattempo dai gesuiti sarebbero state pi vicine a quelle effettive.
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mato Lazang ] e le aree ad esso adiacenti15, per la Corea Zhaoxian 16 per le zone abitate dalletnia Miao nelle aree di confine tra le province di Guizhou e Guangxi , e Guangxi e Huguang [>Hunan e Hubei ]17 e per Taiwan 18. I lavori preparatori si sarebbero conclusi dopo il gennaio 1717 quando, essendo state rilevate 641 posizioni (504 della Cina vera e propria, 137 delle altre localit), limperatore con un editto ordin che si assemblasse un atlante19. Nello stesso anno per le carte furono fatte 28 matrici in legno20. Nel 1718, dopo il mese di giugno, vennero completate 32 carte manoscritte, eseguite a Pechino sotto la direzione di padre Jartoux21, ed il 1 aprile 1719 in un editto limperatore riconobbe limportanza del lavoro compiuto dai gesuiti. Il 17 dicembre 1720 avrebbe emanato un altro editto per la revisione dei toponimi del Tibet, e finalmente nel 1721 sarebbe stata effettuata una seconda tiratura su matrici di legno per le 32 mappe che avrebbero costituito il Huangyu quanlantu (Atlante dettagliato completo della geografia dellimpero), in cui le carte separate (fentu ) avrebbero avuto la scala di 1:2.000.00022.
Per questa regione gi nel 1704 erano stati effettuati rilievi che avevano integrato i dati forniti da mappe preesistenti, compilate sulla base di racconti fatti da viaggiatori. Nel 1711 vi si recarono i padri Rgis, Jartoux e Fridelli ed i loro rilevamenti fornirono ulteriori dati che furono usati per le mappe nn. 16, 17, 18 del 1717, ma poich Rgis non ne era rimasto soddisfatto ed aveva deciso di migliorarle furono inviati tra gli anni 1714/5-17 alcuni lama tibetani, che raccolsero ulteriori dati che sarebbero serviti per la compilazione di altre mappe (nn. 9, 12, 13, 14, 15). In merito alle mappe in questione v. Walter Fuchs, Der Jesuiten-Atlas der Kanghsi-Zeit, Peking 1943. da notare che lattuale Tibet, Xizang , meno della met del territorio tibetano del tempo di Ripa. 16 La carta coreana era la rielaborazione di una carta copiata nel palazzo reale. La Corea sarebbe stata finalmente conosciuta in Europa secondo tale versione, che pur non del tutto corretta, era molto pi attendibile di altre circolate in precedenza (Shannon McCune, Jean-Baptiste Rgis ..., cit., p. 245). In genere nelle carte cinesi la Corea era rappresentata solo attraverso il profilo delle coste, forse perch inviando tradizionalmente questo regno come tributo alla Cina carte geografiche in Cina non era stata mai sentita lesigenza di farne altre: Boleslaw Szczesniak, Matteo Riccis Maps of China, in Imago Mundi, XI (1954), pp. 127-35 (pp. 130 s.). 17 Nella Carta di Ripa queste aree sono tra le poche che presentano note manoscritte piuttosto estese; nelle mappe dei gesuiti, che non ebbero la possibilit ad entrare nelle zone in questione, invece le stesse aree risultano completamente prive di indicazioni topografiche. 18 Theodore N. Foss, A Western Interpretation , cit., p. 248 n. 86, in cui citato de Mailla. 19 La scala usata nel 1717 fu di 1:1.000.000. In merito alle carte ed alle mappazioni effettuate tra gli anni 1708-17 v. la tavola riportata in Walter Fuchs, Der Jesuiten-Atlas , cit., p. 9. 20 Ibidem, pp. 7, 14-18, 60. In queste matrici non erano incluse le mappazioni del Tibet e della Mongolia occidentale (v. Henri Bernard, Note complmentaire ., cit., p. 191). 21 Probabilmente si tratta delle carte citate da Cordier, che le ricorda montate su supporto, circondate da seta blu e con laggiunta di scritte rosse manuali (conservate negli Archivi degli Affari Stranieri a Parigi), le cui matrici sarebbero state fatte in giada, rame e legno (Henri Cordier, Bibliotheca Sinica, 5 voll., Paris 1904-24, no. 184). 22 Albert Herrmann, Die Karte on 1718, in Sven Hedin, Southern Thibet, vol. VIII, Stockholm 1922, pp. 288-90 (p. 289) e Theodore N. Foss A Jesuit Encyclopedia, cit., p. 116-117..
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Complessivamente dellAtlante sarebbero state fatte quattro edizioni tra gli anni 1717-2623, secondo diversi progetti (due dei quali probabilmente riconducibili a Ripa, di cui solo uno portato a termine).

III. Caratteristiche della mappa generale dellImpero di Cina incisa su rame da Matteo Ripa Ma tornando ad occuparci di Ripa e della sua carta, in quale relazione collocarla con loperato dei gesuiti? Secondo quanto affermato dallo stesso sacerdote in alcuni passi del suo diario scritto in Cina e del suo Giornale, tutto sarebbe dipeso dal desiderio di Kangxi, manifestatogli gi nel 1714, di veder finalmente stampata una carta geografica di tutto il territorio dellimpero (comprensiva quindi sia delle province tartare che di quelle cinesi24. NellAvvertimento / Per lintelligenza dellIndice de Nomi delle Citt ed altri Luoghi principali / notati nella Carta Geografica della Cina / Tartaria e Corea, contenuto in un fascicolo che accompagna lesemplare, gi citato, della Biblioteca Universitaria di Bologna, esiste una notizia del seguente tenore:
[Limperatore] Non contento di avere la Carta Geografica del suo Imperio descritta colla penna, volle altres che fosse delineata in rame col Bolino, per trarne molti Esemplari...25.

Secondo Ripa Kangxi avrebbe quindi desiderato avere molti esemplari stampati di questo grande lavoro, presumibilmente senza che se ne dovessero rifare spesso le matrici. Tale informazione in qualche modo confermata dalle parole di un altro imperatore, Qianlong , nipote di Kangxi, che amanWalter Fuchs, Der Jesuiten-Atlas, cit., p. 60. Le carte dei gesuiti per la Cina e per parte della Tartaria (le attuali province Nei Menggu , Xinjiang Uygur , Qinghai e Xizang della RPC, e la Mongolia Esterna) sarebbero state usate fino agli ultimi anni del sec. XIX (v. Theodore N. Foss A Jesuit Encyclopedia , cit., p. 145). 24 Nel suo diario scritto in Cina, sotto la data del 22 maggio 1714, egli scrive che, mentre soggiornava nella villa della perenne primavera [Changchunyuan ], limperatore gli chiese di intagli[are] la mappa universale di Cina e Tartaria, sendo la misura data da me di due palmi di lungo et uno e 4 di largo: ACGOFM, MH, 15-2, p. 348; in sintesi i dati sono confermati in Matteo Ripa, Giornale, vol. II, cit., p. 136. 25 Questo fascicolo (una sorta di manuale, di cm. 29 per cm. 43, costituito da fogli di dimensioni e di argomenti diversi) contenuto nellincartamento in cui si trova la carta geografica (catalogato A M B 1 9), assieme ad altro materiale non omogeneo, n per contenuto, n per datazione, sicuramente messo assieme in un arco di tempo posteriore allanno 1735, dal momento che in esso si fa riferimento alla prima edizione, stampata appunto in quellanno, della Description di Jean-Baptiste du Halde. Nelle prime pagine di questo manuale, sotto lintestazione TAVOLE GEOGRAFICHE DELLA CINA TARTARIA E COREA / Formate nel principio del Secolo XVIII per ordine di / Cang-Hi Secondo Imperadore della Dinastia Tsing, sono brevemente narrate le vicende anteriori alla compilazione della carta e spiegati i criteri usati per adattarla; nelle ultime 24 pagine, scritte verosimilmente da qualche collaboratore di Ripa, anche fornito un Indice toponomastico.
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te della poesia e lui stesso poeta, nellintroduzione allatlante del 1761 avrebbe ricordato con toni lirici la carta di Ripa, alludendo tra le righe al desiderio del nonno di avere qualcosa di pi duraturo e di pi efficace in merito ai risultati di matrici di legno:
jian yi tongban chui zhu yong jiu fu inciso su rame per dare alle stampe [una carta] perch fosse sospesa per leternit26.

Una delle caratteristiche della carta affidata allesecuzione di Ripa sarebbe stata, quindi, quella di essere stampata utilizzando la calcografia, una tecnica introdotta in Cina in tempi allora ancora relativamente recenti da Matteo Ricci, che per primo laveva usata per riprodurre immagini sacre27, tecnica ovviamente differente da quella xilografica utilizzata poi per latlante del 1721 che, nota da tempo, aveva avuto il suo apogeo tra i secoli XV-XVII. Rispetto alla xilografia, la calcografia forniva stampe pi nitide, e permetteva numerose tirature senza dover rifare spesso le matrici, come avveniva con quelle in legno usate per xilografare, elementi che confermano le parole di Ripa. Il missionario ebolitano confessa di avere appreso la tecnica calcografica a Roma, dove soggiorn dal 30 novembre 1705 al 13 ottobre 1707, ma solo dopo vari e faticosi tentativi era riuscito nel 171328 a riprodurre 36 vedute della grande villa imperiale del Jehol [Rehe , attuale Chengde ], che erano state particolarmente apprezzate a corte. Queste riproduzioni forse possono essere considerate una specie di prova propedeutica per lesecuzione della carta: di sicuro mentre Ripa era costretto a fare pratica nellarte calcografica, i religiosi stavano ancora raccogliendo i dati cartografici. Il missionario di Eboli per effettuare la calcografia della carta geografica dovette, quindi, usare matrici di rame, i cosiddetti rami, in merito al cui numero le versioni sono discordanti: Ripa nelle sue memorie lo quantificava in 44; Walter Fuchs, invece, che negli anni Quaranta-Cinquanta del secolo scorso in Manciuria vide della carta una ristampa completa ed una serie incompleta di nove carte ne cont 4129. Dal momento che alcuni dei fogli, ottenuti dai rami, ai fini della rappresentazione dei ter26 Walter Fuchs, Materialen zur Kartographie der Mandju-Zeit, in Monumenta Serica, I (1935), pp. 386-427 (p. 398). La traduzione mia. 27 Jacques Pimpaneau, Histoire de la litterature chinoise, Paris 1989, pp. 161-162. 28 Adolfo Tamburello, Matteo Ripa ed il Collegio dei Cinesi, in Annuario dellIstituto Universitario Orientale. Anni accademici 1967/68-1982/83, Napoli 1987, pp. 85-109 (p. 90). 29 Walter Fuchs, Der Jesuiten-Atlas, cit., pp. 25 s., 40.

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ritori risultano del tutto superflui, in quanto privi di mappazioni e caratterizzati solo dalla presenza di coordinate geografiche, questi essendo pi o meno conteggiabili rendono incerta la quantificazione delle matrici effettivamente usate, fatto da cui potrebbe derivare la discrepanza tra i dati di Ripa e Fuchs. Fra laltro va notato che lesemplare napoletano della carta riporta in basso a destra una scritta che recita: Yujin DaQing yitong quantu (Carta geografica completa [del territorio sottoposto allautorit] dei Grandi Qing, fatta per ordine imperiale), sotto la quale sono elencati i nomi di vari distretti e fornite informazioni di tipo geografico30. Si tratta di dati palesemente aggiunti in un secondo tempo, riportati su fogli ovviamente anchessi stampati usando rami, e tali rami, essendo anchessi pi o meno conteggiabili assieme agli altri, complicano ulteriormente la situazione, rendendo del tutto soggettiva ed aleatoria la quantificazione delle matrici utilizzate. Dal momento poi che uno degli esemplari della carta, quello di Vienna, costituito da quaranta fogli isolati e non uniti tra loro, pare saggio non insistere ulteriormente su tale aspetto, e limitarsi a rilevare che in media (in percentuale dell86%) ogni rame, probabilmente doveva misurare circa cm. 67 x 40,6031. Matteo Ripa non era certo un cartografo, e del lavoro di preparazione del grande atlante conosceva solo quelle poche notizie di cui era venuto a conoscenza quando era arrivato in Cina, e da quanto possibile dedurre dalle brevi note riportate nel secondo volume del suo Giornale, se ne doveva essere interessato molto poco, tanto da non sapere neppure con esattezza quando fossero iniziati i lavori di rilevazione dei dati, n quanto tempo fossero durati. Quando su invito imperiale fu costretto ad occuparsene, si dovette basare su materiale non solo a lui poco noto, ma che non era personalmente in grado n di verificare n di controllare scientificamente: fatto di per se stesso relativamente importante, se gli fosse stato richiesto solo un lavoro di tipo manuale ed artigianale, una mera e meccanica trasposizione di dati, che da manoscritti dovessero essere semplicemente riprodotti a stampa. In realt si trattava di un lavoro assai pi complesso e complicato, per il quale aveva bisogno di unquipe di collaboratori sia per la parte scritta in caratteri cinesi sia per la parte scritta in alfabeto mancese32.

Luciano Petech, Una carta cinese del secolo XVIII, in Istituto Universitario Orientale, Annali, n. s., V (1953), pp. 185-187 (p. 187). Lo studioso considera a parte i riquadri contenenti la scritta cinese, tanto che attribuisce proprio ad essi la discrepanza tra i dati di Ripa e Fuchs nel conteggio dei rami usati per calcografare la carta. 31 Da riscontri effettuati sullesemplare della Biblioteca Universitaria di Bologna, ogni foglio da parallelo a parallelo risulta misurare cm. 39, tenendo conto anche della numerazione dei meridiani, calcografata sotto il parallelo inferiore, i centimetri diventano 39,30. Nel complesso - sopra e sotto - i bordi dei fogli, privi di stampa, misurano cm. 3,40, probabilmente quindi le dimensioni standard di un rame dovevano essere allincirca di cm. 67 x cm. 40,60. 32 Nel suo diario scritto in Cina, sotto la data del 22 maggio 1714, egli scrive che, oltre ai collaboratori che gi aveva, al momento di accettare linvito di Kangxi ad incidere su rama la carta dellImpero di Cina, gli furono dati altri due collaboratori: ACGOFM, MH, 15-2, p. 348; in sintesi i dati sono confermati in Matteo Ripa, Giornale, vol. II, cit., p. 136.
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Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinese commissionata da Kangxi

Le rilevazioni dei gesuiti erano di tipo tematico: i religiosi, dopo il mese di gennaio 1717, avevano cominciato a disegnare mappe per cos dire a soggetto (15 per le singole province cinesi, ancora ripartite secondo la suddivisione depoca Ming , e le restanti per le vaste zone tartare, alcune delle quali da poco annesse allimpero dei Qing )33. Ovviamente questo tipo di mappazione, pur utilissima per la lettura di territori circoscritti, meno utile per la visione complessiva di una nazione, e faticosissima poi per quella di un impero, del quale attraverso una rappresentazione cos frammentata ben difficile cogliere lestensione completa. La carta di Ripa rispetto allatlante dei gesuiti si presenta, invece, quale mappazione ad andamento continuo (baitu ), fatto che implica che gli fu affidata lesecuzione di unopera con caratteristiche molto diverse da quelle che avrebbe presentato latlante del 1721, che sarebbe stato costituito da mappe, come gi detto, disegnate con la scala di 1:2.000.000 (quella usata dai religiosi nel 1717 era stata di 1:1.000.000). La carta di Ripa si differenzia, dunque, da quelle monotematiche dei gesuiti anche per la diversa scala adottata (di 1:1.400.000): chiaro indizio di come il lavoro da lui effettuato non dipendesse solo dalla sua abilit nellincidere col bulino. Il missionario ebolitano, cimentandosi quasi nella ricomposizione di un grande puzzle, dovette, quindi, riunire i dati forniti dalle numerose mappe dei gesuiti: lavoro relativamente semplice per il territorio cinese vero e proprio, ma non sempre di facile esecuzione per alcune zone non cinesi, i cui dati, forniti in mappe differenti, a volte si sovrapponevano e non coincidevano, lasciando adito a dubbi ed incertezze. Per riprodurre alcune localit tartare quindi fu inevitabile per Ripa operare scelte, che vista la sua conoscenza della lingua mancese orecchiata dai suoi collaboratori che conoscevano quella lingua poco verosimile fosse in grado di effettuare da solo, senza ricorrere alla consulenza di quelli. I numerosi particolari oroidrografici della carta, differenti rispetto a quelli delle mappe pi tarde del 1721 probabilmente ancora in fase di ridifinizione quando operava Ripa attestano inequivocabilmente che i dati presi come riferimento furono proprio quelli del 1718, come daltronde da lui stesso affermato. In alcune mappazioni (riguardanti le aree grosso modo comprese tra i paralleli 39-27 N ed estese in longitudine tra 23-12 W), infatti, ne furono usati alcuni che escludendo luso delle 28 mappe del 1717 (chiari sono i riferimenti alle carte disegnate dai gesuiti sulla base delle inforLe province cinesi dal 1676 in realt erano diventate 18 (Shaanxi > Shaanxi e Gansu , Huguang > Hunan e Hubei , Nan Zhili /Jiangnan > Jiangsu e Anhui ), e Mukden (Shengjing ), considerata provincia e non citt, come lattuale Shenyang , corrispondeva al Liaoning . Da notare che sotto i Ming lo Shandong comprendeva anche il Liaodong (Theodore N. Foss, A Western Interpretation , cit., p. 242 n. 20 e p. 244 n. 40). Dopo il trattato di Nerinsk, stipulato con la Russia nel 1689, gli interessi cinesi per i territori attraversati dallAmur (Heilongjiang in cinese Fiume del drago nero/Sahaliyan ula in mancese) erano indubbiamente aumentati, tanto che nei territori in questione erano state stabilite postazioni strategiche.
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Giacomo Di Fiore Michele Fatica

mazioni avute dai lama tibetani tra gli anni 1714/15-17)34 e non presentando i miglioramenti propri delle carte stampate nellatlante del 1721 (alcuni dettagli geografici modificati della Cina centrale, la revisione dei nomi tibetani) inevitabile concludere fossero attinti dal sacerdote ebolitano dalle 32 mappe manoscritte, completate alla met del 1718. Ulteriore conferma di questa congettura la forma da lui proposta per il Tengri-nor, ben pi accentuata di quanto sarebbe stata nella carta n. 13 dei gesuiti35, la rappresentazione a forma di lago di quello che nella carta n. 14 sarebbe comparso come il corso sinuoso di due fiumiciattoli posti luno di fronte allaltro36; le catene montuose e limprobabile corso del Gange, ai confini del Ladakh con il Kashmir, pi squadrato di quanto sarebbe stato raffigurato nella carta n. 1537. Che sulla conformazione territoriale della Tartaria mongola ancora non si fosse ben sicuri emerge poi chiaramente nella riproduzione del Tarim, che risulta parzialmente omesso nel suo corso medio (tra 40-39 N di latitudine, e 32-3130 W di longitudine), mentre invece sarebbe stato riportato nella sua interezza nella carta n. 11 del 1721 (forse un errore di incisione da parte di Matteo Ripa? In effetti la sua mappazione si arresta con il primo rame ed il secondo risulta completamente privo di notazioni cartografiche). Tra 17-1130 W di longitudine, tra 40- 39 N di latitudine poco al di sopra della Gran Muraglia, ai confini con lattuale Mongolia Interna (Nei Menggu ) invece sono riprodotti i laghi Gaxun-nor (/Sara Omo/Juyan) e Sogo-nor (/Hara Omo), chiaramente disegnati non sulla base
34 Le mappazioni di Ripa, che riportano le zone comprese tra 40-25 di latitudine, si rifanno alle carte nn. 9, 12, 13, 14, 15, appartenenti alla serie manoscritta in 32 esemplari (che sarebbe stata riproposta nel 1721 con alcune correzioni topografiche e toponomastiche), carte che corressero ed integrarono i dati di quelle eseguite nel 1711 (nn. 16, 17, 18: 16>9, 17-18>12 con laggiunta dei nn. 13, 14, 15). Le cinque nuove carte, che riproducono complessivamente la conformazione del territorio tibetano e di aree adiacenti, abbracciano la latitudine compresa tra 40-26 N, e la longitudine compresa tra 44-11 W ovviamente calcolata questultima sul meridiano di Pechino . Come possibile arguire da questi dati, dal momento che in realt Pechino situata a 116 25 di longitudine e quasi 40 di latitudine, sia latitudini che longitudini sono sfasate di alcuni gradi (circa 2 calcolati in pi di longitudine e 2 in meno di latitudine, anche se ovviamente si tratta di sfasature non sempre costanti e regolari). Mentre in una fase iniziale Ripa probabilmente si era rifatto alla prima stesura in 28 carte (v. Walter Fuchs, Der Jesuiten-Atlas , cit., pp. 14-18), in seguito senza dubbio si rifece a quella del 1718. 35 Il lago situato circa a 3130-3240 N di latitudine, tra 28-25 30 W di longitudine, nella carta dei gesuiti n. 13 (LazangTibet) invece risulta meno esteso. 36 Nella carta n. 14 (Yalu Zangbujiang / Brahmaputra-corso superiore), in cui c lo sfasamento di circa 2 in latitudine (calcolati in difetto), nella parte superiore, situato al 31 parallelo a circa 31 di longitudine, nel Tibet centro-settentrionale in una zona caratterizzata dalla presenza di laghi, in una miriade di piccoli affluenti del Brahmaputra si trovano disegnati due piccoli corsi dacqua. Questi sono stranamente rapportati tra loro, in maniera tale da suggerire la forma di un lago, tanto che sbagliata ne sembra la riproduzione che appare nella carta dei Gesuiti e non quella di fatto erronea - contenuta nella Carta di Ripa. 37 La carta n. 15 (Gandis alin/monti Kailas), sfasata di circa 2 di longitudine e 130 in latitudine, riporta una mappazione del tutto immaginaria.

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

dei dati della mappa n. 19 (che riporta, in maniera abbastanza precisa, questa zona limitrofa al deserto del Gobi, una sorta di altipiano, la cui modesta altezza 800 metri o poco pi curiosamente rappresentata da increspature che ricordano ali spiegate di uccelli in volo)38, ma sulla base dei dati riguardanti i confini settentrionali del Gansu riprodotti nella carta n. 24 (Shaanxi [-Gansu]), in cui il territorio risulta per in quel punto completamente appiattito, probabilmente poich sommariamente mappato, in quanto non appartenente allo Shaanxi. Un paio di gradi pi a est di longitudine, tra 3938 di latitudine, tuttavia le suggestive increspature dei gesuiti, raffigurate questa volta sempre nella carta n. 24, si trovano nella mappazione di Ripa rese con i simboli iconici di solito usati per indicare alte cime di montagne. Una tale scelta di dati, anche se non sempre definibile felice, senza dubbio presuppone che a fianco di Ripa ci fosse qualcuno a cui tali zone erano abbastanza note: forse di Fridelli che vi si era recato, prima nel 1711 con Bonjour e Jartoux, e poi nel 1716 da solo. Gli elementi iconici, rintracciabili nella mappazione di Ripa, rappresentano senza dubbio unaltra specificit della sua carta, in quanto risultano utilizzati per indicare particolarit topografiche di varia natura (piccoli quadrati di dimensioni diverse per sottolineare i tre diversi gradi di importanza delle citt, derivati dalla tradizione cinese ed occidentale di Cina, piccoli templi per indicare luoghi di culto, silhouettes di alberi per rappresentare zone particolarmente boscose, etc.)39, mentre nellatlante dei gesuiti gli unici elementi iconici presenti sono quelli strettamente relazionabili ad aspetti geografici ed ambientali (quali ad es. le gi citate increspature, simili ad ali di uccelli in volo, per indicare altipiani). Il compito di Ripa dovette essere quindi tuttaltro che facile, ed a renderlo ulteriormente difficoltoso fu di sicuro il fatto che gli fu anche richiesto di fornire una toponomastica bilingue, differenziata secondo le zone: per quelle tartare effettuata mediante grafia e lettura mancese (con leccezione della Corea, in cui la trascrizione mancese ripropone una lettura cinese), e mediante grafia e lettura cinese ovviamente per le aree cinesi. Latlante dei gesuiti pervenutoci, come noto, invece scritto completamente in cinese (usato anche per le zone tartare per trascrivere toponimi mancesi, mongoli e tibetani da leggere secondo pronuncia mancese). improbabile che in precedenza nelle carte manoscritte i religiosi avessero anchessi usato questo duplice codice, ma verosimile e logico supporre che, raccogliendo i dati riguardanti la toponomastica tartara, prima di trascriverli in cinese ne avessero preso nota scrivendoli in mancese. Per risiedere in Cina sotto i Qing era loro richiesta la conoscenza del cinese e del mancese, e quindi erano perfettamente in grado di farlo.
Questo tipo di iconicit si trova nelle carte dei gesuiti, usata appunto per indicare altipiani: v. ad es. le carte nn. 7, 8 per alcune localit dellattuale Nei Menggu e Xinjiang Uygur, quali lOrdos e lo Shamo (il deserto sabbioso [del Gobi]). 39 Alcuni di questi simboli erano stati gi usati dai missionari che avevano riprodotto carte della Cina (nel Novus Atlas Sinensis di Martini del 1655 fra laltro risultano essere pi numerosi di quelli della carta di Ripa), e sarebbero stati utilizzati anche nella Description di Jean-Baptiste du Halde.
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Andreina Albanese

Ripa, che molto probabilmente del mancese aveva una conoscenza molto approssimativa, ebbe senza dubbio la possibilit di accedere a tali dati, e/o di usufruire della consulenza di qualcuno a cui fossero ben noti. Indubbiamente per in alcuni casi la mappazione del Ripa ne fornisce una versione assai singolare, che presuppone un uso estremamente diversificato e selettivo del materiale a disposizione. Ad es. per il territorio di Hami (attuale regione autonoma Xinjiang Uygur), che venne riprodotto tramite dati rintracciabili anche in tre carte del 1721 (la n. 19 per la parte settentrionale, le nn. 10 e 11 rispettivmente per la zona meridionale e per la parte occidentale)40, per quanto riguarda le zone ricollegabili alle carte nn. 19 e 10 i toponimi mancesi in Ripa risultano essere pi numerosi di quelli che figurano scritti in cinese sulle carte in questione. evidente, quindi, che la rielaborazione dei dati cui Ripa fu costretto, non si limit solo in unoperazione diretta a far combaciare gli uni con gli altri, ma anche in una lettura ragionata del materiale messogli a disposizione. Proponendo una toponomastica diversa da quella che sarebbe stata stampata sullatlante del 1721, verosimile che egli si rifacesse a quella usata nelle carte manoscritte del 1718, anche se non dato sapere in quale misura. Tutte le caratteristiche sopra elencate, proprie della carta calcografata dal missionario ebolitano (alcune delle quali sicuramente impostegli, ed altre forse da lui scelte), indicano inequivocabilmente che lopera, la cui esecuzione gli era stata affidata, era sotto molti aspetti diversa dallatlante che sarebbe stato xilografato dai Gesuiti. Ripa sorprendentemente a tale atlante non avrebbe mai fatto cenno, perch dalle scarse notizie che egli fornisce sul suo lavoro si potrebbe congetturare che esso sia di molto precedente alla versione xilografata dei missionari della Compagnia di Ges e che addirittura procedesse a tappe, mano a mano che le mappe delle varie regioni pervenivano a Pechino41.

La carta n.19 (Hami), compilata sui dati raccolti nellestate 1711 dai padri Jartoux e Fridelli, a cui si era aggiunto lagostiniano Guillaume Bonjour-Fabre, rappresenta il territorio grosso modo compreso (secondo le coordinate dei gesuiti) in longitudine tra 49-39 N ed in latitudine tra 31-12 W. Pur poco precisa per il meridione e per la parte occidentale, ed utilizzata solo per la zona compresa tra i paralleli 4930- 44 N ed i meridiani 25-12 W (zona che in Ripa presenta una nomenclatura pi cospicua), questa carta sarebbe stata stampata nel 1721. Le carte nn. 10, 11 (che portarono a 32 il numero complessivo delle carte del 1721, in merito alle altre di questa serie vedi sopra n. 32), compilate sulla base dei dati raccolti da Fridelli nel 1716, rappresentano rispettivamente i territori di Hami-Gas (ovvero di Hami e dei tartari Gas, compreso tra 47-3730 W in longitudine e 27-13 N in latitudine) e di Zewang RabTan (Zungaria e Kashgar, comprese tra 47-3730 W in longitudine e 3930-2430 N in latitudine). Per queste due carte (che insieme forniscono una visione unitaria e priva di sovrapposizioni) le coordinate date vanno riferite ai valori massimi riguardanti le zone di pi ampia estensione dei territori in questione. Le coordinate da me fornite ovviamente sono date in maniera approssimativa e non scientificamente controllata. In merito v. anche Walter Fuchs, Der Jesuiten-Atlas , cit., p. 16. 41 La congettura sembra avvalorata da quanto il Ripa scrive sotto del 20 ottobre 1716: nellintagliare la carta geografica, gi er[a] gionto alla gran muraglia, che divide la Cina dalla Tartaria: Matteo Ripa, Giornale, vol. II, cit., p. 223.
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Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinese commissionata da Kangxi

IV. Gli esemplari della carta generale dellImpero di Cina di Matteo Ripa conservate nelle biblioteche europee Fino a pochissimi anni fa si reputava che ne esistessero solo due: uno, conservato a Napoli, non rifinito con aggiunte manuali e ridotto nelle dimensioni (cm. 317 di larghezza x 295 di altezza)42 ed uno, attualmente custodito nella Map Room della British Library, che fu donato nel settembre 1724 a Giorgio I, re dInghilterra, quando labate fece tappa a Londra durante il viaggio di ritorno in Europa43. Niente lasciava supporre che ne esistessero altri, dal momento che nelle sue memorie Ripa non ne aveva mai fatto cenno. Di fatto per esistevano, e solo di recente sono stati individuati: uno nella Biblioteca Universitaria di Bologna, uno in quella che una volta era la Biblioteca Imperiale di Vienna, ed uno, incompleto, nellInstitut Vostokovedenija di San Pietroburgo44. Da quanto scritto di proprio pugno dallo stesso Ripa in alcune pagine del gi citato fascicolo, che accompagna lesemplare bolognese, della loro esistenza il sacerdote ebolitano per era ben consapevole:
tent egli lImpresa, e doppo varj esperimenti fatti prima collacqua forte, e poi col bolino, le riusc finalmente di intagliarla col Bolino, ed indi impressa al modo Europeo presentarla allImperadore, ritenendo per se pochissimi Esemplari, dei quali uno il presente 45.

Ripa quindi non poteva certo ignorare che quattro, dei sei esemplari attualmente noti ivi compreso quello conservato nella biblioteca della Societ Geografica Italiana46 erano stati sottoposti a rielaborazioni ed a volte ad abbellimenti manuali, pi o meno ben eseguiti (coloriture varie, trascrizioni in italiano di toponimi, scritte di diversa natura per indicare confini, nomi di territori e di popolazioni, scarne spiegazioni riguardanti alcune localit). Allora perch non parlarne, ed accennare solo en passant a quello londinese? Personalmente ritengo che la reticenza di Ripa in merito alla sua impresa sia spiegabile non solo con la finalit prevalentamente didascalica ed edificante assegnata al suo Giornale, ma anche con la complessit del suo lavoro.
Luciano Petech, Una carta cinese , cit., p. 185. Nella carta napoletana, oltre alla Cina, sono riprodotti il Tibet orientale, il Qinghai, la Mongolia, la Manciuria e la Corea. 43 Matteo Ripa, Storia della fondazione della Congregazione e del Collegio de Cinesi sotto il titolo della Sagra Famiglia , cit., t. II, p. 188 (si cita da questo testo, nonostante lavvertenza inziale, perch il Giornale, t. V, che contiene la notizia ancora inedito). 44 In merito a questo esemplare, identificato in epoca molto recente, v. Giovanni Stary, Nota sul ritrovamento a San Pietroburgo di un Atlante di Matteo Ripa, in Scritture di storia (Quaderni diretti da Luigi Cortesi e Michele Fatica), n. 2, Napoli, maggio 2001 pp. 123-126. Lesemplare in questione, costituito da quattro rotoli, anche se per ora solo sommariamente studiato, sembra essere strettamente collegabile a quello di Vienna. 45 V. la prima pagina non numerata dellAvvertimento, cit., di mano di Ripa, annesso allesemplare di Bologna. 46 Li Xiacong , A Descriptive Catalogue of pre-1900 Chinese Maps Seen in Europe , Beijing 1996, pp. 160-163.
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Quando la carta geografica fu affidata alla sua esecuzione, ebbe inizio unimpresa, che nacque di sicuro sotto una cattiva stella. Il missionario ebolitano lavor splendidamente: il suo fu sicuramente un lavoro difficoltoso e lungo (fra laltro secondo Fuchs la versione da noi conosciuta della carta sarebbe il frutto solo di un secondo tentativo da lui fatto)47, ma alcuni dati che stava utilizzando, in particolare quelli di alcune zone tartare (quali ad es. Tibet, Mongolia, Xinjiang), sarebbero stati ben presto aggiornati dai gesuiti sulla base di informazioni pi precise, acquisite nel frattempo. Nella versione xilografata dellatlante del 1721 ad esempio sarebbe stata riprodotta una nomenclatura dellarea tibetana completamente revisionata, con varianti anche riguardanti la topografia dellarea in questione. Gli stessi religiosi in seguito, ben consapevoli che anche latlante del 1721 era tuttaltro che perfetto, nellinviarne riduzioni in Europa avrebbero suggerito che le mappe, che du Halde voleva inserire nella Description, fossero ulteriormente migliorate tramite informazioni tratte da fonti di varia natura (tra cui le memorie dei padri Verbiest e Gerbillon, le osservazioni di padre Rgis, le relazioni del capitano Bering). Nel 1725 Fridelli e Rgis che sin dalle prime fasi avevano preso parte ai lavori preparatori dellatlante, e che anche dopo la morte di Kangxi avrebbero continuato ad occuparsi di cartografia basandosi su resoconti orali forniti da viaggiatori, avrebbero fatto una mappazione pi esatta e pi particolareggiata delle regioni che si estendevano tra lo Shaanxi e il Mar Caspio, e Rgis, da solo, lanno seguente, forse rifacendosi a fonti mancesi, avrebbe effettuato unulteriore mappazione del Tibet, molto pi accurata rispetto a quella del 172148. verosimile che Ripa, quando ancora si trovava in Cina, forse avesse loccasione di vedere latlante, e che fosse pi o meno consapevole che i gesuiti non ne erano del tutto soddisfatti. Di ritorno in Europa probabilmente ritenne per di non doversene eccessivamente preoccupare: la carta, da lui calcografata facendo riferimento ai dati del 1718 (che di sicuro sapeva per alcune zone tartare inevitabilmente essere ancor meno soddisfacenti di quelli pi tardi), nel complesso poteva essere ritenuta accettabile. Non solo non era molto diversa da quella dellatlante, ma questultimo, che si trovava in Cina, di sicuro non era facilmente visionabile dai quei dotti Europei, sempre avidi di notizie su quel lontano paese. Forte probabilmente di questo convincimento non poteva certo prevedere che nellarco di pochi anni i religiosi sarebbero riusciti a migliorare notevolmente i dati in loro possesso ed a comunicarli a du Halde ancor prima di porre piede sul Vecchio Continente, aveva cominciato forse a curare larrangia-

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Walter Fuchs, Der Jesuiten-Atlas , cit., pp. 14-18, 60. V. Jean-Baptiste du Halde, Description , cit., t. IV. In merito a queste mappe si trovano alcune informazioni nelle lettere inviate da Gaubil in Europa: Rene Simon (ed.), Antoine Gaubil, Correspondance, cit., pp. 302 s., 668). Anche una memoria di De Mailla, arrivata a Parigi nel 1726, sarebbe stata abbondantemente ripresa da du Halde, che nel complesso avrebbe citato ben 27 gesuiti, tra gli autori delle opere da lui consultate (v. Shannon McCune, Jean-Baptiste Rgis , cit., p. 246; Theodore N. Foss, A Jesuit Encyclopedia , cit., p. 63).

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Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinese commissionata da Kangxi

mento e lelaborazione manuale dei pochi esemplari che aveva tenuto per s: con scritte ed abbellimenti di vario genere probabilmente pensava di riuscire in qualche modo a compensarne carenze ed imprecisioni. Per far pratica per non rischiare di rovinarne altri migliori aveva scelto un esemplare costituito da fogli non perfetti: non uniformi nel colore (alcuni chiari, altri molto scuri), ed in parte maldestramente stampati, tanto da risultare in alcuni punti del tutto illegibili. Aveva cercato di unirli (spesso in maniera non perfetta), e li aveva incollati su un supporto di tela, in modo da fornirne una lettura razionale. Alla fine aveva ottenuto una carta tripartita, la cui suddivisione, effettuata non in maniera ottimale, ne avrebbe reso di fatto la consultazione tuttaltro che agevole, ma che se pur in forma di trittico disarmonico avrebbe offerto una visione relativamente organica di alcuni settori del territorio dellImpero49. verosimile che si trattasse di una sorta di prova, di un primo arrangiamento, approssimativo e sommario, che corredato manualmente con scritte esplicative (per lo pi rosse e non infrequentemente scarsamente interpretabili) e con coloriture, la cui gamma abbraccia pi che altro varie tonalit di rosso e giallo con raro uso di altri colori (quali verde e rosa) era tuttaltro che perfetto. A volte fra laltro i nomi delle province risultano non segnati, alcuni toponimi scritti e poi cancellati, e nei punti di giuntura spesso ben visibile che i paralleli sono stati tracciati sopra a matita. Malgrado il risultato tuttaltro che esaltante, stranamente questo fu lunico esemplare citato nel Giornale di Ripa, se pur di sfuggita, lunico la cui esistenza fosse nota sin da quando egli, di ritorno dal Celeste Impero, nel settembre 1724 ne fece dono al re dInghilterra. A parere di chi scrive Ripa quellesemplare cos deludente, quella sorta di prova preliminare, aveva intenzione di tenerlo per s, ed avrebbe fatto volentieri a meno di donarlo al re, se le circostanze in qualche modo non ve lo avessero costretto. Altrettanto volentieri presumibilmente avrebbe fatto a meno di parlarne, ma per forza di cose non pot esimersi dal farlo50.
In tre ripartizioni sono riportate sezioni con mappazioni che comprendono 55-20 N di longitudine. Due sezioni a ductus orizzontale (catalogate China CXVI 15 e CXVI 15b) riportano i territori di Mongolia, Cina + isola di Hainan , Manciuria, Corea, Sakhalin; laltra (CXVI 15a), a ductus verticale (grosso modo nella forma non omogenea avvicinabile ad una piramide rovesciata ed inclinata verso destra), riguarda pi che altro la cos detta Tartaria occidentale. Questa sezione, con la mappatura pi ricca di dati, compresa tra 35-25 N di latitudine, riporta il Tibet occidentale con i territori confinanti, e quello centrale. 50 Quando Ripa torn in Europa verosimile che lesemplare, attualmente conservato a Londra, fosse lunico che avesse gi subito adattamenti. lo stesso abate che indirettamente ce ne fornisce la prova, quando racconta come per trarsi dimpaccio lo affidasse, qualificandolo quale dono per il re, ai severi doganieri inglesi che, dopo aver compiuto una minuziosa ispezione dei suoi bagagli, lo stavano confiscando, dal momento che il possesso di carte geografiche era interdetto: Matteo Ripa, Storia della Fondazione , cit., t. II, p. 188. Se gli altri esemplari, che labate presumibile avesse con s, durante la perquisizione non corsero un rischio analogo, lunica spiegazione ragionevole che essendo probabilmente ancora in forma di fogli scollegati tra di loro e non sottoposti a rielaborazioni non si cap che anche essi erano mappazioni. Le circostanze cos particolari, in cui lesemplare (non di buona fattura, n per materiale cartaceo, n per arrangiamento effettuato) fu frettolosamente qualificato quale dono per il re, mi inducono inoltre a sospettare che Ripa avesse tuttaltra intenzione in merito alla sua destinazione, e che donarlo al re non fosse altro che un escamotage, escogitato al momento, per superare limbarazzante situazione in cui si era trovato.
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Andreina Albanese

Superato questo, che personalmente definerei un incidente di percorso, Ripa continu a curare lelaborazione anche di altri esemplari, di sicuro aiutato da qualche collaboratore. Chi fosse non lo sappiamo, e labate di S. Lorenzo in Arena non ne ha lasciato testimonianza. probabile che egli non fosse al corrente che i gesuiti francesi, che avevano in gran parte contribuito alla riuscita dellimpresa, a causa dei difetti e delle carenze dellatlante stavano persino rallentando la stampa in Europa delle mappe inviate a du Halde, mentre si davano da fare per migliorare i dati ritenuti inesatti, pur temendo che i Portoghesi, in continuo contrasto con loro attraverso Cardoso 51, li battessero sul tempo. La carta di Ripa, rispetto anche a quelle di pochi anni successive, sarebbe stata quindi per forza di cose lacunosa ed imprecisa per quasi tutti i territori tartari, alcuni dei quali specialmente quelli alle estreme frontiere presentano vaste zone le cui conformazioni sono quasi abbozzate, se non addirittura omesse (ad es. la mappazione della fascia territoriale compresa tra i paralleli 50-45 N, che pur iniziando al meridiano 52 W, di fatto riporta i primi dati al 38 W52 e quella compresa tra i paralleli 4540, che iniziando nominalmente a 47 W termina a 43 E, ma che effettivamente riporta dati da 40 W a 23 E). Indubbiamente le carte disegnate da dAnville per du Halde, a pochi anni di distanza (la prima edizione della Description, come gi detto, venne stampata nel 1735)53, per il Tibet e la Mongolia sarebbero risultate ben pi nutrite di nomi e particolari geografici, anche se nomi e collocazioni territoriali a volte furono proposti molto liberamente dal cartografo, il quale pur scrupoloso ed attento nellarco di sette anni compilando le carte della Description a volte vari alcune denominazioni da carta a carta54.

51 Theodore N. Foss, A Jesuit Enciclopedia , cit., p. 144. I rapporti tra i religiosi portoghesi e quelli di altre nazionalit erano sempre stati conflittuali. La missione portoghese aveva pesantemente esercitato su tutti i religiosi il cos detto padroado, in virt dei diritti che il Papato aveva riconosciuto al re del Portogallo sin dai primi decenni del sec. XVI sui territori conquistati nelle Indie, in Africa e Brasile e sulla sede episcopale da cui questi territori sarebbero dipesi, con privilegi particolari ai missionari che in quei luoghi si sarebbero recati. Solo nel novembre del 1700, nominato Padre Gerbillon vice-provinciale per i Gesuiti francesi di Cina con le funzioni di superiore generale per la missione di Francia, grazie ad uno statuto speciale questa si era potuta staccare da quella portoghese, tuttavia i rapporti non erano migliorati (v. Henri Chappoulie, Rome et les missions dIndochine au XVIIe siecle, v. I. Paris 1943, c. IV; Joseph Dehergne, Rpertoire des Jsuites , cit., p. 336). 52 Sopra al parallelo 50 il primo meridiano riportato risulta essere il 52, sotto al parallelo 45 il meridiano iniziale, per questioni di incurvatura, il 47. Poich i religiosi usarono proiezioni coniche, e nella riproduzione mantennero sempre Pechino come meridiano 0, pi lontane da questo meridiano sono le localit riprodotte e maggiore lincurvatura (a scapito ovviamente delle proporzioni). 53 Theodore N. Foss, A Jesuit Encyclopedia , cit., pp. 126-127. 54 Ibidem, p. 123-24 in merito alla meticolosit di dAnville. Circa le differenti trascrizioni usate dal cartografo in carte diverse per indicare gli stessi nomi, sono esemplari quelle adoperate per letnia mancese nota come tartari dalla pelle di pesce, che nella carta generale della Tartaria cinese (1732) del t. IV indicata come Yupi Ke tchen, e nella carta generale della Cina, Tartaria cinese e Tibet (1734) del t. I come Yupi Ke tching.

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Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinese commissionata da Kangxi

Ripa continu, molto probabilmente ancora ignaro di quanto stesse avvenendo, ad arrangiare i suoi esemplari. Quello di Vienna fu donato, assieme ad altri oggetti cinesi, allimperatore Carlo VI dAsburgo, che lo ricevette in udienza il 21 agosto 172655. Larrangiamento dellesemplare in questione, per qualche ignoto motivo (forse legato allurgenza del momento), una volta iniziato non fu portato a termine, e pertanto si presenta suddiviso in quaranta fogli isolati, solo parziamente rielaborati da Ripa. verosimile che in un secondo tempo ne fosse prevista la ricongiunzione, ma ovviamente non dato sapere in quale forma; pur nel loro parziale arrangiamento di sicuro mostrano varianti rispetto allesemplare di Londra. Le scritte manuali, che compaiono sui fogli, risultano infatti essere ormai prive dei precisi riferimenti storici precedentemente usati (ad es.: Jehol. villa imperiale dove lImperadore defunto Kanghi ognanno andava diporto)56. Probabile testimonianza di una fase pi avanzata, tendente a decontestualizzare storicamente la lettura della Carta? verosimile, dal momento che tale scritta assente anche nellesemplare di Bologna, che tipologicamente avvicinabile a quello di Vienna quasi sicuramente rappresenta una tappa ancor pi avanzata nelliter rielaborativo. I quattro rotoli di San Pietroburgo, che sembrano mostrare precise rispondenze con lesemplare di Vienna (relative ad aggiunte manuali, trascrizioni e note esplicative), in mancanza di riscontri pi precisi, si pu solo ipotizzare siano in qualche modo assimilabili a questo, e per propriet transitiva quindi anche allesemplare bolognese. Quando Ripa mise mano allarrangiamento dellesemplare in questione, lultimo a noi noto tra quelli sottoposti a rielaborazioni, senza dubbio aveva raggiunto unesperienza tale, da essere in grado di effettuare un ottimo lavoro, ed in effetti larrangiamento fattone di altissimo livello, portato a termine con abilit ed accortezza davvero eccezionali. Secondo unindagine, effettuata in data 11 dicembre 1991 da un esperto dellIstituto della Patologia del Libro (che in precedenza si era gi occupato della carta di Napoli), risultato che i singoli fogli, stampati coi rami su carta molto leggera, probabilmente cinese, erano stati incollati senza soluzione di continuit su sette supporti di carta europea filigranata molto resistente (precedentemente gi giuntata), in maniera che si potrebbe definire quasi perfetta, dal momento che difficilissimo individuarne a prima vista i punti di giunzione. Operando in tal modo fu magistralmente ottenuta una suddivisione della carta in sette lunghi fogli alti circa cm. 43, se si includono i margini non calcogra-

55 Matteo Ripa, Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra ,cit., sotto la data del 21 agosto 1726, scrive: Alli 21 fui nuovamente a piedi dellimperadore, al quale presentai alcune bagattelluccie di Cina e Sua Maest, dopo averle considerate una per una, con gran suo piacere mi disse: io vi resto obbligato: Michele Fatica, Matteo Ripa, Carlo VI, la Compagnia di Ostenda e il progetto di fondazione a Napoli di un Collegio dei Cinesi, Napoli 1997, p. 24. 56 Tale notazione, fortemente datata, presente nellesemplare di Londra, assente negli altri esemplari, sui quali non si trovano neanche riscontri di alcuni toponimi. da sottolineare che le trascrizioni, usate per indicare le stesse localit, nei tre esemplari spesso non coincidono.

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fati ognuno dei quali riporta ovviamente una mappazione continua, ripartita per fasce territoriali comprese entro sei gradi di latitudine (nel complesso i gradi vanno da 55 a 20, con laggiunta di un piccolo riquadro per lisola di Hainan, compresa tra 20-18). I fogli sono di lunghezza variabile secondo lestensione delle zone mappate (il pi corto, il foglio n. 7, misura cm. 265, il pi lungo, il n. 5, cm. 462), e pertanto i gradi di longitudine riprodotti, conteggiati come gi pi volte sottolineato prendendo come riferimento il meridiano 0 posto a Pechino, variano nel numero in ognuno di essi57. Su queste mappazioni continue a ductus orizzontale, per sottolineare i confini delle province cinesi e delle coste, con estrema maestria in molteplici tonalit furono effettuate colorazioni a tempera suggestivamente sfumate (ancor oggi di estrema brillantezza), in inchiostro rosso tracciate scritte in corsivo minuscolo tuttora ben leggibili, che poste vicino alle localit pi importanti ne forniscono una trascrizione secondo una lettura italiana (non omogenea, secondo la prassi dellepoca), ed in grandi caratteri maiuscoli in inchiostro nero quelle che attualmente circondate da aloni scuri dovuti allossidazione forniscono i nomi delle province e notizie di varia natura. Ripa di proprio pugno in elegante corsivo appose le grandi scritte che segnalano le zone tartare. Vicino ai toponimi, in particolare a quelli scritti in mancese, a volte forn spiegazioni succinte (non infrequentemente per superflue e pleonastiche). A fianco di localit importanti le notizie date, se pur molto sintetiche, spaziano in vari ambiti (storico, geografico ed anche economico) ma, in moltissimi casi, quando riguardano le zone non cinesi a causa anche di sviste e fraintendimenti del Ripa risultano del tutto inattendibili. Per la zona di confine del Tibet estremo occidentale (Ladakh) con il Kashmir, tanto per fare un esempio, nel foglio n. 5 segnalato un regno fantasma (confini del regno detto Lompapit), collocato pi o meno a 46-45 N di latitudine e 32-30 W longitudine, di cui nellatlante del 1721 non vi sarebbe stato alcun riscontro: fatto che evidenzia inequivocabilmente la scarsa

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I dati dei fogli sono i seguenti: foglio n. 1 (cm. 267) da 19 W a 30 E, con i territori attraversati dai fiumi Amur e Selenga, lisola di Sakhalin e parti di Mongolia Esterna; foglio n. 2 (cm. 400) da 38 W a 25 E con Russia, Manciuria, Jehol, Mongolia Esterna, Zungaria, Kashgar; foglio n. 3 (cm. 393) da 40 W-23 E con Corea, Manciuria, Jehol, Mongolia Interna, Zungaria, Kashgar e le province cinesi di Zhili e Shanxi; foglio n. 4 (cm. 408) da 38 W a 14 E con Tibet, Qinghai, Corea e le province di Zhili, Shandong, Shanxi, Shaanxi (odierne Shaanxi e Gansu) e Henan; foglio n. 5 (cm. 462) da 51 W a 19 E, con Tibet, Corea e le province di Shaanxi, Henan, Jiangnan (/Nan Zhili = Jiangsu e Anhui), Zhejiang, Sichuan; foglio n. 6 (cm. 376) da 45 W a 5 E, con Tibet e le province di Jiangnan, Zhejiang, Jiangxi, Huguang (= Hubei e Hunan), Fujian, Guangdong, Guangxi, Guizhou, Sichuan e Yunnan; foglio n. 7 (cm. 265) da 28 W a 7 E, con le province di Fujian, Guangdong, Guangxi e Yunnan. Come rilevava Richthofen (cit. in Henri Bernard, Les Etapes de la cartographie , cit., p. 461), a prescindere dalle province costiere, quelle dello Yangzi jiang, lo Yunnan e il Bei Zhili (= Hebei), per la Cina le latitudini risultano essere spostate tutte verso settentrione, le longitudini invece sono abbastanza esatte. Per le localit tartare, da quanto mi stato possibile valutare, secondo le zone gli errori variano da 30 a 120 in latitudine ed in longitudine. In genere pi ci si allontana dal meridiano di Pechino e pi gli errori sono evidenti (v. Louis Pfister, Notices biographiques , cit., p. 534).

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Matteo Ripa e la carta geografica dellImpero Cinese commissionata da Kangxi

dimestichezza del sacerdote ebolitano con la lingua mancese (che forse nel tempo, non avendo pi al suo fianco esperti di quella lingua, si era andata ancor pi accentuando). Ripa, interpretando e leggendo maldestramente la scritta da lui stesso calcografata (Momba Bidi aiman-i jecen = genti di confine dello Spiti), ne dette uninterpretazione del tutto improbabile58, lasciando ben intuire come in passato nel proporre una toponomastica bilingue per le zone tartare fosse stato per lui indispensabile usufruire della consulenza di qualcuno che conoscesse bene il mancese. Non possiamo certo sapere in quale periodo colui che era noto in Italia e in Europa anche come labate Ripa si dedicasse allarrangiamento dellesemplare di Bologna, che sicuramente dovette richiedere parecchio tempo. Forse per proprio mentre se ne occupava, in Europa qualcuno gi affrontava o era in procinto di affrontare un compito pi o meno analogo. DAnville, che avrebbe compilato le 42 mappe della Description di du Halde, avrebbe infatti riprodotto le 15 province cinesi tra gli anni 17281729; ed in seguito, tra gli anni 1730-1735, avrebbe fatto altrettanto per i territori di Corea, Tibet e del resto della Tartaria. Mentre Ripa non poteva far altro che cercare di migliorare manualmente i dati gi stampati da tempo sulla carta, integrandoli e fornendo su di essi sporadici commenti, il cartografo francese, accurato e pignolo59, non solo usava per alcuni territori quei dati che nel frattempo i gesuiti avevano corretti ed ampliati, ma era anche in grado per quanto era possibile, visto che si trovava in Francia di effettuarne verifiche, e se non lo convincevano, anche di modificarli. Du Halde nella monumentale Description avrebbe fornito anche ampie informazioni sugli argomenti pi disparati, mentre Ripa, potendo far ricorso solo a scarne notazioni manuali, per qualche localit era in grado solo di aggiungere brevi flash informativi, che non sempre per come si detto precedentemente erano i pi appropriati. Quando il fondatore del Collegio dei Cinesi si rese conto che lesemplare di Bologna, arrangiato cos magistralmente, sarebbe stato, o forse gi era, superato dalle nuove mappazioni di dAnville, possiamo solo ipotizzarlo. Dal momento per che nel manuale bolognese, nel far riferimento alla riprodu-

Nel foglio di Ripa, da quanto possibile arguire, in questa zona risultano segnalati, scritti in mancese, tre nomi: Momba Bidi aiman-i jecen, Momba Niondi aiman-i jecen, e Bidi hembo dagaban (in Jean-Baptiste Du Halde, correttamente, se pur parzialmente riportati, come Mompa Piti/Pitai, Mompa Niontai e Piti hempo), di cui solo gli ultimi due sarebbero stati riproposti nella carta n. 15 dei gesuiti per indicare rispettivamente le genti della valle di Kulu (Niondi = Nyung-ti, il nome tibetano per la valle di Kulu) e la catena montuosa dello Spiti (Bidi = Spiti), situata a S-E del Ladakh. Dal momento che Momba (trascrizione mancese del tibetano Mon o Mon-pa) = popolazioni di confine del versante meridionale hymalaiano, aiman = gente, jecen = zona di confine, pi che evidente che Ripa, parlando di un regno, non avesse la minima idea di quello che in realt la locuzione mancese volesse dire, e che nel fare tale identificazione probabilmente si basasse su ricordi ormai imprecisi o su vecchi appunti mal interpretati. Tutte le identificazioni toponomastiche delle localit pi o meno di confine dellarea tibetana mi sono state segnalate dal Prof. Luciano Petech, che ringrazio vivamente. 59 Theodore N. Foss, A Jesuit Encyclopedia , cit., pp. 123-27.
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zione della stele di Xian (contenuta nello stesso incartamento), viene esplicitamente citata la prima edizione del 1735 della Description in pagine che vengono subito dopo quelle in cui fornito un breve resonto della genesi della carta e date informazioni sulla sua consultazione, pi che evidente che Ripa che scriveva di suo pugno le note riguardanti sia la stele sia la carta ne conoscesse molto bene il contenuto. Non poteva quindi ignorare che nel corposo tomo IV di du Halde facevano bella mostra di s per il Tibet e per la Tartaria pi di venti mappazioni, molto pi documentate, complete ed esatte delle sue. Non poteva certo non essere consapevole che lesemplare della carta, pur sottoposto a rielaborazioni, mostrava vistose lacune ed imprecisioni, sia per quanto riguardava i dati stampati, che quelli aggiunti a mano. Per questo forse non si cur di revisionare lIndice, che scritto con poca accortezza da qualche scrivano, mostra palesi incongruenze, e riporta trascrizioni toponomastiche di cui non si ha riscontro in nessuno degli esemplari sottoposti a ritocchi manuali attualmente noti60. Per questo forse non corresse nemmeno le parole da lui stesso vergate relative ai criteri tramite i quali utilizzare lIndice in questione, che sembrano non rispecchiare del tutto larrangiamento effettuato sulla Carta bolognese, a cui saccompagna61: forse non neppure da escludere che tale Indice dovesse in realt servire a facilitare la consultazione di qualche altro esemplare, arrangiato in altra maniera, di cui attualmente non si ha riscontro. Nellarco di poco pi di dieci anni, lesemplare a cui Ripa aveva dedicato tempo e fatica era diventato improponibile: bello, ma obsoleto, arrangiato magistralmente, ma stampato con dati imprecisi e corredato manualmente con notizie sbagliate. probabile che Ripa, dopo essersene reso conto, decidesse di toglierlo dalla circolazione: certo era preferibile che non fosse visto da qualcuno che di Cina si interessasse e di Cina sapesse. In quale maniera fosse attuato tale proposito non sappiamo, ma di sicuro sappiamo che fu portato a Bologna, ove fu conservato in forma anonima per quasi tre secoli in un incartamento62, assieme ad altri documenti che riguardavano la Cina, tutti documenti che per vari

Sono erroneamente segnalate ad es. quattro zone abitate dai Miao, fornendo tra parentesi per due di esse connotate da identiche coordinate informazioni contrastanti (una detta non soggetta allImperatore di Cina e laltra invece soggetta), anche se in realt si trattava della stessa zona. Alcune trascrizioni di toponimi non coincidono con quelle degli esemplari di Vienna e di Londra (la tipologia di questultima esclude, per, qualsiasi collegamento con lIndice); va sottolineato per che luniformit delle trascrizioni non era certo un problema che labate si ponesse (come daltronde facevano quasi tutti i sinologi dellepoca), dal momento che nelle sue memorie vi sono ampie dimostrazioni di quanto poco ne tenesse conto. 61 NellAvvertimento scritto: Tutta questa gran Carta divisa in sette parti...Per ogni grado di Latitudine vi sono notate le lettere Majuscole A.B.C., e per ogni grado di Longitudine a.b.c., Nellesemplare di Bologna le sette parti in effetti sono chiamate fogli, e le longitudini sono indicate con lettere maiuscolette. 62 Lattuale Biblioteca Universitaria in origine era la Biblioteca dellIstituto delle Scienze, particolarmente curata da Benedetto XIV, prima (1731-1740) e dopo la elezione al soglio pontificio (1740-1758). verosimile che a lui sia ascrivibile laccessione di tale incartamento, purtroppo per le documentazioni relative alle accessioni avvenute in quel periodo sono incomplete.
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motivi costituivano materiale, la cui esistenza presumibile si preferisse celare pi che rendere nota63. Lunica carta che Ripa tenne presso di s a Napoli, come noto, venne ridotta nelle dimensioni e non fu sottoposta ad alcun intervento manuale. Qualsiasi abbellimento sarebbe stato inutile, e qualsiasi nota ormai il missionario ebolitano doveva averne la consapevolezza sarebbe risultata ridicolmente breve, e poco e malamente informativa, rispetto alle doviziose notizie riportate nella Description. Ripa rendendo lesemplare napoletano omogeneo nelle misure (forse anche per agevolarne la sistemazione a parete), ne elimin alcune aree: Tibet occidentale con zone adiacenti, Tibet centrale, Xinjiang. Si trattava proprio di quelle la cui rappresentazione era approssimativa e poco precisa. Fu un escamotage intelligente e funzionale o solo un caso? Indubbiamente la carta, cos ridotta, era molto meno criticabile e molto pi maneggevole, e nessuno certo avrebbe potuto trovare a che ridire per una tale sistemazione. Nelle sue memorie, pur sottolineando il compito affidatogli dallimperatore, labate lavrebbe nominata solo di sfuggita, senza mai porla in relazione con latlante dei gesuiti, a cui non avrebbe mai fatto esplicitamente cenno. Forse per un inconscio meccanismo di rimozione, o per evitare di attribuire troppa importanza al loro operato? Chi mai potr saperlo?

Oltre alla carta di Ripa, nellincartamento si trovano tre esemplari, non uguali, della Tabula Chronologica del gesuita Foucquet, ed uno schema in bianco ad essa riconducibile; quattro esemplari completi e quattro parziali del Gang-Jian jiazi tu (Tavola accordata al jiazi, basata sul Zizhi tongjian gangmu ) di Nian Xiyao (v. su questultimo Elisabtta Corsi, Perspectiva iluminadora e iluminacin de la perspectiva. La versin del arte occidental de la perspectiva de Nian Xiyao (1671-1738 en los prlogos a la Ciencia de la visin, in Estudios de Asia y frica, vol. XXXVI, 2001, pp. 375418; Andreina Albanese, La Cina secondo il figurismo di Foucquet (1665-1741) in alcuni documenti dellepoca, in Giusy Tamburello ( a c. di), Linvenzione della Cina, Lecce 2004, pp. 39-53) a cui Foucquet si era ispirato per la compilazione della Tabula, ed una riproduzione della stele di Xian, quasi sicuramente calcografata, e con molta probabilit attribuibile anchessa a Ripa (Andreina Albanese, La stele di Xian, i gesuiti e Ripa, in Maurizio Scarpari, Tiziana Lippiello (a c. di), Caro Maestro. Scritti in onore di Lionello Lanciotti per lottantesimo compleanno Venezia 2005, pp. 73-83). Le idee di Foucquet sulla Cina erano molto criticate, tanto che una volta morto nel marzo 1741, Benedetto XIV ordin che tutto quanto da lui scritto fosse tolto dalla circolazione e conservato nella Biblioteca Vaticana (v. John W. Witek, Controversial Ideas in China and in Europe: a Biography of Jean-Franois Foucquet S.J. (1665-1741), Rome 1982, p. 326); altrettanto foriera di problemi poteva essere una riproduzione della stele di Xian, in quanto attestava lesistenza di un monumento, la cui pretesa falsificazione attribuita ai gesuiti era da tempo una sorta di baluardo per i loro denigratori (v. Paul Pelliot, Linscription nestorienne de Si-ngan-fou [ a c. di Antonino Forte], Kyoto-Paris 1996, pp. 147-166).
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Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa


GIOVANNI STARY Universit degli Studi di Venezia

Latlante inciso da Matteo Ripa evidenzia, meglio di ogni altro documento, le due anime della dinastia mancese: da un lato limpero cinese di prevalente etnia Han , dallaltro i vasti territori periferici, che con la Cina vera e propria avevano in comune solo il governo centrale mancese. Questi territori costituivano le cosiddette tulergi golo (province esterne), per la cui amministrazione fu creato il Tulergi golo be dasara jurgan (Ministero per lamministrazione delle province esterne), pi noto con il nome cinese di Lifan yuan . Luso della lingua mancese per la toponomastica di questi territori sottolinea anche che non facevano parte del territorio cinese vero e proprio, al quale erano legati solo dalla comune casa regnante. Questa sottile distinzione emerse chiaramente al momento del crollo della dinastia nel 1911, quando i feudatari khalka della Mongolia esterna reclamarono lindipendenza, asserendo di essere stati legati alla dinastia, ma non allimpero. Nella visione politica mancese limpero era infatti distinto in quattro aree culturali, che si riferivano alle vicissitudini storiche che avevano portato alla sua formazione: 1) larea cinese han , che comprendeva la Cina vera e propria, nei limiti territoriali dellimpero Ming (, 1368-1644), la cui conquista veniva giustificata sin dai tempi di Nurhaci, fondatore del casato imperiale (1559-1626), con la perdita da parte della dinastia Ming del mandato celeste, di cui si era mostrata indegna, e il suo passaggio per volont del cielo alla futura dinastia Qing . 2) Larea coreana. La Corea, sottomessa dopo la campagna del 1636/37, era vista con presupposti diversi da quelli che avevano giustificato la guerra mossa contro la Cina dei Ming. La Corea, infatti, doveva essere soggiogata, perch mai avranno fine le [sue] mire di provocare malanni (jobolon be cihalame jing nakarak ofi)1, come conseguenza della sua fedelt alla dinastia Ming, che ormai aveva perduto il mandato celeste. Al re coreano Lichong, assediato nella cittadella di Nanhan a sud di Seoul, alla fine non rimase altra via duscita che chiedere la resa e potersi sottomettere con lo stesso rango degli altri regni (geren gurun-i jergi de bahafi, dosici wajiha)2. Con questa richiesta la Corea sinseriva

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Daicing gurun-i doro neihe bodogon-i bithe [Sulla fondazione dellimpero dei Grandi Qing], Pechino 1789, cap. XXIII, p. 3a [9]. Ibidem, cap. XXIII, p. 23b [9].

Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa

allora tra le province esterne allo stesso livello dei principati mongoli, e ci probabilmente giustifica luso della scrittura mancese per la sua toponomastica. Per le sue caratteristiche particolari la posizione della Corea, tuttavia, si distinse sin dagli inizi del suo vassallaggio da quella delle altre province esterne. 3) Larea tibetana e dellarco mongolo (Tibet, Mongolia, Xinjiang ), era stata inclusa nel dominio mancese con presupposti e criteri diversi da quelli che avevano caratterizzato larea cinese e coreana. Essa si basava essenzialmente sulle lotte intermongole, in particolare sullegemonia dellimpero zungaro, sia nei confronti delle altre confederazioni mongole, sia nei confronti del Tibet, in seguito alle mire espansionistiche dei capi lt Galdan e Zewang Rabtan3. Lintervento imperiale consistette, quindi usando il linguaggio mancese nel portare la pace (elhe obumbi) alle popolazioni sofferenti che si sottomisero con gratitudine (hukehei dahanjihe), e nellacquietare e pacificare (necihiyeme toktobumbi) le regioni in questione. Le operazioni militari si conclusero con la creazione de facto del protettorato mancese sul Tibet e sulla Mongolia esterna (khalka) e con la creazione di una nuova provincia (Ice Jecen), pi nota col nome cinese di Xinjiang . 4) larea russa, che si era formata in seguito al trattato russo-mancese di Nerinsk del 1689 (stilato in latino, russo e mancese, ma non in cinese), con cui vasti territori tra il fiume Amur e la catena montuosa Stanovoj venivano assegnati allimpero mancese, di cui fecero parte fino al 1858, anno in cui furono ceduti alla Russia col trattato di Aigun. Non sorprende quindi che parte della Siberia sud-orientale (dal lago Bajkal fino allisola di Sakhalin) fosse inclusa nellatlante del Ripa4. Il mancese, lingua tungusa del ramo altaico, polisillabica e agglutinante, con la sua scrittura alfabetica derivata dal mongolo e quindi scritta in righe verticali, costituisce un mezzo molto pi preciso per rendere i nomi geografici di origine turco-mongola e tibetana, rispetto alla monosillabicit del cinese e alla sua scrittura ideografica. Pare, per, ormai accertato che il Ripa avesse una conoscenza limitatissima del mancese, sebbene ne conoscesse inevitabilmente, dato lambiente in cui svolgeva la sua opera alcune tra le locuzioni pi comuni. Si giustificano cos i numerosi casi di errata trascrizione posti accanto a toponimi di tuttaltro significato, che dimostrano la sua ignoranza della scrittura mancese e fanno ritenere probabile il ricorso a un interprete. Sintomatica a questo proposito la trascrizione di Julgei Hoton, le cui cinque occorrenze sono trascritte tutte in modo diverso: Ccjulcchei, Ciolcche, Cjulchi, Cjulghe, Cjulghei. La definizione hoton (citt) quasi sempre omessa e nei rari casi in cui Ripa la aggiunge al nome si presenta con numerose varianti: hotton, huotton, huot, hott, huott;

Arthur W. Hummel (ed.), Eminent Chinese of the Ching Period (1644-1912), Washington 1943-1944, pp. 265-268 e 757-759. D.P. Bolotin, A.P. Zabyjanko, T.A. Pan, S.E. Anichovskij, Manchzhurskij klin: Istorija, narody, religii [Il cuneo mancese: Storia, popoli, religioni], Blagoveshchensk 2005 (il lavoro traccia una recente storia di questi territori).
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Giovanni Stary

particolarmente significativo il caso di Sahaliyan ulai hoton (Citt del Fiume Nero), dove lomissione di hoton trasforma il nome in un insensato genitivo del fiume nero. La maggior parte dei toponimi mancesi accompagnata dalla loro definizione (bira = fiume, alin = monte, gaan = villaggio, ecc.), che per Ripa trascrive solo in pochissimi casi. Il suo sistema di trascrizione del mancese si avvicina molto a quello usato in quellepoca dai gesuiti, ma viene ulteriormente modificato dal Ripa in base alla pronuncia italiana p. e. gaan = cascjan, ecc. 5.

Romanizzazione attuale
Aidam Hoton Aidung Hoton Aiha Hoton Aihn Hoton Aizung Hoton Alcuk Hoton An Hai An Jeo Ba Hoton Baidi Hoton Baikal Omo Bangse Hoton Baras Hoton Barin Eitan

Romanizzazione Ripa
Aai tong Aiha Aihun Ai tsun Alcjuhu Gan hai Ngan ceu Pa huotton Paiti Peiccal om Pgse Paras Parin

Per unulteriore analisi linguistica, v. Giovanni Stary, Manchu Toponomy in the Atlas of Matteo Ripa, in Michele Fatica, Francesco DArelli (a c. di), La missione cattolica in Cina tra i secoli XVIII-XUX. Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi, (Collana M. Ripa, XVI), Napoli 1999, pp. 185-193.

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Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa

Bedune Hoton Bi Dung Hoton Bi Hoton Bidi Hoton Biloohai Hoton Bolhori Omo Boro Hoton [1] Boro Hoton [2] Buir Omo Burgatu Hoton Burim i Dakla Hoton Buru Hoton Butha Uli Hoton Cagan Hoton Cagan Subargan Hoton Cang Ceng Hoton [1] Cang Ceng Hoton [2] Cang Jeo Cehede Hoton Ceng De Cing Jeo Ciowan Jeo Ciyagar Hoton

Petun Pitung Pihuot Piti Pilohai Polhori Por hotton Poro hott Puer omo Purhattu Purim i tala Pur Hotton Putha uli Ccjahan Ccjahan suparhan Suo ceo [sic!] Ccjang ccing Ljao [sic!] Ccehete Ccingte Tsing ceu Cchjuen ceu Zziang ccar

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Giovanni Stary

Ciyan Wei Hoton Col Hoton Cuigiya Purang Hoton Cumurdi Hoton Cusur Hoton Da ui Gao Hoton Daba Tukza Hoton Dakbu i Guru Namgiya Hoton Dakbu Tongung Hoton Dakbu i Lasui Hoton Dakbu i Na Hoton Dakbu i ai Hoton Darzung Hoton Decin Hoton Di Gu El Hoton Dimu Hoton Ding Jeo Dinggiya Hoton Dongger Hoton Dozung Hoton Dui Ma Doo Dung Ging Hoton Dung Guwan Hoton

Tsjen yuei Ccjol Tsung chja ppuram [sic!] Cchumurti Ccjosur Tascjuicao Ta pa tucsah Tac pu i cur nam chjai Tac pu ttong scjan Tappu i la sui Tac po i na Tac po i scji Tattsu~g Tetsin Ticul Timu Ting ceu Tingchja Tunggar To tsung Pei ma tao [sic!] Tungchin Ttu~g quan

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Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa

Dunggarzung Hoton Eijeo Hoton Fa Deng Hoton Fang an Pu Hoton Fang Tan Hoton Fe Funghwang Ceng Hoton Fe Ningguta Hoton Fujeo Hoton Funghwang Ceng Hoton Furdan Hoton Fuen Hoton Gederg Hcin Geo El Ho Hoton Gi Jao Gin Jeo Hoton Ging Jeo Girin Ula i Hoton Giya an Hoton Giyamcan Hoton Gu Fu Guge i Wasi Lonboze Hoton Gung Jeo Gungbu Jamdan Hoton

Tungcherzu~g I cju Fateng Fang scjan ppu Fgttan Fo fu~ghuang ccing Fo ning gutt Fu Ceu Fung hugccing Furtan Foscin Che dercgu Ceul Huo Chi ceu Chin Ceu Cing ceu Chirin ul Chja scjan Chjamcjam Cu fu Chuche wasi lumboze Cung ceu Cumg pu Cjamta

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Giovanni Stary

Gungbu Jumu Hoton Gungbu i oge Hoton Gungbu i Zablangang Hoton Gungjoozung Hoton Grban Subargan Hoton Guwang Jeo [1] Guwang Jeo [2] Guwang Ning Hoton Gakbo i urdung Hoton Gao Ling Hoton Hada Hoton Hai Jeo Hai Jeo Hoton Han Ma an Handu Hoton Hara Hoton Hei an Doo Hingga Dabk Hiong Yoo Hoton Hi Ning Hoton Hng Jeo I Jeo Hoton Io Tun Wei Hoton

Cung pu cju mu Cung pu cj che Cungpu i zap la cang Queicjiaotsun Urban Suparahan Quan ceu Quan ceu Quang ning Cac Po i scjur tung Cauling Hata Hai ceu Hai Ceu Han ma scjan Han tao Hara huotton Hei scien tao Hingga Hju~g jao Huei ning Hung ceu Iceu Jeo ttg gwei

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Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa

Jang Abing Hoton Jang Giyei Hoton Jang Laze Hoton Jasigang Hoton Jeku Hoton Jen Wei Jin Jeo Jiowei Ing Doo Jirung Hoton Jiyangze Hoton Julgei Hoton [1] Julgei Hoton [2] Julgei Hoton [3] Julgei Hoton [4] Julgei Hoton [5] Jung Ceng Hoton Jung Ciyan o Hoton Jung Heo o Hoton Je Ho Jidi Hoton Jiganio Hoton Jigase Hoton Kara Hoton [1]

Cjang a ping Cjang chje Cjanglaze Cja si cang Ceccu Cingue i Tsin ceu Chju ing tao Zirum Chjangtse Ccjulcchei Ciolcche Cjulchi Cjulghe [correz. di Cjalghe, cancellato] Cjulghei Jung ccing Cjung tsjien scjo Cjg heu sci Gehol Giti Gicanien [sic!] Gicose Ccara hott

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Giovanni Stary

Kara Hoton [2] Keyen Hoton King Hing Hoton King Yuwan Fu Kuisun Tolohai Kulun Omo Ktuktu Hoton Kai Cang Fu Kai Jeo Hoton Kai Yuwan Hoton Kaldan Punsuk Ling Hoton Kardum Hoton Lan Gu Hoton Langga Omo Ledang Miyoo Ling Jeo Lioi Giya Langza Hoton Lioi Jeo Lioi un Hoton Li San Hoton Liyan an Pu Hoton Liyang Yung Hoton Liyoo Gu El

Ccara huotton Cchein Ccing hing Gjuen fu [sic!] Quei scjun tto lo hai Cculu om Ccutucttu Ccai cjang fu Cai Ceu Ccai juen Caltan ppon sucling Ccarttung Lan cu Langh Letan miao Tempio di Idoli Ling ceu Liu chjen lang tsa Liu ceu Liu scjuen Lisan Ljen scjan ppuo Ljang jung Liaocul

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Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa

Liyoo Yang Hoton Lo Jeo Lonjoo Zung Hoton Man Pu Hoton Mapam Dalai Omo Meng Ciyan Jen Hoton Mergen Hoton Mila Miyoo Modon Hoton Mom Zok Hoton Momba Moma i Aiman i Jecen

Ljaojang Luo ceu Lungceu tsung ho Manppu Mappamtala Mung tsjen ccing Merghen Mila miao Tempio di Idoli Motuon Mom zoc Confini della terra detta mongpa momai aiman ni Confini della Terra chjamata Soms(g)lang aiman Cjeccin [(g) can cellato] Confini detti mompa i cati aiman ni Cjeccin Mao scjan Muccjang Mutuen Furt Mugden Nan too fu Ni tao

Momba Zomlang ni Aiman Jecen

Momba i Gadi Aiman i Jecen Moo an Hoton Mu Cang Hoton Mudun Furdan Hoton Mukden Hoton Nan Doo Fu Ni Doo

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Giacomo Di Fiore Michele Fatica

Nibcu Hoton Ning Yuwan Jeo Hoton Ningguta Hoton Nio Juwang Hoton Niyalma Hoton Noyan Hoton Odeng Hoton Odoli Hoton Ohe Dakza Hoton Pangdu Hoton Parizung Hoton Pilentu Gaan Ping an Ing Puho Hoton Rudo Hoton Sahaliyan Ulai Hoton Sangga Congzung Hoton Sangri Hoton Sarh Hoton [1] Sarh Hoton [2] Sengge Hoton Si ui Lo Hoton Sing Jeo

Nipcju Iting juen ceu [sic!] Ningutta Njeu cjuang Nialma Nuojen Otang Otoli Oche tacs Pangtu Pparitsum Ppilentu cascian Pping scjan ing Pouhuo Rut Sahalien ulai Sanga ccjung sung Sangri Sarhu Sarhu Sengnge Si scjui lo Sin ceu

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Vita di relazione e vita quotidiana nel Collegio dei Cinesi

Sio Yan Hoton Sira Mren Susai Boo Giyamun Siye an Hoton Siyoo Gioi Lio Hoton Siyoo Nung Hoton Siyoo Pi Hoton Siyun Jen Hoton Sok Hoton Surmang Hoton a Heo o Hoton a Ho Hoton a Jeo an Jang Hi Hoton ang Namring Hoton i Ho I Hoton o Jeo owang o Pu Hoton ubando Hoton Tang San Hoton Tanggarzung Hoton Teldeni Hoton Tenggiri Omo Tiye Ling Hoton

Sjeu jen Siram morin sus po chjamen Sje scjan Sjao chju ljeu Sjaonu~c Sjaoppi Hju cin Soch Surmang Scjaheoscio Scja huo Scja Ceu Scjjhuei Scjangnamring Sci Ho I Scjue ceu Scjag scjuo ppuo Scju pan tuo Ttgsan Ttangcherzung Ttelteni Ttengher om Ttje ling

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Giovanni Stary

Tung Fu Ulan Hoton Urumci Hoton Uyuk Lingke Hoton Wargi Solho Hoton Wehe Hoton Wei Yuwan Wen Ceng Hoton Yaksa Hoton Yang Jeo Yehe Hoton [1] Yehe Hoton [2] Yenden Hoton Yengge Hoton Yerkim Aiman i Jecen Yerku Hoton Yoo Jeo Hoton Yung Da Hoton Yung Deng Yung Ning Fu Yung Ning Giyan Hoton Za Zorgang Hoton Zebrung Hoton

Ttu~g fu Ulan Urumtsi Uiuc lin cche Varghi Scjol Woho Guei juen Wenccing Jacs Jang ceu Jeho huott Jeho Inten Ingo Confini del Regno detto Jerchim Irccu Cjao Ceo Ju~g ta Jungteng Jung ning ceu fu Jung ning chjen Za Zor chen Zapirung

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Sulla toponomastica mancese dellatlante di Matteo Ripa

Due esempi
Specimen 1, dal meridiano 0 (Pechino) fino al meridiano est (dong ) 14 / paralleli 50-54, corso superiore del fiume Sahaliyan Ula (Fiume nero, in cinese Fiume del drago nero Heilongjiang , lAmur). Al centro del foglio risalta la parola Jacs, con ogni probabilit di mano dello stesso Ripa, cio la trascrizione del mancese Yaksa (hoton) = Citt di Yaksa [yaksa = insenatura di un fiume]; per i Russi questo era linsediamento fortificato di Albazin, il cui nome derivato dal capo tribale indigeno Albaza. Linsediamento fu assediato due volte dalle truppe mancesi nel 1685 e nel 1686 e fu quindi raso al suolo dopo la vittoria mancese. Risalendo il fiume si nota (tra i meridiani est 1-2) una figura con accanto la parola bei = stele: si tratta di una delle tante steli, oggi scomparse, erette per marcare la frontiera russo-mancese. Lunica testimonianza visiva giunta fino ai giorni nostri un disegno pubblicato nel 1826 da J. Klaproth6 , che reca liscrizione mancese jecen-i ba = posto di frontiera. A sinistra della stele troviamo lindicazione Amba Gerbici bira (Grande fiume Gerbici), cio il fiume Gorbica menzionato nel primo articolo del trattato di Nerinsk come punto dinizio della frontiera (...rivulus nomine Kerbici...). Unidentificazione diversa possibile in base al cosiddetto Atlante di Qianlong (Qingdai yitong ditu, ) dove tutti i toponimi sono in cinese) del 1760, dove la stessa stele viene definita eerdenge wohe trascrizione cinese del mancese eldengge wehe pietra [stele] splendente [gloriosa]7. Potrebbe quindi trattarsi di una delle steli che recavano incise il trattato di Nerinsk in tre lingue, come era previsto dal paragrafo finale del trattato: Demun et iuxta hoc idem exemplar eaedem conditiones Sinico Ruthenico et latino idiomate lapidibus incidentur, qui lapides in utriusque Imperii limitibus in perpetuum ac aeternum monumentum erigentur8.
Jules Klaproth, Mmoires relatifs lAsie, I, Paris 1826, tra le pp. 25-26. Ristampa Taipei 1966, p. 64. 8 Per la storia dei primi rapporti russo-cinesi e il trattato di Nerinsk, v. Giovanni Stary, I primi rapporti tra Russia e Cina, Napoli 1974.
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Giovanni Stary

Se invece sempre partendo da Jags si scende lungo il fiume, si nota unampia ansa definita in mancese Ulusu Mudan letteralmente ansa completa. Pi a sud, al bordo del foglio, si osserva la trascrizione Aihun (in mancese Aihn Hoton Citt di Aihn) e a sinistra Sahalien ulai in mancese Sahaliyan Ulai Hoton (Citt del Fiume Nero), le attuali citt di Blagoveensk e Heihe . Tutte le altre iscrizioni sono nomi di fiumi, le cui definizioni bira (fiume), birgan (fiume minore) o ula (grande fiume) sono aggiunte a ogni idronimo con le seguenti eccezioni: nel rettangolo delimitato dai meridiani est 13-14 e paralleli 54-53, indicato il lago (omo) Engguri omo; sul meridiano est 9 (paralleli 53-52) e nellangolo formato dal meridiano est 10 / parallelo 52 sono indicati i picchi (hada) Cahayan Hada e Doose hada; sul bordo del parallelo 50, tra i meridiani est 7-9, e nel rettangolo delimitato dai paralleli 51-52 / meridiani 5-6, sono indicati i monti (alin) Gelbur alin e Ilhri alin. Immediatamente sotto il monte Ilhri indicata la sorgente (sekiyen) del fiume Non, il fiume Nonni o Naun dei documenti occidentali (Non sekiyen).

Specimen 2: meridiani est 12-22, paralleli 45-40 che corrisponde alla zona di Vladivostok. Il foglio dominato dal lago Hingga dabk, correttamente trascritto dal Ripa con Hingga Lago, oggi diviso in due dalla frontiera russo-cinese. Il nome russo Chanka (Xanka), quello cinese Xingkai . Situata ad est del territorio dorigine della dinastia mancese, la zona risulta cartografata in modo molto dettagliato e numerose sono anche le trascrizioni dei toponimi aggiunte dal Ripa. Lintero foglio contiene circa 250 toponimi e idronimi, tra i quali notiamo lindicazione di guadi (dohon), di stazioni postali (giyamun), di fiumi (bira), di monti (alin), di picchi (hada), di acque (muke), di sorgenti (sekiyen), di fonti (eri), di villaggi (gaan), di citt (hoton), di gole (holo), di fiumi minori (birgan), di foci (angga), di catene montuose (dabagan), di foreste (weji). Di particolare interesse la posizione di Odoli hoton (nella trascrizione di Ripa: Otoli), tra il 44 e 43 parallelo, a sini-

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stra del 12 meridiano: si tratterebbe il condizionale obbligatorio della residenza dei primi antenati della casa imperiale, di cui si parla nel ben noto mito sullorigine del clan Aisin Gioro9.

Giovanni Stary, Lorigine della dinastia imperiale mancese: realt e leggenda di un mito, in Istituto Universitario Orientale, Annali, XXXI (n. s. XXI), 1971, pp. 263-275.

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EUGENIO MENEGON Department of History Boston University, USA

I. Ordine imperiale di cattura contro Cai Bo-duo-lu Il 30 aprile del 1785, luomo pi potente della terra, limperatore Qianlong della dinastia Qing (regno 1735-96), assieme ai fidati ministri del Gran Consiglio, invi un editto alle autorit provinciali dellimpero cinese. Dallautunno dellanno precedente era in corso una campagna governativa contro la Chiesa cattolica in Cina, una organizzazione clandestina proibita per decreto imperiale fin dal 1724, e, malgrado rilevanti successi nellarresto di preti stranieri e di cattolici cinesi, alcuni dei criminali ricercati dalla giustizia rimanevano latitanti. In particolare, il ricercato numero uno, Cai Boduo-lu , era ancora uccel di bosco:
* Ringrazio per il supporto finanziario ricevuto in questa ricerca lUniversit di Napoli LOrientale (UNO) e la Boston University. In particolare, sono grato al Prof. Rodolfo Fattovich e ai suoi collaboratori Dr. Andrea Manzo e Dr.ssa Cinzia Perlingieri (UNO), al Sig. Luigi Cuozzo (UNO-CISA), e al Dr. Ben DeWinter e alla Sig. Roberta Turri (Boston University, Office for International Programs), per aver facilitato la mia permanenza a Napoli nel quadro dello scambio tra LOrientale e la Boston University. Il Prof. Michele Fatica, curatore dellArchivio UNO, stato un ospite di grande gentilezza e sostegno morale e materiale, sia a Napoli che a Roma. Un ringraziamento pure al personale dellAcademia Belgica di Roma, al Prof. Nicolas Standaert e al Dr. Ad. Dudink (Katholieke Universiteit Leuven), al personale dellArchivio della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli a Roma (in particolar modo alla Dr.ssa Raffaella Tibalducci), e al p. Pedro Gil OFM, archivista della Curia Generalizia dellOrdine dei Frati Minori a Roma, per lospitalit e laiuto prezioso prestatimi. SIGLE: ACGOFM Archivio della Curia Generalizia dellOrdine dei Frati Minori, Roma, MH: Missione di Hankou. APF: Archivio della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli, o De Propaganda Fide, Roma. AUNO: Archivio dellUniversit di Napoli LOrientale. SC: Scritture riferite nei Congressi (sezione in APF). SOCP: Scritture originali della Congregazione Particolare della Cina e delle Indie Orientali (sezione in APF).

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Ricercato numero uno: la vita avventurosa tra Europa ed Asia di Pietro Zai (Cai Ruoxiang , 1739-1806), alunno del Collegio dei Cinesi Gli occidentali coinvolti in questo caso, che sono penetrati nelle provincie per propagare la loro religione, sono stati tutti arrestati dai governatori-generali e governatori, e mandati a Pechino. Sono stati processati e condannati, e il loro caso concluso. Ma il fuggitivo Cai Bo-duo-lu, il pi importante criminale, non ancora stato catturato. Questo luomo che and in Guangdong ed ebbe lidea di invitare e scortare [alcuni occidentali allinterno del paese]. Abbiamo inviato ripetutamente decreti ai governatori-generali e governatori, e ordinato che si impegnassero con zelo nella cattura di questuomo, ma sono passati pi di sei mesi, e mentre il caso chiuso, si permessa la fuga di questimportante criminale. Questo prova che la faccenda stata trattata con negligenza1.

Il decreto continuava con una non tanto velata minaccia contro i funzionari preposti nelle province di Guangdong, Fujian ed Huguang: In caso [i funzionari] pensino che questo sia un ordine darresto generico e formale a causa dei ritardi accumulatisi nel caso, la loro condotta verr giudicata come volontaria negligenza, e saranno imputati dincapacit2. In altre parole, limperatore prometteva severe punizioni qualora il fuggitivo non fosse stato celermente assicurato alla giustizia. In risposta al decreto, sembra che in Guangdong i funzionari locali abbiano posto una taglia di tremila taels dargento sulla testa di Cai, pi tardi portati a quattromila. Ma questo era solo lultimo atto di una caccia alluomo che si protraeva da mesi, e che aveva visto coinvolti i governatori di parecchie province, creato un caso diplomatico con i Portoghesi di Macao e con gli altri mercanti stranieri a Canton, e procurato grandi perdite finanziarie ai mercanti cinesi di Canton.

II. Chi era Pietro Zai (alias Cai Ruoxiang ) Ma chi era Cai Bo-duo-lu? Bo-duo-lu la fonetizzazione cinese del portoghese e spagnolo Pedro, le due lingue allora pi usate nella missione, e corrisponde al latino Petrus, allitaliano Pietro. Dunque, questo era il nome battesimale del fuggitivo, il prete cinese conosciuto nelle fonti occidentali come Pietro/Pedro/Petrus Zai (anche Chay, Zai, o Zay). Cai Ruoxiang (anche ; nome di cortesia Minggao , 1739-1806) il suo nome alla nascita aveva vissuto e studiato nel Collegio dei Cinesi di Napoli dal 1761 al 1767, e la sua vita rappresenta un interessante compendio delle opportu-

Bernward Willeke, Imperial government and Catholic missions in China during the years 1784-1785, New York 1948, pp. 133134, traduzione dal Qing Gaozong shilu, juan 1227, p. 8a. 2 Ibidem, p. 134, v. Qing Gaozong shilu, juan 1227, p. 8b:
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nit e dei rischi che leducazione nel Collegio offriva ai propri alunni. Non era il primo della sua famiglia ad intraprendere il lungo viaggio dalla nativa Cina a Napoli: suo fratello maggiore Paolo (Cai Wenan , 1720-1782), infatti, aveva completato gli studi al Collegio gi nel 1750 circa, dopo quasi undici anni nella citt partenopea3. Pietro Maria Cai Ruoxiang era nato nel giugno del 1739 nella contea di Longqi , nella provincia meridionale del Fujian , quando il cattolicesimo era gi una setta fuorilegge. Veniva da una famiglia che si era convertita da tempo, probabilmente agli inizi del periodo Qing. La contea di Longqi si trovava ai confini dellantica prefettura e attuale citt di Zhangzhou, non lontano da Xiamen (Amoy), e Zhangzhou era una antica missione dei gesuiti fin dal tardo periodo Ming (prima met del Seicento), affidata in seguito ai domenicani spagnoli e poi parte del vicariato apostolico del Fujian verso la fine del Seicento. Per certo, sappiamo che i genitori di Pietro, Giovan Battista Cai e Maria Siu (Xu?), erano cattolici. Pietro fu battezzato nel 1742 nella terra di Lintung [Lingdong ] della citt di Lunghi hien [Longqi xian , i.e. contea] dal prete cinese Mattia Fu di Xinghua (Fujian), sacerdote secolare educato dai missionari delle Missions trangres de Paris nel loro seminario in Siam4. Suo fratello Paolo Cai era stato inviato a Napoli dal vicario apostolico Pedro Sanz OP (16801747), ed assai probabile che anche Pietro vi giungesse allet di 21 anni circa per simili ordini del vicario di allora, Francisco Pallas OP5. Pietro arriv a Napoli il 19 maggio del 1761, e fece la vestizione al Collegio il 26 luglio dello stesso anno. Il 26 marzo 1762 fu confermato nella chiesa del Collegio da monsignor Niccol Borgia, allora vescovo di Cava, e dopo aver pronunciato i voti il 3 febbraio del 1765,

Anche se la differenza in et tra i due (19 anni) sembra notevole, il Libro della recezione de Collegiali e una lettera del procuratore di Propaganda Fide, Emiliano Palladini (1737-1793) conferma la parentela: v. Liber collegialum et aggregatorum. Libro della recezione de Collegiali alla prima pruova. 1717-1887, in ACGOFM, MH 23-4, f. 8r: il Collegiale Pietro Zai, fratello germano del nostro missionario Apostolico Paolo Zai; e Risposta alla memoria del Sig. Proc. della Congr. di P.F. in data 29 gen. 1771, Macao, 30 gennaio 1772, APF, SOCP, vol. 59, 1773, f. 21r, dove viene citata una lettera di Paolo Cai dallHuguang dellagosto 1771, nella quale questultimo si riprometteva distruire pratticamente suo fratello D. Pietro nel ministero Apostolico. Sul Palladini v. Francesco DArelli, Adolfo Tamburello (a c. di), La missione cattolica in Cina tra i secoli XVII e XVIII; Emiliano Palladini (1737-1793) congregato della Sacra Famiglia, procuratore della Sacra Congregazione de Propaganda Fide a Macao. Atti del Convegno: Lauria, 8-9 ottobre 1993, Napoli 1995. 4 Ringrazio il Dr. Zhang Xianqing (Istituto di Antropologia, Universit di Xiamen, Cina) per aver confermato lesistenza del villaggio di Lindong, ancor oggi popolato dal lignaggio della famiglia Cai. La comunit locale conta attualmente circa 300 cattolici. 5 Lettera del 1743 da Sanz a Paolo Cai (ricevuta a Napoli nel 1745), citata in Jos Maria Gonzlez, Misiones dominicanas en China (1700-1750), vol. 2, Madrid 1958, pp. 80-81.
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ricevette la tonsura e gli ordini minori il 21 aprile 1765 nella stessa chiesa dalle mani del Borgia, divenuto vescovo dAversa6. Venne ordinato prete nel 1767, e apprendiamo che in quello stesso anno, domenica 10 maggio, assieme a tre compagni, Pietro venne esaminato a Roma con ottimi risultati da una commissione desame presieduta dal papa in persona, Clemente XIII, e formata dal prefetto di Propaganda Cardinal Giuseppe Maria Castelli, dal segretario della Congregazione Mario Marefoschi, da alcuni esaminatori esterni, e da Gennaro Fatigati e Giuseppe Jaccarino del Collegio di Napoli. Leggiamo in una nota scritta poco dopo che D. Pietro Zai danni 28. Della Provincia Fochien [Fujian] della citt di Ciancu [Zhangzhou ] da 7 anni in Collegio, gi Missionario Apostolico esaminato, approvato, e spedito con Patente della Sac. Congr.ne di Propaganda Fide per la Cina era sul piede di partenza per la missione7. Negli anni di formazione al Collegio, oltre a ricevere educazione teologica e filosofica, Pietro dovette studiare il latino, mantenere il suo cinese, e apprendere della questione dei riti e della posizione

[Giuseppe Maria Kuo, alias Guo Dongchen ], Elenchus alumnorum, decreta et documenta, quae spectant ad Collegium Sacrae Familiae Neapolis, Chang-hai [Shanghai] 1917, pp. 2-3; e il Liber collegialum et aggregatorum , f. 8r, nota di Michele Galdo, Congregato e Segretario: Nel suddetto d, mese, ed anno [19 maggio 1761] giunse ancora il Collegiale Pietro Zai, fratello germano del nostro missionario Apostolico Paolo Zai, nato da Gio. Batta, e da Maria Siu cattolici, nel mese di giugno dellanno 1739. Fu battezzato nella terra di Lintung della citt di Lunghi hien della provincia Fuchien dal missionario Sig. D. Mattia F nellanno 1742. Non ancora stato confermato, siccome da lettera del nostro Missionario D. Pio Maggiore Lieu, ed in detto d, mese ed anno fu ammesso nel nostro Collegio con laltri Collegiali. Di pi f fede che a 26 luglio 1761 fu vestito deglabiti soliti darsi aglaltri Collegiali. Il 26 marzo 1762 il suddetto Collegiale nella nostra chiesa fu confermato dallIll.mo Mgr. Borgia Vescovo di Cava, suo Padrino D. Giacomo Letizia. Il 21 Aprile 1765 nella nostra chiesa dal detto Ill.mo Mgr. Borgia Vescovo dAversa stato ordinato di prima tonsura ed ordini minori. 7 Sul suo esame, vedi APF, SC, Registro dellesame de Missionarj, vol. III, 1757-1809, ff. 26r-v: Die dominico 10 Maij Anni 1767/ Examinati fuerunt coram SS.mo D. N.ro et E.mo ac R.mo Card.li Castelli Praefecto nec non R. P. D. Mario Marefusco Sec.rio, a RR.PP. Fran.co Dugnani, Cerboni, Fran.co a Caprarola, Leoni, et a RR. PP. Januario Fatigati et Josepho Jaccarino examinatoribus/ In.pti Alumni Collegij S.ae Familiae Neapolis pro missionibus in imperio Sinarum: D. Franciscus Zen Provinciae Xensi Annorum 28 et Coll. 13, qui se gessit optime; D. Emmanuel Ma Provinciae Cantonensis Annorum 26 et Coll.13, qui se gessit optime; D. Petrus Zai Provinciae Fochien Annorum 27 et Coll. 7, qui se gessit optime; P. Barnaba Xang, Provinciae Huguam, Annorum 26 et Coll. 7, qui se gessit optime. Sfortunatamente in APF non vi traccia del verbale completo dellesame. Ringrazio Michele Fatica per questo riferimento. Per la nota in italiano, v. Nota degli Alunni attualmente esistenti nel Collegio della Sacra Famiglia di Napoli, 1767, in APF, SC, Collegi Vari, Collegio dei Cinesi della Sagra Famiglia in Napoli, vol. 10, f. 67r. 8 Ne fa fede uno zibaldone formatosi nel tempo con note manoscritte di diversi collegiali, di Paolo Zai in particolare, dove troviamo documenti sulla questione dei riti, liste di vocaboli latini con traduzioni cinesi e note di grammatica latina : v. ACGOFM, MH, 19-2 Miscellanea, nota a fronte: 1743. Ad usum Pauli Zai Fukiensis. Il manoscritto contiene: De quaestione Rituum, (pp. 415-485); Linguistica (pp. 1-297); Praedicabilia (pp. 299-355); Historia (Matteo Ripa; pp. 467-480). Sulla formazione dei collegiali, v. Francesco DArelli, I cinesi del Collegio della Sacra Famiglia di Ges Cristo di Napoli: dal Ritus vestiendi alla partenza per le missioni di Cina, in Michele Fatica, Francesco DArelli (a c. di), La missione cattolica in Cina tra i secoli XVIII-XIX . Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi. Atti del Colloquio Internazionale di Napoli, 11-12 febbraio 1997, Napoli 1999, pp. 195-266.
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ortodossa da tenere in Cina attraverso gli scritti raccolti dal fondatore Matteo Ripa8. Tutto questo era in preparazione al suo viaggio e missione in Cina, i cui eventi sono riflessi nel buon numero di lettere di Pietro conservate negli archivi.

III. Le lettere di Pietro Cai Le lettere sono tutte scritte in latino, e coprono il periodo tra la sua partenza da Napoli nel 1767 e lultima fase della sua vita (dal 1785 al 1804), quando assunse il nuovo nome di Giovanni Maria Ly per evitare ulteriori problemi con la giustizia imperiale. Esse attendono di essere studiate in dettaglio. Nellarchivio storico dellUniversit di Napoli LOrientale, alla busta no. 15, troviamo ventisei lettere del nostro, scritte ai superiori del collegio napoletano tra il 1767 e il 1803, tre anni prima della morte. Tra le carte della Procura di Canton-Macao-Hong Kong negli archivi di Propaganda a Roma si conservano altre venticinque lettere a nome di Pietro Cai, e nove a nome di Giovanni Maria Ly, indirizzate da diversi luoghi ai procuratori della missione propagandista in Cina. Alcuni altri suoi rapporti originali si rinvengono pure nella corrispondenza ordinaria di Propaganda (per esempio nella serie delle Scritture Originali della Congregazione Particolare delle Indie Orientali e Cina). NellArchivio della Curia Generalizia dellOrdine dei Frati Minori a Roma, infine, si conservano cinque copie ottocentesche di sue lettere (codice Missioni, no. 53), e probabilmente vi sono altre sue lettere sparse in archivi ecclesiastici e governativi. Lunica lettera in lingua cinese di Pietro Cai che ho potuto rintracciare (probabilmente una copia clericale di un originale), catturata dalla polizia imperiale durante la campagna anticristiana del 1784-85, si conserva negli archivi della Citt Proibita a Pechino (Archivio Storico Numero Uno della Cina, Zhongguo diyi lishi danganguan ), ed stata pubblicata di recente9. Una lettura attenta di questo piccolo corpus fornirebbe senza dubbio dettagli sulla vita quotidiana delle missioni, e sulle difficolt finanziarie in cui si dibattevano continuamente i missionari nativi propagandisti. Qui mi limiter ad utilizzarle per ricostruire i movimenti di Pietro Cai nel corso dei suoi anni di peregrinazioni tra Europa ed Asia. La prima lettera di Pietro al superiore del Collegio risale al settembre 1767, da Madrid, dove si sta preparando al viaggio transatlantico attraverso il porto di Cadice con destinazione le Filippine. Unaltra

9 Zhongguo di yi lishi danganguan (a c. di), Qing zhong qianqi Xiyang Tianzhujiao zai Hua huodong dangan shiliao, vol. 1, Beijing 2003, p. 357, doc. 270, lettera di Pietro Cai, con istruzioni ad un destinatario sconosciuto riguardanti il viaggio da lui compiuto con alcuni missionari stranieri per incarico del procuratore di Propaganda nel 1784; v. Bernward Willeke, Imperial government , cit., p. 51. Questa collezione contiene numerosi memoriali connessi al nostro Pietro Cai.

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lettera di inizio dicembre rivela che si trova ancora a Madrid. La lettera seguente di due anni dopo, da Macao, e riferisce di spese di viaggio e di debiti incorsi durante una sosta del viaggio a Batavia, la citt coloniale olandese nellisola di Giava, corrispondente allattuale Djiakarta in Indonesia. Altre sue lettere contemporanee menzionano il passaggio da Manila, dopo un penoso viaggio di 18 mesi dalla Spagna, e larrivo a Macao nellottobre 176910. A differenza dei tre compagni di viaggio collegiali napoletani, che si recano nella missione dellHuguang (antica provincia formata dalle odierne provincie centrali di Hubei e Hunan ), Pietro riceve lordine di recarsi subito nel nativo Fujian per sbrigare unincombenza delicata per Propaganda nella regione di Fuan , al nord della stessa provioncia, sede dellantica missione dei domenicani di Manila e del locale vicariato apostolico. Secondo un rapporto del procuratore di Propaganda a Macao, Emiliano Palladini, Pietro lascia la colonia lusitana il 12 ottobre 1769 per il Fujian, da cui rientrer solo un anno pi tardi, il 18 ottobre 177011. Durante quellanno di permanenza, oltre a visitare la famiglia nella parte meridionale della provincia, egli deve occuparsi di una faccenda poco piacevole nella piccola comunit di frati domenicani spagnoli e cinesi di Fuan. Nel 1753, come consuetudine un nuovo vicario apostolico stato nominato da Roma tra i membri della provincia dominicana di Nostra Signora del Santissimo Rosario delle Filippine nella persona di Francisco Pallas OP (1706-1778). Professore di diritto canonico al Collegio di Santo Toms di Manila, Pallas ha raggiunto la missione cinese nel 1757, gi cinquantenne, troppo avanti negli anni per apprendere bene la lingua locale. Uomo rigido e legalista, senza alcuna esperienza di Cina, Pallas crea negli anni seguenti grande subbuglio nel vicariato12. Le sue dure posizioni in materia di riti, usura e assegnazione al ministero pastorale, portano ad un vero e proprio scisma tra un gruppo di missionari spagnoli di lunga esperienza e domenicani cinesi nativi del Fujian da un parte, e il vicario e alcuni nuovi arrivati dallaltra. La popolazione cristiana locale per lo pi si schiera dalla parte degli scismatici. A complicare le cose intervengono scandali sessuali: Pallas e i suoi collaboratori apprendono in confessione da donne locali che alcuni degli scismatici hanno abusato di loro, commettendo il reato di sollicitatio ad turpia. In questa guerra di veleni e interrogatori segreti, accuse di simile

Lettere di Cai al superiore del Collegio dei Cinesi del 9 settembre 1767 (Madrid), 1 dicembre 1767 (Madrid) e 8 ottobre 1769 (Macao), in AUNO, busta 15, inc. 7. 11 APF, SOCP, vol. 57, 1771, ff. 102r-112r, rapporto di Emiliano Palladini, Macao, 31 ottobre 1770, f. 104v: D. Pietro Zai a 12 di ottobre dellanno passato [1769] part di qui per andare a sua casa, e non ritornato che a 18 del presente ottobre [1770]; onde partir per Houguan [Huguang] in compagnia del sig. Zen. 12 Biografie piuttosto agiografiche di Pallas in Jos Maria Gonzlez, Historia de las misiones dominicanas de China, Madrid 1967, pp. 541-551; Hilario Ocio, Eladio Neira (a c. di), Misioneros dominicos en el Extremo Oriente, vol. 1, Manila 2000, pp. 321-322.
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natura contro il vicario apostolico stesso vengono ben presto lanciate dagli scismatici, e perfino da parti neutrali, e non tardano a raggiungere Roma. Nel 1770, un voluminoso carteggio si gi accumulato negli archivi di Propaganda, con libelli e lettere delle due parti, incluse petizioni in cinese firmate da centinaia di cristiani locali in difesa dei loro pastori. Pietro Cai raggiunge il 9 febbrario 1770 il villaggio di Muyang , nella contea di Fuan, e nella casa del cristiano Raymundo Fung [= Feng ] Ngi, legge al domenicano cinese Pedro Ngien [= Yan ] una lettera del maestro generale dellOrdine, Juan Thomas de Boxadors OP (generalato 17561777), datata 27 ottobre 1768, nella quale il superiore ordina al missionario scismatico di recarsi immediatamente a Manila in attesa di istruzioni13. Yan si oppone allordine, rilevando che i cristiani locali non lo avrebbero mai lasciato partire, e che probabilmente i suoi memoriali a Roma sono stati ignorati. Pi tardi, Cai trasmette la lettera del maestro generale ad un altro scismatico, Pedro Meu [= Miao ] de Santa Rosa OP (?-1797)14. Conclusa la sua ambasceria, Cai rientra a Macao, e di l si reca alla missione assegnatagli nellHuguang, dove suo fratello Paolo lo attende. Le lettere del procuratore Emiliano Palladini fanno spesso riferimento al comportamento problematico di Paolo. Scontento di vivere in una zona povera e montagnosa della Cina, con pochi rozzi cristiani che parlano altro dialetto, e lontano dal suo nativo Fujian, Paolo richiede costantemente di poter essere trasferito nella sua patria. Palladini, invece, lo vuole mandare nelle missioni dello Shaanxi e Shanxi, promettendo in cambio di inviare annue pezze 15 di soccorso caritativo alla sua famiglia15. Pietro sembra essere un pi docile soggetto. Da una lettera del 1771, apprendiamo che allora con Paolo, che si occupa distruire pratticamente suo fratello D.
13 Pedro Yan (Nien o Ngien) de Santo Domingo (1728-1797), proveniva da una antica famiglia cattolica della regione di Zhangzhou, era figlio del martire cristiano Antonio Yan Dengguan (?-1764), e discendente del famoso convertito Yan Mo del tardo periodo Ming. Pedro si rec a studiare nel Collegio di San Juan de Letrn a Manila nel 1737, e profess come domenicano nel convento di Santo Domingo della stessa citt nel 1744. A causa di una dura repressione governativa della missione del Fujian in quegli anni, rientr in Cina attraverso Macao solo nel 1753, assieme ad alcuni confratelli. Nel corso del 1754 si rec alla missione assegnatagli a Gu-ting-chieng (?) e pi tardi fu nella missione di Fuan, v. Jos Maria Gonzlez, Historia de las misiones , cit., pp. 298, 423-24, 434. 14 APF, SOCP, vol. 57, 1771, ff. 90r-v, lettera di Pietro Cai a Emiliano Palladini, Macao, 27 novembre 1770. Pedro Miao (Meu) de Santa Rosa raggiunse la missione di Fuan nel corso del 1759. Il vicario Pallas lo defin immediatamente uomo di poche abilit e talento; v. Jos Maria Gonzlez, Historia de las misiones , cit., vol. , p. 427, nota 33. 15 APF, SOCP, vol. 59, 1773, Emiliano Palladini, Memoria pel Sig. D. Francesco Zen, Macao, 29 gennaio 1771, f. 19r. 16 APF, SOCP, vol. 59, 1773, Emiliano Palladini, Risposta alla memoria del sig. Proc. della Congr. di P.F. in data 29 gen. 1771, Macao, 30 gennaio 1772, f. 21r: D. Paolo Zai con sua del mese dAgosto 1771 mi scrisse, che motivo distruire pratticamente suo fratello D. Pietro nel ministero Apostolico, differirebbe per ora landata alla sua patria: e che quando aver dato sesto alle necessit domestiche, ritornarebbe a Huquang. Devesi per avertire che D. Simone Ciao mi disse, essersi ad esso alterata alquanto la fantasia, per cui spesse volte f delle stravaganze; onde sembrar meglio farlo restare in sua casa.

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Pietro nel ministero Apostolico16. La prima lettera diretta ai superiori napoletani dalla residenza missionaria dellHuguang, divenuta la sua base di operazioni, del 1777. In quegli anni, Pietro si dedica alla cura dei pochi cristiani della zona, in una situazione economica sempre precaria, dipendente dagli scarsi fondi inviati dai procuratori di Macao. Nel 1781, Pietro osserva che la missione assegnatami gode di uno stato di pace (missio mihi signata gaudet statu pacis) anche se apostati antichi e moderni disturbano di tanto in tanto i cristiani locali, come vera zizzania17.

IV. Ricercato dalla polizia imperiale Questo stato di relativa pace viene infine interrotto dai fatti del 1784, che iniziano una rocambolesca fase nella vita di Pietro. Il nostro missionario viene richiamato in quellanno a Canton da un nuovo procuratore di Propaganda, monsignor Francesco Giuseppe della Torre (1732-1785)18, cui limperatore aveva concesso nel 1781 di risiedere nella capitale del Guangdong, anzich, come consuetudine, a Macao19. Nella casa del procuratore si sono riuniti in segreto dieci missionari propagandisti, pronti a raggiungere le loro missioni allinterno. Il ruolo di Pietro, come prete nativo, quello di preparare litinerario di viaggio di quattro francescani italiani verso le provincie di Shanxi e Shaanxi, e far s che raggiungano la meta incolumi. Dopo aver scartato un itinerario attraverso lo Shandong per mancanza di barcaioli, Pietro decide di mandare i missionari attraverso lHuguang, e di farli scortare da cattolici cinesi. Viaggia allinterno per organizzare il viaggio, e ritorna a Canton, dove rimane dopo la partenza assai circospetta dei missionari e delle loro guide cinesi. Sfortunatamente, i quattro vengono scoperti ed arrestati il 27 agosto 1784 nello Hubei, e trasferiti a Pechino. Ad ottobre limperatore in persona chiede una investigazione su possibili connessioni tra questi occidentali e una rivolta musulmana allora scoppiata nel nord-ovest del paese. La faccenda si fa seria. Gli interrogatori dei cinesi coinvolti rivelano che lorganizzatore del viaggio tale Cai Bo-duo-lu. Il governatore-generale mancese dello Huguang, Te-cheng-e , si convince che costui sia il traitAUNO, busta 15, inc. 7, lettera di Pietro Cai a Gennaro Fatigati, Huguang, 6 agosto 1781, f. 1v. Genovese di nascita, fu procuratore di Propaganda Fide dal 1781 al 1785, anno in cui mor in carcere a Pechino. Appartenne, come il suo successore Marchini, alla Congregazione di San Giovanni Battista, nota anche come quella dei Battistini: Josef Metzler, Das Archiv der Missionsprokur, in Aldo Gallotta, Ugo Marazzi (a c. di), La conoscenza dellAsia e dellAfrica in Italia nei secoli XVIII e XIX, vol. II, t. I, pp. 93-95. 19 Bernward Willeke, Imperial government , cit., p. 19 nota 7. Ad eccezione di nuovi materiali archivistici e citazioni di fonti primarie che specificher nelle note, la narrativa dei fatti del 1784-85 offerta nelle pagine seguenti basata sulla ricerca esaustiva di Bernward Willeke, cui rimando il lettore interessato.
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dunion con i ribelli musulmani. Ordini sono immediatamente impartiti in Guangdong per larresto di Cai, e la caccia alluomo comincia in tutta la provincia, con arresti di cristiani locali. Pietro sfugge per miracolo alla cattura nella casa di un farmacista cristiano a Canton, e ripara segretamente a Macao il 26 settembre 1784, dove viene ospitato nel convento dei francescani. Le autorit cinesi sospettano la cosa, ed inviano due funzionari al Senato della colonia portoghese, con una richiesta di estradizione immediata. I Portoghesi, ancora ignari della presenza del fuggitivo, negano sia in citt. Qualche giorno dopo, le autorit cinesi ci riprovano, dopo aver catturato il barcaiolo che ha trasportato Pietro al convento francescano. Ma nel frattempo, in vesti occidentali, questi si trasferito nella casa del procuratore delle Missions trangres di Parigi, e poi al convento degli agostiniani. Il governatore del Guangdong minaccia allora un embargo sulla citt. Il Senato risponde di non avere giurisdizione sui sudditi cinesi, ma questo non placa i funzionari cinesi. Lembargo viene applicato, e ben presto la citt patisce per mancanza di vettovaglie. Molti lavoratori cinesi, impauriti, lasciano la colonia. Il commissario giudiziario di Canton alla fine di ottobre annuncia di voler visitare Macao e richiede una seduta speciale del Senato. Tutti dovranno stare in piedi durante la sua visita appositamente studiata per impartire una lezione di umilt al governo coloniale. I Portoghesi rifiutano di aderire a queste condizioni, e il commissario si ferma in un tempio fuori Macao, e ordina lestradizione del fuggitivo entro ventiquattrore. Nel frattempo, dopo una ispezione cursoria dei monasteri cittadini fatta per placare i cinesi, i Portoghesi passano a maniere forti per rompere lembargo. Requisiscono una cargo di riso, e bombardano unimbarcazione sospettata di lasciare la citt carica di cereali. Il cannoneggiamento convince il commissario che la faccenda potrebbe esplodere in una caso diplomatico pi fastidioso, e questi ritorna a Canton a dar relazione al governatore. La situazione si fa imbarazzante per le autorit locali cinesi. Malgrado vi sia una taglia sulla testa di Cai, e un suo ritratto sia stato fatto circolare nella regione, non vi traccia di lui. Limperatore, ignaro come i suoi funzionari del fatto che Cai sia un prete, si fa impaziente, e cos tuona in un editto del 14 novembre 1784: [] []
Cai Bo-duo-lu un importante colpevole in questo caso. Perch non stato arrestato? Questuomo conosceva bene i barbari. Quando ha visto che gli arresti si stavano allargando, devessere scappato in Guangdong, e ora deve essere nascosto a Macao. Trovate il modo di scovarlo, cos che possa essere arrestato e mandato a Pechino per essere processato e punito. Non perdete tempo e non siate negligenti, per evitare la sua fuga20.
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Bernward Willeke, Imperial government, cit., p. 70, traduzione dal Qing Gaozong Shilu , juan 1216, pp. 7a7b.

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Alla fine di novembre, nuovi emissari del governatore del Guangdong visitano Macao, e ispezionano il monastero degli agostiniani, senza risultato. I mercanti cinesi di Macao, spaventati dalla piega degli eventi, pregano il Senato di consegnare Cai. Piuttosto che cedere, i Portoghesi decidono infine di approfittare della presenza in porto della nave reale Fidelissima, pronta a salpare per Goa, e vi imbarcano Pietro Cai e il catechista ricercato Bartolomeo Xie, che lasciano finalmente la Cina la notte del 30 novembre 1784. Apparentemente, la decisione viene presa su consiglio del nuovo vescovo di Pechino, Alexandre de Gouvea (1751-1808), allora a Canton e in viaggio verso la capitale.

V. La fuga in India, Malesia ed Indonesia Apprendiamo da lettere scritte da Cai e dalle autorit ecclesiastiche goane che dopo essere giunti in India, i fuggitivi vengono ospitati a spese della corona portoghese nel seminario reale di Rachiol, nei pressi di Goa. In contropartita, i due si impegnano per iscritto a non rientrare mai pi a Macao. Ovviamente, le autorit portoghesi non vogliono guai col governo imperiale cinese21. Le conseguenze, in effetti, si sono fatte sentire anche nei circoli commerciali cinesi e stranieri delle fattorie di Canton. I potenti mercanti del monopolio di stato cinese (conosciuti come Hong), che hanno lincombenza di gestire i traffici con gli occidentali, hanno dovuto sborsare nel febbraio 1785 una multa di 120.000 taels dargento come punizione per non aver saputo controllare i movimenti di Pietro Cai e dei suoi complici nella regione di Canton22. Dunque, Pietro non ha speranza di rientrare in Cina con lappoggio dei Portoghesi o di altre potenze occidentali. Anche gli spagnoli gli vietano il passaggio a Manila. Dovr ingegnarsi da solo, sfidando i governi degli imperi cinese, portoghese e spagnolo. Intanto, le autorit cinesi, alloscuro della partenza di Cai per lIndia e sferzate dagli ordini imperiali, continuano la ricerca del fuggitivo sul territorio cinese. Viene ricercato nello Hubei, dove i francescani sono stati catturati, e nel suo nativo Fujian, in particolare nella contee di Longqi e Fuan. In risposta alleditto imperiale del 30 aprile 1785 citato allinizio di questo saggio, il governatore del Guangdong fa un ultimo tentativo di scovare Cai a Macao, con un nuovo embargo. Assicurato dai Portoghesi che Bo-duo-lu non nella loro citt (questa volta non mentono!), il governatore comunica infine a Pechino che Cai scomparso. Dal novembre 1785, le autorit imperiali perdono interesse nei suoi confronti, e la caccia si interrompe.

Bernward Willeke, Imperial government, cit., p. 71; e AUNO, busta 15, inc. 7, lettera di Romualdus Ansaloni, rettore del seminario reale di Rachiol, Goa, al governatore di Goa, in portoghese con traduzione italiana, 9 marzo 1787. 22 Bernward Willeke, Imperial government, cit., p. 66 nota 74, cit. da Hosea Ballou Morse, The chronicles of the East India Company trading to China, Cambridge, 1929, p. 107.
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Intanto, Pietro diviene insofferente della vita inoperosa a Goa. Il rettore del seminario, larcivescovo di Goa e il governatore gli chiedono di diventare istruttore di cinese nel seminario di Goa oppure in quello di Macao: ma egli non pu accettare simili incarichi senza permesso dei superiori, e desidera tornare alla sua missione. Pietro continua a scrivere ai procuratori di Propaganda a Macao, alla Congregazione a Roma e ai superiori di Napoli, con notizie sui suoi tentativi di rientrare in Cina, e richieste di raccomandazione a Manila e altrove23. Ma adesso si firma per lo pi Giovanni Maria Ly, il nuovo nome che usa per confondere chiunque possa intercettare la sua corrispondenza, siano occidentali o cinesi. E a confondersi sono pure gli storici. Proprio a causa di questo cambio didentit alcuni studiosi hanno perduto le sue tracce a Goa, e lhanno creduto morto in India: lElenchus Alumnorum dei collegiali di Napoli curato da Giuseppe Maria Kuo (1917), per esempio, semplicemente lo dice morto e sepolto a Goa, senza una data precisa24. Anche negli archivi, la corrispondenza firmata da Giovanni Maria Ly si trova separata da quella di Pietro Cai, come si trattasse di due individui diversi. Le motivazioni addotte dalle autorit di Goa per trattenerlo sembrano speciose, e forse nascondono una gelosia istituzionale verso Propaganda, oltre ad un timore che il fuggitivo metta i Portoghesi di nuovo in imbarazzo in Cina. Fortunatamente, Cai incontra il nuovo vicario apostolico del Siam, monsignor Arnaud-Antoine Garnault MEP (1745?-1811), che si sta recando a Pondichry per la sua consacrazione25. Cai e il vicario passano per Cochin (in Kerala, India, allora un forte olandese). Ripartono di l il 12 maggio 1787 e raggiungono Pondichry il 4 giugno: il catechista Bartolomeo Xie proceder per Manila, mentre un mercante francese locale, tale Montignes, offre al nostro Pietro Cai un passaggio su un piccolo vascello diretto a Canton. Temendo per lincolumit dellequipaggio e anticipando una possibile espulsione da Malacca (Melaka nellodierna Malesia, allora un porto olandese e tappa obbligata attraverso gli stretti), Cai preferisce unaltra opzione: proseguire il viaggio con il vicario fino al regno

23 V. per esempio una lettera di Pietro Cai a Propaganda da Goa (Collegio di Rachiol), 16 maggio 1786, in APF, SOCP, vol. 65, 1787-88, f. 234v, riassunto del segretario: Piermaria Zai scrive che il Governatore di Goa non gli vuol dare il permesso di partire da quel porto, obbligandolo a trattenersi per insegnare la lingua cinese; che spera di ottenere la licenza per mezzo di quel mons. Arcivescovo di portarsi a Manila, dove potr trattenersi con sicurezza, finch la Sacra Congregazione disponga altrimenti di lui; onde supplica di qualche raccomandazione allArcivescovo di Manila. Ibidem, f. 235v, riassunto del segretario: Piermaria Zai soggiunge aver avuto per risposta da quel Mons. Arcivescovo [di Goa] che il Governatore non gli vuole in maniera alcuna accordar la licenza di partire, perch pensano di valersi di lui per insegnare nel nuovo seminario di Macao, e gi ne hanno scritto alla Regina di Portogallo gran cose. Egli per non potendo accettare questo carico senza una espressa facolt di questa Sacra Congregazione si rimette veramente al di lei arbitrio. 24 [Giuseppe Maria Kuo, alias Guo Dongchen ], Elenchus alumnorum, decreta et documenta , cit., p. 3. 25 Adrien Launay, Mmorial de la Socit des Missions-trangres, deuxime partie 1658-1913, Paris 1916, pp. 266-267; secondo Launay, Garnault fu consacrato vescovo a Pondichry il 15 aprile 1787, una data che contrasta con le date dei movimenti descritti nelle lettere di Cai.

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di Queda (lodierno stato malese di Kedah), di dove spera recarsi ad un porto sulla costa orientale della penisola malese, quattro o cinque giorni di distanza a dorso delefante (per operam elephantis), e imbarcarsi su navi commerciali siamesi dirette in Tonchino, vicino al confine cinese. Nel frattempo, dar assistenza al vicario nel ministero della comunit cattolica cinese dellisola di Penang26. Evidentemente questi piani debbono essere cambiati nei mesi a venire. Nel luglio 1787 Pietro si trova a Madrasta (Madras, oggi Chenai, a nord di Pondichry) da dove vorrebbe partire per Macao o le Filippine: ma i capitani gli rifiutano il passaggio per timore che i governatori Portoghesi o spagnoli li puniscano27. Mentre a Madras, viene trattato benevolmente dal frate cappuccino francese Fra Ferdinando e rimane in compagnia di monsignor Garnault. Apprendiamo da una lettera al nuovo procuratore di Propaganda a Macao, Giovan Battista Marchini, datata 28 gennaio 1788, che Cai si nel frattempo recato con il vicario allisola di Penang (Pulopinang oggi Pulau Penang), da cui per ripartito in poco tempo, da solo, il 9 dicembre 1787, per arrivare a Malacca il 15 dicembre. Di l, ha in mente di recarsi a Batavia, e quindi trovare un passaggio per Chaozhou (Guangdong), vicino alla nativa Zhangzhou, o forse direttamente per Xinghua (Fujian). Queste destinazioni rivelano che Cai, convenientemente, pianifica di utilizzare la fitta rete di trasporto privato di persone e merci che sosteneva leconomia tra la Cina meridionale (in particolare il Guangdong e il Fujian), e le colonie cinesi doltremare dellAsia sud-orientale. Ancor oggi, i cinesi della Malesia e dellIndonesia considerano come loro patrie ancestrali le regioni di Chaozhou e del Fujian meridionale28. Il 16 giugno 1788, Cai scrive al procuratore Marchini con notizie fresche sui suoi spostamenti. Dopo essere rimasto a Malacca fino al 12 febbraio di quellanno, ospite di un cattolico siamese di nome Francisco de Lobo, Cai ha deciso di lasciare la citt a causa dei sospetti che lo circondano per la sua fuga dalla Cina. Si reca, dunque, allisola di Giava. Timoroso di venire intercettato dai pirati, raggiunge finalmente Batavia il 3 giugno 1788. Qui si mette in contatto con conterranei del Fujian, e organizza il suo ritorno in patria per la fine di luglio29.
APF, SOCP, vol. 65, 1787-88, ff. 271r-v e 274r-v [sic]: Lettera di Pietro Cai a Propaganda, da Madrasta, 29 giugno 1789; ibidem, f. 276v, sommario del segretario: Monsignor Garnault, Vicario Apostolico del Siam scrive dessere stato consacrato a Pondichery, e che ora ritorna in unisola del regno di Queda, dove da un anno si ritir con tutti i suoi cristiani. Aggiunge che conduce in sua compagnia D. Pietro Zai, per assistere ai Cinesi del suo Vicariato, non avendo egli potuto ottenere di portarsi in Manila. Lo stesso Zai scrive, che non essendogli mai riuscito di poter entrare nella missione assegnatagli, per non vivere ozioso, se ne andava con Monsignor Garnault. 27 APF, SOCP, vol. 65, 1787-88, f. 270r: lettera di Pietro Cai a Propaganda, da Madrasta, 19 luglio 1787. 28 APF, Archivio Procura Macao, lettera firmata da Giovanni Maria Ly (alias Pietro Cai), a Marchini, da Malacca, 28 gennaio 1788, f. 1r. Marchini, come il suo predecessore era membro della Congregazione di San Giovanni Battista. Era stato nel 1785 a Canton come assistente di monsignor Della Torre, divenendone poi il successore. Nel 1786, trasfer nuovamente lufficio del procuratore a Macao, carica che ricopr a lungo; Bernward Willeke, Imperial government, cit., p. 24, nota 34. 29 APF, Archivio Procura Macao, lettera firmata da Giovanni Maria Ly (alias Pietro Cai) a Marchini, da Batavia, 16 giugno 1788, ff. 1r-v.
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VI. Il ritorno da clandestino in Cina La seguente lettera al procuratore lo vede gi in Cina: scritta il 14 novembre 1788, la missiva contiene laccettazione di un nuovo incarico in una missione allinterno del paese, Hanzhong (, provincia dello Shaanxi ), dove si recher in incognito attraverso le provincie di Huguang e Sichuan30. Di l a qualche anno, apprendiamo dei suoi progressi nel nuovo incarico: Cai collabora con il confratello alunno del Collegio di Napoli Simone Ciao (, 1722-?) nel territorio di Hanzhong, dove si impegna a combattere superstizioni locali, causa di difficolt continua al suo ministero. Le cose sembrano migliorare col tempo: nel 1797, Cai dichiara che la sua missione conta circa seimila cristiani, e chiede linvio di nuovi preti nativi da Napoli31. Ma allinizio del nuovo secolo, le sue lettere riflettono tempi grami sia in Europa che in Cina. Cai apprende nel 1801 delloccupazione napoleonica di Roma e dello stato di guerra in Europa, e riporta al tempo stesso di rivolte locali e di carestie in Cina, che contribuiscono alla miseria della missione e in qualche caso alla morte violenta dei suoi cristiani32. La sua ultima lettera al procuratore Marchini, datata 13 giugno 1804, rivela che gli acciacchi della vecchiaia stanno avvicinandolo alla morte: si lamenta di essere sovente malato, ma ringrazia pure per linvio di cioccolato e di un orologio da taschino33. Nel 1805 una nuova campagna governativa anti-cristiana voluta dal nuovo imperatore Jiaqing il cui regno copre larco di tempo 1796-1820 lo costringe a cercare rifugio a Macao, dove per, apparentemente, non si trattiene a lungo a causa della sua notoriet. La morte lo raggiunge nel 1806, a Canton, dove si era recato per affari della missione34.

Ibidem, lettera firmata da Giovanni Maria Ly (alias Pietro Cai) a Marchini, Kian In sub Fozen hien (?), 14 novembre 1788, ff. 1r-2v. 31 Ibidem, lettere firmate da Giovanni Maria Ly (alias Pietro Cai) a Marchini, Hanzhong, 16 febbraio, 1791, ff. 1r-2v; ibidem, da Hanzhong, 27 dicembre, 1797, ff. 1r-v. Secondo [Giuseppe Maria Kuo, alias Guo Dongchen ], Elenchus alumnorum, decreta et documenta , cit., pp. 2-3, Simone Zhao/Ciao sarebbe morto nel 1788; ma le lettere di Cai suggerirebbero invece che questultimo fosse ancora in vita nel 1791. 32 APF, Archivio Procura Macao, lettere firmate da Giovanni Maria Ly (alias Pietro Cai) a Marchini, da Hanzhong, 26 giugno 1801, ff. 1r-v; ibidem, Siao Zai (?), 20 giugno 1802, ff. 1r-2v. 33 APF, Archivio Procura Macao, lettera firmata da Giovanni Maria Ly (alias Pietro Cai) a Marchini, da Hanzhong, 13 giugno 1804, ff. 1r-v. 34 Informazioni sui suoi due ultimi anni in , Paris, Sminaire des Missions-trangres, 1818-1823, vol. IV 4, pp. 234-235, citate
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VII. Conclusione La vita di Pietro Cai, alunno del Collegio dei Cinesi, potrebbe sembrarci piena di opportunit eccezionali per un suddito dellimpero cinese nel secolo XVIII. Al tempo stesso, per, ci appare anche satura di miserie. Il lungo viaggio di Pietro e la sua residenza a Napoli, il suo ritorno penoso per mare in Cina, le sue peripezie nella missione e la sua fuga in India ed Asia sud-orientale per sfuggire alla polizia imperiale, fino alla morte a Canton di nuovo reduce da una campagna governativa anti-cristiana, tutto suggerisce una vita in continuo movimento, caratterizzata da povert di mezzi, ma anche da una ferrea volont di proseguire nella missione affidatagli. Possiamo certamente stupirci della tempra di Pietro Cai. Per lo storico di maggior interesse e pi vasto significato osservare la partecipazione dei missionari, in special modo di quelli cinesi, ad una circolazione delle persone, delle idee e delle merci che si estendeva dallEuropa allAmerica e allAsia, e che utilizzava circuiti non solo europei, ma anche asiatici: cinesi, malesi, indiani, siamesi, o tonchinesi. Pietro Cai viaggi su vascelli spagnoli e portoghesi, fu invitato ad utilizzare una imbarcazione francese da Pondicherry, ma al tempo stesso solc le acque asiatiche su giunche cinesi, pens dattraversare la penisola malese a dorso delefante, e sfugg alla polizia imperiale sui traghetti fluviali nella Cina meridionale. Oggi si parla spesso di globalizzazione: uno sguardo allarchivio dellantico Collegio de Cinesi offre prezioso materiale per riscostruire la partecipazione di italiani e cinesi ad una globalizzazione ante-litteram, attraverso il prisma delle vitae di uomini come Pietro Cai.

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Arte e storia nella chiesa e collegio della Sacra Famiglia ai Cinesi


UGO DI FURIA Studioso di storia dellarte

I. Il sito e le trasformazioni del complesso nel tempo Quando nel 1729 Matteo Ripa acquist dagli Olivetani il complesso religioso ubicato sulla collina dei Pirozzoli1 per utilizzarlo come sede della Congregazione della Sacra Famiglia, la chiesa era dedicata, assieme al monastero, a Santa Francesca Romana. Gli Olivetani vi si erano insediati una ventina di anni prima, dopo aver trasformato in convento una fabbrica di uso civile, costruita presumibilmente agli inizi del XVII secolo. Edificata in luogo ameno per la felice posizione sul punto pi alto e panoramico del borgo dei Vergini, essa era quanto mai adatta ad essere destinata a residenza extracittadina per ricche famiglie napoletane, anche per la favorevole esposizione a mezzogiorno e la salubrit del luogo; unico difetto il suo isolamento dalla citt per la mancanza di strade carrozzabili che la rendevano raggiungibile solo a piedi o in portantina. Fu probabilmente questo il motivo per cui vi si erano, in meno di un secolo, avvicendati numerosi proprietari. Tra i primi la principessa di Gallicane, seguita da Beatrice Folliero, duchessa di Boiano, e successivamente, dal 1655 per circa 40 anni, diversi membri della famiglia Carafa, fra cui Carlo, duca di Noja. Nel 1689 vi era subentrata Vittoria Capano, duchessa di Mesagne, poi, nel 1696, Benedetta Maria de Angelis e, infine, Benedetto Valdarano, che, a sua volta, intorno ai primi anni del secolo XVIII, lo aveva ceduto agli Olivetani2. Una volta venuti in possesso della villa, i padri cercarono di adattarla alle loro esigenze, operandovi alcune modifiche, tra le quali la realizzazione di un porticato munito di loggia sul lato meridionale del complesso, che, senza particolari stravolgimenti, conserv la caratteristica pianta a C rovesciata.

1 Raffaele DAmbra, Napoli Antica, Napoli 1889, commento alla tavola XC (S. Severo. Cinesi): Di lato alla chiesa di S. Severo si monta ai Pirozzoli, cos detti per unantica villa de signori di tal cognome, un vico della quale oggi porta il nome del dotto canonico Cagnazzi che qui si ritir, poich vide che lodierna libert, uguaglianza, e fraternit, non eran quelle predicate alle turbe. 2 Per la successione delle diverse propriet e le relative fonti documentarie, v. Maria Rosaria Guglielmelli, Da casa palaziata a complesso religioso: il collegio dei Cinesi in un rilievo inedito del 1729 in Alfredo Buccaro (a c. di), Il Borgo dei Vergini, Napoli 1991, pp. 287-290.

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La vista che vi si godeva doveva essere superba, cos come annotato dallatto di vendita al Ripa3: si gode la maggior parte della citt con vista di mare, e di monti, e altri luoghi deliziosi alla vista; seguitando a linea di detto portone si ritrovano a sinistra undici pilastri con base di piperno e una loggia che mira a mezzogiorno da dove si vede la maggior parte della citt. Dalla stessa fonte apprendiamo poi che il tutto era allietato da una serie di giardini, per lo pi coltivati a frutteto: dal portone di accesso dalla via vicinale (la Porta Maggiore che si Pianta topografica del quartiere Stella del 1813 in ASNa, apre tuttoggi da Salita Cinesi Raccolta piante e disegni, cart. 11. 15) si entra in un atrio grande scoperto bislungo a destra delledificio con alcuni piedi di agrumi; da alcuni ambienti del piano ammezzato si accede in un altro giardinetto molto pi grande diviso in quattro quadri.. fruttato di diversi frutti, con piedidi pigne e
3 Una descrizione del complesso prima della sua destinazione a convento olivetano nellatto di vendita alla duchessa di Mesagne del 2 gennaio 1689 siglato dal notaio Andrea Damiano, mentre quella relativa alla sua trasformazione in complesso religioso contenuta nellatto di vendita al Ripa del 1729, sottoscritto dal notaio Nicola Marciano. Entrambi i documenti sono riportati da Maria Rosaria Guglielmelli, Da casa palaziata a, cit., pp. 287-290, e da Carmela Fedele, La zona dei Cinesi, nucleo originario dellIstituto Universitario Orientale, in Alfredo Buccaro (a c. di), Il Borgo dei Vergini, Napoli 1991, pp. 193-197. Sulla particolare amenit del sito si sofferma anche Salvatore Palermo, curatore delledizione del 1792 della guida di Carlo Celano (Delle notizie del bello, dellantico e del curioso della citt di Napoli per gli signori forastieri, raccolte dal canonico Carlo Celano napoletano divise in Dieci Giornate, quarta edizione, a cura di Salvatore Palermo, Napoli 1792, giornata VII, p. 165): La casa finalmente amenissima con vedute di Citt di mare, e di campagna: gode di un aere saluberrimo: e se avesse modo di potersi ampliare in fabbrica (giacch luogo ne tiene spaziosissimo) potrebbe accogliere un assai maggior numero di Congregati, Collegiali, e Convittori in gran vantaggio della Religione, ed universal profitto del Clero, e de Prossimi; v. anche Giuseppe Sigismondo nella Descrizione della citt di Napoli e suoi borghi, Napoli 1789, pp. 56-57: La Casa poi, situata in luogo amenissimo, scorgendosi dalla medesima tutto il nostro cratere, e le nostre belle campagne.

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cisterne Al termine del porticato annotato nella pianta allegata allatto di vendita, uno spiazzato con spalliera di agrumi a monte del quale, con accesso dal quarto mezzano, vi era un Giardino d Agrumi che occupava larea compresa tra la fabbrica olivetana e quella domenicana di S. Maria della Sanit; infine, verso nord con accesso dal Cortile Maggiore e dalla Via Pubblica (lingresso secondario da Vicoletto dei Cinesi oggi murato), si estendeva il Giardino Maggiore. Ma la modifica certamente pi impegnativa fu la costruzione della chiesa, che venne eretta intorno al 1710, sfruttando un lungo atrio scoperto, di forma rettangolare, posto sulla destra dellingresso principale della fabbrica. Non conosciamo larchitetto che la progett; tuttavia stato ipotizzato lintervento di Arcangelo Guglielmelli, anche sulla base di un documento che attesta una sua perizia per la costruzione di un muro divisorio, conseguente allacquisto nel 1714 di un terreno appartenuto al vicino monastero domenicano di S. Maria della Sanit4. Eppure, a non molti anni dallacquisto ed a lavori non ancora ultimati (da poco erano stati completati i dormitori), gli Olivetani decisero di sbarazzarsi della loro casa di villeggiatura ai Pirozzoli; le motivazioni sono anchesse contenute nel succitato documento di vendita: il sito era raggiungibile senza comodo di carrozza e molto difficilmente per essere lontana dalla citt ed essendo luogo aspro per la salita; inoltre la zona era mal frequentata in quanto abitata da minuta gente e di poco decoro. Matteo Ripa, con laiuto di Domenico Borgia e della principessa di Sannicandro, acquist la fabbrica per 6300 ducati con atto notarile del 7 aprile 1729 e vi si trasfer il successivo 14 aprile, accompagnato da cinque cinesi e dai primi congregati della comunit religiosa da lui fondata ed alla quale diede il titolo di Sacra Famiglia di Ges Cristo. Il giorno 16 il fratello, monsignor Mattia Ripa, benedisse la chiesa e le nuove campane, mentre il successivo d di Pasqua, Matteo Ripa vi offici la prima messa. Nasceva cos il Collegio dei Cinesi, degli Indiani e di altre nazioni infedeli, governato dalla Congregazione della Sacra Famiglia, composta da sacerdoti secolari preposti ad educare i seminaristi cinesi e i giovani convittori provenienti da famiglie agiate, disposte a pagare una retta di sei ducati mensili. Non molte dovettero essere, almeno allinizio, le modifiche apportate alla costruzione. La difficile accessibilit del sito venne attenuata dalla realizzazione, circa trentanni pi tardi, delle rampe fra piazzetta S. Severo e la salita dei Cinesi, che resero il percorso finalmente carrozzabile5. Ma la costruzione
Giosi Amirante, Architettura napoletana tra Seicento e Settecento. Lopera di Arcangelo Guglielmelli, Napoli 1990, pp. 262 e 273. Allievo di Dionisio Lazzari, fu architetto, disegnatore e scultore. Della sua attivit napoletana si ricordano tra laltro i lavori in S. Restituta nel duomo, alle facciate di S. Giuseppe dei Ruffi e del Ges delle Monache, e la grande sala della Biblioteca dei Gerolomini (oggi sala Vico); inoltre, sempre a Napoli, oper a S. Maria della Stella, S. Antonello a PortAlba, S. Carlo allArena, Rosariello alla Pigna, S. Maria Egiziaca a Pizzofalcone. 5 Sulle vicende relative alla realizzazione delle rampe ed al contenzioso conseguentemente sorto fra i padri della vicina chiesa di S. Severo e quelli del Collegio dei Cinesi v. Albina Arpaia, La sistemazione delle rampe dei cinesi come compromesso tra la propriet religiosa e pubblica utilit, in Alfredo Buccaro (a c. di), Il Borgo dei Vergini, cit., pp. 283-285.
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del Corso Napoleone (attuale Corso Amedeo di Savoia) tra il 1807 e il 1809 dovette certamente stravolgere i rapporti fra il borgo ed il resto della citt. La Salita dei Pirozzoli odierna Via Cagnazzi venne tagliata in due, con lisolamento del tratto occidentale che va verso la strada e il cavone di S. Gennaro dei Poveri, ancora oggi visibile sotto la rampa omonima. Il secondo tratto, ad est del Corso, fu invece innalzato per creare un raccordo con questultimo. A quasi un secolo e mezzo di distanza dalla sua fondazione, in seguito al real decreto del 12 settembre 1869, che confermava la parziale laicizzazione dellistituto avvenuta di fatto gi lanno precedente, il Collegio dei Cinesi, dopo essere stato riconosciuto ente morale alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione, mut il nome in Reale Collegio Asiatico di Napoli. E non molti anni dopo, nel 1888, una nuova legge soppresse in maniera definitiva il collegio missionario, e di fatto anche la Congregazione della Sacra Famiglia, trasformando il Real Collegio Asiatico in Regio Istituto Orientale6. La prima conseguenza di tali mutamenti fu labbandono della vecchia sede e la vendita del complesso al demanio. Nel 1896 i locali vennero utilizzati provvisoriamente come ospedale militare per i feriti della guerra coloniale abissina. In seguito fu acquistato dalle suore della Congregazione di S. Rosa dellArte della lana, che qui vi tennero un conservatorio di fanciulle, al quale si aggiunse quello dellEcce Homo per le orfane dellepidemia di colera del 1884. Ma anche questa nuova destinazione ebbe vita breve. Dopo essere stato nel frattempo aggregato ai Collegi Riuniti delle Opere Pie, gi ai primi anni del secolo successivo cadde quasi in abbandono, non ospitando che poche vecchie suore insieme ad una scuola municipale7. Nel 1910, soprattutto per volont del Pio Monte della Misericordia, che nel frattempo laveva ottenuto in enfiteusi, ledificio venne trasformato in quello che sar poi la definitiva destinazione: lOspedale Elena dAosta8. Linsediamento del nuovo nosocomio, destinato inizialmente agli infermi cronici, determin una serie di trasformazioni che a poco a poco finirono per stravolgere il primitivo complesso. Oltre alla creazione di superfetazioni, nuovi volumi di fabbrica occuparono le aree destinate a giardino. E soprattutto, con la realizzazione del laboratorio di analisi, si venne a determinare la parziale tompagnatura del porticato e la chiusura del suo ultimo tratto, privandolo cos del bellissimo panorama a mezzogiorno della citt, oggi visibile solo dai piani alti. Nel dopoguerra verr infine creato lattuale ingresso da via Cagnazzi 29, ricavato dal viale daccesso allex villa Fiorita (fino a non molti anni fa propriet del Pio Monte della Misericordia, che la destin ad ospizio per anziani), oggi Hotel Ranieri; ma laccesso diretto dal Corso Amedeo di Savoia e la chiusura, in pratica definitiva, dellingres-

Michele Fatica, Le sedi dellIstituto Universitario Orientale, Napoli 2002, pp. 5-16. Vincenzo Onorati, Dal Monastero degli Olivetani allOspedale Elena dAosta, Napoli 1911. 8 La gestione dellospedale da parte del Pio Monte della Misericordia cesser nel 1971: Maria Grazia Rodin di Miglione, Notizie sulla Quadreria del Pio Monte della Misericordia in Napoli, Napoli 1975, p. 14.
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so primitivo da Salita Cinesi 15, pur rendendo pi agevoli i collegamenti, lo isoleranno definitivamente dallantico borgo9. Abolito in anni recenti lospedale, ledificio svolge oggi principalmente funzioni di poliambulatorio dellASL Napoli 1. La chiesa, utilizzata in precedenza come cappella ospedaliera e chiusa al pubblico dopo il sisma del 1980, versa oggi in stato di grave abbandono.

II. Il sagrato, il portico e landrone La chiesa della Sacra Famiglia preceduta da un cortile quadrangolare, del quale occupa il lato settentrionale, che fungeva contemporaneamente da sagrato e da atrio per lintero complesso10. Ad est di esso si apre il portone principale dellIstituto, oggi chiuso, prospiciente alla Salita dei Cinesi, mentre ad ovest vi laccesso, attraverso un secondo portone posto dopo la prima campata, al gi menzionato porticato11. Superata la met di questultimo, sulla destra, si accede ad un androne che conduce al resto del complesso, in cui particolarmente interessanti sono gli affreschi che ne ricoprono la volta. Eseguiti presumibilmente nella prima met del XVIII secolo da un pittore ignoto12, rappresentano lo stemma della confraternita ideato verosimilmente dallo stesso Ripa13. Al centro dello scudo coronato, sostenuto ai lati da una coppia di angeli e circondato da decorazioni fitomorfe, campeggia una croce con ai piedi i simboli della passione (i chiodi e la corona di spine) che emerge dal globo terrestre avvolto dal fuoco della fede. Dal centro della croce, come da una fiamma, si originano due nastri che scendono sul mondo, sui quali si legge la scritta volo ut accendatur (voglio che sia acceso). Ai lati della scena i due caratteri Sheng e Jia indicanti in cinese la Sacra Famiglia. Nel bordo la frase evangelica: Ite in universum mundum,
Carmela Fedele, La zona dei Cinesi, cit., pp. 193-197. Che il sagrato ed il portico, inteso come via coperta, fossero vissuti come ambienti esterni al Collegio e quindi in qualche modo pubblici, testimoniato dalla loro pavimentazione che, a tuttoggi, formata da basoli in pietra, identici a quelli delle strade vicine, in perfetta continuit con il borgo circostante. 11 Il secondo portone attualmente sormontato dallo stemma del Pio Monte della Misericordia. Il porticato, tompagnato in modo parziale per permettere il passaggio di luce attraverso i sottarchi, formato da undici pilastri ed praticabile fino allandrone. Il suo tratto occidentale venne chiuso per ricavare nuovi ambienti da destinare allospedale. 12 Potrebbe trattarsi di Francesco Malerba, pittore finora poco studiato, che collabor allesecuzione degli affreschi per la grande sala della Biblioteca dei Girolamini progettata dal Guglielmelli. Infatti, nei registri contabili dellArchivio dellIstituto Universitario Orientale (AUNO), si conservano tracce di una collaborazione del Malerba con il Real Collegio, di cui si parler pi in avanti. 13 V. la descrizione che ne fa Louis Morri in Le Grand Dictionnaire Historique, ou le Mlange curieux de lhistoire Sacre et Profane, Paris 1743-1759, tome VI, pp.884-886: sub voce Congrgation de la Sacre Famille de Jsus-Christ.
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praedicate evangelium omni creaturae (Andate in tutto il mondo. Predicate il Vangelo ad ogni creatura, Marco, 15, 16). Su due cartigli che spiccano dallapice inferiore dello stemma si leggono le parole vi non vincitur (con la violenza non si vince). Fortemente suggestivi ed in parte di oscuro significato gli affreschi illusionistici dipinti ai lati della volta, attraversati da una finta ringhiera a colonnine al di sopra della quale appaiono seduti o appoggiati, in atteggiamento giocoso, sei putti. Due di essi agitano delle banderuole, i due centrali sono intenti a salutare dallalto i passanti e lultima coppia sembra indicare con la mano la giusta via. Fra di essi alcuni animali, anchessi in numero di sei: unaquila, un cane, un ibis, una civetta, un pappagallo ed un falco. Agli angoli, sotto forma di mascheroni che soffiano in altrettante otri, i quattro venti principali, in rappresentazione delle quattro parti del mondo14. I mascheroni sono deco-

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Cesare Ripa, Iconologia, riedizione del testo originale edito a Roma nel 1603, curata da Piero Buscaroli, Milano 1992, pp. 457-458.

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rati con cartigli pressoch illeggibili (solo in uno sembra di poter distinguere le parole evangeliche hoc fac et vives (fa questo e vivrai, Luca, 10, 28, dalla parabola del Buon Samaritano), mentre allinterno di ciascuna otre ricompare in piccolo il globo con la croce. Nello stesso androne, nel quale ai lati si apprezzano due belle porte con battenti lignei dipinti di fattura ottecentesca, sono murate alcune lapidi. Due di esse, datate 1910 e 1911 ricordano limportante ruolo svolto nella fondazione dellospedale da parte del Pio Monte della Misericordia e del prefetto napoletano marchese Francesco de Seta. Una terza, probabilmente coeva alle prime due, menziona i benefattori del nosocomio. Le ultime due, molto pi recenti, elencano i governatori, soprintendenti e commissari succedutisi dalla fondazione fino al 1970. Risultano invece scomparse due iscrizioni in latino citate dal Sigismondo un tempo poste allingresso15. Al centro del sagrato, su una alta base quadrangolare, posto un busto di marmo raffigurante Matteo Ripa, eseguito dallo scultore molfettese Leonardo De Candia16 nel 1714, come ricorda una scritta posta nel lato sinistro in basso dello stesso. A destra della chiesa una porticina laterale d accesso ad una cappella funeraria costruita nel XIX secolo per contenere le tombe della Famiglia Galatola, benefattrice della Congregazione17. Presenta una volta a botte decorata da lacunari e, oltre alle lapidi, conserva un semplice altare marmoreo. A lungo adibita a cappella mortuaria dellospedale, attualmente ridotta a deposito.

III. La chiesa La facciata a doppio ordine. In quello inferiore si apre il portale, preceduto da una scalinata composta da sette gradini e sormontato da un timpano spezzato, nel cui centro si inserisce un medaglione

Giuseppe Sigismondo, Descrizione della citt cit., pp. 54-55. Nella prima, posta prima di entrare nellatrio su duna specie di arco era scritto: Sacrae Iesu Christi Familiae / quo Siriis [sic!], Indis Aliisque Infidelibus Regionibus / Facilius Christiana fides Inferatur, et Plagarum / Illarum Neophiti Praesbiteris Saecularibus in Sacros / Mustas [sic!] Formentur Benedicti XIII. P. M. Apost. Pecunia / Suppeditante Imperat. Carolo VI. Rege censum annuum / . suamque in fidem recipiente Congregatio ac Collegium Ann. Domini MDCCXXXII. Nella seconda, collocata sulla porta della chiesa (forse era dipinta nel medaglione a volute ancora esistente, al centro del timpano spezzato che sovrasta lingresso): D.O.M. / Templum sub faustis Jesu Christi Familiae auspiciis dicatum / Ann. Christ. Aerae I . 16 Nato a Molfetta (Bari) nel 1878 e morto nel 1959; tra laltro autore del busto di Vito Fornari, abate filosofo anchegli molfettese, eseguito nel 1911 e posto nella Villa Comunale di Napoli (TCI, Guida dItalia. Napoli e dintorni, Milano 2002, p. 290). 17 Le quattro lapidi tombali, tutte in stile neoclassico, sono di Marianna (1860), Gennaro (1858), Giuseppe (1859) ed Antonio (1854). Antonio Galatola, membro di spicco della famiglia, nato nel 1791, entr nella Confraternita il 1 maggio 1810 e fu superiore dal 1833 fino alla morte.
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a volute; ai lati due coppie di lesene. Il secondo ordine, separato dal primo per mezzo di una doppia cornice aggettante, caratterizzato da un ampio finestrone rettangolare, posto anchesso fra lesene e sormontato da un timpano triangolare terminale. Linterno della chiesa18, ad aula unica, presenta una pianta rettangolare che non subir modifiche negli anni a venire, a prevalente sviluppo lungo lasse longitudinale, essendosi dovuta adattatare, come si gi detto, ad uno spazio predeterminato. Dalla prima descrizione che possediamo, riportata in una perizia effettuata dal tavolario del Regio Sacro Consiglio M. de Blasio e corredata da una dettagliata pianta del complesso olivetano19, bene evidente la successione tipicamente barocca di vari ambienti, tutti caratterizzati da contorni curvilinei; il vano centrale quadrato, ad angoli arrotondati, preceduto e seguito da due ambienti di forma ellittica. La navata conclusa da un presbiterio circolare absidato, completato dal coro a semicerchio, dietro laltare maggiore. La cupola a semivolta che ricopre il vano centrale, e che risulta schiacciata dalla presenza di un alto lanternino, indurr il DAmbra a definirla imperfetta e a considerare la chiesa non molto bella, per la cupola nel mezzo della croce fatta quasi a semivolta grandemente ammattita che la rende di poca luce20. Le pareti interne sono dipinte ad imitazione di marmi policromi ed adornate con pilastri polistili su cui si impiantano, separati da un cornicione dentellato, fortemente aggettante, ed inframmezzati da ampi finestroni, i grossi risalti delle volte; queste ultime sono intonacate di bianco e lilla, con semplici ornati a chiaroscuro. I libri contabili della Congregazione, tutti inediti, conservati nellArchivio dellUniversit degli Studi di Napoli LOrientale che ha sede nello storico palazzo Du Mesnil di Via Chiatamone, riporta-

Per laccesso alla chiesa oggi viene utilizzato lingresso secondario, posto allinizio della navata sinistra, che si raggiunge dallinterno del complesso, dopo aver attraversato un ambiente moderno che funge da sala di attesa di un ambulatorio; dallo stesso ambiente si pu accedere anche alla ex sagrestia. 19 Una riproduzione della pianta, pervenuta attraverso una foto tratta da un disegno originale perduto, conservata in AUNO, pubblicata in Maria Rosaria Guglielmelli, Da casa palaziata a , cit. p. 288, fig. 148. 20 Subito dopo per aggiunge: essa chiesa nondimeno bastevolmente grande, e assai pulitamente tenuta. Ha nel dinnanzi un atrio che la fa ridente, siccome il resto della casa, per leminente sito dove si trova collocata: Raffaele DAmbra, Achille de Lauzires, Descrizione della citt di Napoli e delle sue vicinanze in XXX giornate a cura di Gaetano Nobile, Napoli 1855, vol. I, p. 662. La parte relativa al Collegio dei Cinesi, compresa nel capitolo dedicato al quartiere della Stella, fu curata dal DAmbra. Qualche anno dopo, il Chiarini riprese quasi integralmente le notizie fornite da questo autore per aggiornare la vecchia guida del Celano: (Carlo Celano a cura di Giovan Battista Chiarini, Notizie del bello, dellantico e del curioso della citt di Napoli, Napoli 1856-60, vol. V, pp. 216-220). Diverso invece il giudizio del Palermo che la definisce bella, anche se piuttosto inadeguata nelle dimensioni (Carlo Celano, a cura di Salvatore Palermo, Delle notizie del bello cit., p. 164): La Chiesa fu aperta nel 1729 bella, e divota, ma piccola, spezialmente in riguardo de continui Esercizj di devozione della Consulta della Casa, la quale deve pesatamente regolarsi colle rendite, che per mezzo della fervorosa piet de fedeli vorr la Divina Provvidenza far concorrere alla conservazione, e dilatamento dellardua s, ma profittevole impresa.
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no in data 30 aprile del 1766 una spesa da parte dellistituzione di ducati 436, grana 1 e tar 5 per la costruzione del nuovo coretto, e finestroni fatti di nostra chiesa21. Purtroppo i superstiti e inediti libri maggiori e di esito della congregazione partono dalla seconda met degli anni 40 del Settecento; pertanto i primi e certamente pi significativi anni di vita della chiesa restano privi di documentazione per ci che riguarda le opere che vi furono realizzate. Il pavimento della navata a quadrelli di marmo bianco e grigio, cosparso da diverse lapidi tom22 bali . La pi importante quella di Matteo Ripa, ormai quasi illeggibile, posta di fronte allaltare maggiore nel 174623. Pi indietro ritroviamo quelle di alcuni illustri congregati come Niccol Borgia, vescovo di Cava e poi di Aversa, morto nel 1779 a ottantanni24, Liborio Pisano, vescovo di Massalubrense
AUNO, vol. 31, f. 304r. e v. Tra i conti di fabbrica pi interessanti contenuti in archivio ci sono i pagamenti al regio ingegnere Pietro Cimafonte, che collabor ai lavori di numerosi beni immobili del Collegio dal 1749 al 1782. Sono pochissime le notizie sul Cimafonte; forse membro della omonima e pi celebre famiglia di marmorai, collabor con Nicola Tagliacozzi Canale alla realizzazione di Palazzo Trabucco in Via Toledo: Franco Strazzullo (a c. di), Settecento Napoletano, Documenti, Napoli 1982, vol. I, p. 179. A met degli anni ottanta subentr nellincarico Salvatore Cimafonte (il figlio?) ed alla morte di questultimo, avvenuta nel 1795, divenne ingegnere della Congregazione Antonio de Sio (AUNO, vol. 35, f. 246 v.), che conserv la carica fino ai primi anni del secolo successivo. 22 Nel 1772 lavorarono al pavimento della chiesa il marmorario Crescenzo Trinchese e il riggiolaro Ignazio Attanasio, come attestano i seguenti documenti di pagamento (AUNO, vol. 32, f. 280 v.): 1) a 31 maggio 1772 d. 40 per tanti pagati a Crescenzo Trinchese marmoraro, in conto de lavori di marmo fatti nella nostra Chiesa, come da nota; 2) a 30 settembre 1772 ducati 105, grana 1, tar 6, per Banco dello Spirito Santo, polizza di nostra Congregazione pagarla a Crescenzo Trinchese, complimento di ducati 145 e grana 26 per importo, cos del materiale, che del magistero per li lavori di marmo fatti nella nostra chiesa giusta la misura del nostro Regio Ingegnere D. Pietro Cimafonte; 3) a 31 dicembre 1772 ducati 102, grana 1, tar 19, per Banco e polizza nostra ad Ignazio Attanasio mastro riggiolaro per prezzo di tutti li quadrelli e riggiole poste in opera nel pavimento di nostra Chiesa per la misura del Regio Ingegnere Cimafonte; 4) a 30 giugno 1775 ducati 6, grana 1, tar 3 per tanti pagati Crescenzo Trinchese Marmoraro per aver fatto la lapide nuova di marmo bianco sopra la prima sepoltura della nostra chiesa giusta il certificato del Regio Ingegnere. Negli stessi archivi esistono anche documenti che attestano una collaborazione fra la confraternita e Ignazio Chiaiese, membro della celebre famiglia di riggiolari che oper a Napoli (in rivalit con laltrettanto celebre famiglia Massa) per tutto il XVIII secolo, restando in attivit fino alla met di quello successivo (tra le loro opere sicuramente documentate, i lavori per le chiese napoletane dei SS. Marcellino e Festo, S. Caterina da Siena e S. Luigi di Palazzo). Si conservano, infatti, alcune attestazioni di pagamento per Ignazio Chiaiese riggiolaro, relativi a lavori eseguiti presso una casa di propriet sita nella rua Catalana per ducati 24 e grana 25 (AUNO, vol. 38, f. 97v.), e nella strada di Chiaia, con due pagamenti di ducati 21 e grana 54 in data 19 giugno 1797 e di ducati 31 e grana 42 in data 8 ottobre 1798 (AUNO, vol. 39, ff. 193v. e 206v.). 23 Come riporta il Palermo, il testo dellepigrafe fu dettato da Carlo Nardi, uno dei primi collaboratori del Ripa; Carlo Celano, a cura di Salvatore Palermo, Delle notizie del bello , cit., p. 164: In essa chiesa pi dellAltar Maggiore sepolto il medesimo fondatore Ripa con quello breve, e schietto epitafio, dettato da D. Carlo Nardi, uno de primi Socj di esso Fondatore, e de primi Preti della Congregazione, Soggetto per altro ben conosciuto nella Repubblica Letteraria per le sue dotte, ed erudite stampe. 24 Nacque a Trani il 6 maggio 1700, figlio di Domenico, alto patrizio nonch magistrato. Divenne vescovo di Cava dei Tirreni nel 1751 e di Aversa nel 1765: Gaspare De Caro, Dizionario Bibliografico degli Italiani, vol. 12, Roma 1970, pp. 729-730.
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morto nel 1756 e Francesco Saverio Maresca morto nel 1855, al quale dedicata anche una stele posta alla base del pilastro alla sinistra dellingresso25. Nulla sappiamo delle opere esistenti in chiesa allepoca degli olivetani. probabile per che gi vi fossero alcuni elementi decorativi e dellarredo, come si evince dal citato documento notarile in cui si definisce la chiesa tutta ornata di stucchi con tre altari, coro in noce, orchestra e confessionali26. Quando Matteo Ripa celebr la prima messa nel giorno di Pasqua del 1729, fece mettere in venerazione una piccola statua lignea dellImmacolata Concezione che gli era stata donata nel 1709 da fra Giovanni, superiore e parroco del villaggio di Bagumbay presso Manila, nelle isole Filippine. La statuetta era stata sfregiata dai pagani ed era priva di un dito; per tale motivo la volle intitolare Regina dei Martiri e le attribu poteri taumaturgici27. Essa risulta da tempo dispersa, cos come molte altre opere una volta conservate in chiesa28. Ai lati dellingresso, addossati alla controfacciata, vi sono due bassorilievi ottocenteschi di marmo raffiguranti: a sinistra, Mos che fa sgorgare lacqua dalla rupe e a destra un altro episodio della vita di Mos di oscura interpretazione; le sculture facevano da dossale per due acquasantiere a forma di conchiglia in marmo bardiglio, trafugate assieme a molte altre opere darte nella notte fra il 24 e il 25 ottobre 198929. Nei pilastri della cupola, al centro della navata, sono collocate, ognuna allinterno di una nicchia, quattro statue in rame raffiguranti S. Giuseppe, S. Gioacchino, S. Anna e S. Elisabetta. Secondo il
Francesco Saverio Maresca (1809-1855) trascorse gli ultimi 15 anni della sua vita in Cina, dove scelse il nome di Ma Zixiu . Oltre ad aver ricoperto lincarico di amministratore della diocesi di Nanchino, nel 1847 divenne vescovo titolare di Sola: Michele Fatica, Le sedi cit., p. 15. In chiesa sarebbe stato sepolto anche il duca di S. Teodoro Tommaso Caracciolo, morto nel 1765 (Francesco Ceva Grimaldi, Memorie storiche della citt di Napoli dal tempo della sua fondazione fino al presente, Napoli 1857, p. 485), del quale per non abbiamo individuato la tomba. 26 Maria Rosaria Guglielmelli, Da casa palaziata a , cit., p. 288. 27 Francesco Ceva Grimaldi, Memorie Storiche , cit., p. 483. Lautore riferisce anche che improvvisamente, nel 1837, si trov la statuetta miracolosamente cresciuta di un dito. 28 La sua presenza in chiesa documentata dal Palermo (Carlo Celano, a cura di Salvatore Palermo, Delle notizie del bello , cit., p. 164) che la colloca in una Cappella al corno dellEpistola, ma verr ignorata dalle guide successive. Non ve n traccia nelle schede pi antiche della chiesa compilate a cura della soprintendenza alle Belle Arti intorno agli anni 30 del 900. La conosciamo nel suo aspetto originale, prima che vi fossero aggiunte una serie di figure di contorno, grazie ad un disegno eseguito in epoca imprecisata e stampato a scopo devozionale su unimmaginetta di cui esistono ancora diversi esemplari, pubblicata in Michele Fatica, Le sedi , cit., p. 14. 29 Gi nellaprile del 1984 era sparita dalla cantoria della chiesa una tela del XVII secolo, copia da Raffaello di una Visitazione. Nel corso della stessa notte, oltre alle due acquasantiere, ne fu rubata una terza dalla sagrestia; furono inoltre sottratti alcuni crocifissi, una poltrona da cerimonia in legno dorato del XVIII secolo con lo stemma della congregazione e due coppie di putti in marmo dai due altari laterali. Il 1 gennaio dellanno seguente ci si accorse della mancanza di cinque dipinti (Sacra Famiglia, Fuga in Egitto, Episodio della vita di S. Giuseppe, Cristo e la Maddalena e un Ritratto di Matteo Ripa) e di alcuni oggetti liturgici: Fabio Maniscalco, Ugo Di Furia, Furti dautore, Napoli 2000, pp. 105-106.
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Sigismondo30, esse furono eseguite su disegno del Solimena, notizia ripresa successivamente dalla maggior parte delle guide napoletane31. Il dato attendibile in quanto il Solimena, al pari di altri pittori attivi a Napoli tra i secoli XVII e XVIII (come ad esempio Paolo De Matteis, Francesco De Mura, Giacomo del Po) esegu modelli per sculture in materiale vario, in particolare busti reliquiario dargento: del Solimena, ad esempio, sono noti due disegni preparatori di statue dargento conservati in collezione privata a Richmond raffiguranti i busti di S. Antonio Abate e S. Francesco di Paola. Inoltre, da un documento contabile del 1718 risulta il pagamento allargentiere Andrea de Blasio per due statue, un S. Bartolomeo e un S. Andrea, da realizzarsi secondo il modello, e il disegno dellAbbate Francesco Solimena32. Pochi gli altri oggetti meritevoli di attenzione e per lo pi risalenti al XIX secolo. Tra questi due teche marmoree entrambe poste in basso, a ridosso delle pareti laterali, immediatamente prima del presbiterio. Quella di sinistra, sormontata dal pulpito ligneo (nel mezzo del quale ricompare, in ottone, il logo della congregazione), decorata con due anfore a bassorilievo poste ai lati. Quella di destra reca i simboli della passione e si trova al di sotto di una grande nicchia, coronata in alto da un Eterno Padre in stucco. Entrambe prive di iscrizioni, la prima contiene un presepe moderno, mentre laltra risulta attualmente vuota; forse destinate a contenere reliquie, non se ne conosce la funzione originaria. La grande nicchia posta di fronte al pulpito contiene tracce di affresco ed in particolare sulla volta presenta un ovale nel quale si intravedono i busti dipinti di due personaggi non identificati (una donna con il capo fasciato da una sorta di turbante e al suo fianco un uomo anziano con una fluente barba canuta: S. Anna e S. Gioacchino?). Allinterno di essa, una statua della Madonna della Misericordia quasi a grandezza naturale, protettrice del Pio Monte della Misericordia, di cui esiste unidentica versione sullaltare maggiore della cappella delle terme di Casamicciola, che rientrano nel patrimonio del sodalizio, donata nel 1896 da un tal Carlo Del Pezzo. Il tutto probabilmente frutto di una ristrutturazione avvenuta allinizio del XX secolo, in coincidenza dellacquisita enfiteusi da parte del Pio Monte. In fondo alla navata, al di l della bella balaustra marmorea, chiusa da un cancello di bronzo su cui sono raffigurate le allegorie del Vecchio e Nuovo Testamento, laltare maggiore. Realizzato con una ricchezza di intarsi marmorei policromi, presentava una originale decorazione bronzea al centro del
Giuseppe Sigismondo, Descrizione della citt , cit., vol. III, p. 56. Mentre il Palermo (Carlo Celano, Delle notizie del bello, a cura di S. Palermo, cit., p. 165) definisce belle le quattro statue, Galante, allopposto, (Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra della citt di Napoli, Napoli 1985, p. 308) le considera poco lodevolmente eseguite. Ancora pi negativo il giudizio del DAmbra: le quali per la verit non son s belle, sopra tutto perch non molto felicemente piantate, e per lo stile quasi caninamente sentito: ma con tutto ci non si vuol trascurare di far sapere cheelleno furon fatte sopra disegni del Solimena: Raffaele DAmbra, Achille de Lauzires, Descrizione della citt , cit., p. 663. 32 Elio Catello, Francesco Solimena disegni e invenzioni per argentieri, in Napoli Nobilissima, XXIV n. s. (1985), pp. 108111.
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paliotto: la croce, simbolo della Congregazione, con ai lati i due caretteri cinesi (Sheng e Jia) gi presenti nel logo dellandrone, indicanti la Sacra Famiglia. Scomparsa la croce a seguito del furto dellottobre 1989, restano i due caratteri cinesi, anche se quello di destra risulta danneggiato. Il tabernacolo impreziosito da uno sportello dargento sul quale raffigurato il Sacro Cuore di Ges, mentre i due angeli reggifiaccola posti a capoaltare sono attribuiti ad Angelo Viva33.

IV. Le tele del presbiterio Laltare maggiore sormontato dalla grande pala raffigurante la Sacra Famiglia, firmata e datata in basso a destra Ant.us Sarnelli 1769. Di chiara ispirazione giordanesca, si tratta di una delle opere migliori di Antonio Sarnelli, eseguita allet di 57 anni. Il quadro fu un dono del pittore, come risulta ora grazie al ritrovamento dei documenti contabili della Congregazione della Sacra Famiglia relativi allanno 1769. I congregati vollero poi ricambiare in parte il favore ricevuto, regalando al Sarnelli in occasione del Natale di quellanno la modesta somma di sei ducati34. La composizione pone al centro la Vergine seduta su una nube dalla quale in basso fanno capolino teste di cherubini con in braccio Ges Bambino in atteggiamento benedicente e lo sguardo rivolto allo spettatore; gli occhi della Madonna, invece, guardano verso il basso, mentre il capo volto a destra, di tre quarti. Ai lati sporgono dalle nuvole, in secondo piano, i busti di S. Anna, a sinistra, e di S. Giuseppe e S. Gioacchino, a destra, tutti con gli occhi rivolti al Bambino. Ma lelemento pi singolare della raffigurazione, in basso a sinistra, dato dalle figure di due giovani cinesi nei loro costumi nazionali, che sembrano invocare la protezione della Sacra Famiglia. Il quadro, menzionato per la prima volta dal Sigismondo35, verr poi riportato da diverse guide ottocen-

Lattribuzione di Gian Giotto Borrelli riportata da Ileana Creazzo, in Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra , cit., p. 321, nota 109. Il Viva, allievo di Giuseppe Sammartino, fu attivo a Napoli fra il 1772 e il 1818. Ha lasciato opere, tra laltro, nelle chiese napoletane della SS. Annunziata, S. Paolo Maggiore, SS. Trinit dei Pellegrini e S. Maria di Portosalvo. 34 In un primo documento del 22 dicembre 1769 contenuta la seguente deliberazione: ducati 6 D. Antonio Sarnelli pittore per un regalo fattogli con Ordine della Consulta per un atto di Gratitudine per il quadro della Sagra Famiglia, che il medesimo ha fatto e donato alla nostra Chiesa come da sua dichiarazione, che si conserva in filza (AUNO, vol. 52). Del successivo 31 dicembre lanaloga annotazione nel giornale di esito della Congregazione (AUNO, vol. 51), riportata in modo identico anche nel relativo libro maggiore (AUNO, vol. 31, f. 436 r.): Ducati 6 a D. Antonio Sarnelli pittore per regalo fattoli per ordine della consulta per atto di gratitudine attento il quadro della Sacra Famiglia dal medesimo fatto, e donato alla nostra chiesa siccome dalla sua dichiarazione. 35 Giuseppe Sigismondo, Descrizione della citt , cit., p. 56; lautore si limita a ricordare il quadro e il soggetto, ma non il suo artefice.
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tesche. Fra queste il DAmbra36, che individuava nei due giovani cinesi i primi alunni condotti dalloriente nel 1724 presso il nuovo collegio fondato dal Ripa. Secondo il Nardi, si tratterebbe di Lucio Wu Wu Lujue e Giovanni In Yin Ruwang 37. Giovanni, che abbandon la Cina per seguire il Ripa contro il volere dei genitori, vi ritorner nel 1735, morendo poche settimane dopo lo sbarco a Macao, colto forse da malaria, nel mentre in barca tentava con altri compagni di raggiungere la missione. Lucio Wu, invece, non vi far pi ritorno. Considerato dallo stesso Ripa inadatto al lavoro apostolico, in quanto gracile di costituzione, debole dingegno e di indole poco buona, si era spesso reso colpevole di comportamenti poco edificanti, fuggendo pi di una volta dallistituto di Napoli; pur essendo stato ordinato sacerdote nel 1741 conobbe anche il carcere sotto laccusa di diserzione dal Collegio e falsificazione di lettere dimissioriali38. La Sacra Famiglia non fu per la sola opera eseguita dal Sarnelli per la nostra chiesa. Un tempo sugli altari laterali vi erano due grandi quadri, oggi conservati nei depositi comunali di Castel Nuovo39. E si tratterebbe, tra laltro, delle due ultime opere firmate e datate del pittore, che mor a 88 anni nei primi mesi dellanno 1800. La prima delle due, che era collocata a destra, firmata Ant.us Sarnelli 1792, rappresenta la Vergine con Bambino e Santi: questa, circondata da angeli, ha ai suoi piedi in primo piano S. Filippo Neri e S. Teresa. In secondo piano, sulla destra, altre due figure di santi di cui si intravedono solo i busti. Il secondo quadro, che era posto a sinistra, firmato Ant.us Sarnelli 1793, raffigura il Cristo Risorto circondato anchegli da un volo dangeli, con ai piedi pi figure di santi fra i quali spicca a destra S. Francesco Saverio Borgia; a sinistra si erge una figura alata che sorregge unurna fiammeggiante, forse S. Michele ed al centro, seduto, S. Giuda Taddeo con la lancia del martirio. Limpressione che si ha dalle vecchie foto in bianco e nero conservate presso la fototeca di Castel S. Elmo (non ci stato, infatti, possibile visionare gli originali) quella di trovarsi di fronte alle ultime opere di un pittore ormai anziano e stanco, che ripropone in maniera monotona e ripetitiva il vecchio schema figurativo piramidale ormai obsoleto, mostrando alla rinfusa e in unatmosfera cupa figure di difficile identificazione, dagli atteggiamenti ieratici e manierati. Il giudizio critico reso comunque arduo dal cattivo stato di conservazione dei quadri e dalle ridipinture subite.
Raffaele DAmbra, Achille de Lauzires, Descrizione della citt , cit., p. 662. Gennaro Nardi, Cinesi a Napoli. Un uomo e unopera, Napoli 1976, disacalia a tavola fuori testo. 38 Giacomo Di Fiore, Un cinese a Castel SantAngelo. La vicenda di un alunno del Collegio di Matteo Ripa fra trasgressione e reclusione, in Aldo Gallotta, Ugo Marazzi (a c. di), La conoscenza dellAsia e dellAfrica in Italia nei secoli XVIII e XIX, vol. III, t. I, Napoli 1989, pp. 381-432. 39 Dei due quadri, riportati dalle principali guide ottocentesche, si persero le tracce nel secolo successivo. Lidentificazione delle due tele, conservate in Castel Nuovo, con quelle descritte dalle fonti si deve a Paola Artiaco nella tesi di laurea, I dipinti delle ex II. PP. AA. BB. Collegi Riuniti di Napoli ed Istituti di Istruzione e Assistenza Femminile, Univ. Federico II di Napoli, relatore Prof. Vincenzo Pacelli, anno acc. 1999-2000, pp. 45-52.
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Strana la sorte toccata a queste due opere che dovettero scomparire piuttosto presto dalla chiesa. Citate gi dal Sigismondo che le attribuiva stranamente a un fantomatico Gennaro la Mura, fratello del pi noto Francesco De Mura40, saranno assegnate al Sarnelli, sulla base della firma, dalle successive guide ottocentesche fino a quella del Galante41. Si deve notare, per, che lanno di edizione della Descrizione di Napoli di Giuseppe Sigismondo (1788-89) precede di circa quattro anni le date apposte sulle tele. Lincongruenza temporale, non essendoci motivi per dubitare dellautenticit delle due datazioni apposte accanto alla firma, pu essere spiegata solo in due modi; o i due quadri uno col
Francesco De Mura nacque a Napoli, nella parrocchia di S. Maria della Scala dal commerciante di lane Giuseppe Di Muro, nato a Scala ed abitante in via Orto del Conte, e Anna Linguito (Giuseppe Ceci, Lo studio di Francesco De Mura, in Rassegna Storica Napoletana, 1933, n. 2, pp. 107118). Nessuna fonte sembra documentare lesistenza di un fratello di nome Gennaro, tanto meno pittore. Una verifica dei registri dei battezzati, al momento resa difficile dalla problematica fruibilit dellarchivio parrocchiale, potr forse almeno in parte chiarire la questione. 41 Erasmo Pistolesi, Guida metodica di Napoli e suoi contorni, Napoli 1945, p. 107; Raffaele DAmbra, Achille de Lauzires, Descrizione della Citt , cit., p. 854; Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra , cit., p. 308.
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Redentore, laltro colla Vergine in gloria, e varj Santi al disotto citati dallautore furono realmente realizzati in ambito demuriano e sostituiti successivamente, per ragioni che non conosciamo, da due tele di analogo soggetto eseguite dal Sarnelli tra il 1792 ed il 1793; oppure, come ipotizz Vincenzo Onorati42 (questa seconda tesi ci appare comunque meno probabile rispetto alla precedente), essi furono semplicemente restaurati dal Sarnelli; un compito, questo, per lo pi assegnato ai pittori, il cui metodo spesso consisteva nel ridipingere gran parte della tela rispettandone solo lo schema compositivo e talvolta siglandola al pari dellautore. Le gi citate guide della citt collocavano i quadri sui due altari laterali della chiesa43. Ma in effetti ciascun altare laterale, di fattura ottocentesca, sormontato da una teca marmorea a forma di tabernacolo44, contenuta in una prospettiva riproducente il frontale di un tempio del quale si distinguono le lesene corinzie ai lati, labside a lacunari ed il sovrastante architrave coronato da un timpano triangoVincenzo Onorati, Dal monastero degli Olivetani, cit., p. 16. La verifica di tale ipotesi potrebbe realizzarsi solo attraverso una attenta analisi delle due tele, resa finora impossibile da problematiche situazioni logistiche ed ambientali dovute alle difficili condizioni in cui versano i depositi del Museo Civico di Castel Nuovo. In effetti Antonio Sarnelli, al pari di molti altri artisti, fu pi di una volta incaricato di ritoccare dipinti realizzati da altri autori: si veda ad esempio un documento inedito conservato presso lArchivio Storico del Banco di Napoli da noi recentemente ritrovato: 10 dicembre 1781, Al conto suddetto per pagamento ad Antonio Sarnelli per aver ritoccato il quadro della SS. Concezione che sta sopra la porta di Nostro Banco, ducati 12 (ASBNa, Banco di S. Giacomo, libro maggiore di terze, vol. IX, f. 373): di tale opera non vi pi traccia. 43 Cos, da ultimo Vincenzo Onorati, Dal monastero degli Olivetani , cit., p. 16, che edita il suo saggio nel 1911. Non si pu tuttavia escludere che lautore riferisca in maniera imprecisa notizie riportate dalle vecchie guide del secolo precedente, non verificate personalmente. 44 Degli altari e delle soprastanti teche marmoree (che potrebbero anche non essere coeve) non si conosce la data precisa di costruzione. Le teche, contenenti statue lignee (Immacolata e Cuore di Ges) del XIX secolo, sono delimitate ai lati da colonnine corinzie con fusto scanalato; agli angoli superiori poggiavano due coppie di puttini marmorei, trafugati nel 1989: Fabio Maniscalco, Ugo Di Furia, Furti dautore, cit., pp. 105-106. Negli archivi della Confraternita esiste unattestazione di pagamento al marmoraro Raimondo Belli, datata 30 marzo 1818, della significativa somma di 402 ducati per non meglio precisati lavori di marmo in chiesa eseguiti a spese di un certo Giuseppe Pisano (AUNO, vol. 37, f. 279v.). Potrebbe trattarsi proprio degli altari in questione. Inoltre, pochi anni prima, vi fu una ristrutturazione della chiesa (di cui per non stata trovata traccia negli archivi del Collegio), come attestato da unepigrafe marmorea posta allinizio della navata sinistra, sopra lingresso secondario della chiesa; nel testo, riportato dal Pistolesi solo per i primi sette righi, riguardanti la fondazione del tempio, si fa riferimento a lavori tenutisi nel 1814 grazie alla generosit di Domenico M. Ventapane, alunno e prelato della Congregazione (Erasmo Pistolesi, Guida metodica, op. cit, p. 107): D.O.M. / Templum Hoc / Quod a Clemente XII. P. M. concessum / Instituto Caroli VI. Imp. Auspiciis / Pro Sinensibus Ceterisque Orientalibus / Presbyterorum Collegio / Sub Fausto Jesu Christi Familiae Nomine / Matthaeus Ripa ex Baronibus Planchetellae / et Balbae Abbas S. Laurentii ex Arena / Maximis Exhaustis pro Tanti Operis Institutione Laboribus / Redux e Sinis Feliciter Dedicavit An. MDCCXXXII / Caroli III. ac Benedicti XIV. P. M. Munificentia Abbadia Auctum / Eorumdem Presbyterorum Opera in Formam Elegantiorem Redactum / Dominicus M. Ventapane Olim Ejusdem Collegii Alumnus / Nunc Metrop. Ecclesiae Neap. Can. Prespyter E.pus Tienensis / SS. D. N. Pii. PP. VII. Praelatus Dom. Et Solio Assistens / Solemni Ritu Consecravit XVII. Kal. Aprilis An. MDCCCXIV. / Nec Non Anniversario Consecrationis Die sub Rit. D. I. Cl. Cum Oct. Quadragenas Dierum Fidelibus Illud Pie Devoteque Visitantibus.
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lare. Questa soluzione architettonica sembrerebbe, quindi, escludere leventualit che i due grandi quadri potessero trovarsi sui due altari, a meno che questi ultimi non siano stati realizzati successivamente o in coincidenza con lo spostamento delle tele. Una seconda possibilit che le due opere del Sarnelli siano state invece poste sin dallinizio ai lati della tribuna, e pi precisamente al di sopra dei confessionali, e sotto le due tele della Visitazione e dellAnnunciazione di cui si parler pi avanti. In un inedito inventario della chiesa, compilato il 2 luglio 1881 e conservato presso larchivio della Congregazione45, le due tele del Sarnelli non sono pi menzionate. Inoltre, in un precedente e anchesso inedito inventario dellintero complesso datato 187846 (ma purtroppo alquanto sommario), riportato che sulla scalinata che immette al convitto laico vi un Quadro in tela ad olio raffigurante la Resurrezione e vari Santi che pu essere a ragione identificato con quello eseguito nel 93, posto sul lato destro della navata. Una traccia successiva riguardante entrambe le tele, viene ritrovata in due schede manoscritte (nn. 23 e 24) relative al convitto del Carminiello al Mercato, compilate verosimilmente negli anni 30 del secolo scorso a cura della allora Soprintendenza ai Monumenti di Napoli e conservate presso il catalogo della Soprintendenza con sede in Palazzo Reale. Divenute di propriet del primo gruppo Opere Pie, erano custodite nel salone del convitto, complete di cornici dorate. In epoca imprecisata i quadri subirono un nuovo trasferimento presso lAlbergo dei Poveri. Infine, dopo il sisma del 1980, furono consegnate ai depositi comunali di S. Lorenzo Maggiore per poi passare nel 1990, con la costituzione del Museo Civico, nella sede attuale di Castel Nuovo. Di autore ignoto sono invece i due grandi quadri rettangolari, ai quali abbiamo gi accennato, collocati in alto sulle due pareti della tribuna. Si tratta di una Visitazione a sinistra e di una Annunciazione a destra, entrambi ispirati agli analoghi lavori eseguiti da Francesco De Mura per la cappella dellAssunta nella chiesa della Certosa di S. Martino. Questi ultimi, simili per dimensioni e impianto figurativo, oltre a presentare una qualit di gran lunga superiore, rivelano una maggior ricchezza compositiva, sia per il numero di personaggi che per i dettagli degli sfondi. Realizzati intorno al 175747, furono entrambi preceduti da due versioni che lautore fece per lAnnunziata di Capua48, e per la chiesa napoletana di S. Nicola alla Carit49; unulteriore versione della sola Visitazione fu invece realizzata nel
AUNO, busta n. 28, fasc. 5. Questo inventario, al pari degli altri, pur citando ogni singolo oggetto, non ne riporta i particolari (ad esempio raramente sono citati i soggetti dei quadri e mai gli autori). Tra le cose pi singolari di cui si persa traccia, due scarabattoli di mogano con le reliquie di S. Alfonso Maria de Liguori e di S. Filomena, queste ultime di propriet del p. Luigi M. Falanga. 46 AUNO, busta n. 28, fasc. 2. 47 Lilia Rocco, in Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra , cit., p. 284, nota 231. 48 Mario Alberto Pavone, Pittori Napoletani del Primo Settecento, Napoli 1997, p. 189. 49 Flavia Petrelli in Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra, cit., p. 230, nota 220.
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1753 per lomonimo monastero di Madrid50. I due splendidi dipinti di S. Martino dovettero rappresentare negli anni a seguire un preciso riferimento per gli artisti napoletani della seconda met del XVIII secolo, come attestano le numerose tele di analogo soggetto ad esse ispirate. Tra le pi significative lAnnunciazione di Pietro Bardellino nella chiesa di S. Maria delle Vergini di Scafati51 e quella dipinta da Giacinto Diano per la Cattedrale dellAssunta di Ischia52. Delle due opere dei Cinesi, piuttosto modeste ed in precario stato di conservazione, non conosciamo n lautore, n lepoca in cui furono realizzate; di esse infatti non vi cenno nelle fonti bibliografiche, essendo state sistematicamente ignorate da tutte le guide antiche della citt53.

IV. La cantoria, la sagrestia ed altri ambienti del complesso La porta dingresso della chiesa sormontata da una grande cantoria in muratura che ricopre completamente il primo settore della navata e che illuminata dal grande finestrone centrale. Ridotta a deposito, essa conserva ancora il pavimento maiolicato settecentesco che probabilmente un tempo doveva essere presente in tutta la chiesa. Alla parete destra un prezioso organo firmato Mancini 1792-179354, purtroppo non pi funzionante, sulla cui cornice, in alto, poggia uno scudo ligneo finemente intagliato, con ancora largentatura originale; al suo interno ricompare, dipinto, il logo della Congregazione. Verso il lato sinistro della cantoria, accanto ad un armadio contenente oggetti liturgici, vi un organo pi piccolo di fattura pi recente. Da molto tempo vi sono provvisoriamente collocate, assieme a varie suppellettili (tra queste alcune vecchie panche con il simbolo del Pio Monte), due statue lignee (S. Anna e S. Michele Arcangelo) e due tele seicentesche (Incontro tra
Gino DAlessio, Nuove osservazioni sulle committenze reali per Francesco De Mura tra Napoli, Torino e Madrid, in Prospettiva, 1993, n. 69, pp. 70-87. 51 Antonio Braca, La pittura del sei-settecento nellAgro Nocerino Sarnese in AA.VV., Architettura ed opere darte nella Valle del Sarno, Nocera Inferiore 2005, p. 422. 52 Elena Persico Rolando, Dipinti dal XVI al XVIII secolo nelle chiese di Ischia, Napoli 1991, p. 93. 53 Sono invece riportate nel citato inventario del 1881 (v. nota n. 45). 54 Stefano Romano, Larte organaria a Napoli, Napoli 1979, pp. 371-374 e 462-463: secondo lautore si tratterebbe di Raffaele Mancini, membro di una famiglia di organari forse di origini pugliesi.
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il Cristo e il Battista, copia del celebre quadro di Guido Reni nella chiesa dei Girolomini55 e una Sacra Famiglia con San Giovannino), tutte in pessime condizioni di conservazione. Fino allaprile del 1984 vi si trovava anche una tela raffigurante una Visitazione, copia di un quadro di Raffaello conservato al museo del Prado di Madrid, eseguito per la cappella Branconio in S. Silvestro allAquila56. Lampia sagrestia, che fino ad alcuni anni fa ospitava la biblioteca dellOspedale, attualmente ridotta a deposito. Un tempo ricca di opere darte57, oggi contiene ancora un lavabo con lo stemma del Pio Monte, un ovale marmoreo raffigurante in altorilievo una Madonna con Bambino contornata da cornice in marmo scuro, attribuita alla scuola di Giuseppe Sammartino58 e due tele settecentesche. Una ovale con la Sacra famiglia, di modesta qualit59. Laltra, delle dimensioni di una pala, parafrasando il quadro dellaltare maggiore, raffigura due bambini, uno asiatico e laltro africano, sotto la protezione della Sacra Famiglia; di qualit non eccelsa, stata collocata in ambito demuriano60. In alcuni angusti ambienti, un tempo destinati ad alloggio del cappellano61, sono messi a deposito un insieme eterogeneo di oggetti di varie epoche, alcuni dei quali meritevoli di attenzione. Fra questi
Loriginale del Reni, che ebbe molta fortuna fra i contemporanei e del quale esistono numerose copie, conservato sullaltare della sagrestia dei Gerolamini: vedi Roberto Middione, in N. Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra , cit., p. 126, nota 313. 56 Angela Schiattarella, Ida Maietta (a c. di), Furti dArte, Napoli 1994, p. 18. Il prototipo del Prado, oggetto recentemente di un attento restauro, fu realizzato da Raffaello intorno al 1520 (anche se alcuni autori ritengono sia in gran parte stato eseguita dal suo allievo Giovan Battista Penni detto il Fattorino che oper anche a Napoli, dove mor nel 1528) per lamico Giovan Battista Branconio, che la espose nella sua cappella patronale. Fu trasferita in Spagna nel 1655 sotto il viceregno di Pasquale dAragona. La copia della Visitazione (di cm. 150 x 120 ca), cos come lIncontro tra il Cristo e il Battista del Reni, si trovavano un tempo in sagrestia, assieme ad altri quadri oggi dispersi, come riportato da Erasmo Pistolesi in Guida metodica , cit., p. 107: In sagrestia vi sono buoni quadri, cio ladorazione dei Magi: la visita di s. Elisabetta: Cristo col Battista: la mietitura in istile fiammingo: una fiera che potrebbe dirsi del Bassano. 57 V. nota precedente. 58 Ileana Creazzo, in Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra , cit., p. 321, nota 113. 59 Francesco Ceva Grimaldi, Memorie storiche della citt , cit., p. 483: Tra i napoletani [benefattori dellistituzione] non conviene obbliare i nomi del duca Borgia regente del consiglio collaterale che lasci il quadro della Sacra Famiglia che sta nella sacrestia della chiesa. La modesta qualit del quadro e la contemporanea e ben documentata presenza un tempo in sagrestia di una Adorazione dei Magi donata dai Borgia di cui si parler pi avanti, ci fa lecitamente pensare che lautore abbia fatto confusione tra le due opere e che quindi la notizia debba essere considerata un refuso. Altra possibilit che i quadri donati dal Borgia fossero pi di uno e che la Sacra Famiglia, a cui si riferisce il Ceva Grimaldi, sia quella conservata sulla cantoria di cui gi si detto. 60 Fara Caso, in AA.VV., Napoli Sacra. Guida alle chiese della citt, Itinerario 14, 1996, p. 890. 61 Laccesso all ex alloggio del cappellano si trova allinizio della navata destra, di fronte allingresso secondario, simmetricamente a questultimo. Da qui anche possibile, tramite una scala in muratura, accedere alla cantoria. Sulla porta che dalla chiesa d accesso ai suddetti ambienti vi unepigrafe di marmo, in parte abrasa: Sacellum Deo Nomini Dicatum / Alma Deiparae Genitrix Ne .ncas / Quisquis Haec Limina Adiverit / Praesenti Ope Refectum / Se sentiat.
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una interessante tela raffigurante la Fuga in Egitto. Il quadro, forse per le insolite dimensioni (cm. 29 x 85) destinato a fare da sopraporta, venne rubato nel 198962; circa dieci anni dopo, periodo in cui era stato anche sottoposto ad un accurato restauro, venne ritrovato e restituito dai carabinieri del nucleo tutela per il patrimonio artistico di Venezia. Ad esso faceva da contrappunto una seconda tela di identiche dimensioni, e probabilmente dello stesso autore, raffigurante forse lIncontro fra Giacobbe e Rachele63.

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Fabio Maniscalco, Ugo Di Furia, Furti dautore, cit., pp. 105-106. V. nota precedente. Nella denuncia del furto, il soggetto del quadro che nella scheda della Soprintendenza figurava come Episodio della vita di Giuseppe fu erroneamente trasformato in Episodio della vita di S. Giuseppe. Nelle due tele lelemento in assoluto predominante il paesaggio; al suo interno compare come elemento secondario la scena, affidata a figurine poco pi che abbozzate. Sembrano potersi collocare in ambito napoletano della seconda met del XVII secolo.

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Nello stesso luogo si conservano altre piccole tele, quali un S. Vincenzo de Paoli, una Addolorata di ambiente solimenesco e una mediocre Madonna del Carmine. In grandi armadi lignei sono poi stipati un gran numero di oggetti sacri, alcuni dei quali in argento, paramenti, reliquiari e pastori di presepe. E in una cornice dorata, una testa di Ecce Homo in terracotta policroma a grandezza naturale probabilmente ottocentesca. Un tempo era conservato nel salone della Congregazione un ritratto di Matteo Ripa circondato da quattro giovani asiatici. Secondo il DAmbra64, il quadro fu realizzato sul finire del XVIII secolo da Giovanni Scognamiglio, pittore a noi quasi del tutto sconosciuto65, che si sarebbe avvalso della maschera di cera dello stesso Ripa e dellassistenza di un non meglio precisato membro della famiglia Borgia66, molto intendente di pittura al punto da realizzarne egli stesso una piccola copia che si conservava in sagrestia67. Il quadro, sempre a detta del DAmbra, sarebbe stato poi ritoccato da Paolino Girgenti68 valente disegnatore e dipintore che diede a questo quadro unultima mano, apponendovi una certa patina di scuro per determinarvi meglio le ombre; e per tal modo seppe fare, che il quadro prese una certa faccia di antico, che lo fa molto pregevole. Passato in propriet dellIstituto Orientale, dopo essere stato sottoposto a restauro negli anni 80, stato collocato nel Rettorato. Sul retro della tela si legge: A divozione del Padre D/doa 18 Febraro 1818/Giovanni Scognamiglio dipinse69.
Raffaele DAmbra, Achille de Lauzires, Descrizione della citt, cit., p. 663. Il Galante, oltre a confermare la paternit del quadro ed il restauro successivo del Girgenti, cita il pittore Scognamiglio come restauratore del ritratto su tavola dellArcivescovo Umberto dOrmont attribuito a Lello da Orvieto, conservato presso la Curia Arcivescovile. Non ci risultano altre notizie bibliografiche su questo oscuro artista: Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra, cit., p. 14. 66 Lunico Borgia, vissuto tra la seconda met del Settecento e la prima met dellOttocento, congregato della Sacra Famiglia di Ges Cristo, fu Giovanni Maria Borgia, nato a Napoli il 27 maggio 1760 e ivi morto il 20 febbraio 1836: [Giuseppe Maria Kuo, alias Guo Dongchen ], Elenchus alumnorum, decreta et documenta, quae spectant ad Collegium Sacrae Familiae Neapolis, Chang-hai 1917, pp. 24-25 (n. 109). 67 Da considerarsi ora dispersa. Non sembra possibile identificarla con il Ritratto di Matteo Ripa raffigurato a mezzo busto con in mano un Crocifisso datato 1746 (cm. 63 x 76 ) e conservato nella direzione sanitaria dellospedale, il cui furto venne denunciato il 1 gennaio 1990: Angela Schiattarella, Ida Maietta (a c. di), Furti dArte, cit., pp. 37-38. 68 Paolino Girgenti, siciliano, allevo di Guglielmo Morghen, fu incaricato nel 1790 da Ferdinando IV di realizzare una serie di disegni dei pi importanti quadri della Galleria di Capodimonte destinati ad essere incisi, e cinque anni dopo di farne delle copie ad olio. Agli inizi del secolo successivo divenne poi professore della Reale Accademia di Disegno (Angelo Borzelli, LAccademia del Disegno durante la prima restaurazione borbonica in Napoli Mobilissima, X n. s. (1901), pp. 1-5, 22-26, 5356, 65-71, 105-107, 124-126, 138-141). Tre suoi disegni con episodi della vita di Gioacchino Murat datati 1815 si conservano nella Biblioteca della Societ Napoletana di Storia Patria. Mor nel 1819. 69 La notizia riportata da Ileana Creazzo, in Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante. Guida sacra, cit., p. 321 (nota 113).
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Certamente molto pi numerose dovevano essere le opere darte custodite un tempo nel complesso e poi disperse a causa di furti (gran parte dei quali probabilmente mai documentati), trasferimenti o distrutti dallincuria e dallignoranza. Quasi totalmente perduto, ad esempio, il vasto patrimonio di oggetti provenienti dallOriente di cui per primi riferirono il Sigismondo70 ed il Palermo71 che in parte conflu nel museo etnografico dellIstituto Orientale per poi disperdersi definitivamente dopo lultimo conflitto mondiale72. Oltre alla chiesa e alla sua sagrestia che doveva considerarsi una piccola pinacoteca73, erano presenti nel complesso altri ambienti sacri, quali ad esempio la cappella del Noviziato, come riportato da alcuni documenti di pagamento74. Infine, vi notizia dellesistenza di una quadreria interna al Collegio dei Cinesi da una sua sommaria descrizione e valutazione effettuata dal pittore Filippo Palizzi, allora presidente dellAccademia di Archeologia, Lettere ed Arti75. Buona parte della collezione era costituita da decine di ritratti di allievi e membri della congregazione che venivano sistematicamente eseguiti allingresso di ciascuno nel collegio e che sono registrati nei documenti contabili, anche se il pi delle volte non citato il nome del pittore76.
70 Giuseppe Sigismondo, Descrizione della citt, cit., vol. III, p. 56: La Casa poi, nella quale conservansi delle speciose robbe portate dalla Cina, ed altri luoghi Orientali, situata in luogo amenissimo, scorgendosi dalla medesima tutto il nostro cratere, e le nostre belle campagne. 71 Carlo Celano, Delle notizie del bello, a cura di S. Palermo, cit., giornata VII, p. 165: Ed in essa Casa si conservano, ed a curiosi si mostrano molte belle cose, e rare galanterie della Cina portate gi dal fondatore Ripa; ed anderan crescendo colle altre, che o manderanno i Missionarj (non potendo mai pi per espresso voto, che ne fanno ritornare in Europa gli Alunni) quando saran di ritorno in questa Citt. 72 Michele Fatica, Le sedi dellIstituto cit., p. 55. Una pi dettagliata descrizione degli oggetti rari un tempo conservati dal collegio, riportata dal Pistolesi (Erasmo Pistolesi in Guida metodica , cit., p. 107): vi sono non pochi oggetti rari della Cina: cio un canestro con coperchio davorio, per modo intagliato, che sembra un ricamo, raro s pel lavoro, che per avere un palmo e mezzo di diametro. Una guglia similmente in avorio con nove divisioni: negli ambulacri vi passeggiono i bonsi; alta un palmo. Un ventaglio davorio di gastigato lavoro; direbbesi fatto a stampa. Un piatto con sottocoppa di tartaruga, de vasi da t, pitture, suppellettili ec. 73 Come riportato da Erasmo Pistolesi in Guida metodica,, cit., p. 107. 74 AUNO, vol. 52, p. 5: Per pittura fatta nella soffitta della Cappella del Noviziato e per inchiodature della tela, ed altre fatighe fatte dal pittore [non ne viene indicato il nome] ducati 5. Inoltre, nel complesso olivetano descritto nellatto di vendita al Ripa del 1729, gi si rilevava lesistenza di una piccola Cappella a cui si accede dal 3 ballatoio e di una camera con soffitta allantica ad uso di cappella: Maria Rosaria Guglielmelli, Da casa palazziata a , cit., pp. 289 e 290. 75 AUNO, Verbali del Consiglio di Amministrazione, verbale n. 18 del 26 maggio 1890, f. 55r. e v. 76 Riportiamo alcuni tra i documenti che ci sono parsi pi significativi: a 1 nov. 1760 pagato al pittore Natale per li ritratti di D. Emiliano, D. Filippo e D. Giovanni ducati 5 (AUNO, v. 30, p. 12); a 15 sett. 1764 pagato a Si. Natale S. Maria Pittore per complimento di d. 4, d. 2. grana 8 per due ritratti fatti delli Signori D. Antonio Xiao [Xiao Anduo ] e D. Cassio Taj [Dai Deguan ] (AUNO, v. 30, p. 70). Diversi sono invece i nomi di pittori che ricorrono nei documenti di archivio relativamente a conti di fabbrica. Si tratta per lo pi di pittori ornamentalisti che lavorarono per la congregazione o per le nume-

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V. La tavola con lAdorazione dei Magi A dispetto di tante dispersioni riteniamo di aver individuato una delle opere di maggior rilievo, anche da un punto di vista storico, un tempo custodite nel Real Collegio. Si tratta della tavola con lAdorazione dei Magi citata dalle fonti come il quadro pi prezioso conservato in sagrestia, dono della famiglia Borgia. Il dipinto ricordato da Pistolesi, Galante e DAmbra, ma questultimo a fornirci il maggior numero di informazioni, riportandone le dimensioni (circa palmi sette per sette), la paternit (della scuola di Andrea da Salerno) e il donatore, probabilmente Niccol Borgia (regalato alla chiesa da uno della famiglia Borgia stato alunno del collegio), aggiungendo che lo stesso ne avrebbe poi fatto porre una copia nella sua cappella gentilizia nella chiesa di S. Giovanni Maggiore77. Il quadro, ritenuto perduto, si conserva nella pinacoteca del Pio Monte della Misericordia che evidentemente lo rilev per arricchire la sua quadreria gi molti decenni fa78. Si tratta senza alcun dubbio di quello citato dal DAmbra, dal momento che coincidono perfettamente sia le dimensioni che la precisa descrizione della scena (E notevole la graziosa scena di questa pittura e il Bambolino ripiegato sopra s stesso che di su le gambe della Vergine colla sinistra afferra la cima del vaso che gli viene offerto dal Magio dinanzi a lui

rose case di cui era proprietaria. Ci limitiamo ad elencarli qui di seguito indicando, tra parentesi, gli anni in cui risultano pagamenti a loro favore: Gennaro Rossi (1789), Gennaro Ruggia o Ruggi (1790 e 1791), Leonardo dOnofrio (1791), Vincenzo Cangiano (1800 e 1804), Alessandro Roselli (1803 e 1805), Vincenzo di Viva (1805). Lunica eccezione rappresentata forse da Francesco Malerba che dovette esercitare anche in qualit di pittore di cavalletto in quanto iscritto alla Corporazione dei Pittori Napoletani gi dal 1692; continu a farne parte almeno fino al 1699, anno in cui partecip, assieme ad altri, alla decorazione della relativa cappella (F. Strazzullo, La Corporazione dei Pittori Napoletani, Napoli 1962, pp. 10 e 28). Di lui possediamo due documenti: 1) 17 maggio 1752 pagato al Sig. Francesco Pittore conto d freggi carlini venti complimento di detti quattro (AUNO, v. 147, p. 140); 2) 2 giugno 1752 pagato al Sig. Francesco Malerba ducati quattro, e grana 8 a complimento di ducati 8:80 per saldo de freggi fatti nelli due cameroni del 2 piano (AUNO, v. 147, p. 141). Francesco Malerba lavor anche nel palazzo del marchese della Ripa nel Borgo di Chiaia nel 1735 (Giuseppe Fiengo, Organizzazione e produzione edilizia a Napoli allavvento di Carlo di Borbone, Napoli 1983, p. 140) e soprattutto dipinse, in collaborazione con Cristoforo Russo, la sala grande della biblioteca dei Girolamini (oggi sala Vico) realizzata dal Guglielmelli nel 1736, in cui, nel contesto di un imponente progetto decorativo, si inserisce il grande riquadro centrale con Il trionfo della Fede sulla Scienza e sulle Virt (Enrico Mandarini, I codici manoscritti della Biblioteca Oratoriana di Napoli, Sommario, par. II, pp VII-XIX, Napoli 1727; Antonio Bellucci, Il trionfo della Fede sulle Scienze e sulle Virt, in Roma, 2 luglio 1927, p. 3). 77 Raffaele DAmbra, Achille de Lauzires, Descrizione della citt, cit., p. 663. 78 Unauspicabile indagine negli archivi del Pio Monte della Misericordia, oltre a fornirci maggiori dettagli sul trasferimento della Nativit, potrebbe rivelare lesistenza nella pinacoteca di altre opere provenienti dal collegio dei Cinesi, cosa possibile, ad esempio, per un Annunciazione attribuita al De Mura, proveniente dalla abolita casa di riposo Villa Ranieri di via Cagnazzi, adiacente allex ospedale Elena dAosta: vedi Maria Grazia Leonetti Rodin, Il Pio Monte della Misericordia. La storia, la chiesa, la quadreria, Napoli 1991, sch. 136.

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chinato, che cosa affatto poetica e capricciosa). Peraltro, risulta evidente lassoluta identit della raffigurazione al confronto con la versione, di eguali dimensioni, un tempo conservata nella cappella Borgia a S. Giovanni Maggiore ed oggi nei depositi della Soprintendenza. La tavola, attribuita da Raffaello Causa a Giovan Filippo Criscuolo (Gaeta 1500 ca Napoli 1584) sulla base di somiglianze stilistiche con le Nativit del polittico di Novi Velia e di Capodimonte, entrambe firmate e datate79, stata pi di recente assegnata da Leone de Castris a Girolamo Ramarino (documentato a Napoli fra il 1514 ed il 1521), detto Girolamo da Salerno80. Interessante il distico che si legge sul cartiglio dipinto in basso a sinistra: partus et integritas discordes tempore longo Virginis in gremio foedera pacis habent (il parto e la verginit inconciliabili tra loro a lungo, si conciliano come patto di pace nel grembo della Vergine)81. Mentre la tavola oggi al Pio Monte stata recentemente oggetto di restauro, pessime sono le condizioni della versione di S. Giovanni Maggiore; un intervento su questultima sarebbe auspicabile anche per consentire un corretto raffronto fra le due opere. Essa si trovava sullaltare maggiore della IV cappella a destra dedicata alla Nativit, di patronato della famiglia Borgia, ma che in preceRaffaello Causa, Opere dArte nel Pio Monte della Misericordia a Napoli, Napoli 1970, p. 92: Opera tipica dellartista da situarsi tra il polittico di Novi Velia (f. e d. 154) e quello dei depositi del Museo di Capodimonte egualmente firmato, e datato 45. La marcata dipendenza dagli esempi di Andrea Sabatini da Salerno non cancella le predilezioni per le esperienze antiche, protocinquecentesche, con richiami alla bottega operosa nel Chiostro del Platano, alle prove ancora tanto suggestive dello Pseudobramantino ed ai precedenti illustri di Cesare da Sesto. E per, il tutto, in una parlata di corrente di timbro provinciale. 80 Paola Giusti, Pierluigi Leone de Castris, Il polittico di Cava, Girolamo da Salerno, Cesare da Sesto nelle due discese al Sud ed Andrea Sabatini, in Forastieri e regnicoli. La pittura moderna a Napoli nel primo Cinquecento, Napoli 1985, pp. 139-172, spec. 148-9 e nt. 27. 81 Il distico, dettato dal Sannazzaro per la sua chiesa di S. Maria del Parto a Napoli [v. Gennaro Borrelli, La basilica di S. Giovanni Maggiore, Napoli 1967, p. 88; Paola Giusti, Pierluigi Leone de Castris, Il polittico di Cava (v. nota precedente), 148-149] sarebbe presente anche nella basilica divi Mathie apostoli a Trier (cos nel ms. di Trier nr. 814 (Katalog 804) [Trierer Mnches Hubert von Kln f. 772]: Gall Morel, Lateinische Hymnen des Mittelalters, Einsiedeln 1868, 7 n. 13 ex cod. Engelberg 102 saec. XIII). Lepigramma sancte Marie virginis (sic) riportato nel Liber de epitaphiis (De laude atque epitaphiis virorum illustrium compendiosus et dilectabilis tractatus), trasmesso questultimo da alcuni esemplari di incunaboli (Darmstadt, Stuttgart [su questultimo, in migliori condizioni, si basa leditore]) stato pubblicato da Ludwig Bertalot, Die lteste gedruckte lateinische Epitaphiensammlungen, in Collectanea variae doctrinae Leoni Olschki oblata, Mnchen 1921 = Studien zum italienischen und deutschen Humanismus (ed. P.O. Kristeller), I, Roma 1975, p. 269-301, spec. 284 n. 32. Si v. H. Walther (bearb. von) Initia carminum ac versum Medii Aevi posterioris Latinorum. Alfabetische Verzeichnis der Versanfnge mittellateinischer Dichtungen, Gttingen 1959, nr. 13740. 82 Per la storia della cappella e sulla presenza dei Borgia nella chiesa v. Gennaro Borrelli, La basilica di cit., pp. 88 89.
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denza era appartenuta a quella dei Ruffo82. Secondo il Borrelli anche il quadro in epoca imprecisata fu ereditato dai Ruffo, bench neppure questi ultimi ne fossero stati i primi possessori. Sappiamo infatti da Pietro de Stefano, autore nel 1560 di una guida sacra della citt83, che lAdorazione dei Magi, da lui esattamente descritta, si trovava nella cappella del Capitano Funato. Sulla base di tale notizia il Borrelli ritiene che il Re Magio in ginocchio sia proprio il Funato: ci sia per linsolita presenza della spada al suo fianco, sia per la consuetudine da parte del committente nel caso, appunto, di una Nativit di farsi raffigurare fra i Magi e la propria famiglia. Inoltre, i ruderi che fanno da sfondo alla scena non sarebbero dei semplici elementi decorativi ma riproporrebbero lantico abside semidistrutto con la parte centrale della tribuna, appartenenti alla stessa chiesa di S. Giovanni Maggiore. In epoca imprecisata, la lapide tombale di Domenico Borgia, padre di Niccol (morto nel 1736) unitamente al bassorilievo con la sua effige, che si trovavano su un pilastro di detta cappella, furono trasferiti nei pressi dellingresso secondario e murati sulla parete di destra84.

VI. LArciconfraternita dellAssunta Confraternita di tipo laicale, la sua fondazione risalirebbe agli anni in cui il Ripa era ancora in vita85 e si form a latere della Congregazione della Sacra Famiglia di Ges, su iniziativa di otto nobili gentiluomini del borgo e con laiuto di insegnanti ed educatori, alcuni dei quali provenienti dalluniversit federiciana. Essa ottenne poi nel 1787 il riconoscimento diocesano con decreto del cardinale Giuseppe Capece Zurlo e quello civile con regio assenso controfirmato

Pietro de Stefano, Descrittione dei luoghi sacri della citt di Napoli , Napoli 1560, f. 20v. Per il testo della lapide borgiana v. Giulio Gagliardi, La Basilica di S. Giovanni Maggiore in Napoli e la sua insigne Collegiata, Napoli 1888, pp.137-140. 85 Michele Fatica, Le sedi dellIstituto , cit., p. 12. 86 Antonio Lazzarini, Confraternite Napoletane, Napoli 1995, pp. 187-190.
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dal ministro Tanucci86. Continu la sua attivit anche dopo il 1888, anno in cui il Real Collegio Asiatico si trasform in Regio Istituto Orientale, ottenendo anche luso delladiacente chiesa. La trasformazione del complesso in ospedale rese per pi difficile lattivit statutaria che per molti anni si svolse prevalentemente nella vicina parrocchia di S. Severo. Ci determin il progressivo abbandono della cappella e culmin con la sua annessione da parte dellospedale che la utilizz come deposito e spogliatoio per dipendenti. Devastata da furti87 e dalluso improprio, attualmente chiusa e versa in una condizione di estremo degrado. Larciconfraternita, ubicata sulla sinistra della Chiesa, si sviluppa su un piano inferiore rispetto ad essa88. Il portale dingresso, con una targa a semiluna indicante il nome della congrega come rosta, sormontato da una cornice di stucco di forma ovale, decorata da un cartiglio, nella quale affrescata limmagine della Madonna Assunta. ad aula unica a pianta rettangolare coperta da una volta a botte. Questultima decorata a lacunari nei quali ci sono resti di affreschi molto guasti raffiguranti angeli e putti forse in origine settecenteschi, ma ampiamente ridipinti. In fondo vi laltare coevo di marmi policromi, preceduto sul lato sinistro da un altarino marmoreo ottocentesco. Bello il pavimento maiolicato del XVIII secolo. Non pi in loco la pala settecentesca dellAssunta di ambito solimenesco, sono invece ancora presenti sulla parete di fondo e in posizione laterale due piccole tele coeve di forma triangolare, raffiguranti a destra la Vergine Annunziata ed a sinistra lArcangelo Gabriele. Sulla destra dellaltare maggiore vi una porta che conduce in un ambiente attiguo che doveva fungere da sagrestia che d a sua volta accesso ad una seconda stanza che faceva probabilmente da ufficio. Nella prima di esse due nicchie ovali con cornice mistilinea contenenti i busti in stucco dellEcce Homo e dellAddolorata, a grandezza naturale, e unaltra pi elaborata con mensola e cornice in piperno di forma rettangolare, con S. Giuseppe e il Bambino. Sempre alle pareti tre lapidi. Una ricorda limpegno da parte dei sacerdoti della Sacra Famiglia di curare la celebrazione di una messa ogni domenica per lanima di un tal Gennaro Bracco, datata 10 maggio 176189. Unaltra epigrafe ricorda lobbligo di celebrare un certo numero di messe per Gennaro Vilardo, datata 1832, mentre lultima fu posta a testimonianza del privilegio di indulgenze concesse al sodalizio da Leone XIII, nellanno 1893.
Nel corso dello stesso furto che interess la chiesa della Sacra Famiglia il 25 ottobre 1989 furono rubati dalla confraternita dellAssunta alcuni oggetti sacri. Successivamente, il 20 dicembre 1993, furono asportate alcune suppellettili lignee: Angela Schiattarella, Ida Maietta (a c. di), Furti dArte, cit., pp. 37 e 55. 88 Il portale della chiesa della Sacra Famiglia infatti preceduto da sette gradini, mentre quello della Confraternita dellAssunta posto ai piedi della scalinata, all altezza del sagrato. 89 A tal proposito Antonio Lazzarini (cit., p. 190) riporta il contenzioso sollevato dai congregati contro lamministrazione dellIstituto Orientale che, dopo essere subentrato al Real Collegio Asiatico nel 1888, non aveva ritenuto di attenersi a tale obbligo (che era stato ottenuto nel 1761 mediante il pagamento di duecento ducati), considerandolo estinto con il passaggio di propriet. Con sentenza del 1895, il tribunale diede regione ai congregati.
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VII. Antonio Sarnelli A completamento di quanto finora esposto sul complesso dei Cinesi e sul patrimonio storico-artistico in esso contenuto, si ritiene utile fornire alcune notizie essenziali su Antonio Sarnelli, artista che maggiormente ha lasciato tracce di s nella chiesa della Sacra Famiglia, sia per quanto riguarda le opere che i dati documentari. Ci oggi possibile grazie ad una approfondita ricerca sulla famiglia dei Sarnelli, ormai in fase molto avanzata, che ha permesso non solo di ricostruirne, per la prima volta, la vasta ed il pi delle volte inedita produzione, ma anche di ottenere unampia messe di elementi biografici, laddove fino ad oggi mancavano persino dati fondamentali, quali i luoghi e gli anni di nascita e morte90. Domenico Antonio Sarnelli, figlio di Onofrio, Re dArmi di Sua Maest, e di Angela Viola, nasce a Napoli, nel territorio parrocchiale di S. Anna di Palazzo il 17 gennaio 171291. Sulla scia del fratello maggiore Gennaro, promettente pittore formatosi nella bottega del De Matteis, ma morto allet di soli 27 anni il 3 febbraio 173192, entra anchegli nella stessa bottega assieme al fratello minore Giovanni93; ma la giovanissima et dei due (rispettivamente 16 e 14 anni nel 1728, anno di morte del maestro) lascia

Le uniche scarne notizie biografiche su Gennaro, Antonio e Giovanni Sarnelli, ci sono fornite da Bernardo De Dominici, Vite de pittori, scultori ed architetti napoletani IV, Napoli 1742-45, p. 547, nel capitolo dedicato agli allievi di Paolo De Matteis: Gennaro Sarnelli, il quale studi molto nella scuola di Paolo, ed avrebbe fatto gran profitto, mediante la sua naturale, e continua applicazione, ma per questa medesima divenne tisico nel pi bel fiore degli anni suoi, e se ne pass presto allaltro mondo. Vivono oggid i suoi fratelli Antonio e Giovanni Sarnelli, che fanno onore al maestro, ed a loro medesimi, nelle opere che dipingono con studio e con amore. 91 Arch. Parrocchiale di S. Anna di Palazzo, Libri dei Battezzati, XVIII (1700-1713), f. 229 r. 92 Gennaro mor il 3 febbraio 1731 (Archivio Parrocchiale di S. Marco di Palazzo, Libri dei defunti, VI, f. 80v.) e fu sepolto nella chiesa di S. Croce di Palazzo. Del pittore, del quale a lungo si era ritenuto non ci fossero pervenute opere: v. ad es. Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani dal XI al XX secolo, X, Torino 1977, p. 165: Sarnelli Gennaro (attivo a Napoli nella seconda met del XVIII secolo) fratello di Antonio e Giovanni, fu allievo di Paolo de Matteis; mor in giovanissima et; non si conoscono sue opere abbiamo di recente individuato tre tele firmate e datate, realizzate tra il 1727 ed il 1730 (Ugo Di Furia, Gennaro Sarnelli: un pittore ritrovato, cds. in Napoli Nobilissima, 2007). 93 Nato il 23 giugno 1714 nel territorio parrocchiale di S. Marco di Palazzo (Archivio Parrocchiale di S. Marco di Palazzo, Libri dei Battezzati, XII, f. 52 r.). Attivo dal 1738 al 1887, la sua produzione, per almeno la met inedita, non fu tuttavia molto ampia, avendo operato pi spesso in collaborazione con Antonio. Nonostante un indubbio talento che lo port a dipingere a livelli di qualit che non lo discostano di molto dal fratello, molto pi prolifico, e con il quale pu essere facilmente confuso, non fu mai pittore a tempo pieno. Nel 1747 diventer, infatti, re darmi al posto del padre Onofrio (ASN, tesoreria generale antica, scrivania di razione e ruota dei conti, vol. 18, f. 2 r.) carica che manterr fino alla morte che sopraggiunse il 27 maggio 1793 allet di 79 anni. Fu sepolto nella Chiesa di Montecalvario (Archivio parrocchiale di S. Matteo, Libri dei defunti, 1779-1780, f. 143v.).
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dedurre che il periodo di apprendistato fu piuttosto breve. Il 7 luglio 1741 sposa Caterina Grillo, la cui sorella Maddalena convoler a nozze circa sei mesi dopo con il cognato Giovanni94. Fino al 1760, anno in cui Caterina muore in conseguenza dellultimo parto (la coppia ebbe dodici figli di cui diversi morti prematuramente), i due fratelli coabiteranno con le rispettive famiglie95, insieme anche al fratello maggiore Ferdinando, segretario e razionale del Banco di S. Giacomo. Nel 1762 sposa in seconde nozze Elisabetta DAprile, dalla quale avr altri sette figli. Morir nei primi mesi dellanno 1800 (non abbiamo la data precisa ed il luogo della morte) alla veneranda et di 88 anni. Lampia produzione di Antonio, che si realizzata in un arco di oltre sessantanni attraversando la gran parte del XVIII secolo96, si svolse spesso in collaborazione con Giovanni, con il quale dovette costituire una sorta di bottega97. Tale attivit si espresse sopratutto nellambito di una pittura di soggetto religioso98, ben adattandoArchivio Storico Diocesano, processetti matrimoniali, anno 1741, lettera D e anno 1742, lettera G. In circa 20 anni cambieranno pi volte abitazione senza per mai abbandonare la zona fra S. Anna di Palazzo e Pizzofalcone. Probabilmente privi di una vera e propria bottega, esercitavano in casa la loro attivit. 96 Per una parziale panoramica sulle opere di Antonio Sarnelli vedi al momento: Pietro Napoli Signorelli, Gli artisti napoletani della seconda met del secolo XVIII, in Napoli Nobilissima, III n. s. (1922), pp. 26-27 (si tratta della pubblicazione di un manoscritto inedito del 1798 sugli artisti del Regno di Napoli al tempo di Ferdinando IV, integrato da note di Giuseppe Ceci); Giuseppe Ceci, Sarnelli Antonio, in Ulrich Thieme, Felix Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Knstler, Lipsia 1935, XXIX, p. 468; Rosario Pinto, Storia della pittura napoletana, Napoli 1997, pp. 226-227; Umberto Fiore, Presenze pittoriche nellAgro in Mario Alberto Pavone (a c. di), Angelo e Francesco Solimena nellAgro Nocerino-Sarnese tra continuit ed alternative, Salerno 2002, pp. 63-100; Ugo Di Furia, Due opere inedite di Antonio Sarnelli in Santa Maria del Pozzo, in Summana, 63, 2005, pp. 14-19; Antonio Braca, La pittura del sei-settecento nellAgro Nocerino Sarnese. Il Settecento in Antonio Braca, Giovanni Villani, Carmine Zarra (a c. di), Architettura ed opere darte nella Valle del Sarno, cit., pp. 385-430. La prima opera conosciuta di Antonio una inedita Madonna con Bambino in collezione privata; di piccole dimensioni; fu eseguita su rame allet di 19 anni ed firmata e datata 1731. (Una tela dello stesso anno raffigurante una Madonnina fu segnalata da Franco Strazzullo nella chiesa di S. Arcangelo a Baiano, ma risulta dispersa: Franco Strazzullo, Postille alla Guida Sacra della citt di Napoli del Galante, Napoli 1962, p. 8). 97 La ricostruzione dellattivit dei Sarnelli, anche dal punto di vista cronologico, agevolata dalla puntualit con la quale essi firmano e datano quasi costantemente le loro opere. I quadri di bottega, cio frutto della collaborazione di Antonio e Giovanni, sono facilmente riconoscibili in quanto firmati con il solo cognome, senza anteporre cio la sigla del nome di bat94 95

tesimo (Antus e Gionni). Tutto ci ha in passato spesso ingenerato confusione nelle attribuzioni, assegnando il pi delle volte ad Antonio anche opere eseguite da entrambi o addirittura firmate dal fratello. Il sodalizio, iniziato nel 1735 con le dieci tele di soggetto religioso del Museo di Taverna (Catanzaro), si concluder nel 1781 con la Madonna e Santi della chiesa di S. Francesco a Matera. Il primo ad intuire il significato dalla firma apposta con il solo cognome stato Gianluigi Trombetti in uno dei rari articoli dedicati ai Sarnelli: I Sarnelli e la chiesa della Maddalena in Memorie riscoperte. Mostra di Opere dArte Restaurate dalle chiese della Maddalena e del Carmine, Morano Calabro 1995, pp. 111-114. 98 Nicola Spinosa, Pittura sacra a Napoli nel 700, Napoli 1980, pp. 15-16.

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si a quel gusto definito devozionale, mescolando sapientemente lo stile dematteisiano del maestro, a sua volta ricco di influssi giordaneschi, alle pi attuali connotazioni solimenesche e demuriane. Nonostante una certa ripetitivit, tipica daltronde degli artisti minori, Antonio Sarnelli seppe affinare una tecnica di buon livello che si espresse sia su tela che in affresco e persino a guazzo, realizzando Angeli, Madonne e figure di santi di aspetto delicato, talvolta anche piuttosto lezioso, che dovettero trovare un discreto successo, soprattutto fra coloro che nella raffigurazione ricercavano principalmente lelemento mistico e linvito alla preghiera. Le sue tele, ebbero unampia diffusione in tutte le province del Regno. Le troviamo nellarea vesuviana come nellAgro Noverino-Sarnese, nella zona di Caserta e di Benevento, e ancora nel Cilento come in Calabria e Basilicata e persino in Abruzzo (Villamagna) e nel Lazio (Itri). Ma se la committenza della Provincia e dei centri minori, meno abbiente e soprattutto meno esigente, pu apparire tutto sommato scontata per un pittore ritenuto di secondo piano rispetto alle grandi figure di artisti che operavano nella capitale, appare, al contrario, sorprendente constatare quanto sia stata vasta e variegata la produzione destinata a chiese e monasteri napoletani99. Oltre allinfaticabile attivit su tela, non furono poche le occasioni in cui Antonio Sarnelli si ciment anche nella tecnica dellaffresco, talvolta con risultati tuttaltro che trascurabili, come nel Trionfo della Chiesa sullEresia nel soffitto della biblioteca della casa professa dei Gesuiti di Napoli (oggi Istituto magistrale Pimentel Fonseca) eseguiti nel 1750 in collaborazione con Giovanni100. Il soggetto religioso, come stato detto, fu il tema prevalente nellattivit artistica di Antonio che, insieme alle grandi pale realizzate per chiese e cappelle, si assicur anche un mercato parallelo rivolto ai privati, testimoniato dalla frequente presenza sul mercato antiquario di opere di piccole dimensioni, talvolta anche su rame o tavola, sempre di soggetto mistico, ma destinate alle pareti domestiche. Eppure, sebbene pi di rado, Antonio si ciment anche in temi profani, come testimoniano alcune tele di recente passate sul mercato antiquario e, soprattutto, il ritrovamento di numerosi documenti, inediti ma di prossima pubblicazione, che attesrano i lavori eseguiti per i palazzi di importanti famiglie
Tele di Antonio Sarnelli sono disseminate in un numero amplissimo di complessi religiosi di ogni ordine. Come dato puramente orientativo ne diamo qui un elenco largamente incompleto: S. Maria del Carmine, Rosario di Palazzo, S. Pasquale, S. Pietro Martire, SS. Marcellino e Festo, S. Caterina a Chiaia, S. Giuseppe dei Ruffi, Ges e Maria, S. Giuseppe a Chiaia, Concezione al Chiatamone, S. Pietro ad Aram, S. Giuseppe dei Vecchi, S. Francesco degli Scarioni, S. Maria del Popolo agli Incurabili, S. Maria delle grazie a Caponapoli, S. Gregorio Armeno, S. Antonio a PortAlba, S. Lucia al Monte. 100 Per quanto ne sappiamo, lattivit come freschista fu esercitata prevalentemente a Napoli. Altri esempi sono in S. Maria degli Angeli a Pizzofalcone (1743), nella cappella DAvalos in S. Anna dei Lombardi (1772), a S. Chiara (1770 e 1779) e S. Pietro Martire (quelli in S. Chiara e a S. Pietro Martire vennero distrutti dagli eventi bellici nel 1943). 101 Ci riferiamo a varie polizze di pagamento che si aggiungono a quelle gi pubblicate dal Rizzo, riguardanti lavori per il Palazzo del duca Spinelli di Laurino in Via Tribunali (Vincenzo Rizzo, Documenti sul Palazzo Spinelli, in Napoli Nobilissima, XXVII n. s. (1988), pp. 216 e 218) e il palazzo del duca Baldassarre Coscia (oggi Partanna) nellodierna Piazza dei Martiri (Vincenzo Rizzo in Nicola Spinosa (a c. di), Le arti figurative a Napoli, Napoli 1979, p. 232, doc. n. 35).
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Ugo Di Furia

napoletane101. Ci si realizz soprattutto tra la met degli anni 40 e i 50, periodo sicuramente molto felice per lartista, in cui pi fresche erano le reminiscenze del breve apprendistato dematteisiano e forti, contemporaneamente, dovevano essere le spinte dettate dalla prepotente ascesa del De Mura. Dopo le prime timide committenze napoletane per il Rosario di Palazzo e S. Pietro Martire, intervallate da alcune felici prove extracittadine102, una svolta decisiva per la carriera di Antonio fu rappresentata dallimportante incarico ricevuto dal duca Baldassarre Coscia e dal di lui fratello, il cardinale Niccol, che alla met degli anni 40 iniziarono la costruzione del loro palazzo fuori la porta di Chiaia, sotto la direzione del regio ingegnere Mario Gioffredo. I lavori durarono circa dieci anni, e Antonio, con laiuto di Giovanni, vi fu impegnato dal 1748 al 1751. Purtroppo dei loro dipinti realizzati sia in affresco che a guazzo, e di cui conosciamo in buona parte i soggetti, non restano che poche tracce103. Ma alcune tele provenienti dallo stesso edificio, recentemente comparse sul mercato, stanno a testimoniare il buon livello che essi dovettero raggiungere ed il discreto successo che ne consegu104. Fu cos che nel 1750 arriv limportante incarico per la Biblioteca della Casa Professa dei Gesuiti di Napoli a cui abbiamo gi accennato, dove forti sono i riferimenti allopera di analogo soggetto relizzata dal De Matteis per la chiesa di S. Ferdinando. Seguirono a breve distanza di tempo altri incarichi significativi presso le chiese dei SS. Marcellino e Festo, a S. Pasquale a Chiaia (con ben quattro tele) e allAnnunziata di Capua, dove contemporaneamente ad Antonio lavorarono Francesco De Mura, Sebastiano Conca, Alessio dElia e Paolo de Majo105. Tra le prove pi significative nel corso degli anni seguenti ci limitiamo a citare alcune opere napoletane quali la dolcissima Madonna dellUlivo in S. Giuseppe dei Ruffi (1759), gli otto ovali con Virt della Concezione al Chiatamone (1760) e le due tele, Annunciazione e Sogno di S. Giuseppe, nella conIn assoluto il primo quadro daltare di Antonio risale gi al 1733 e si trova in una sala interna al convento di S. M. del Carmine di Napoli. La firma e la data sono state chiarite da un recente restauro. In precedenza il quadro, raffigurante la Vergine fra i SS. Giovanni Battista ed Evangelista era stato assegnato erroneamente a Giovanni per la contemporanea presenza in chiesa di alcuni dipinti firmati da questultimo: vedi Aurora Spinosa, in Nicola Spinosa (a c. di), Gennaro Aspreno Galante Guida sacra cit., p. 203, nota 48. Per quanto riguarda il Rosario di Palazzo: Renato Ruotolo, Notizie inedite sulla chiesa del Rosario di Palazzo in Napoli Nobilissima, XVI n. s. (1977), pp. 60-65. 103 Ci dovuto ai rifacimenti delledificio avvenuti nel secolo successivo ed ai gravi danni subiti nellultimo conflitto mondiale; i restauri del dopoguerra eseguiti dal pittore Ezechiele Guardascione, finirono per ricoprire quasi completamente quanto di superstite era rimasto. 104 Ci riferiamo in particolare ad una Divina Pastora di notevoli dimensioni (cm. 170 x 117) erroneamente transitata sul mercato come S. Genoveffa. (Semenzato Venezia, 27 febbraio 2005, lotto 6). Del quadro, firmato Sarnelli 1748, fu pubblicato nel 1979 il relativo documento di pagamento da Vincenzo Rizzo ( Le arti figurative , cit., p. 232, doc. n. 35). Sette anni dopo, Antonio (stavolta da solo: Ant.us Sarnelli 1755) dipinger nuovamente lo stesso soggetto per la chiesa di S. Caterina a Chiaia, nella quale torner a pi riprese. 105 Per quanto riguarda i documenti relativi alle tele dellAnnunziata di Capua vedi Mario A. Pavone, Pittori napoletani del 700, nuovi documenti, Napoli 1994, p. 44-45.
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trofacciata di S. Giuseppe a Chiaia (1765). Nel 1769, anno in cui il pittore realizz la pala per la chiesa della Sacra Famiglia, era da poco reduce da unaltra importante committenza ricevuta dal duca Spinelli di Laurino. Nel palazzo di Via Tribunali, Antonio, tra il 1767 ed il 1768 oltre ad affrescare la cappella privata e a dipingere i soffitti di alcune stanze, realizz anche gli affreschi della scala, utilizzando i disegni eseguiti da Jacopo Cestaro106. Essi rappresentano due figure allegoriche (Pietas ed Eruditio) appena leggibili, in quanto versano purtroppo in pessime condizioni di conservazione. Nel 1772 ancora una prova ad affresco (probabilmente una delle ultime), stavolta nella cappella DAvalos della chiesa di Monteoliveto, con unAnnunciazione ed una Fuga in Egitto, inserite fra i Quattro Evangelisti. In questo stesso anno, il pittore invi una supplica al Re chiedendo di poter essere inserito nel gruppo di artisti che di l a poco avrebbe atteso ai lavori della costruenda Reggia di Caserta. Dai carteggi tra il Marchese Tanucci ed il direttore dei lavori Luigi Vanvitelli deduciamo che alla richiesta fu opposto un rifiuto, probabilmente per il giudizio negativo espresso dallo stesso Vanvitelli107. Ma, nonostante lo smacco, le richieste di lavoro non subirono alcuna flessione; al contrario, per tutto il decennio, e fino ai primi anni 80, Antonio si dimostr estremamente prolifico, lavorando soprattutto per la provincia, ed aiutato dai prezzi, sempre piuttosto contenuti, delle sue opere. Ma con il passare del tempo, la sua produzione, sostanzialmente sempre uguale a s stessa, incapace di adeguarsi alle novit e di rispondere ai profondi mutamenti che si erano imposti gi da alcuni decenni nel dinamico panorama artistico nazionale, fin per allontanare anche la clientela pi tradizionalista e meno sensibile al rinnovamento.

Il caso di palazzo Spinelli pi fortunato in quanto sopravvivono, sebbene molto guasti, gli affreshi della volta della cappella, ed in condizioni discrete, al piano nobile, un soffitto con il Trionfo della Fede. Un altro dato interessante ci viene rivelato da un documento inedito riguardante gli affreschi della scala che si riteneva fossero stati dipinti da Jacopo Cestaro. Infatti, era gi stato ritrovato dal Rizzo un documento di pagamento di ducati 63.2.10 a questultimo artista per aver eseguito, tra laltro, due disegni di figure o siano Virt fatte nella grada: Documenti sul Palazzo Spinelli , cit, pp. 216 e 218. In realt, cos come indicato nella causale di pagamento, il Cestaro si limit a realizzare soltanto i disegni, in quanto lesecutore materiale degli affreschi fu Antonio Sarnelli: Banco di S. Giacomo, giornale di cassa, mtr. 1738, 26 settembre 1768, p. 305, 5987: A D. Troiano Spinelli duca di Acquara Ducati trenta a fede 13 settembre 1768 e per esso a Don Antonio Sarnelli e sono per le pitture di figure da lui fatte nella scala nobile di suo palazzo che sta fabbricando ad Arco, ed alcuni disegni di puttini per detto suo palazzo restando intieramente soddisfatto senza dover altro conseguire in detta sua n qualunque altra causa per li pagherete con sua firma autenticata e per esso con autentica del Notaro Vincenzo Montella di Napoli, a detto Todesco. 107 V. in particolare Nicola Spinosa, Luigi Vanvitelli e i pittori attivi a Napoli nella seconda met del Settecento: lettere e documenti inediti, in Storia dellArte, 14, 1972, p. 290.
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Gli anni finali della carriera di Antonio vedranno cos il progressivo diradarsi della produzione che sar sempre di pi caratterizzata da composizioni cupe e monocordi, costruite con figure perennemente congelate nelle medesime ripetitive fisionomie, in una lenta agonia che si trasciner fino ai due ultimi quadri dei Cinesi.

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Le ricerche in Cina sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi


WAN MING Istituto storico dellAccademia Cinese di Scienze Sociali

Le relazioni culturali tra Cina e Italia hanno una storia molto lunga. stato Marco Polo il primo ad attirare la generale attenzione dellItalia sul livello delle conoscenze e delle usanze cinesi, mentre le scienze e le tradizioni occidentali sono entrate nella corte del Paese di Mezzo grazie a Matteo Ricci. Sotto il profilo dellalbero genealogico dei diffusori delle scienze [occidentali], Ripa un importante successore di Ricci. Egli giunse in Cina al tempo dellimperatore Kangxi della dinastia Qing, inviato dalla romana Congregazione de Propaganda Fide (), raccomandato da Duoluo () [Carlo Tommaso Maillard de Tournon] ambasciatore straordinario e plenipotenziario del papa (Jiaohuang teshi ). Fu uno dei tre non appartenenti alla Compagnia di Ges al servizio della corte mancese. Durante i 13 anni di permanenza alla corte dei Qing, egli non solo contribu ad introdurre in Cina la pittura ad olio e lincisione occidentale allacquaforte su rame, ma dimostr una complessa personalit di missionario, pittore, traduttore e diffusore di religione e cultura. Egli fu diverso dal Ricci, in quanto questi si dedic alla diffusione della cultura e non ritorn mai nel suo paese natale, mentre il Ripa allinizio del regno di Yongzheng fece ritorno in patria. Dopo aver sofferto molte difficolt, finalmente fond il Collegio dei Cinesi a Napoli, che fu il primo in Europa. Il loro itinerario fu diverso, ma il risultato fu uguale: sono stati mediatori di relazioni culturali e hanno dato un contributo importante alla diffusione e allo scambio tra la cultura cinese e quella occidentale. Per quando riguarda Marco Polo e Matteo Ricci, in Cina sono molto famosi dappertutto e sono stati oggetto di molti studi. Le ricerche su Ripa e il suo Collegio dei Cinesi sono iniziate pi di mezzo secolo fa e qui di seguito sono elencate le ricerche che noi conosciamo, le quali possono riassumere la situazione degli studi su Ripa e sul Collegio dei Cinesi in Cina1.

necessario spiegare che il missionario Matteo Ripa fu mandato in Cina dalla Sacra Congregazione de Propaganda Fide e alcuni libri relativi alla questione dei riti [cinesi] e alla storia della diffusone del cristianesimo, come le opere di Luo Guang, Storia dei rapporti diplomatici tra il Vaticano e la Cina, Raccolta di studi storici di Yan Zonglin, riguardano appunto il Ripa, ma di solito questi libri non riguardano gli studi su Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi, pertanto in questo saggio non ne parliamo.

/ Le ricerche in CIna sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi

19361-2 20301936

1890 196 9 193623

9 2070 1988 445 70

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/ Wan Ming I. Gli studi nella fase iniziale In Cina, stato il signor Fang Hao ad iniziare pi di mezzo secolo fa, negli anni Trenta del Novecento, le ricerche sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi nel contesto della storia del cattolicesimo cinese. Nel 1936, egli pubblic il saggio Zhongguo chuqi liuxueshi shiyi (Storia dei cinesi che hanno studiato allestero nel primo periodo) nel quarto volume (gennaio e febbraio 1936) della rivista Panshi zazhi (Rivista di antichit), dove descrisse i pionieri cinesi che si formarono nei paesi stranieri e tratt di Ripa e del Collegio della Sacra Famiglia da lui fondato, cio il Collegio dei Cinesi, e degli studenti cinesi che vi soggiornarono, come Guo Dongchen ed altri. Egli sostenne che il primo a parlarne fu Hong Xun nel tredicesimo capitolo intitolato Zhongguo xiuyuan (Il seminario cinese) del libro Youli wenjianlu (Cose viste e sentite nei viaggi). Fang sottopose a revisione due volte il suo saggio, dandogli il nuovo titolo di Tongzhi qian Ouzhou liuxue shile (Storia dei cinesi che studiarono in Europa prima dellimperatore Tongzhi), inserito nel primo volume , Fang Hao liushi zidinggao (Scritti scelti per i 60 anni di Fang Hao) pubblicato a Taiwan nel 1969. Nel 1936 apparve anche il saggio su Yongzheng nianjian Yidalide Zhongguo shuyuan (Il Collegio dei Cinesi in Italia negli anni dellimperatore Yongzheng) di Fu Rengan , pubblicato nel nono numero del XXIII volume di , Zhonghua jiaoyujie (Mondo educativo cinese), il quale presentava in sintesi liniziativa di Matteo Ripa di fondare il Collegio dei Cinesi in Italia negli anni dellimperatore Yongzheng della dinastia Qing, descrivendo sommariamente la situazione del Collegio. Negli anni Settanta del XX secolo, Fang Hao scrisse Zhonguo Tianzhujiaoshi renwu zhuan (Le biografie dei personaggi eminenti nella storia del cattolicesimo cinese), pubblicato dallAccademia della religione della verit a Hong Kong. In questa opera compare la biografia di Matteo Ripa, dove lAutore espone i fatti relativi alla vita del sacerdote Matteo Ripa sulla base di dati estratti da libri cinesi e da libri stranieri. Questo libro, che stato ripubblicato dalle Zhonghua shuju (Edizioni cinesi) nel 1988 a Pechino, ha esercitato una grande influenza sugli ambienti accademici cinesi ed diventato un riferimento dobbligo per glintellettuali cinesi, che studiano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi. Allinizio degli anni Settanta, Guo Yongliang pubblic Nabulesi Zhongguo Xueyuan Chuangbanren Ma Guoxian zai Hua shi Jianjie (Breve storia del soggiorno in Cina di Matteo Ripa, fondatore del Collegio Cinese a Napoli) nel quinto numero del XLIV volume della Rivista della Cina continentale un saggio, dove si racconta con pi che sufficiente precisione lattivit di Ripa in Cina e le vicende che portarono, dopo il suo ritorno in Italia, alla fondazione del Collegio dei Cinesi. Lautore ha valutato molto positivamente il contributo dato da Ripa

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/ Le ricerche in CIna sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi

208016-

18 80 16-

18 2090

208090 -/ .19864 -/ .19871 -/ .-19891 -/ .-19892

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/ Wan Ming allo scambio culturale sino-occidentale, affermando: Sotto laspetto storico, vediamo che tra quanti hanno operato per lo scambio culturale tra Cina e Occidente, sicuramente lazione dellitaliano Matteo Ripa stata importante sia per linfluenza che ha esercitato e sia per il contributo che ha dato.

II. Lo sviluppo degli studi Negli anni Ottanta del XX secolo, dopo la politica dellapertura e delle riforme, gli storici cinesi studiosi dello scambio culturale sino-occidentale, hanno sviluppato le ricerche soprattutto sul contributo diretto dei missionari venuti in Cina nel periodo tra il XVI e il XVIII secolo. Dopo gli anni Ottanta, lattenzione dei suddetti studiosi si rivolta allattivit dei Gesuiti e dei missionari delle altre comunit religiose nei secoli XVI-XVIII, in particolare al tema della nascita dellinfluenza della pittura occidentale sulla pittura cinese. Negli anni Novanta del XX secolo, mentre lo studio della storia dello scambio culturale sino-occidentale sintensificava, hanno fatto progressi anche le ricerche su Matteo Ripa ed il Collegio dei Cinesi. Due sono gli aspetti caratterizzanti questo periodo: in primo luogo, la mole delle traduzioni e dei libri di ricerca; in secondo luogo, la pubblicazione e la classificazione di importanti documenti in lingua cinese; i due aspetti confluiscono, imprimendo una forte spinta allo sviluppo degli studi accademici. Qui sotto seguono in ordine cronologico e in forma sintetica: 1) le traduzioni e i libri di ricerca Lo sviluppo prima di tutto delle traduzioni dei testi occidentali si registrato dalla fine degli anni Ottanta allinizio degli anni Novanta del XX secolo: la traduzione parziale in cinese delle memorie in lingua inglese di Matteo Ripa stata eseguita da Xing Weixian e da Liu Xiaoming e pubblicata a puntate sulle riviste Chengde Minzu Shizhuan Xuebao (Giornale accademico del Collegio degli insegnanti di Chengde per nazionalit) e Zijin Cheng (La citt proibita), di cui diamo sotto i titoli: Memorie del padre Matteo Ripa. Tredici anni di servizio nella corte dei Qing, tradotte da Xing Weixian, in , 1986 (4). Memorie del padre Matteo Ripa. Tredici anni di servizio nella corte dei Qing, tradotte da Xing Weixian, in , 1987(1). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in , 1989 (1). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in ,1989 (2).

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/ Le ricerche in CIna sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi

-/ .-19893 -/ .-19894 -/ .-19895 -/ .-19896 -/ .-19901 -/ .-19902 -/ .-19904 -/ .-19905 -/ .-19906

1993 1724 1994

19973

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/ Wan Ming Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in ,1989 (3). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in ,1989 (4). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in , 1989 (5). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in , 1989 (6). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in , 1990 (1). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in ,1990 (2). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in , 1990 (4). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in , 1990 (5). Tredici anni di servizio nella corte dei Qing. Memorie del padre Matteo Ripa, tradotte da Liu Xiaoming, in , 1990 (6). Nel 1993, Geng Sheng tradusse dal francese la raccolta di saggi sullo scambio sino-occidentale intitolata I gesuiti venuti in Cina tra la dinastia Ming e la Qing e lo scambio culturale sino-occidentale, , pubblicata dalla Societ letteraria Ba Shu. Tra i saggi, il testo di Giorgio Lhr I gesuiti venuti in Cina e i giardini cinesi diffusi in Europa, tratta del ritorno di Ripa in Italia attraverso Londra nel 1724 e delle sue incisioni su rame del Parco tra i monti per evitare la calura estiva lasciate in Inghilterra, che hanno costituito il punto di partenza per la creazione dei giardini inglesi secondo la moda cinese. Sulla base delle memorie di Ripa tradotte in cinese, Liu Xiaoming ha scritto la voce Matteo Ripa per la prima parte del VII volume delle Biografie di figure ragguardevoli della Dinastia Qing, pubblicato nel 1994 dalla casa editrice Cina . Poich Matteo Ripa ha contributo allo scambio culturale nel campo della pittura e soprattutto dellincisione su rame da lui introdotta in Cina, questa tecnica diventata il tema a cui gli studiosi cinesi hanno dedicato maggiore attenzione. E i testi pi importanti in materia sono i seguenti: Mo Xiao , Matteo Ripa e lincisione delle 36 vedute del Parco tra i monti per evitare la calura estiva, saggio pubblicato nel numero 3, 1997, della rivista Nuove Belle Arti. Sulla base di un confronto tra lunica copia originale delle vedute incise su legno conservata a Taipei e il lavoro del Ripa,

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/ Le ricerche in CIna sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi

19981 19984 90

19883 1997250 19994

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/ Wan Ming lAutore dimostra il progresso indotto in Cina dallitaliano sia riguardo al disegno che alla tecnica dellincisione. Il saggio di Shen Dingping , Lattivit del missionario Matteo Ripa pittore alla corte dei Qing ed il suo rapporto con limperatore Kangxi, pubblicato sul primo numero, 1998, della rivista Ricerche storiche sui Qing, oltre a ribadire che Ripa stato il primo a introdurre in Cina la tecnica occidentale di incisione su rame, tratta della sua posizione sulla questione dei riti e del suo rapporto con glimperatori Kangxi e Yongzheng. Il contributo di Li Xiaocong, Matteo Ripa e lincisione su rame della Carta generale dellImpero di Kangxi, apparso sul numero 4, 1998, della Rivista storica dellUniversit di Dongwu di Taiwan, si sofferma sulla diffusione e sullinfluenza delle prime carte geografiche della Cina in Europa, sottolineando il ruolo importante che il Ripa ha giocato a questo proposito, elaborando il processo di stampa della Carta generale dellImpero di Kangxi, tecnica che insegn ai cinesi; inoltre precisa che il Ripa dopo il suo ritorno in Occidente offr allEuropa unimmagine geografica pi precisa dellOriente. Negli anni Novanta Christophe Comentale tradusse in francese le Memorie di Matteo Ripa, che Geng Sheng volse in lingua cinese per le Edizioni Commerciali, le quali non le hanno ancora pubblicate. Il Comentale famoso soprattutto per il saggio in cinese intitolato. Un artista alla corte dei Qing venuto in Cina prima di Giuseppe Castiglione: Matteo Ripa, pubblicato a Taipei sul numero 3, 1988, della Rivista degli artisti. Poich lautore conosce molto bene il Ripa attraverso le memorie da lui tradotte, ricordate sopra, il testo ricco di documenti e di immagini, come: il ritratto di Ripa, lalbum delle 36 vedute del Parco fra i monti per evitare la calura estiva, di cui il Comentale ha visto sia loriginale conservato nel Museo della Citt Proibita di Taibei sia laltro originale custodito nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Egli ha visto anche uno dei manoscritti contenenti le memorie del Ripa, depositato nel Sancta sanctorum dellOrdine dei Francescani a Roma; ha tracciato litinerario del missionario dallItalia allInghilterra, dallInghilterra a Macao e da Macao a Pechino, offrendo prezioso materiale agli studiosi cinesi di Ripa. Mentre le relazioni culturali tra Italia e Cina diventavano pi intense, anche il tema dello scambio culturale sino-occidentale si trasformato in un argomento di studio sia in Cina sia in Italia non pi limitato ad una piccola cerchia. In Italia, lUniversit degli Studi di Napoli LOrientale organizz un colloquio internazionale in occasione del 250 anniversario della morte di Matteo Ripa, del quale il Prof. Michele Fatica e il Dott. Francesco DArelli pubblicarono gli atti nel 1999 sotto il titolo di Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi. Segnaliamo di questo testo quattro saggi, fra i quali quelli di Shen Dingping e di Li Xiaocong sono stati gi descritti in precedenza, in quanto ripubblicati in riviste cinesi con lo stesso titolo e poche varianti, per cui citiamo solo gli studi che sono apparsi soltanto nel libro citato: Luo Hongbo e Lin Min , Citazioni di Matteo Ripa nei documenti ufficiali cinesi e gli studi in Cina su Matteo Ripa.

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/ Le ricerche in CIna sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi

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/ Wan Ming Han Qi , Lattivit di Matteo Ripa a corte attraverso i documenti cinesi e occidentali. Luo Hongbo e Lin Min fanno il punto sulla situazione allepoca in cui Ripa venne in Cina, inviatovi dal Papa, sul rapido apprendimento del cinese da parte del missionario italiano, sulla sua abilit di pittore alla corte dei Qing, sulla sua partecipazione alla contesa sui riti. Nella parte finale le due studiose si soffermano sugli studi intorno a Ripa in Cina, precisando che per un lungo periodo di tempo nella Cina continentale sono praticamente mancate le traduzioni e gli studi sullattivit di Matteo Ripa in Cina e complessivamente ci stato causato da una difficile situazione, attribuibile, a giudizio di Luo Hongbo e di Lin Min, al fatto che prima della politica di apertura e di riforme gli studi risentivano di alcune restrizioni, inoltre fattori concorrenti erano la barriera della lingua italiana e di quella latina, nonch la scarsit di documenti. Il saggio di Han Qi, diviso in tre parti. Nella prima e nella seconda parte lAutore si dilunga sulla calcografia in Cina e sul permesso di ritornare in Europa concesso al Ripa, mentre nella parte finale, specialmente attraverso i documenti del Gang Zhi libro famoso sulla storia dei musulmani che vivevano a Pechino egli scrive che Ripa, mentre era pittore ufficiale alla corte di Qing, conobbe Zhao Shiying , medico ufficiale musulmano nella stessa corte, il quale ebbe con lui lunghi dialoghi e lo introdusse alla cultura dei cinesi seguaci dellIslam. Nel 1998, la Societ di ricerche storiche sui rapporti sino-occidentali e lUniversit di Hangzhou organizzarono in sinergia un Seminario internazionale sulla storia dello scambio culturale sino-occidentale, dove Wan Ming present un contributo sul tema Il missionario italiano Matteo Ripa e lo scambio culturale sino-occidentale, col quale lamentava la scarsit delle pubblicazioni in cinese sullattivit complessiva del Ripa, limitandosi gli accademici a studiarne solo la figura di pittore di corte. Il saggio dimostrava che il Ripa era impegnato su diversi fronti: era prete, pittore, interprete e missionario. Wan Ming invitava a intensificare gli studi sui missionari non appartenenti alla Compagnia di Ges, precisando per la prima volta che la traduzione inglese delle memorie di Ripa presentava inesattezze da correggere, come la data di morte. In seguito questo saggio fu pubblicato nel secondo volume della Tribuna dello scambio Oriente-Occidente, per le Edizioni di Lettere ed Arti, Shanghai 2001. Nello stesso anno, cio nel 1998, Wan Ming visit a Napoli lUniversit degli studi LOrientale, ottenendo lassistenza del Prof. Michele Fatica, esperto delledizione integrale del Giornale di Matteo Ripa, e nel convento di S. Michele in Isola a Venezia prese visione della petizione del direttore degli studi del Collegio dei Cinesi, Guo Dongchen, e di altri collegiali, diretta allinviato imperiale Xue Fucheng sullaffare del Collegio. Ella ha utilizzato questo documento insieme ad altri di prima mano su Ripa e sul suo Collegio per comporre il Breve saggio sul missionario italiano Matteo Ripa, pubblicato sul numero 2, 1999, della rivista Cultura tradizionale e modernizzazione. Matteo Ripa ha fondato il Collegio dei Cinesi, cio listituto che ha preceduto lOrientale di Napoli, pertanto Yang Huilin nel 1998 ha scritto il saggio LOrientale di Napoli in Italia e lo studio del

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/ Wan Ming cinese, pubblicato sul numero 1 del periodico Lo studio del cinese nel mondo, ove rappresenta la situazione odierna dello studio della lingua sinica nellOrientale, precisando che da tanti anni, lOrientale di Napoli stato sempre il centro dello studio del cinese in Italia. In questi anni gli studiosi hanno concentrato il loro interesse sul problema del soggiorno degli europei venuti in Cina nellepoca dei Qing e Tan Shulin ha scritto I missionari europei in Cina allinizio dei Qing e il primo periodo di soggiorno allestero dei cinesi, pubblicato sul numero 6, 2002, di Linsegnamento della storia; Tan, insieme con Xiao Lang autore de Gli studenti cinesi in Europea per motivi di studio dallinizio alla met della dinastia Qing, pubblicato sul numero 2, 2005 del Giornale dellUniversit Xibei Shi, racconta degli studenti cinesi in Europa per motivi di studio durante la dinastia Qing e menziona anche il Collegio dei Cinesi di Matteo Ripa. Allinizio del XXI secolo, nel 2004, uscita una nuova traduzione in lingua cinese della memorie di Matteo Ripa in inglese. La traduzione opera di Li Tiangang e la casa editrice quella dei Libri Antichi di Shanghai; il titolo , Tredici anni alla corte dei Qing. Ricordi di Matteo Ripa. Alla fine della traduzione lAutore aggiunge in appendice Documenti sulle relazioni tra limperatore Kangxi e glinviati romani. Li Tiangang, infatti, un esperto studioso delle dispute sui riti cinesi, su cui ha scritto un saggio intitolato La lotta intorno ai riti in Cina. La traduzione preceduta da unintroduzione intitolata Le relazioni fra la Cina e il Vaticano da Kangxi a Qianlong e la loro importanza nella storia mondiale, nella quale il traduttore sottolinea il ruolo rilevante svolto dal Ripa nella disputa sui riti anche sotto il profilo diplomatico. Le sue memorie presentano un punto di vista non gesuitico e rendono la situazione nuovissima nellOriente di allora, danno conto dellimperatore Kangxi e dei caratteri della diplomazia nella corte del tempo, mentre rivestono un valore importante nei circoli accademici. 2) Bibliografia sintetica essenziale sulla pubblicazione e classificazione di documenti in lingua cinese: Le pubblicazioni cinesi pi importanti sullargomento a partire dagli anni Trenta del XX secolo sono le seguenti: Archivio del Museo di Palazzo (a c. di), Rivista decadica di documenti storici, nn. 1-39, Beiping, Museo di Palazzo 1930-1931. Museo di Palazzo, Documenti in fac-simile sulle relazioni tra Kangxi e glinviati di Roma, Beiping, Museo di Palazzo 1932. Xue Fucheng, Raccolta generale di YongAn, Taipei, Casa Editrice in Lingua cinese 1971. Xue Fucheng, Diario di un diplomatico in quattro paesi, Changsha, Casa Editrice del Popolo di Hunan 1981. Xue Fucheng, Diario di un diplomatico in quattro paesi: Inghilterra, Francia, Italia e Belgio, Changsha, Casa Editrice Yuelu 1985.

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/ Le ricerche in CIna sullitaliano Matteo Ripa e il Collegio dei Cinesi

1-39 1930-1931 1971 1981 1982

2030

1932 1985

[] - 1619-1792 1985 1982

1996 1998 1998

1990

1996 2002

2003 2 2004

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/ Wan Ming Nicola Pandic Kaminskij (a c. di), Raccolta di documenti diplomatici sulle relazioni tra la Russia e la Cina (1619-1792), Pechino, Casa Editrice Shangwu 1982. Primo Archivio Storico di Cina (a c. di), Selezione di documenti storici di archivio sulle relazioni diplomatiche tra la Cina dei Qing e la Russia, I quaderno, Pechino, Casa Editrice Shangwu 1982. Archivio Storico di Cina (a c. di), Selezione di decreti imperiali scritti in cinese con linchiostro rosso durante il regno di Kangxi, Pechino, Casa Editrice DangAn 1985. Commissione per la ricerca di materiale storico-culturale del Consiglio della Municipalit di Pechino (a c. di), Documenti storici relativi al quartiere musulmano di Pechino, Gang Zhi, Pechino, Casa Editrice di Pechino 1990. Archivio Storico di Cina (a c. di), Traduzione completa dei decreti imperiali scritti in mancese con linchiostro rosso durante il regno di Kangxi, Pechino, Casa Editrice Cinese di Scienze Sociali 1996. Primo Archivio Storico di Cina (a c. di), Selezione di documenti storici di archivio della legazione dellinviato inglese Macartney in Cina, Pechino, Societ Editrice di Cultura Internazionale 1996. Liu Tuo, Meng Bai (dir. di), Selezione di calcografie del laboratorio Qing, Pechino, Casa Editrice Xueyuan 1998. Primo Archivio Storico di Cina (trad. a c. di), Traduzione completa dei decreti imperiali scritti in mancese con linchiostro rosso durante il regno di Yongzheng, Hefei, Casa Editrice Montagna Gialla 1998. Qu Yanjun (dir. di), Calcografie della corte dei Qing in Cina, Hefei, Casa Editrice delle Belle Arti dellAnhui 2002. Archivio Storico di Cina, Assessorato dei siti archeologici della municipalit di Chengde (a c. di), Archivio del Parco imperiale di Jehol, Pechino, Casa Editrice DangAn 2003. Cai Shaoqing (a c. di), Diario di Xue Fucheng, voll. I e II, Changchun Casa Editrice di materiale storico-culturale di Jilin 20042. Traduzione in lingua italiana di Zhang Haizi

Attenzione: loriginale di questo libro ora conservato nella Biblioteca Nazionale di Nanchino. Ho confrontato una copia di questo libro con loriginale e, a mio giudizio, ho trovato che i due testi presentano differenze sul Collegio dei Cinesi di Napoli.

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Iconografia

La famiglia, le aderenze familiari, lascesa sociale, la caduta

La famiglia, le aderenze familiari, lascesa sociale, la caduta

Fig.1. Fede di nascita di Giovanni Filippo Ripa. Il testo recita: Il 21 maggio del 1636 fu battezzato da me don Giovanni Tommaso Gallo, parroco di questa Chiesa di S. Nicola di Prepezzano e Ansa, il figlio dei signori coniugi Diego Ripa, dottore in diritto canonico e civile, e di Bonaventura Gallo, nato il 15 dello stesso mese, a cui fu posto il nome di Paolo Giovanni Filippo e colei che lo sollev dal fonte battesimale fu Claudia Candicchia, moglie del signor Liberato DAlessandro. Fonte: ASDSa, b Z 20: Prepezzano ed Ansa, Parrocchia di S. Nicola, libro dei battezzati dal 21 maggio 1636 al 10 maggio 1637.

Fig. 2. Composizione della famiglia di Diego Ripa, nonno di Matteo, abitante ancora in Prepezzano nel 1659: il padre di famiglia conta 55 anni, sua moglie Bonaventura Gallo, conta 47 anni; seguono i figli maschi Giovan Filippo, Scipione, Domenico Antonio e la figlia femmina Felice (altrove nominata anche: Felicia) rispettivamente di anni: 23, 21, 15, 7. Fonte: ASDSa, b Z 20: Prepezzano ed Ansa, Parrocchia di S. Nicola.

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3. Una delle prime documentazioni della residenza in Eboli, in casa presa in affitto dal vicario della chiesa di S. Pietro Apostolo, della famiglia di Giovan Filippo Ripa come viene registrata nel Liber tertius status animarum dellanno 1675. Il testo recita: Nella casa presa in affitto dal vicario della chiesa di S Pietro Apostolo abitano il dottor fisico Giovanni Filippo Ripa, padre di famiglia, figlio di Diego, di anni 39; Antonia Luongo, sua moglie, figlia di Simeone, di anni 29; I loro figli: Tommaso, di anni 19; Mattia, di anni 17; Pietro, di anni 3; Caterina, di anni 4; Faustina Cozzolino, figlia del fu Giacobbe, di anni 31, loro domestica. Fonte: ASDSa, b. Y 33 (ora: b.): Eboli, Parrocchia di S. Maria ad Intra: 1657-1702. Fig. 4 Fig. 4, 5. Protocollo dellatto notarile rogato in data 13 settembre 1669, ottava indizione, che assegna per un biennio a Giovanni Filippo Ripa, padre di Matteo Ripa, la cura medica degli abitanti della terra di Eboli per un salario di duecento ducati annui erogati quadrimestralmente in rate di 66 ducati e grana 61. Per lUniversit ebolitana i garanti sono i delegati del governo, magnifici Cesare Martuccio e Giuseppe De Clario. Fonte: ASSa, Protocolli notarili, notaio Francesco Maria Maleno, atti del 1669.

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Fig. 5

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Fig. 6. Protocollo e testo dellatto rogato in data 4 settembre del 1671 che conferma a Giovan Filippo Ripa la cura medica degli abitanti delluniversit di Eboli. I garanti per la comunit ebolitana sono Giuseppe De Cristoforo e Giuseppe De Clario. Lufficio di medico fu confermato a Giovan Filippo Ripa per ancora sette bienni, fino a quando nel 1885 fu eletto maestro ed economo dellospedale dei poveri di Eboli. Fonte: ASSa, protocolli notarili, notaio Francesco Maria Maleno, atti del 1671 e bienni seguenti.

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Fig. 7. Nei Libri parrocchiali della chiesa di S. Maria ad Intro sono contenuti gli stati delle anime con il registro dei battezzati, coniugati e defunti, compilati da don Diego Troiano per essere consegnati alla curia vescovile di Salerno. Nellanno 1682 si trova la fede di battesimo di Matteo Ripa. Fonte: ASDSa, b Y 33: Eboli, Parrocchia di S. Maria ad Intro.

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Fig. 8. Fede di nascita e di battesimo di Matteo Ripa tratta dal libro dei battezzati, dei defunti, dei matrimoni e dello stato delle anime del 1682. Recita il testo: Nellanno del Signore 1682, 30 marzo, io canonico don Diego Troiano, economo di questa chiesa parrocchiale di S. Maria de Intro, della terra di Eboli, battezzai un fanciullo nato il 29 dal dottor fisico Giovan Filippo Ripa e da Antonia Luongo, coniugi di questa parrocchia, a cui fu posto il nome di Matteo, Bernerio, Secondo, la comare fu Bartolomea Austelli, figlia di Giovanni Battista di questa parrocchia. Fonte: ASDSa, b Y 33: Eboli, Parrocchia di S. Maria ad Intro.

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Fig. 9. Uno dei primi documenti che testimoniano il grado dottorale acquisito da Mattia Ripa, fratello di Matteo, curato della chiesa parrocchiale di S. Maria ad Intro dal 1693: Stato delle anime e Libri Parrocchiali della chiesa di S. Maria ad Intro di Eboli, che bisogna portare alla curia arcivescovile di Salerno da me Mattia Ripa, dottore in diritto civile e diritto canonico curato di detta chiesa parrocchiale in questanno 1706. Fonte: ASDSa, b. Y 33: Eboli, Parrocchia di S. Maria ad Intra: 1657-1702.

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Fig. 10. Composizione della famiglia di Giovan Filippo Ripa nellanno 1706: Nella casa di Donato De Cristoforo abitano il dottor fisico Giovan Filippo Ripa, figlio del fu Diego dottore in diritto canonico e civile, di anni 69, nativo della terra di Giffoni, e i figli di lui nonch della defunta Antonia Longo un tempo sua moglie: il dottor fisico Tommaso Andrea Ripa, di anni 41; il reverendo curato Mattia Ripa, di anni 39; Caterina Ripa, di anni 39; e i nipoti del medesimo dottor Giovan Filippo: Bonaventura Ripa, figlia di Scipione, di anni 12; Domenico Antonio Ripa, di anni 7; e i loro domestici Pietro Massimilla, figlio del fu Gennaro, di anni 48, nativo della Calabria; Apollonia Marino, figlia di Giulio, di anni 13.

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Fig. 11. Marcantonio III Doria nacque a Genova ai primi di febbraio del 1702 da Giovan Carlo e da Maria Geronima de Mari (L. Storchi, Formazione e organizzazione di un archivio gentilizio: larchivio Doria dAngri tra XV e XX secolo, in AA.VV., Per la storia del Mezzogiorno medievale e moderno. Studi in memoria di Iole Mazzoleni, Roma 1998, pp. 559-560). Pi tardi assumer il titolo di V principe di Angri, V duca di Eboli, IV conte di Capaccio, ecc.; il suo nome legato alla costruzione dellimponente palazzo di famiglia, il cui balcone affaccia sulla piazza dello Spirito Santo, oggi piazza Sette Settembre a memoria del saluto che da quel balcone Garibaldi rivolse ai napoletani il 7 settembre 1860. Diego Ripa, fratello di Matteo, che aveva conosciuto lo zio del neonato, Giacomo Doria, ad Eboli, chiam a raccolta gli intellettuali napoletani pi noti per celebrarne la nascita. Tra questi spiccano i nomi di Bartolomeo Intieri e del carmelitano Carlo Sernicola. Alla data del 19 febbraio 1702, il fratello di Matteo Ripa vantava gi amicizie di alto livello sociale e intellettuale. Lopuscolo conservato nella BNNa, sala 6a Miscell. B. 2419.

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I Sezione

Fig. 12. Alla morte, avvenuta il 12 maggio 1725, di Antonia Caracciolo, duchessa di Airola, furono rese pubbliche le disposizioni testamentarie che escludevano dalleredit il coniuge Giovan Battista di Capua, principe della Riccia, e dichiaravano erede il nipote minorenne Bartolomeo di Capua, conte di Montoro, sotto la tutela di Lorenzo Ripa, fratello di Matteo. Il testamento, unito a due codicilli, assegnava la rendita di 2300 ducati ricavati dal feudo di Valle Maggiore ai fratelli Lorenzo, Tommaso Andrea e Diego Ripa. Le disposizioni suscitarono scandalo e strascichi giudiziari che misero sotto accusa soprattutto Lorenzo Ripa, che avrebbe subornato la duchessa di Airola. La difesa stampata ad uso interno dei tribunali si conserva nella BNNa, B. Branc. 24 D69.

Fig. 13. Un passo della difesa stampata da Lorenzo Ripa e Orazio Rocca sottolinea la buona condizione sociale dei fratelli Ripa di cui tre ecclesiastici (Tommaso Andrea, Mattia e Matteo Ripa) e il cospicuo stato patrimoniale della famiglia Ripa.

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Fig. 14. La risposta della madre del piccolo Bartolomeo di Capua, la contessa di Montoro Anna Cattaneo, fu affidata al principe del foro Domenico Caravita. La causa si concluse con una transazione per la quale i fratelli Ripa rinunziarono a gran parte dei lasciti testamentari di Antonia Caracciolo. La difesa, stampata solo ad uso interno, si conserva nella BNNa, B. Branc. 24 D69.

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Fig. 15. Di Mattia Ripa, nato a Prepezzano, casale di Giffoni, il 25. XI. 1667, sappiamo che fu parroco della chiesa ebolitana di S. Maria ad Intra dal 1693 almeno fino al 1706, quando consegu anche il titolo di doctor utriusque iuris. Hierarchia Catholica, V, p. 217 registra la sua consacrazione a vescovo titolare di Hebron nel 1729. La lapide che qui riportiamo, collocata a sinistra dellaltare maggiore della chiesa di S. Francesco da Paola a Cosenza, d esatto conto della data della sua morte e nella traduzione italiana recita: PER MATTIA RIPA, PATRIZIO BRINDISINO E VESCOVO DI HEBRON, CHE COLTIV SENZA RISPARMIARSI LA PIET DEI SANTI E SI APPLIC AD IMITARNE LA SANTIT DEI COSTUMI IN TUTTE LE ATTIVIT DELLA SUA VITA, STRAPPATO AI VIVI NEL COMPIANTO QUASI GENERALE A COSENZA, IL 25 GENNAIO NELLANNO DEL SIGNORE 1733, IN QUESTO LUOGO SEPOLTO GLI AFFLITTI FRATELLI TOMMASO ANDREA, DIEGO, MATTEO (MISSIONARIO APOSTOLICO IN CINA PER 18 ANNI ED ORA FONDATORE DEL COLLEGIO NAPOLETANO SOTTO IL TITOLO DELLA SACRA FAMIGLIA),LORENZO, BARONE DI CHIANCHETELLA E BALBA, [QUESTA LAPIDE] POSERO AD IMPERITURA MEMORIA DEL DILETTISSIMO FRATELLO.

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Fig. 16. Nellopera manoscritta intitolata Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e collegio della Sagra famiglia di Gies Cristo, iniziata da Matteo Ripa nel 1734 e aggiornata fino al 1744, compaiono notizie tagliate nei tre volumi a stampa intitolati Storia della Fondazione della Congregazione del collegio de Cinesi sotto il titolo della Sagra famiglia di G.C. scritta dallo stesso Fondatore Matteo Ripa, Napoli 1832. Tra le informazioni omesse nel terzo volume dellopera stampata citata (p. 324), ricordiamo il passo relativo ai tanti debiti lasciati da mio fratello defonto, in somma tanto esorbitante che se laltro fratello don Diego non supplisse col suo, dalleredit lasciata molti creditori in somme grosse restarebbero esclusi; cosa in vero chha fatto trasecolare ognun che lha inteso, non potendosi capire in che abia possuto spendere tanti danari, essendo stato un uomo senza vizj, e si crede che nella partenza dei Tedeschi da Napoli, lavesse lor prestati su la speranza che dovessero subito ritornare. Il decesso di Lorenzo Ripa era avvenuto in data 21 febbraio 1739. Fonte: ACGOFM, MH 9-2.

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I Sezione

Fig. 17. Non solo la morte di Lorenzo Ripa ma anche quella di Diego, che era stato medico e uomo di fiducia di Antonio Caracciolo, testimoni la parabola discendente di due dei fratelli di Matteo Ripa, che pure erano saliti ai vertici della societ napoletana. La fine pi ingloriosa tocc proprio a Diego, deceduto a Napoli il 4 maggio 1742 (era stato battezzato ad Eboli il 21 febbraio 1677), perseguito da mandato del giudice criminale per accuse connesse alla sua amministrazione dei Sali in Cosenza. In questo caso la storia a stampa, di cui si riporta il frontespizio, non tralascia notizie che oscurarono la buona fama del fratello di Matteo Ripa.

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La famiglia, le aderenze familiari, lascesa sociale, la caduta

Fig. 18. Matteo Ripa, in polemica mai esplicita col genitore e con i fratelli, non nutr forte ambizione di ascesa sociale, ma gi prima di essere ordinato sacerdote fu accolito della Congregazione dei Pii Operai, che aveva sede nella chiesa di S. Giorgio Maggiore, nel cuore del popoloso quartiere di Forcella. L, tra la gente minuta, svolse attivit di catechista e di predicatore. Il preposito generale della ricordata Congregazione usa parole molto elogiative nei suoi confronti. Ludovico Sabatini o Sabbatini (1656-1724) diresse i Pii Operai dal 1699 al 1705, su lui si pu leggere la biografia scritta dal nipote Lodovico Sabbatini dAnfora, Vita del padre D. Lodovico Sabbatini della Congregazione de Pii Operari, Napoli 1730.

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I Sezione

Fig. 19. Attestato dellarcivescovo di Salerno, Bonaventura Poerio (Taverna, Catanzaro, 1648 - Salerno, 1722) dei Minori Oservanti, relativo allordinazione sacerdotale di Matteo Ripa avvenuta il 28 marzo 1705 nella cappella arcivescovile del duomo cittadino. La frase die Sabbati ad sitientes si riferisce allantico rito di celebrare lordinazione nella notte del sabato di Pasqua al modo con cui si amministrava il battesimo ai catecumeni.

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Da Roma a Portsmouth a Macao

Da Roma a Portsmouth a Macao

Fig. 1. Il 26 novembre 1705 Matteo Ripa part da Napoli diretto a Roma, segnalato al pontefice Clemente XI dal p. Antonio Torres, preposito generale dei Pii Operai, come sacerdote idoneo a svolgere attivit di missionario in Cina. Egli dovette attendere a Roma dal 30 novembre 1705 al 13 ottobre 1707 prima di partire per la Cina insieme ad una delegazione formata dai preti secolari Onorato Funari e Gennaro Amodei, nonch dai religiosi Guglielmo Bonjour Fabre (OSA), Giuseppe Cer (CCRRMM) e Domenico Perrone (OMD), incaricata di portare la berretta cardinalizia a Carlo Tommaso Maillard de Tournon, legato a latere presso limperatore Kangxi. Nei circa due anni di permanenza a Roma Matteo Ripa conobbe personaggi di rango elevato e prima diniziare il lungo viaggio terrestre (tappe a Bologna, Colonia, Nimega, Dordrecht, Rotterdam, Harwich, Londra, Portsmouth) ed oceanico, chiese ed ottenne lettera commendatizia da Vincenzo Grimani (Mantova, 1655 - Napoli, 1710) in data 9 ottobre 1707. Il Grimani, di nobile famiglia veneziana, fu creato cardinale per intervento dellimperatore Leopoldo I dAsburgo da papa Innocenzo XII Pignatelli il 16 maggio 1698 con il titolo di diacono di S. Eustachio. Prima di essere nominato da Carlo VI dAsburgo vicer di Napoli nel maggio del 1708, fu a Roma in qualit consigliere di cesareo e comprotettore della nazione germanica e dei domini ereditari asburgici. Fonte: ACGOFM, MH 9-20, 50.

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Fig. 2. Altra conoscenza di rango elevato fatta dal Ripa durante il suo soggiorno romano fu quella di Francesco Barberini junior (1662 - 1738), appartenente alla potente omonima famiglia che aveva dato alla Chiesa un papa Urbano VIII, sul soglio di Pietro dal 1623 al 1644 e numerosi cardinali. Il Barberini, conosciuto dal Ripa, ottenne il cappello cardinalizio dal pontefice Alessandro VIII Ottoboni, il 27 novembre 1690, fruendo di molteplice benefici. Grazie alla sua protezione il Ripa ottenne, nel marzo 1707, di predicare il quaresimale a Capradosso, dipendente dalla badia di Farfa, di cui il cardinale era abate commendatario [Giornale, I, pp. 19-22]. In questa lettera responsiva, datata da Roma 14 aprile 1708, il cardinale manifesta il suo gradimento per la notizia comunicatagli dal Ripa, giunto a Londra sin dal 6 gennaio 1708, di avere, il 10 febbraio, gi ottenuto la licenza necessaria per la imbarcazione. In realt la sosta a Londra dur molto pi del previsto, anche a causa delle complicazioni collegate al conflitto per la successione spagnola e alla requisizione forzata di marinai per le navi da guerra. Sicch la partenza dei componenti la comitiva, fatta eccezione per il Funari, colpito da apoplessia a Bressanone il 13 novembre 1707, avvenne solo il 4 giugno 1708. Fonte: ACGOFM, MH 3-20, 52.

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Fig. 3. Appena il 4 giugno 1708 il vascello inglese Donegal prese il largo, i componenti la delegazione, incaricata di portare la berretta cardinalizia al legato a latere presso Kangxi, si trovarono ad affrontare un lungo e tedioso viaggio, le cui giornate non potevano essere riempite neppure dalle orazioni e dagli uffici religiosi, perch i missionari non rivelarono mai la loro appartenenza alla Chiesa cattolica e viaggiavano sotto veste secolare. Parte delle ore diurne furono impiegate da Matteo Ripa a scrivere una sorte di diario di bordo, sulle cui pagine egli delinea sagome e particolari di esemplari della fauna e della flora marina. Sono gli unici disegni che di lui ci sono pervenuti. Sotto la data del 26 giugno 1708 egli disegna la sagoma di un calamaro in lingua inglese chiamato squid (Ripa usa la grafia squit).

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II Sezione

Fig. 4. Sotto la data di luglio 1708, Matteo Ripa disegna il profilo del vascello Donegal, indicando i tre alberi di poppa, mediano e di prua come alberi rispettivamente di mezzana, di maestro e di trinchetto. La parte superiore viene designata rispettivamente: di contromezzana, di pappafico e di parrocchetto. La vela del bompresso viene indicata come vela del sivandero.

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Fig. 5. Tra la fauna marina ignota, perch non aveva potuto osservare a Napoli, la curiosit del Ripa fu attratta dal pescecane che egli designa anche con ittionimi: castigliano, pesce perro; portoghese, tubaro; inglese, shark, specificando che la pronunzia sciach. notevole anche la descrizione di alcuni dettagli dello squalo.

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II Sezione

Fig. 6. Nel suo Diario di bordo Ripa annota: Quando sta col ventre su la terra non si possono vedere n locchi, n la bocca, n le narici; tutte poi si vedono, quando sta sottosopra, col ventre che guarda il cielo, nella quale vedrassi nei luoghi A. A. le narici, C. C. gli occhi, H. la bocca ch' smisurata. [...] Ha tre ordini di denti, uno dietro l'altro, quali non si possono osservare, se non sapre ben ben la bocca, e sono grandi et acuminati nel modo che si vede nella detta pagina 36, lettera Q. Accanto al pescecane Ripa disegna anche quei pesci pi piccoli che si attaccano agli squali chiamati in italiano remore. Egli precisa che dai marinai sono chiamati socchin fish precisando che si scrive sucking fish, in italiano pesce succhione. Volgarmente in inglese sono oggi chiamati live sharksucker. Secondo la nomenclatura di Linneo lesemplare si chiama echeneis naucrates.

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Fig. 7. Alla pagina 38 del suo Diario di bordo Matteo Ripa scrive: La mattina per molto tempo furono veduti alcuni pesci quali lInglesi li chiamano delfini, dicendo che li Francesi et Italiani sincannano in chiamar delfino un altro pesce e non questo. Li francesi chiamano questo pesce dorada, cos ancor i Spagnuoli [...]. Quando sta nel acqua ha il corpo e la testa di color gialloverde ma assai vivo e lucido [...], fuor dellacqua poi non saprei dire che colore ha perch ne ha un altro sopra un iride in tutto il corpo e nella panza un pezzo doro. Probabilmente trattasi di un pesce secondo la nomenclatura di Linneo denominato valenciennea sexguttata che appartiene alla famiglia dei gobidi.

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II Sezione

Fig. 8. Nel Giornale, I, al foglio 51 Ripa rielaborando gli appunti del suo giornale di bordo, scrive: Alli 27, stando nel grado 26 e minuti di latitudine, cominciammo a veder i pesci volanti, bench pochi. Dieci gradi per di qua e di l della linea equinozziale di continuo se ne vedono in gran quantit, amando il caldo. Mi dissero che questi pesci siano di cinque specie diverse, ma noi ne viddimo due specie solamente, e queste poco varianti fra loro. L'una e l'altra specie rassomiglia tanto al cefalo, che sembrano essere cefali alati. Hanno le ali non gi di piume, ma di cartilagine, come un pipistrello, l'estremit delle quali giungono sino al principio della coda. Secondo la nomenclatura di Linneo trattasi del excocetus volitans della famiglia degli excocetidi.

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Fig. 9. Alla pagina 54 del suo Diario di bordo, sotto la data di venerd 7 settembre 1708 il Ripa scrive: Prima di calar a terra delineai la veduta del Capo, stando io sulla popppa del vascello A (veduta) semprava da qui ovata la baia; ma, salito poi, calato a terra sul Monte di Lione, viddi che era della forma descritta in due disegni nella lettera L-B. Il Monte chiamato del Vento, e non senza raggione, perch quando fra esso e il Monte della Tavola (C) si vedono alcune nubbi, subito soffia gran vento D et E il Monte di Lione, e bench da questa veduta semprano due monti uno pi principale dellaltro, tuttavia in verit uno, lE tutto verde e erboso, D sassoso nella punta, da dove, quando si vede qualche vascello che viene, alzano bandiera come anche fanno ad E et allisola chiamata Roben, dove vanno li malfattori quale affatto sterile. F ha fortezza, quale sarebbe una delle mediocri dEuropa, fortissima per per non avere i nemici vicini [...]. Dietro labitato H il giardino.

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II Sezione
Fig. 10. Nel Giornale, I, f. 91v Ripa rielaborando il suo Diario di bordo scrive: La sudetta isola di S. Paolo si trova situata nel 38 grado e minuti 12 di latitudine. La delineai nel mio Giornale alla pagina 91 ed a quella veduta non era lunga di quattro nostre miglia italiane. In fatti tutti concordemente mi dissero essere molto piccola. Nella parte nella quale la viddimo, non aveva alberi, ma era bens piena di cespugli in alcuni luoghi et in altri derbe. deserta duomini et abitata da cani marini. I nostri, che vandarono a pescare e discesero a terra, dissero avervi inteso il belare delle pecore e della capre, et probabile che ve ne siano, atteso che fu in costume de Portoghesi lasciarvene alcune in tutte le isole che discovrivano, acci, moltiplicandosi colla generazione, nei casi poi che v'avessero dovuto col tempo nuovamente approdare, avessero potuto farsi le loro proviste. Nel Giornale, I, f. 93v sotto la data del 4 novembre 1708 si legge: Il dopo pranso, essendo il mare quasi in calma, si vidde una tartaruca che dormendo stava a galla dell'acqua, alla quale pesca spiccatavisi la barchetta a due remi, la rivoltarono sottosopra (ch il modo di prenderle), indi legateli i piedi di dietro e tiratala su d'essa barchetta, la condussero nel nostro vascello e trovossi che pesava 160 libre inglesi di sedici oncie luna. In altri giorni se ne viddero delle altre e tutte si presero nella sudetta conformit. Sono esse di due specie: una di color verde e laltra oscura. Luna e l'altra sono buone a mangiare. La verde, per, molto migliore. Sul dorso di esse tartaruche si trovano alcune conchiglie di mare (in Roma chiamate telline e tonninole in Napoli) a quattro o cinque attaccate insieme, siccome si vede delineato nella pagina 91 del mio Diario nella lettera A.

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Fig. 11. Sotto la data del 14 novembre 1708 alle pagine pp. 94 e 95 del suo Diario di bordo Ripa scrive: Viddi un ucello chiamato Ucello del tropico, cos chiamato perch solo dentro i Tropici si vedono. questo di grandezza quanto un palombo sotto di color bianco. Saccost su la poppa del nostro vascello e sopra laltri girava. La coda cos secca e lunga.

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Fig. 12. Sotto la data del 23 novembre, alla pagina 97 del suo Diario di bordo Ripa annota: Verso la sera si venne a posare sopra il pennone della mezana un ucello chiamato boobi, cio ucello pazzo, ed in effetti li si compete quel nome perch si lascia prendere come un matto. La grandezza duna gallina, per picciolo in carne, tutto di colore biango, fuor dellestremit delle ale di color nero; il rostro, la sera mi parve giallo, la mattina poi lo ritrovai azurro, credo cos perch morto. Lali erano lunghe 6 palmi con 4 piegature come quelle che dissi dellalbitros. Ne delineai solo la testa e il pi dritto.

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Fig. 13. Sotto la data del 28 novembre, alla pagina 98 del suo Diario di bordo Ripa annota: Il giorno si prese un scerch o pesce cane. Io losservai tre ordini di denti, e sono grandi e della forma A. Li detti tre ordini stanno uno dietro laltro tanto che non sosservano se non sapre ben bene la boca. Locchio non pi grande di B di quella forma. Il filo dintorno di colore verdaccio o tinto di terra dambra solo a quella striscia lunga e nera. Se li ritrov in corpo un piccolo albicor, dico tondo. Nella didascalia il Ripa precisa che in portoghese il tonno chiamato huocora.

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II Sezione

Fig. 14. Sotto la data del 26 di novembre 1708 al 2 di latitudine il vascello Donegal fu sfiorato da una tromba daria nel suo Giornale, che rielabora il Diario di bordo, p. 111 il Ripa cos la descrive: Aveva il suo principio nelle parte superiore della nubbe, nel sito A, nel quale era pi larga, indi si andava restringendo sino a mez'aria nel sito B, nel quale si perd di vista; forsi a causa dell'aria dell'orizonte, che da parte di dietro era chiara. Dentro di s si vedeva chiaramente una grand'abbondanza d'acqua, che, come a ruscelli serpeggianti, ascendeva e descendeva; e sotto di s, nel sito dell'acqua ne la quale andava a terminare esercitando la sua virt, si vedeva una gran fumata, dentro la quale et intorno la quale si vedeva uno spruzzamento d'acqua, come un fonte dal mare. Sotto la data del 6 dicembre 1708 il Ripa osserva un gruppo di isolette, che egli chiama Isole del Cocco, il cui profilo delinea nello stesso margine dove rappresentata la tromba daria. In lingua malaia corrispondono presumibilmente al toponimo Pulau Pulau Kokos.

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Da Roma a Portsmouth a Macao

Fig. 15. Disegno di un pesce remora da altra angolazione. In questo caso il Ripa offre ulteriori dettagli sulle singolarit anatomiche del pesce, scrivendo nel suo Giornale: Tutti sono del color dell'anguilla e, come l'anguilla, senza squame. S'attaccano ancora alli fianchi della nave et in tempo di calma si distaccano e vanno nuotando attorno di essa con divertimento di chi li guarda, et all'ora si prendono coll'amo. In alcuni luoghi ve ne sono gran quantit, quando, attaccandosi alla nave, sono di remora al di lei corso veloce (Giornale I, p. 57).

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II Sezione

Fig. 16. Altri dettagli anatomici dei pesci remore (Giornale I, intra p. 58).

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Da Roma a Portsmouth a Macao

Fig. 17. Sotto la data del 7 maggio 1709 il vascello ispanico Nostra Signora di Guadalupe su cui viaggia il Ripa, imbocca il famoso stretto di Malacca pericoloso per le correnti e i predoni di mare in agguato. Egli scrive: Alli sette si gionse alla bocca dello stretto e ci cominciammo a vedere attorniati da un gran numero di isole e tutte verdegianti, una dietro l'altra, che non si vedeva il camino che si doveva tenere, e chi non sapesse il camino, pensando non poter andare pi avanti, voltarebbe al certo la prora in dietro per ritornare dond' venuto. [...] Qui si mand a far acqua in un'isola grande, segnata colla lettera A., quale con sottil filo di terra continente alle altre due B. e C., e stando la nave nel punto D. ed essendo la bocca non pi di tre miglia nel sito E., pareva che le era precluso ogni camino da poter andare pi avanti, vedendosi da ogni parte circondata da terra, come in un seno o porto di mare. Stando la nave in esso sito, venne un battello d'Indiani a cambiar pesce secco per riso. Sono questi {Indiani} Malaj di setta maomettana, soggetti al re di Gioro, e sono uomini de' quali le navi che passono, non se ne possono fidare, essendosi dato il caso di averle pi volte predate (Giornale I, pp. 153-154).

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II Sezione

Fig. 18. Sotto la data del 18 maggio 1709 attraversando lo stretto di Malacca, Matteo Ripa registra nel suo Diario di bordo la cattura di alcuni pesci che egli chiama cicciar italianizzazione dello spagnolo cicharro . Si tratta di un ittionimo portoghese e spagnolo egli viaggia sulla gi citata nave ispanica Nostra Signora di Guadalupe di un pesce appartenente alla famiglia dei carangidi il cui nome secondo la nomenclatura del Linneo il trachurus trachurus. Accanto al cicharro egli delinea anche la sagoma di un altro pesce, chiamato in spagnolo ruvio e in portoghese ruivo, la cui identificazione molto difficile perch littionimo indica un pesce generico di colore rosso, nei paesi mediterranei corrispondenti alla triglia.

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Da Roma a Portsmouth a Macao

Fig. 19. Sotto la data del 6 dicembre 1708 Matte Ripa descrive lassalto di alcuni marinai del Donegal agli abitanti di una delle Isole del Cocco. Il bottino era costituito di utensili di legno e di ferro, di alcune conchiglie, di generi alimentari e di dodici monete doro, come sono disegnate sul margine superiore destro del suo Diario di bordo alla p. 108. Alla stessa data egli scrive: Essendo stata questa la prima volta ch'io viddi il cocco e perch mi fu di gran maraviglia in vedere in un sol frutto la variet di tante cose per lo sostentamento di quelli Indiani, cio: cibo, bevanda, oglio, butiro, canape etc., perci lo delineai nel mio Giornale, pagine 107 e 108. Et acci ogn'uno alzar possa la mente a Dio e benedirlo per aver creato un frutto di tanto uso al genere umano, perci voglio prendermi la pena di farne qui una distinta descrizione (Giornale I, pp. 99-100).

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II Sezione

Fig. 20. Nel retro di questo documento in caratteri cinesi Matteo Ripa scrive il seguente appunto: 10 novembre. Vicer ordina che a 28 della luna piccola, 18 del mese partiamo. Il testo cinese pu essere cos tradotto: Questo decreto [del vicer] ordina al mandarino distrettuale di eseguire immediatamente lincombenza seguente, provvedere alla partenza dei tre occidentali: Guillaume Bonjour Fabre (Shan Yaozhan ), Matteo Ripa (Ma Guoxian ), Teodorico Pedrini (De Lige ). Questi partiranno alla direzione di Pechino il giorno 28. Dopo avere preso visione del decreto il mandarino dovr registrare la data della loro partenza in un rapporto e consegnarlo allufficio competente. Gli occidentali dovranno essere accompagnati dalle famiglie. Non devono ritardare. Scritto il 20 del mese IX. Fonte: ACGOFM, MH, 6-3.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Sotto la data del 24 aprile del 1714 Ripa scrive: Terminai di intagliare le 36 vedute della villa imperiale di Gehol in Tartaria et impresse ne presentai in questo d alcuni libri a Sua Maest il quale ne god molto et ordin ne imprimessi un buon numero che le servivano per donarle alli suoi figli, nepoti ed altri signori (Giornale II, p.136). Alcune copie dellAlbum relativo alle 36 vedute furono dal Ripa colorate ed altre copie ancora contengono versi forse scritti dallimperatore Kangxi. Le vedute qui a fianco sono ricavate dallalbum conservato nella BAV, mss. Barberini Orientali, n. 147. Matteo Ripa scrisse anche le didascalie di suo pugno sotto ciascuna delle 36 vedute. Tali didascalie si possono leggere nellesemplare che contiene soltanto 35 vedute conservate nella BNNa, ms. I G 75.

Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 1. Albero nero e pietre verdi; casa da diporto in alto sul monte, da cui si vede da altra angolazione un monolite che si vedr anche nella tavola 5.

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III Sezione

Fig. 2. Acqua limpida di sorgente che circonda le pietre; altre dimore delle concubine.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 3. Sole che risplende su bellissime ninfee; casa da diporto, nel cui secondo appartamento un orologio batteva i quarti e le ore; davanti ad esso giardino fiorito.

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III Sezione

Fig. 4. Via simile alla famosa erba ji (

) e riva simile alle nubi del cielo; ponti sui quali passava limperatore a cavallo o in portantina.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 5. Monte pendente che guarda gi; casa e veduta di monolite a forma di colonna con il vertice pi ampio della base; dalla cima del monte si gode la vista di tutta la villa.

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III Sezione

Fig. 6. Vita di ruscello, la cui acqua strepitante vien gi dal monte; casetta da diporto di fronte a isola sul fiume.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 7. Vista di pesci alla scogliera; casa da diporto.

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III Sezione

Fig. 8. Acqua di fiume e nubi sui monti che ricreano lo spirito; case, ove limperatore si recava in barca col seguito delle sue donne, per pranzare dopo aver trattato gli affari di Stato.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 9. Monti, valli e foreste di pini; case, ove limperatore trattava gli affari di Stato, quando non digiunava.

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III Sezione

Fig. 10. Acqua di sorgente e pietra di roccia; parete di monte su cui limperatore ha fatto scolpire, per elogiare il luogo, quattro caratteri, che qui di seguito si trascrivono nellordine cinese di scrittura da destra a sinistra: = quanyuan shibi.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 11. Acqua serpeggiante, ninfee profumate e casa da diporto.

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III Sezione

Fig. 12. Nuvole rosse allalba dalla montagna occidentale e casa da diporto.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 13. Cielo sereno e veduta del tempio degli idoli, dove ufficiavano i daoshi (

), sacerdoti eunuchi.

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III Sezione

Fig. 14. Laspetto singolare della Grande Mappa dellImpero di Cina incisa su rame da Matteo Ripa tra il 1714 e il 1717 dato dalle didascalie in lingua italiana manoscritte dal sacerdote ebolitano. Lesempio pi notevole offerto dalla carta dello Shandong che Ripa romanizza allitaliana come Sciantung. Allinterno di questa provincia sono romanizzati i caratteri, scritti dallalto in basso o da destra a sinistra, secondo la pronunzia italiana. Pi importante di tutte la didascalia che recita: In questa citt, chiamata Cihin feu hien, st sepolto il famoso Confugio.

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Ripa alla corte di Kangxi Le incisioni su rame

Fig. 15. Di fronte alle coste della provincia Zhe Jiang (Ripa scrive Cechjang), disegnata quella che il sacerdote ebolitano chiama Ttai wan dallEuropei chiamata Formosa.

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III Sezione

Fig. 16. La parte meridionale della Cina, le cui coste sono bagnate dal Mar Giallo, la pi conosciuta dagli Occidentali perch dinanzi alla citt, dagli Europei chiamata Canton e dai Cinesi Guangzhoufu, si trovava lencalve portoghese chiamata Macao dagli Occidentali dai Cinesi Aomen. Nel dedalo delle isolette di fronte a Macao trov la morte, come precisa Ripa, Francesco Saverio nellanno 1557.

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Le polemiche con i Gesuiti Echi sulla stampa napoletana Lattivit di interprete

Le polemiche con i Gesuiti Echi sulla stampa napoletana Lattivit di interprete

Fig. 1. Dal suo arrivo a Macao ai primi di gennaio del 1710 fino alla sua partenza da Pechino con permesso dellimperatore Yongzheng nel dicembre 1723, Matteo Ripa fu sempre in contrasto, talora molto aspro, con i missionari della Compagnia di Ges presenti alla corte cinese. Il contrasto ebbe il suo culmine quando il missionario gesuita Kiliano Stumpf pubblic a Pechino nel 1717 il pamphlet del quale si riproduce a fianco il frontespizio.

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IV Sezione

Fig. 2. Matteo Ripa, attaccato violentemente nella Informatio pro Veritate, rispose punto per punto alle accuse e calunnie, che, a suo parere erano contenute nel pamphlet. Di tutto il missionario ebolitano inviava informazione alla Congregazione del Propaganda Fide e al pontefice Clemente XI, al secolo Giovan Francesco Albani.

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Fig. 3. Nel fondo Albani, custodito nellArchivio Segreto Vaticano, conservata unimponente documentazione che comprende anche copie in lingua cinese dei decreti degli imperatori Kangxi e Yongzheng, dei contrasti tra i missionari europei sulla questione dei riti cinesi. In questo fondo si trovano numerosissime lettere e documenti inviati alla Santa Sede da Matteo Ripa.

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Fig. 4

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Fig. 5 Figg. 4, 5. La stampa napoletana, che al tempo non era quortidiana, ma trisettimanale, dedic un certo spazio alle notizie che Matteo Ripa inviava a Roma dalla Cina. questo un aspetto assai singolare dellattivit missionaria del sacerdote ebolitano. A volte troviamo perfetto riscontro tra queste corrispondenze molto sintetiche, e alcuni documenti conservati in diversi archivi sparsi in alcune citt italiane (soprattutto a Roma, ma in qualche caso anche a Firenze e a Venezia). Lo spazio dedicato a tali notizie sono anche una testimonianza del grande interesse che le classi elevate dellEuropa Occidentale del Settecento nutrivano per la Cina, secolo per eccellenza sinofilo.

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Fig. 6. NellAvviso del 18 dicembre 1714 tra le notizie pi notevoli registrata quella proveniente dalla Cina del Dottor Ripa relativa alla fine della persecuzione contro i Cristiani.

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Fig. 7

Fig. 7

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IV Sezione
Fig. 8

Figg. 7, 8. NellAvviso del 23 novembre 1717 viene pubblicato un messaggio inviato a Roma da Matteo Ripa dalla Villa Imperiale di Changchun Yuan ( ). Tra le tante notizie presenti nel messaggio sono notevoli quelle che si riferiscono a calamit naturali, allinteresse dellimperatore Kangxi per la matematica e la pittura, allimpegno dello stesso Ripa per diffondere la religione cristiana a mezzo di due catechisti e alla composizione da parte del sacerdote ebolitano della vita del sacerdote calabrese Gennaro Amodei, morto a Canton il 24 luglio 1715.

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Fig. 9

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Fig. 10

Figg. 9, 10. NellAvviso del 15 ottobre 1720 sono riassunti pi messaggi inviati da Matteo Ripa a Propaganda Fide. Tra le notizie di rilievo si parla dellattesa da parte dellimperatore Kangxi di un nuovo legato a latere inviato dal Papa in Cina e delle persecuzioni subite dallo stesso Ripa per la sua fedelt ai decreti del Tournon e alla costituzione Ex illa die. Di assoluta importanza il riferimento alla costituzione di una scuola per collegiali cinesi di cui riferisce alcuni nomi tra i quali ricordiamo quello di Tommaso Wu, padre di quel Lucio Wu, che tante angustie procurer a Napoli allo stesso Ripa.

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Fig. 11

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Fig. 12

Figg. 11, 12. Sullattivit di interprete svolta da Matteo Ripa insieme ad alcuni Gesuiti della legazione diretta da Lev Vasilevic Izmailov abbiamo notizie da diverse fonti sia russe, sia cinesi. davvero singolare che sia giunta fino a Roma e a Napoli informazione dettaglaita sui problemi creati dallambasciatore russo di rifiutare il rito delle nove genuflessioni dinanzi allimperatore Kangxi. Lo stesso problema si porr anche per la legazione britannica diretta da George Macartney nel 1793-1794. LAvviso di Napoli del 21 ottobre 1721 offre ragguagli dettagliati sulle difficolt della legazione russa superate anche dalla capacit diplomatica di Matteo Ripa.

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Le polemiche con i Gesuiti Echi sulla stampa napoletana Lattivit di interprete

Fig. 13. LAvviso del 28 novembre 1724 d notizia del ritorno di Matteo Ripa a Napoli accompagnato da 5 cinesi. di grande importanza il particolare che si riferisce al fratello avvocato e barone Lorenzo Ripa.

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IV Sezione
Fig. 14

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Fig. 15

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Fig. 16

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Fig. 17 Figg. 14, 15, 16, 17. Negli anni di permanenza a corte dal 1712 al 1723, Matteo Ripa non solo impar a parlare e a conversare in lingua cinese, ma, grazie al suo talento artistico, pot contare sempre sulla stima dellimperatore che pure riponeva la sua fiducia nei Gesuiti sempre in aperta polemica con lo stesso Ripa, come Kangxi ben sapeva. Forse per offrire unimmagine di imparzialit limperatore volle che tra glinterpreti dellambasciatore di Pietro il Grande, Lev Vasilevic Izmailov, giunto a Pechino il 29 novembre 1720, figurasse anche il missionario di Eboli. Gli altri interpreti furono: il portoghese Jio Mouro, i francesi Joseph de Moyriac de Mailla e Dominique Parrenin (conoscitore anche della lingua mancese), il bavarese Ignatius Kgler (tutti della Compagnia di Ges). A questi Kangxi volle che si aggiungesse anche il gesuita cinese, Fan Shouyi che aveva preso i voti in Italia come discepolo di Antonio Provana, e rientrato da poco in Cina dopo un viaggio avventuroso dallItalia che aveva visto la morte dello stesso Provana. Le due pagine del Giornale, IV, di Matteo Ripa, riferiscono lingresso trionfale in Pechino dellIzmailov e la scelta degli interpreti. Esse danno conto anche dei criteri adoperati per ledizione del 1832, dove si notano chiaramente con altra grafia le correzioni al manoscritto del Ripa, mentre la linea verticale sul primo foglio significa che il testo non doveva essere pubblicato.

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Fig. 18. Larrivo a Pechino il 26 dicembre 1720 di Giovanni Ambrogio Mezzabarba secondo legato a latere inviato dal pontefice Clemente XI Albani presso limperatore per risolvere la questione dei riti cinesi segue di poco larrivo nella capitale della Cina dellambasceria russa guidata da Lev Vasilevic Izmailov. In previsione del prossimo arrivo del legato pontificio, Kangxi aveva pensato di usare gli stessi interpreti per le due missioni diplomatiche, ma in seguito aveva cambiato idea. Matteo Ripa nel suo Giornale, IV, dedica numerose pagine alle udienze concesse dallimperatore al Mezzabarba, pagine leggibili con difficolt e la lettura diventa ancor pi faticosa per le numerose cancellature, modifiche e aggiunte dei revisori del testo per ledizione del 1932. Anche nel lavoro di traduzione emersero le posizioni divergenti, e in qualche caso opposte, degli interpreti gesuiti e di Matteo Ripa. Non appena il partito antigesuitico europeo ebbe in mano i resoconti delle udienze, trascritti dal servita Sostegno Viani, vi fu una corsa alla loro pubblicazione. Cos mentre a Parigi la Socit des missions trangres, vera fucina di scritti contrari alla Compagnia di Ges, pubblicava a Parigi nel I734 il resoconto della missione Mezzabarba nel IV vol. anonimo degli Anecdotes sur ltat de la religion dans la Chine, Giovanni Lami, ignorando il precedente parigino, pubblicava, a suo giudizio per la prima volta, nel 1739 a Milano, ma sotto il falso luogo di Parigi, per i tipi della Societ Palatina di Filippo Argelati, ma nel frontespizio veniva indicato un inesistente Mons Briasson, il testo di cui si riproduce il frontespizio.

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Fig. 19. Nella pagina qui riportata la traduzione delle domande di Kangxi e delle risposte del Mezzabarba, nelludienza del 14 gennaio 1721, viene affidata a Matteo Ripa. I gesuiti presenti, i portoghesi Jio Mouro, Jos Pereira e Pedro de Meireles, il francese Joachim Bouvet, nonch Teodorico Pedrini, della Congregazione della Missione, devono controllare lesattezza della traduzione dal cinese in italiano e dallitaliano in cinese di Matteo Ripa non solo per la grande difficolt di rendere il cinese in altre lingue, ma anche per la diffidenza che esiste tra i missionari delle diverse comunit religiose che sono sempre in sospetto di inganni e trappole da parte dei colleghi di comunit diverse.

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IV Sezione

Fig. 20. Nella pagina qui riportata viene riprodotto un dialogo fra il padre Tomacelli, del seguito del Mezzabarba, e il gesuita, Dominique Parrenin, i quali, dopo uno spettacolo di fuochi artificiali della sera del 22 gennaio 1721, ripresero una polemica, gi avviata il 16 precedente, nella quale il Parrenin aveva definito sparate del papa le due legazioni di Carlo Tommaso Maillard de Tournon e dello stesso Carlo Ambrogio Mezzabarba. Secondo gli avversari dei Gesuiti il Parrenin ricorreva ad operazioni riduttive per sminuire la figura del papa di fronte allimperatore e si ricordava un episodio, riportato dal Ripa nel suo Giornale, IV, sotto la data del 26 dicembre 1720, in cui il gesuita francese aveva presentato lestensione dello Stato pontificio inferiore alle minime province cinesi.

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Il problema della fondazione del Collegio dei Cinesi a Napoli: promotori e oppositori Lacquisto della sede e il breve Nuper pro del 7 aprile 1732 del Papa Clemente XII Corsini

Il problema della fondazione del Collegio dei Cinesi a Napoli: promotori e oppositori Lacquisto della sede e il breve Nuper pro del 7 aprile 1732 del Papa Clemente XVI Corsini

Fig. 1. Matteo Ripa nel gennaio 1724 partiva da Pechino sotto i migliori auspici: in primo luogo portava con s una lettera di Giuseppe Castiglione (Milano, 1688 Pechino, 1766), il quale svolse attivit di pittore e di architetto in Cina al servizio di tre imperatori (Kangxi, Yongzheng, Qianlong), lasciando cospicue tracce delle sue opere firmate sotto il nome cinese di Lang Shining. La lettera prova gli ottimi rapporti tra il Ripa e il Castiglione, che nella Compagnia di Ges entr solo come fratello laico. Fonte: ACGOFM, MH, 14-2, ff. 348-349.

Fig. 2

Fig. 1

Figg. 2, 3. Matteo Ripa partiva da Pechino portando con s il passaporto rilasciatogli dal Bing Bu (Ministero della guerra), il quale raccomanda alle autorit di prestare aiuto al latore del documento. Veniva ricordato che Ma Guoxian (nome cinese del Ripa) era seguito da 5 servitori e portava con s prodotti diversi che venivano elencati Fonte: ACGOFM, MH, 1-3, f. 91.

Fig. 3

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V Sezione
Fig. 4. Il ritorno di Matteo Ripa in Italia fu visto con molto sospetto dalle autorit pontificie. Egli aveva abbandonato la missione senza chiedere lautorizzazione di Propaganda Fide; inoltre, egli sbarcava a Napoli il 20 novembre 1724, dopo le polemiche suscitate dalla pubblicazione del libro di Pietro Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli (aprile 1723 per i tipi di Niccol Naso), che dimostrava linconsistenza delle pretese papali di considerare Napoli feudo della Chiesa. Quindi la proposta di fondare un seminario per preparare al sacerdozio alunni cinesi, inviata a Benedetto XIII (al secolo Pietro Francesco Orsini, in OP Vincenzo Maria), per il tramite del cardinale Giuseppe Sagripanti, prefetto di Propaganda Fide, nel dicembre del 1724 fu accolta con molta freddezza dal pontefice che scaric tutto il problema sul vicer di Napoli Michele Federico von Althann. La lettera a questi indirizzata porta la data del 4 agosto 1725 e in calce porta il nome di Carolus Archiepiscopus Emessensis ovvero Carlo Maielli/Maiello (Napoli, 1669 - Napoli, 1739), consacrato nel 1724, vescovo in partibus di Emesa e nominato da Benedetto XIII nel giugno 1724 segretario dei brevi ai principi. Fonte: ASNa, Collaterale, Consulte originali, vol. 7, inc. 20, f. 518.

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Fig. 5. La freddezza di Benedetto XIII sul progetto di fondazione del Collegio dei Cinesi emerge anche dalla lettera inviata dal segretario di Stato Fabrizio Paulucci de Calboli (Forl, 1651 - Roma, 1726), che porta a conoscenza del sacerdote ebolitano che il Papa pu soltanto pagare i frutti per 5.000 ducati da prendere a prestito da qualche banco napoletano. Nel restante la lettera del Paulucci contiene soltanto frasi di convenienza, alludendo al presidente del Consiglio Collaterale Gaetano Argento, grande fautore del progetto del Ripa. Fonte: ACGOFM, MH, 1-2.

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Fig. 6. Conosciuta la freddezza del Papa sul progetto di fondazione del Collegio dei Cinesi, Matteo Ripa si rivolse al vicer di Napoli Michele Federico von Althann, il quale doveva, prima di concedere un suo benestare al progetto del sacerdote ebolitano, ottenere un parere (notamento) del Consiglio Collaterale. Nella prima domanda Matteo Ripa chiede beneplacito e protezione per listituendo Collegio che riuscir utile sia ai fedeli di questo regno, sia agli infedeli del vasto impero della Cina e regni a lei adiacenti. Fonte: ASNa, Collaterale, Consulte originali, vol. 7, inc. 20, ff. 517r/v.

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Fig. 7. In un secondo momento, Matteo Ripa, come aveva promesso nel breve memoriale inviato al vicer, elenc i tre motivi che giustificavano la fondazione del Collegio. In primo luogo egli escludeva trattarsi di un nuovo monastero di religiosi, fondazioni proibite nella citt di Napoli da prammatica dellimperatore Carlo VI dAsburgo. In secondo luogo segnalava essere la fondazione unica in tutta lEuropa. Infine, sottolineava lutilit di avere missionari conoscitori della lingua cinese, che avrebbero potuto svolgere utili servizi a favore della Compagnia di Ostenda, fondata il 19 dicembre 1722 con il titolo compagnia imperiale e reale. Poich tale compagnia aveva scali commerciali anche in India, Matteo Ripa si impegn, in seguito, a formare interpreti e sacerdoti anche indiani. Fonte: ASNa, Collaterale, Consulte originali, vol. 7, inc. 20, ff. 508r/v.

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Fig. 8. Le risposte interlocutorie del Consilgio Collaterale e quelle evasive del Cappellano Maggiore indussero Matteo Ripa a recarsi a Vienna, dove soggiorn dal 5 luglio 1726 fino al giugno 1728. Fu ricevuto dallimperatore Carlo VI dAsburgo il 9 e il 21 agosto 1726. Limperatore si dimostr favorevole alla fondazione del Collegio dei Cinesi, alla condizione che la sede fosse ubicata en los contornos dela ciudad de Napoles y que no deva poner per motivo alguno la mano la Congregacion de Propaganda Fide y solo en el caso de ir a Indias los missionarios. Si spiegava inoltre che lopposizione papale derivava dalla Doctrina de Napoles poco sano con allusione alla difesa della reale giurisdizione e alle polemiche suscitate dallopera del Giannone. Fonte: SAW, Italien - Spanischer Rat, Neapel, Collectanea, 13, fas. 166.

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Fig. 9. Lettera scritta da Gabriele Longobardo, medico dellimperatrice vedova, Amalia Guglielmina di Braunsweig-Lneburg, consorte del defunto (1710) imperatore Giuseppe I dAsburgo, fratello di Carlo VI, da Vienna a Matteo Ripa, in data 25 maggio 1727. Mentre Carlo VI, pur favorevole alla fondazione del Collegio dei Cinesi, mostrava qualche perplessit, perch non capiva bene la differenza tra la regia protezione, richiesta con insistenza dal Ripa, e il regio patronato, Amalia Guglielmina di BraunsweigLneburg, non esit a concedere la sua protezione allerigendo collegio, anche se tale protezione non contava molto rispetto alla fonte del potere costituita dallimperatore. A dimostrazione della sua approvazione dellidea del Ripa, mise a disposizione della fondazione 200 fiorini alemanni e, per mezzo del suo medico personale, invit il sacerdote ebolitano a passare, prima della sua partenza per Napoli, per la sua corte, nota come Amalientrakt, per chiedere alla sua cameriera maggiore, Maria Teresa Maddalena degli Obizzi, la cui famiglia possedeva un palazzo a Vienna tuttora esistente, una lettera commendatizia diretta alla principessa di Cariati, Maria Emanuela dHeryl y Fernandez, per ottenerne un contributo per lerigendo collegio. Fonte: Matteo Ripa, Zibaldone, ACGOFM, MH 31-88.

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Fig. 10. Il temutissimo catalano, Raimund Vilhana Perlas, marchese di Rialp, favorito di Carlo VI dAsburgo, ricevuta la carica ufficiale di Segretario del Dispaccio universale e Consigliere, esercit un grande potere, perch tutte le grazie, e larbitrij dellImperatore per le di lui mani passavano (R. Ajello, Racconto di varie notizie, 1700-1732, Napoli 1997, p. 107). Egli scrive a Gaetano Argento, gi noto per essere sostenitore del progetto di Ripa, che cumulava le cariche di reggente del Collaterale, delegato della Real Giurisdizione e presidente del Sacro Regio Consiglio o Consiglio di S. Chiara, a nome non di Carlo VI, ma della citata Imperadrice N.ra Augustissima che ha assunto la protezzione del Colleggio, che a tenore de Cesarei ordini deve fundarsi per le missioni straniere. A Gaetano Argento tocca il compito di spianare qualunque difficult. Fonte: Matteo Ripa, Zibaldone, ACGOFM, MH 31-88.

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Fig. 12 Figg. 11, 12. Atto di acquisto della sede del Collegio dei Cinesi, rogato in data 7 aprile 1729 da notaio Nicol Marciano nel sommario in margine al rogito si descrive la Emptio Stabilium cum iardenis pro Collegio missionis Cinensium [sic] sub titulo Sacrae familiae Jesu Christi. Prima di attendere lapprovazione e il riconoscimento papale, Matteo Ripa si preoccup di acquistare una sede stabile per il Collegio dei Cinesi per mettere le autorit ecclesiastiche dinanzi al fato compiuto. In seguito allintervento del cardinale Cienfuegos, ministro di Carlo VI accreditato presso il papa Benedetto XIII, che aveva assicurato il pontefice sulla dotazione annua di 800 ducati da attribuire al Collegio dei Cinesi dalle rendite dei vescovati di regio patronato (Cassano, 200 ducati; Reggio in Calabria, 300 ducati; Tropea, 300 ducati), latteggiamento papale nei confronti di Ripa si era abbastanza mitigato, tant che la promessa di pagare i frutti su 5.000 ducati si era trasformata nel versamento una tantum di tutta la somma per lacquisto della casa, la quale fu inaugurata privatamente con la messa officiata da Mattia Ripa, fratello del fondatore, il 16 aprile, gioved santo, nel momento stesso in cui si scioglievano le campane per salutare la resurrezione di Cristo. Fonte: ASNa, Notai del Settecento, 1729, scheda 90, protocollo 19, notaio Nicol Marciano.

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Il problema della fondazione del Collegio dei Cinesi a Napoli: promotori e oppositori Lacquisto della sede e il breve Nuper pro del 7 aprile 1732 del Papa Clemente XVI Corsini
Fig. 13

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Fig. 14

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Fig. 15

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Fig. 16 Figg. 13, 14, 15, 16. Nella lunga lettera autografa inviata a Giuseppe Villasor, conte di Montesanto, presidente del Consiglio di Spagna nel 1729, sotto la data del 12 luglio di quellanno, Matteo Ripa descrive lufficiale inaugurazione, avvenuta il 10 luglio 1729, della sede del Collegio dei Cinesi e dellannessa Chiesa che, come tutte le propriet e i benefici della nuova fondazione, rientrava sotto la regia giurisdizione. Il sacerdote ebolitano nella lettera, infatti, sottolinea che lordinario, ovvero larcivescovo di Napoli Giuseppe Pignatelli, venuto a far la visita della Chiesa, non pose ne meno il piede nella soglia del Collegio. Il Ripa lamenta anche il mancato riconoscimento papale. Fonte: SAW, Italien - Spanischer Rat, Neapel Collectanea, fas. 13.

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Fig. 17

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Fig. 18

Figg. 17, 18. La richiesta del cardinale Alvaro Cienfuegos, vescovo di Monreale in Sicilia e ministro plenipotenziario di Carlo VI dAsburgo presso la Santa Sede, porta la data del 5 aprile 1731. Il testo fa riferimento ad una precedente autorizzazione papale a fondare quello che egli chiama Colleggio della sacra famiglia di Ges Cristo. In realt tale autorizzazione non vi era mai stata. vero al contrario che Carlo VI dAsburgo aveva assicurato la sua protezione allistituto fondato da Matteo Ripa dotandolo di una rendita annua di 800 ducati di moneta napoletana alla condizione che il Collegio dei Cinesi e degli Indiani conservasse sempre il suo prioritario scopo di educare missionari provenienti dalla Cina e dallIndia e intenzionati a ritornare nelle loro terre a diffondere il Cristianesimo. Il Papa accoglier la richiesta di confermare la fondazione di Matteo Ripa alla condizione che sia soggetta in toto al vescovo ordinario tranne che per i beni acquisiti e da acquisire.

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Fig. 19

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Fig. 20

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Fig. 21

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Fig. 22

Figg. 19, 20, 21, 22. Il breve, in sintesi recita, che il Papa Clemente XII Corsini approva o conferma la fondazione extra moenia di una congregazione di preti secolari sotto il titolo della Sacra Famiglia, il cui scopo leducazione di collegiali cinesi e indiani perch ritornino nelle loro patrie a diffondere il Vangelo di Cristo e che vivano del loro patrimonio senza gravare sulle risorse del Collegio che dotato di regia protezione e delle entrate di 800 ducati in moneta napoletana da ricavare per 300 ducati dalla diocesi di Tropea, per 200 dalla diocesi di Cassano e per 300 ancora dalla diocesi di Reggio. Fonte: ASV, Secr. brevium, 2791, data 7 Aprilis 1732.

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La sede del Collegio, la chiesa dei Cinesi e larciconfraternita di Santa Maria Assunta

La sede del Collegio, la chiesa dei Cinesi e larciconfraternita di Santa Maria Assunta

Fig. 1. La facciata del Collegio come appariva nel 1897 quando fu venduta. Anche se si godeva di una bellissima vista della citt di Napoli dalle finestre delledificio prospiciente il mare, era circondato da una realt urbana e sociale al quanto degradata. Al tempo di Matteo Ripa vi si accedeva in portantina o a dorso di muro o a piedi e, in qualche caso la gente del vicinato pose problemi di compatibilit con il Fondatore. Questa immagine tratta da Vincenzo Onorati, Dal Monastero degli Olivetani allOspedale Elena dAosta.

Fig. 2. Dal 1729 al 1894, il Collegio dei Cinesi, anche dopo le trasformazioni avvenute nel 1869 e nel 1888, ebbe la sua sede nel complesso situato extra moenia sul poggio della Montagnola, zona dei Pirozzoli, borgo dei Vergini. Questa, invece, un fotograma del film Ieri Oggi e Domani, di Vittorio De Sica, 1963.

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Fig. 3

Figg. 3, 4. Lemblema della Congregazione della sacra famiglia di Ges Cristo si pu ammirare ancora affrescato sotto la volta dellandrone dellattuale presidio sanitario Elena dAosta. Matteo Ripa, tutto preso dalla organizzazione del Collegio da lui fondato, non dimentic di essere un pittore e di conoscere molto bene i caratteri cinesi. Quindi disegn lemblema della sua istituzione costituito da due angeli che sorreggono uno scudo formato da un globo su cui si erge una croce con un cartiglio triangolare dove a mala pena si legge la scritta volo ut accendatur. Con grande chiarezza emergono in questa immagine sfocata i caratteri a partire dalla destra . Attorno allo scudo si legge la scritta tratta dal Vangelo di Marco [64]: Ite in universum mundum et praedicate evangelium omni creaturae!....

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Fig. 4

La sede del Collegio, la chiesa dei Cinesi e larciconfraternita di Santa Maria Assunta

Fig. 5. Gouache, senza data e senza autore, che rappresenta la chiesa dei Cinesi, larciconfraternita di Maria SS. Assunta in Cielo ai Cinesi, ingresso allandrone del Collegio dei Cinesi. Dal costume di un personaggio che appare sullo sfondo si potrebbe datare ai primi del XIX secolo. Fonte: Collezione del notaio Sabatino Santangelo.

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Fig. 6. Immagine ed iscrizione ancora oggi a stento visibili della Reale Arciconfraternita di M. SS. Assunta in Cielo ai Cinesi. Tale arciconfraternita risultava fondata gi in vita di Matteo Ripa ed ancora attiva nel 1888, anno in cui un regio decreto, del 9 febbraio, ne sciolse lamministrazione. La figura della Madonna che ascende in cielo, insieme a due angeli, che si vedono al suo fianco e ai suoi piedi, una delle poche testimonianze del talento pittorico di Matteo Ripa. Fonte: Fototeca dell'Universit degli Studi di Napoli LOrientale.

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Fig. 7. Molte iscrizioni adornavano le pareti dell'androne e il muro esterno della chiesa dei Cinesi. Alcune di queste, provvisorie ed occasionali, andarono perdute gi Matto Ripa vivente, altre, incise su marmo, furono distrutte dopo la vendita, avvenuta nel 1896, di tutto il complesso situato ai Pirozzoli, sede storica del Collegio dei Cinesi. Il sacerdote ebolitano, nel suo manoscritto intitolato Istoria o sia Relazione dell'erezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Giesu Cristo (ACGOFM, MH, 9-2) si sofferma sui festeggiamenti promossi nei giorni 25, 26 e 27 luglio 1732 per la solenne ed ufficiale inaugurazione della Congregazione, stante il Nuper pro di conferma, che Ripa definisce di approvazione. A questo proposito egli scrive: ne fu ancor fatta commemorazione ne' publici avvisi stampati. E per conclusione, fra le varie iscrizioni che si vedevano appese in varii luoghi, trascrivo qui solo quella che si leggeva su la prima porta di fuora pria d'entrare alla chiesa, che diceva : Il sacro sodalizio di preti, avviato per fondare e governare un collegio, a modo di seminario, di cinesi, di giapponesi e di altri barbari di tutte le regioni orientali, sotto i fausti auspici della sacra famiglia di ges cristo, con l'approvazione del sommo gerarca della chiesa, con la protezione di carlo vi cesare augusto e con il plauso di tutta la chiesa, lieta celebra la sua inaugurazione e trascorre giorni di grandi festeggiamenti.

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Fig. 8. A Dio Ottimo Massimo. In onore di Benedetto XIV, pontefice massimo, per avere con mano generosissima riassestato, rinsaldato e consolidato con ricchissimo beneficio , attribuito giuridicamente in perpetuo, sotto il titolo di S. Pietro, principe degli apostoli, in Eboli, questo Collegio, s da potersi chiamare a buon diritto Benedettino Collegio fondato al fine di trasmettere con sommo zelo il calore della piet nei Cinesi, Indiani ed altri alunni provenienti da altre nazioni e di istruirli con massima cura nelle sacre discipline affinch presto con tali predicatori, propagatori e propugnatori la sacrosanta fede di Ges Cristo senza ostacoli possa essere accolta, diffusa e custodita presso tutte le genti dellimmenso pianeta quanto pi lontane tanto pi immani gli alunni di questo Collegio non solo, ma i congregati tutti della Sacra Famiglia, questa iscrizione concordi posero a perenne testimonianza di gratitudine nellAnno del Signore 1743. Fonte: iscrizione tratta da I. Morri, Le grand Dictionnaire historique ou le Mlange curieux de l'histoire sacre et prophane, t. VI, Paris, 1744, pag. 886.

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Fig. 9. Ai piedi dellaltare sepolto il corpo di Matteo Ripa coperto dalla lapide in latino che si pu cos tradurre: A Dio Ottimo Massimo. Qui giace il corpo di Matteo Ripa, che dopo avere trascorso 18 anni in Oriente per propagare la fede di Cristo, condusse in Europa alunni cinesi per prepararli allapostolico ministerio e fond, per educarli, la Congregazione e il Collegio della Sacra Famiglia di Ges Cristo con lapprovazione di Benedetto XIII e di Clemente XII, sommi pontefici, dopo aver concluso il corso della sua esistenza, fermo nella fede, si lev in volo verso il Signore, nello stesso giorno in cui nacque, il 29 marzo dellanno 1746, 64 della sua vita.

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Fig. 10. All'interno della chiesa dei Cinesi sono sepolti molti dei congregati della Sacra Famiglia: tra questi Francesco Saverio Maresca (1809-1855), che fu in Cina dal 1840 al 1855, ricoprendo anche l'incarico di amministratore della diocesi di Nanchino. Sul monumento funebre si notano le insegne episcopali mitra e pastorale perch il Maresca fu nel 1847 insignito del titolo di vescovo di Sola in partibus infidelium. L'iscrizione in latino, in qualche parte poco leggibile, recita: SI GLORIA EST PERVAGATA MULTORUM/ VEL IN SUOS VEL IN PATRIAM VEL IN OMNE/ GENUS HOMINUM FAMA MERITORUM/ FRANCISCUS XAVERIUS MARESCA/ APOSTOLATU SUO VERAM CHRISTIANI HOMINIS/ GLORIAM SIBI COMPARAVIT [Se gloria la fama diffusa di molti meriti nei confronti dei propri connazionali, della patria e di tutto il genere umano, Francesco Saverio Maresca si procur con il suo apostolato la vera gloria del cristiano].

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Fig. 11. Tra le figure pi insigni sepolte sotto il pavimento della Chiesa dei Cinesi, figura Niccol Borgia (Trani, 1700 - Napoli 1779) il cui epitaffio in latino recita: A Niccol Borgia, dei duchi di Valle Mediana, uomo di grande piet, che qui a Napoli un tempo fu di grande utilit, che govern integerrimo le diocesi di Cava e di Aversa, che anim e sostenne il Collegio napoletano, del cui fondatore fu amico egualmente premuroso, che questa Sacra Famiglia aiut con le sue opere e i suoi consigli, i padri della stessa Famiglia questa lapide posero concordi nel giorno stesso della sua morte avvenuta il giorno dopo le none (6) di aprile dell'anno del Signore 1779, quando egli aveva 79 anni.

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Fig. 12. Tra larredo interno della chiesa dei Cinesi, Matteo Ripa attribuiva un agrande importanza alla statua lignea sopra riportata, che riteneva taumaturgica e che gli fu donata durante la sua sosta a Manila nel dicembre 1709. Fonte: Matteo Ripa, Giornale, vol. I (1705-1711), Introduzione, testo critico e note di Michele Fatica, Napoli 1991, p. 178.

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Fig. 13. Collocate ai lati della tribuna le due tele rettangolari raffigurano a sinistra (fig. in alto) lAnnunciazione e a destra (fig. in basso) la Visitazione. Non se ne conosce lautore, ma sembrano comunque ispirate a Francesco De Mura (1696-1782), in particolare alle due tele di analoghe dimensioni da lui eseguite intorno al 1757 per la cappella dellAssunta situata nella Chiesa annessa alla Certosa di S. Martino. Nella Visitazione sono rappresentate Maria (sulla destra) ed Elisabetta (sulla sinistra) che manifestano il loro giubilo per i rispettivi nascituri (Giovanni Battista e Ges) che portano in grembo. Sullo sfondo emergono i coniugi delle due donne, a sinistra la figura maestosa di Zaccaria, a destra Giuseppe, che si intravede con lasinello. NellAnnunciazione il messaggio portato dallarcangelo Gabriele coglie la Vergine in una pausa di preghiera ( disegnato con nettezza di particolari linginocchiatoio) e di lavoro (sullo sfondo si nota lo sgabello con il cesto della materia grezza). Gabriele indica in alto con lindice della mano destra la colomba bianca, simbolo dello Spirito Santo.

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Fig. 14 Fig. 15

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Figg. 14, 15, 16, 17. Nei pilastri della cupola al centro della navata sono collocate, ognuna in una nicchia di marmi e stucchi, 4 statue di rame, alte circa m. 1,40, raffiguranti S. Gioacchino (fig. 14), S. Elisabetta (fig. 15), S. Anna (fig. 16) e S. Giuseppe (fig. 17). Secondo Giuseppe Sigismondo, Descrizione della citt di Napoli e dei suoi borghi, vol. III, Napoli 1789, p. 56, furono eseguite su disegno di Francesco Solimena (1657-1743). Tale notizia attendibile in quanto il Solimena, cos come altri celebri pittori, operanti a Napoli tra i secoli XVII e XVIII, eseguirono modelli per statue in materiale vario, in particolare busti reliquari: dello stesso Solimena si conoscono i disegni preparatori per i busti dargento di S. Antonio Abate e S. Francesco da Paola. Si ritrovato anche un documento di pagamento allargentiere Andrea de Blasio per lesecuzione di due statue (S. Bartolomeo e S. Andrea).

Fig. 16

Fig. 17

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Fig. 16. LAdorazione dei Magi che oggi si conserva nella pinacoteca del Pio Monte della Misericordia in via dei Tribunali a Napoli, tra le opere pi interessanti un tempo conservate nella sacrestia del Collegio della Sacra Famiglia ai Cinesi. Essa fu donata da Niccol Borgia. Una copia identica del quadro, oggi nei depositi, si conservava nella cappella di patronato della famiglia Borgia nella chiesa di S. Giovanni Maggiore. Lidentificazione dellAdorazione dei Magi, situata nella sacrestia della chiesa dei Cinesi, con quella del Pio Monte, che dovette rilevarla molti anni fa per arricchire la sua quadreria, stata possibile grazie alla precisa descrizione che ne fa il Chiarini. Attribuita da Raffaello Causa a Giovan Filippo Criscuolo, stata di recente assegnata da Leone de Castris a Girolamo da Salerno.

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Scritti di Ripa, da Ripa, su Ripa

Scritti di Ripa, da Ripa, su Ripa

Fig. 1. Nella sua Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Giesu Cristo, ms. in ACGOFM, MH, 9-2, Matteo Ripa, al cp. 25, pp. 267-268, sotto la data di Napoli, ottobre 1731, scrive del suo ritorno programmato a Roma nel mese di novembre: dopo che laria si sar rinfrescata, dovendo andarvi per tre motivi: 1) per ubidire al commando del Papa che col mi voleva per conto dun dizionario latino-cinese che pensava dare alle stampe, acci io colla mia opera vi dassi la mano; 2) per prendere possesso dunaltra casa e chiesa che col avevamo avuto; e 3) per trattare la spedizione del breve approvativo della fondazione. Per piena intelligenza dei sudetti accennati tre, sono a dire comera stata regalata al Papa una copia del dizionario latino-cinese del padre fra Basilio di Gemona, francescano riformato, che per molti anni fu missionario e vicario apostolico in Cina, e perch nella detta copia vi mancava lanima, cio i caratteri o siano gerolifici cinesi, in numero pi di 40mila, command a me la Santit Sua che gliele agiungessi, come io feci fare qui in Napoli danostri alunni cinesi con tuttesattezza e polizia, e di pi per via di questo Monsignor Nunzio gliela rimandai. Piacque al Papa la fatica e, desiderando dare alla luce questopera, desiderava la mia persona a Roma, siccome mi mand a dire, acci assistessi agllintagli dei geroglifici ed alla rivisione dellopera, ma considerando io che questapplicazione che sarebbe stata di uno o due anni almeno averebbe molto distolto me e questi nostri alunni dalle nostre applicazioni, perci, giunto che fui in Roma, trovai modo di esimermi da questa fatica e distrazione. In realt il Ripa aveva preparato anche listruzione per luso del vocabolario, di cui qui si riporta lincipit.

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VII Sezione
Fig. 3 Fig. 2. Uno dei primi manoscritti composti dal Ripa per essere letti, almeno da un pubblico sia pure esiguo, fu la Istoria o sia relazione dellerezione della Congregazione e Collegio della Sagra Famiglia di Giesu Cristo, conservato in ACGOFM, MH, 9-2, di cui riportiamo il frontespizio. Molto eloquente lincipit: Alli Signori Aggregati della Congregazione della Sagra Famiglia di Giesu Cristo. Essendo cosa giusta chio soddisfaccia al lor pio desiderio con una relazione distinta dellorigine e progressi di questa nostra minima radunanza, acci Iddio, che tutto ha fatto, resti glorificato et edificato ognun di loro, perci, col commando espresso avutone dal direttore del mio povero spirito, oggi 2 febraro del 1734 d principio al ragguaglio,cominciando dal primo impulso che nebbi da Dio. Lopera fu aggiornata dal Ripa, fino a che le forze non gli vennero meno, cio fino allinizio di marzo del 1744. Fig. 3. Se durante la sua dimora alla corte di Kangxi Ripa fu in costante polemica coi Gesuiti sulla questione dei riti cinesi, dai missionari della Compagnia di Ges interpretati come riti civili e da Ripa, insieme agli altri evangelizzatori inviati in Cina da Propaganda Fide, intesi come riti superstiziosi, al suo ritorno in Italia non aveva potuto parlarne, perch la problematica sembr interessare molto poco Benedetto XIII Orsini. Con la elezione di Clemente XII Corsini al soglio di Pietro (12 luglio 1730) il clima nella curia di Roma cambi totalmente. Il 7 aprile 1732 il nuovo papa appose il suo sigillo al breve di approvazione del Collegio dei Cinesi, quindi il Ripa venne chiamato a Roma per volere dello stesso pontefice, dove si trattenne per 9 mesi (26 giugno 1737-15 marzo 1738), durante i quali egli svolse il ruolo di consulente del Sant'Uffizio sulla questione delle cosiddette permissioni del Mezzabarba. Dopo questa lungo soggiorno romano, ritorn a Napoli, dove scrisse la sua opera Dissertazione, nella quale ribadiva tutti i motivi della sua avversione ai riti cinesi, concludendo con la relazione sui riti cinesi, che gi aveva presentato al Sant'Uffizio. Giuseppe Maria Kuo, che trasport in Cina tutte le opere del Ripa, lasci questo manoscritto, dove tuttora si conserva: AUNO, busta 14.

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Fig. 4. Tra i primi alunni ospitati nel Collegio dei Cinesi, Matteo Ripa nutr affetto e ammirazione particolari per Gabriel Belisario de Angelis, filippino di nascita, ma appartenente a famiglia giapponese, riparata a Manila dopo le persecuzioni contro i cristiani, che, senza soluzioni di continuit, si susseguirono nel paese del Sol Levante, nella prima met del secolo XVII. Nel suo manoscritto, pi volte citato, Istoria o sia relazione dellerezione , sotto la data del 27 novembre 1738, il Ripa, nello stesso giorno in cui il giovane trapassava era nato il 6 aprile 1713 ne rilevava due qualit: [lapplicazione] alli studi e alla piet cristiana e lammirabile abilit per apprendere le lingue, sapendo, oltre la lingua panpanga del suo paese, assai bene la lingua spagnola appresa in Manila, la portoghese appresa in Macao. Sapeva di pi mediamente bene la lingua cinese appresa in Cina, la francese appresa su la nave nella quale venne, e litaliana appresa da un fiorentino, al quale da Pariggi saccompagn fino a Livorno. Della latina, per, ne avea, quando giunse, sol qualche sapere.

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VII Sezione

Fig. 5. Una della maggiori preoccupazioni del Ripa fu quella di scrivere le regole della Congregazione della Sacra Famiglia. Egli in primo luogo voleva evitare che i congregati gravassero sulle rendite della istituzione; in secondo luogo voleva impedire ad ogni costo le fughe in altre comunit religiose di quanti avessero fatto parte della sua comunit. Il modello che egli ebbe in mente per il primo aspetto furono i preti delle due Congregazioni, dellOratorio e dei Pii Operai. Relativamente al secondo punto egli temeva fortemente il passaggio di suoi congregati alla Compagnia di Ges; quindi, inser la clausola che stabiliva il divieto tassativo di passare ad altro ordine, congregazione, collegio, seminario, istituto a meno che da tale divieto non si fosse ottenuta la dispensa da lui o dai suoi successori. Il breve pontificio del 16 aprile 1736 approvava senza difficolt la parte disciplinare delle regole scritte da Ripa, ma conferiva alla commissione sugli affari della Cina e dellIndia, costituita in seno a Propaganda Fide, la facolt di permettere il passaggio ad altre comunit religiose. Ripa impieg pi di una anno per ottenere la cancellazione di questa clausola, la quale fu eliminata solo il 1 settembre 1737, dopo che il SantUffizio aveva manifestato il suo gradimento al parere del Ripa sulle otto permissioni del Mezzabarba. Numerose pagine della sua Istoria o sia relazione dellerezione , (in particolare il cap. 39) sono dedicate alla questione delle regole.

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Fig. 6. Lultima e pi impegnativa opera manoscritta di Ripa costituita dai cinque tomi intitolati Giornale de viaggi . Come scrive nella prefazione dedicata A congregati e collegiali della Sagra Famiglia di Gies Cristo, egli si decise a comporre questopera solo tre anni prima della morte. In tale prefazione si legge: invocando di tutto cuore lassistenza e lajuto del grande Dio, della Sagra Famiglia e di tutti gli altri Santi nostri protettori, incomincio questoggi, 26 maggio 1743, nel quale corre la festa del nostro San Filippo Neri, a mettere in nota e distendere la relazione de miei viaggi, intendendo e volendo che tutto sia a maggior gloria di esso benedetto Signore, ad istruzione et edificazione de nostri. Quindi lopera aveva una finalit squisitamente didascalica per il piccolo pubblico di lettori costituito dai preti della Congregazione della Sacra Famiglia e per i collegiali cinesi. Anche se egli promette di descrivere nella terza parte il suo viaggio fatto nel ritorno da Pechino in questa Citt di Napoli il quinto tomo del Giornale si arresta, per le gravi condizioni di salute in cui versava, al suo soggiorno londinese nel settembre 1724.

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VII Sezione

Fig. 7. La Socit des Missions trangres di Parigi era una comunit religiosa, che nutriva una forte avversione nei confronti della Compagnia di Ges. I missionari della Socit in Cina Artus de Lyonne, Charles Maigrot, Nicolas Charmot convinti che i riti cinesi, in quanto supersiziosi, dovevano essere vietati ai cinesi convertiti al cristianesimo, si erano distinti per la loro intransigente opposizione alla metodologia evangelizzatrice dei Gesuiti. Appena entrarono in possesso del Giornale della Legazione Mezzabarba, scritto dal servita Sostegno Viani, di precipitarono a pubblicarlo, precedendo ledizione milanese curata da Giovanni Lami, Istoria delle cose operate nella China da Monsignor Gio. Ambrogio Mezzabarba, patriarca d'Alessandria, di cinque anni. Cos come nelledizione italiana, anche in quella francese il ruolo di Ripa, come difensore della purezza della Santa Fede, emergeva contro i Gesuiti, responsabile di avere estorto al Mezzabarba le famose otto permissioni.

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Fig. 8. Nel momento in cui in Portogallo la campagna contro la Compagnia di Ges raggiungeva il suo acme per la pretesa congiura contro il sovrano ordita dal gesuita Gabriele Malagrida, e il primo ministro Sebatio Jos Carvalho e Melo, conte di Oeiras e non ancora marchese di Pombal, aveva proceduto alla espulsione dei seguaci di SantIgnazio da tutti i territori sottoposti alla sovranit di Sua Maest Fedelissima, un cappuccino, noto in Europa come labbate Platel e nellordine come fra Norbert de Bar-leDuc, che gi si era distinto per i suoi pamphlets contro la Societas Jesu, fu presumibilmente chiamato a Lisbona dallo stesso primo ministro per sostenere e giustificare per mezzo della stampa la sua campagna. Ne uscirono in lingua francese i Mmoires historiques in sette tomi, in cui le argomentazioni contro i gesuiti erano appoggiate a lettere e documenti del Ripa, inviati a Propaganda Fide, e raccolte nella Biblioteca Corsiniana da Domenico Passionei.

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Fig. 9. Nel 1841 un diplomatico britannico, Parish Woodbine, soggiorn a lungo a Napoli per trattare col governo borbonico la questione deglindennizzi ai commercianti inglesi, danneggiati dal contratto di monopolio dello sfruttamento dello zolfo siciliano concesso dal governo delle Due Sicilie ad una societ francese. Memore del ruolo svolto dai Cinesi del Collegio di Napoli durante la legazione di George Macartney presso limperatore Qian Long nel 1794-95, il Woodbine visit i padri della Congregazione della Sacra Famiglia, dai quali ebbe in regalo i tre tomi intitolati Storia della fondazione della Congregazione della Congregazione e del Collegio de Cinesi sotto il titolo della Sagra Famiglia di G. C. scritta dallo stesso fondatore Matteo Ripa, Napoli 1832, ed una mappa di Pechino recentemente pubblicata dallo studioso cinese Li Xiaocong. Il Woodbine, che conosceva la lingua italiana, si riprometteva di esrarre un abridgement in lingua inglese dai tre tomi. Glimpegni diplomatici non glielo permisero ed egli pass lincarico ad una singolare figura di esule piemontese a Londra, Fortunato Prandi, che aveva gi esperienze di traduzione in inglese di opere in italiano e in francese. Nel 1844 la traduzione fu pubblicata in prima edizione ed ebbe un tale successo da essere ripubblicata pi volte. Anche se si trattava solo di condensation, come il Prandi stesso precisava nella sua Preface, le conoscenze del mondo intero su Ripa e il Collegio dei Cinesi sono basate sul testo selected and translated from the italian by Fortunato Prandi, compresa la data erronea di morte nel testo del Prandi collocata al 1745 mentre il Ripa mor nel 1746.

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Fig. 10. Lunica traduzione del Giornale di Matteo Ripa, aderente al testo, quella contenuta nei tomi IV-VII dei Mmoires de la Congrgation de la Mission, pubblicati anonimi a Parigi tra il 1863 e il 1866. Purtroppo, giacch i congregati della Sacra Famiglia, per la loro edizione del 1832 avevano sovrascritto la loro grafia a quella del fondatore Ripa, Gabriel Perboyre, CM, che esegu la trascrizione a Napoli, orientato ed aiutato dalloratoriano Augustin Theiner, non si cur di distinguere il testo di Ripa dalle sovrascritte dei congregati. Comunque egli copi anche i passi espunti dalledizione napoletana del 1832 relatavi alle violente polemiche tra Ripa, sostenuto dal lazzarista Tedorico Pedrini, e i Gesuiti. Nessuno si accorto delle somiglianze fra il testo italiano del 1832 e il testo francese del 1863-1866. Comunque la pubblicazione dei Mmoires suscit una forte reazione dei Gesuiti, che minacciarono di denunziarli al SantUffizio. La polemica tra i padri della Congregazione della Missione e i Gesuiti, si concluse con la promessa da parte dei primi di ritirare lopera dalla circolazione. Pi tardi, nel 1911, i Lazzaristi operarono una sintesi in tre volumi che sopprimeva tutte le polemiche con i Gesuiti. Un altro lazzarista A. Thomas J.-M. Planchet, con lo psedudonimo di A. Thomas, pubblic una Histoire de la Mission de Pkin, t. I, Depuis les origines jusqu l'arrive des Lazaristes, Paris 1923; t. II, Depuis l'arrive des Lazaristes jusqu la revolte des Boxeurs, Paris 1926, che riprendeva alcuni passi, anche di Matteo Ripa, in unepoca in cui linteresse per i riti cinesi si era ormai raffreddato.

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Fig. 11

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Fig. 12 Figg. 11, 12. Louis Morri (Bargemont, 1643 - Parigi, 1680), ecclesiastico, pubblic nel 1674 a Lione Le grand Dictionnaire historique ou le Mlange curieux de l'histoire sacre et prophane, che ebbe un'enorme fortuna, testimoniata dal numero delle edizioni ampliate ed aggiornate, che al 1759 avevano superato il numero di 20. significativo che questa edizione del 1747, uscita un anno polo la morte di Matteo Ripa, contenga notizie cos dettagliate sul Collegio dei Cinesi e la Congregazione della Sacra Famiglia di Ges Cristo.

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Fig. 13. La biografia di Matteo Ripa e la storia della congregazione da lui fondata, apparse prima come lavoro a s (Storia della Congregazione e Collegio della Sacra Famiglia di Ges Cristo colla vita del fondatore D. Matteo Ripa, Napoli 1789) e poi entrate nel quarto tomo dellopera curata da Flaminio da Latera, Storia degli ordini regolari con la vita de' loro fondatori accresciuta di altre vite dal canonico N. Gangemi, tt. 4, Napoli 1796, sono importanti, perch lautore lesse i due manoscritti autobriografici del Ripa (Istoria o sia Relazione e Giornale de viaggi ) prima delle cancellature e modifiche apportatevi dai congregati per ledizione del 1832. la sola opera, prima delledizione critica dei primi due tomi del Giornale curati da Michele Fatica, a sottolineare lantigesuitismo di Matteo Ripa. Ma il Gangemi fu anche uno dei primi a diffondere la leggenda sul titolo nobiliare del padre di Matteo, Gianfilippo Ripa.

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Fig. 14

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Fig. 15

Figg. 14, 15. Cesare Malpica (Capua, 1801 - Salerno, 1848) fu uno dei pi prolifici scrittori della prima met dell'Ottocento napoletano. La sua produzione spazia dai resoconti di viaggi in Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Roma, Umbria, Toscana) agli opuscoli pedagogici destinati ad un pubblico popolare. Non poteva mancare la sua collaborazione al Poliorama pittoresco, periodico ricco di illustrazioni fondato nel 1835 da Filippo Cirelli per un pubblico di lettori del ceto medio e da lui stesso diretto. Il suo interesse per Matteo Ripa fu motivato non solo dalla sua vena di divulgatore delle grandi figure, italiane ed europee, entrate nella storia, ma anche dalla ricerca di documentazione per un'opera di respiro pi grande pubblicata nel 1841 in tre tomi sotto il titolo Panorama dell'universo. Storia e descrizione di tutti i popoli, Napoli 1841, di cui un tomo, poi ripubblicato a parte nel 1844, era dedicato alla China.

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Fig. 16. Gherardo De Vincentiis, personalit di rilievo fra i docenti prima del Collegio Asiatico e quindi dell'Istituto Orientale, di cui fu direttore facente funzione nel biennio 1899-1900, che insegn la lingua neopersiana dal 1872 al 1907, anno della sua morte, fu il primo a compiere ricerche sistematiche nell'Archivio di Stato di Napoli e nella sezione manoscritti della Biblioteca Nazionale. Nel libro che qui si presenta pubblic una serie di documenti inediti soprattutto relativi alla polemica di Matteo Ripa con i Gesuiti sui riti cinesi e alle pressanti istanze indirizzate dal missionario ebolitano ai vicer di Napoli per ottenere l'autorizzazione a fondare il Collegio dei Cinesi. Egli intu anche che i tre tomi attribuiti a Matteo Ripa e pubblicati nel 1832 sotto il titolo di Storia della Fondazione della Congregazione e del Collegio de' Cinesi , erano un falso. Non pot dimostrarlo perch i manoscritti autografi del fondatore erano stati portati in Cina ai primi degli anni Novanta del XIX secolo da Giuseppe Maria Kuo.

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Fig. 17. Nicola Nicolini (1905-1975), che insegn per molti anni storia moderna nell'Istituto Orientale di Napoli, studioso scrupoloso e di grande probit, fu il primo a condurre serie ricerche nell'Archivio Segreto Vaticano, dove scopr nel fondo Segretaria di Stato, Lettere di particolari, una serie di documenti inediti e autografi di Matteo Ripa, che pubblic nelle pp. 76-105 dell'opera che si espone. Egli, inoltre, raccolse tutti i testi di tutti gli statuti e delle riforme degli studi dell'Istituto Orientale fino ala riordinamento del 1941.

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Fig. 18. Il primo studioso a vedere i manoscritti autografi, Istoria o sia Relazione e Giornale de viaggi , di Matteo Ripa, fu il sacerdote Gennaro Nardi. Egli si rese conto che i tre tomi del 1832 erano stati compilati unendo le due opere manoscritte, ma nel risultato delle sue ricerche, apparso nel 1976 sotto il titolo di Cinesi a Napoli. Un uomo e unopera, non approfond i criteri adoperati dai congregati nellutilizzo dei manoscritti. Comunque si tratta del primo lavoro fondato sopra unampia documentazione.

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Fig. 19

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Fig. 20 Figg. 19, 20. I primi due tomi del Giornale de viaggi di Matteo Ripa sono stati pubblicati nel 1991 e nel 1996 per la prima volta in edizione critica da Michele Fatica, docente di storia moderna dal 1978 dellattuale Universit degli Studi di Napoli LOrientale. Il curatore ha cercato di ricostruire il testo autografo dellautore, collocando a pie di pagine le modifiche, correzioni e soppressioni operate dai congregati per ledizione del 1832.

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Fig. 21. Il volume in lingua tedesca del Rivinius, sacerdote della Societas Verbi Divini, una testimonianza dellinteresse che a livello mondiale dalla Cina alla Germania suscita oggi Matteo Ripa e il suo Collegio dei Cinesi. Il Rivinius ha rivolto la sua attenzione alla istituzione napoletana, perche in Sankt Augustin la Societas Verbi Divini ha inaugurato un seminario per la formazione del clero cattolico cinese. Nella stessa cittadina viene pubblicata la rivista di sinologia intitolata Monumenta serica.

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Dal Collegio dei Cinesi al Real Collegio Asiatico

Dal Collegio dei Cinesi al Real Collegio Asiatico

Fig. 1. Il cambiamento dinastico avvenuto nel 1734 con Carlo di Borbone, anche se restitu dignit di regno a Napoli, vanific la precedente promessa di Carlo VI d'Asburgo di erogare al Collegio dei Cinesi la rendita di 800 ducati annui. sicch il Collegio si trov a vivere una stagione precaria, durante la quale le entrate furono assicurate soprattutto dalle elargizioni di nobili benefattori. Tutto ci fu fatto presente dal Ripa a Benedetto XIV Lambertini, il quale nella bolla In sacro del 31 agosto 1743, si rese conto del fatto che listituzione dispone[va] di rendite cos esigue da essere riconosciute insufficienti al sostentamento dei predetti fanciulli e adolescenti [cinesi e indiani]. La concessione delle rendite dell'abbazia di S. Pietro Apostolo in Eboli era sottoposta a due condizioni: 1a) nunc pro tunc, ovvero la decorrenza del godimento della rendita sarebbe stato effettiva solo alla morte del beneficiario vivente, Mario Mellini/Millini, uditore di Rota; 2a) che dalla rendita, valutata a 1.700 ducati, fossero detratti 500 ducati annui come pensione da assegnare a persona da nominare. La successiva bolla, Misericordia Dei, del 6 ottobre 1747, papa Lambertini, sopprimeva la clausola della pensione annua di 500 ducati, alla condizione che nel Collegio dei Cinesi fossero ammessi 4 giovani cristiani provenienti da Valacchia, Bulgaria, Serbia ed Albania (regioni soggette al Gran Turco). Il testo della bolla in mostra, non privo di refusi il pi clamoros quel debitos della quinto rigo che sta per debitores ricavato da Giuseppe Maria Kuo [alias Guo Dongchen ], Elenchus alumnorum, decreta et documenta qu spectant ad Collegium Sacr Famili Jesu Christi, Changhai 1917, pp. 62-66.

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Fig. 6

Figg. 2, 3, 4, 5, 6. Il testo iniziale di una due bolle pontificie in mostra, emanata dal papa Clemente XIII Rezzonico, la Quanta Ecclesi Dei del 24 aprile 1760, arricch, sempre con la formula nunc ex tunc il beneficiario vivente era l'assistente al soglio pontificio Nicola Saverio Santamaria il Collegio dei Cinesi di nuove entrate (tenuta di S. Pietro a Colonnello detta volgarmente la Petruccia con ulteriore rendita di 1.200 ducati) provenienti dalla divisione dell'abbazia benedettina di S. Maria Madre di Dio in provincia di Salerno alla condizione che il numero di 16 alunni, fissato dalla precedente bolla Misericordia Dei di Benedetto XIV, fosse portato a 20: dei quattro alunni in pi due dovevano essere di origine cinese o indiana, i rimanenti due dovevano provenire dai territori sottoposti al Turco. Con una seconda bolla Docendi omnes del 13 agosto 1764 lo stesso papa stabiliva che i collegiali della istituzione napoletana dovessero essere in numero di 28 con l'ammissione di altri otto cinesi, in previsione di un intensificato lavoro missionario da svolgere nel Paese di Mezzo. Infine, la bolla Pr cteris del 23 luglio 1775, portante il sigillo di Pio VI Braschi, assegnava alla istituzione l'intero ammontare delle rendite della summenzionata abbazia di S. Maria Madre di Dio (la Petruccia con in pi Santa Cecilia), portando a 32 il numero dei collegiali, di cui quattordici dovevano essere Cinesi o Indiani. La formula di conferimento del beneficio era sempre quella nunc ex tunc, dal momento che il beneficiario era Nicola Saverio Santamaria, che morir solo il 26 agosto 1776.

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Fig. 7. A partire dal 1812 il Collegio dei Cinesi fu trasferito alle dipendenze della Direzione generale dell'istruzione pubblica, istituita da Gioacchino Murat, che realizz una riforma delle scuole pubbliche e private del Regno di Napoli, ispirandosi al criterio dell'uniformit. Nell'istituto fondato da Matteo Ripa, pertanto, la sezione convitto fu equiparata ai licei-collegi voluti in Francia da Napoleone I, e vi furono introdotti i programmi scolastici per questo tipo di scuole, che prescrivevano l'insegnamento di grammatica, umanit, rettorica, lingua greca, geografia, istoria, geometria e filosofia, nonch di arti cavalieresche. Nel rispetto della sua tradizione e della sua storia nel nuovo convitto fu istituita una scuola speciale per l'apprendimento della lingua cinese. Gli allievi erano in numero limitato, ma tutti qualificati. I loro compiti e i loro opuscoli tra cui la Gramatica chinese di Gennaro Maria Terres si possono leggere in una speciale fascicolo conservato dell'ASNa, Ministero dell'interno, Seconda appendice, fascio 1344. Il lavoro del Terres pu essere considerato la prima grammatica cinese in lingua italiana.

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Fig. 8

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Fig. 9

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Fig. 11 Figg. 8, 9, 10. Dopo l'unificazione italiana i congregati della Sacra Famiglia nutrirono forti timori circa la soppressione della comunit religiosa fondata da Matteo Ripa. Tuttavia il legame tra la congregazione dei preti secolari e il Collegio dei Cinesi era cos stretto che la scomparsa della prima avrebbe comportato anche il dissolvimento del secondo. Sulle decisioni dei governanti liberali di operare il salvataggio di congregazione e Collegio non influ tanto il precedente murattiano che aveva operato una separazione netta tra seminario religioso e scuola laica quanto la riflessione sulla opportunit di utilizzare i missionari italiani o conoscitori della lingua italiana come i Cinesi educati nel Collegio di Napoli per creare zone d'influenza culturale e commerciale in paesi lontani, come la Cina, dove l'Italia non aveva le risorse economiche e gli armamenti idonei, come Francia e Gran Bretagna, per farsi valere. molto significativo che una personalit influente all'interno del Ministero degli affari esteri, come il liberale Cristoforo Negri (1809-1896), manifesti queste idee sopra un periodico cattolico, il Museo delle missioni cattoliche, diretto dal canonico Giuseppe Ortalda (1814-1880), che presenta il collaboratore liberale come chiamato a rappresentare il nostro Sovrano a Pekino, anche se successivamente il governo italiano decise di utilizzare al suo posto altra persona per stipulare un trattato di amicizia e di commercio con il Celeste Impero (1866).

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Fig. 11. La legge del 7 luglio 1866, che sopprimeva gli ordini e le congregazioni religiose, diede la sensazione che ne escludesse la Congregazione della Sacra Famiglia. In realt il governo della sinistra storica nomin una commissione, che tenne le sue riunioni a Firenze nuova capitale d'Italia dal 5 marzo al 27 aprile 1867 per discutere il destino e l'eventuale riordino dell'antico Collegio dei Cinesi. Facevano parte della commissione, fra gli altri, Cristoforo Negri, quale autorevole membro interno, ed il congregato Giovanni Maria Falanga, come consulente esterno. La commissione fu unanime del deliberare la conservazione di un istituto unico in Europa e nel raccomandare che per uso del pubblico sapra infin da ora una scuola a carico del Collegio medesimo, ove sinsegni, a tutti i giovani che vorranno impararla, la lingua cinese. Prima di attendere eventuali decreti del Ministero della pubblica istruzione, su istruzione del prefetto di Napoli, Filippo Gualterio, lavorarono alla trasformazione del Collegio dei Cinesi di Napoli in Collegio Asiatico, l'orientalista Giacomo Lignana, e due congregati della Sacra Famiglia, Giuseppe Gagliano, superiore, e il gi ricordato Giovanni Maria Falanga. Per l'inaugurazione fissata al 25 novembre 1868 fu preparato un invito, sottoscritto dal superiore, che parlava un linguaggio chiaramente liberale.

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Fig. 12. In qualit di superiore della Congregazione della Sacra Famiglia, citata nella fattispecie come Congregazione de' Cinesi, il sacerdote Giuseppe Gagliano per un refuso di stampa indicato come Galiano tenne il discorso inaugurale per l'apertura del Collegio Asiatico. Alcuni passaggi del suo Discorso meritano di essere segnalati: 1) la funzione di veicolo di trasmissione della cultura cinese in Europa, cui avevano assolto nel passato i collegiali, ricordando quanto Domenico Cirillo fosse debitore a Gatano Si [Xu Geda ] per la sua esposizione della sfigmica cinese nel suo Tractatus de pulsibus (1783), e il contributo di Antonio Tan [Tang Duoni ] al gran Dizionario della lingua Cinese in adempimento degli ordini dati dal primo Napoleone. In questo caso il Gagliano si riferiva al Dictionnaire chinois, franais et latin, pubblicato a Parigi nel 1813, del quale si era attributa impropriamente la totale paternit Christian Louis Joseph de Guignes. 2) Lauspicio che la nuova scuola riuscisse di grande ed immediata utilit ed alle nostre missioni e commerci ed agli studii stessi e le ricerche scientifiche dell'Asia Orientale. Nel ringraziare le personalit del governo italiano tra cui il Commendatore Negri e il Professore Lignana che avevano prestato mano a fondare il Collegio Asiatico, il Gagliano e i congregati filoliberali della Sacra Famiglia furono riguardati con sempre maggiore sospetto dalle gerarchie cattoliche.

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Fig. 13

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Figg. 13, 14. L'impulso maggiore a conservare l'antico Collegio dei Cinesi ed a fondare il nuovo Collegio Asiatico era venuto, oltre che dalle personalit altrove ricordate, dai ministri Domenico Berti, Michele Coppino e Cesare Correnti. Il cremonese Angelo Bargoni, che resse la Pubblica Istruzione per un brevissimo periodo (13 maggio-14 dicembre 1867), non risulta essersi interessato al problema, ma si trov costretto a presentare al re Vittorio Emanuele II due decreti in data 12 settembre 1869 l'uno relativo alla trasformazione del Collegio dei Cinesi in Collegio Asiatico e l'altro contenente il regolamento interno del nuovo istituto per il motivo che a Napoli si era inaugurato il Collegio Asiatico senza nessuna autorizzazione ufficiale ministeriale. La Collezione celerifera delle leggi, dei decreti e delle istruzioni e circolari, XVIII (1869), p. IIa, pp. 1573-1574, riportava una Relazione del Bargoni che spiegava al re lo spirito che aveva ispirato la riforma: 1) la conservazione di un collegio missionario era motivata dal fatto che la Russia, l'Inghilterra, la Francia si fanno precedere ed aprire la via dai loro missionari; l'Italia non pu fare minore assegnamento sopra le sue Missioni e che Cinesi e Indiani solo la forza delle religione induce ad abbandonare per lungo tempo le loro lontane sedi. 2) La scuola pubblica per l'apprendimento delle lingue orientali doveva avere lo scopo di offerire il mezzo di acquistare la cognizione pratica delle lingue che si parlano nell'Oriente. Quindi insegnamento delle lingue parlate e viventi per utilit di coloro che si danno ai commerci o alle missioni diplomatiche in quelle regioni.

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Fig. 1

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Fig. 2 Figg. 1, 2. Nella raccolta apparsa nel 1731 a Napoli per i tipi di Felice Mosca sotto il titolo di Funerali nella morte del Signor Duca D. Gaetano Argento celebrati nella Real Chiesa di S. Giovanni a Carbonara, con Varj Componimenti in sua lode di diversi Autori, curata da Vincenzo D'Ippolito, veniva pubblicato un canto funebre propriamente un wange nel quale i collegiali del Paese di Mezzo volevano esprimere il loro dolore per l'uomo scomparso la trascrizione in cinese di Argento resa con quattro caratteri: Ya-er-zhan-duo che tanto si era battuto per promuovere il seminario in cui erano ospitati ed educati. Di questo canto si riproduce solo la pagina iniziale con la corrispondente traduzione in lingua latina. La traduzione in lingua latina molto approssimativa. La traduzione in lingua italiana potrebbe essere la seguente: Rispettosamente un canto funebre offre Napoli ad Argento, il grande custode delle leggi. Perch un nero miasma venuto ad oscurare un bel mattino [il cielo] della bellissima [multicolore] citt, lasciando sgomenti gli uomini di ogni ceto sociale? Il pennello affranto ruba un pezzo del libro di condoglianze per esprimere il suo lamento; anche la gente pi oscura della reggia sconvolta per il crollo della trave portante. Nessuno ritiene cosa ineducata trattenere le amare lacrime sulle guance. Come potremmo noi non versare lacrime per la circostanza?.

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Fig. 3. Benedetto XIV Lambertini volle porre fine allaspra polemica sui riti cinesi, vietando, con la sua bolla Ex quo singulari dell11 luglio 1742, agli ordini e alla congregazioni religiose di farne solo parola. Secondo uno stile tipicamente europeo egli stabil per i convertiti al cristianesimo nel Celeste Impero anche la forma dei funerali ortodossi non contaminati dalle superstiziose cerimonie funebri siniche. Commission, pertanto, allalunno del Collegio di Napoli, Domenico Zhao (Zhao Duoming , 1717-1754) lincarico di tradurre la parte relativa ai riti funerari. Il frontespizio concepito alluso cinese: nella colonna di destra indicata la data Tianzhu jiangsheng yiqianshiqibaisishiernian (Anno della nascita del Signore 1742) nella colonna centrale riportato il titolo Shengjiao Sangli (Cerimonie funebri della santa religione) nella colonna di sinistra riassunto il contenuto del testo: Benduo dishisi weijiaohuawang shengzhi (Santo decreto del Sommo Pontefice Benedetto XIV). Tale traduzione si conserva in BAV, Vat. lat., ms. n. 13672, con la seguente intestazione: Ritus Cremonique circa funera Sinensium Christianorum celebranda, stabilita a Sancta Sede Anno 1742. Ex Bulla Summi Pontificis Benedicti XIV. Datum Rom apud Sanctam Mariam Majorem, quinto Iduum Julii, Anno Domini 1742. Pontificatus Anno secundo. Conversum in linguam Sinicam a Patre Dominico Chiao, Sinensi.

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Fig. 4. Nel 1835 usciva a Napoli litografice impressa una Grammatica lingu Sinensis Auctoribus PP. Varo et de Cremona [sic] ex Hispanico in Latinum idioma translata, et aucta: il titolo cinese Chuxue Jianjing, ovvero Guida rapida allo studio iniziale. Questo testo fu segnalato come irreperibile per la prima volta da Henri Cordier nella sua nota Bibliotheca Sinica (vol. III, Paris 1906-19072, col 1657), quindi, dopo unindagine pi approfondita, come canservato nella Biblioteca Vittorio-Emmanuele III di Roma, tra i manoscritti della sezione Varia, 54 (Bibliotheca Sinica, Supplement et Index, Paris 1922-1924, coll. 16571658). In questo fondo stata da noi trovata la copia di cui presentiamo il frontespizio. Il testo del domenicano spagnolo Francisco Varo (1627-1687) noto anche per un Vocabulario de la Lengua Mandarina, pubblicato di recente nelle monografie dei Monumenta Serica, serie LIII/1-2 pubblicato a Canton nel 1703 sotto il titolo di Arte de Lengua Mandarina, era un testo di base sul quale i missionari europei iniziavano lo studio del cinese. Gli anonimi collegiali fecero anche tesoro del vocabolario di Basilio Brollo da Gemona, conservato nella biblioteca del Collegio dei Cinesi, sul quale aveva cominciato a lavorare il Ripa nel 1734, per pubblicare la loro Grammatica. Lerrore de Cremona, invece che de Clemona, era errore dei congregati napoletani, che avevano scambiato Clemona per Cremona (Storia della Fondazione , t. II, Napoli 1832, p. 458). Gli anonimi autori cinesi avevano scritto correttamente Kelaimaona (Clemona).

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Fig. 8 Figg. 5, 6, 7, 8. Prima che lalto funzionario imperiale Hong Xun e lambasciatore di Cina in Italia Xue Fucheng facessero conoscere ai primi degli anni Novanta del XIX secolo, alla cerchia dei letterati e dei politici del loro paese, lesistenza di un Collegio dei Cinesi a Napoli in Italia, Guo Liancheng (1839-1866), nel suo Breve resoconto del viaggio in Occidente (Xiyou Bile ) di cui gran parte dedicata allItalia visitata tra il 1859 e il 1860 offriva nel 1863, anno di stampa del suo libro in Cina (Tongzhi ernian xinke ) ai lettori cattolici del suo paese, ma non solo a quelli, una presentazione del fondatore e dellistituzione. Lopera ebbe tre edizioni, di cui si mostrano i frontespizi. Presentiamo della terza edizione Shanghai 2003 in caratteri semplificati, curata da Zhou Zhenhe per la casa editrice Shudian chubanshe , le pp. 94-95 dove si parla del fondatore del Collegio dei Cinese e del prestigio di cui gode listituzione che si possono tradurre nel modo seguente in italiano: Allepoca di Kangxi don Ma Madou [Matteo Ripa], italiano, raggiunse la Cina dopo un viaggio di 3 anni; quindi apr una scuola a Pechino, diventando famoso come pittore e astronomo. L'imperatore lo tratt con molta cortesia ed egli lo accompagn spesso nei suoi spostamenti. Fu onorato ed amato a tal punto da fondare una scuola a corte. Dopo la morte dell'imperatore don Ma Madou [Matteo Ripa] chiese il permesso di ritornare in patria. Il sovrano gli chiese conto dei suoi progetti ed egli rispose che desiderava fondare una scuola per i talenti eccezionali. L'imperatore credette opportuno dargli il suo assenso. Dopo di che egli torn a Napoli dove tratt con prudenza con il sovrano l'affare della fondazione del collegio. Il sovrano lo autorizz a costruire all'interno della citt una prestigiosa scuola, con il nome di Collegio della Sacra Famiglia, ovvero la famosa scuola di studi cinesi. Finora ininterrottamente vi sono venute generazioni di individui senza che ve ne fosse mai carenza.

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Figg. 9, 10. Fin dal 1869, quando si tentava la prima volta una riforma in senso laico dellantico Collegio dei Cinesi, un valente alunno indigeno di esso, statomi pi caro collega nellinsegnamento ed ora ritornato da pi tempo nel suo nativo Hu-p, il P. Giuseppe Maria Kuo, autografava, qui in Napoli il San c cing, aggiungendo al testo, in pie dogni pagina, la trascrizione e la versione [latina] di ciascun carattere. Queste parole di elogio e di amicizia il professore di lingua neopersiana, Gherardo de Vincentiis, liberale e massone, usava nei confronti del sacerdote Guo Dongchen , noto in Italia come Giuseppe Maria Kuo, ristampando nel 1900 il testo cinese con la traduzione italiana del Classico trimetrico. I dati biografici scarni ci parlano del suo arrivo a Napoli il 31 dicembre 1861, proveniente dalla provincia dellHubei , dove era nato l11 febbraio 1846 nel distretto di Qianjiang , dei voti presi a Napoli il 30 luglio 1871, della sua ordinazione sacerdotale il 22 settembre 1872, del suo ritorno in Cina lanno seguente. Sappiamo che fu richiamato in Italia da Propaganda Fide nel 1886 e che fece nuovamente ritorno in Cina nel 1892. Mor ad Hankou il 2 gennaio 1923. La sua cultura era eccezionale: oltre al cinese letterario e volgare di lui si conserva nellArchivio OFM di S. Michele in Isola a Venezia un Dizionario cinese volgare-italiano in tre volumi conosceva litaliano e il latino. Nel frontespizio il titolo Sanzi Jing Classico trimetrico, si legge nella colonna centrale, in alto da destra a sinistra si legge xin juan , nella colonna di destra vengono indicati la data e lautore Tongzhi banian Chubei Guo Dongchen ding , nella colonna di sinistra scritto Naboli Shuyuan Cangban . La traduzione completa potrebbe essere: Guo Dongchen dellHubei, alunno del Collegio dei Cinesi di Napoli, fin di stampare il Classico trimetrico nellanno ottavo dellimperatore Tongzhi (1869).

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Fig. 11. Nello stesso anno, 1869, in cui Giuseppe Maria Kuo pubblicava il testo del Classico trimetrico, veniva alla luce per opera dello stesso autore lHuaxue Jingjin , titolo tradotto dallo stesso Guo come Saggio di un corso di lingua cinese. Da notare che rispetto al frontespizio del Sanzi Jing, compaiono novit: prima di tutto sotto il titolo nella colonna centrale, in caratteri pi piccoli compare la scritta Juan wu (parte quinta); a destra compare una doppia colonna: la pi interna identica a quella del Sanzi Jing, quella esterna recita: luoyeji ce yi: (raccolta fior da fiore, parte prima). Il testo aveva anche un frontespizio in lingua italiana, traduzione dal cinese, che recitava: Saggio di un corso di lingua cinese per Giuseppe M. Kuo (alunno del Collegio Cinese). Parte quinta. Crestomazia, fascicolo primo. Napoli 1869. Il testo conteneva Nozioni preliminari allo studio della lingua cinese, ma anche brani scelti dai classici confuciani.

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Fig. 12

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Fig. 14 Figg. 12, 13, 14, 10. Nel 1868 per la prima volta Pechino invi una delegazione ufficiale in Europa, composta dallamericano Anson Burlingame, che ne assunse la guida, e da due alti funzionari del governo imperiale, il mancese Zhigang e il cinese Sun Jiagu . Dopo avere visitato molti Stati europei, tale delegazione soggiorn anche nel nostro paese e fu ricevuta da Vittorio Emanuele II a Firenze, allora capitale dItalia, il 10 giugno 1870. Il 13 seguente giunse a Napoli, guidata dal mandarino mancese, essendo morto gi da qualche tempo il Burlingame. Il quotidiano La libert cattolica nel suo numero del 19 giugno 1870 fu lunico giornale napoletano ad offrire un lungo resoconto della visita compiuta il giorno 15 dallambasceria al Collegio dei Cinesi, dove gli alunni del Paese di Mezzo cantarono in suo onore un inno composto per loccasione e musicato dal maestro Luigi Teseo. Giuseppe Maria Kuo, nel dare il benvenuto ai suoi connazionali, pronunzi il discorso ufficiale in cui chiedeva la fine delle persecuzioni contro i cristiani. Nella sua risposta Zhigang afferm che il governo cinese rispettava tutte le religioni, ma fece presente che spesso i missionari si attiravano odio per i loro giudizi sui Cinesi come barbari, incivili disumani, facendo riferimento alle esagerate relazioni della Santa Infanzia, che rappresentavano i Cinesi che mangiavano la loro prole, o gittano sulle vie, come simboleggiano pitture europee. Le parole innescarono una lunga polemica sulloperato della Santa Infanzia in Cina.

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Fig. 15. Le accuse lanciate dal capodelegazione Zhigang durante la sua visita al Collegio dei Cinesi contro la Santa Infanzia, che avrebbe rappresentato i cinesi come o espositori o divoratori della loro prole, avevano qualche fondamento? In realt le citt europee di quel tempo erano piene di brefotrofi, che raccoglievano esposti o proietti. Mancando in Cina brefotrofi con la loro ruota, potevano verificarsi casi di neonati abbandonati sul ciglio della pubblica via. Erano casi isolati, ma non fenomeni di massa, n mancavano in Cina famiglie benestanti caritatevoli che raccoglievano gli esposti. Per la mania di attribuire agli altri colpe che sono anche nostre, il fenomeno dei proietti, che potevano essere anche divorati da animali, veniva enfatizzato per la Cina. Era come dimostra la figurina esposta un pezzo forte della propaganda della Santa Infanzia, opera pontificia fondata nel 1843 da Charles de Forbin-Janson, vescovo di Nancy, con lo scopo specifico di salvare non solo la vita dei neonati cinesi abbandonati lungo le strade, ma anche la loro anima somministrando loro il battesimo. Lopera, infatti, raccoglieva offerte per sostenere le attivit dei missionari europei nel Paese di Mezzo. In seguito lOpera Pontificia della Santa Infanzia fu invitata dai pontefici ad occuparsi dei bambini indigenti di tutto il mondo.

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Fig. 16. La pubblicazione nel 2004 da parte della casa editrice Guji Chubanshe di Shanghai della traduzione, ad opera di Li Tiangang, dellabridgement di Fortunato Prandi, il cui sottotitolo inglese riportato in copertina, con riferimento alla permanenza di Matteo Ripa (in cinese Ma Guoxian) alla corte di Kangxi, costituisce una testimonianza dellinteresse recente degli studiosi della Cina popolare per listituzione fondata, ancora senza autorizzazione papale, dal Ripa a Napoli nel novembre del 1724 al suo ritorno dalla Cina.

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Fig. 17. La formazione dei sacerdoti cinesi prevedeva un curriculum studiorum difficilissimo. Essi dovevano imparare in primo luogo la lingua latina, in cui venivano tenute le lezioni dei maestri e che era la lingua universale della Chiesa cattolica. Quindi dovevano studiare teologia dogmatica e teologia morale, storia sacra e storia profana; soprattutto non dovevano dimenticare la lingua e le lettere del loro paese. I pi anziani e preparati dovevano esaminare i pi giovani sulle antologie in uso nelle scuole cinesi, contenenti estratti dai classici confuciani e altri testi di base. Una di queste antologie, conservata ancora nell'Archivio Storico dell'Universit degli Studi di Napoli L'Orientale, un manuale per affrontare gli esami il cui frontespizio contiene sul primo rigo orizzontale la data col sistema dei 12 rami terrestri e dei 10 tronchi celesti (lettura classica da destra a sinistra): Daoguang renyin dong juang [Incisi nellinverno 1842 durante il regno di Daoguang]; la colonna centrale contiene dall'alto in basso il titolo: Kaojuan jingrui [Testi scelti per gli esami]; la colonna di destra l'autore e il luogo di edizione: Zhenyang L Yunzhuang bianci [nella citt di Zhenyang (oggi: Taicang ) in serie da L Yunzhuang; la colonna di sinistra: Gusu Tongshishanfang Cangban [nella provincia Gusu (designazione letteraria della provincia del Jiangsu) dalla casa editrice Tongshishan nella sua collezione. La difficolt maggiore era costituita dalla lettura dellanno del regno di Daoguang attraverso il sistema dei 10 tronchi celesti e dei 12 rami terrestri [].

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Fig. 18. Il Dottor Fausto De Mattia dellArchivio di Stato di Napoli, nel riordino del fondo Segreteria di azienda, scopr due documenti in caratteri sinici, di cui uno, indirizzato al superiore della Congregazione della Sacra Famiglia, Gennaro Faticati, fu pubblicato in Ministero per i Beni Culturale e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni Architettonici, Gentium memoria archiva. Il tesoro degli Archivi, Roma 1996, p. 148. Il documento che si espone , invece, una supplica indirizzata al papa del quale non si scrive mai il nome perch viene chiamato genericamente solo Shengfu (Santo Padre) oppure Shengjiaozong (pontefice). In effetti alla data alluso cinese che qui di seguito si trascrive: Qianlong sanshiliunian bayue chuerri juping: Supplica scritta nellanno 38 del regno di Qienlong, ottavo mese, giorno secondo iniziale (9 settembre 1771) il pontefice era Clemente XIV Ganganelli, ma probabilmente i cristiani della.frontiera occidentale xichui [identificata con la provincia del Gansu ] pensavano a Clemente XIII Rezzonico, che aveva gratificato di un nuovo beneficio la Congregazione della Sacra Famiglia, scritta correttamente in caratteri sinici Shengjia zhi Hui . Nel documento i cristiani fanno presente la triste situazione della loro provincia, priva di sacerdoti che amministrino i sacramenti, e chiedono al papa di rimediarvi. La lettera viene consegnata nelle mani del missionario Guo , educato nel Collegio dei Cinesi di Napoli che nella supplica non viene mai nominato esplicitamente e richiamato nella citt (du ) dal papa. La lettera fu trascritta molto in fretta da qualche alunno cinese la fretta si nota anche dal fatto che uno dei 9 mittenti, Li Basi , viene ripetuto senza motivo e tradotta in latino, aggiungendovi molte cose che nel testo cinese mancano. Il latore della lettera viene indicato nel testo solo come Guo duode (: linsegnante di virt Guo) e corrisponde a Vitale Guo ( Guo Yunxing, 1718-1778). Non si esclude che trattandosi di documento ufficiale indirizzato ad un capo di Stato, i responsabili del Collegio dei Cinesi, nel rispetto della politica giurisdizionalistica vigente nel Regno di Napoli, ne abbiano inviato copia a Bernardo Tanucci.

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Fig. 19. La storia del Collegio dei Cinesi di Napoli legata in apertura alla fortissima personalit di Matteo Ripa, mentre la sua chiusura segnata dalla personalit altrettanto notevole di Giuseppe Maria Kuo, che am listituzione nella quale oper a lungo forse pi del fondatore e che fece ogni sforzo per conservare, sensibilizzando sulla sua sorte tutti i primi funzionari imperiali che passavano per lItalia. Pervenuto alla soglia di chi sente non lontana la fine, volle lasciare una testimonianza del suo attaccamento al Collegio dei Cinesi, pubblicando anonimo a Shanghai nel 1917 lElenchus alumnorum, decreta et documenta qu spectant ad Collegium Sacr Famili Neapolis, primo repertorio biografico che contiene lelenco dei collegiali provenienti dal Paese di Mezzo e dallImpero Ottomano, nonch quello dei congregati e superiori della Sacra Famiglia, il testo dei brevi e delle bolle pontificie con i documenti pi importanti relativi alla storia della istituzione.

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Fig. 20

Figg. 20, 21. Le tre monete esposte provengono dal fondo numismatico orientale, non ancora riordinato, del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Presumibilmente facevano parte della raccolta delle monete orientali del cardinale Stefano Borgia (1737-1804), fondatore di quel museo con sede a Velletri, sua cittadina natale, che and disperso tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Era un museo che vantava una collezione, unica al mondo, di rarit provenienti da tutto l'Oriente. Nella sua qualit di segretario della Sacra Congregazione de Propaganda Fide dal 1770 al 1789, quindi di proprefetto (1798-1800) e prefetto (1802-1804) della stessa congregazione, ebbe un intenso rapporto con i padri della Sacra Famiglia [Francesco D'Arelli, Stefano Borgia e il Collegio dei Cinesi di Napoli: studi religiosi e orientali, in Marco Nocca (a c. di), Le quattro voci del mondo: arte, culture e saperi nella collezione di Stefano Borgia 1731-1804, Napoli 2001, pp. 280-294] e con i collegiali del Paese di Mezzo, a cui chiedeva reperti della loro patria per il suo museo (BAV, Borgia cinesi, mss. n. 343 e n. 287). Le tre monete appartengono al regno di Kangxi (1662-1722), a quello di Yongzheng (1723-1735) e a quello di Qianlong (1736-1796). I caratteri che designano i tre imperatori si leggono sulla colonna verticale delle tre monete il carattere di destra uguale in tutte e tre si legge tong , quello di sinistra bao , i caratteri complessivamente significano: moneta legale del regno di (seguono i nomi degli imperatori). La trascrizione del mancese, operata dal Prof. Giovanni Stary : boo ciowan (boo a sinistra, cio le tre palline, ciowan a destra, la parola pi lunga). Si tratta della trascrizione mancese di baoquan, cio la forma abbreviata di baoquanju , che si pu tradurre zecca dello Stato.

Fig. 21

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Finito di stampare nel mese di settembre 2006 dalla Zaccaria s.r.l.

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