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Miti

La genesi
Molto tempo fa, la Madre Gaea decise di dare vita a tutte le cose, ma essa era insicura
di come dovesse fare. chiese dunque consiglio al Tessitore, che le disse che lui avrebbe
saputo perfettamente creare qualsiasi forma, ma che purtroppo non avrebbe potuto aiutarla,
poichè non aveva idea di come rendere vive queste forme. Le fece vedere alcune trame
bellissime, che avrebbero potuto essere fantastiche cose, ma che erano fredde e senza vita.
Allora La Madre sputò per terra, raccolse un pugno di fango e poi incise uno dei suoi palmi,
spargendo il sangue vicino alla terra: Poi disse al Tessitore di dare forma alla materia creata
dal fango, dalla sua saliva e dal suo sangue, che in virtù di queste cose avrebbe avuto vita.
E il tessitore creò tutte le cose, e le razze dalla commistione di questi elementi.
Con il sangue della madre, ancora non misto al fango della terra, creò la razza degli elfi;
con il fango creò i nani.
Dall'unione delle tre cose nacquero gli esseri umani, che per questo da subito credettero se
stessi superiori agli altri.
Dal suo sangue che cadde nel fango venimmo noi.
Della nostra gente vi fu uno, chiamato Th'Ulf o Wulf, e la sua compagna Th'ul'fin. Egli era
il prescelto, e sarebbe asceso per guidare la nostra razza al momento della sua morte,
ma commise una mancanza: mancò alla promessa che aveva fatto a Th'ul'fin, e questa lo
guardò con odio. Ma lo amava e non lo avrebbe maledetto, non avrebbe impedito la sua
ascesa. Tuttavia per questo gesto Th'ulf si sarebbe reincarnato alla sua morte, per mille
generazioni, e la sua millesima incarnazione avrebbe dovuto radunare i migliori della nostra
razza perchè lo aiutassero e lo accompagnassero nella sua ascesa: e poichè essi avrebbero
attraversato nella sua persona i secoli per arrivare a quel momento, sarebbero stati chiamati
i Lupi Del Tempo. Th'ul'fin, che pure lo amava, lo avrebbe accompagnato in quel difficile
viaggio, e lo avrebbe aiutato a compiere il suo destino.

L’esilio di Aragh’on
Accadde che il branco dei Lupi del tempo si trovò in prossimità del territorio dei Mag’yar, nel
quale secondo le visioni di Loun’el doveva contenere la Pietra di Wulf, alla quale il nuovo
nato del branco li avrebbe condotti, e da cui sarebbe partita la strada per il H’ung ra’ar.
Ma i lupi di Mag’yar erano bellicosi, e non avrebbero gradito il branco nel loro territorio.
Quando questo fatto fu evidente, Aragh’on si fece avanti davanti al branco e disse che lui
avrebbe dovuto guidare la loro marcia, e non Klimt.
Disse che Klimt non era abile come lui nel muoversi, e non sarebbe stato abile a rendere
unito il branco, spezzato dal recente rifiuto di El’hana, anche se questa portava già in
grembo cuccioli che sicuramente erano i suoi.
Come poteva un lupo così inadatto guidare un branco? In verità le sue parole furono prese
con un certo disagio dai Lupi del tempo, poiché il momento era grave e non si potevano
tollerare divisioni. Perfino la stessa El’hana, che aveva rifiutato Klimt, sentì che le parole di
Aragh’on erano dettate solo dall’orgoglio e dalla volontà di sminuirlo.
E Klimt l’orgoglioso sfidò Aragh’on, e le lame si cozzarono molte volte quella sera. Arag’hon
lo svelto fu un valoroso avversario, ma presto dovette voltare il collo e mostrare la gola,
e Klimt stette sopra di lui: ma non gli fece del male, non tentò di ucciderlo né di umiliarlo.
Poiché l’alfa sapeva che non era il momento adatto per perdere un Lupo, chiunque egli
fosse, anche colui che aveva messo in dubbio il suo dominio. Anche, sapeva Klimt nel suo
cuore, colui che era riuscito dove lui aveva fallito, poiché lo sguardo di El’hana negli occhi
di Aragh’on quando la sua schiena toccò terra non permetteva dubbi. Sconfortato, girò le
spalle e si allontanò, lasciando cadere la sua lama rituale, e ululò alla luna il suo tormento.
Loun’el, facitore di scelte, l’amico di sempre, gli fu presto vicino, e consolando le sue
pene gli disse che il branco avrebbe dovuto capire davvero che lui era il più adatto per
guidarli fino alla nascita del nuovo Wulf, poiché un branco che nutre dei dubbi sul suo alfa
non sopravvive; perciò Klimt prese la decisione di meditare per una luna lontano da loro,
per capire quale fosse la miglior cosa da fare: e Loun’el, guardando come sapeva fare
attraverso le molteplici vie di possibilità che si diramavano da quel momento, che quella era
in effetti la miglior cosa da fare. Durante quella luna, infatti, Aragh’on prese il comando del
branco, che però cominciò a rimpiangere l’esperienza e la saggezza di Klimt. Per quanto
eccellesse nella caccia e nella lotta Aragh'on non era un capo, e i lupi del tempo ne furono
convinti. Una sera, poi, dopo una luna, dal folto degli alberi uscì Klimt, smagrito e provato,
ma splendente di saggezza e di maestà.
«Adesso hai capito cosa vuol dire essere un capo, hai capito cosa vuol dire camminare su
una via che non è la propria. Su di questo dovrai meditare: come ho meditato io per una
luna, tu mediterai per due. Poi tornerai con il branco, e come dono di pace porterai ciò che
hai appreso.»
Così Aragh’on si allontanò dal branco e camminò da solo, e quando cercò Luna per
averne conforto lei aveva nascosto la sua faccia, come se anche lei dovesse costringerlo
a cavarsela senza il suo aiuto: e Aragh’on in due lune camminò da solo, e cacciò da solo,
e divenne il primo di Coloro-che-camminano-avanti, in ogni tempo tra i più coraggiosi della
nostra razza.
E Aragh’on accettò Klimt come capo, poiché aveva compreso il suo errore, e in dono di pace
portò a lui ciò che aveva appreso, l’arte di cacciare e di sopravvivere senza un branco, come
predatori solitari.
E Solitario fu chiamato Aragh’on, colui-che-cammina-avanti. Al resto del branco fu portata la
sua conoscenza, che la sfruttassero per sopravvivere quando il branco non avesse potuto
salvarli.
Solo Terv’icz non volle imparare, dicendo «Ovunque io andrò, il branco sarà con me e mi
darà scudo. Ovunque il branco deciderà di andare, Là sarò io»

Gli eredi di Wulf


Quando i padroni di Har’lande erano i lupi di Mag’yar, la ledrene del loro branco, Den’dryne
la crudele, ebbe un sogno in cui gli spiriti andarono da lei, e la informarono che la
generazione successiva alla sua avrebbe visto la nascita di una nuova incarnazione di
Wulf, che questa volta avrebbe mostrato ai thul’fen il cammino verso la pietra del Lupo, e da
questa il passaggio verso la H’ung ra’ar.
I lupi di Mag’yar erano un popolo corrotto dalla Spirale Nera, e non vivevano in pace, come
predica la madre, ma si credevano padroni di tutto il loro territorio, e spesso uccidevano per
divertimento ciò che vi trovavano. Poiché gli spiriti avevano affermato che Wulf si sarebbe
manifestato in quel territorio, Den’dryne pensò che una femmina del suo branco avrebbe
avuto l’onore di partorirlo, e giurò a sé stessa che non avrebbe lasciato a nessun altra
femmina questo onore.
Nel frattempo, i Lupi del Tempo si avvicinavano alla terra dove gli spiriti avevano indicato
che avrebbero trovato la Pietra del Lupo e i Mag’yar, ed El’hana aveva concepito solo poche
lune prima un cucciolo di Klimt…
Den’dryne riunì quindi il suo branco, insieme al suo compagno Himm’el, e notò che a parte
lei (che già aveva avuto due cucciolate, e che cominciava a farsi vecchia) c’era solo un’altra
femmina in età adatta per portare cuccioli. Il suo nome era Jic’in, e nonostante le dure
privazioni cui era stata sottoposta (poiché nel branco di Mag’yar i leader usavano maniere
molto brutali nei confronti dei sottoposti) era di bell’aspetto e più giovane. Era sicuramente
una delle prime figlie di Den’dryne (poiché essa era l’unica ad aver figliato nella generazione
prima), ma questo non l’aveva salvata dalle crudeli torture e vessazioni della madre, in
quanto lei non mostrava ancora i segni della corruzione della Spirale Nera.
E adesso, quando Den’dryne si accorse di lei, e del fatto che lei avrebbe potuto usurpare
a lei e alla Spirale Nera l’onore di essere madre del nuovo Leader della razza, decise di
impedirglielo. Le dilaniò il ventre, così che essa non avrebbe più potuto portare cuccioli, e
lungamente la torturò con denti e artigli. Era sua intenzione lasciarla morire sulla pista del
suo branco, non più utile a niente.
Ma essa fu raccolta da Mortèn dei Lupi del Tempo, e la sua storia continuò.
E Den’dryne costrinse il vecchio Himm’el a darle dei cuccioli per la terza volta. Himm’el morì
poco dopo, e non vide mai i suoi piccoli. Ma qualche luna più tardi, si seppe che un branco
straniero aveva passato gli agguati dei Mag’yar, e aveva portato una femmina prossima al
parto nel territorio.
Furiosa, Den’dryne, che ormai era ledrene del suo branco, ordinò che gli stranieri venissero
sterminati. Ma grazie a Loun’el conoscitore della via, ad Aragh’on infaticabile esploratore
e, non ultima, alla stessa Jic’in, traditrice dei malvagi, i Lupi del Tempo riuscirono a
nascondersi, fino al tempo del parto.
El’hana dei Lupi del Tempo dette alla luce per prima quattro cuccioli, di cui però
sopravvissero solo in due, un maschio e una femmina. E saputo da presagi che questi erano
i prescelti, furono chiamati Who’ul e Who’ul’en, che vuol dire «nuovi Wulf».
Ma a distanza di solo pochi giorni Den’dryne dette la luce a tre cuccioli,due dei quali non
ebbero mai un nome: lei scelse infatti il più crudele dei tre, che già alla nascita era più
grande e di indole più malvagia, e sacrificò a lui gli altri due, come cibo e come malvagio
gioco, affinchè questo erede dei leader dei Mag’yar fosse avvezzo da subito alla barbarie e
alla corruzione del suo branco. E Den’dryne chiamò suo figlio Kais’ar, che sarebbe diventato
alla sua morte colui che avrebbe guidato i Mag’yar nella nuova epoca. E sebbene gli spiriti
del corvo e della tempesta le annunciassero che suo figlio non era il prescelto, ella non
credette, e promise di trovare il prescelto e ucciderlo, in gloria alla Spirale Nera.

Kobrìn
In quel tempo c'era una guerra tra i Men’nen del luogo che adesso si chiama Tarassia
e i Thul’fen di quel luogo. I Men'nen guadagnavano terreno, e i lupi non potevano
riprenderlo, poiché le foreste venivano tagliate per farne legname e i lupi non potevano più
nascondervisi.
Facendo questo i Men’nen avevano già dissacrato alcuni Caern sacri alla Madre, e senza
di essi i nostri fratelli sarebbero stati ancora più deboli. Ma dai branchi riuniti degli Urali,
venne Kobrìn. Kobrìn era un lupo adulto, il petto e la schiena segnati di migliaia di cicatrici,
di statura enorme e dalla grande forza, che propose di riunirsi tutti, tutti i branchi di quelle
terre insieme, per la prima ed ultima volta che i lupi avessero mosso guerra ai Men'nen.
E Kobrìn fu creato dai saggi capo supremo di tutti i branchi della terra di Tarassia in tempo di
guerra. Cantarono gli sciamani, e quella notte Luna guardò una danza rituale di guerra come
mai ve ne fu un'altra. tutti gli spiriti furono chiamati in aiuto del popolo dei lupi. Tutte le lame
vennero affilate, e su ogni muso furono i colori della guerra.
Il giorno dopo il campo dei Men'nen fu preso d'assalto da tutti i lupi di quelle terre. Non
dieci o venti per volta, come i Men'nen si aspettavano, ma a centinaia, silenziosi fino a un
attimo prima di colpire. E con loro combattevano gli spiriti, che oscurarono il cielo in pieno
giorno, colpirono i Men’nen con strali di fuoco e di fulmini, e istillarono la paura nel cuore dei
Men’nen.
la battaglia non durò che poche ore, e alla fine nessun Men’nen viveva.
Ma Kobrìn non rimase a lungo con i suoi branchi vittoriosi: altre imprese erano in serbo per
lui. Così, una volta assicurato il trionfo, lasciò ai saggi il compito di ricostruire ciò che non era
andato perduto, e di riconsacrare quelle terre a Gaea, e partì per unirsi ai Lupi del Tempo.
Poiché Wulf gli apparve in sogno, e lo informò che la forza e l'esperienza del Kobrìn degli
Urali, la Bestia della Guerra, sarebbero servite ancora a tutto il suo popolo per riscoprire la
via per h'ung ra'ar.
I Lupi del tempo si erano addentrati nelle terre di Har'lande, e i tentativi di Den'dryne di
ostacolarli si erano mutati in fallimento. Ma lei aveva un alleato potente, che anche lei era
riluttante a chiamare. Non era uno spirito malvagio, né faceva parte della razza dei lupi;
l'alleato di Den'dryne era un Men'nen, chiamato Hun'ter'Mann. Questo nemico della nostra
razza non aveva rivali nel cacciarci e nell'ucciderci, poiché uno spirito del Tessitore guidava
la sua mano, e forniva alle sue frecce e al suo pugnale qualità che alle armi normali sono
negate.
I suoi spiriti guida portavano via il suo odore cosicché noi non lo potessimo fiutare;
catturavano la sua ombra così che lui potesse nascondersi al posto suo. Ma egli aveva un
patto con la ledrene dei Mag'yar, che egli non avrebbe toccato i lupi del suo branco e lei in
cambio gli avrebbe segnalato gli altri lupi in quei luoghi. Entrambi vedevano quell'accordo
come una tregua temporanea, ma oggi Hun'ter'Mann avrebbe cacciato il branco dei Lupi del
Tempo dalle terre dei Mag'yar.
Klimt aveva saputo questo dagli spiriti, che temevano come nemici i servi del Tessitore. Già
una volta i lupi del tempo avevano sfuggito le frecce di Hun’ter’Mann, e non senza problemi,
giacché Str’yne fu ferito. e fu questione di poco tempo prima che il branco si trovasse preso
tra una pattuglia di Mag’yar ed i lacci tesi da Hun’ter’Mann. Aragh'on, colui-che-cammina-
avanti, si accorse del pericolo, ma il tempo scarseggiava e i nemici incalzavano alle spalle.
I lupi si videro perduti, poiché i nemici erano molti e non c'era via di fuga, e oltre le trappole e
i lacci tesi Hun’ter’Mann stava in piedi e rideva, sicuro della sua preda.
Ma un ululato risuonò alto oltre il rumore del vento e della bufera: e dietro gli inseguitori
l'enorme sagoma di un thul’fen nero striato di grigio uscì dalla boscaglia. Non disse nulla,
ma ognuno di loro seppe chi era e perché era lì. Tre volte, i lupi di Mag’yar tentarono di
attaccarlo, e tre volte un lupo di Mag’yar fu ucciso dall’enorme lupo straniero.
I sopravvissuti, incapaci di comprendere chi fosse quel lupo così potente, si diedero alla
fuga. i lupi del tempo poterono dunque tornare sui propri passi, ed incontrare lo straniero.
egli parlò a Klimt, dicendo di essere Kobrìn di tarassia, e di aver sentito la chiamata della
pietra del lupo. Per questo egli era partito come tutti loro, per entrare nel branco dei lupi del
tempo, e per raggiungere la pietra del lupo. Era un guerriero talmente temibile che nelle sue
terre era chiamato la bestia della guerra, o l'ammantato di cicatrici. Nei tempi che seguirono,
lo stesso nome Kobrìn venne a significare guerra e devastazione.

La pietra di Wulf
In quel tempo Loun’el ebbe un presagio, che gli indicò di cercare un luogo in cui una pietra
si ergeva verso il cielo, poiché quello era il luogo dove Wulf era arrivato sulla terra dal H’ung
ra’ar. Quando sarebbero passate cento generazioni dalla venuta di Wulf in questo mondo,
lui si sarebbe reincarnato, e quando fosse stato accompagnato alla Pietra di Wulf , sarebbe
potuto passare di nuovo nel H’ung ra’ar, e avrebbe portato al suo fianco il branco che lo
aveva cresciuto e guidato.
Parlò Raute la saggia, ed essa sapeva dell’esistenza di un posto del genere, ma questo era
perduto nel territorio dei Mag’yar.
Raccontò Raute che i Mag’yar infatti erano un tempo stati scelti come guardiani di quel
luogo sacro, ma vi fu poi un alpha che divenne troppo fiero del compito che gli era stato
assegnato generazioni prima. E la Spirale Nera lo vide.
Questo Alpha, il cui nome non viene ricordato, tranne forse dai Corrotti, cominciò quindi a
dimenticare i suoi doveri nei confronti del branco: cominciò ad esagerare con lo zelo con il
quale perseguiva il suo compito, fino a prevaricare il branco pur di poterlo proteggere, da
minacce vere o presunte. E la Spirale Nera lo seppe.
Fu così che un Alfa tradì il suo branco, circondandosi solo di coloro che avrebbero seguito i
suoi ordini senza discutere, che essi fossero o meno in accordo con gli insegnamenti della
Madre.
E si dannò, e coloro che lo seguivano subirono la stessa sorte. Si allearono con umani
corrotti nel loro servizio del Tessitore, o li ingannarono facendo loro credere di stare
servendo gli interessi del loro padrone, e impararono da loro i loro usi. L’equilibrio della
Madre scomparve da loro, rimpiazzato dal malato fuoco della Spirale Nera.
Non più i saggi ma i guerrieri comandarono i branchi: Bardi e saggi diminuirono il loro
numero fin quasi a sparire. Le femmine uccidevano i loro stessi cuccioli se questi non
mostravano in tenera età che sarebbero stati forti e spietati; la brutalità prese il posto della
gioia. Coloro che non potevano combattere, insomma, divenivano come Lupi d’Inverno,
pesi da sopportare piuttosto che membri della comunità, e la loro voce veniva a malapena
ascoltata.
Così il branco dai Mag’yar andò avanti nel tempo, e i loro numeri aumentarono. La febbre
della Spirale Nera bruciava in loro, e con le generazioni sempre più erano coloro che erano
corrotti anche nel fisico oltre che nello spirito.
Questi erano coloro, disse Raute la saggia, che dovremo fronteggiare per trovare la Pietra di
Wulf. Poiché ancora oggi essi la custodiscono all’interno delle loro terre, ma non conoscono
più il suo valore per noi, né per la maggior parte sanno neanche dove si trova: poiché Wulf
nascose la pietra agli occhi degli indegni, e solo i Figli della Madre possono trovarla.
E disse El’hana Madre figlia della Madre, come faremo a trovare la pietra? E cosa faremo se
la troveremo?
E disse Loun’el conoscitore della via, non temete fratelli, poiché ecco, vedete, noi siamo
stati portati insieme dal volere della Madre dai quattro angoli di Tellurian ed oltre, e la Madre
continuerà a guidarci.
Noi potremo compiere le nostre scelte, ma la Madre ci consiglierà la via, come ha fatto con
me mandandomi il sogno. E quando il nostro cammino, per quanto arduo potrà essere,
giungerà alla sua fine, allora Coloro che sono Nati conosceranno il loro destino, e sarà il
tempo che ci guidino.
E El’hana guardò Wh’oul e Who’ul’en, Nati di mezzaluna, e seppe che era giusto.

Primo racconto di Jic’in


E quando Wh’oul e Wh’oul’en erano appena nati il branco dovette ancora sfuggire ai
Mag’yar, poiché essi erano in più grande numero, e buoni combattenti, e il branco dei
lupi del tempo era gravemente affaticato e rallentato dai suoi cuccioli. E il branco decise
di spostarsi fuori del territorio dei Mag’yar, fino a che i cuccioli non fossero cresciuti
abbastanza per non intralciare il passo. E a questa decisione seguì molto dolore, poiché i
lupi del tempo non erano felici di doversi allontanare da ciò che avevano cercato per vite
intere adesso che erano così vicini. Ma sapevano in cuor loro che era la cosa giusta da
fare. Così si stabilirono in un luogo poco distante dal territorio dei Mag’yar, in una valle non
ancora toccata dalla Spirale Nera (poiché molte delle terre dei Mag’yar avevano risentito
dell’influsso della Divoratrice di Nomi, chiamata in quei luoghi dai suoi servi). Con loro era
ancora la femmina chiamata Jic’in, salvata da Mortèn, scacciata dal branco di Mag’yar per
il crimine di poter portare figli quando l’unica che si arrogava il diritto di farlo era sua madre
Den’dryne.
I lupi del tempo non sapevano cosa fare di Jic’in, poiché essa non era del loro branco, anzi,
aveva tradito il suo per unirsi al loro, e questo pesava enormemente nei suoi confronti. Ma
d’altra parte essa non si era arresa alla Divoratrice, e dichiarava di essere una seguace della
Madre.
Mortèn l’implacabile disse che il suo cuore era puro, e l’unica ragione per cui lei aveva
lasciato i Mag’yar era che essi erano corrotti e malvagi, e che l’avrebbero sicuramente
uccisa se lui non l’avesse salvata. Ma alcuni dei Lupi ancora non erano sicuri. El’hana
vedeva quella femmina come una possibile minaccia alla sua posizione di femmina
dominante del branco. Str’y era dubbioso - se lei aveva potuto infrangere il suo legame con
un branco, non avrebbe potuto farlo ancora? E Loun’el scrutava il fuoco, guardava le mille
vie che da quel momento si separavano, e taceva e aspettava.
Jic’in era una femmina di medie dimensioni, non spiacevole d’aspetto, ma dall’aria
malmessa a causa delle angherie a cui era stata sottoposta. Il suo pelo era scuro, i suoi
occhi verdi. La sua pelliccia aveva un aspetto irregolare a causa delle sue numerose
cicatrici, la maggior parte delle quali erano un’eredità di sua madre. La più grande di esse
veniva da uno squarcio sul ventre che era stata fortunata a superare viva, la ferita inferta
da Den’dryne per assicurarsi di essere la sola possibile madre di colui che fu poi chiamato
Kais’ar.
In quel tempo Jic’in, volendo aspettare la decisione dei Lupi del Tempo senza in alcun modo
sfidarli, si limitava ad attendere ai bordi del campo, vivendo la vita del Solitario, sua Luna
di nascita. E quando le sembrò che il branco non la volesse più accettare, la tristezza si
impadronì di lei. Si allontanò dal branco, e quando fu lontana ululò con profonda tristezza.
Poi partì per fare l’ultima cosa che le restava: vendicarsi di colei che le aveva tolto tutto.
I lupi del tempo udirono l’ululato. Str’y comprese la tristezza in esso, e guardò l’amico
Mortèn. Egli aveva compreso che davvero il cuore di Jic’in era puro, poiché nessun corrotto
sarebbe stato capace di tanta tristezza. E Mortèn guardò Klimt, alfa del branco, e andò nella
direzione da cui proveniva l’ululato, per raggiungere Jic’in e portarla con sé.
Ma lei corse tutta la notte, e cercò per tutto il giorno dopo, fino a che non ebbe trovato in una
grotta Den’dryne, che da poco aveva dato alla luce Kais’ar. La sfidò ad uscire dalla grotta
e a combattere con lei, che era tornata per ucciderla poiché altro non le restava: e quando
Den’dryne uscì dalla grotta, seguita dagli occhi appena aperti di Kais’ar il deforme, Jic’in
pronunciò la sfida rituale.
Mortèn vide tutta la scena dall’alto di una rupe. Ma era troppo lontano per impedire che gli
eventi procedessero. Si affrettò per accorrere in soccorso della giovane lupa.
Le lame rituali si scontrarono. Den’dryne normalmente sarebbe stata di molto superiore a
Jic’in, ma la recente gravidanza l’aveva molto indebolita. Entrambe le femmine presto furono
coperte di ferite. L’odio brillava negli occhi di Jic’in. Questa era la femmina che le aveva tolto
ciò che le spettava prima ancora che lei potesse riceverlo. Lei le aveva preso la dignità, il
rispetto, perfino la possibilità di portare dei cuccioli per il branco. E aveva portato il branco
ancora più in profondità sulla via della rovina e della Spirale Nera.
Alla fine Jic’in riuscì a costringere in un angolo Den’dryne, e le puntò un’estremità della sua
lama alla gola. Lacrime d’odio erano nei suoi occhi. Almeno questo mi sia dato, di uccidere
colei che prese la mia vita, pregò Jic’in. Ma un dolore atroce la riportò al presente. Kais’ar
il deforme era strisciato alle sue spalle, e con i denti l’aveva presa al tendine del tallone,
recidendoglielo. La Spirale Nera dava forza all’infante, i suoi occhi brillavano del suo fuoco
malsano. Jic’in cadde a terra, la gamba sotto di lei solo una cosa morta. E Kais’ar, deforme
cucciolo neonato allattato col sangue dei suoi fratelli, permise alla madre di avvicinarsi e di
finire il suo compito.
Ma Mortèn il resistente non l’avrebbe permesso. Chiamò a raccolta gli Spiriti della tempesta,
da sempre suoi fedeli compagni ed amici, che alzarono un forte vento e scatenarono la
bufera addosso a Kais’ar. Spaventata per il suo piccolo e indebolita, Den’dryne lo raccolse
e lo portò al sicuro nella grotta, temendo che il giovane che avrebbe dominato quelle terre
venisse ferito dal freddo. E gli spiriti del vento sollevarono il corpo di Jic’in e la portarono
a Mortèn, che la raccolse e la portò lontano. A lungo ululò Den’dryne per la figlia-preda
perduta, a lungo i suoi spiriti corrotti inseguirono Mortèn che ritornava al branco: ma gli spiriti
della tempesta facevano buona guardia, e Mortèn potè per la seconda volta salvare la vita di
Jic’in. Un giorno lei avrebbe potuto rendergli il favore e molto di più, ma ancora quella parte
della storia avrebbe dovuto essere scritta.
Così Jic’in fu accolta nel branco dei lupi del tempo.
I Lupi del Tempo

I Lupi del Tempo rappresentano la personificazione di alcuni comportamenti e di alcune virtù


ritente fondamentali nella vita dei thul'fen.

Questo branco, riunitosi nelle terre centrali del continente, più o meno in quella regione che
secoli dopo sarebbe divenuta l’impero teutone, emigrò verso nordest. Da qualche parte
lassù dovettero scontrarsi con le personificazioni delle due forze che contrastano il potere
della Madre: Hun’ter-man’n, un Men’nen che pur essendo cresciuto a contatto con il nostro
popolo usò le nostre vie per tentare di distruggerci, per gloria del Tessitore, e il branco di
Mag’yar, Composto di Thul’fen che avevano voltato le spalle alla Madre per adorare la sua
nemica più terribile: La Spirale Nera.

● Klimt
● Terv’icz
● Mortén
● Str’y
● Jic’in
● Raute
● Kobrìn
● Aragh’on
● Loun’el
● El’hana

Klimt

L’alfa dei Lupi del tempo. Incarna tutte le qualità che un lupo deve avere per essere un
alfa. Non è un essere perfetto, ma è capace di riconoscere i suoi errori, o addirittura di
far riconoscere ad Arag’hon che fare il capo non è così semplice, sottomettendosi al suo
comando e vivendo da esiliato. Non è facilmente riconducibile ad una divinità umana, dato
che gli umani non hanno più la nozione di ‘capobranco’ e che quindi il suo portfolio perde
abbastanza di significato in termini umani. Klimt appare come un Thul’fen grigio scuro, con
il ventre bianco. i suoi occhi mostrano una grande intelligenza e saggezza. E'di bell'aspetto,
anche se quasi mai lo si vede sorridere, o avere un'espressione priva di un fondo di
tristezza. Viene rappresentato equipaggiato di un bastone e di un bat'leth, quest'ultimo quasi
sempre legato sulle spalle, raramente in mano.

Terv’icz

Modello della lealtà di un lupo al suo capobranco. E’il modello della legge del branco, per la
quale si obbedisce ad un capobranco che si rispetta, e il capobranco ha il dovere di essere
meritevole di rispetto. Protegge coloro che nascono sotto la Luna del Saggio. Appare come
un thul’fen grigio, piuttosto giovane, dalla profonda saggezza e umiltà. è un grande amico di
klimt e aragh'on, e spesso viene rappresentato insieme a uno dei due. Porta un bastone a T,
sul quale spesso si posa una civetta.
Mortén

la forza e la resistenza del branco davanti alle avversità. Colui che non si ferma mai, e che
continua ad andare avanti. Viene raccontato che fosse uno dei più abili nel comunicare con
gli spiriti, quasi al pari di Loun’el. Nella saga dei lupi del tempo è inoltre colui che per primo
ha pietà della sorte di Jic’in, e che persiste solido in questa idea. Mortèn è un thul’fen dal
fisico possente, e dal pelo scuro. Porta un grande martello da guerra, e due spade corte alla
cintura. viene sempre accompagnato da alcuni spiriti della tempesta, che scagliano strali
di fulmini ai suoi nemici e sollevano venti accecanti per celarlo alla loro vista. Questi spiriti
spesso prendono forma di corvi.

Str’y

Il legame. Colui che per primo congiunse tutti gli altri membri del branco e li rese un branco
formato, invece che un gruppo di lupi. Da un suo pensiero nacque il Lir, che unisce il
Thul’fen a un’altra creatura, così che i due possano comprendersi e comprendere le proprie
rispettive vie. E’anche il protettore dei lupi nati sotto la luna del Bardo, ed è lui a compiere
gli ululati più belli che la tradizione riporti, e a cantare la tradizione del branco così come è
giunta a noi. Str'y è un giovane thul’fen dal pelo perfettamente bianco. porta sempre uno
strumento musicale ma la sua natura può variare (è maestro nell'uso di tutti) e una spada
sottile con la quale si difende, anche se deve usarla di rado: infatti la sua musica può far
accorrere gli spiriti buoni per proteggerlo. i suoi occhi sono del colore del ghiaccio, e sono
perennemente assorti come se stesse ricordando qualcosa.

Jic’in

Colei che tradì il branco di Mag’yar per entrare nei Lupi del tempo. Rappresenta la rabbia
causata dalla sofferenza. Den’dryne, ledrene dei Mag’yar, sua madre, l’aveva infatti vessata
e torturata per assicurarsi che non usurpasse il suo posto, e per essere l’unica capace di
dare figli al branco l’aveva crudelmente mutilata. La sua faida con Den’dryne è uno dei
più sanguinosi canti della tradizione Thul’fen. Jic’in rappresenta anche l’accettazione di un
estraneo nel branco, anche se il tradimento del suo branco è uno dei punti focali della sua
epica. Jic'in ha la pelliccia nera, ma grandi cicatrici le solcano tutto il corpo, tanto da avere
grosse chiazze in cui il pelo non le è mai ricresciuto. Alcuni di questi sfregi le deturpano il
volto, che un tempo era di grande bellezza, ancora intuibile non ostante le cicatrici. il ventre
è il punto dove è più ferita, e praticamente lì è priva di pelliccia. viene raffigurata armata di
ascia e di spada, oltre alla lama rituale con cui cerca di uccidere sua madre. I suoi occhi
brillano di odio.

Raute

La saggia Sciamana. Colei a cui il branco si rivolge per avere la conoscenza. Iniziò l’usanza
di insegnare ai nuovi nati del branco tutto ciò che è necessario perché un giorno, se saranno
soli e prenderanno attorno a sé altri Thul’fen, possano creare un nuovo branco e portare
avanti i nostri costumi. Raute è una thul’fen molto vecchia, di pelo grigio incanutito. uno
dei suoi occhi, il sinistro, è privo di iride, l'altro è blu molto chiaro. non porta armi, ma ha un
bastone corto con il quale si aiuta per camminare. Conosce la risposta a qualsiasi domanda,
ma spesso vuole aiutare l'interlocutore a arrivarci da solo, e risponde in maniera poco
chiara.

Kobrìn

La Bestia-della-guerra. Infaticabile uccisore dei nemici, dalla schiena segnata dalle mille
cicatrici di diecimila battaglie, è il patrono dei nati sotto la luna del Guerriero (i suoi fedeli
sono detti cacciatori in tempo di pace, e guerrieri sacri in tempo di battaglia) e di chiunque
porti cicatrici ricevute in battaglia. Si dice che migliaia di anni fa, nel luogo che ora si chiama
Tarassia, ci fosse una guerra tra Thul’fen e Men’nen, e che il lupo chiamato Kobrìn, che
allora non era ancora un semidio, riunisse sotto di sé tutti i branchi, fino a che la guerra non
fu finita. Da allora, Kobrìn è anche il titolo che si dà a chiunque abbia la responsabilità di
più gruppi di persone, specie se si tratta di unità guerriere. Kobrìn è un thul’fen dal fisico
formidabile, nero come la notte e dagli occhi rossi. il suo corpo è solcato da migliaia di
cicatrici, che però vengono coperte dal pelo (accade alle ferite non gravi di un thul’fen)
l'unica ferita di una certa gravità gli ha lasciato una enorme cicatrice sulla gamba destra,
dalla quale zoppica leggermente. è sempe armato fino ai denti con armi svariate, ma una
con cui lo si vede spesso è una grande ascia da guerra, oppure una lunga lancia. Sovrasta
di tutta la testa qualsiasi altro membro del branco, ed è indiscutibilmente più forte di tutti, ma
non ambisce a posizioni di comando se può evitarle.

Aragh’on

Il lupo che sfidò Klimt per il comando del branco, e perse. Per volere di Klimt rimase
comunque a capo del branco per una luna, e quando fu convinto che il compito non era
così facile, riconobbe la sconfitta e come punizione rimase esiliato dal branco per due
lune, (stesso destino che era toccato a Klimt mentre comandava Arag’hon) prima che gli
fosse permesso di tornare, e accettare il comando di Klimt. Protegge coloro che, per loro
volere o per casualità, vivono la vita del Solitario. Aragh'on è nero, magro e sfuggente. E'
estremamente agile, e forte nonostante il suo fisico minuto. Armato di pugnali, è infallibile, e
può colpire qualsiasi cosa riesca a vedere, viene quasi sempre rappresentato da solo.

Loun’el

Lo sciamano, il conoscitore della via, colui che ascolta gli spiriti, il facitore di scelte. Legato
alla magia ed a tutti coloro nati sotto la Luna dello Sciamano. Si dice che avesse il potere
di conoscere tutto ciò che nel futuro sarebbe corrisposto ad un corso d’azione presente, e
per questo stimato da Klimt come consigliere. Loun'el è un thul’fen nero, magro ai limiti della
malnutrizione, e vestito spesso di un manto di cuoio lacero. E' spesso rappresentato mentre
guarda nel fuoco, il cui bagliore rimane nei suoi occhi anche quando non lo fa. Un altro dei
suoi simboli è la rete, la tela, rappresentazione della trama della possibilità. parla con voce
roca ma ipnotica. Spesso lo si trova in compagnia di Mortèn.

El’hana

La datrice di vita, madre figlia della Madre, colei che dette la vita al secondo Wulf. Lei
insegnò a tutti i membri del branco ad assistere una femmina che deve dare alla luce dei
cuccioli, così che nessuna mai sia priva di aiuto, tradizione che si protrae fino ad oggi. È
preposta alle nascite ed alla fertilità, nonché alle femmine in generale. El'hana è una thul’fen
grigio chiaro di straordinaria bellezza. Non gira spesso armata, ma combatte benissimo a
mani nude, o con qualsiasi arma sia a portata di mano.

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