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B igino

dell’ A ria

C ompressa

Linea guida all’interpretazione e applicazione


pratica della tecnologia dell’aria compressa

edizioni Emme. Ci.


SOMMARIO

Le unità di misura 1 pag. 1


L’aria come materia prima 2 pag. 11
Cenni di fisica e di termodinamica 3 pag. 17
Compressione - Terminologia e definizioni 4 pag. 23
I compressori 5 pag. 33
Il trattamento dell’aria 6 pag. 73
Il trattamento della condensa 7 pag. 97
La distribuzione dell’aria compressa 8 pag. 103
Fabbisogno d’aria e sebatoi 9 pag. 119
I lubrificanti 10 pag. 125
Rumore e vibrazioni: impatto sull’operatore 11 pag. 145
I motori elettrici 12 pag. 155
Influenza dell’altitudine sulle prestazioni 13 pag. 171
L’analisi economica 14 pag. 175
Trasformazioni termodinamiche 15 pag. 179
Trasmissione del calore 16 pag. 189
Umidità - Condensa - Massa volumica 17 pag. 199
Trasformazione dei volumi alle condizioni normali 18 pag. 209
Il rumore delle macchine: definizioni, misurazione, norme 19 pag. 213
Il diagramma psicrometrico dell’aria 20 pag. 245
Pittogrammi a norme EN-1012-1 21 pag. 249
Bibliografia pag. 257
Sommario

INDICE
1. LE UNITÀ DI MISURA
1 1a Il sistema di misura internazionale
1 1a.1 Generalità
1 1a.2 Le unità di base
2 1a.3 Le grandezze supplementari e derivate
2 1a.4 Multipli delle unità «SI»
3 1a.5 Uso delle unità «SI» e dei loro sottomultipli
3 1a.6 Regole per la scrittura dei simboli delle unità
4 1b Conversione tra diversi sistemi di misura
4 1c Fattori di conversione
5 Unità di: lunghezza
5 superficie
5 velocità
6 volume
6 massa
6 massa volumica
7 portata massica
7 portata volumica
7 potenza
8 forza
8 momento
8 pressione
9 conduttività termica
9 conduttanza termica
9 energia
10 viscosità cinematica
10 viscosità dinamica
N2
C O2
2. L’ARIA COME MATERIA PRIMA
Ne

O2 Ar 11 2a Generalità
11 2a.1 Proprietà fisiche dell’aria
11 2a.2 Campi d’impiego dell’aria compressa
12 2a.3 Liquefazione dell’aria
12 2a.4 Frazionamento dell’aria in gas tecnici
13 2b Caratteristiche e applicazioni dei gas tecnici di base
3. CENNI DI FISICA E DI TERMODINAMICA
17 Temperatura
17 Pressione
17 Pressione barometrica
18 Massa volumica
18 Volume specifico
Sommario

18 Volume normale
18 Velocità
18 Accelerazione
18 Forza
19 Lavoro - energia - coppia
19 Calore
19 Capacità termica massica dell’aria
20 Potenza
20 Viscosità dinamica ( µ )
21 Viscosità cinematica (ν)
22 Curva di saturazione dell’aria nell’acqua
22 Punto di rugiada
22 Entalpia
22 Entropia
4. COMPRESSIONE - TERMINOLOGIA E DEFINIZIONI
23 4a La compressione
23 4b Metodi usati per la compressione
24 4c Tipi di compressori
26 4d Terminologia
26 4d.1 Generalità
26 4d.2 Temperatura
27 4d.3 Pressione
28 4d.4 Portata e rapporti di compressione
29 4d.5 Processo
29 4d.6 Potenza
30 4d.7 Energia specifica
30 4d.8 Rendimento
30 4d.9 Umidità
31 4d.10 Condizioni di riferimento
31 4d.11 Capacità termica massica
5. I COMPRESSORI
33 5a Compressori alternativi
33 5a.1 Definizioni
34 5a.2 Generalità e caratteristiche
36 5a.3 Classificazione
36 5a.4 Principi operativi
38 5a.5 Tipologia
39 5a.6 Regolazione della portata
39 5a.7 Metodi di regolazione della portata
43 5b Compressori a vite
43 5b.1 Generalità
44 5b.2 Compressori ad iniezione d’olio
47 5b.3 Compressori a secco
49 5c Compressori a palette
49 5c.1 Generalità
50 5c.2 Dettagli costruttivi
53 5d Compressori a lobi ( tipo Roots)
54 5e Compressori ad anello liquido
55 5f Compressori dinamici
55 5f.1 Generalità
55 5f.2 Definizioni meccaniche
56 5f.3 Definizioni relative alle condizioni e prestazioni
57 5f.4 Compressori centrifughi
61 5f.5 Caratteristiche del compressore centrifugo
Sommario

62 5f.6 Alcuni dettagli di progetto


66 5f.7 Compressori d’aria centrifughi con ingranaggi integrati
68 5g Compressori assiali
69 5g.1 Caratteristiche
70 5g.2 Alcuni dettagli costruttivi
6. IL TRATTAMENTO DELL’ARIA
73 6a Contaminanti dell’aria
73 6b Filtrazione e depurazione in aspirazione
75 6c Umidità dell’aria
79 6d Eliminazione della condensa
80 6d.1 I refrigeranti
80 6d.2 I separatori di condensa
80 6d.3 Gli essiccatori d’aria
84 6d.4 Gli scaricatori di condensa
86 6e Filtrazione e depurazione dell’aria compressa
86 6e.1 Principi generali
87 6e.2 Potere di ritenzione dei filtri
88 6e.3 Quale filtro selezionare
91 6f Aria sterile
92 6g Aria respirabile
92 6g.1 Produzione dell’aria compressa per la respirazione umana
93 6g.2 Effetti dei contaminanti nell’aria compressa ad uso respirabile
93 6g.3 Metodi per purificare l’aria compressa ad uso respirabile
95 6g.4 Sistemi disponibili per la purificazione dell’aria
95 6g.5 Requisiti di purezza secondo norme EN 132
7. IL TRATTAMENTO DELLA CONDENSA
97 7a Fattori che influenzano le proprietà demulsive dell’olio
97 7b Separazione acqua - olio
97 7b.1 Separazione per gravità
100 7c Trattamento delle condense contaminate da olio
100 7c.1 Trattamento con aziende specializzate
100 7c.2 Separatori acqua - olio
100 7c.3 Sistemi di demulsificazione
8. LA DISTRIBUZIONE DELL’ARIA COMPRESSA
103 8a La line aprincipale
103 8a.1 Generalità
104 8a.2 Criteri generali impiantistici
104 8a.3 Materiali da costruzione per le tubazioni
105 8a.4 Dimensionamento
112 Esempi di calcolo
113 8b Cadute di pressione nelle curve, nei raccordi e negli accessori
113 8b.1 Generalità
116 8b.2 Cadute di pressione nei tubi flessibili
116 8c Fughe
117 8d Consumi di alcuni utensili pneumatici
9. FABBISOGNO D’ARIA E SERBATOI
119 9a Fabbisogno d’aria
119 9b Verifica della portata
121 9c Aria richiesta per portare il sistema a 7 bar
122 9d Il dimensionamento dei serbatoi
10. I LUBRIFICANTI
125 10a Necessità di lubrificare
125 10b Tipi di lubrificanti
Sommario

126 10b.1 Lubrificante minerale


127 10b.2 Lubrificante semisintetico (doppia base)
127 10b.3 Lubrificante sintetico
127 10b.4 Lubrificante a base vegetale
128 10c Proprietà fisiche
128 10c.1 Viscosità
128 10c.2 Viscosità dei lubrificanti industriali e loro classificazione
128 10c.3 Viscosità dinamica (µ )
130 10c.4 Indice di viscosità
130 10c.5 Punto di scorrimento
130 10c.6 Punto di infiammabilità
130 10c.7 Temperatura di autoignizione o autoaccensione
130 10c.8 Demulsività
132 10d Principali proprietà fisiche dei lubrificanti per compressori
132 10d.1 Stabilità all’ossidazione
132 10d.2 Residuo carbonioso
132 10d.3 Schiumeggiamento
133 10d.4 Acidità e basicità
133 10d.5 T.A.N. e T.B.N.
133 10d.6 Colore
134 10e Prove meccanico - dinamiche
134 10e.1 Prova FZG
135 10e.2 Prova « 4 sfere »
135 10e.3 Prova Timken
135 10e.4 Prova Vickers
136 10e.5 Prova Almen Wieland
136 10e.6 Prova Falex
136 10f Miscelazione ed additivazione delle basi lubrificanti
137 10g La lubrificazione nei compressori
137 10g.1 Compressori alternativi
139 10g.2 Compressori rotativi
140 10g.3 Contaminazione e suoi effetti
141 10g.4 Scelta del lubrificante
11. RUMORE E VIBRAZIONI - IMPATTO SULL’OPERATORE
145 11a Rumore
145 11a.1 Generalità
145 11a.2 Propagazione
145 11a.3 Grandezze fisiche carattersitiche
146 11a.4 Unità di misura
146 11a.5 Pressione e potenza sonora
147 11a.6 Curve di ponderazione
147 11a.7 Misura del rumore
148 11a.8 Esposizione quotidiana
149 11a.9 Il decreto legge 626
150 11b Le vibrazioni e gli utensili pneumatici portatili
150 11b.1 Generalità
151 11b.2 Che cosa sono le vibrazioni
151 11b.3 L’uomo e le vibrazioni
152 11b.4 Disturbi vascolari
152 11b.5 Disturbi neurologici
152 11b.6 Altri disturbi
152 11b.7 Legislazione sulle vibrazioni
153 11b.8 Misura e valutazione delle vibrazioni
Sommario

12. MOTORI ELETTRICI


155 12a Tipi di motori
156 12b Scelta del motore elettrico
156 12b.1 Protezione meccanica
157 12b.2 Forme costruttive e posizioni di funzionamento
158 12b.3 Isolamento
159 12b.4 Tipi di servizi
160 12b.5 Fattori di servizio
161 12b.6 Tensione di alimentazione
161 12b.7 Direttiva «EMC»( compatibilità elettromagnetica )
161 12b.8 Direttiva «Bassa tensione»
161 12b.9 Marcatura CE
161 12c Caratteristiche della macchina accoppiata
162 12d Sistemi di avviamento per motori con rotore a gabbia
163 12d.1 Avviamento diretto
164 12d.2 Avviamento stella - triangolo
164 12d.3 Avviamento con autotrasformatore
164 12d.4 Avviamento statorico con resistenze
166 12d.5 Avviamento elettronico
167 12e Velocità di rotazione
167 12e.1 Motore a monovelocità fissa
167 12e.2 Motore a multivelocità fissa
168 12f La potenza - Formule utili - Esempi
13 INFLUENZA DELL’ALTITUDINE SULLE PRESTAZIONI
171 13a Generalità
171 13b Influenza sui compressori
172 13c Influenza sui motori elettrici
172 13d Influenza sui motori termici
173 13e Influenza sugli utensili
14 L’ANALISI ECONOMICA
175 14a Generalità
175 14b Costi di acquisto e installazione
175 14c Costo di gestione
176 14d Costo totale annuale
15. TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE
179 15a Generalità
179 15b Isobara
179 15c Isocora
180 15d Isotermica
180 15e Isentropica (adiabatica)
180 15f Politropica
181 15g Lavoro necessario per la compressione
182 15h Esempi di calcolo
184 15i Potenza spesa per una trasformazione
184 15i.1 Trasformazione isotermica
184 15i.2 Trasformazione adiabatica
185 15i.3 Trasformazione politropica
187 15l Rendimento
16. TRASMISSIONE DEL CALORE
189 16a Generalità
189 16b Quantità di calore
190 16c Conduzione
190 16d Convezione
Sommario

191 16e Irraggiamento


191 16f Trasmissione del calore attraverso le pareti
192 16g Scambiatori di calore
192 16g.1 Scambiatori senza passaggio di stato
193 16g.2 Scambiatori con passaggio di stato
193 16g.3 Classificazione basata sulla configurazione dei flussi
193 16g.4 Progetto dello scambiatore - Esempi
17. UMIDITÀ - CONDENSA - MASSA VOLUMICA
199 17a Generalità
199 17b Umidità
201 17c Contenuto d’acqua
201 17d Massa volumica dell’aria
203 17e Condensa
204 17f Massa volumica - Calcoli e tabelle
204 17f.1 Formule e definizioni per un programma in Excel
205 17f.2 m.v. di un miscuglio umido
206 17f.3 m.v. dell’aria secca (pressione = 1 bar - umidità relativa = 0 )
207 17f.4 m.v. dell’aria secca (press. = 1,01325 bar - umidità relativa = 0 )
208 17f.5 m.v. del vapor d’acqua
18. TRASFORMAZIONE DEI VOLUMI ALLE CONDIZIONI NORMALI
209 18a Generalità
210 18b Condizioni di riferimento
210 18c Formule di conversione - Esempi
19. IL RUMORE DELLE MACCHINE: definizioni, misurazione, norme
213 19a Generalità
213 19b Suono
214 19c Definizioni e terminologia
214 19c.1 Termini di acustica
215 19c.2 Rumore dipendente dalla funzione tempo
215 19c.3 Rumore delle macchine
216 19c.4 Caratteristica del campo
216 19d Decibel
217 19e Livello di potenza e pressione sonora
217 19f Frequenza
218 19g Scale di ponderazione A, B, C, D
219 19h Misura del rumore
219 19i Indice di direttività
219 19j Somma di due o più livelli di pressione sonora
220 19k Media di livelli di pressione sonora
221 19l Correzione per il rumore di fondo
222 19m Calcolo del livello medio di pressione sonora
in rete di ponderazione «A», tramite valori in banda d’ottava
222 19n Campi sonori
222 19n.1 Campo libero
222 19n.2 Campo libero su superficie riflettente
222 19n.3 Campo vicino
223 19n.4 Campo riverberante
223 19n.5 Campo semiriverberante
223 19n.6 Coefficiente di assorbimento
225 19n.7 Costante della stanza
226 19o Le misure del livello di pressione sonora in campi semiriverberanti
227 19o.1 Condizioni di campo libero approssimato
228 19p Correzione del livello sonoro col metodo delle due superfici
Sommario

228 19q Misura del rumore delle macchine ( compressori e pompe del vuoto)
228 19q.1 Generalità
229 19q.2 Scopo
229 19q.3 Definizioni
229 19q.4 Funzionamento della macchina
229 19q.5 Superficie di misura o prescritta
230 19q.6 Ubicazione dei punti di misura
230 19q.7 Numero minimo dei punti
230 19r Qualifica del sito di prova
230 19r.1 Generalità
231 19r.2 Confronto con la sorgente campione
231 19r.3 Determinazione della correzione
per mezzo dell’assorbimento della stanza
231 19r.4 Calcolo della superficie equivalente di assorbimento «A»
232 19s Esecuzione delle misure
232 19s.1 Qualità acustica del luogo di misura
233 19s.2 Rumori estranei
235 19s.3 Ambiente di prova
235 19s.4 Misurazioni del livello di presssione sonora
235 19t Uso delle misure
236 19u Dati da registrare
236 19v Esempi di calcoli
236 19v.1 Calcolo manuale
237 19v.2 Rilievo ed elaborazione dati mediante fonometro B & H 2236
238 19v.3 Calcolo mediante elaborazione
238 19w Rumore degli impianti
239 19y Silenziamento
240 19z Allegati
240 19z.1 Esempio di rilievo fonometrico
241 19z.2 Prova di rilievo del livello sonoro
242 19z.3 Modello di Rapporto di rilievo del livello sonoro
243 19z.4 Esempio compilato di un Rapporto di rilievo del livello sonoro
20. IL DIAGRAMMA PSICROMETRICO
245 20a Generalità
245 20b Determinazione dei parametri
246 20b.1 Determinazione dell’umidità specifica
246 20b.2 Determinazione dell’entalpia dell’aria compressa
(entrata refrigerante)
246 20b.3 Determinazione del punto di rugiada e
dell’entalpia dell’aria compressa (uscita refrigerante )
246 20b.4 Contenuto di vapor d’acqua all’uscita del refrigerante
246 20b.5 Determinazione del calore sottratto nel refrigerante
e quantità di condensato
247 20b.6 Refrigeranti a valle di compressori multistadio
247 20b.7 Essiccatori a valle del compressore multistadio
247 20b.8 Esempio
21. PITTOGRAMMI A NORME EN-1012-1
249 Simboli PNEUROP e significati in cinque lingue

257 BIBLIOGRAFIA
Sommario

1
LE UNITÀ DI MISURA

IL SISTEMA DI MISURA INTERNAZIONALE (SI) (1) 1a

GENERALITÀ 1a.1
Ogni grandezza fisica è indicata da un numero e da una unità di misura che la
definisce. Nonostante che nella pratica comune tali unità siano state scelte in
modo arbitrario e assolutamente vario da luogo a luogo e da situazione a situa-
zione, è necessario che esse derivino da poche UNITÀ FONDAMENTALI,
mediante relazioni.
Un simile sistema si definisce COERENTE e tale è ad esempio il SISTEMA INTER-
NAZIONALE DELLE UNITÀ DI MISURA (abbreviato in SI), adottato nel 1960
dalla 11ª Conferenza Generale dei Pesi e Misure.
Esso include sia le unità di base che quelle derivate e supplementari.

LE UNITÀ DI BASE 1a.2

Il Sistema Internazionale di Misura (SI) è basato sulla definizione di sette gran-


dezze dette fondamentali, dalle quali vengono derivate tutte le altre.
Vengono riportate qui di seguito (Tab.1.1) le sette grandezze fondamentali e le
rispettive unità di misura.
Tab. 1.1
Grandezza Nome Simbolo Grandezze SI fondamentali
Intensità di corrente ampère A
Intensità luminosa candela cd
Lunghezza metro m
Massa kilogrammo kg
Quantità di materia mole mol
Temperatura termodinamica kelvin K
Tempo secondo s

(1) - Informazioni complete sul Sistema Internazionale di Misura sono date in una pubblicazione
edita dal Bureau International des Poids et Measures (BIPM)

1
Sommario

1a.3 LE GRANDEZZE SUPPLEMENTARI E DERIVATE


Le unità SI denominate radiante e steradiante sono chiamate UNITÀ SUPPLE-
MENTARI e sono unità derivate adimensionali (meglio sarebbe dire di dimensio-
ne uno) e rappresentano rispettivamente l’angolo piano e l’angolo solido.
Le unità derivate sono espresse algebricamente in termini di unità di base. I sim-
boli sono ottenuti usando i termini matematici di moltiplicazione e divisione; ad
esempio, la velocità nel SI si esprime in metri al secondo ed il suo simbolo è: m/s.
Ad alcune delle unità derivate sono stati assegnati dei nomi particolari e dei sim-
boli ed alcune delle più usate sono elencate in tab.1.2 e tab.1.3.
In alcuni casi è stato utile definire unità derivate con altre unità derivate dal
nome speciale; per esempio il momento bipolare elettrico si esprime solitamen-
te come C·m invece che A·s·m.

1a.4 MULTIPLI DELLE UNITÀ SI

Non essendo a volte pratico l’uso delle unità SI è consuetudine servirsi di loro
multipli e sottomultipli decimali per mezzo di prefissi, elencati nella tab. 1.4.
Il simbolo di un prefisso si combina con il simbolo di base, o derivato se ha un
nome speciale, in modo da formare un nuovo simbolo che può essere elevato a
potenze negative o positive e che può essere combinato con altri simboli di unità
per formare un unità composta (2).
Ad esempio, facendo uso dei nomi e dei simboli, si ha:
etto + grammo = ettogrammo h + g = hg
deci + metro = decimetro d + m = dm
Tab. 1.2
Grandezza derivata Nome Simb. Equivalenza
Grandezze derivate
e relativi simboli Angolo piano radiante rad 1rad = 1 m/m = 1
Angolo solido steradiante sr 1 sr = 1 m 2/m 2 =1
Capacità elettrica farad F 1 F = 1 C/V
Carica elettrica, quantità di elettricità coulomb C 1 C = 1 A·s
Conduttanza elettrica siemens S 1 S = 1/ Ω = A / v
Densità di flusso magnetico tesla T 1 T = 1 Wb/m 2
Flusso luminoso lumen lm 1 lm = 1 cd · sr
Flusso magnetico weber Wb 1 Wb = 1 V · s
Forza newton N 1 N = 1 kg ·m/s 2
Frequenza hertz Hz 1 Hz = 1/s
Illuminazione lux lx 1 lx = 1 lm /m 2
Induttanza henry H 1 H = 1 Wb/A
Lavoro, energia, quantità di calore joule J 1J=1N·m
Potenza, flusso radiante watt W 1 W = 1 J/s
Pressione, sforzo, sollecitazione pascal Pa 1 Pa = 1 N/m 2
Resistenza elettrica ohm Ω 1 Ω = 1 V/A
(3)
Temperatura in Celsius grado Celsius °C 1 °C = 1 K
Tensione, differenza di potenziale volt V 1 V = 1 W/A

(2) - Per ciò che concerne la massa vi è un’eccezione, dato che i multipli e i sottomultipli si com-
pongono aggiungendo al prefisso la parola «grammo»; ad esempio milligrammo (mg) e non
microchilogrammo (mkg)

2
Sommario

tab. 1.3
Grandezza derivata Nome Simb. Equivalenza Grandezze derivate ammesse,
Attività (di un radionucleide) bequerel Bq 1 Bq = 1/ s dal nome speciale,
riguardanti la salvaguardia
Dose assorbita, kerma, della vita umana.
energia specifica impartita, gray Gy 1 Gy = 1 J/ kg
indice di dose assorbita
Dose equivalente, indice di dose eq. sievert Sv 1 Sv = 1 J/ kg

USO DELLE UNITÀ SI E DEI LORO SOTTOMULTIPLI 1a.5


La scelta dei multipli e sottomultipli più appropriati è data dalla convenienza, in
modo da far sì che i valori numerici che si intende utilizzare rientrino in un
campo pratico.
In genere si scelgono valori numerici fra 0,1 e 1000, ma non sempre si può,
soprattutto quando vi sono unità composte con potenze del terzo o quart’ordine.
Esempi: 3,1 · 10 -8 s si può scrivere 31 ns
1401 Pa si può scrivere 1,401 kPa
0,00394 m si può scrivere 3,94 mm
1,2 · 104 N si può scrivere 12 kN
Tuttavia in una tabella di valori della stessa unità o nel caso di confronto fra valo-
ri in uno stesso contesto, è opportuno usare lo stesso multiplo per tutti, anche
se i valori sono molto piccoli o molto grandi.
tab. 1.4
Nome Fattore Nome Fattore
Simbolo Simbolo Prefissi dei multipli
prefisso moltiplic. prefisso moltiplic. e dei sottomultipli
jota Y 10 24 yocto y 10 -24 delle grandezze SI

zeta Z 10 21 zepto z 10 -21


exa E 10 18 atto a 10 -18
peta P 10 15 femto f 10 -15
tera T 10 12 pico p 10 -12
giga G 10 9 nano n 10 -9
mega M 10 6 micro µ 10 -6
kilo k 10 3 milli m 10 -3
etto h 10 2 centi c 10 -2
deca da 10 1 deci d 10 -1

REGOLE PER LA SCRITTURA DEI SIMBOLI DELLE UNITÀ 1a.6

I simboli delle unità di misura non devono essere usati al plurale e non sono
seguiti dal punto, a meno che si trovino alla fine della frase; di regola sono posi-
zionati dopo il valore numerico lasciando uno spazio fra il predetto valore ed il
simbolo.
Sono quasi sempre in lettera minuscola, ad eccezione della prima lettera quan-
do il simbolo deriva da un nome proprio.

(3) - In ambito scientifico la temperatura viene indicata con T (temperatura assoluta) ed espressa in
gradi Kelvin (K). Nell’uso corrente la temperatura viene indicata con t ed espressa in gradi
Celsius (°C). Vale la relazione T= t+273,15
Un intervallo (o differenza) di temperatura, anche se si può esprimere in gradi Celsius, è da pre-
ferirsi espresso in gradi Kelvin.

3
Sommario

Esempi: m metro
s secondo
A ampere
Wb weber
Quando vi è una grandezza composta, ottenuta per moltiplicazione di due o più
grandezze, essa viene indicata in questa forma:
N·m, N m (ovvero col punto a mezza altezza o con lo spazio interposto fra le unità).

Ma dato che spesso non si ha le possibilità di scrivere in questa maniera, si può


usare la forma alternativa seguente, purché non si faccia confusione:
N.m, Nm (da non intendersi come mN, ovvero millinewton!).

Vi sono poi alcune grandezze di uso corrente che sono ammesse dal SI, pur non
rientrando nello schema precedente.
Sono elencate nella tab. 1.5 seguente:
Tab. 1.5
Grandezza Nome Simbolo Equivalenza
Grandezze non SI
normalmente usate grado ° 1° = (p/180) rad
Angolo piano minuto ‘ 1´ = (1/60)°
secondo ‘’ 1´´ = (1/60)´
Massa tonnellata t 1 t = 10 3 kg
bar bar 1 bar = 10 5 Pa
(4)
Pressione = 100 kPa
millibar mbar 1 mbar = 1 hPa = 10-3 bar
minuto min 1 min = 60 s
Tempo ora h 1 h = 60 min
giorno d 1 d = 24 h
(5)
Volume litro l, L 1 l = 1 dm 3

1b CONVERSIONE TRA DIVERSI SISTEMI DI MISURA

Come già detto il Sistema Internazionale rappresenta un sistema coerente ed


omogeneo di unità di misura, ma per tradizione o altro sono ancora utilizzati altri
sistemi di misura.
Generalmente si tratta del sistema tecnico, il sistema C.G.S. (centimetro, gram-
mo, secondo) ed il sistema americano.
Il sistema tecnico assume come grandezze fondamentali:

LUNGHEZZA metro m
TEMPO secondo s
FORZA kg forza kgf o kp

Quindi la grandezza della massa è derivata, non come nel sistema SI

(4) - Quest’unità è temporaneamente ammessa


(5) - Si può usare la lettera maiuscola per il litro fino a quando uno dei due simboli non verrà sop-
presso, per evitare di confondere il simbolo «l» con il numero 1

4
Sommario

Vi sono inoltre alcune grandezze particolari:

POTENZA cavallo metrico CV = 75 kgf/s


POTENZA cavallo HP = 76,041 kgf/s
CALORE caloria cal = 0,427 kgf · m

Il sistema C.G.S. compare solo nelle misure di viscosità.


Il sistema americano ripresenta la dualità di essere basato o sull’unità di forza
(tecnico) o di massa (scientifico) che in entrambi i casi è la libbra (lbf, lbm quan-
do si vuol distinguere fra la libbra forza e libbra massa).

FATTORI DI CONVERSIONE (6) 1c

Elenchiamo di seguito i fattori di conversione delle principali unità di misura indicati con simbologia scien-
tifica (esempio: 2,54 E -2 = 2,54·10 -2

1.6 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
LUNGHEZZA Simbolo m in. ft yd mile
1 metro m 1 39,3701 3,28084 1,09361 6,21371 E -4
1 inch in. 2,540 E -2 1 0,083333 0,277778 1,57828
-1
1 foot ft 3,048 E 12 1 0,333333 1,89394 E -4
1 yard yd 9,144 E -1 36 3 1 5,68182 E -4
1 mile mile 1.609,344 63.360 5.280 1.760 1
NOTA: 1 miglio nautico internazionale = 1.852 m

1.7 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
SUPERFICIE Simbolo m2 in. 2 ft 2 yd 2
sq. mile
2
1 metro q. m 1 1.550 10,7639 1,19599 3,86102 E -7
1 sq. inch in.2 6,45160 E -4 1 6,94444 E -3 7,71605 E -4 2,49098 E -10
1 sq. foot ft 2 9,29030 E -2 144 1 0,111111 3,58701 E -8
1 sq. yard yd 2 8,36127 E -1 1.296 9 1 3,22831 E -7
1 sq. mile sq. mile 25.899,9 E 2 4.014.489.600 27.878.400 3.097.600 1

1.8 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
VELOCITÀ Simbolo m/s km/h ft/s mile/h knot
1 metro/secondo m/ s 1 3,600 3,28084 2,23694 1,94384
1 kilometro/ora km/ h 0,277778 1 0,911344 0,621371 0,539957
1 foot/second ft/ s 0,3048 1,09728 1 0,681818 0,592105
1 mile / hour mile/ h 0,44704 1,609344 1,46667 1 0,868976
1 internat’l knot kn 0,514444 1,852 1,68781 1,15078 1
NOTA: 1 UK ton = 1.016,05 kg

(6) - I fattori di conversione delle tabelle sono stati desunti da: «HANDBOOK OF THERMODYNAMIC TABLES AND CHARTS» di
Kuzman Ra Njevi - McGRAW - HILL BOOK COMPANY

5
Sommario

1.9 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
VOLUME Simbolo m3 in. 3 ft 3 yd 3 UK gal
3
1 metro cubo m 1 61.023,7 35,3147 1,30795 219,969
3 -6 -4 -5
1 cu. inch in. 16,3871 E 1 5,78704 E 2,14335 E 3,60465 E -3
1 cu. foot ft 3 28,3168 E -3 1.728 1 0,0370370 6,22884
3 -3
1 cu. yard yd 764,5550 E 46.656 27 1 168,178
-3 -3
1 UK gallon UK gal 4,5409 E 277,419 0,016544 5,94607 E 1
-3 -3
1 US gallon US gal 3,78541 E 231 0,133681 4,95114 E 0,832675
-6 -4
1 UK pint UK pt 568,2610 E 34,6774 0,0200679 7,43257 E 0,125
-6 -4
1 US dry pint US dry pt 550,6100 E 33,6003 0,0194446 7,20171 E 0,121117
-3 -3 -5
1 UK fl. ounce UK fl. oz 28,4130 E 1,73387 1,00340 E 3,71629 E 0,00625
-6 -3 -5
1 US fl. ounce US fl. oz 29,5735 E 1,80469 1,04438 E 3,86808 E 6,50527 E -3

1.9 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
VOLUME Simbolo US gal UK fl oz US fl oz UK pt US dry pt
3 3 3
1 metro cubo m 264,172 35,1951 E 35,3147 33,8140 E 1.816,17
3 -3
1 cu. inch in. 4,32900 E 0,576744 0,554113 0,0288372 0,0297616
3
1 cu. foot ft 7,48052 996,614 957,507 49,8307 51,4281
3
1 cu. yard yd 201,974 26.908,6 25.852,7 1.345,43 1.388,56
1 UK gallon UK gal 1,20059 160 153,721 8 8,25643
1 US gallon US gal 1 133,228 128 6,66140 6,87493
-3
1 UK fl. ounce UK fl oz 7,50592 E 1 0,960759 0,05 0,051602
-3
1 US fl. ounce US fl oz 7,81250 E 1,04084 1 0,0520422 0,0537105
1 UK pint UK pt 0,150119 20 19,2152 1 1,03205
1 US dry pint US dry pt 0,145456 19,3788 18,6184 0,968939 1

1.10 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
MASSA Simbolo kg gr oz lb US ton
-3
1 kilogrammo kg 1 15,4324 E 35,2740 2,204 62 1,10231 E -3
1 grain gr 6,47989 E -5 1 0,960759 1,42857 E -4 7,14285 E -8
1 ounce oz 28,3495 E -3 437,5 1 0,0625 3,12500 E -5
1 pound lb 0,45359237 7.000 16 1 0,0005
1 US ton ton 907,185 19,3788 18,6184 14.000.000 1
NOTA: 1 UK ton = 1.016,05 kg

1.11 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
MASSA VOLUMICA Simbolo kg/ dm 3 lb / in.3 lb/ UK gal lb/ US gal
3 -2
1 kilogrammo / dm c. kg/ dm 1 3,61273 E 10,0224 8,34540
3
1 pound / cubic inch lb/ in. 27,6799 1 277,419 231
3 -3
1 pound / UK gallon lb/ UK gal 99,7764 E 3,60465 E 1 0,832675
-3 -3
1 pound / US gallon lb/ US gal 119,8260 E 4,32900 E 1,20095 1

6
Sommario

1.12 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
PORTATA MASSICA Simbolo kg/ s kg / min kg/ h lb/ s lb/ h
1 kg / secondo kg / s 1 60 3.600 2,20462 7.936,64
1 kg / minuto kg / min 0,0166667 1 60 0,0367438 132,277
-4 -4
1 kg/ora kg / h 2,77778 E 0,0166667 1 6,12395 E 2,20462
1 pound / second lb/s 0,453592 27,2155 1.632,93 1 3.600
-4 -3 -4
1 pound / hour lb / h 1,25998 E 7,55988 E 0,453592 2,77778 E 1

1.13 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
PORTATA VOLUMICA Simbolo m 3/ s m 3/ min m 3/ h ft 3/ s ft 3/ min
1 metro c. / sec. m3/ s 1 60 3.600 35,3145 2.118,87
3
1 metro c./ min m / min 0,0166667 1 60 0,588576 35,3145
3 -4 -3
1 metro c./ ora m /h 2,77778 E 0,0166667 1 9,80963 E 0,588576
3
1 cu. foot / second ft / s 0,0283169 1,69902 101,941 1 60
3 -3
1 cu. foot / minute ft / h 0,47195 E 0,0283169 1,69902 0,0166667 1

1.14 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
POTENZA Simbolo W kW cal / s kcal / h
1 watt W 1 10 -3 0,238846 0,859845
1 kilowatt kW 1.000 1 238,846 859,845
-3
1 caloria al secondo cal / s 4,1868 4,1868 E 1 3,6
-3
1 kilocaloria all’ora kcal / h 1,163 1,1630 E 0,277778 1
-2 -5 -3
1 foot pound f. / min ft lbf / min 2,25970 E 2,25970 E 5,39720 E 0,0194299
1 horsepower (metric ) cv 735,499 0,735499 175,671 632,415
1 horsepower hp 745,700 0,745700 178,107 641,186
-4
1 British th. unit / hour Btu/ h 0,293071 2,93071 E 0,0699988 0,251996

1.14 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
POTENZA Simbolo ft lbf / min cv hp Btu / h
-3 -3
1 watt W 44,2537 1,35962 E 1,34102 E 3,41214
4
1 kilowatt kW 4,425 E 1,35962 1,34102 3.412,14
-3 -3
1 caloria al secondo cal 185,281 5,69246 E 5,61460 E 14,2860
-3 -3
1 kilocaloria all’ora kcal 51,467 1,58124 E 1,55961 E 3,96832
-5 -5
1 foot pound f. / min ft lbf / min 1 3,07233 E 3,03030 E 7,71042 E -2
1 horsepower (metric ) cv 32.548,6 1 0,986320 2.509,63
1 horsepower hp 33.000 1,01387 1 2.544,43
1 British th. unit / hour Btu/h 12,9695 3,98466 E -4 3,93015 E -4 1

7
Sommario

1.15 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
FORZA Simbolo N kN kp lbf
1 newton N 1 0,001 0,101972 0,224809
1 kilonewton kN 1.000 1 101,972 224,809
-3
1 kilopond kp 9,80665 9,80665 E 1 2,20462
-4 -2
1 pound-force lbf 4,53592 E 4,53592 E 0,453592 1

1.16 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
MOMENTO Simbolo Nm kN m kp m lbf in. lbf ft
1 newton metro Nm 1 0,001 0,101972 8,85075 0,224809
1 kilonewton metro kN m 1.000 1 101,972 885,075 224,809
-3
1kilopond meter kp m 9,80665 9,80665 E 1 86,7962 2,20462
-3
1 pound-force inch lb f in. 0,11285 0,11285 E 0,0115212 1 0,833333
1 pound-force feet lb f ft 4,53592 E -4 4,53592 E -2 0,453592 1

1.17 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
PRESSIONE Simbolo Pa bar kp/cm 2 mm H2O
-5 -5
1 newton / metro q. Pa 1 10 0,101972 E 0,101972
5
1 bar bar 10 1 1,01972 1,01972 E -4
1 kilopond / sq. cm kp / cm 2 9,80665 E -4 0,980665 1 104
-5 -4
1 millimetro d’acqua mm H2O 9,80665 9,80665 E 10 1
-5 -4
1 mm di mercurio (torr) mm Hg 133,322 133,322 E 13,5951 E 13,5951
2 -3 -4
1 inch of water in. H2O 2,49089 E 2,49089 E 25,4 E 25,4
1 inch of mercury in. Hg 33,8639 E 2 33,8639 E -3 345,316 E -4 345,316
3 -2 -2
1 pound f. / sq. foot psi 6,89476 E 6,89476 E 7,03070 E 7,03070 E 2

1.17 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
PRESSIONE Simbolo mm Hg in. H2O in. Hg psi
-3 -3 -4
1 newton / metro q. Pa 7,50062 E 4,01463 E 2,95300 E 1,45038 E -4
1 bar bar 7,50062 E 3 4,01463 E 2 29,5300 14,5038
2
1 kilopond / sq. cm kp/cm 735,559 393,701 28,9590 14,2233
-4 -2 -4
1 millimetro d’acqua mm H2O 735,559 E 3,93701 E 28,9590 E 14,2333 E -4
1 mm di mercurio (torr) mm Hg 1 0,535240 0,0393701 0,0193368
1 inch of water in. H2O 1,86832 1 0,0735559 0,0361273
1 inch of mercury in. Hg 25,4 13,5951 1 0,491154
1 pound f./ sq. foot psi 51,7149 27,6799 2,03602 1

8
Sommario

1.18 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
CONDUTTIVITÀ TERMICA Simbolo W/ (m K) kcal/ (m h K) Btu / (ft h °F) Btu / (in. h °F)
-2 -2
1 watt / metro, K W/ (m K) 1 85,9845 E 57,7789 E 4,81491 E -2
1 kcal / metro, ora, K kcal/ (m h K) 1,163 1 0,671969 0,0559974
1 Btu / foot, hour, °F Btu / (ft h °F) 1,73073 1,48816 1 0,083333
1 Btu / inch, hour, °F Btu / (in. h °F) 20,7688 17,8580 12 1

1.19 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
CONDUTTANZA TERMICA Simbolo W/ (m 2 K) kW/ (m 2 K) kcal/ (m 2 h K) Btu / (ft 2 h °F)
1 watt / metro q., K W / (m 2 K) 1 10 -3 0,859845 0,176110
2 3
1 kilowatt/metro q., K kW/ (m K) 10 1 859,845 176,110
2
1 kcal/ metro q., ora, K kcal / (m h K) 1,163 0,00163 1 0,204816
2 -2
1 Btu /sq.foot, hour, °F Btu/ (ft h °F) 5,67826 0,567826 E 4,88243 1

1.20 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
ENERGIA Simbolo J kJ Wh kWh
-3 -4
1 joule J 1 10 2,77778 E 2,77778 E -7
1 kilojoule kJ 10 3 1 2,77778 E -1 2,77778 E -4
1 watt ora Wh 3.600 3,6 1 10 -3
1 kilowatt ora kWh 3.600 E 3 3.600 10 3 1
-3 -3
1 caloria cal 4,1868 4,1868 E 1,163 E 1,163 E -6
1 kilocaloria kcal 4.186,8 4,1868 1,163 1,163 E -3
1 horsepower hour hp h 2,68452 E 6 2.684,52 745,700 0,745700
1 British thermal unit Btu 1.055,06 1,05506 0,293071 2,93071 E -4

1.20 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
ENERGIA Simbolo cal kcal hp h Btu
1 joule J 0,238846 0,238846 E -3 3,72506 E -7 9,47817 E-4
1 kilojoule kJ 238,846 0,238846 3,72506 E -4 0,947817
-3
1 watt ora Wh 859,845 0,859845 1,34102 E 3,41214
1 kilowatt ora kWh 859.845 859,845 1,34102 3.412,14
-3 -6
1 caloria cal 1 10 1,55961 E 3,96832 E-3
3
1 kilocaloria kcal 10 1 1,55961 E -3 3,96832
1 horsepower hour hp h 641.186 641,186 1 2.544,43
1 British thermal unit Btu 251,996 0,251996 3,93015 E -4 1
Nota: 1J = 1 W· s = 1 N · m

9
Sommario

1.21 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
VISCOSITÀ CINEMATICA Simbolo m 2/ s cSt in.2/ s ft2/ s
1 metro q. al secondo m 2/ s 1 106 1.550 10,7639
-6 -3
1 centistokes cSt 10 1 1,550 E 10,7639 E -6
1 inch sq. per second in 2/ s 6,45160 E -4 645,16 1 6.944,44
2 -4 4
1 foot sq. per second ft / s 9,29030 E 9,29030 E 144 1

1.22 unità di Moltiplicare le unità nella colonna di sinistra per il fattore sottoindicato
VISCOSITÀ DINAMICA Simbolo Pa s cP kp s/ m 2 lbf s / ft 2
1 pascal per secondo Pa s 1 1.000 0,101972 2,08854 E -2
1 centipoise cP 10 -3 1 1,01972 E -4 2,08854 E -5
1 kilopond second / m2 kp s / m 2 9,80665 9.806,65 1 0,204816
2 2 -4
1 pound force sec / ft lbf s / ft 47,8803 47.880,38 E 4,88243 1

NOTA: 1 Pa s = 1 N s / m 2

NOTE …………………………………………………………………………………………………………………………………………

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10
Sommario

2
L’ARIA COME C O2
N2

MATERIA PRIMA
Ne

O2 Ar

GENERALITÀ 2a

L’aria, oltre ad essere un elemento naturale di vitale importanza per la nostra


sopravvivenza, è disponibile in natura in quantità praticamente illimitata, ma, per
poterla fare diventare una fonte di energia utilizzabile dall’industria, deve esse-
re prima compressa ad una pressione superiore a quella atmosferica.
Anche il processo di frazionamento dell’aria nei suoi gas che la costituiscono,
deve prima passare attraverso la compressione.
Comprimere significa spendere dell’energia (generalmente elettrica) per imma-
gazzinarla in un’altra forma che, se pur costosa, presenta indubbi vantaggi:
• è più pulita;
• è più sicura;
• si può immagazzinare;
• si può trasferire facilmente.

PROPRIETÀ FISICHE DELL’ARIA 2a.1


L’aria costituente l’atmosfera è una miscela di gas: trasparente, inodore, senza
sapore, di concentrazione relativamente costante: solamente la concentrazione
dell’acqua e del biossido di carbonio possono variare sensibilmente.
I vari componenti dell’aria secca in condizioni normali, sono elencati in tab. 2.1.
tab. 2.1
Gas Simb. % in vol. Gas Simb. % in vol.
Composizione dell’aria secca
Azoto N2 78,09 Elio He 5,239 ·10 -4
Ossigeno O2 20,94 Xeno Xe 0,086 ·10 -4
Argon Ar 0,93 Radon Rn 6 ·10 -4
Anidride carbonica CO2 0,033 Cripton Kr 1,139 ·10 -4
Neon Ne 18,18 ·10 -4 Idrogeno H2 0,5 ·10 -4
Massa molare equivalente: 28,959 g /mole
Densità dell’aria, a 0°C e 1,01325 bar: 1,292 kg /m3

CAMPI D’IMPIEGO DELL’ARIA COMPRESSA 2a.2


L’aria compressa è una fonte di energia fondamentale per tutte le industrie e le
sue applicazioni sono innumerevoli ed insostituibili.
Non esiste comparto produttivo, di qualsiasi genere, che non sia dotato di mac-
chinari, attrezzature, utensili, sistemi, automatismi e componenti pneumatici che
utilizzano l’aria compressa.

11
Sommario

Produzione, trattamento, filtrazione e distribuzione dell’aria compressa sono


mercati in continua evoluzione, sensibili alle tecnologie innovative più avanzate.
Le applicazioni sono molteplici sia nei settori civili che industriali ed è impossibi-
le elencarle tutte. Di seguito si citano le più comuni:
• verniciatura quadranti orologi / strumenti,
• generazione di moto motori e cilindri pneumatici,
• metallurgia placcatura oro di gioielli,
• movimentazione trasporto pneumatico,
sollevamento con cuscini d’aria,
polmonazione,
• ecologia ossigenazione digestori,
barriere gonfiabili,
• processi biologici produzione di antibiotici per
fermentazione aerobica,
• processi automatici strumentazione di regolazione e controllo,
• imballaggio alimentari confezionamento yogurt, budini,
• pneumatica attrezzature ed utensili pneumatici,
• formatura bottiglie per bevande in plastica o vetro,
• pulizia sabbiatura di superfici metalliche e non.

2a.3 LIQUEFAZIONE DELL’ARIA


Per consentire la separazione dell’aria nei suoi costituenti, l’aria prima deve esse-
re liquefatta.
Fino a circa la metà del secolo scorso, si riteneva (erroneamente) che fosse pos-
sibile fare condensare un gas a qualsiasi temperatura, solo aumentando la pres-
sione. In realtà è impossibile portare allo stato liquido un gas con il solo aumen-
to della pressione, se esso si trova a una temperatura superiore ad un certo suo
valore caratteristico.
La temperatura alla quale si è riusciti a liquefare l’aria è di -140,7 °C a 37,7 bar di
pressione.

2a.4 FRAZIONAMENTO DELL’ARIA IN GAS TECNICI


Come affermato precedentemente, l’aria è una miscela di gas i cui costituenti
principali sono l’ossigeno e l’azoto. Essi da soli rappresentano il 99%. Il rima-
nente 1% è costituito da oltre una decina di gas.
Se presi singolarmente, ognuno di questi elementi ha caratteristiche particolari
che lo rendono interessante in campi di applicazione specifici; ad esempio:
• ossigeno tende ad entrare in combinazione molto facilmente con altri ele-
menti per formare nuovi composti; è il comburente per eccellenza;
• azoto è pressoché inerte;
• elio ha un peso che è 8 volte inferiore all’ossigeno.
La tecnica più utilizzata per separare questi gas è quella di liquefare l’aria e di
farla successivamente evaporare sfruttando poi il diverso punto di ebollizione dei
costituenti.
I gas ottenuti vengono poi depurati con tecniche appropriate per renderli dispo-
nibili agli utilizzatori in diversi gradi di purezza.
I gas così prodotti sono definiti “gas tecnici’’.

12
Sommario

CARATTERISTICHE E APPLICAZIONI DEI GAS TECNICI 2b

Caratteristiche tecniche: ANIDRIDE CARBONICA


Prodotto: anidride carbonica
Formula chimica: CO2
Titolo: ≥ 99,5%
Densità relativa (aria = 1): 1,529
Aspetto: gas incolore
Odore: gas inodore
Limiti di infiammabilità in aria: non infiammabile
Applicazioni:
• saldatura e taglio all'arco elettrico
• surgelazione e confezionamento alimentare
• gassatura di acque minerali e bibite
• controllo del pH
• termoregolazione di impasti alimentari
• sistemi antincendio
• impieghi del ghiaccio secco
L’anidride carbonica può essere fornita anche:
• con purezza grado 3,5 - 4,0 - 4,8
• a richiesta, nelle miscele speciali e nelle miscele di taratura di composizione
• nelle miscele per laser
• per usi terapeutici e diagnostici (F.U.)

Caratteristiche tecniche:
ARGON
Prodotto: argon
Formula chimica: Ar
Titolo: ≥ 99,996%
Densità relativa (aria = 1): 1,38
Aspetto: gas incolore
Odore: gas inodore
Limiti di infiammabilità in aria: non infiammabile
Applicazioni:
• saldatura e taglio dei metalli all’arco elettrico
• degassaggio dei metalli ferrosi e non ferrosi
• agitazione in siviera dell’acciaio
• atmosfere inerti nella metallurgia
• produzione di semiconduttori
L’argon può essere fornito anche:
• con purezza grado 5,0 - 5,5 - 5,8
• a richiesta nelle miscele speciali
e nelle miscele di taratura di composizione

Caratteristiche tecniche:
ARIA TECNICA
Prodotto: miscela di N2 e O2 principalmente
Densità relativa (aria = 1): 1
Aspetto: gas incolore
Odore: gas inodore
Limiti di infiammabilità in aria: non applicabile
Applicazioni:
• respirazione
• gas cromatografia
• assorbimento atomico
• gas di zero nella taratura di strumenti
L’aria tecnica può essere fornita anche:
• a richiesta, nelle miscele speciali e nelle miscele di taratura di composizione

13
Sommario

AZOTO Caratteristiche tecniche:


Prodotto: azoto
Formula chimica: N2
Titolo: ≥ 99,9%
Densità relativa (aria = 1): 0,97
Aspetto: gas incolore
Odore: gas inodore
Limiti di infiammabilità in aria: non infiammabile
Applicazioni:
• lavaggio e inertizzazione di reattori e serbatoi
• protezione e spinta di sostanze sensibili all’azione dell’ossigeno
• termoregolazione e raffreddamento di reazioni chimiche e alimenti
• stripping di gas da soluzioni liquide
• trattamenti termici dei metalli
• agitazione in siviera dell'acciaio
• degassaggio dell'alluminio
• calettamento a freddo ed estrusione
• condensazione di solventi
• sbavatura della gomma
• gas di spinta nella lavorazione della plastica
• liofilizzazione
• criomacinazione
• surgelazione
• confezionamento alimentare in atmosfera modificata
• produzione di fibre sintetiche
• saldatura di circuiti stampati
• produzione di semiconduttori
• protezione al rovescio delle saldature
L’azoto può essere fornito anche:
• con purezza grado 4,7 - 5,0 - 5,5 - 6,0
• a richiesta, nelle miscele speciali e nelle miscele di taratura di composizione
• nell’aria sintetica

ELIO Caratteristiche tecniche:


Prodotto: elio
Formula chimica: He
Titolo: ≥ 99,998%
Densità relativa (aria=1): 0,138
Aspetto: gas incolore
Odore: gas inodore
Limiti di infiammabilità in aria: non infiammabile
Applicazioni:
• gas cromatografia
• palloni aerostatici
• laser (puro e in miscela)
• industria elettronica
• studi e ricerche

L’elio può essere fornito anche:


• con purezza grado 5,5 - 6,0
• nelle miscele di saldatura in varie percentuali
• a richiesta, nelle miscele speciali e nelle miscele di taratura di composizione

14
Sommario

Caratteristiche tecniche: IDROGENO


Prodotto: idrogeno
Formula chimica: H 2
Titolo: ≥ 99,8%
Densità relativa (aria = 1): 0,07
Aspetto: gas incolore
Odore: gas inodore
Limiti di infiammabilità in aria: 4 ÷ 75%
Applicazioni:
• trattamenti tecnici dei metalli
• atmosfere riducenti
• idrogenazione dei grassi e nell’industria chimica
• metallurgia
• produzione di filamenti per lampade e fiale di vetro
• produzione di semiconduttori
L’idrogeno può essere fornito anche:
• con purezza grado 3,5 - 4,5 - 5,5 - 6,0
• nelle miscele di saldatura e il taglio dei metalli all’arco elettrico
• a richiesta, nelle miscele speciali e nelle miscele di taratura di composizione

Caratteristiche tecniche: OSSIGENO


Prodotto: ossigeno
Formula chimica: O2
Titolo: ≥ 99,5%
Densità relativa (aria = 1): 1,1
Aspetto: gas incolore
Odore: gas inodore
Limiti di infiammabilità in aria: non applicabile in quanto è il comburente
per eccellenza e quindi molto pericoloso.
Applicazioni:
• saldatura e taglio (ad energia autogena)
• arricchimento dell'aria nella produzione di: vetro, fritte, lana di roccia,
cemento, dolomite, calce, materiali refrattari
• bruciatori ossigeno-combustibile per la fusione del vetro
• industria chimica
• trattamento biologico o chimico delle acque reflue
• stabilizzazione dei fanghi
• produzione di ozono
• inceneritori industriali
• ossidazione dei solfuri
• arricchimento dell’aria in altoforni, cubilotti e forni rotativi
• bruciatori ossigeno-combustibile nei forni elettrici
• nei forni fusori rotativi per: piombo, rame, alluminio, oro e argento, stagno,
ghisa e acciaio
• gas medicinale per respirazione (F.U.)
• allevamento e trasporto dei pesci
L’ossigeno può essere fornito anche:
• con purezza grado 2,8 - 3,5 - 5,0
• liquido: grado 5,0
• nelle miscele di saldatura in varie percentuali
• a richiesta, nelle miscele speciali e nelle miscele di taratura di composizione
• nell’aria sintetica

15
Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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16
Sommario

3
CENNI DI FISICA
E DI TERMODINAMICA
La TEMPERATURA è una delle sette grandezze del Sistema Internazionale. TEMPERATURA
Per misurarla ci si affida sostanzialmente a quattro “scale” convenzionali:
scala Celsius, scala Kelvin, scala Fahrenheit, scala Rankine. °C : gradi Celsius
K : gradi Kelvin
La scala più comunemente usata per la misura della temperatura è quella
°F : gradi Fahrenheit
Celsius, per la quale la temperatura di congelamento dell’acqua è 0 °C e la tem-
°R : gradi Rankine
peratura di ebollizione è 100 °C (a livello del mare).
La scala Kelvin, detta anche scala assoluta, è prevalentemente usata in ambito
scientifico: l’unità di misura di questa scala è uguale a quella della scala Celsius;
l’unica differenza è che a 0 K corrispondono -273,15 °C (lo zero assoluto).
Le altre scale, Fahrenheit e Rankine, sono usate per lo più nei paesi anglo sas-
soni: nella prima, la temperatura di congelamento dell’acqua è 32 °F e la tem-
peratura di ebollizione è 212 °F; nella seconda la temperatura di congelamento
è 0 °R (corrispondente a - 459,7 °F) e la temperatura di ebollizione è 671,7 °R.
Le proprietà di molti corpi cambiano con il mutare dell’ambiente termico in cui
si trovano. Ad esempio se la temperatura aumenta, il volume di un fluido
aumenta, un’asta metallica diventa più lunga, la resistenza metallica di un filo
aumenta.

La PRESSIONE p è definita come l’azione di una forza F su una superficie di area A: PRESSIONE
p=F/A
Pa : pascal
Nel sistema SI la pressione si esprime in N / m 2 oppure in N ·m -2, unità che pren-
de il nome di pascal (simbolo Pa), in onore dello scienziato francese. Il pascal,
introdotto nel 1971, è l’ultimo nome di una lunga lista di unità di pressione, tra
cui ricordiamo l’atmosfera (atm), il bar, il torr (o mm di mercurio) ed il mm di
colonna d’acqua.
Il pascal rappresenta una pressione relativamente bassa. Il micropascal (1µPa =
10 -6 Pa ) ed il millipascal (1 mPa =10 -3 Pa = 0,001 Pa ) sono utilizzati prevalen-
temente in acustica e nelle tecniche del vuoto, mentre il gigapascal (1GPa =10 9
Pa ) viene utilizzato nel valutare la resistenza dei materiali.
Nelle macchine a fluido si fa ricorso al kPa (1kPa = 10 3 Pa = 1.000 Pa) oppure al
MPa (1 MPa = 10 6 Pa = 1.000.000 Pa).
È tuttavia utilizzato molto spesso il bar (1 bar = 10 5 Pa = 100.000 Pa), unità con-
sentita in temporaneo uso dal CIPM (Comitato Internazionale dei Pesi e Misure).

La terra è circondata da un involucro d’aria, che ha una massa e quindi esercita PRESSIONE
una pressione. La PRESSIONE BAROMETRICA è quindi la pressione assoluta BAROMETRICA
atmosferica sulla superficie terrestre, dovuta alla colonna d’aria che insiste sulla
superficie unitaria.
pressione barometrica
Maggiore sarà la pressione, più densa (quindi più pesante) sarà l’aria; minore
standard = 101,325 kPa
sarà la pressione, più rarefatta (quindi più leggera) sarà l’aria.

17
Sommario

La pressione barometrica standard (al livello del mare) è: 101,325 kPa ovvero
1.013 hPa, ma anche 1,01325 bar ovvero 1.013 mbar.
Nel passato era usata l’atmosfera standard (atm), definita come la pressione
esercitata da una colonna di 760 mm di mercurio liquido.
Vale la relazione:
1 atm = 101,325 kPa = 1,01325 bar = 760 mm Hg o torr
1 bar = 0,986923 atm = 750,062 mm Hg o torr

MASSA VOLUMICA La MASSA VOLUMICA è la massa m della sostanza contenuta nell’unità di volume V.
ρ=m/V
L’unità di misura è il kilogrammo per metro cubo (kg/ m3). Alcuni valori tipici
della massa volumica di alcuni fluidi, alla temperatura di 20 °C ed alla pressione
atmosferica sono riportati nella tab. 3.1.
In particolare abbiamo: l’aria ρ = 1,20 kg / m 3
l’acqua ρ = 999 kg / m 3
In pratica per l’acqua si considera il valore della massa volumica ρ =1000 kg/m 3,
corrispondente alla temperatura di 4 °C ed alla pressione atmosferica; è in que-
ste condizioni che l’acqua raggiunge il valore massimo della massa volumica.
La densità è invece il rapporto tra la massa volumica della sostanza e la massa
volumica di una sostanza di riferimento. Nel caso dei solidi e dei liquidi, la massa
volumica di riferimento è rappresentata dalla massa volumica dell’acqua a 4 °C.
densità = ρ sostanza / ρ acqua a 4 °C
Per i gas, la massa volumica di riferimento viene considerata talvolta quella del-
l’aria, talvolta quella dell’idrogeno; tuttavia, nel caso dei gas, la densità è poco usata.
Trattandosi di un rapporto tra grandezze della stessa specie, la densità è un
puro numero, cioè adimensionale.
Valori tipici della densità sono, ad esempio, per l’acqua 1,0 e per l’olio 0,9.

VOLUME SPECIFICO Un’altra grandezza è il VOLUME SPECIFICO che si definisce come il volume
occupato da 1 kg di una sostanza.
Il volume occupato da 1 kg di aria, ossia il suo volume specifico, è funzione della
m3/ kg
sua temperatura e pressione.

VOLUME NORMALE L’unità di misura volumica di riferimento è il NORMAL METRO CUBO (Nm 3)
corrispondente ad 1 m 3 di aria alla pressione atmosferica, al livello del mare
(101,325 kPa), alla temperatura di 0 °C e senza contenuto di vapore d’acqua,
Nm3
ossia secca.

VELOCITÀ La VELOCITÀ è un’unità derivata; nel caso di moto lineare (movimento cioè di
un punto lungo una linea) essa è determinata dal rapporto tra la distanza per-
m/s corsa ed il tempo.
L’unità di misura è il metro / secondo: (m / s) o anche m s -1.

ACCELERAZIONE L’ACCELERAZIONE è data dal rapporto tra la velocità ed il tempo.


L’unità di misura è il metro/ secondo al quadrato (m / s 2).
L’accelerazione di gravità (di solito indicata con la lettera g) varia da punto a punto
m/s2
della superficie terrestre; nei calcoli si considera un valore medio di 9,81 m / s 2.

FORZA La seconda legge di Newton dice che il prodotto della massa m per l’accelera-
zione a è uguale alla forza F:
N = kg· m / s 2 F=ma
L’unità della forza, il newton, il cui simbolo è N, rappresenta la forza neces-

18
Sommario

saria per imprimere alla massa di 1 kg l’accelerazione di 1 m / s 2; è quindi una


unità derivata, espressa da:
kg · m / s 2 oppure kg · m · s -2
La distinzione tra l’unità di misura della massa e l’unità di misura della forza è
una delle principali differenze fra il sistema SI ed il vecchio sistema tecnico. Nel
sistema tecnico, introdotto qualche decina di anni fa, l’unità di forza, il kilo-
grammo peso (kp), era definito come la forza generata dalla massa unitaria nel
campo gravitazionale terrestre. In questo modo i valori della forza e della massa
rimanevano numericamente gli stessi ed ambedue venivano riferiti al peso.
Ma l’accelerazione di gravità non è la stessa in tutti i punti della terra (si pensi
poi ai luoghi al di fuori del campo gravitazionale terrestre) e si è preferito allora
eliminare la possibile confusione ponendo una netta distinzione tra unità di
massa ed unità di forza.
La conversione dell’unità di forza del sistema tecnico, il kilogrammo peso (kp), in
newton viene fatta prendendo un valore medio dell’accelerazione di gravità pari
a 9,80665 m / s 2, arrotondato a 9,81 m / s 2.
1 kp (kilogrammo peso) = 9,81 N (newton)

Il LAVORO è il prodotto di una forza per uno spostamento ed in unità SI si espri- LAVORO - ENERGIA
me in N·m. In onore dello scienziato inglese, si è dato a quest’unità il nome di COPPIA
joule (si pronuncia “giul”) ed il simbolo è J.
Il joule è anche l’unità di energia. Il lavoro è anche il risultato del prodotto di
una coppia per una rotazione rappresentata da un angolo, numero puro espres- J = N·m
so in radianti.
Si preferisce esprimere la coppia in N · m ed il lavoro o l’energia in J in modo
da evitare la differenza fisica tra queste grandezze.
L’uso del joule permette di eliminare numerose unità e, in primo luogo, quelle
del sistema tecnico che potevano far pensare ad una diversità sostanzialmente
erronea tra calore e lavoro.

Il CALORE è una forma di energia relativamente recente: infatti è considerata CALORE


tale solo dagli anni ’40 del secolo scorso. Esso si manifesta solo quando passa
da un corpo ad un altro fino a raggiungere una condizione di equilibrio termico:
1 J = 0,238846 cal
non ha quindi senso parlare di quantità di calore posseduta da un corpo, ma
invece si deve parlare di differenza di quantità di calore scambiato.
Essendo il calore una forma di energia, esso è misurato con la stessa unità di
misura adottata per l’energia meccanica: il joule ( J ).
Nel sistema C.G.S. (ormai in disuso) si faceva uso, come unità di misura, della
piccola caloria (cal ) o grande caloria (kcal ); la caloria è definita come la quan-
tità di calore da fornire alla massa di 1 g di acqua per elevare la sua temperatu-
ra di 1 K, e precisamente da 14,5 a 15,5 °C; un suo multiplo è la kilocaloria (kcal
= 1.000 cal).
Si ricorda che: 1J = 1Ws =1Nm
1J = 0,238846 cal
1J = 9,47817 X 10-4 BTU (1)
1 cal = 4,1868 J
1 BTU = 1055,06 J = 1,05506 kJ

La capacità di un fluido di scambiare calore, sotto una variazione di temperatura, CAPACITÀ TERMICA
prende il nome di capacità termica del fluido; quando la capacità termica viene MASSICA DELL’ARIA
riferita all’unità di massa, viene indicata come CAPACITÀ TERMICA MASSICA e
sostituisce la vecchia denominazione di calore specifico.
J / (kg · K)
Essa in unità SI è espressa in J / (kg · K) oppure in kJ / (kg· K).
Per l’aria dobbiamo considerare due tipi di capacità termica massica:

(1) - BTU = British Thermal Unit: unità di misura usata nel sistema anglosassone

19
Sommario

a) CAPACITÀ TERMICA MASSICA A PRESSIONE COSTANTE (più usata): cp


È definita come la variazione di entalpia ∆h per una variazione di temperatu-
ra ∆T, in una trasformazione a pressione costante p, ovvero:
cp = ∆h / ∆T
b) CAPACITÀ TERMICA MASSICA A VOLUME COSTANTE: cv
È definita come la variazione di energia interna ∆u per una variazione di tem-
peratura ∆T, in una trasformazione a volume costante v, ovvero:
cv = ∆u / ∆T
I rispettivi valori sono: cp = 1003,5 J/(kg K) = 240 cal/(kg K)
cv = 716,5 J/(kg K) = 171 cal/(kg K)
Ricordiamo inoltre che:
• per il primo principio della termodinamica, le capacità termiche cp e cv sono
legate alla costante del gas dalla relazione: cp - cv = R; da cui si deduce che
il valore di cp è maggiore di cv essendo cp = cv + R, perché il riscaldamen-
to dell’aria comporta un aumento di volume, generando un lavoro che si
trasforma in calore aggiuntivo.
• il rapporto fra la capacità termica a pressione costante e quella a volume
costante, è: γ = cp / cv = 1,400

POTENZA La POTENZA è definita come il lavoro nell’unità di tempo e nelle unità SI si espri-
me in J / s. A questa unità è stato dato il nome di watt (W).
Il watt (spesso viene utilizzato il suo multiplo, il kW) sostituisce non solo le unità
W = J/ s
di misura tradizionali della potenza, come ad esempio il cavallo vapore (2) , ma
anche le unità solitamente usate per esprimere la potenza termica come, ad
esempio, la kilocaloria al secondo (kcal / s).
A volte l’energia viene ricavata dal valore della potenza moltiplicata per il tempo,
poiché, come già detto, la potenza è il lavoro fatto nell’unità di tempo. Quindi
si ha il kilowattora (kW · h) che equivale a 3,6 MJ oppure 3,6 ·10 3 kJ.

VISCOSITÀ DINAMICA Se si ha un fluido fra due superfici A uguali e parallele ed applichiamo una forza
tangenziale al piano superiore, in modo che esso rimanga sempre parallelo ed
assuma la velocità v, l’esperienza insegna che la forza tangenziale F è propor-
µ = τ · ∆ v / ∆y zionale all’area del piano, proporzionale alla sua velocità v ed inversamente pro-
porzionale alla distanza h fra le due superfici.
Vale pertanto la relazione F = costante · A · v / h
La costante di proporzionalità prende il nome di coefficiente di viscosità o
VISCOSITÀ DINAMICA (µ) del fluido.
Il rapporto F/A, forza tangenziale per unità di superficie (N / m 2 o Pa), prende il
nome di sforzo di taglio e si indica con τ.
τ = µ · v / h da cui ricaviamo il valore:
Si può quindi scrivere:
VISCOSITÀ DINAMICA µ = τ · ∆ v / ∆y (legge di Newton della viscosità)
L’unità di misura della viscosità dinamica è: N · s / m 2, oppure, essendo N /m2 = Pa,
si può utilizzare l’unità Pa · s; ricordando anche che la forza è uguale alla massa
per l’accelerazione si ottiene anche una ulteriore unità di misura: kg/ (m · s).
In molti casi il coefficiente di viscosità viene espresso in centipoise (centesimo di
poise) e vale la relazione:
1 centipoise = 1 m Pa · s (millipascal · secondo).
I valori tipici della viscosità dinamica per l’aria e l’acqua sono i seguenti:
• aria µ = 1,8 · 10 -5 kg·m -1· s -1
= 1,8 · 10 -5 Pa·s = 1,8 · 10 -2 m Pa · s
= 1,8 · 10 -2 centipoise
• acqua µ = 1,0 · 10 -3 kg·m -1 · s -1
= 1,0 · 10 -3 Pa · s = 1,0 · m Pa · s = 1 centipoise
(2) - Ricordiamo che il cavallo metrico ( CV = 735,499 W ) è diverso dal cavallo-vapore in unità ame-
ricane ( HP = 745,700 W )

20
Sommario

La VISCOSITÀ CINEMATICA (ν) è il rapporto tra la viscosità dinamica µ e la VISCOSITÀ CINEMATICA


massa volumica ρ:
ν=µ/ρ ν=µ/ρ
Dividendo la viscosità dinamica per la massa volumica si elimina la massa, talché
il coefficiente di viscosità prende il nome di viscosità cinematica: infatti il ramo
della meccanica che studia le leggi del moto, senza considerare la massa, è la
cinematica, mentre quello che tiene conto della massa è la dinamica ed è pro-
prio per questo che µ viene chiamata viscosità dinamica.
La viscosità cinematica si misura in m 2/ s; spesso per avere numeri interi si pre-
ferisce esprimerla in mm 2/ s (centistokes).
• aria ν = 15,1 · 10-6 m 2/ s
= 15,1 · mm 2/ s (o centistokes)
• acqua ν = 1,01 · 10 -6 m 2/ s
= 1,01 · mm 2/ s
La viscosità varia con la temperatura, ma con legge diversa passando dai
gas ai liquidi. Se infatti la temperatura del gas aumenta, aumenta anche la velo-
cità di agitazione delle molecole (la velocità con cui si muovono le molecole è
cioè funzione crescente della temperatura), e questo favorisce l’interscambio tra
le molecole situate nei vari strati, portando ad un aumento complessivo della
viscosità.
In un liquido, invece, all’aumentare della temperatura prevale la riduzione delle
forze di coesione delle varie molecole (che sono molto più vicine tra loro di quel-
le di un gas) sull’aumento dell’interscambio molecolare.
Anche l’aumento della pressione influenza la viscosità dei liquidi, perché
aumenta l’energia richiesta per il movimento relativo delle molecole e corri-
spondentemente aumenta la viscosità.
L’aumento della viscosità, nel caso di un olio per macchina idraulica, è pari a
circa il 10 ÷15% per un aumento della pressione di 7 MPa.
L’acqua si comporta in modo diverso dagli altri liquidi: infatti in corrispon-
denza di un elevatissimo aumento della pressione da 0,1 MPa a 100 MPa, la sua
viscosità raddoppia soltanto.
tab. 3.1
Fluido µ [kg / (m s)] ρ [kg / m 3] ν [m 2/ s]
µ = Viscosità dinamica
Acqua 1,0 · 10 -3 999 1,01 · 10 -6 ρ = Massa volumica
ν = Viscosità cinematica
Alcool etilico 1,2 · 10 -3 789 1,51 · 10 -6
Aria 1,8 · 10 -5 1,20 1,51 · 10 -5 a pressione atmosferica
di 101,324 kPa ed alla
Benzina 2,9 · 1 -4 720 4,03 · 10 -7 temperatura di 20 °C

Glicerina 1,5 1.263 1,19 · 10 -3


Idrogeno 8,9 · 10 -6 0,084 1,06 · 10 -4
Mercurio 1,5 · 10 -3 13.540 1,16 · 10 -7
Olio SAE 30 0,26 930 2,79 · 10 -4

Detta anche curva ad umidità relativa 100%, è il luogo dei punti che rappre- CURVA DI
sentano, per ogni temperatura, il massimo contenuto di vapore d’acqua in SATURAZIONE
grammi, che un Nm 3 può contenere. DELL’ACQUA
NELL’ARIA
Ad ogni pressione corrisponde una curva diversa.
La quantità di vapore d’acqua che può essere contenuta nell’aria, a parità di
pressione, aumenta con l’aumentare della temperatura, mentre a parità di tem-
peratura, diminuisce con l’aumentare della pressione.

21
Sommario

PUNTO DI RUGIADA Quando una miscela di aria e di vapore viene raffreddata, a pressione costante,
la temperatura alla quale il vapore diventa saturo (cioè quando il vapore si
trova in equilibrio con il suo stato liquido), viene detta TEMPERATURA o PUNTO
DI RUGIADA dell’aria in pressione.
Nei sistemi di trattamento dell’aria compressa il punto di rugiada dell’apparec-
chio rappresenta la temperatura, riferita ad una specifica pressione, alla quale il
vapore comincia a condensare.

ENTALPIA Il primo principio della termodinamica è fondamentalmente legato al concetto


di energia immagazzinata dal sistema, energia che, per un sistema chiuso in
quiete, si identifica con l’energia interna u. In determinati processi è molto utile
h = u + pv
ricorrere ad un’altra funzione di stato chiamata entalpia che viene indicata con
la lettera H (h se viene riferita alla massa).
L’ENTALPIA MASSICA h (solitamente espressa in k J / kg) è definita come la
somma dell’energia interna u e del prodotto della pressione p per il volume mas-
sico v ed è quindi data da:
h = u + pv
Mentre in una trasformazione isocora (a volume costante) il calore scambiato è
uguale alla variazione di energia interna
q1-2 = h1 - h 2
in una trasformazione isobara (a pressione costante) il calore scambiato è ugua-
le alla variazione di entalpia
q1-2 = u 2 - u1
Il primo principio della termodinamica espresso in funzione dell’entalpia, dif-
ferenziando l’equazione sopra citata, definisce l’entalpia come:
dh = du + d(pv) = dv + pdv - vdp

ENTROPIA Esprime quantitativamente la degradazione, l’indisponibilità, l’inutilizzabilità del-


l’energia di un sistema.
La funzione di stato del sistema (funzione che dipende solo dagli stati termodi-
namici raggiunti e non dal modo come essi sono stati raggiunti) si può esplicitare.
Si parla di VARIAZIONE DI ENTROPIA e non di valore assoluto di entropia. In
un sistema sottoposto ad una trasformazione termodinamica reversibile condu-
cente dallo stato di equilibrio iniziale 1 allo stato di equilibrio finale 2, prende il
nome di variazione di entropia il passaggio dallo stato 1 allo stato 2 e si indica
con S2 – S1 oppure ∆S2-1 l’integrale del rapporto dQ/T, tra le quantità di calore
infinitesime dQ assorbite dal sistema e le temperature assolute T della sorgente
di calore:
L’entropia si misura in J / K.

In base alla definizione è possibile valutare solo la variazione di entropia rispetto


ad un determinato livello di riferimento e non il valore assoluto (3). Al posto del-
l’entropia S, di solito viene usata l’entropia riferita alla massa s = S / m e l’u-
nità di misura diviene J / (kg · K) oppure kJ / (kg · K)
Ricordiamo inoltre che si può dimostrare che, per un gas perfetto, si può scrivere:
• per cv costante: s2 – s1 = cv · ln ( T2 / T1 ) + R · ln ( v2 / v1 )
• per cp costante: s2 – s1 = cp · ln ( T2 / T1 ) + R · ln ( p2 / p1)
essendo ln (logaritmo naturale) = 2,3026 log (logaritmo decimale).

(3) - Il teorema di Nernst (terzo principio della termodinamica) fissa il valore zero dell’entropia in cor-
rispondenza dello zero della temperatura assoluta.

22
Sommario

4
LA COMPRESSIONE
terminologia e definizioni
LA COMPRESSIONE 4a

Scopo principale della compressione è quello di fornire del gas ad una pressione
superiore a quella disponibile.
L’incremento di pressione può variare da pochi pascal (Pa) a molti bar (1 bar =
105 Pa) ed i volumi trattati dal compressore da pochi litri al minuto a diverse
migliaia di metri cubi al minuto.
La compressione viene intrapresa per diversi scopi:
• per trasmettere potenza, come per esempio in un sistema d’aria compres-
sa per azionare utensili industriali;
• per fornire aria per la combustione;
• per distribuire il gas, come nelle linee di gas naturale e nelle reti di distri-
buzione del gas di città;
• per inviare il gas in un processo o in un sistema;
• per produrre condizioni più favorevoli alle reazioni chimiche.

METODI USATI PER LA COMPRESSIONE 4b

Quattro sono i metodi che si usano per comprimere un gas.


Due sono di tipo intermittente e due sono di tipo continuo.
Tali metodi sono:
a) Chiudere o intrappolare delle successive quantità di gas in un certo involu-
cro, ridurre il volume in modo da incrementare la pressione, e quindi espelle-
re il gas dall’involucro (cassa).
b) Racchiudere successive quantità di gas in un certo involucro, portarlo senza
alcuna variazione di volume fino alla bocca di uscita (mandata), comprimere
il gas mediante la contropressione del sistema connesso con la mandata e
quindi espellere il gas fuori dall’involucro.
c) Comprimere il gas tramite l’azione meccanica di giranti o rotori dentati che
impartiscono al fluido velocità e pressione al gas trattato (la velocità è con-
vertita ulteriormente in pressione in parti fisse o diffusori.
d) Convogliare il gas in un getto nello stesso o di un altro gas (stesso vapore) e
convertire l’elevata velocità del miscuglio in pressione mediante un diffusore.
I compressori che seguono i metodi a) e b) sono chiamati compressori volu-
metrici. I compressori che seguono il metodo c) sono denominati dinamici e
quelli che seguono il metodo d) sono chiamati eiettori e normalmente operano
a pressioni di aspirazione inferiori a quella atmosferica, anche se alcuni li classi-
ficano ancora fra i compressori dinamici.

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Sommario

4c TIPI DI COMPRESSORI

Una semplice suddivisione dei tipi di compressori è rappresentata dalla fig. 4.1
ed è di seguito definita, in linea con la norma ISO 5390 - 1977.

COMPRESSORI I compressori che hanno un flusso intermittente, detti anche VOLUMETRICI


VOLUMETRICI sono quelli in cui successive quantità di gas vengono racchiuse in un vano e por-
tate a pressione più elevata. In particolare si definiscono:
• alternativi: compressori nei quali l’elemento premente ed in moto è un
pistone avente moto alternato all’interno di un cilindro.
• rotativi: compressori nei quali la compressione e la variazione di volume si
ottiene mediante l’azione di elementi dotati di moto rotatorio posti all’in-
terno di una cassa.
• a palette: compressori nei quali delle palette assiali scorrono in senso
radiale in un rotore montato eccentricamente in una cassa cilindrica. Il gas
viene intrappolato nel volume compreso fra due serie di palette, compres-
so ed infine espulso.
• ad anello liquido: compressori volumetrici nei quali acqua od altro liquido
viene usato come un pistone per comprimere e azionare il gas trattato.
• a lobi: compressori volumetrici nei quali due rotori identici e dotati di due
lobi, ruotano in senso opposto in una cassa, intrappolando il gas e tra-
sportandolo dalla bocca di entrata alla bocca di uscita.
• a vite: compressori volumetrici nei quali due rotori (maschio e femmina) a
forma di vite elicoidale, ingranano fra loro e comprimono il gas.

COMPRESSORI I compressori a flusso continuo, detti anche DINAMICI, nei quali la pressione
DINAMICI non viene creata dalla variazione del volume che racchiude il gas, comprendono
i turbocompressori e gli eiettori.
Nei primi l’elemento rotante a velocità elevata accelera il gas che passa attraver-
so l’elemento stesso, convertendo la velocità in pressione in parte nell’elemento
rotante ed in parte attraverso pale o diffusori fissi.

I TURBOCOMPRESSORI comprendono i seguenti compressori:


• centrifughi, o macchine dinamiche, nelle quali uno o più giranti, general-
mente chiuse lateralmente, accelerano il gas. La velocità generata è poi tra-
sformata in pressione sia nella girante stessa che in una parte stazionaria
denominata diffusore. Il flusso del gas è radiale.
• assiali, o macchine dinamiche, nelle quali l’accelerazione del fluido data da
una serie di palette, una rotante ed una fissa.
La velocità impartita dalle palette del rotore è trasformata in pressione nelle
palette fisse dello statore. Il flusso principale è assiale.
• a flusso misto, o macchine dinamiche con una girante che combina le
caratteristiche del tipo assiale e del tipo centrifugo.

Gli EIETTORI sono compressori dinamici, senza alcuna parte in movimento, nei
quali la compressione si ottiene trasformando l’energia cinetica di un flusso ausi-
liario.

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Sommario

fig. 4.1 - Classificazione dei compressori

TIPI DI COMPRESSORI

DINAMICI
A FLUSSO CONTINUO TURBOCOMPRESSORI

CENTRIFUGHI ASSIALI EIETTORI

VOLUMETRICI
A FLUSSO DISCONTINUO
O INTERMITTENTE

CON UN
ROTORE

A PALETTE ANELLO LIQUIDO A VITE

ROTATIVI

CON DUE
ROTORI

A VITE A LOBI

ALTERNATIVI

PISTONE CAVO TESTA A CROCE LABIRINTO DIAFRAMMA

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Sommario

4d TERMINOLOGIA

Si fa riferimento alla norma ISO3857/II - 1977

4d.1 GENERALITÀ
Cilindrata: il volume netto spostato dal pistone, nel primo stadio, in una sem-
plice corsa.
Spostamento volumetrico: in un compressore alternativo è il volume netto spo-
stato dal pistone nella sua corsa, per unità di tempo (espresso ad esempio in
m 3/ min, oppure m 3/ h, L / min, cfm, secondo la grandezza della macchina e la
convenienza di usare numeri facili da gestire ).
Spazio nocivo: è il volume facente parte della camera di compressione, nella
quale rimane il gas compresso, ma non espulso nella fase di mandata.
Spazio nocivo relativo: è il rapporto fra lo spazio nocivo dello stadio conside-
rato e la cilindrata dello stesso stadio.
Coefficiente di volume: è il numero adimensionale ottenuto dal rapporto fra la
portata volumica di uno stadio e la velocità periferica della girante e dalla sezio-
ne di riferimento.
Punto normale d’aspirazione: punto d’aspirazione considerato come rappre-
sentativo delle condizioni d’aspirazione di un compressore.
Tale punto varia a seconda del tipo di compressore e d’installazione.
Punto normale di mandata: punto della mandata considerato come rappre-
sentativo delle condizioni di mandata di un compressore.
Tale punto varia a seconda del tipo di compressore e d’installazione.
Condizioni normali d’aspirazione: condizioni del gas aspirato al punto norma-
le d’aspirazione.
Condizioni normali di mandata: condizioni del gas in mandata al punto nor-
male di mandata.
Numero di Mach di rotazione: rapporto fra la velocità periferica di una giran-
te di un turbocompressore e la velocità del suono in un fluido alla temperatura
e pressione di aspirazione considerati.

4d.2 TEMPERATURA
Temperatura statica: la temperatura misurata in un fluido, in condizioni tali che
la velocità del fluido non influenzi la misura.
Temperatura dinamica: aumento della temperatura che risulterebbe se l’ener-
gia cinetica del fluido ad una velocità uniforme fosse convertita completamente
in energia calorifica con una trasformazione senza perdite, ovvero isentropica.
Temperatura totale: la somma della temperatura statica e della temperatura
dinamica. Indica la condizione del fluido alla quale l’energia del fluido è conver-
tita in energia calorifica senza perdite.
In un elemento stazionario del fluido, la temperatura statica e la temperatura
totale sono numericamente uguali.
Temperatura critica: temperatura limite al di sopra della quale non si osserva
alcuna discontinuità fra la fase gassosa e la fase liquida, a qualunque pressione.
Temperatura ridotta: il rapporto fra la temperatura termodinamica del fluido e
la sua temperatura critica termodinamica.
Temperatura d’aspirazione: temperatura totale al punto normale d’aspirazio-
ne del compressore.

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Sommario

Temperatura di mandata: temperatura totale al punto normale di mandata del


compressore.
Temperatura assoluta: la temperatura di un corpo riferita allo zero assoluto,
alla quale il volume di un gas ideale, teoricamente, diviene zero.
Sulla scala Celsius è: -273,15 °C (nei calcoli si può usare -273 °C )
Sulla scala Fahrenheit è: -459,67 °F (nei calcoli si può usare -460 °F )
La temperatura assoluta si misura in gradi Kelvin (K) ed in gradi Rankine (°R)
Esempio: Sistema SI 35 °C = 308 K
Sistema americano 95 °F = 555 °R
Punto di rugiada: temperatura di un gas alla quale il vapore presente in un dato
volume ed ad una certa pressione, comincia a condensare.

PRESSIONE 4d.3
Pressione statica: è la pressione misurata in un fluido, senza tener conto della
velocità del fluido.
Pressione dinamica: è l’aumento di pressione che risulterebbe dalla trasforma-
zione integrale, ovvero isentropica, dell’energia cinetica di un fluido che scorre a
velocità uniforme in energia di pressione.
Pressione totale: somma delle pressioni statica e dinamica.
Pressione d’aspirazione: pressione totale assoluta media al punto normale d’a-
spirazione del compressore.
Pressione di mandata: pressione totale assoluta media al punto normale di
mandata del compressore.
Pressione relativa: è la pressione che si misura, quella letta sul manometro e
quindi è la pressione che non tiene conto di quella atmosferica.
Nel sistema SI essa si misura in kPa o usualmente in bar.
Esempio: Pressione relativa di mandata: 700 kPa = 7,00 bar
Nel sistema americano si misura in psig (pound per square inch gauge)
Esempio: Pressione relativa di mandata: 100 psig
Pressione assoluta: è la pressione con riferimento allo zero assoluto. È data dalla
somma aritmetica della pressione letta sul manometro (pressione relativa) e la
pressione atmosferica. Tale pressione assoluta deve sempre essere usata quan-
do si fanno calcoli che fanno uso delle leggi dei gas.
Nel sistema SI essa si misura in kPa o usualmente in bar
Esempio: Pressione relativa: 700 kPa = 7,000 bar
Pressione atmosferica: 101,3 kPa = 1,013 bar
Pressione assoluta: 801,3 kPa = 8,013 bar
Nel sistema americano si misura in psia (pound per square inch absolute).
Esempio: Pressione relativa: 100,0 psig
Pressione atmosferica: 14,7 psia
Pressione assoluta: 114,7 psia
Pressione atmosferica: è la pressione assoluta esistente sulla superficie terreste,
ovvero la pressione esercitata da una colonna d’aria sulla superficie unitaria.
Essa varia con l’altitudine e, in ogni posto, con le condizioni atmosferiche (tem-
peratura ed umidità).
Nel sistema SI essa si misura in kPa, in hPa o più comunemente in millibar o bar.
Esempio: 101,3 kPA = 1.013 hPa = 1.013 mbar = 1,013 bar.
Nel sistema americano si misura in psia.
Esempio: 14,7 psia

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Sommario

Pressione critica: pressione limite sopra la quale non si osserva alcuna disconti-
nuità fra la fase gassosa e la fase liquida, qualunque sia la temperatura.
Pressione ridotta: il rapporto fra la pressione assoluta e la pressione critica asso-
luta.
Fattore di comprimibilità Z: fattore adimensionale che designa lo stato reale
del gas in rapporto al suo stato perfetto. Esso è espresso dalla formula:
Z = p · Vm / (R · T) dove: p è la pressione;
Vm è il volume molare;
R è la costante molare del gas;
T è la temperatura termodinamica.
Pressione del vapore saturo: è la pressione che esiste, ad una certa tempera-
tura, in un recipiente chiuso e contenente liquido e vapore, formatosi a causa
del liquido stesso dopo che si sono raggiunte le condizioni d’equilibrio.
Dipende solo dalla temperatura.
Rapporto di compressione totale: è il rapporto fra la pressione assoluta di
mandata e la pressione assoluta di aspirazione.
Quindi se una macchina comprime il gas alla pressione relativa di 7 bar e la pres-
sione atmosferica è di 1,01 bar e la pressione di aspirazione è 0,98 bar, il rap-
porto di compressione è:
rc = (7 + 1,01) / 0,98 = 8,173
Rapporto di compressione di uno stadio: in un compressore multistadio, è il
rapporto, in quello stadio, fra la pressione assoluta di mandata dello stadio
(presa prima del refrigerante inter-stadio) e la pressione assoluta a monte dello
stadio stesso.
Rapporto di compressione globale di uno stadio: in un compressore multi-
stadio, è il rapporto, in quello stadio, fra la pressione assoluta di mandata dello
stadio (presa dopo il refrigerante inter-stadio) e la pressione assoluta a monte
dello stadio stesso.
Coefficiente di pressione di uno stadio di turbocompressore: è il numero
caratteristico adimensionale che si ottiene dal rapporto fra l’energia massica teo-
rica di compressione dello stadio ed il quadrato della velocità periferica della
girante del turbocompressore.
Coefficiente totale di pressione di un turbocompressore: è il numero carat-
teristico adimensionale che si ottiene dal rapporto fra l’energia teorica di com-
pressione totale ed la media dei quadrati delle velocità periferiche delle giranti
del turbocompressore.
Compressione ideale multistadio: compressione ottenuta quando si comprime
un gas perfetto isentropicamente e la temperatura d’aspirazione del gas così
come pure il lavoro speso sono uguali in ogni stadio.

4d.4 PORTATA E RAPPORTI DI COMPRESSIONE


Portata volumica effettiva di un compressore, che opera fra una ben specifica
pressione di aspirazione ed una di mandata, è l’effettiva quantità di gas resa al
punto normale di mandata, riferita alle condizioni di temperatura, pressione,
umidità esistenti al punto normale di aspirazione.
Nel sistema SI, a seconda della grandezza delle macchine, si fa uso delle seguen-
ti unità: m 3 / s (metri cubi al secondo); m 3 / h (metri cubi all’ora); L / min (litri al
minuto), ecc.
Nel sistema americano le unità più comuni sono:
ICFS ( = inlet cubic feet per second ) = ft 3 / s
ICFM ( = inlet cubic feet per second ) = ft 3 / min

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Sommario

Quindi è consuetudine di tutti i costruttori di compressori esprimere la portata


volumica delle macchine come volume aspirato; meglio sarebbe, tuttavia, dire
reso (talvolta i compressori effettuano degli spillamenti e non sempre quindi
quanto aspirato è reso alla bocca di mandata), ma alle condizioni di aspirazione
ovvero alla temperatura, umidità e pressione di aspirazione e naturalmente col
raporto di compressione previsto.
Portata volumica alle condizioni normali di un compressore è la portata volu-
mica effettiva riportata alle condizioni normali. Per la definizione delle condi-
zioni normali (o ”standard”, in U.S.A.), (vedere il paragrafo 4d.10: ”Condizioni
di riferimento”).
Portata massica di un compressore è l’effettiva quantità di gas resa al punto
normale di mandata, espressa in massa, nell’unità di tempo.
Nel sistema SI l’unità più comune è il kilogrammo al secondo (kg / s), ma, a
seconda dei processi, si può preferire l’uso del kilogrammo all’ora (kg / h) o
kilogrammo al giorno (kg / d) o tonnellata all’anno (t / a).
Nel sistema americano l’unità di misura più comune è la libbra all’ora (lb / h)
o la libbra al minuto (lb / min).

PROCESSO 4d.5
Processo: è ciò che avviene allorché un sistema è sottoposto ad un cambiamen-
to di stato o a trasferimento di energia, allorché lo stato è costante.
Processo reversibile: è un processo ideale che può essere interrotto e può, rifa-
cendo la procedura inversa, ridare al sistema o al suo contorno il lavoro ed il
calore precedentemente rimosso.
Processo irreversibile: è un processo nel quale una porzione di energia origi-
nale del sistema è dissipata e non può ritornare al sistema. Il sistema ed il suo
contorno non può più tornare allo stato originale.
Processo adiabatico: è un processo durante il quale non vi è somministrazione
o sottrazione di calore dal sistema.
Processo isentropico: è un processo nel quale l’entropia rimane costante.
Processo isotermico: è un processo nel quale non è vi è alcuna variazione di
temperatura.
Processo politropico: è un processo nel quale si prendono in considerazione,
durante la compressione, anche le variazioni nelle caratteristiche del gas.

POTENZA 4d.6
Potenza assorbita teorica: nel caso di un compressore privo di perdite, è la
potenza teorica spesa per comprimere il gas, secondo il processo di riferimento
scelto, da una certa pressione di aspirazione ad una pressione di mandata.
Potenza indicata: potenza corrispondente al diagramma pressione-volume rile-
vata tramite un indicatore.
Potenza interna: potenza indicata alla quale sono state aggiunte le perdite
dovute alla trasmissione di calore e le perdite dovute alle fughe.
Potenza all’albero: potenza richiesta all’albero motore del compressore.
Si ottiene sommando le perdite meccaniche alla potenza interna. Le perdite
dovute alle trasmissioni esterne, quali ingranaggi o cinghie, non si tengono in
considerazione.

29
Sommario

4d.7 ENERGIA SPECIFICA


Energia specifica teorica di compressione è l’energia teorica necessaria per la
compressione di una quantità unitaria di gas.
Si definisce energia specifica massica se riferita ad una unità di massa (es. 1 kg).
Si definisce energia specifica volumica se riferita ad una unità di volume (es. 1 m 3).
Energia specifica reale volumica o massica: energia trasmessa all’albero per
unità di volume (volumica) o di massa (massica) resa dal compressore (ad esem-
pio kWh / m 3 oppure kWh / kg).

4d.8 RENDIMENTO
Rendimento teorico: rapporto fra la potenza teorica richiesta e la potenza indi-
cata. A seconda del processo reversibile scelto, l’efficienza può essere politropi-
co, isentropico o isoterma.
Rendimento interno: rapporto fra la potenza teorica richiesta e la potenza
interna.
Rendimento meccanico: rapporto fra la potenza interna e la potenza all’albero.
Rendimento globale: rapporto fra la potenza teorica richiesta e la potenza
all’albero.
Rendimento volumetrico: rapporto fra la portata volumica effettiva e la cilin-
drata di un compressore volumetrico. Il condensato può essere preso in consi-
derazione.
Rendimento isotermico: rapporto, espresso in percento, fra la potenza teorica,
nel caso di compressione con processo isotermico, e quella effettiva assorbita
all’albero dal compressore.
Rendimento adiabatico: rapporto, espresso in percento, fra la potenza teorica,
nel caso di compressione con processo adiabatico, e quella effettiva assorbita
all’albero dal compressore.
Rendimento politropico: rapporto, espresso in percento, fra la potenza teori-
ca, nel caso di compressione con processo politropico, e quella effettiva assorbi-
ta all’albero dal compressore.

4d.9 UMIDITÀ
Indica la quantità d’acqua, sotto forma di vapore, contenuta nell'atmosfera.
Ci sono tre definizioni:
Umidità relativa: è il rapporto fra la pressione parziale del vapore, in un miscu-
glio di aria-vapore e la pressione del vapore saturo alla temperatura del bulbo
asciutto del miscuglio, usualmente espressa in %.
Umidità specifica: è il rapporto fra la massa del vapore d’acqua di un miscuglio
aria - vapore d’acqua e la massa dell’aria secca.
Normalmente è espressa in kg vapor d’acqua / kg d’aria secca.
Umidità assoluta: il rapporto fra la massa del vapore d’acqua di un miscuglio
aria-vapore d’acqua e la massa dell’aria umida.
Normalmente è espressa in kg vapor d’acqua / kg d’aria umida.

30
Sommario

CONDIZIONI DI RIFERIMENTO 4d.10

Sono le condizioni alle quali spesso si fa riferimento nell’indicare i volumi.

Condizioni normali:
Temperatura: 0 °C
Pressione assoluta: 1,01325 bar
Umidità relativa: 0% (aria secca)
A tali condizioni la massa volumica dell’aria è: ρn = 1,292 kg/ m 3
Condizioni normali: (secondo ASME, nel sistema americano)
Temperatura: 68 °F = 20 °C
Pressione assoluta: 14,696 psia = 1,01325 bar
Umidità: 36 %
A tali condizioni la massa volumica dell’aria è: ρn = 0,07515 lb/ ft3
ρn = 1,20380 kg/ m3
Condizioni Standard: (secondo la letteratura americana)
Temperatura: 60 °F = 15,5 °C
Pressione assoluta: 14,696 psia = 1,01325 bar
Umidità: 0% (aria secca)
A tali condizioni la massa volumica dell’aria è: ρn = 0,07628 lb/ ft3
ρn = 1,2219 kg/ m3

CAPACITÀ TERMICA MASSICA 4d.11


Capacità termica massica: è un valore che indica come varia l’entalpia con la
temperatura. È comunemente misurato a pressione o volume costante ed i
rispettivi valori sono noti come cp e cv. Si esprime in J / (kg · K) o in kJ / (kg · K).
Può variare di molto in funzione della temperatura e della pressione.

Rapporto delle capacità termiche massiche: è il rapporto k fra la capacità ter-


mica massica a pressione costante cp e la capacità termica massica a volume
costante cv.

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Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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Sommario

5
COMPRESSORI
I COMPRESSORI ALTERNATIVI 5a

DEFINIZIONI 5a.1
Compressori alternativi: sono macchine a flusso intermittente, volumetriche,
nelle quali l’elemento che effettua le fasi della compressione è un pistone aven-
te un moto alternato all’interno di un cilindro.
Cilindri a semplice effetto: sono quelli nei quali la compressione ha luogo sola-
mente in una delle due corse che effettua in un giro.
Cilindri a doppio effetto: sono quelli nei quali la compressione ha luogo in
entrambe le corse che effettua in un giro.
Spostamento volumetrico: in un compressore alternativo è il volume netto spo-
stato dal pistone nella sua corsa, per unità di tempo (espresso ad esempio in
m3/ min, oppure m3/ h, L / min, cfm, secondo la grandezza della macchina e alla
convenienza di utilizzare numeri facili da gestire).
Pressione massima ammissibile o di progetto: è la pressione massima alla
quale la macchina può lavorare continuamente, per la quale la macchina è stata
progettata dal costruttore (quindi ogni suo componente soggetto a pressione)
quando lavora con un determinato gas e a determinate condizioni di esercizio.
Pressione nominale di mandata: è la pressione di esercizio più alta richiesta
per soddisfare le richieste specificate dall’utilizzatore. È sempre inferiore alla
pressione massima ammissibile di esercizio, di solito del 10% o di circa 1 bar, in
modo da lasciare un certo margine per le valvole di sicurezza o di sfiato.
Valore di intervento della valvola di sfiato: dato che spesso le macchine ope-
rano a pressioni superiori alla pressione di mandata nominale per evitare di supe-
rare la pressione massima ammissibile di esercizio (o di progetto) o limiti inferio-
ri per un certo cilindro, si ricorre ad un’apposita valvola che si apre allorché si
raggiunge il valore limite di pressione e poi si richiude se la pressione dovesse
diminuire.
Velocità massima ammissibile o di progetto: è la velocità massima, secondo il
progetto, alla quale la macchina può operare in modo continuo.
Velocità nominale: è la velocità più elevata idonea a soddisfare le richieste spe-
cificate dall’utilizzatore; può essere uguale , ma mai superiore alla velocità mas-
sima di progetto.
Velocità di blocco: è la velocità alla quale intervengono i sistemi di sovraveloci-
tà per fermare la macchina. Normalmente tale valore è fissato al 110% della
velocità nominale.

33
Sommario

Potenza nominale: è la potenza continua richiesta per trainare ed operare il


compressore alla sua velocità nominale ed alle sue condizioni di temperatura e
pressione stabilite. In genere, trattasi di potenza all’albero del compressore e
non include le perdite dovute al rendimento del motore o alla trasmissione.
Raffreddamento ad aria: si intende il raffreddamento dei cilindri che normal-
mente avviene mediante alette sulla testa o lungo il corpo del cilindro.
Raffreddamento ad acqua: si intende il raffreddamento che si effettua median-
te acqua che scorre continuamente nelle camicie dei cilindri.
Compressori con testa a croce: macchine, di tipo lento, che hanno la biella
attaccata non direttamente al pistone, ma ad un elemento snodato di collega-
mento, detto testa - croce, provvisto di un pattino che scorre su una corrispon-
dente guida, applicata all’incastellatura, alla quale trasmette la componente tra-
sversale della spinta.
Lo scopo del testa a croce è quello di reagire alla componente, normale all’asse
del pistone, della forza trasmessa dalla biella al pistone e viceversa.
Spazio nocivo: è il volume facente parte della camera di compressione, nella
quale rimane il gas compresso, ma non espulso nella fase di mandata.
Rapporto di compressione: è il rapporto tra la pressione assoluta di mandata e
la pressione assoluta di aspirazione.

5a.2 GENERALITÀ E CARATTERISTICHE


Nei compressori alternativi l’incremento di pressione si raggiunge mediante la
riduzione del volume, in cui è racchiuso il gas.
Tali compressori sono quelli maggiormente utilizzati al mondo e sono quelli che
presentano la maggior varietà e grandezza, che varia da frazioni di kW a oltre
10.000 kW con pressioni che variano da un basso vuoto in aspirazione ad oltre
4.000 bar in mandata di alcuni compressori di processo.
Come già detto, una caratteristica comune a tutti i compressori volumetrici è che
il compressore alternativo è una macchina che si può definire a “volume costan-
te e pressione variabile”.
I compressori alternativi sono ancor oggi le macchine più efficienti per la mag-
gior parte delle applicazioni. Possono essere dotati di sistemi di controllo della
portata in modo da mantenere una buona efficienza anche a carichi parziali
ovvero con portata ridotta.
Possono, in generale, trattare quasi tutti i gas purché, in qualche caso estremo,
si risolva il problema della corrosione.
Normalmente i cilindri vengono lubrificati, sebbene siano disponibili anche mac-
chine non lubrificate.
Dato che nel compressore alternativo agiscono notevoli forze d’inerzia (dovute
ai pistoni ed altre parti rotanti che presentano un’imperfetta equilibratura) vi
sono sempre delle vibrazioni; è pertanto necessario provvedere ad una buona
installazione, tale che provveda a smorzare le vibrazioni e non le trasmetta altro-
ve. Le installazioni possono essere anche all’aperto, anche se per lo più sono
all’interno di stabilimenti.
Il gas che essi trattano dovrebbe essere pulito ed è per questo che di regola vi
sono dei filtri in aspirazione. Tali filtri non possono trattenere in modo soddisfa-
cente i liquidi che dovessero essere nel gas, benché i vapori non siano un pro-
blema, purché la loro condensazione non avvenga nel cilindro. I liquidi tendono
a contrastare i benefici della lubrificazione e causano un’eccessiva usura.
Dato che il flusso è intermittente o di tipo pulsante, talvolta è necessario instal-
lare degli smorzatori di pulsazione.

34
Sommario

Fig. 5.1 COMPRESSORI ALTERNATIVI Fig. 5.2 COMPRESSORI ALTERNATIVI


A SINGOLO EFFETTO A DOPPIO EFFETTO

verticale verticale

aV aL

aW aV

motore
termico

intergrale a L aW
compressore

motore termico
motore
termico

compressore
intergrale a V intergrale a L
compressore

orizzontale
a cilindri
contrapposti

orizzontale
a cilindri contrapposti

verticale
con stantuffo a gradino
(due stadi) orizzontale con stantuffo a gradini (quattro stadi)

35
Sommario

5a.3 CLASSIFICAZIONE
Una prima classificazione, che riguarda il tipo di lavoro che i compressori devo-
no compiere, è quella di macchine per servizio moderato e per servizio pesante.
I compressori per servizio moderato sono progettati per fornire un servizio affi-
dabile in un ragionevole arco di tempo, ma non dovrebbero essere installati dove
si richiede un servizio pesante e continuo. Ciò non significa che essi non siano
idonei ad operare a lungo e continuamente, ma è molto probabile che essi
abbiano bisogno più spesso di interventi di manutenzione o che essi siano più
costosi. In questa categoria ricadono due tipi di compressori:
Compressori verticali o a V con pistone cavo con la lubrificazione dei cilindri
che viene effettuata dal basamento. Sono normalmente raffreddati ad aria e
lavorano a velocità piuttosto elevate (sempre in funzione della loro grandezza ed
a confronto delle macchine per servizio pesante). Ciò comporta più alte tempe-
rature di esercizio e maggior formazione di depositi sulle valvole ed altre parti.
All’altro tipo appartengono, invece, macchine più grosse, dotate di testa a
croce, ma che lavorano a velocità più elevate del normale.
Tali macchine, se offerte per velocità inferiori, possono passare per macchine per
servizio pesante. Questa classe si può dire che fu creata per soddisfare le esi-
genze del campo petrolifero e gassoso, dato che si richiedevano macchine com-
patte, semiportatili, ben equilibrate e montate su slitte, che potessero essere
facilmente realizzate come gruppo completo e direttamente connesse ad un
motore a gas. Il gruppo era costituito dal solito radiatore per la refrigerazione e
date le sue alte velocità e conseguente alte temperature, richiedeva molta manu-
tenzione.
Le macchine per servizio pesante sono dotate di testa a croce, con lubrifica-
zione interamente separata e ben controllata, cilindri raffreddati ad acqua e
velocità operativa piuttosto bassa. Sono montate in modo fisso su buone fon-
dazioni ed operano a pieno carico per anni con un minimo di manutenzione.

5a.4 PRINCIPI OPERATIVI


L’elemento basilare in un compressore alternativo è un singolo cilindro nel
quale si effettua il lavoro di compressione solo su un lato del pistone (compres-
sore a singolo effetto). Una macchina nella quale la compressione avviene sui
due lati del pistone, si definisce a doppio effetto; è come se due elementi ope-
rassero in parallelo in un unico cilindro.
Il compressore alternativo usa valvole automatiche, il cui funzionamento è
assistito da molle che si aprono solamente quando vi sia la giusta pressione dif-
ferenziale attraverso la valvola. Le valvole di aspirazione si aprono quando la
pressione nel cilindro è leggermente inferiore rispetto alla pressione d’aspirazio-
ne. Le valvole di scarico si aprono quando la pressione nel cilindro è leggermen-
te superiore alla pressione di mandata.
Nella fig. 5.3.A seguente si può vedere il pistone a fine corsa di aspirazione ed
il cilindro pieno d’aria alla pressione atmosferica. Nel diagramma teorico rappre-
sentato sul piano p -v, il punto 1 rappresenta la partenza per la fase di compres-
sione. Sia la valvola di aspirazione che quella di mandata sono chiuse.
Nella fig. 5.3.B si vede la corsa del pistone a sinistra, ovvero la fase di compres-
sione; in tal modo si è ridotto il volume iniziale d’aria con un innalzamento di
pressione. Le valvole rimangono chiuse. Nel diagramma rappresentato nel piano
p -v si vede la fase di compressione, tratto 1-2; in quest’ultimo punto la pressio-
ne è quella del serbatoio.
Nella fig. 5.3.C si vede il pistone mentre completa la corsa di mandata, ovvero
la corsa durante la quale esso espelle il gas compresso.
Le valvole di scarico si aprono dopo il punto 2 e l’aria fluisce dalla macchina al
serbatoio.

36
Sommario

Dopo che il pistone ha raggiunto il fig. 5.3


punto 3, le valvole di mandata si chiu- Compressore alternativo
deranno, lasciando lo spazio nocivo Le varie fasi di un ciclo
colmo di aria compressa.
Durante la fase di espansione, fig. 5.3 .D,
le valvole d’aspirazione e di mandata
rimangono chiuse e l’aria intrappolata
nello spazio nocivo aumenta di volume
diminuendo la sua pressione. Ciò con-
tinua, mentre il pistone si muove verso
destra, fino a quando la pressione al- 5.3.A - FINE CORSA
l’interno del cilindro assume un valore
inferiore alla pressione di aspirazione
(punto 4).
Ora la valvola di aspirazione si apre e
l’aria fluisce nel cilindro fino a quando
il pistone raggiunge il punto 1.
Questa è la corsa di aspirazione, illu-
strata dalla fig. 5.3.E.
Al punto 1 del diagramma sul piano
p -v, le valvole di aspirazione si chiudo-
no ed il ciclo si ripete con una nuova
rotazione dell’albero a manovella.
5.3.B - COMPRESSIONE
In un compressore a due stadi, i cilindri
sono proporzionati in funzione del
rapporto di compressione totale; il
secondo stadio è più piccolo dato che
il gas, essendo già stato parzialmente
compresso e raffreddato, occupa un
volume minore di quello all’ingresso
del primo stadio.
Guardando il diagramma nel piano p -v
(fig. 5.4 ), le condizioni prima che inizi
la compressione sono indicate con i
punti 1 e 5, rispettivamente per il 5.3.C - MANDATA
primo e secondo stadio; i punti dopo la
compressione sono 2 e 6 e dopo la
fase di mandata 3 e 7.
L’espansione, allorché il pistone inver-
te il moto, è indicata con i punti 4 e 8
e alla fine della fase di aspirazione, i
cilindri sono nuovamente riempiti
(punti 1 e 5) ed il ciclo è pronto a rico-
minciare.
I motivi per cui si usano più stadi nei
compressori sono i seguenti:
• si risparmia potenza; 5.3.D - ESPANSIONE
• si limita la temperatura di scarico
del gas; ed infine
• si limita il salto di pressione.
Il risparmio d’energia si ottiene tramite
il raffreddamento del gas, dato che si
passa dal punto 2 al punto 5 della figu-
ra sopra citata e l’area del diagramma,
che nel piano p -v rappresenta il lavoro
speso, viene così ad essere ridotta.
Inoltre dato che vi sono salti più picco-
li nei due stadi e alla fine del primo sta-
5.3.E - ASPIRAZIONE
dio la temperatura viene abbassata per

37
Sommario

mezzo del raffreddamento, si riduce la temperatura del gas in mandata, fattore


molto importante sia per questioni si sicurezza sia per evitare l’uso di materiali
speciali o problemi ai cilindri (distorsioni). Si hanno anche minori sforzi indotti sul
materiale che compone i cilindri, negli ingranaggi, ecc.

fig. 5.4 p
Compressore alternativo 7 6
a due stadi 8
Diagramma teorico

6
PRESSIONE ASSOLUTA - bar

SECONDO RIDUZIONE DI VOLUME DOVUTA


5 STADIO
AL RAFFREDDAMENTO
RIFERITO
AL PRIMO
4

5
3 8 2
3

2
PRIMO STADIO

1
4 1

0
VOLUME v

5a.5 TIPOLOGIA
Molti sono i tipi di compressori alternativi e a seconda di certe caratteristiche, del
tipo di pistone, della posizione dei cilindri, del tipo di raffreddamento, ecc., assu-
mono denominazioni diverse, molto facili da comprendere, quali:
• a semplice o a doppio effetto;
• con o senza testa a croce;
• monostadio o multistadio;
• raffreddati ad aria o ad acqua;
• orizzontali o verticali;
• lubrificati o non lubrificati

5a.6 REGOLAZIONE DELLA PORTATA

Regolazione La portata dei compressori è normalmente regolata in modo da seguire per


della portata quanto possibile la domanda da parte dell’impianto. I parametri su cui si effet-
tua il controllo sono la pressione di mandata (il più comune), la temperatura del
fluido da raffreddare, la pressione d’aspirazione (nel caso d’applicazioni per il
vuoto), una portata massica o volumica costante.
Il punto di controllo usualmente non influenza il tipo di regolazione della porta-
ta usato in un compressore alternativo.

38
Sommario

Esso dipende più dalla grandezza, dal tipo di macchina, dal tipo di motrice e dal
campo di regolazione richiesto.
Talvolta è necessario combinare due tipi di regolazione.
Quasi tutti i tipi di regolazione sono realizzati in modo che possa essere effet- Regolazioni manuali
tuata in manuale.
Nei processi industriali, dove le variazioni della domanda sono infrequenti e
molto lente, vi sono diversi esempi di regolazione manuale.
Alcuni di questi dispositivi sono illustrati in seguito.
Ogni tipo di regolazione include quattro elementi: Elementi essenziali
per una regolazione
a) Un sensore che misura qualunque variazione delle condizioni nel punto di
automatica
controllo.
b) Un amplificatore atto a moltiplicare il segnale determinato dalla variazio-
ne di stato e fornire potenza o movimento per una successiva azione.
c) Un attuatore che su input dell’amplificatore, invia un segnale e potenza al
ricevitore.
d) Un ricevitore che in pratica muove il meccanismo di regolazione. I metodi
e le combinazioni usati sono molto vari e spesso molto complessi.
Praticamente tutti i compressori alternativi devono essere messi a vuoto, Messa a vuoto
almeno in parte, prima dell’avviamento, in modo che durante tale fase non all’avviamento
venga superata la coppia motrice Spesso questa operazione viene fatta
manualmente, anche se su tutti i sistemi di regolazione automatici, e molti
altri, la messa a vuoto automatica all’avviamento deve essere fornita. Vi sono
molti metodi, fra i quali quello più usato è lo sfiato in atmosfera, lasciando
le valvole di aspirazione aperte, o aggiungendo al cilindro un grande spazio
nocivo.

METODI DI REGOLAZIONE DELLA PORTATA 5a.7


I principali metodi di regolazione della portata sono: avviamento ed arresto auto-
matici, velocità costante e velocità variabile.
• Regolazione con avviamento ed arresto automatici: è il metodo più
usato per i compressori trainati da motore elettrico, sebbene vi siano casi
in cui esso è applicato anche a turbine o a motori a gas. Il compressore
lavora a pieno carico per un certo periodo e quindi viene fermato.
Tale applicazione solitamente permette di tenere una pressione relativa-
mente costante nel sistema dell’aria compressa, tramite il serbatoio di accu-
mulo. I frigoriferi o i condizionatori sono un esempio tipico di questo con-
trollo basato sulla temperatura. Quasi tutti i compressori possono essere
controllati con tale metodo, purché vi sia il sistema di messa a vuoto all’av-
viamento e se gli avviamenti non sono troppo frequenti.
• Regolazione a velocità costante: questo metodo può essere applicato a
tutti i tipi di compressori, indipendentemente dal tipo di motrice. Con esso,
i compressori operano sempre alla loro velocità, a carico per qualche tempo
e parzialmente a carico o a vuoto in altri momenti. Vi sono diversi tipi di
controllo.
• Regolazione a velocità variabile: tale metodo è usato ogniqualvolta la
motrice è capace di modificare la sua velocità in funzione della richiesta
d’aria del sistema.

Quando per regolare la portata si usa tale metodo, la rete dell’aria compressa Regolazione con
deve essere sufficientemente voluminosa da evitare cicli troppo frequenti tra avviamento
avviamento ed arresto. I motori elettrici, per lo più le motrici più usate, permet- ed arresto automatici
tono un limitato numero di avviamenti all’ora, se si vuole evitare il rischio di dan-
neggiare il motore per surriscaldamento.

39
Sommario

Normalmente nei compressori verticali a singolo effetto, è consigliabile effettuare dei


cicli a carico che durino almeno 10 minuti. Con ciò si evita anche eccessiva con-
densa nel basamento.
Questo tipo di regolazione usa di solito un interruttore elettrico per azionare il
motore con l’aggiunta di dispositivi per la messa a vuoto sia elettrici o di altro
tipo, quali quelli centrifughi.

Regolazione duplice La regolazione con avviamento ed arresto automatici è spesso combinata con
altri tipi di regolazione a velocità costante ed un selettore manuale in modo che
il compressore possa lavorare in automatico durante i periodi in cui il carico è
mediamente basso e a velocità costante quando il carico è più pesante e la
domanda più regolare, come, ad esempio, avviene spesso nel funzionamento
continuo di 24 ore su 24.

Regolazione Tale tipo di regolazione può ottenersi con almeno cinque metodi, che interes-
a velocità costante sano la regolazione della portata, mentre i dispositivi rilevatori non necessaria-
mente sono diversi.
La regolazione può essere a due gradini: a carico e a vuoto; a tre gradini: a
pieno carico, a mezzo carico ed a vuoto; a cinque gradini: a pieno carico, a 3/4,
1/2, 1/4 del carico, ed a vuoto.
La regolazione a due gradini è normalmente disponibile sulle piccole macchi-
ne monocilindriche.
La regolazione a tre o cinque gradini è normale sulle macchine multistadio e
con diversi cilindri.
• Chiusura della bocca di aspirazione: molti compressori operano con questo
sistema, lavorando a due gradini, ovvero con regolazione “tutto o niente”.
Essa consiste nella chiusura della valvola di aspirazione quando la portata
deve essere ridotta e riaprendola quando serve la piena portata.
Un problema può essere dovuto alle fughe, che talvolta si hanno attraverso la
valvola: quando essa perde, c’è del gas che viene aspirato, compresso ed in-
viato in mandata ma dato che, in questo caso, la pressione all’aspirazione è
molto minore di quella normale, il compressore effettua un rapporto di com-
pressione molto maggiore con conseguente innalzamento della temperatura
in mandata.
Per ovviare a tale inconveniente e diminuire la potenza assorbita nel funzio-
namento a vuoto, vi è un dispositivo che mette a vuoto il cilindro o lo fa sca-
ricare in atmosfera.
• Strozzamento all’aspirazione: tale metodo permette un infinito numero
di gradini fra pieno carico (valvola tutta aperta) e a vuoto (valvola chiusa).
Le variazioni della portata sono causate dalla riduzione della massa volumica
del gas allorché la valvola di aspirazione si chiude (diminuisce la pressione di
aspirazione), ed inoltre dalla riduzione dell’efficienza volumetrica all’aumen-
tare del rapporto di compressione.
Il controllo per strozzamento è usato in alcune applicazioni speciali, dato che
in generale non è molto economico, perchè l’energia specifica sale abbastan-
za rapidamente e la temperatura in mandata può essere eccessiva.
• By-pass esterno: anche questo metodo dà la possibilità di avere un infinito
numero di gradini, ma richiede il funzionamento continuo del compres-
sore a pieno carico e piena portata.
È poco economico a carichi ridotti ed il gas che ritorna all’aspirazione deve
essere raffreddato quasi alla temperatura normale di aspirazione per non cau-
sare un innalzamento eccessivo della temperatura di mandata. Tale regola-
zione è utilizzata in alcuni processi speciali, in particolare per avere delle rego-
lazioni fini, non ottenibili con altri metodi accettabili.
• Messa a vuoto tramite la valvola di aspirazione: è il metodo più usato nella
regolazione a velocità costante.
Esso consiste semplicemente nel tenere aperta la valvola di aspirazione

40
Sommario

durante sia la corsa di aspirazione che quella di mandata, in modo che l’aria
aspirata nel cilindro nella corsa di aspirazione sia espulsa nuovamente attra-
verso la stessa valvola nella corsa di mandata. Il metodo è economico e la
potenza a vuoto, nelle macchine per servizio pesante, è circa il 15% di quel-
la a pieno carico. (Si veda la fig. 5.5 ).
fig. 5.5
Diagramma che illustra
la messa a vuoto tramite
la valvola di aspirazione
(controllo a 3 gradini)

• Regolazione basata sullo spazio nocivo: è un metodo largamente usato (è


al secondo posto) per regolare la portata nel caso di velocità costante.
Esso consiste nell’aggiungere in testa al cilindro due apposite camere che
cambiano pertanto, se aperte, lo spazio nocivo e permettono di operare a
pieno carico, a mezzo carico (una camera aperta), a vuoto (due camere aper-
te). Nel caso si avesse un compressore monocilindrico a doppio effetto, si può
realizzare un funzionamento a cinque gradini: pieno carico, 3/4, 1/2, 1/4 del
carico ed a vuoto. (Vedere a tal proposito la fig. 5.6 e la fig. 5.7 ).
Fig. 5.6
Variazione della portata
(e del carico)
con un controllo a 5 gradini,
variando lo spazio nocivo.

PIENO CARICO A VUOTO

3/4 CARICO 1/2 CARICO 1/4 CARICO

Se è possibile impiegarla, la regolazione a velocità variabile è ideale, perché Regolazione


fornisce la portata secondo le necessità del momento. a velocità variabile
I motori a vapore o a gas sono i più adatti a questo tipo di regolazione, seb-
bene possano essere usate anche turbine a vapore con riduttori di velocità.
Tale tipo di regolazione permette di avere un largo campo di utilizzo (dal 20%
al 100%) ed operano in modo molto dolce.
Le macchine a vapore possono essere controllate da un regolatore che strozza
il vapore per variare la velocità della macchina e dare la portata richiesta.
I motori a gas possono altresì essere impiegati per la regolazione della portata
a velocità variabile. A tal riguardo le macchine migliori sono quelle a quattro
tempi ad aspirazione naturale ed operano molto bene fra il 50% e 100% della
velocità. Nei motori elettrici è possibile far variare la frequenza e quindi la velo-
cità del motore che permette di ottenere una variazione continua nella portata
del compressore e quindi di poter adeguare quest’ultima all’esigenza dell’im-
pianto.
Le macchine a due tempi e sovralimentate in genere hanno campi operativi
più stretti a causa del loro più complesso sistema di controllo.

41
Sommario

Le velocità critiche dell’albero, in particolare in unità di una certa grandezza, pos-


sono altresì ridurre il campo della velocità disponibile per la regoilazione della
portata.
Fig. 5.7
Effetto della variazione
di spazio nocivo sulla portata. CILINDRATA (%)
110 100 80 60 40 20 0
ηvol = rendimento volumetrico
4

PIENO CARICO

PRESSIONE ASS. ( bar)


Spazio nocivo normale
3

1
η vol
0

CILINDRATA (%)
135 100 80 60 40 20 0

4
MEZZO CARICO

PRESSIONE ASS. ( bar)


Spazio nocivo normale
+ 1 camera aperta

1
η vol
0

CILINDRATA (%)
160 100 80 60 40 20 0

4
PRESSIONE ASS. ( bar)
Spazio nocivo normale
A VUOTO

+ 2 camere aperte

1
η vol = zero
0

42
Sommario

I COMPRESSORI A VITE 5b

GENERALITÀ 5b.1
I compressori a vite sono macchine di tipo volumetrico rotativo, con due rotori
che comprimono il gas intrappolato fra le dentature elicoidali in presa, e la cassa
nella quale sono le sedi dei rotori. I due rotori non hanno profili uguali: il
maschio o rotore primario ( quello condotto) ha una forma che sposa le gole del
rotore femmina o secondario. I due rotori possono o meno avere lo stesso nume-
ro di lobi. Normalmente il rotore primario ha meno lobi di quello secondario e
fa, quindi un numero maggiore di giri. Circa 85 ÷ 90% della potenza è assorbi-
ta dal rotore primario e solo il rimanente 10 ÷15% dal rotore secondario (vede-
re la fig. 5.8).

Esistono due configurazioni di compressori a vite:


• una fa uso di appositi ingranaggi, esterni alla camera di compressione, per
sincronizzare il movimento dei rotori.
Tali rotori non sono a contatto diretto tra loro né con la camera di compres-
sione e pertanto non è richiesta alcuna lubrificazione nella camera di com-
pressione e quindi l’aria compressa è priva d’olio;
• una seconda configurazione fa uso di olio iniettato all’interno della came-
ra di compressione, sia per lubrificare che per raffreddare il gas compresso.
In tal caso gli ingranaggi possono anche mancare.
fig. 5.8
rotore rotore Sezioni illustrative di un
secondario primario tipico compressore a vite

Le figure sotto mostrano le fasi che portano alla compressione del gas.
1- La gola del rotore femmina è aperta e si riempie di gas. La gola del rotore
maschio è aperta, ma non completamente piena d’aria, nella sua lunghezza.
2- La gola del rotore femmina si è chiusa e la gola del rotore maschio si è riem-
pita, ma è sempre aperta.
3 - I lobi si sono ingaggiati e le gole cominciano ad accorciarsi.
4- Le gole diventano sempre più corte. Il gas è compresso e si muove assialmente
verso lo scarico. Nelle fasi da 1 a 4 la fine della gola è rimasta chiusa dal coper- fig. 5.9
chio lato mandata. Fasi della compressione
5- Lo scarico è stato scoperto e l’aria compressa viene evacuata. in un compressore a vite

1 2 3 4 5

43
Sommario

Naturalmente quanto avviene in una gola, avviene per tutte le altre gole. Il dia-
framma p -v di questa macchina è simile a quello degli alternativi, se si lavora alla
pressione di progetto.
I compressori a vite sono macchine a volume costante e pressione variabile,
anche se la miglior efficienza si ottiene per il rapporto di compressione di pro-
getto. Se il compressore dovesse lavorare ad una pressione più elevata o più
fig. 5.10 bassa di quella di progetto, si avrebbe una variazione del ciclo, con aumento
Funzionamento
della potenza consumata, rappresentata dal rettangolo compreso fra la pressio-
a pressioni diverse ne nominale e quella di mandata o dal triangolino fra la pressione nominale e
dal rapporto di quella di mandata della fig. 5.10, rispettivamente. Tale effetto, tuttavia, è molto
pressione nominale piccolo considerando l’ampio campo di rapporti di compressione disponibili.

Funz. alla pressione nominale Funz. sopra la pressione nominale Funz. sotto la pressione nominale

pressione nominale (mandata)T V pressione di mandata


P pressione nominale P pressione nominale
PRESSIONE

PRESSIONE

PRESSIONE
P pressione
di mandata

VOLUME VOLUME VOLUME

5b.2 COMPRESSORI AD INIEZIONE D’OLIO


Sono normalmente utilizzati come compressori stazionari con portate da
meno di 2,5 a 85 m3 / min ad una pressione fino a 10 bar (monostadio) a circa
28 bar (bistastadio).
Come compressore portatile è disponibile da meno di 2,5 a 140 m3/ min alla
pressione fino a 12 bar (monostadio) e fino a 17 bar (bistadio).
Il compressore trova largo impiego nel campo minerario, nel campo delle costru-
zioni come macchina portatile trainata generalmente da motore diesel.
Si fa anche largo utilizzo di questo compressore nel campo industriale, usual-
mente trainato da motore elettrico.

Dettagli costruttivi Come detto la macchina monostadio consiste di due rotori che ruotano in una
cassa con due cilindri che si intersecano. Il rotore principale ha dei lobi che ingra-
nano con le gole del rotore secondario. Molte macchine hanno 4 lobi sul rotore
principale e 6 lobi sul rotore secondario. Un albero sul rotore primario serve al-
l’accoppiamento di un motore elettrico o un motore diesel. Il rotore secondario
viene condotto dal rotore principale, senza che vi sia contatto fra le due parti
metalliche grazie al film d’olio fornito dall’iniezione d’olio (fig. 5.11).
In alcuni casi, il rotore secondario è trascinato da una coppia di ingranaggi eli-
coidali che tengono i due rotori sincronizzati senza contatto.
La cassa nella quale ruotano i due rotori ha un’apertura per il passaggio dell’a-
ria aspirata ed un passaggio per lo scarico e punti per l’iniezione d’olio. I rotori
sono sostenuti da cuscinetti a strisciamento alle due estremità. Un’estremità,
oltre a sopportare i carichi radiali, impedisce il movimento assiale. Il cuscinetto
all’altra estremità è libero in modo da permettere un’espansione termica.
Nella macchina a due stadi (fig. 5.12 ), l’aria scaricata dalla prima coppia di roto-
ri, viene immessa in una seconda coppia. Di solito la seconda coppia è montata
sullo stesso albero e le due coppie sono separate da una parete. L’olio è inietta-
to sia nella coppia di rotori di alta pressione che in quella di bassa. Una tenuta
fra i due stadi riduce al minimo le perdite.

44
Sommario

In quasi tutte le macchine la bocca d’aspirazione è situata sulla parte superiore Ciclo di compressione
del cilindro dal lato accoppiamento. La bocca di mandata è situata sulla parte
inferiore e sul lato opposto. All’estremità della bocca di aspirazione, l’aria è aspi-
rata fra il lobo del rotore principale e la gola del rotore secondario. Come viene
superata la bocca di aspirazione, l’aria è intrappolata fra i due rotori e le pareti
del cilindro. Proseguendo la rotazione si riduce il volume e pertanto cresce la
pressione e l’aria viene spinta verso la bocca di scarico. Come i rotori passano
davanti alla bocca di scarico sia l’aria compressa che l’olio vengono espulsi.
Questo ciclo, naturalmente, avviene anche per tutti gli altri lobi e gole.
Nelle macchine a due stadi, come detto, l’aria dal primo stadio passa nel secon-
do e segue lo stesso ciclo. Solitamente le macchine a due stadi risultano più effi-
cienti di quelle monostadio.

Il diagramma pressione-volume di un compressore a vite è simile a quello degli Prestazioni


altri tipi di compressori volumetrici. L’effettivo ciclo di compressione è molto
prossimo a quello di una trasformazione isoterma a causa della refrigerazione
dovuta all’iniezione d’olio.
L’efficienza generale di tale tipo di compressore dipende essenzialmente dal
gioco fra i rotori. Molte macchine sono progettate per una pressione relativa di
mandata di 7 bar. Come abbiamo già visto se si lavora a pressioni più basse (es.
6 bar) o più alte (es. 8,5 bar) vi è una piccola perdita di rendimento.
I compressori a due stadi sono più efficienti, anche se più costosi, ma il rispar-
mio energetico spesso suggerisce tale utilizzo.

I compressori portatili trainati da motore diesel, a bassi carichi, riducono la loro Regolazione
potenza ed il consumo di carburante, strozzando la valvola di aspirazione e ridu-
cendo la velocità del motore. Questo tipo di controllo permette una riduzione
della portata, senza alcun gradino, fino a girare a vuoto.
Un compressore stazionario, se messo a vuoto solo con la chiusura della valvola
di aspirazione, richiederebbe circa 70 ÷ 80% della potenza a pieno carico.
Pertanto molti costruttori hanno sviluppato dei sistemi per ridurre la potenza
assorbita che comprendono la chiusura della valvola di aspirazione, la depressu-
rizzazione del serbatoio dell’olio e la riduzione della quantità d’olio immessa nel
compressore. La potenza a vuoto, in tali sistemi, è di circa 15 ÷ 20% della poten-
za a pieno carico.
Si sono inoltre sviluppati sistemi che, a seconda della richiesta d’aria, possono
variare la velocità del motore (ci vuole un inverter) ed adeguare così la portata,
avere l’avviamento e l’arresto automatici o una regolazione doppia.
fig. 5.11
CUSCINETTI A RULLI CONICI
ROTORE PRIMARIO (ASSORBONO ANCHE LE SPINTE ASSIALI)
Sezione trasversale di un
compressore monostadio
ad iniezione d’olio.
TENUTA

CUSCINETTI A RULLI
PER I CARICHI
RADIALI

ROTORE SECONDARIO

45
Sommario

fig. 5.12
Sezione trasversale di un
compressore bistadio
ad iniezione d’olio.

Componenti principali • Valvola d’aspirazione: è generalmente utilizzata per la regolazione della por-
tata. È fatta in modo da aprirsi, chiudersi completamente o parzialmente in
funzione della pressione di controllo del sistema di regolazione.
• Valvola di scarico: è installata per evitare il ritorno dell’aria nel compressore
quando il compressore opera a vuoto o è fermo.
• Filtro di aspirazione: è un componente molto importante dato che il com-
pressore ha dei giochi molto stretti e l’aria è bene che sia pulita se si vuole che
esso duri a lungo. Normalmente i filtri d’aspirazione dovrebbero essere tali da
assicurare la separazione di particelle di 10 ÷ 15 micrometri.
• Iniezione d’olio: si realizza tramite l’aria compressa generata dal compresso-
re e, in macchine grosse, tramite una pompa.
L’olio di lubrificazione viene inviato ai cuscinetti, alle tenute d’aria e diretta-
mente nel cilindro; quest’ultimo provvede a realizzare una buona tenuta, ad
assorbire il calore generato dalla compressione ed impedire il contatto diret-
to fra il metallo dei due rotori.
• Separatore d’olio: subito dopo la compressione bisogna provvedere a sepa-
rare l’olio dall’aria. Il miscuglio d’aria e d’olio passa attraverso la valvola di sca-
rico e raggiunge il serbatoio dell’olio. Il cambio di velocità e degli appositi dia-
frammi fanno sì che la maggior parte dell’olio si separi. Prima che l’aria flui-
sca nella linea di mandata, passa attraverso un elemento separatore che
rimuove quasi tutto l’olio rimanente. Di solito il contenuto d’olio in mandata
è di 2 ÷ 5 ppm (ovvero circa 2 ÷ 5 g d’olio su ogni 1.000 m3 d’aria).
• Filtro dell’olio: serve a rimuovere eventuali particelle che dovessero essere
passate attraverso il filtro di aspirazione e che poi si sono ritrovate nel miscu-
glio di aria e olio. Sia il filtro d’aria che il filtro dell’olio devono essere tenuti
sempre in efficienza se si vuole conservare a lungo il compressore.
Normalmente il filtro dell’olio è idoneo a separare particelle superiori ai 5 ÷
10 micrometri. Si dovrebbe inoltre drenare eventuale condensa dal serbatoio
dell’olio, prima di ogni avviamento.
• Controllo alta temperatura olio: serve ad evitare che l’olio raggiunga tem-
perature troppo elevate. Il normale campo di temperatura dell’olio è fra 65 ed
75 °C. Ciò assicura una temperatura dell’aria abbastanza bassa in mandata,
evita una copiosa condensazione nel serbatoio dell’olio.
Per controllare la temperatura dell’olio si usa una valvola termostatica che
mischia olio raffreddato ad olio non raffreddato per mantenere la tempera-
tura desiderata. In alcune macchine, dove il raffreddamento dell’olio avviene
tramite uno scambiatore di calore, si fa uso di una valvola di regolazione della
portata d’acqua per regolare la temperatura dell’olio.
• Accessori di sicurezza: sono spesso incorporati in queste unità, come in
molte altre. Nei compressori portatili vi è una valvola di sicurezza nella tuba-
zione di mandata ed una valvola automatica di sfiato per evacuare l’aria com-
pressa, contenuta nel serbatoio dell’olio, ad ogni fermata. Infine vi è un ter-
mostato che blocca la macchina per alta temperatura d’aria.

46
Sommario

I motori termici sono a loro volta protetti per bassa pressione olio, elevata
temperatura dell’acqua di raffreddamento e bassa pressione del carburante.
Nelle macchine stazionarie, i dispositivi di sicurezza comprendono:
la valvola di sicurezza sulla mandata, lo sfiato automatico sul serbatoio del-
l’olio ad ogni arresto e il blocco per alta temperatura d’aria.
Altri dispositivi spesso presenti sono: blocco per sovraccarico all’avviamento,
allarmi per alta temperatura dell’olio e bassa pressione dell’acqua di refrige-
razione; valvola di intercettazione dell’acqua e blocco per bassa pressione dell’olio.

COMPRESSORI A SECCO 5b.3


Tali compressori sono essenzialmente delle macchine industriali.
Il ciclo di compressione è lo stesso visto per le macchine ad iniezione d’olio.
I due rotori sono tenuti in sincronismo da due ingranaggi e non c’è contatto fra
i rotori o con l’incastellatura (fig. 5.13 ).
Normalmente non c’è lubrificazione all’interno della camera di compressione,
dato che la lubrificazione è richiesta solo dagli ingranaggi e dai cuscinetti.
La maggioranza di queste macchine non ha elevati rapporti di compressione che
normalmente sono uguali o minori di 4,5. Ovviamente in tal caso le pressioni di
mandata sono piuttosto basse. Naturalmente, se operano come boosters e quin-
di con pressione superiore a quella atmosferica, si potranno ottenere pressioni di
mandata più elevate.
fig. 5.13
Sezione trasversale di un
compressore a vite monostadio,
a secco, ad alta pressione

I compressori a secco per basse pressioni possono avere una portata di circa 350 Portata e pressione
m3/ min con rapporto di compressione di 2 (pressione relativa di mandata circa 1
bar).
Vi sono macchine ad alta pressione (rapporti di compressione di 4,5) ed aspira-
zione a pressione atmosferica che danno una portata di circa 600 m3/ min ed una
pressione relativa di mandata pari a 3,5 bar (monostadio) oppure di 12 ÷13 bar
(bistadio). La potenza massima è di circa 4.500 kW.
Vari sono i compressori boosters disponibili ed in genere si limitano a pressioni
di mandata di 18 bar, a meno che non vengano realizzati con materiali speciali.

Le macchine a secco sono idonee per servizio pesante e possono operare per Caratteristiche generali
periodi molto lunghi a pieno carico.
Sono usate in modo particolare per processo e per il vuoto perché:
• danno aria (o altro gas) priva d’olio;
• possono trattare anche piccole quantità di liquidi;
• possono essere trainate da turbine nel caso vi sia disponibile del vapore.

47
Sommario

Possono trattare qualunque gas commerciale, purché siano predisposte per


far fronte ad eventuali problemi di corrosione.
Possono trattare anche gas sporchi, dato che non c’è alcun contatto metallico
all’interno dell’incastellatura. Tuttavia non devono aspirare polveri abrasive,
perché in tal caso si causerebbe l’erosione dei rotori e conseguentemente la per-
dita di efficienza.
Le macchine hanno un limite ben preciso per quanto riguarda la temperatura di
mandata e l’incremento di temperatura fra aspirazione e mandata. Questi fatto-
ri devono essere presi in considerazione dai tecnici che valutano l’applicazione.
Lo spazio richiesto per l’installazione della macchina è generalmente buono
rispetto ad altri tipi di macchina volumetrica. Le fondazioni devono avere una
superficie abbastanza larga da sopportare la massa della macchina e sufficiente-
mente rigide per consentire un buon allineamento.
Usualmente si usano silenziatori all’aspirazione ed in mandata per mantene-
re il livello di rumore entro limiti accettabili.

Dettagli costruttivi Una macchina tipica a bassa pressione ha un’incastellatura di ghisa, raffredda-
ta ad aria. I rotori sono sopportati da cuscinetti a sfere o a rulli. I cuscinetti all’e-
stremità di ogni rotore sono progettati per sostenere sia le spinte radiali che
assiali. La lubrificazione degli ingranaggi e dei cuscinetti è ottenuta tramite una
pompa dell’olio ad ingranaggi. Le tenute sugli alberi sono a labirinto.
Una tipica macchina ad alta pressione ha una camicia d’acqua, facente parte
dell’incastellatura di ghisa. Normalmente i cuscinetti sono del tipo a strisciamen-
to, Ogni albero ha dei cuscinetti reggispinta a settori oscillanti. Per funziona-
mento a temperature elevate i rotori possono essere raffreddati internamente.
Il sistema di lubrificazione degli ingranaggi ed i cuscinetti è solitamente un grup-
po costituito da una pompa trainata da un motore elettrico, filtro dell’olio, refri-
gerante dell’olio, un serbatoio dell’olio e degli interruttori di blocco per bassa
pressione e per alta temperatura. Tale sistema fornisce anche l’olio di raffredda-
mento nel caso sia necessario.

Regolazione I compressori a vite a secco sono delle macchine impiegate per il carico di base.
Si può utilizzare una regolazione con avviamento ed arresto automatici se
naturalmente si fa uso di un sistema di messa a vuoto all’avviamento.
È anche possibile usare la regolazione a velocità variabile o con turbina a
vapore come motrice oppure con motori elettrici dotati di inverter.
Tutte le macchine hanno una velocità minima al di sotto della quale non posso-
no operare a meno di andare incontro a problemi di surriscaldamento.
Normalmente tale limite è il 50% della velocità a pieno carico.
La regolazione a velocità costante si ottiene comunemente mediante scarico
in atmosfera o riciclando in aspirazione la quantità di gas compresso non neces-
sario. Non c’è nessun risparmio energetico col sistema di scarico in atmosfera.
Si può usare la regolazione della portata tramite lo strozzamento della valvola di
aspirazione, se il sistema è stato così progettato dal costruttore. Troppa riduzio-
ne della portata all’aspirazione può causare un’eccessiva temperatura di man-
data.
I compressori a secco non devono mai essere azionati con l’aspirazione chiu-
sa, dato che la temperatura crescerebbe al punto da danneggiare la macchina.

48
Sommario

COMPRESSORI A PALETTE 5c

GENERALITÀ 5c.1
Il compressore rotativo a palette è un compressore molto semplice, dotato di
una incastellatura cilindrica, un rotore e due testate.
Il ciclo è come quello di un compressore alternativo; c’è un’importante differen-
za, tuttavia. Mentre nel compressore alternativo le valvole, caricate da molle, si
aprono per differenza di pressione, nelle macchine a palette, le fasi del ciclo sono
determinate dalla posizione delle bocche di aspirazione e mandata, davanti alle
quali passano le palette.
La bocca di aspirazione è normalmente piuttosto grande e lascia entrare il gas
fino a che il vano fra due palette raggiunge il massimo. Si chiude quando la
seconda pala, che delimita il vano, passa il bordo della bocca.
Il volume del vano decresce con la rotazione del rotore, montato eccentrica-
mente, e l’aria in esso racchiusa viene compressa. La compressione continua fino
a che il vano raggiunge, con la prima pala, la bocca di mandata (fig. 5.14).
Tale punto è progettato in modo da dare il rapporto di compressione voluto.
Pertanto il compressore rotativo a palette è un compressore con rapporto
di compressione fisso.

fig. 5.14
fig. 5.15 Ciclo di lavoro di un
compressore rotativo
Sezione longitudinale
di un compressore ELEMENTI SEPARATORI a palette.
a palette. ARIA - OLIO

TESTATA
LATO
GIUNTO
FILTRO ARIA DI ACCOP-
PIAMENTO

PALETTE

CAMERA OLIO
GRUPPO VALVOLE TESTATA LATO
ASPIRAZIONE

49
Sommario

Nel caso si lavorasse al di sopra o al di sotto di tale limite, vale quanto detto pre-
cedentemente per i compressori a vite (fig. 5.10).
Questo tipo di compressore ha un campo di portata e di pressione molto
più limitato del compressore alternativo, da inerenti limiti di progetto impo-
sti dalla lunghezza dei vani, dalla velocità di strisciamento delle palette sulla
parete dello statore ed infine dalle forze di flessione che agiscono sulla paletta
quando è fuori dalla cava.
La macchina viene costruita in due versioni:
a) una esclusivamente usata come macchina per servizio stazionario, con lubrifi-
cazione forzata tramite un lubrificatore, con camicia ad acqua e refrigerante
intermedio ad acqua nelle unità a più stadi.
b) L’altra invece ha la lubrificazione e la refrigerazione combinata ottenuta iniet-
tando in continuazione l’olio in macchina.
Iniettando dell’olio nella camera di compressione si ottengono gli effetti di
tenuta fra pala e statore e il raffreddamento dell’aria compressa, in modo da
avvicinare la compressione ad una isoterma. L’olio iniettato viene recuperato
quasi tutto. Una prima separazione avviene in un labirinto, la seconda invece
mediante appositi filtri.
La circolazione dell’olio è ottenuta sfruttando la pressione di mandata dell’a-
ria. Una valvola di minima pressione assicura l’iniezione d’olio, anche se la
pressione di mandata è nulla o diminuisce.
Infine per quanto riguarda la refrigerazione dell’olio, ed eventualmente del-
l’aria compressa, esistono macchine con scambiatori di calore ad acqua o ad
aria, cioè provviste di radiatori.
Queste macchine hanno largo impiego sia come macchine stazionarie che
portatili.
La maggior parte delle macchine a palette sono accoppiate direttamente al
motore, sebbene si possano avere anche macchine il cui moto avviene tramite
cinghia di trasmissione.

5c.2 DETTAGLI COSTRUTTIVI

Unità pompante Lo statore normalmente è di ghisa, sebbene esistano statori di differenti mate-
riali, nel caso si usino gas diversi dall’aria e vi siano possibilità di condizioni cor-
rosive.
Le due testate contengono i cuscinetti che possono essere a strisciamento o a
rotolamento. Possono anche essere dotate di tenute sull’albero.
Il rotore è normalmente o di ghisa o d’acciaio con l’albero di pezzo.
Le palette possono essere di materiali vari: ghisa, alluminio, bronzo o di altri
materiali sintetici. Ciascuna paletta è situata dentro cave precise che si estendo-
no per tutta la lunghezza del rotore e scorre dentro e fuori questa cava una volta
al giro. Normalmente vi sono da 7 a 20 cave per rotore, in funzione del suo dia-
metro. Ovviamente maggiore è il numero delle cave, maggiore è la suddivisione
del volume racchiuso fra due palette e minore è la differenza di pressione fra
fronte e retro della paletta (fig. 5.15 ).

Lubrificazione Vi sono macchine lubrificate, raffreddate ad acqua, nelle quali l’olio, tramite
una lubrificazione forzata, raggiunge i cuscinetti e l’interno dello statore. L’olio
in questo caso è molto maggiore (sino a 10 volte) di quello utilizzato in una mac-
china alternativa. Con una buon refrigerante ed un separatore d’olio si può recu-
perare fino al 90% dell’olio iniettato.
Nelle macchine ad iniezione d’olio, raffreddate quindi tramite l’olio, il quanti-
tativo d’olio è molto maggiore, ma con una buona separazione si riesce a recu-
perare quasi tutto l’olio e lasciare nell’aria in mandata solo un contenuto pari a
2 ÷ 3 ppm.

50
Sommario

Nei due casi appositi filtri disoleatori, posti in mandata, permettono di raggiun-
gere quantità di olio nell’aria compressa assolutamente trascurabili.

Qualsiasi tipo di regolazione della portata, già visto per i compressori alternativi, Regolazione
può essere utilizzato anche per questi compressori. Non è richiesto in generale della portata
l’avviamento a vuoto.
• A velocità costante: tale tipo di regolazione include la chiusura della valvola
di aspirazione, lo strozzamento all’aspirazione, ed il by-pass esterno.
Nei compressori stazionari è normale la chiusura della valvola di aspirazione,
combinata con una valvola di sfiato, per ridurre la pressione all’interno del
compressore quando è a vuoto.
È necessaria una valvola di non ritorno per impedire che l’aria ritorni nel com-
pressore dalla linea.
Questo è il sistema di regolazione a due gradini (a carico ed a vuoto) ed è
usato sia nei compressori monostadio che in quelli bistadio.
• Con strozzamento all’aspirazione: è utilizzato questo tipo di regolazione da
alcuni costruttori. Il metodo non è molto economico, ma se la variazione della
portata non è eccessiva, il compressore segue bene la domanda.
• Con by-pass esterno: tale metodo, che mette in comunicazione la mandata
con l’aspirazione, è spesso usato su gas differenti dall’aria e su macchine boo-
ster. In tal caso il gas preso dalla mandata, prima di essere portato in aspira-
zione, deve venire raffreddato. Non c’è alcun risparmio energetico dato che il
compressore opera sempre a pieno carico. In qualche applicazione si riesce a
recuperare energia tramite il gas che ritorna all’aspirazione.
• A velocità variabile: con certi tipi di motrici si può far uso di questo tipo di
regolazione. Spesso si può operare fino a circa il 50÷60% della velocità nomi-
nale: bisogna sempre considerare che ci vuole una sufficiente velocità di rota-
zione, e quindi una sufficiente forza centrifuga, per permettere alle palette di
uscire dalle loro cave, evitare instabilità ed esercitare una sufficiente pressio-
ne sullo statore per evitare le fughe del gas. La velocità minima dipende quin-
di da diversi elementi, fra cui i più importanti sono il diametro del rotore ed il
materiale della paletta.
• Con motori elettrici a due velocità: questi motori permettono di utilizzare
una seconda velocità, grazie ai due avvolgimenti del rotore, in modo che
quando il sistema non richiede molta aria, si possa utilizzare la velocità infe-
riore.
Un esempio di doppio avvolgimento è dato dalle macchine che operano nor-
malmente a 1.500 min-1 (avvolgimento a quattro poli) e che quando la por-
tata scende al di sotto del 70% operano a 900 min-1 (avvolgimento a 6 poli).

Alcuni compressori e boosters possono essere avviati senza utilizzare speciali Avviamento a vuoto
mezzi di messa a vuoto all’avviamento, dato che la velocità deve raggiungere
almeno il 40÷50% della velocità nominale prima che le palette possano fuoriu-
scire completamente ed iniziare la compressione.
I boosters normalmente dovrebbero essere avviati a vuoto.
Per determinare se necessario o meno far uso della messa a vuoto nella fase di
avviamento si devono considerare alcuni fattori importanti, come la grandezza
della macchina, il tipo di impiego, il tipo di regolazione della portata ed il tipo di
motrice.

I compressori stazionari pluristadio e raffreddati ad acqua, sono dotati sempre di Refrigerazione


refrigeranti intermedi, per lo stesso motivo dei compressori alternativi. intermedia
Spesso i refrigeranti intermedi sono inseriti nel basamento, ma sono posti anche
a lato o sopra il compressore e connessi ai rispettivi stadi di compressione tra-
mite tubazioni.

51
Sommario

Acqua di Nel caso di macchine raffreddate ad acqua, la temperatura non dovrebbe esse-
raffreddamento re inferiore a 20 °C e superiore a 43 °C. Per stimare la camicia della unità pom-
pante si può pensare di avere uno scambio termico di circa 1.000 ÷1.100 k J per
k W h di energia del compressore.
Nel caso di una macchina monostadio il valore sopra citato diventa di circa 4.000
kJ/kWh se vi è un refrigerante finale per la refrigerazione dell’aria compressa.
Nel caso del bistadio, per il compressore e il refrigerante interstadio, si possono
scambiare circa 2.250 k J / kWh e se vi è anche il refrigerante finale sempre circa
4.000 k J / kWh.

Temperatura massima Nelle macchine raffreddate ad acqua, per una lubrificazione soddisfacente, non-
dell’aria compressa ché per una buona durata delle palette e per una manutenzione normale, si
in mandata consiglia di tenere la temperatura dell’aria in mandata al di sotto di 175 ÷190 °C.

Valvola di non ritorno I compressori rotativi possono ruotare in senso inverso se il motore è fermo e si
in mandata permette all’aria della rete di ritornare in macchina, come potrebbe capitare in
caso di mancanza improvvisa di alimentazione elettrica.
Viene pertanto installata in mandata una valvola di non ritorno.

Gruppi completi I gruppi completi sono costruiti generalmente per un campo di utilizzo di circa
stazionari 0,15 ÷32 m 3/ min (più o meno da 1 a 200 kW) e sono disponibili ad uno stadio
o due stadi. Sono trainati da motore elettrico a quattro poli (velocità nominale
1.500 min-1 ) e quasi tutti sono accoppiati direttamente, anche se vi sono appli-
cazioni con motori a due poli (velocità nominale 3.000 min-1 ) o accoppiamenti
tramite ingranaggi o cinghie.
Diversi sono i metodi per il controllo della portata e fra i più comuni sono sia la
regolazione modulata in aspirazione che la chiusura della valvola di aspirazione.
Naturalmente vengono offerte numerose opzioni, fra le più comuni l’arresto e
l’avviamento automatici tramite temporizzatori nel caso vi sia una richiesta d’a-
ria piuttosto variabile.

Normalmente un gruppo completo include:


• il compressore;
• il motore;
• il sistema di avviamento e controllo;
• la regolazione della portata;
• il refrigerante dell’olio; spesso esso è sostituito da un radiatore che raf-
fredda l’olio tramite un flusso d’aria generato da una ventola.
Normalmente questo radiatore è suddiviso in due parti ed una di esse (circa
un terzo del volume) serve a raffreddare l’aria in mandata portandola a
5÷10 K sopra la temperatura ambiente;
• la pompa dell’olio (spesso non esiste, dato che è la stessa aria compressa a
mettere in circolazione l’olio di lubrificazione);
• il filtro dell’olio;
• il separatore e serbatoio dell’olio (in alcune macchine, di taglia media, il ser-
batoio dell’olio non esiste dato che l’olio è contenuto in una camera che
avvolge l’unità pompante);
• il filtro di aspirazione;
• la valvola di non ritorno;
• la cuffia (o cappottatura) silenziatrice.

Tali macchine sono molto compatte, semplici da installare, non richiedono spe-
ciali fondazioni, ma semplicemente un pavimento solido e piano. Sono pratica-
mente prive di vibrazioni.

52
Sommario

COMPRESSORI A LOBI (TIPO ROOTS) 5d

Questi compressori realizzano un rapporto di compressione molto basso e


sono denominati anche soffianti.
Sono dei veri e propri trasportatori di gas nel senso che il volume della camera
operatrice rimane invariato e il gas proveniente dall’ambiente a pressione bassa,
una volta intrappolato, viene trasportato fino alla luce di mandata dove viene
messo in comunicazione con l’ambiente a pressione maggiore. Non si può per-
tanto parlare di rapporto di compressione, ma semplicemente di una compres-
sione del gas trasportato per effetto del ritorno di flusso dal lato mandata.
Sono macchine volumetriche, senza valvole, che consistono di un cassa con-
tenente due rotori dotati di due lobi ed aventi spesso la forma di un otto. fig. 5.16
Non sono in contatto diretto e ruotano in fase con velocità angolari uguali, ma Ciclo operativo di una
in senso opposto, grazie ad una coppia di ingranaggi sincronizzatori. soffiante tipo Roots (a lobi).

A B C D

A - La camera del lobo A è riempita di gas alla pressione di aspirazione e la fase


sta per concludersi. Il lobo B sta spostando il gas in mandata.
B - Il lobo A ha ultimato la fase di aspirazione, ma non ha ancora scoperto la
luce di mandata. Il lobo B sta sempre spostando il gas in mandata.
C - Il lobo A ha superato la bocca di mandata lasciando che il gas in mandata
entri nella camera, facendo salire la pressione. L’altro lato del lobo A comin-
cia la fase di aspirazione. Il lobo B continua a spingere il gas in mandata.
D - Il lobo A su un lato sta sempre spingendo il gas in mandata, sull’altro riem-
pie la camera con il gas. fig. 5.17
Il lobo B ha completato la fase di aspirazione e sta per mettere in contatto Ciclo di lavoro di una
la camera con la mandata. soffiante tipo Roots.

Nel ciclo sopra descritto si compie una


rotazione di 90 gradi. p V––––––––––––––––––––– UN GIRO ––––––––––––––––––––R

In un giro completo del rotore si hanno C B


pertanto quattro fasi di mandata. D
––R V––––––––R

Il ciclo, sul piano p -v, si presenta di contropressione


forma rettangolare da cui si può argui- pressione
re immediatamente che il rendimento è atmosferica
molto basso, il che ne limita l’uso E T
(fig.5.17). A
depressione all’aspirazione
Infatti, mentre per la soffiante tipo
Roots il lavoro è rappresentato dal ret- v
tangolo A-B-D-E-A, il corrispondente
lavoro di un compressore alternativo è ANGOLO DI
0° 180° 360° ROTAZIONE
A-C-D-E-A.

Usualmente funzionano come macchine monostadio, ma esistono applica-


zioni di macchine a due o tre stadi.
Queste soffianti sono usate come pompe del vuoto e come misuratori rotativi di
portata.

53
Sommario

5e COMPRESSORI AD ANELLO LIQUIDO

Il compressore ad anello liquido è un compressore di tipo volumetrico, privo


d’olio, avente un rapporto di compressione fisso di progetto.
Vi sono due tipi di compressori ad anello liquido: a statore circolare (a sempli-
ce azione), il cui rotore è montato eccentricamente, ed a statore ovale (a dop-
pia azione). Entrambi lavorano in modo simile, ma il secondo è più idoneo per
pressioni più elevate (7 bar).
Nella fig. 5.18 è schematizzato il tipo a statore ovale, parzialmente riempito di
liquido, in cui vi è il rotore dotato di palette fisse.
Durante il funzionamento, il liquido, a causa dell’azione delle palette del rotore,
è spinto alla periferia del cilindro, formando un anello. Quest’anello è continuo
e la sua parete interna presenta una distanza variabile dal rotore. Ne consegue
che lo spazio fra le palette varia ciclicamente come avviene nel compressore a
palette.
Per evitare spinte radiali, la pompa di alimentazione dell’acqua che alimenta l’a-
nello liquido è spesso realizzata in due parti simmetriche.
Il raffreddamento del compressore ad anello liquido è del tipo diretto.
Dato che il gas compresso è in contatto con l’acqua, la sua temperatura finale
in mandata può essere molto prossima alla temperatura di ingresso dell’acqua.
Questi compressori sono usati in quei processi nei quali è richiesta un innalza-
mento della temperatura modesto a causa della compressione, che si può defi-
nire isotermica.
Si può far uso di altri liquidi oltre all’acqua, che di solito si usa.
A causa dell’attrito provocato dal liquido contro la parete del cilindro e le perdi-
te per le turbolenze dovute alla palette che risultano immerse nel liquido, si veri-
fig. 5.18
ficano perdite tali che il consumo specifico è alquanto superiore rispetto al con-
Compressore sumo di un alternativo di pari portata.
ad anello liquido

BOCCA DI ASPIRAZIONE BOCCA DI MANDATA LIQUIDO CHE BOCCA DI


COMPRIME ASPIRAZIONE

CASSA
IN GHISA
ROTORE

BOCCA DI
MANDATA

LIQUIDO CHE
COMPRIME

CASSA LIQUIDO CHE ROTORE MOBILE


IN GHISA COMPRIME CASSA IN GHISA
LIQUIDO CHE COMPRIME

54
Sommario

COMPRESSORI DINAMICI 5f

GENERALITÀ 5f.1
I compressori dinamici sono quelli che negli ultimi anni si sono più sviluppati e
hanno preso sempre più piede, dato che sono disponibili sia per medie che gran-
di potenze, per un esteso campo di pressioni con costi di esercizio decisamente
buoni.
Hanno invaso un po’ il campo che una volta apparteneva ad altri tipi di com-
pressori. Fra di essi quello che più ha contribuito alla crescita del numero di mac-
chine in campo è stato il compressore centrifugo, anche se il compressore assia-
le, per grandi portate e medie pressioni non è stato da meno.
Come già detto precedentemente, tali compressori sono caratterizzati dal fatto
che la compressione avviene mediante il trasferimento dell’energia da una
serie di giranti al gas.
L’energia del gas viene poi tramutata in pressione rallentando il gas in un diffu-
sore o in un’altra serie di palette (multistadio).

DEFINIZIONI MECCANICHE 5f.2


• Basamento: struttura metallica sulla quale è montato il compressore e spes-
so anche la motrice.
• Booster: compressore che opera con una pressione di aspirazione elevata.
• Cassa (o incastellatura): è l’elemento che non solo contiene il fluido in pres-
sione, ma anche il rotore (o i rotori) e le parti associate. Usualmente include
anche la bocca di aspirazione e quella di mandata. È anche provvista di sup-
porti e mezzi per il sollevamento.
• Diaframma: elemento stazionario fra gli stadi di una macchina centrifuga.
Può includere palette direttrici atte ad indirizzare il gas verso la girante dello
stadio successivo.
• Diffusore: è un elemento con uno o più passaggi a valle della girante nel
quale la velocità impartita al gas dalla girante è convertita in pressione statica.
• Compressore dinamico: qualunque macchina a flusso continuo nel quale l’a-
zione meccanica delle palette rotanti o dalla girante impartisce velocità e pres-
sione al gas. L’energia dovuta alla velocità è in un secondo tempo convertita
in ulteriore pressione.
Esso può appartenere al tipo centrifugo o assiale.
• Palette direttrici: elementi stazionari che possono essere fissi o regolabili che
indirizzano il flusso alla girante in una certa direzione per migliorarne il rendi-
mento.
• Girante: parte dell’elemento rotante che impartisce velocità al gas per mezzo
di forze aerodinamiche.
La girante può essere aperta, semichiusa oppure chiusa.
• Rotore: è l’elemento rotante composto dalla girante (o giranti) e albero e può
comprendere il collare reggispinta, i denti di un ingranaggio, le superfici por-
tanti dei cuscinetti e le superfici per le tenute.
• Tenute: elementi usati fra la parte rotante e la parte fissa che servono a ren-
dere minime le perdite fra zone a differente pressione.
• Albero: è la parte dell’elemento rotante sulla quale sono montate le altre
parti ed attraverso il quale la motrice trasmette la sua energia.

55
Sommario

• Cuscinetti dell’albero: parti stazionarie lubrificate che sostengono e tengo-


no nella corretta posizione l’albero del compressore.
• Elemento di bilanciamento della spinta: tamburo, pistone o disco che uti-
lizza la pressione del gas per bilanciare la spinta della girante. Ulteriori forze
di spinta residue possono essere annullate da un cuscinetto reggispinta.
• Coclea o chiocciola: elemento stazionario facente parte della cassa, la cui
forma a spirale fa sì che il fluido, a valle della girante o del diffusore, conver-
ta la sua velocità in pressione statica.

5f.3 DEFINIZIONI RELATIVE ALLE CONDIZIONI E PRESTAZIONI


• Punto nominale: punto che, sulla curva caratteristica, indica la velocità più
alta (100%) necessaria per ottenere la portata e la pressione specificata. Tale
punto è scelto dal costruttore per meglio soddisfare le condizioni operative.
• Punto operativo normale: è il punto nel quale si pensa normalmente di ope-
rare e l’efficienza è la migliore (velocità inferiore al 100%). Generalmente tale
punto è quello garantito.
Spesso, in particolare per macchine a velocità costante, questo punto coinci-
de con quello nominale.
• Pressione nominale di mandata: è la pressione che il compressore può rag-
giungere nel punto nominale.
• Massima pressione operativa: è la pressione massima che si può raggiunge-
re nella peggior combinazione simultanea delle proprietà del gas e delle con-
dizioni operative.
Nelle macchine a velocità costante la velocità da considerare è il 100%, men-
tre nelle macchine a velocità variabile è la velocità di blocco.
• Pressione di progetto dell’incastellatura: è la pressione più elevata che il
compressore può raggiungere in piena sicurezza.
Essa non sarà mai inferiore alla pressione nominale di mandata, ma può esse-
re inferiore alla massima pressione operativa, se l’utente è d’accordo e purché
vi sia un’adeguata protezione.
• Velocità critica: è una qualunque velocità uguale alla frequenza naturale di
una parte del compressore.
• Velocità periferica della girante: è la velocità di un punto sul diametro
esterno della girante.
• Velocità massima continua (1): è la velocità massima alla quale può operare
il compressore. Può essere superiore alla velocità normale o 100%, purché sia
il costruttore che l’utente si siano accordati per un certo margine addizionale
di velocità.
• Velocità normale: corrisponde alla velocità richiesta per ottenere le presta-
zioni previste dal punto operativo normale, usualmente punto di massima
efficienza e punto garantito.
• Velocità al 100%: è la velocità corrispondente al punto nominale. Può esse-
re maggiore o uguale alla velocità normale. Il 100% della velocità di un com-
pressore trainato da un motore elettrico sarà la velocità del motore a pieno
carico moltiplicata per il rapporto di trasmissione (se vi sono degli ingranaggi
moltiplicatori).
• Velocità di blocco: è circa il 110% della velocità massima continua per un
compressore trainato da turbina a vapore o 105% della velocità massima con-
tinua per le turbine a gas.

(1) - Spesso, a seconda delle circostanze, la velocità normale, la velocità al 100% e la velocità mas-
sima possono essere uguali.

56
Sommario

• Limite di pompaggio: ad una certa pressione, è la portata minima al di sotto


della quale il compressore diventa instabile.
• Campo stabile: è il campo in cui la portata può variare (con pressione costan-
te) compreso fra la portata massima ed il limite di pompaggio.
• Temperatura di aspirazione: temperatura totale del gas alla bocca di aspi-
razione del compressore.
• Temperatura di mandata (o scarico): temperatura totale del gas alla bocca
di mandata del compressore.
• Temperatura totale: temperatura che si misurerebbe se un gas in movimen-
to venisse adiabaticamente messo a riposo.
fig. 5.19
Illustrazione di alcuni termini
relativi ai compressori
dinamici

TIPI DI COMPRESSORI CENTRIFUGHI 5f.4


Hanno questa denominazione perché il percorso del gas è essenzialmente
radiale e l’energia viene trasferita mediante variazioni della forza centrifu-
ga agendo sul gas (fig. 5.20 e fig. 5.21).
Essi possono essere classificati sia per il numero di giranti che per il tipo di
incastellatura.
Esistono infatti macchine la cui incastellatura è costituita da varie sezioni, inca-
stellature divise orizzontalmente ed altre divise verticalmente. Le parti vengono
fissate tramite una serie di bulloni e spine.
I compressori con incastellatura divisa in varie sezioni non sono molto diffusi e
sono usati per dare aria alle camere di combustione, ai forni ed applicazioni simi-
li, come pure per il trasporto di materiale, agitazione e aerazione ed altre appli-
cazioni dove si richiedono basse pressioni e piccoli volumi.
La costruzione più comune e preferita per le macchine multistadio e per qualche
macchina monostadio, entrambe con certi limiti nella pressione, è quella a divi-
sione orizzontale.

57
Sommario

Togliendo la parte superiore si può accedere a tutti i componenti posti all’inter-


no incluso l’albero, le giranti, i cuscinetti e tenute e quindi è facile sia effettuare
delle ispezioni che delle riparazioni.
L’incastellatura è normalmente in acciaio o in ghisa.
fig. 5.20
Compressore centrifugo
monostadio, con girante DIFFUSORE A COCLEA DIFFUSORE
a sbalzo e coclea. A COCLEA
COLLETTORE

RADDRIZZATORI
COLLETTORE

ASPIRAZIONE

DIFFUSORE RADIALE

COLLETTORE

GIRANTE

fig. 5.21
Sezione longgitudinale di un
compressore centrifugo
a 5 stadi, non refrigerato.

I compressori a divisione verticale sono realizzate in tre tipi se sono monosta-


dio e due tipi se sono multistadio.
Il progetto di quelli monostadio include:
• compressori a bassa pressione con girante a sbalzo, montata sull’albero del
motore;
• compressori con girante a sbalzo montata su un albero sopportato da cusci-
netti del compressore;
• boosters ad alta pressione.

58
Sommario

Il progetto multistadio comprende:


• compressori monoalbero;
• compressori con diversi alberi per realizzare velocità e rendimenti ottimali.
fig. 5.22
Compressore multistadio a
divisione orizzontale, realizzato
con due incastellature: quella
del primo stadio è realizzata
con due bocche d’aspirazione
e due giranti contrapposte.

fig. 5.23
Vista interna di un
compressore a 5 stadi,
a divisione orizzontale
e raffreddato ad aria.

Le macchine multistadio a divisione verticale sono usate per pressioni dove la


divisione orizzontale sarebbe poco adatta. La pressione limite dipende da molti
fattori, fra i quali la massa volumica del gas e la grandezza dell’incastellatura, che
normalmente è in ghisa o acciaio sia fuso che forgiato.

59
Sommario

Una soluzione costituita da un gruppo completo, multistadio è quella mostrata


nella fig. 5.24. Questo compressore, che ha avuto larga diffusione in Europa dal-
l’inizio degli anni ’70, è a divisione verticale, composto da quattro stadi, ciascu-
no dotato di refrigerante ad acqua.
Nello spaccato si vedono solo il primo e il quarto stadio. La girante, con palette
curvate all’indietro, è montata a sbalzo su un albero condotto da una ruota lenta
direttamente accoppiata al motore elettrico.
La girante più lenta è quella del primo stadio (22.500 min-1), mentre la più velo-
ce è quella del quarto stadio (49.000 min-1), avente il rapporto di trasmissione
più alto. Subito dopo la girante si vedono il diffusore ed il refrigerante dotato di
tubi alettati, nei quali passa l’aria, e al di fuori dei quali l’acqua scorre in contro-
corrente.
Questo compressore aveva una portata di 130 m3/min, con un rapporto di com-
pressione di 9,8 ed una potenza assorbita, in condizioni invernali di 750 kW).
Aveva il controllo di portata tutto o niente, ma aveva anche un controllo della
portata, tramite valvola di aspirazione a farfalla con pressione di mandata
costante; la portata poteva essere ridotta, tramite un regolatore di pressione,
fino al 60% prima che si raggiungesse il limite di pompaggio.
Nel caso il sistema avesse richiesto un quantitativo d’aria ancora inferiore il com-
pressore scaricava l’eccesso in atmosfera, tramite una valvola di sfiato, coman-
data dallo stesso regolatore di pressione.
La gamma completa di questa famiglia, ovviamente con incastellature diverse,
era da circa 35 m3/min a 425 m3/min.
In seguito fu introdotta sul mercato una nuova famiglia di compressori, la cui
gamma fu estesa in basso fino a 10 m3/min ( fig. 5.25) ed in alto fino a 1.400 m3/min.
fig. 5.24
Vista di un gruppo completo
DIFFUSORE
centrifugo a quattro stadi, REFRIGERANTE SEPARATORE
dotato di refrigeranti ad acqua, INTERMEDIO DI CONDENSA
da circa 130 m3/ min e 9,8 di 1° STADIO
rapporto di compressione.
RUOTA
LENTA

3° STADIO

REFRIGERATORE BOCCA DI BOCCA DI


A SPIRALE MANDATA ASPIRAZIONE

60
Sommario

fig. 5.25
Vista di un gruppo completo
centrifugo, bistadio,
caratterizzato dal fatto di avere
le due giranti contrapposte su
uno stesso pignone.
È dotato di refrigerante
intermedio e finale.

CARATTERISTICHE DEL COMPRESSORE CENTRIFUGO 5f.5


Il compressore centrifugo ha un campo di stabilità limitato e questo può avere
una certa influenza sull’economia d’esercizio a carichi parziali.
La portata minima può variare da 45 a 90% della portata nominale.
Il compressore centrifugo deve essere selezionato per la peggior combinazione
di condizioni di esercizio che possono presentarsi in determinate condizioni e
quindi deve quindi poter far fronte a tali condizioni.
Va ricordato che, al contrario dei compressori volumetrici, i compressori centri-
fughi, a parità di velocità, hanno una portata che è funzione del rapporto di
compressione e la potenza che è funzione della pressione e della temperatura.
Ciò significa che sono sensibili alla massa volumica del gas aspirato e pertanto
l’energia richiesta in condizioni climatiche invernali, a parità di pressione, è mag-
giore che in estate. Nella selezione del motore elettrico o della turbina, bisogna
tener conto di quanto detto.
Le velocità operative sono sempre state molto elevate rispetto ad altri com-
pressori ed ormai giranti che superano 50.000 min-1 e che si avvicinano a
80.000 min -1 sono attuali.
Si parla naturalmente di giranti piccole di diametro e di massa modesta.
Uno dei problemi maggiori è rappresentato dalla lubrificazione e dal bilancia-
mento, che maggiore è la velocità più critico diventa.
I compressori centrifughi ben si prestano ad un accoppiamento diretto con tur-
bine a gas o a vapore che permettono la regolazione della portata a giri variabi-
li. Queste macchine sono molto utilizzate sia nell’industria che nel processo,
dove spesso operano per due o tre anni senza fermarsi.
Questi compressori danno una portata regolare, non pulsante entro il campo
stabile.
Quelli non refrigerati hanno un rendimento inferiore ai compressori alternativi,
sebbene a rapporti di compressione molto bassi possono essere più efficienti.
Essi richiedono piccole e semplici fondazioni in confronto a quelle richieste dagli
alternativi, non essendoci forze d’inerzia e per unità di spazio occupato danno
maggiori portate.
I cuscinetti e le tenute possono essere progettate in modo che l’olio non inqui-
ni il gas compresso.

61
Sommario

5f.6 ALCUNI DETTAGLI DI PROGETTO

Giranti Le giranti possono classificarsi come aperte, semichiuse e chiuse.


Le giranti aperte e semichiuse possono essere ottenute per fusione, oppure fre-
sate da un pezzo forgiato o ottenute per saldatura.
Le giranti chiuse sono ottenute mediante saldatura di tre pezzi (coperchio, disco
di base ed palette) oppure per chiodatura. A volte le palette sono ottenute tra-
mite fresatura dal disco di base che poi viene chiodato al coperchio. Altra solu-
zione può essere quella del coperchio saldato ad un disco di fusione provvisto di
palette.
La fig. 5.26 mostra delle tipiche forme di giranti e la fig. 5.27 mostra due tipi-
che giranti semichiuse di compressori ad ingranaggi integrati.
fig. 5.26
Tipiche forme di giranti.
Da sinistra: girante aperta,
girante chiusa e semichiusa.

Le giranti possono anche essere classificate per il loro angolo d’uscita.


Le palette delle giranti possono essere radiali, curvate verso il senso del moto
oppure curvate in senso inverso alla direzione del moto.
Tale angolo determina la curva caratteristica come pure il rapporto di compres-
sione che la girante produce. L’angolo può variare fra 15 e 90 gradi per le giran-
ti aventi palette curvate in senso contrario al moto; se l’angolo è maggiore di 90
gradi si hanno palette curvate nel senso del moto. Quest’ultime non sono mon-
tate su compressori dinamici ma solo su alcuni tipi di ventilatori.
In generale la girante con palette inclinate all’indietro è più efficiente di quella
con palette radiali. Inoltre, a parità di diametro e velocità, ha un campo operati-
vo stabile più ampio anche se produce un rapporto di compressione minore.

fig. 5.27
Tipichegiranti semichiuse
di compressori ad
ingranaggi integrati.

Tenute interstadio Nelle zone dove potrebbe esserci un passaggio del gas da uno stadio all’altro e
precisamente nelle zone dove l’albero passa attraverso i diaframmi e alla bocca
della girante, si usano delle tenute a labirinto, normalmente di alluminio speciale.
Questo materiale non danneggia, in caso di sfregamento, le parti rotanti e serve
allo scopo.

62
Sommario

I diaframmi sono delle pareti di divisione fra stadio e stadio in un compressore


Diaframmi
multistadio.
La fig. 5.23 mostra i vari diaframmi (uno per stadio) che formano un lato del dif-
fusore in mandata relativo ad una girante e altresì il passaggio alla girante suc-
cessiva. Il profilo e la finitura di questi passaggi sono molto importanti al fine
delle prestazioni del compressore.
Normalmente essi non sono refrigerati su macchine a divisione verticale, ma pos-
sono essere refrigerati internamente ad acqua in macchine a divisione orizzon-
tale. Questa soluzione si adotta quando il gas compresso, a causa del rapporto
di compressione, potrebbe raggiungere temperature critiche.
Inoltre la refrigerazione interstadio riduce il numero di stadi e può essere utile far
uso di una sola incastellatura con refrigerazione, piuttosto che due senza refri-
gerazione.

L’assieme del rotore è abbastanza semplice per i compressori con girante a sbal- Assieme rotore
zo (nelle figg. 5.28 e 5.29 si possono vedere i componenti di uno stadio), men-
tre è abbastanza complesso nelle macchine multistadio in linea. In questo caso
si ha un albero d’acciaio con una serie di giranti divise da appositi manicotti o
distanziali, pistone o tamburo di bilanciamento della spinta, un collare reggi-
spinta ed un giunto (fig. 5.29 ).
L’assieme rotore viene bilanciato dinamicamente e sovente, in esercizio, si usa
controllare le sue vibrazioni in modo da poter fermare la macchina in caso di
vibrazioni non accettabili.

fig. 5.28

9 Sezione di uno stadio


1
7 1 Diffusore
2 Girante

3 3 Tenuta in carbone,
10 flottante, non a contatto
8 4 Cuscinetto radiale
2
5 Cuscinetto radiale e assiale
5 6 Sonda, non a contatto,
4 per rilievo delle vibrazioni
7 Viti di posizionamento
del cuscinetto,
6
1 per regolare il gioco
tra girante e diffusore
8 Pignone
10 2 11 9 Ruota motrice
8
10 Collare regggispinta
11 Naso

fig. 5.29
Assieme rotore
di un compressore con
ingranaggi integrati.

fig. 5.30
Rotore tipico di compressore
a sette stadi, con tamburo di
spinta (a sinistra, dopo
l’ultimo stadio)

63
Sommario

Cuscinetti portanti I cuscinetti possono essere di tipo a strisciamento, a sfera oppure a rulli.
e reggispinta Nella maggior parte dei compressori i cuscinetti sono posizionati all’esterno per
permettere un più facile accesso e per evitare che l’olio di lubrificazione possa
entrare a contatto con il gas oppure che l’olio venga contaminato dal gas.
Nei compressori con girante a sbalzo, il rotore è montato sull’albero del motore
o della turbina e si fa uso solo dei cuscinetti della motrice, così che si deve tener
conto delle spinte che potranno essere generate.
Per i cuscinetti reggispinta si fa largo uso del tipo Kingsbury (a pattini oscillanti)
nelle macchine di una certa dimensione; mentre nelle macchine piccole si fa uso
di cuscinetti con settori a superficie inclinata.
fig. 5.31 Nei casi di velocità di rotazione eleva-
Sezione di un cuscinetto ta, per evitare il fenomeno del trasci-
a 3 lobi per alte velocità namento in rotazione dell’olio, si
del rotore. usano cuscinetti portanti la cui sezione
trasversale ha la forma di un limone,
ALBERO oppure cuscinetti la cui sezione è costi-
tuta da tre settori di circa 120 gradi, in
ciascuno dei quali il diametro è decre-
scente, nel senso della rotazione, fra
due punti di alimentazione dell’olio (fig.
5.31).

I compressori centrifughi sono spesso classificati come macchine a pressione


costante e portata variabile.
Questo può essere abbastanza vero se si ha una macchina con un rapporto di
compressione abbastanza basso, con uno (o pochi stadi) e che ha una regola-
zione della portata che le permette di operare fra il punto di massima efficienza
ed il limite di pompaggio. Tuttavia la caratteristica della macchina è influenzata
anche dal tipo di girante e da altri fattori.

fig. 5.32
Comparazione delle curve 120
caratteristiche di compressori
ad uno e più stadi 110

100

90

80
CARICO (%)

70

60

50

40

30

20

10

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120
VOLUME ASPIRATO (%)

64
Sommario

In certe macchine è possibile raggiungere un campo di stabilità anche del 50%,


consentendo alla macchina di operare con buon rendimento fra il 100% ed il
50% della portata nominale.
Quando si hanno invece macchine con rapporti di compressione più elevati, la
curva caratteristica diventa più ripida ed il campo di stabilità diventa più stretto.
Una macchina che ha 1÷3 stadi può avere un campo stabile di circa il 50%, se
gli stadi sono 5 ÷6 il campo si restringe al 40%, se gli stadi sono 9÷10 il campo
è solo del 25%.
Queste indicazioni sono generali in quanto esistono macchine a due o tre stadi
con campi stabili del 25% circa e macchine a quattro stadi con campi stabili del
40%; il tutto dipende dalle caratteristiche della girante e da quale differenza c’è
fra la pressione di esercizio e la pressione di pompaggio (fig. 5.32).

Per regolare la portata, nei compressori centrifughi, vi sono diversi metodi che di Metodi di regolazione
seguito prendiamo in esame. della portata
• Variazione della velocità: questo metodo è molto semplice e fra i più eco-
nomici ed è possibile solo con motrici a velocità variabile (turbine a gas, tur-
bine a vapore).
Le turbine a vapore hanno un eccellente campo di variazione della velocità.
Le turbine monoalbero a gas hanno poca variazione mentre le turbina a gas
a doppio albero sono molto più flessibili.
Vi sono anche motori a velocità variabile, ma sono costosi.
Si può dire che la maggior parte dei compressori centrifughi, che usano la
velocità variabile per regolare la portata, sono trainati da turbine a vapore.
• Sfiato in atmosfera e ricircolo: questo metodo consiste nello scaricare all’at-
mosfera la portata di gas non necessaria. È un metodo poco usato perché
costoso.
Il ricircolo consiste nel ridurre la pressione del gas in eccesso alla pressione di
aspirazione e rimetterlo in circolazione. Il gas rimesso in circolazione deve
essere raffreddato per evitare eccessivo innalzamento della temperatura in
aspirazione e conseguentemente in mandata.
Ovviamente non vi è nessun risparmio con questo metodo. È però usato dai
compressori a velocità costante, con largo campo di stabilità, perché se il siste-
ma richiedesse una portata inferiore a quella prossima al pompaggio, il com-
pressore sfiaterebbe in atmosfera solo la differenza fra la minima portata e
quella richiesta in quel momento (esempio: portata minima 60% di quella
nominale; portata richiesta 45 %; portata scaricata in atmosfera 15%).
• Strozzamento all’aspirazione: serve o a ridurre la pressione ad una portata
costante o a ridurre la portata ad una pressione costante.
Questo metodo è largamente usato sulle macchine a velocità costante.
Nelle macchine piccole o medie si utilizza una valvola a farfalla sulla bocca di
aspirazione.
Nelle macchine di una certa portata si fa uso di palette direttrici a geometria
variabile (dette anche lamelle direttrici orientabili), installate davanti al primo
stadio. Esse non solo causano una riduzione della portata, ma danno una pre-
rotazione al gas in entrata, migliorando l’efficienza ed abbassando il limite di
pompaggio.
Nella fig. 5.33 si può vedere come varia la caratteristica di un compressore
facendo uso di tale metodo. Il risparmio energetico è un po’ minore di quel-
lo che si avrebbe cambiando la velocità, ma è comunque significativo.
L’effetto evidentemente è funzione del numero di stadi e decresce col cre-
scere del numero di stadi.
Sia la valvola a farfalla che il distributore rotante possono essere controllati a
mano, ma sempre più diffuso è il controllo automatico.
• Controllo anti-pompaggio: quando la macchina riduce la portata, raggiun-
ge ad un certo punto l’instabilità. Ci sono diversi sistemi per prevenire che la
macchina operi in questa condizione poco desiderabile e pertanto un po’
prima che venga raggiunto il punto d’instabilità si apre la valvola di sfiato e

65
Sommario

quindi la macchina mantiene una sufficiente portata per evitare l’instabilità,


scaricando in atmosfera il quantitativo d’aria non richiesto dal sistema.
Una valvola di strozzamento in aspirazione (o una serie di lamelle direttrici
orientabili, poste sulla bocca di aspirazione ), aiuterà ad allargare il campo di
stabilità operativo della macchina, ma questi accorggimenti non sono in gra-
do di prevenire il pompaggio.

120
fig. 5.33
Effetto delle palette direttrici
a geometria variabile 110
sulla caratteristica
di un compressore 100
a velocità costante.
90

80

CARICO (%)
70

60

50

40

30

20

10

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110
VOLUME ASPIRATO (%)

5f.7 COMPRESSORI D’ARIA CENTRIFUGHI


CON INGRANAGGI INTEGRATI

Questo tipo di compressore, con refrigerazione interstadio, è ormai molto diffu-


so. Gli ingranaggi integrati sono usati per aumentare la velocità di rotazione
degli alberi satelliti tramite il rapporto di trasmissione (rapporto fra il numero dei
denti dell’ingranaggio principale e quello dell’ingranaggio secondario) e far sì
che le giranti di ogni stadio lavorino alla velocità ottimale.
Si sono già viste nella fig. 5.27 due giranti tipiche e nelle fig. 5.28 e fig.5.29 l’as-
sieme rotore e il disegno di uno stadio completo.
Nella fig. 5.34 è rappresentata la ruota lenta o ruota motrice (3.000 min-1) ed i
vari rotori, la cui velocità può essere da circa 8 volte (1° stadio) a circa 16 volte
maggiore (4° stadio).
Il compressore lavora a velocità costante e la sua regolazione della portata è
basata su un controllo pneumatico di due valvole: la valvola di aspirazione e la
valvola di sfiato in atmosfera.
La curva caratteristica di base è una curva abbastanza ripida che decresce in
pressione al crescere del volume.
Per mantenere la pressione costante in mandata, questa curva deve essere modi-
ficata per mezzo di un sistema di controllo, o come alternativa la curva può esse-
re usata solo per una piccola porzione tra due valori di pressione.
Vediamo ora entrambi questi due tipi di regolazione.

66
Sommario

In questo tipo di regolazione, vi sono due sezioni del campo di regolazione.


Modulazione
Il primo che va dalla portata massima alla portata minima (con un certo margi- o regolazione
ne dal pompaggio) che è regolata dalla valvola a farfalla sull’aspirazione. a pressione costante
La seconda zona è regolata dalla valvola di sfiato in atmosfera.
Se il compressore lavorasse a piena portata, con la valvola di aspirazione tutta
aperta, e la richiesta d’aria del sistema dovesse diminuire, ne risulterebbe un
aumento della pressione in mandata. Ciò risulta chiaro esaminando la curva
caratteristica del compressore centrifugo: ad una diminuzione della portata
segue un aumento della pressione. Il sistema di controllo percepisce l’aumento
di pressione, lo confronta con il valore prestabilito e comanda la valvola di aspi-
razione chiudendola parzialmente. La pressione a monte della valvola è sempre
la stessa di prima, ma dato che la valvola di aspirazione chiudendosi introduce
una caduta di pressione, all’ingresso del 1° stadio si ha una pressione inferiore.
Il compressore ora, pur facendo un rapporto di compressione maggiore, invece
di seguire la sua curva caratteristica, segue una nuova caratteristica a pressione
di mandata costante.
Se la portata diminuisce ulteriormente, si ripete quanto ora descritto ed il siste-
ma di controllo farà chiudere la valvola ulteriormente.
Ciò si ripete fino a che non si raggiunge il valore minimo di sicurezza della por-
tata, sotto al quale il compressore raggiungerebbe il pompaggio.
A questo punto, la valvola di aspirazione non si chiude più, ma comincia ad
aprirsi la valvola di sfiato all’atmosfera, in modo da tenere la portata del com-
pressore al di sopra del limite di sicurezza.
Se ad esempio (fig. 5.35-A) la portata minima fosse il 70% di quella a pieno cari-
co ed il sistema richiedesse una portata del 50%, la valvola di sfiato deve aprir-
si e scaricare la differenza, cioè il 20%, in atmosfera. La somma della portata for-
nita al sistema e quella scaricata in fig. 5.34
atmosfera deve essere sempre superio- 1° STADIO RUOTA LENTA (MOTRICE) Compressore a 4 stadi
re al limite inferiore di stabilità (70%). ruota lenta (3.000 min-1)
trainata direttamente
Mentre la potenza durante il campo di dalla motrice con i suoi
stabilità diminuisce col diminuire della quattro stadi
portata (la potenza che diminuisce 2° STADIO
proporzionalmente alla portata è la
potenza spesa per la compressione, fig. 5.35
mentre le perdite per attrito sono Tipi di regolazione della
costanti), quando raggiungiamo il portata usati nei compressori
punto di sicurezza e si apre la valvola di ad ingranaggi integrati,
sfiato la potenza non diminuisce più, a velocità costante.
dato che per il compressore la portata 4° STADIO ➀ Campo di modulazione
non diminuisce. con valvola by-pass
➁ Campo di modulazione
con valvola di aspirazione
3° STADIO ➂ Campo di regolazione
a pressione variabile

8,5 bar 8,5 bar 8,5 bar

7,5 bar
6,5 bar

➂ ➂
➀ ➁ A VUOTO A VUOTO ➁
70% 100% 88% 100% 70% 100% 110%
A B C

67
Sommario

Regolazione Un secondo modo di regolare la portata è quello di far lavorare il compresso-


della portata re fra due livelli di pressione prestabiliti, mentre la pressione non è costante,
a due gradini ma avrà un valore intermedio, regolato dal volume del serbatoio polmone instal-
lato. ( fig. 5.35 - B )
Se per esempio il compressore opera a pieno carico alla sua pressione nominale
(ad esempio 8 bar) ed il sistema richiede meno del 100% della portata, la pres-
sione nel sistema comincerà a salire (il compressore segue la sua curva caratteri-
stica). Raggiunto il valore di pressione superiore prefissato (ad esempio 8,5 bar)
il controllo segnala alla valvola di sfiato di aprirsi ed alla valvola di aspirazione di
chiudersi, mettendo a vuoto il compressore, e come la pressione scende si chiu-
de la valvola di non ritorno in mandata.
Il compressore lavora a vuoto con circa il 15% della portata, finché la pressione
raggiunge il punto inferiore prefissato (ad esempio 6,5 bar), e qui inizia il pro-
cesso inverso. Il controllo segnala alla valvola di aspirazione di aprirsi, alla valvo-
la di sfiato di chiudersi ed il compressore comincia a pompare; si apre la valvola
di non ritorno ed il compressore lavora a pieno carico fino a che, se la portata è
eccessiva rispetto alla domanda, si raggiunge ancora il punto superiore ed il
compressore si metterà a vuoto.
Questo sistema è utile quando il carico non è molto costante, ma piuttosto
discontinuo e la portata richiesta è al di sotto del 50% di quella nominale.
Il vantaggio è che non si spreca del gas scaricandolo in atmosfera.
Tuttavia non si deve usare tale tipo di regolazione se un ciclo completo si effet-
tua con una cadenza di 4 ÷ 5 minuti, perché si avrebbe una usura eccessiva dei
cuscinetti ed alcuni componenti, quali le valvole, potrebbero ridurre la loro vita
o necessitare di eccessiva manutenzione.

Regolazione Questo tipo di regolazione combina i vantaggi dei metodi visti in preceden-
combinata za. ( fig. 5.35 - C)
automatica Durante la prima fase la regolazione in modulazione terrà la pressione costante
(ad esempio a 8,5 bar) riducendo la portata, al decrescere della domanda, fino
a raggiungere la portata minima di sicurezza.
A questo punto la macchina si metterà a vuoto, dopo aver aperto la valvola di
sfiato e chiuso la valvola di aspirazione.
La macchina opera a vuoto per un certo periodo, mentre la pressione nel siste-
ma decresce ad un valore di circa 0,5÷0,7 bar inferiore al valore prefissato dal
controllore di pressione e quindi riprende a pompare e seguire la curva caratte-
ristica fino a raggiungere la pressione operativa normale (8,5 bar).
Quando c’è in funzione questo sistema non funziona la normale regolazio-
ne a due gradini. (fig. 5.35 - B ).

5g I COMPRESSORI ASSIALI
I compressori assiali nel campo industriale, trovano applicazione nel campo delle
basse e medie pressioni e portate molto grandi.
I rapporti di compressione, con l’aria, variano da 2 a 5 con un massimo di 7
per macchine molto grosse.
Ci sono anche macchine speciali con rapporti di compressione più alti, ma non
sono generalmente usate nell’industria.
Le portate dei compressori assiali utilizzati nell’industria vanno da circa 500
m3/ min a circa 30.000 m3/ min.
Esistono anche macchine più piccole appositamente progettate per particolari
applicazioni. Le pressioni in generale sono al di sotto di 7 bar, ma vi sono mac-
chine anche da oltre 30 bar.
La potenza può superare i 75.000 kW.

68
Sommario

CARATTERISTICHE 5g.1
I compressori assiali hanno il percorso del gas parallelo all’albero del compres-
sore. Il trasferimento di energia si ha per mezzo di una serie di palette fisse allo
statore (fig. 5.36).
fig. 5.36
PALETTE DEL ROTORE Sezione longitudinale di un
tipico compressore assiale

PALETTE DELLO STATORE

ALETTA GUIDA
IN ASPIRAZIONE

Sebbene costruttivamente sia alquanto diverso, la teoria aerodinamica è simile a


quella del compressore centrifugo. Tuttavia un confronto mette in evidenza
quanto segue:
• la curva caratteristica è molto più ripida di quella di un centrifugo, per cui il
campo operativo della portata fra quella nominale e quella minima è molto
minore. Può essere esteso con l’utilizzo di palette statoriche regolabili (vede-
re fig. 5.37 );
fig. 5.37
120 Confronto fra la curva
caratteristica del compressore
assiale e quella del
compressore centrifugo.
100
PREVALENZA NOMINALE (%)

Si nota l’effetto delle palette


statoriche del compressore
assiale sulla curva limite di
80 pompaggio.

60

40

20

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120
VOLUME ASPIRATO (% del nominale)

69
Sommario

• l’efficienza è generalmente migliore di quella di un corrispondente compres-


sore centrifugo, ma dipende dalla grandezza e dalle condizioni. Le variazioni
di potenza in funzione della portata sono al contrario di quelle del compres-
sore centrifugo: in quest’ultimo al diminuire della portata diminuisce la poten-
za, nel compressore assiale sale al diminuire della portata (fig. 5.38 );
• i compressori assiali hanno rapporti di compressione minori per stadio di quel-
li di una macchina centrifuga e quindi richiedono un maggior numero di stadi
per raggiungere un uguale rapporto di compressione totale;
• le velocità operative sono considerevolmente più elevate di quelle di un’equi-
valente macchina centrifuga (fanno eccezione i centrifughi ad ingranaggi
integrati);
• per le stesse condizioni, il compressore assiale è normalmente più piccolo e
più leggero di un compressore centrifugo, e richiede perciò una fondazione
più piccola ed un montaggio più semplice.
fig. 5.38 120
Confronto fra le curve di
potenza del compressore 100
centrifugo ed assiale
in funzione della portata.
80

CARICO (%)
60

40

20

0
0 20 40 60 80 100 120
VOLUME ASPIRATO (% del nominale)

5g.2 ALCUNI DETTAGLI COSTRUTTIVI


Per ciò che concerne i cuscinetti, le tenute, la regolazione ed il controllo anti-
pompaggio, vale quanto già detto a proposito dei compressori centrifughi nelle
pagine precedenti.
Tuttavia, il progetto costruttivo del compressore assiale fa uso di elementi di
regolazione che di seguito esaminiamo.

Palette statoriche Le palette statoriche sono montate nella sezione centrale dell’incastellatura,
come mostrato in fig. 5.36.
Le palette sono forgiate o di fusione o fresate da leghe d’acciaio in forme aero-
dinamiche e sono posizionate in file fra le quali ruotano le palette del rotore. Le
palette statoriche servono a convertire una parte dell’altezza cinetica generata
dalle palette del rotore in altezza piezometrica e per consegnare il gas alla suc-
cessiva serie di palette rotoriche con l’angolo più opportuno.
Ci sono varie applicazioni nelle quali la composizione del gas può cambiare.
Dato che il campo della migliore efficienza nel compressore assiale è piccolo,
può essere necessario intervenire sulla posizione delle palette per avere la miglio-
re efficienza.
A tale scopo si possono avere palette regolabili e la regolazione permette di lavo-
rare al meglio nel caso in cui il gas cambi la sua composizione.
Le palette regolabili hanno un apprezzabile effetto sul campo operativo stabi-
le e sono spesso utilizzate per ampliare questo campo.
L’effetto si può vedere in fig. 5.37.

70
Sommario

La regolazione si può applicare ad una o più file di palette statoriche in funzio-


ne delle necessità.
La fig. 5.39 mostra delle palette statoriche di compressori assiali.
a) fisse fig. 5.39
b) regolabili individualmente Palette statoriche
c) regolabili contemporaneamente di compressore assiale

a) b) c)

L’assieme del rotore consiste in un tamburo sul quale sono montate le palet- Assieme rotore
te, due estremità, un pistone equilibratore, il collare del cuscinetto reggi-
spinta e le zone supportate.
Il tamburo può essere realizzato in tanti modi: qualcuno usa anelli forgiati o
dischi imbullonati, saldati o calettati a caldo su un albero.
Altri utilizzano cilindri cavi con le estremità d’albero pressate o imbullonate.
Le palette possono essere imbullonate dall’interno o possono essere calettate a
coda di rondine sulla parte esterna del tamburo.
L’intero assieme rotore è bilanciato dinamicamente.
Molti rotori operano a velocità inferiore alla prima velocità critica e pertanto non
c’è alcun problema di risonanza durante l’avviamento.

Le incastellature sono normalmente a divisione orizzontale e spesso suddivise in Incastellatura


tre pezzi; aspirazione, centrale, dove risiedono le palette, e scarico.
Si usano materiali diversi in funzione della grandezza, della pressione, della tem-
peratura e dalle preferenze del costruttore.
I materiali più comuni sono la ghisa e parti fuse o fabbricate in acciaio.
La parte dell’aspirazione e della mandata sono spesso a forma di una chioccio-
la, sebbene grosse unità abbiano connessioni assiali del tutto speciali.

71
Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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72
Sommario

6
IL TRATTAMENTO
DELL’ARIA
I CONTAMINANTI DELL’ARIA 6a

Come già affermato precedentemente, l’aria compressa è uno dei servizi indi-
spensabili per ogni industria produttiva.
L’aria è flessibile, facilmente trasportabile.
L’aria compressa però contiene una grande quantità di contaminanti che
possono arrecare danni alle macchine operatrici e non ultimo al prodotto
finale.
La contaminazione ha tre fonti principali:
• l’ambiente (da cui viene prelevata);
• il compressore (materiali, lubrificazione, ecc.);
• le tubazioni (tubi, serbatoi di stoccaggio, ecc.).
I filtri posti in aspirazione ai compressori non sempre riescono a trattenere i con-
taminanti che, quindi, entrano nella rete di aria compressa.
Il vapore d’acqua che è contenuto nell’aria compressa, risulta il più importante
contaminante dell’aria ed è un catalizzatore formidabile: sotto forma di con-
densa si combina con sostanze in sospensione e forma fanghi abrasivi e corrosi-
vi. Il vapore d’acqua inoltre, a temperature inferiori a 0 °C, condensa e ghiaccia
causando rotture di tubazioni, cilindri, valvole, scambiatori, ecc.
Altri inquinanti, comuni nelle zone industriali, possono essere i vapori di idro-
carburi, l’anidride solforosa, l’ossido di carbonio, l’ossido di azoto, ecc.

FILTRAZIONE E DEPURAZIONE IN ASPIRAZIONE 6b

I contaminanti presenti nell’aria aspirata possono essere di varia natura:


• solida (terra, nerofumo, sabbia, pollini, polvere di cemento, insetti, batteri,
muffe, lieviti, ecc.);
• liquida (microgocce in sospensione);
• gassosa (prodotti della combustione).
Il contenuto delle impurità varia enormemente da zona a zona; mediamen-
te risultano i seguenti livelli di contaminazione:
• centro abitato 0,005 g/m3
• centro industriale 0,020 g/m3
• industria estrattiva 0,100 g/m3

La distribuzione granulometrica delle particelle sospese è prevalentemente al di


sotto dei 25 ÷35 micrometri (1 micrometro = 1µm = 1/1000 mm ovvero 0,001 mm).

73
Sommario

Per poter meglio comprendere l’importanza dell’installazione di un filtro di aspi-


razione, si può fare il seguente esempio:
• aria aspirata 1.500 m3/ h
• contenuto medio impurità 0,02 g / m3
• ore di lavoro effettivo 2.000 h / anno
Il contaminante aspirato in un anno è:
1.500 m3/ h · 0,02 g / m3 · 2.000 h = 60.000 g = 60 kg.
Una tale quantità di contaminante, se non rimossa, danneggia le parti meccani-
che del compressore con cui viene in contatto, usurando le parti in movimento
e abradendo i condotti.
A ciò si deve aggiungere un’eventuale corrosione indotta da sostanze chimiche
contenute nell’aria aspirata.
La presa di aspirazione è bene che sia:
• lontana da sorgenti di polvere;
• lontana da camini;
• lontana da scarichi.
Esistono molti filtri sul mercato e la loro scelta deve essere fatta tenendo conto
dei seguenti fattori:
• natura prevalente delle particelle aspirate;
• livello di contaminazione;
• situazioni climatiche;
• tipo di compressore;
• tipo di servizio (continuo o discontinuo);
• caduta di pressione ammessa;
• autonomia che si vuole ottenere;
• applicazioni dell’aria compressa.
Possiamo individuare due principali categorie di filtri in aspirazione:
• filtri a secco;
• filtri a umido.
Tutti i filtri sono generalmente protetti da una pre-camera di ciclonazione per
separare le particelle solide più pesanti.
Filtri a secco I filtri a secco possono essere realizzati in diversi materiali filtranti quali:
• carta impregnata con resina;
• feltro;
• ammassi di fibre;
• separatori meccanici a labirinto.
Per ridurre le perdite di carico e aumentare l’autonomia, i filtri con carta e feltro
sono realizzati in forma pieghettata per offrire una grande superficie filtrante in
poco spazio.
Generalmente questi elementi filtranti sono dimensionati per dare una perdita di
carico inferiore a 500 Pa (ovvero 50 mm di H2O).
Quando sono richiesti gradi di filtrazione spinti oppure quando la quantità di
contaminante è considerevole, è preferibile usare sistemi automatici a rullo, che
fanno in modo che l’aria passi attraverso un elemento filtrante che si srotola man
mano che la perdita di carico supera un certo livello prefissato.
Filtri a umido I filtri a umido sono realizzati umettando con olio uno strato filtrante costitui-
to da un ammasso di fibre metalliche o polimeriche: la pellicola di olio che rive-
ste le fibre favorisce la cattura delle particelle per coesione.
Questo tipo di filtro richiede una scrupolosa manutenzione periodica di pulizia e
di bagnatura con olio. È pertanto consigliato solo per aria aspirata pulita e per
piccoli compressori ad uso discontinuo.
In taluni filtri l’umettamento delle fibre viene realizzato ponendo a contatto l’a-
ria con un bagno di olio. In tal modo le fibre vengono mantenute bagnate dal-
l’olio continuamente apportato dall’aria aspirata.
Questo filtro richiede una manutenzione meno scrupolosa.

74
Sommario

UMIDITÀ DELL’ARIA 6c
L’aria è un miscuglio di circa 78%, in volume, di azoto e 21% di ossigeno; il
restante 1% è composto da altri 14 gas.
La composizione rimane costante, sostanzialmente, dal livello del mare fino
all’altezza di circa 20 km, ma la densità decresce con l’altezza e varia con la tem-
peratura e la pressione.
A livello del mare, alla pressione di 1 bar ed alla temperatura di 0 °C, la massa
volumica dell’aria è pari a 1,275 kg/m 3 (alla pressione standard di 1,01325 bar
essa è 1,292 kg/m 3). Pertanto 1 kg di aria, a livello del mare e ad 1 bar, ha un
volume di 0,784 m 3.
La pressione, la temperatura ed il volume sono legate e la relazione, assumendo
l’aria un gas perfetto, è:
Equazione del
p·V = w·R·T gas perfetto
essendo: p la pressione, in Pa
V il volume, in m 3
w la massa, in kg
R la costante del gas, J / (kg K)
T la temperatura, in K

Se si esprime la pressione in bar (anziché in Pa) e ci si riferisce all’aria l’espres-


sione diventa:
p · V = w · R · T· 10-5

dove la costante R, per l’aria, vale 287,1 J / (kg K).

Normalmente l’aria contiene del vapore d’acqua.


La pressione totale dell’aria umida è la somma delle pressioni parziali dell’aria
secca e del vapore d’acqua. L’aria è satura quando la pressione parziale del vapo-
re d’acqua è uguale alla pressione di saturazione del vapore d’acqua, a quella
temperatura.
Vale la seguente definizione:
l’umidità relativa è il rapporto fra la pressione parziale del vapore d’acqua
e quella di saturazione, a quella temperatura.

ϕ = pv / pvs
essendo: ϕ l’umidità relativa
pv la pressione parziale del vapore d’acqua
pvs la pressione del vapore saturo.

Si può anche dire, con buona approssimazione, che l’umidità relativa è il rap-
porto fra il contenuto d’acqua effettivo ed il contenuto d’acqua in condizioni di
saturazione:
ϕ = ~ x / xs
L’umidità assoluta è la quantità effettiva di vapore d’acqua espressa in
grammi, contenuta in un metro cubo di aria umida.
Il punto di rugiada è il punto nel quale la pressione parziale del vapore è ugua-
le a quella di saturazione.
Allorché si effettua un raffreddamento dell’aria e si scende sotto il punto di
rugiada si avrà separazione di acqua dall’aria (condensa).

75
Sommario

tab.6.1 Pressione (bar) e massa volumica (g/m3) del vapore d’acqua


in condizioni sature(1), in funzione della temperatura
Temp. H2O Pr. Sat. Temp. H2O Pr. Sat. Temp. H2O Pr. Sat.
°C g/m3 bar °C g/m3 bar °C g/m3 bar

- 10 2,14 0,00260 25 23,04 0,03166 60 130,2 0,19917


-9 2,33 0,00284 26 24,37 0,03360 61 136,0 0,2086
-8 2,53 0,00310 27 25,76 0,03564 62 142,0 0,2184
-7 2,75 0,00338 28 27,23 0,03779 63 148,2 0,2285
-6 2,99 0,00369 29 28,76 0,04004 64 154,6 0,2391

-5 3,25 0,00402 30 30,37 0,04241 65 161,3 0,2501


-4 3,52 0,00437 31 32,05 0,04491 66 168,1 0,2615
-3 3,82 0,00476 32 33,82 0,04753 67 175,3 0,2733
-2 4,14 0,00517 33 35,66 0,05029 68 182,6 0,2856
-1 4,48 0,00562 34 37,59 0,05318 69 190,3 0,2984

0 4,85 0,006108 35 39,62 0,05622 70 198,2 0,3117


1 5,19 0,006566 36 41,72 0,05940 71 206,4 0,3254
2 5,56 0,007054 37 43,93 0,06274 72 214,8 0,3396
3 5,95 0,007575 38 46,23 0,06624 73 223,6 0,3543
4 6,36 0,008129 39 48,64 0,06991 74 232,6 0,3696

5 6,79 0,008719 40 51,15 0,07375 75 242,0 0,3855


6 7,26 0,009347 41 53,79 0,07777 76 251,6 0,4019
7 7,75 0,010013 42 56,53 0,08198 77 261,5 0,4189
8 8,26 0,010721 43 59,38 0,08639 78 271,8 0,4365
9 8,82 0,011473 44 62,34 0,09101 79 282,5 0,4547

10 9,40 0,012277 45 65,44 0,09584 80 293,4 0,4736


11 10,01 0,013118 46 68,68 0,10086 81 304,7 0,4931
12 10,66 0,014016 47 72,05 0,10614 82 316,4 0,5133
13 11,34 0,014967 48 75,57 0,11163 83 328,4 0,5342
14 12,06 0,015974 49 79,24 0,11736 84 340,8 0,5558

15 12,82 0,017041 50 83,06 0,12335 85 353,6 0,5781


16 13,63 0,018170 51 86,96 0,12960 86 366,7 0,6011
17 14,47 0,019364 52 91,07 0,13612 87 380,4 0,6249
18 15,36 0,02062 53 95,33 0,14292 88 394,3 0,6495
19 16,30 0,02196 54 99,80 0,15001 89 408,7 0,6749

20 17,29 0,02337 55 104,4 0,15740 90 423,5 0,7011


21 18,33 0,02486 56 109,2 0,16510 91 438,8 0,7281
22 19,42 0,02643 57 114,2 0,17312 92 454,5 0,7560
23 20,57 0,02808 58 119,3 0,18146 93 470,8 0,7848
24 21,77 0,02982 59 124,7 0,19014 94 487,3 0,8145
25 23,04 0,03166 60 130,2 0,19917 95 504,5 0,8451
°C g/m3 bar °C g/m3 bar °C g/m3 bar

76
Sommario

Vale la seguente simbologia:


pvs : pressione del vapore d’acqua saturo (tab. 6.1),
ϕ : umidità relativa,
pv : pressione parziale (ϕ · pvs ) del vapore d’acqua,
ρws : massa volumica del vapore d’acqua.
Dalla tab. 6.1 si rileva che il contenuto di vapore d’acqua in condizioni di satu-
razione dipende esclusivamente dalla temperatura. Questo fatto dimostra per-
ché in un compressore non si forma la condensa: la compressione provoca un
aumento della temperatura.
Se si prende per esempio una certa quantità d’aria satura e la si comprime fino
al doppio della sua pressione assoluta, il suo volume si riduce alla metà.
Analizzando la tab. 6.1 si rileva che l’aria trattiene più umidità quanto più la tem-
peratura aumenta; non si ha di conseguenza la formazione di condensa duran-
te la fase di compressione a causa dell’innalzamento di temperatura.
Se avessimo fatto una compressione isotermica (trasformazione a temperatura
costante), anche la quantità di vapore contenuta nell’aria si sarebbe ridotta alla
metà, condensando la parte in eccesso.
La condensa si forma invece nel refrigerante finale oppure nella rete di distribu-
zione dell’aria compressa, dove la temperatura dell’aria diminuisce .
Per stabilire la quantità d’acqua che entra in un compressore sotto forma di
vapore ed esce sotto forma di acqua, si veda l’esempio seguente.
Condizioni di esercizio:
· portata: 2.000 Nm3/h
· pressione assoluta di aspirazione: 1,01325 bar (pressione atmosferica)
· pressione relativa di mandata: 7 bar
· temperatura di aspirazione: 20 °C
· umidità relativa : 60 %
· temperatura dell’acqua di refrigerazione: 18 °C.
Con l’ausilio della tab. 6.1 si rileva quanto vapore d’acqua entra nel compresso-
re: l’aria umida, alla temperatura di aspirazione di 20 °C, ed in condizioni di satu-
razione, contiene 17,29 g/m3 di acqua.
Essendo l’umidità relativa uguale al 60%, il contenuto di acqua sarà:
17,29 · (60/100) = 10,374 g / m3
Con l’aria vengono aspirati 10,374 g / m3 d’acqua. Ogni ora verranno aspirati:
10,374 · 2.000 = 20.748 g / h = 20,75 kg / h d’acqua
Se il funzionamento fosse continuo, verrebbero aspirati ogni giorno:
20,75 · 24 = 498 kg / d d’acqua sotto forma di vapore.

Come abbiamo già visto tutto questo vapore entra ed esce dal compressore
sempre sotto forma di vapore, perché l’aumento della temperatura durante la
fase di compressione impedisce la condensazione.
L’aria compressa calda e umida entra poi nel refrigerante finale dove condensa
una parte del vapore.
Per calcolare quanta acqua rimane nel refrigerante finale dobbiamo ricordare
che l’aria compressa esce alla presenza della sua condensa, di conseguenza è
satura.
Il punto di rugiada corrisponde alla pressione e temperatura dell’aria in mandata.
Si immagini che l’aria compressa esca dal refrigerante finale ad una temperatu-
ra superiore di 7 K, rispetto quella d’ingresso dell’acqua di raffreddamento,
ovvero a 25 °C (=18 + 7).

(1) - I valori della tabella 6.1 sono stati desunti da «Handbook of Thermodynamic Tables and Charts»
di Kuzman Ra Njevi - McGraw - Hill Book Company.

77
Sommario

Dalla tab. 6.2 si ricava che l’aria compressa in condizioni sature a 25 °C, a 8 bar
(pressione assoluta) contiene 2,984 g/m3 d’acqua sotto forma di vapore.
Se si toglie dall’aria aspirata la quantità d’acqua che rimane sotto forma di vapo-
re nell’aria compressa all’uscita del refrigerante finale, si avrà:
10,374 - 2,984 = 7,390 g / m3 di condensato (teorico) nel refrigerante finale.

Ammesso un rendimento dell’80% del refrigerante finale, avremo:


7,390 · (80/100) = 5,912 g/m3 che rimangono nel refrigerante finale,
mentre la differenza: 10,374 - 5,912 = 4,462 g/m3 rimane nell’aria di man-
data, a valle del refrigerante finale.

Massa approssimata, in grammi, dell’acqua contenuta in un metro cubo


d’aria umida allo stato di saturazione (punto di rugiada) alle varie
temperature e tre diverse pressioni assolute.
tab. 6.2
g/ m3 punto di rugiada (°C ) g/ m3 punto di rugiada (°C )
H2O p=1 bar p=5 bar p=8 bar H2O p=1 bar p=5 bar p=8 bar
4,868 0 26 35 0,301 - 31 -14 -9
4,487 -1 25 33 0,271 - 32 - 15 - 10
4,135 -2 23 32 0,244 - 33 - 16 - 11
3,889 -3 22 30 0,220 - 34 - 17 - 12
3,513 -4 20 29 0,198 - 35 - 18 - 14
3,238 -5 19 27 0,178 - 36 - 20 - 15
2,984 -6 18 25 0,160 - 37 - 21 - 16
2,751 -7 16 24 0,144 - 38 - 22 - 17
2,537 -8 15 23 0,130 - 39 - 23 - 18
2,339 -9 13 21 0,117 - 40 - 24 - 19
2,15 - 10 12 20 0,104 - 41 - 26 - 20
1,96 - 11 11 18 0,093 - 42 - 27 - 22
1,80 - 12 9 17 0,083 - 43 - 28 - 23
1,65 - 13 8 16 0,075 - 44 - 29 - 24
1,51 -4 6 14 0,067 - 45 - 30 - 25
1,38 - 15 5 13 0,060 - 46 - 31 - 26
1,27 - 16 4 11 0,054 - 47 - 32 - 27
1,15 - 17 2 10 0,048 - 48 - 33 - 28
1,05 -18 1 +8 0,043 - 49 - 34 - 29
0,96 - 19 0 +7 0,038 - 50 - 35 - 31
0,88 - 20 -1 +6 0,034 - 51 - 36 - 32
0,80 - 21 -2 +4 0,030 - 52 - 37 - 33
0,73 - 22 -3 +3 0,027 - 53 - 39 - 34
0,66 - 23 -5 +1 0,024 - 54 - 40 - 35
0,60 - 24 -6 0 0,021 - 55 - 41 - 36
0,55 - 25 -7 -1 0,019 - 56 - 42 - 37
0,51 - 26 -8 -2 0,017 - 57 - 43 - 38
0,46 - 27 -9 -3 0,016 - 58 - 44 - 40
0,41 - 28 -10 -5 0,013 - 59 - 45 - 41
0,37 - 29 -12 -6 0,011 - 60 - 46 - 42
0,33 - 30 -13 -7 0,010 - 61 - 47 - 43

78
Sommario

Dove vanno i 498 kg di acqua che entrano quotidianamente nel compressore


sotto forma di vapore? Nel refrigerante finale vengono trattenuti:
5,912 · 2.000 · 24 = 283.776 g/ d = 283,8 kg/d
e nella rete di distribuzione aria vengono immessi:
4,462 · 2.000 · 24 = 214.176 g/ d = 214,2 kg / d
Questa massa d’acqua è contenuta, sotto forma di vapore, nell’aria compressa
satura a 7 bar e 25°C.
Se l’aria compressa si raffreddasse ulteriormente nella rete di distribuzione, si
avrebbe inevitabilmente formazione di altra condensa.
Per evitare questa probabile formazione d’acqua nella rete, non rimane altro che
installare un essiccatore.

ELIMINAZIONE DELLA CONDENSA 6d

Prima di essere inviata nella rete di distribuzione, l’aria deve essere sempre raf-
freddata da un refrigerante finale, installato dopo il compressore, per ridurre il
contenuto di vapori di acqua ed olio.
Un esempio tipico di inquinamento, a valle del compressore, può essere così
costituito:
3
• particelle solide fino a 20 mg / Nm3
• vapore d’acqua fino a 80 g / Nm
• aerosol d’olio fino a 100 mg / Nm3
• vapore d’olio fino a 20 mg / Nm3
• altri gas (CO2, CO, NO x, SOx, H2S, idrocarburi, NaCl, ecc., le cui concentra-
zioni (ppm o ppb) sono legate al microclima locale;
• microrganismi (da considerare quando si vuole ottenere aria trattata e pura
batteriologicamente).

Dal 1970 con l’iniziativa della BCAS (British Compressed Air Society) ed il contri-
buto PNEUROP, la ISO ha pubblicato delle normative che definiscono la purezza
dell’aria compressa per le specifiche applicazioni.
Nel capitolo potrete analizzare le tabelle con i tipi di aria per le varie applicazioni.
Il primo trattamento, escludendo il filtro di aspirazione che ha una trattazione
a parte, avviene nel refrigerante finale detto anche post-refrigerante.
Il refrigerante finale può essere a fascio tubiero aria-acqua, oppure mediante
batteria alettata aria-aria.
Qui avviene il raffreddamento dell’aria, la condensazione del vapore acqueo
contenuto in essa e la separazione mediante un separatore centrifugo.
Nei compressori bistadio il primo raffreddamento e relativa condensazione avvie-
ne nel refrigerante intermedio.

Per calcolare tutte le trasformazioni subite dall’aria compressa nelle varie fasi di
raffreddamento e di essiccamento si può utilizzare il diagramma psicrometrico
riportato nel cap. 20.
Per trattare l’aria compressa in modo efficace, è necessario conoscere, nei diver-
si punti dell’impianto, quali sono i parametri di:
• pressione;
• temperatura;
• umidità specifica;
• umidità relativa;
• entalpia;
• punto di rugiada.

79
Sommario

6d.1 I REFRIGERANTI
I refrigeranti possono essere di 2 tipi:
• intermedi (tra uno stadio e l’altro di compressione);
• finali (all’uscita dell’ultimo stadio di compressione).
Il raffreddamento può essere ad aria forzata, oppure ad acqua; in circuito
chiuso, con acqua di torre, con acqua raffreddata da radiatori, oppure con
acqua raffreddata da un chiller (sempre in circuito chiuso).
Nel refrigerante, l’aria calda arriva con un elevato contenuto di umidità e scam-
bia il calore con il fluido di raffreddamento per abbattere la sua temperatura.
In un compressore monostadio a pistoni si può avere una temperatura alla man-
data tra i 40 e 230 °C.
In un compressore a vite o palette, ad iniezione d’olio, l’aria compressa può
avere una temperatura tra 80 e 100 °C.
La temperatura di mandata di un compressore dipende molto dal sistema di raf-
freddamento e dalla temperatura ambiente.
Con il raffreddamento ad acqua si avranno sempre dei risultati finali migliori
rispetto al raffreddamento ad aria:
• con acqua di torre si può avere la temperatura dell’aria in mandata ridotta
a 30 ÷ 32 °C;
• con acqua prodotta da chiller si può avere una temperatura dell’aria di
20 °C e anche minore.
I sistemi raffreddati ad aria sono considerati più semplici.
L’utente però deve tenere conto che nella sua sala compressori, si deve poter
estrarre l’aria calda e immettere aria fresca esterna nuova in misura sufficiente
sia per l’aspirazione dei compressori che per i vari sistemi di raffreddamento.
Infatti un impianto composto da compressore ed essiccatore deve avere aria dis-
ponibile per il raffreddamento del:
• compressore,
• radiatore dell’olio (compressore ad iniezione d’olio),
• refrigerante finale ed intermedio,
• motore elettrico,
• condensatore dell’eventuale essiccatore a ciclo frigorifero.
Tutti i refrigeranti finali ed intermedi debbono essere tenuti in buona efficienza,
puliti e generosamente dimensionati.
Un buon raffreddamento permette, infatti, di far condensare una buona parte
del vapore d’acqua e dell’olio, contenuti nell’aria compressa.
Un refrigerante finale ben progettato può far condensare il 60% del vapore con-
tenuto inizialmente nell’aria aspirata.

6d.2 I SEPARATORI DI CONDENSA


Abbinato al refrigerante finale deve sempre essere installato un efficiente sepa-
ratore di condensa che può essere del tipo:
• centrifugo;
• a pacco;
• a labirinto.
Oltre al separatore deve essere presente un valido sistema automatico di scarico
della condensa.

80
Sommario

GLI ESSICCATORI D’ARIA 6d.3


L’aria compressa che esce dal refrigerante a valle del compressore è satura di
vapore d’acqua e potrebbe contenere delle goccioline di condensa non tratte-
nute dal separatore.
L’aria compressa, espandendosi nelle apparecchiature utilizzatrici, si raffredda
indipendentemente dalle condizioni ambientali, e ciò provoca ulteriore forma-
zione di condensa.
È pertanto normale avere formazione di condensa a valle del refrigerante finale:
ecco perché è necessario un ulteriore trattamento per essiccare l’aria compressa.
Per renderci conto dell’importanza di essiccare l’aria compressa o tutti i gas indu-
striali, si elencano di seguito alcuni degli effetti dannosi provocati dalla presen-
za di condensa nella rete:

• la condensa dilava l’olio lubrificante nelle macchine pneumatiche utilizza-


trici, causandone una rapida usura. La manutenzione diventa costosa.
• Le miscele di acqua emulsionata con olio, ostruiscono i passaggi degli stru-
menti pneumatici causandone la messa fuori servizio.
• La condensa corrode le linee di distribuzione formando scaglie o polveri di
ossido, che vengono trasportati fino agli strumenti o alle macchine utiliz-
zatrici.
• Con l’abbassamento della temperatura, la condensa può gelare nelle linee
causandone l’ostruzione.
• Nella verniciatura a spruzzo la condensa produce crateri antiestetici e inne-
sco di corrosione.
• Nella sabbiatura, la condensa provoca frequenti intasamenti degli ugelli ed
una rapida ossidazione delle superfici trattate.
• Nei trasporti pneumatici, l’umidità causa intasamenti od altera il prodotto
trasportato.
• La condensa è dannosa nelle lavorazioni farmaceutiche ed alimentari.
• Nell’industria elettronica la condensa non è ammessa.
Per evitare tali inconvenienti occorre quindi installare a valle del refrigerante fina-
le un essiccatore.
Quando si sceglie un impianto di essiccamento occorre stabilire fino a quale
punto di rugiada occorre portare l’aria umida.
Il punto di rugiada, quando si tratta di essiccatori, si riferire sempre alla pres-
sione di esercizio; esso rappresenta la temperatura al disotto della quale si
ha formazione di condensa.
I metodi usati per essiccare l’aria sono:
a) la supercompressione;
b) la refrigerazione;
c) l’assorbimento:
• con assorbenti solidi,
• con assorbenti liquidi,
d) l’adsorbimento.

SUPERCOMPRESSIONE 6d.3a
È il processo che comprime un gas fino a quando la pressione parziale del vapo-
re d’acqua supera la sua pressione di saturazione a quella temperatura. Il gas è
quindi supercompresso rispetto a quanto richiesto dalle utenze.
Il gas espandendosi risulta più secco.
Questo metodo è molto semplice, ma il costo dell’esercizio è elevato e per que-
sto viene usato solamente per piccole portate.

81
Sommario

6d.3b RAFFREDDAMENTO E REFRIGERAZIONE


Questo metodo si basa sul principio che l’aria compressa trattiene meno acqua
quanto più si abbassa la sua temperatura.
L’aria all’uscita del refrigerante finale viene ulteriormente raffreddata mediante
uno scambiatore di calore a circolazione di freon.
Con questo sistema si potrebbero raggiungere temperature molto basse, ma evi-
dentemente esistono dei limiti in quanto la condensa al disotto di 0 °C diventa
ghiaccio. Per garantire continuità e sicurezza di funzionamento, la temperatura
dell’aria non viene mai abbassata sotto + 2 °C.
Dopo che la condensa è stata separata, l’aria raffreddata viene nuovamente
riscaldata ad una temperatura di poco inferiore a quella d’ingresso.
Il punto di rugiada alla pressione di esercizio degli essiccatori a refrigerazione
normalmente è compresa fra + 2 e +5 °C.
Questo sistema di essiccamento è adatto per impianti al chiuso e per applicazio-
ni nelle quali l’espansione dell’aria non faccia mai scendere la temperatura al di
sotto del punto di rugiada dell’essiccatore e non sono pertanto adatti per quei
processi nei quali è indispensabile un’aria molto secca.
Gli essiccatori sono composti da un compressore di freon, da un condensato-
re e da due scambiatori di calore (fig. 6.3).
fig. 6.3
Essiccatore a refrigerazione ARIA SECCA EVAPORATORE
con recupero del calore

ARIA UMIDA
CONDENSATORE

COMPRESSORE
DEL FREON

6d.3c L’ASSORBIMENTO
L’assorbimento del vapore d’acqua si può ottenere:
a) mediante assorbenti solidi insolubili, esempio: calce viva, perclorato di
magnesio, i quali reagiscono chimicamente con l’acqua senza disciogliersi;
b) mediante assorbenti deliquescenti, quali ad esempio il litio, il cloruro di
calcio; essi reagiscono chimicamente con l’acqua, si liquefanno man mano
che avviene l’assorbimento.
Questi assorbenti devono essere continuamente rinnovati.
Questi essiccatori presentano diversi svantaggi, in quanto la maggioranza degli
agenti essiccanti è chimicamente molto aggressiva e sussiste il pericolo che ven-
gano trascinati dal flusso d’aria.
Gli assorbenti liquidi sono frequentemente utilizzati nel condizionamento.
Il punto di rugiada raggiungibile con questi essiccatori è modesto e dipende dalla
temperatura dell’aria compressa all’ingresso:
è di 0 °C per aria compressa a 30°C e 7 bar,
è di 8 °C per aria compressa a 40 °C e 7 bar.
Normalmente vengono utilizzati per grandi masse d’aria (fig. 6.4).

82
Sommario

V fig. 6.4
IMMISSIONE ESSICCANTE Essiccatore ad assorbimento

PASTIGLIE DI
ESSICCANTE
ARIA
SECCA

ARIA
UMIDA

R fig. 6.5
CONDENSA Principio di funzionamento di
un essiccatore ad adsorbimento

L’ADSORBIMENTO 6d.3d
È questo il sistema più utilizzato nell’industria moderna in quanto dà il punto
di rugiada più basso. Il principio di funzionamento consiste nel lasciare passare
l’aria satura attraverso un letto di materiale che agisce mediante adsorbimento
superficiale e condensazione capillare.
Come materiali essiccanti si utilizzano normalmente: allumina attivata, gel di
silice e setacci molecolari.
Questi materiali sono chimicamente inerti nei confronti dei gas da essiccare,
non sono tossici ed hanno una buona consistenza meccanica.
Sono in grado di adsorbire umidità senza alterarsi chimicamente, sopportando
numerosi cicli di rigenerazione prima che perdano le loro caratteristiche.
La rigenerazione si ottiene facendo attraversare l’adsorbente da un gas caldo
e da un gas molto secco, in modo da togliere l’umidità.
Con l’allumina attiva e il gel di silice si raggiunge un punto di rugiada da -20
a -50 °C; con i setacci molecolari si raggiunge un punto di rugiada da -70 a
- 90 °C in funzione del tempo di contatto dell’aria con il letto.
L’allumina attiva ed il gel di silice permettono di raggiungere lo stesso punto di
rugiada, ma hanno un diverso potere adsorbente: l’allumina attiva adsorbe una
quantità d’acqua pari al 25% della sua massa, mentre il gel di silice ne adsorbe
il 40%. Per contro l’allumina attiva ha delle caratteristiche meccaniche netta-
mente superiori al gel di silice. L’allumina attiva non si può utilizzare nei casi in
cui l’aria da trattare contenga degli acidi.
I setacci molecolari vengono utilizzati per applicazioni speciali.
Se l’aria contiene olio proveniente dal sistema di compressione, occorre installa-
re a monte di questi essiccatori un filtro separatore di nebbie d’olio ad alta effi-
cienza, per non “avvelenare” il letto adsorbente.
Il materiale essiccante può durare fino a 5 anni in servizio continuativo (fig. 6.5)

Essiccatori con rigenerazione a caldo Rigenerazione a caldo


Costruttivamente un essiccatore ad adsorbimento è molto semplice: è formato
da due colonne gemelle, piene di materiale essiccante.
Quando una colonna essicca, l’altra è in rigenerazione; dopo un intervallo di
tempo la funzione delle due colonne s’inverte automaticamente per rendere il
servizio continuo.
Infatti quando l’essiccatore ha assorbito una certa quantità d’acqua, il flusso del-
l’aria umida in ingresso viene deviato sull’altra colonna, mentre l’altra colonna
viene rigenerata mediante aria calda, riscaldata elettricamente, proveniente da
una soffiante. In questo caso avremo il costo dell’energia elettrica necessaria sia
per alimentare la soffiante sia per alimentare le resistenze elettriche ( fig. 6.6).

83
Sommario

fig. 6.6 V
ARIA UMIDA ARIA SECCA
Essiccatore ad assorbimento
con rigenerazione
ad aria calda

ARIA
SECCA

fig. 6.7 R
Essiccatore ad adsorbimento
con rigenerazione ARIA UMIDA
ARIA SECCA
ad aria secca

Rigenerazione a freddo Con questi apparecchi l’essiccante non viene riscaldato; la rigenerazione avvie-
ne spillando una piccola quantità d’aria secca e facendola espandere nella colon-
na da rigenerare.
Quest’aria occupando un maggior volume ha un’umidità relativa inferiore che le
permette di riprendere l’umidità contenuta nel letto adsorbente.
Dai costi scompare l’energia elettrica, ma aumenta notevolmente la quantità
d’aria secca di purga necessaria per la rigenerazione (circa il 12÷15% dell’aria
totale essiccata).
Questi essiccatori sono particolarmente adatti per essere installati in zone peri-
colose, frequenti nell’industria petrolchimica (fig. 6.7).

6d.4 GLI SCARICATORI DI CONDENSA


La condensa separata, che si accumula nelle parti più basse delle apparecchia-
ture, deve essere sistematicamente eliminata per evitare che venga trascinata
nelle tubazioni dal flusso di aria compressa.
Gli scaricatori di condensa sono di vari tipi:
• a galleggiante,
• elettronici temporizzati,
• proporzionali,
• capacitivi.
La conoscenza di vantaggi e svantaggi relativi ad ogni tipo, permette la scelta
ottimale per ogni applicazione.

Manuali Lo scarico della condensa tramite una valvola azionata manualmente, dal punto
di vista tecnico, non è un sistema in linea con le attuali tecnologie.
Lo scarico effettuato manualmente si rivela inoltre inaffidabile, dato che viene
attivato ad intervalli sporadici, senza tenere conto dell’effettiva quantità di con-
densa che si è accumulata.

A galleggiante Ciò che più qualifica questo dispositivo, risiede nel fatto che la condensa raccol-
ta nel contenitore, una volta raggiunto un certo livello, viene scaricata.
La spinta idrostatica del galleggiante è utilizzata per aprire una valvola o per
azionare un contatto elettromagnetico.
Negli scaricatori a galleggiante completamente meccanici, la spinta idrostatica
del galleggiante è utilizzata solo per aprire un orifizio.
Va tenuto presente che la spinta idrostatica del galleggiante è limitata dalla

84
Sommario

dimensione del galleggiante stesso, per cui la forza di azionamento prodotta


sarà in grado di azionare valvole con orifizio dal diametro compreso da 0,5 a
2 mm. Considerando che la condensa può contenere delle sporcizie, il sistema
potrebbe anche incepparsi.
Una valvola che non si richiuda perfettamente causerà, inoltre, continue e costo-
se perdite di aria compressa; invece, nel caso di bloccaggio del meccanismo di
scarico e conseguente bloccaggio della valvola in posizione chiusa, ci troveremo
in presenza di condensa in tutto l’impianto.
Il problema più frequente negli scaricatori a galleggiante è di origine mecca-
nica, in quanto l’olio presente nella condensa tende ad incollare le parti in movi-
mento ed i leverismi del galleggiante, rendendolo più pesante e riducendo la sua
spinta idrostatica: di conseguenza il corretto funzionamento di questo scari-
catore non è garantito per lungo tempo.
L’unica soluzione consiste in frequenti interventi di manutenzione.
Il vantaggio di questo sistema risiede nel fatto che non ha bisogno di asser-
vimenti elettrici.

Gli scaricatori temporizzati sono spesso usati in piccole e medie sale compres- Temporizzati
sori. Sono sistemi molto compatti e hanno una valvola di scarico con orifizio di
circa 2÷ 5 mm di diametro.
Un temporizzatore apre la valvola per tempi variabili da 1 a 10 secondi, permet-
tendo alla condensa di fuoriuscire.
Come abbiamo già detto, un impianto d’aria compressa non produce sempre la
stessa quantità di condensa, ma bensì una quantità variabile in funzione della
temperatura e dell’umidità relativa.
Generalmente gli intervalli di regolazione dello scarico vengono basati sulle
quantità di condensa prodotte in una giornata estiva molto calda e con elevata
umidità.
Alfine di essere sicuri che tutta la condensa venga scaricata, si aggiunge un mar-
gine di sicurezza, regolando così la valvola in modo tale che, terminato lo scari-
co del liquido, si senta alla fine, un soffio di aria compressa.
I valori di seguito indicati possono essere utilizzati quale esempio per calcolare la
perdita di aria compressa annuale.
• Prestazioni del compressore: 900 m3 / h = 15 m3 / min
• Picco di produzione condensa: 24.330 g / h
• Media annuale di produzione condensa: 3.350 g/ h
• Attraverso un orifizio Ø 5 mm, (con efficienza 0,5) alla pressione di 8 bar:
passa un quantitativo di: acqua: 352 g / s
aria: 0,032 m3 / s
La taratura del tempo di apertura (tap) della valvola sarà:
tap = 24.330/352 = 69 s / h
Comunque, la media di produzione di condensa annuale è solamente il 13,8%
del picco massimo annuale. Ciò significa che, su una media annuale, la valvola
scaricherà per l’86,2% del suo tempo di taratura di 69 s/h solamente aria com-
pressa. Il tempo di intervento a vuoto sarà quindi di circa 60 s/h.
La perdita di aria compressa Vperd sarà:
Vperd = 60 X 0,032 = 1,92 m 3/ h
Se il compressore funzionasse continuamente (circa 8.000 ore / anno), la perdita
annuale sarebbe:
Vperd = 1,92 X 8.000 = 15.360 m 3/ anno.
Tradotta in moneta, in tal caso, la perdita sarebbe una cifra degna di considera-
zione.

85
Sommario

Controllo elettronico Nello scaricatore con controllo di livello elettronico a sensore capacitivo, il livello
della condensa viene controllato da un sistema di sonde elettroniche, senza
parti meccaniche in movimento.
Il circuito di controllo dà un segnale di allarme se lo scarico non avviene corret-
tamente.

6e FILTRAZIONE E DEPURAZIONE DELL’ARIA COMPRESSA

6e.1 PRINCIPI GENERALI


L’utilizzatore richiede aria compressa di qualità sempre migliore.
La ragione principale può essere ricondotta al sempre più ampio utilizzo di siste-
mi pneumatici di movimentazione, di controllo oltre che all’utilizzo diretto del-
l’aria nei processi industriali e nelle biotecnologie.
Non va trascurato anche l’aspetto ecologico e ambientale in quanto l’aria deve
essere restituita all’ambiente con il minore carico possibile di inquinanti che sono
apportati dal sistema di compressione.
Daremo quindi brevi cenni sui contaminanti più comuni e sui mezzi general-
mente impiegati per la loro separazione.
Il filtro è un componente che si ritrova più volte in un circuito di aria compressa.
Esso, infatti, viene impiegato per:
• rimuovere i contaminati presenti nell’aria aspirata dall’ambiente e non trat-
tenuti dal filtro in aspirazione
• rimuovere i contaminati apportati da compressori e fonti interne all’im-
pianto pneumatico
• proteggere apparecchiature utilizzate per il trattamento dell’aria (essiccatori)
• qualificare l’aria compressa per l’utilizzo finale
• restituire all’ambiente aria con ridotto inquinamento.
Un circuito di aria compressa presenta molti contaminanti che si possono così
raggruppare:

Contaminanti solidi Particelle: metalliche - sabbia - materie plastiche - ruggine - pulviscolo -


sostanze carboniose - cloruro di sodio - ecc.
Derivano da:
• sorgenti esterne ed interne
• aria aspirata
• impianto di distribuzione
• organi in movimento
• essiccatori ad adsorbimento
Contaminanti liquidi Acqua: presente in forma libera o in vapore
Deriva da: umidità atmosferica.
Il calore sviluppato dalla compressione trattiene inizialmente l’acqua
sotto forma di vapore, ma il successivo raffreddamento genere la sua
condensazione.
Olio: presente in forma: libero - nebbie - aerosol - vapore
Deriva da olio di lubrificazione immesso durante la compressione.
Il calore sviluppato dalla compressione forma:
• vapore
• aerosol con dimensioni da 0,05 a 1 µm
• fumi con dimensioni da 0,2 a 8 µm
• nebbie oleose con dimensioni da 1,2 a 14 µm
Miscela: acqua e olio si possono presentare anche sotto forma emulsionata

86
Sommario

Gas: derivano da: contaminazione locale dall’aria aspirata. Contaminanti gassosi


L’ossido di carbonio è, per esempio, da rimuovere per ottenere aria respi-
rabile.

POTERE DI RITENZIONE DEI FILTRI 6e.2


I filtri sono in grado di rimuovere i contaminanti solidi e liquidi (in forma di neb-
bia e aerosol) ad eccezione di quelli presenti sotto forma di vapore.
I filtri, per rimuovere i solidi, vengono normalmente caratterizzati dal potere di
ritenzione che, semplicisticamente, rappresenta la dimensione minima delle par-
ticelle trattenute dall’elemento filtrante.
Per completezza d’informazione il potere di ritenzione viene espresso in diversi
modi, in funzione del campo di applicazione.

Corrisponde al diametro delle particelle al di sopra del quale il setto fil- Grado di filtrazione
trante trattiene un’alta percentuale di particelle (valore arbitrario che i nominale
costruttori più qualificati attestano intorno al 98%).

Rappresenta il diametro della più grande particella “sferica” che passa attra- Grado di filtrazione
verso il setto filtrante, in determinate condizioni di prova.

È il rapporto semplificato tra il numero di particelle maggiori di una certa Rapporto beta (β)
dimensione presenti in un dato volume che “sfida” l’elemento filtrante ed il
numero di particelle maggiori della stessa dimensione presenti nello stesso volu-
me lasciate passare dal setto filtrante.
La dimensione delle particelle è usata come un indice del rapporto β; ad esem-
pio: β5 = 50 significa che il numero delle particelle di 5 µm dopo il filtro è 50
volte in meno di quelle presenti prima del filtro.

È il logaritmo in base 10 del rapporto fra il numero dei microrganismi inci- Ritenzione batterica
denti e quelli presenti nel filtrato. «LRV»
Questo potere di ritenzione viene utilizzato per definire le prestazioni dei filtri
nelle applicazioni biologiche.
Gli elementi filtranti sono spesso realizzati con setti filtranti compositi al fine di
esaltare i fenomeni di trattenimento dei contaminanti.
Inoltre l’ampia scelta dei materiali permette di ottimizzare e di valutare tutti gli
aspetti critici di ogni singola applicazione.
Gli elementi filtranti più diffusi sono caratterizzati dai seguenti materiali:
• fibre di cellulosa impregnate con resine;
• microfibre di borosilicato con o senza legante;
• materiali polimerici;
• membrane idrofobe;
• sinterizzati di bronzo ed acciaio inossidabile;
• ceramica e quarzite.
I setti disponibili sul mercato permettono di realizzare elementi che filtrano per
superficie o per profondità con gradi di filtrazione talmente precisi da garantire
aria definita sterile o ultrapura impiegata in applicazioni critiche quali quelle nel
campo farmaceutico, elettronico, alimentare, respirabile, ecc.
I filtri utilizzati per rimuovere i contaminanti presenti in forma di fumi, nebbie ed
aerosol basano il loro funzionamento sul fenomeno della coalescenza. I proble-
mi maggiori vengono non nell’eliminazione dell’acqua, bensì dell’olio e di even-
tuali sue emulsioni con l’acqua.

87
Sommario

L’olio del compressore, riscaldato a temperature elevate durante la compressio-


ne, perde buona parte delle proprie qualità di lubrificante per cui è da conside-
rare elemento inquinante anche dove l’impianto pneumatico utilizzatore richie-
de aria lubrificata.
I fumi sono costituiti da microgocce con dimensioni tra 0,2 a 8 µm mentre gli
aerosol hanno dimensioni da 0,05 a 1 µm.
Se l’aria compressa contenente queste microgocce viene fatta passare attraver-
so un setto poroso submicronico, si verifica l’effetto della coalescenza: le micro-
gocce entrando in contatto tra di loro, si uniscono e si ingrossano in gocce sem-
pre più grandi che vengono spinte dal flusso d’aria e raccolte dalla parte oppo-
sta del setto poroso.
La struttura del setto poroso, la velocità di filtrazione, la presenza di barriere anti-
trascinamento sono tutti fattori che influenzano la prestazione del filtro coale-
scente.
Il liquido separato cade per gravità sul fondo del contenitore del filtro da cui
deve essere continuamente eliminato manualmente e/o automaticamente per
mezzo di scaricatori.

Efficienza La validità di un elemento filtrante è determinata non solo dal tipo di setto fil-
trante, ma soprattutto dall’integrità dei giunti di unione dei diversi componenti.
Ciò evidenzia l’importanza dei controlli di produzione.
L’efficacia delle cartucce coalescenti viene determinata dai costruttori per mezzo
di prove distruttive sperimentali che possono essere correlate a prove non
distruttive previste da alcune norme internazionali, quali ad esempio:
• PROVA del D.O.P. - ASTM D.2986, condotta con aerosol monodispersi da 0,3 µm.
• PROVA alla fiamma di sodio B.S. 3929, condotta con particelle da 0,65 µm.
Le case costruttrici che vogliono garantire il loro prodotto, conducono queste
prove non distruttive in modo sistematico sulla produzione e conservano le rela-
tive documentazioni per ogni lotto.
I filtri a coalescenza più efficienti permettono di ridurre il contenuto di olio a
0,01 ppm (parti per milione, generalmente espresse in massa), esclusi i vapori
che possono essere eliminati solo per adsorbimento (vedi 6d.3 “essiccatori”).

6e.3 QUALE FILTRO SELEZIONARE


Le norme ISO 8573-1:1991 hanno normalizzato la purezza dell’aria compressa
in funzione dell’utilizzazione (tab. 6.8 - 6.9 - 6.10).
Un unico filtro non è sufficiente per raggiungere il livello di purezza desiderato.
Per avere bassi costi di gestione è importante selezionare filtri che raggiungano
il massimo delle prestazioni con la minore perdita di pressione e con la maggio-
re durata.
tab. 6.8
Classe Grandezza max. particelle (*) Concentrazione max. (**)
ISO 8573-1: 1991 µm mg / m3
Grandezza massima delle 1 0,1 0,1
particelle e concentrazione
dei contaminanti solidi. 2 1 1
3 5 5
4 15 8
5 40 10
(*) La grandezza della particella è basata su un rapporto di filtrazione βN = 20. Il minimo di accu-
ratezza del metodo di misura impiegato è 20% del valore limite della classe.
(**) Alla pressione assoluta di 1 bar, alla temperatura di +20 °C e ad una pressione relativa del vapo-
re di 0,6 bar. Da notare che a pressioni superiori di quella atmosferica, la concentrazione del
contaminante è più alta.

88
Sommario

V tab. 6.9
Massimo punto Concentraz. max. (*)
Classe Classe
di rugiada (°C ) (mg / m3 ) ISO 8573-1: 1991
Classi relative all’acqua.
1 - 70 1 0,01 Massimo punto di rugiada
2 - 40 2 0,1
3 - 20 3 1
4 + 3 4 5
5 + 7 5 25
R tab. 6.10
6 + 10 (*) Alla pressione assoluta di 1 bar, alla tempe-
ratura di +20 °C e ad una pressione relativa ISO 8573-1: 1991
7 non specificato
del vapore di 0,6 bar. Da notare che a pres- Contenuto massimo di olio
sioni superiori di quella atmosferica, la con-
centrazione del contaminante è più alta.

Qualsiasi apparecchiatura attraversata dall’aria compressa, assorbe parte CADUTA


dell’energia immagazzinata dal fluido. DI PRESSIONE
In particolare il filtro presenta una caduta di pressione iniziale (∆P a filtro pulito)
che progressivamente aumenta a causa dei solidi fermati; per non compromet-
tere l’efficienza dell’elemento filtrante la caduta di pressione a filtro sporco non
deve superare quella dichiarata dal costruttore.

Per comprendere appieno l’importanza della corretta selezione del filtro, si GRADO DI
immagini di accompagnare l’aria in un percorso ipotetico dalla sua aspirazione FILTRAZIONE
al suo utilizzo, ripetendo taluni concetti precedentemente esposti.
L’aria aspirata dal compressore contiene contaminanti tipici presenti nell’am-
biente in cui è installata la centrale di produzione aria compressa. Un buon filtro
posto in aspirazione ha il compito di fermare la maggior parte delle particelle
presenti nell’ambiente, per evitare una anomala usura delle parti in movimento
del compressore.
Risulta evidente come il potere di ritenzione di questo filtro deve essere
messo in relazione al:
• tipo di macchina installata;
• tipo di contaminante presente nell’aria ambiente.
Sia il grado di filtrazione sia la superficie filtrante installata devono essere tali da
garantire comunque una bassa caduta di pressione (dell’ordine di pochi millibar)
ed un’autonomia di funzionamento compatibile con le esigenze dell’utilizzatore.
L’aria, quando viene compressa, subisce un forte innalzamento di temperatura
che di fatto innalza anche la sua capacità di mantenere l’umidità aspirata sotto
forma di vapore acqueo. Se il compressore è di tipo lubrificato, l’aria viene con-
taminata anche da nebbie e vapori di olio.
Nei compressori rotativi, uno speciale filtro chiamato “separatore”, inserito nella
macchina, svolge l’importante compito di recuperare le nebbie dell’olio ad una
temperatura di 70 ÷ 90 °C (a tale temperatura l’acqua è presente solo sotto
forma di vapore e quindi non inquina le nebbie di olio).
L’aria, dopo la sua compressione, viene raffreddata ad almeno una temperatura
di circa 35 °C per mezzo di uno scambiatore aria-aria oppure aria-acqua ed
avviata al recipiente accumulatore dove si trova in condizioni sature.
La quantità dei contaminanti liquidi sotto forma di vapore è:
• direttamente proporzionale alla temperatura dell’aria compressa;
• inversamente proporzionale alla pressione dell’aria compressa.
L’aria compressa, in uscita dal refrigerante, non può essere utilizzata nello
stato in cui si trova, senza provocare inconvenienti, in quanto:
• l’escursione termica tra notte e giorno è spesso sufficiente a provocarne la
condensazione della fase vapore in fase liquida;

89
Sommario

• l’utilizzo dell’aria compressa prevede sempre un’espansione e quindi, per


una legge fisica, un abbassamento della temperatura con conseguente
condensazione dei vapori.
L’aria compressa deve, pertanto, essere essiccata prima del suo utilizzo.
Il tipo di applicazione dell’aria determina quale dei trattamenti di essiccazione
deve essere adottato e, in taluni casi, non è affatto da escludere l’uso a cascata
dei vari sistemi, sottoponendo a trattamento, però, solo quella porzione di por-
tata che richiede aria sempre più pura.
Il filtro entra qui di nuovo in gioco, in quanto deve proteggere i gruppi di essicca-
mento e deve quindi essere scelto in funzione della purezza dell’aria desiderata.
Di seguito si prendono in esame le possibili soluzioni, ricordando nuovamente al
lettore che la scelta del filtro non può mai prescindere dal tipo di aria aspirata,
dal tipo del compressore, dalla temperatura dell’aria in uscita dal serbatoio di
accumulo, dal percorso delle tubazioni, dallo stato dei tubi che trasportano l’a-
ria, ecc.
Le variabili sono numerose e qui possiamo fare solo considerazioni di carattere
generale.

FILTRI PER ESSICCATORI A CICLO FRIGORIFERO


Se l’aria compressa in ingresso all’essiccatore contiene particelle solide che pos-
sano sporcare lo scambiatore e ridurre quindi il coefficiente di scambio termico,
è buona cosa prevedere un filtro particellare.
L’installazione di un filtro coalescente, posto in uscita all’essiccatore, migliore-
rà la purezza dell’aria riducendo la quantità di aerosol e di nebbie.

FILTRI PER ESSICCATORE AD ADSORBIMENTO


La qualità dei filtri, installati su questi essiccatori, è di primaria importanza. Tutti
gli essiccatori di questo tipo devono essere dotati non di un filtro qualunque ma
di un:
• pre -filtro a coalescenza ad alta efficienza;
• post -filtro particellare ad alta efficienza.
Il filtro deve proteggere il letto di materiale adsorbente (allumina, gel di silice,
setacci molecolari). L’eliminazione della maggiore quantità possibile di aerosol e
residui di nebbie di olio, evita la formazione di una pellicola impermeabile sui
materiali adsorbenti, la cui microporosità è basilare nel processo di adsorbimen-
to dei vapori.
Particolare attenzione deve essere posta nella selezione dei filtri che equipaggia-
no gli essiccatori con ciclo di rigenerazione a caldo. Un filtro con bassa efficien-
za lascia passare nebbie e aerosol di olio che, accumulandosi nelle torri di essic-
camento, possono incendiarsi a causa del calore prodotto dalla rigenerazione. In
questo caso è preferibile installare un filtro particellare prima del filtro coale-
scente per mettere quest’ultimo nelle condizioni ideali di funzionamento. Così
facendo, la durata del filtro coalescente si allunga in quanto il suo lavoro si ridu-
ce solo a radunare gli aerosol in gocce più grandi di olio, esente dalla maggior
parte di particelle solide trattenute dal pre-filtro.
L’essiccatore ad adsorbimento richiede l’installazione, all’uscita, di un filtro par-
ticellare ad alta efficienza di almeno 1 µm, per fermare le polveri rilasciate dal
materiale adsorbente che è di natura abrasiva e potrebbe provocare dei feno-
meni di usura delle attrezzature pneumatiche.
Se il ciclo di rigenerazione è a caldo, il mezzo filtrante deve essere realizzato con
materiali resistenti a temperature di almeno 200 °C, per poter sopportare even-
tuali brevi flussi di aria calda dovuti ad un anomalo funzionamento della logica
di rigenerazione dell’essiccatore.
La selezione del mezzo filtrante deve tenere sempre conto della criticità
delle apparecchiature installate a valle.

90
Sommario

PUNTO DI UTILIZZO
L’aria in uscita dal filtro, posto a valle degli essiccatori, può essere utilizzata; tut-
tavia, se tra il luogo del trattamento dell’aria compressa ed il punto d’utilizzo vi
fossero delle fonti o cause di contaminazione (distacco di particelle solide dalla
tubazione), è buona cosa prevedere un filtro particellare immediatamente
prima del punto d’utilizzo.
La scelta di un filtro è un compito per specialisti, poiché occorre considerare mol-
teplici fattori in relazione ai risultati che si vogliono ottenere; l’utilizzatore deve
valutare con attenzione:
• garanzia documentata di qualità ed efficienza del prodotto offerto dal
costruttore;
• ergonomicità e sicurezza;
• prezzi dei materiali di consumo in rapporto alle prestazioni offerte;
• reperibilità dei materiali di consumo.
La corretta manutenzione dei filtri è basilare per avere sempre a disposizione
energia pulita e pronta all’uso.
Indispensabile è quindi l’utilizzo dei seguenti accessori:
• manometro differenziale per controllare la caduta di pressione;
• scaricatori automatici di condensa.
Lo stato degli elementi filtranti deve essere verificato almeno una volta ogni sei
mesi e la loro sostituzione non deve mai superare un anno di esercizio (ad ecce-
zione dei filtri rigenerabili che devono essere comunque smontati e puliti alme-
no con la stessa frequenza).
L’utente deve sempre tenere presente che una caduta di pressione eccessi-
va o non riscontrata si traduce in un costo occulto.

ARIA STERILE 6f

L’industria farmaceutica, alimentare, cosmetica e della bioingegneria richiedono,


per taluni processi produttivi, aria compressa sterile.
Infatti la presenza nell’aria di microrganismi come batteri, muffe e lieviti può
alterare le rese produttive, la qualità dei prodotti o ridurre i periodi di conserva-
zione dei prodotti stessi.
Le applicazioni tipiche sono le filtrazioni sterili di aria destinata a:
• processi di fermentazione aerobica;
• movimentazione pneumatica di fluidi alimentari;
• confezionamento asettico di prodotti alimentari e farmaceutici.
Il filtro sterile viene utilizzato anche come filtro di reintegro di aria sterile per
compensare la variazione di volume del liquido spostato nei serbatoi che deb-
bano mantenere condizioni asettiche.
Il filtro da utilizzare per ottenere aria sterile è un filtro “speciale” che non
ha nulla a che vedere con i filtri che vengono normalmente utilizzati nel tratta-
mento dell’aria compressa, in quanto deve possedere contemporaneamente
tutte queste caratteristiche:
• avere un potere di ritenzione assoluto per trattenere i microrganismi pre-
senti nell’aria;
• avere la possibilità di poter verificare la sua integrità prima dell’uso;
• essere sterilizzabile con vapore (ad almeno 120 °C per 30 minuti);
• essere in grado di sopportare sterilizzazioni periodiche;
• essere costruito con materiali compatibili con l’applicazione.
La sterilizzazione periodica è necessaria per:
• creare le condizioni di sterilità biologica a valle del filtro, dopo la sua instal-
lazione e prima di iniziare la filtrazione;

91
Sommario

• eliminare i contaminanti biologici trattenuti dall’elemento filtrante.


Sul mercato sono presenti due tipi di filtri sterilizzanti, che vengono selezionati
in funzione delle condizioni operative, della criticità del servizio e del rapporto
costo / beneficio.
- L’uno è costituito da un mezzo filtrante in microfibre di borosilicato sigilla-
to, per mezzo di una resina, ad una struttura in acciaio inossidabile;
- l’altro è costituito da un mezzo filtrante in membrana di PTFE, avente poro-
sità assoluta di 0,2 µm, termosaldato ad una struttura polimerica.

Il trattamento dell’aria dal suo prelievo fino al filtro sterilizzante assume grande
importanza, perché deve garantire la presenza della minore quantità possibile di
contaminanti sia di natura biologica che di natura particellare. Il filtro steriliz-
zante deve infatti essere considerato come un filtro di sicurezza.
Gli elementi che creano le condizioni ottimali al filtro sterilizzante sono:
• punti di prelievo dell’aria in ambienti protetti;
• aria proveniente da compressori oil - free;
• punto di rugiada almeno 10 K sotto la temperatura di esercizio;
• prefiltrazione particellare spinta.
Anche le tubazioni ed i serbatoi installati nella linea, e quindi anche i contenito-
ri dei filtri, devono essere realizzati con criteri particolari atti a garantire il man-
tenimento delle condizioni di sterilità (evitare zone che favoriscono il ristagno di
condense, favorire soluzioni geometriche senza sottosquadre, tubazioni e con-
tenitori in versione sanitaria, ecc.).
Da quanto sopra emerge chiaramente come la materia sia complessa e richieda
l’intervento di aziende specializzate nel settore.

6g ARIA RESPIRABILE

Le persone che devono operare in locali fortemente contaminati da polveri,


sostanze nocive o in ambienti con assenza di atmosfera (operatori subacquei)
hanno necessità di ricevere aria con caratteristiche adeguate alla respirazione in
condizioni di sicurezza per la salute.
L’aria può provenire da bombole caricate con una miscela di gas tecnici o con
aria compressa proveniente da particolari apparati per la sua depurazione.

6g.1 PRODUZIONE DELL’ARIA COMPRESSA


PER LA RESPIRAZIONE UMANA
La produzione di aria destinata alla respirazione umana può avvenire tramite la
compressione della normale aria atmosferica per mezzo di compressori.
Nella scelta del compressore è importante che il costruttore e il venditore com-
prendano appieno lo scopo per il quale esso deve essere utilizzato; il compres-
sore deve essere posizionato in modo che l’aria aspirata non sia contaminata da
scarichi di automezzi (scarichi di benzina o motori diesel utilizzati per azionare il
compressore) da odori localizzati, o altri contaminanti indesiderati.
Va fatto presente, inoltre, che un posizionamento improprio del compressore,
che causi un suo surriscaldamento, può dare luogo alla produzione di odori inde-
siderati o di monossido di carbonio dovuto alla decomposizione dell’olio di lubri-
ficazione.
A valle del compressore si deve installare un essiccatore, per la rimozione dell’u-
midità, e filtri idonei per eliminare i contaminanti; entrambe le apparecchiature
dovranno essere dimensionate in modo da garantire l’efficienza alla massima
portata e con il massimo grado di contaminazione che può essere presente nel-
l’aria da trattare.

92
Sommario

L’aria compressa respirabile può essere prodotta anche miscelando ossigeno


compresso e azoto compresso ottenuti dagli impianti di frazionamento dell’aria.
Questa operazione, tuttavia, deve essere compiuta da personale addestrato e
con esperienza, che disponga delle strutture e delle attrezzature per le opera-
zioni di controllo, riempimento e delle apparecchiature analitiche per verificare
che la miscela sia entro le norme vigenti.
L’aria compressa respirabile può essere prodotta anche miscelando ossigeno
liquido e azoto liquido di appropriata purezza. Anche questa operazione deve
essere eseguita da personale addestrato, con strutture e attrezzature idonee.

EFFETTI DEI CONTAMINANTI NELL’ARIA COMPRESSA 6g.2


AD USO RESPIRABILE
I contaminanti presenti nell’aria compressa possono comportare alcuni rischi per
la salute e la sicurezza degli apparati di respirazione.

Il vapore acqueo condensa allo stato liquido a causa dell’abbassamento di tem- Acqua
peratura, conseguente alla fase di espansione, depositando umidità in masche-
re, e altre attrezzature.
A temperature molto basse si formano cristalli di ghiaccio che possono bloccare
il flusso dell’aria.
L'acqua, sotto forma liquida, è un contaminante indesiderato in talune attrez-
zature ospedaliere quali valvole di carico, ventilatori, dispositivi per la miscela-
zione di ossigeno ed i sistemi di controllo.

L’olio è un elemento irritante che può causare scompensi respiratori, nausea, Olio
enfisema e in casi estremi gravi infezioni all’apparato respiratorio.

I solidi possono causare difficoltà respiratorie, agire come irritanti, causare un Solidi
incremento dell’usura per attrito nelle attrezzature, ostruire valvole.

Il monossido di carbonio è un gas tossico privo di odore e colore. Esso si com- Monossido di
bina velocemente con i globuli rossi del sangue, rendendoli incapaci di portare carbonio (CO)
ossigeno ai tessuti.
A seconda della concentrazione e della durata di esposizione, il monossido di
carbonio causa emicranie, vertigini, perdita di equilibrio, incoscienza e morte.

Il biossido di carbonio è un gas asfissiante. Una eccessiva concentrazione può Biossido di


causare stati di incoscienza e, alla fine, la morte. carbonio (CO2)

Gli odori possono causare nausea, vomito. Odori

METODI PER PURIFICARE L’ARIA COMPRESSA 6g.3


AD USO RESPIRABILE
La purificazione dell’aria compressa avviene riducendo i contaminanti indeside-
rati a livelli di sicurezza; è un processo globale consistente nel filtrare le particel-
le solide, nel rimuovere i contaminanti liquidi (acqua e olio), nel ridurre il conte-
nuto dei contaminanti gassosi e sotto forma di vapore (vapori di acqua e olio,
idrocarburi gassosi, gas nocivi), e nel togliere gli odori sgradevoli.
Un processo che non realizzi tutto ciò, non può definirsi purificazione.
La sola filtrazione non produce aria sicura per uso respirabile o adatta a
molti altri usi ospedalieri.
La purificazione dell’aria può essere eseguita sia ad alte pressioni ( ≥ 200 bar)
che in impianti a bassa pressione (6 bar).
Riepiloghiamo di seguito i metodi disponibili per la depurazione.

93
Sommario

CONTAMINANTE PROCESSO DI RIMOZIONE / RIDUZIONE


acqua separazione – adsorbimento - assorbimento
olio separazione – adsorbimento - assorbimento
solidi filtrazione
monossido di carbonio (CO ) adsorbimento - ossidazione catalitica
biossido di carbonio (CO2 ) adsorbimento

Rimozione del Il monossido di carbonio (CO) è probabilmente l’inquinante più difficile da


monossido di carbonio rimuovere efficacemente.
I sistemi ad adsorbimento che utilizzano setacci molecolari, allumina e gel di sili-
ce impregnati con sali, hanno capacità ed efficienza troppo basse per garantire
una qualità di aria costante nel tempo.
Il monossido di carbonio può essere invece rimosso efficacemente a tempe-
rature normali, per catalisi.
La catalisi è il processo nel quale una reazione chimica viene innescata o accele-
rata da un materiale chiamato catalizzatore, il quale si mantiene inalterato
durante la reazione. Il catalizzatore provoca l’ossidazione del monossido di car-
bonio in biossido di carbonio.
I catalizzatori sono genericamente chiamati hopcaliti e sono combinazioni di
ossidi metallici di forma specifica e composizione precisa.
Il biossido di manganese è uno degli elementi principali degli hopcaliti
Ogni sistema progettato per rimuovere il monossido di carbonio deve essere
dotato di:
• filtri ad alta efficienza per rimuovere i solidi e i liquidi,
• essiccatore per evitare la presenza di particelle liquide nell’aria, prima della
sua entrata nel depuratore,
• hopcalite: poiché l’umidità è critica per l’efficacia della hopcalite, viene
raccomandato l’uso di un indicatore, a variazione di colore, per controllar-
ne il grado di umidità dell’aria che investe il catalizzatore in modo da assi-
curargli una ragionevole vita operativa.

Rimozione del Il biossido di carbonio (CO2) viene rimosso per mezzo di essiccatori ad adsor-
biossido di carbonio bimento.
I tre adsorbenti maggiormente utilizzati sono il baralyme (una miscela di calcio
e idrossido di bario), la calce sodata (una miscela di idrossido di calcio e idrossi-
do di sodio) e l’idrossido di litio.
Possono essere utilizzati anche setacci molecolari.
Questi adsorbenti possono rimuovere il biossido di carbonio in un flusso di gas
fino a livelli inferiori a 10 ppm.

Rimozione dell’odore L’uso di carbone attivo come materiale adsorbente per l’eliminazione di odori
è il mezzo più usato.
Se l’aria compressa contiene tracce di contaminanti gassosi, come ossidi di car-
bonio e azoto, metano, etilene, ammoniaca, composti di zolfo, ecc., deve esse-
re purificata con l’adsorbimento chimico, catalitico.

94
Sommario

SISTEMI DISPONIBILI PER LA PURIFICAZIONE DELL’ARIA 6g.4


In linea generale, le apparecchiature in grado di fornire aria respirabile da aria
compressa, si possono suddividere in due categorie:
1. sistemi di purificazione, senza rimozione di CO e CO2
2. sistemi di purificazione, con rimozione di CO e CO2
Sistemi di purificazione sono disponibili sia per l’utilizzo ad alte pressioni che per
quello a basse pressioni.
Nel caso ci fosse la possibilità di avere alte concentrazioni di monossido di car-
bonio, è necessario controllare l’aria tramite appositi dispositivi.
I valori limite variano in funzione delle condizioni in cui gli addetti sono chiama-
ti ad operare (ambiente, tempo di permanenza, frequenza).
Taluni paesi fissano norme che spesso abbracciano solo campi specifici (ad esem-
pio: aria per sub, aria per palombari, aria medicale, ecc.).
Si ritiene utile citare alcune norme di riferimento:
Inghilterra: BS 4275
USA: Compressed Air Gas Association (commodity specification for air, PH 471)
Il CEN ha emesso la norma EN 132 che indica la composizione e il grado di
purezza dell’aria respirabile (tab. 6.11); ricordiamo comunque che le norme
nazionali devono essere rispettate.
Vedere a tal proposito i limiti fissati da alcune norme internazionali, (tab. 6.12).

REQUISITI DI PUREZZA SECONDO NORME EN 132 6g.5


Componente Massa (in %) Volume (in %)
aria secca aria secca
Azoto (N2) 75,52 76,084
Ossigeno (O2) 23,14 20,947 6
Argon (Ar) 1,288 0,934
Anidride Carbonica (CO2) 0,048 0,031 4
Neon (Ne) 0,001 27 0,001 818
Kripto (Kr) 0,000 330 0,000 114
Elio (He) 0,000 073 0,000 524 tab. 6.11
Xeno (Xe) 0,000 039 0,000 0087 Requisiti di purezza
Idrogeno (H2) 0,000 003 0,000 05 dell’aria respirabile
secondo EN 132
Quando il contenuto di ossigeno è maggiore del valore indicato nella tabella
6.11 può sussistere un maggior rischio di incendio.
• Se non diversamente specificato, le impurità devono essere contenute in con-
centrazione la più bassa possibile e in nessun caso devono superare i limiti di
esposizione;
• il contenuto d’olio minerale deve essere tale che l’aria ne risulti priva di odore
(nota: la soglia dell’odore è intorno a 0,3 mg/m3;
• negli autorespiratori di aria compressa a circuito aperto, il contenuto di acqua
non deve essere maggiore di 30 mg/m3 alla pressione di 300 bar e 50 mg/m3
alla pressione di 200 bar;
• nei respiratori ad adduzione di aria compressa si deve utilizzare aria secca
avente un punto di rugiada sufficientemente basso, per prevenire un conge-
lamento interno.
Qualora esistano dei regolamenti nazionali sull’argomento gli stessi devo-
no essere rispettati.

95
NORME INTERNAZIONALI RELATIVE ALL’ARIA RESPIRABILE

AUSTRALIA
PAESI - NORME CANADA GERMANIA GRAN BRETAGNA OLANDA U.S.A. EUROPA
Sommario

NUOVA ZEL
AS / NZS 1715 Z180-I M85 DIN 3188 BCAS GS90103 BS 4275 P I12-I ANSI / GCA PrEN 12021
G.7.1. 1989
Componenti 1994 1985 1984 1990 1997 1985 OSHA Gr. 1997

azoto N. S. N. S. N. S. N. S. N. S. N. S. 19,5 ÷ 23,5% N. S.

96
ossigeno 19,5 ÷ 22% 19,5 ÷ 22,5% 20 ÷ 21% 18 ÷ 24% 20 ÷ 23% 20 ÷ 21% ~ 21,5% 21 ± 1%

biossido di carbonio (CO2) < 800 mg / m 3 500 ppm 500 ppm 1.000 ppm < 500 ppm 500 ppm 1.000 ppm 500 ppm

monossido di carbonio (CO) 10 ppm 5 ppm 30 ppm < 5 ppm 5 ppm 5 ppm 10 ppm < 15 ppm

vapori d’olio 1 mg / m 3 1 mg / m 3 N. S. < 0,5 ppm 0,5 mg / m 3 0,1 mg / m 3 1 mg / m 3 0,5 ppm

press. P.R. almeno 5 K < almeno 5 K < 10 °F < almeno 5 K <


punto di rugiada 100 mg / m 3 P.R. - 51 °C temp. minima P.R. - 51 °C temp. minima temp. minima
5 K < temp. sist. temp. minima

idrocarburi alogenati N. S. 5 ppm N. S. < 10% LTEL < 10% OEL N. S. N. S. < 10% LTEL

< LTEL
particelle solide N. S. 1 mg / m 3 N. S. < 10% OEL N. S. N. S. < LTEL
polvere respir.

nessun odore nessun odore


odori nessun odore nessun odore nessun odore nessun odore N. S. nessun odore
nauseabondo pronunciato

protossido di azoto N. S. < 10% TLV N. S. < 10% LTEL < 10% OEL N. S. N. S. < 10% LTEL

tab. 6.12
Sommario

7
IL TRATTAMENTO
DELLA CONDENSA
FATTORI CHE INFLUENZANO 7a
LE PROPRIETÀ DEMULSIFICANTI DELL’OLIO
Sfavorevoli condizioni ambientali o elevato inquinamento dell’aria aspirata dal
compressore, possono avere effetti dannosi sulle proprietà di base dell’olio. Un
esempio può essere quello in cui l’aria aspirata contenga cloruri e solventi in
genere, che reagiscono con l’olio all’interno del compressore. Il carico termico è
un altro importante fattore.
L’innalzamento del valore massimo d’impiego dell’olio di 10 K (oltre i 100 °C )
ne ridurrà la vita del 50%.
Quando si verificano queste condizioni, confermate da analisi appropriate, biso-
gnerà sostituire l’olio impiegato con uno di caratteristiche diverse. La condensa
è un buon indicatore di tali condizioni; l’apparizione di condense emulsionate
stabilmente in un separatore acqua - olio, che ha lavorato perfettamente per un
lungo periodo di tempo con oli facilmente separabili, può significare che le con-
dizioni di aspirazione sono mutate. Le conseguenze dell’inquinamento dell’aria,
come già detto, possono causare alterazioni alle caratteristiche dell’olio e di con-
seguenza sarà opportuno consultarsi con il produttore dell’olio stesso per chie-
dere consigli in merito.

LA SEPARAZIONE ACQUA - OLIO 7b

Gli idrocarburi contenuti nella condensa sono principalmente due ed un terzo


può comparire solo in determinate condizioni:
1) composti liberi non emulsionati e non dissolti di facile separazione, fermo
restando una differenza di massa volumica diversa da quella dell’acqua;
2) composti emulsionati, distinguibili in emulsioni formatesi per fenomeni fisici
(scarico delle condense, pompaggio, ecc. e quelle formatesi chimicamente per
l’influenza di contaminanti esterni (solventi nell’aria di aspirazione, tensioattivi);
3) idrocarburi in soluzione a causa della temperatura di esercizio o di proprie-
tà fisiche o chimiche del lubrificante.

SEPARAZIONE PER GRAVITÀ 7b.1


La separazione dell’olio libero avviene secondo il principio fisico per cui una goc-
cia di un liquido di una data massa volumica contenuta in un liquido di massa
volumica maggiore, tenderà a galleggiare e a raggiungere la superficie.
Assumendo che la forma delle gocce sia sferica, la velocità della loro salita verso

97
Sommario

la superficie può essere calcolata con la legge di Stokes. Al fine di far salire la
goccia verso la superficie il più rapidamente possibile per una veloce separazio-
ne, bisognerà prendere tutti gli accorgimenti, affinché il moto all’interno del
contenitore di separazione sia di tipo laminare.
Questo risultato è ottenibile solo se la velocità di salita verticale è maggiore della
velocità trasversale. La velocità teorica di risalita della goccia è calcolabile con la
seguente formula semplificata:
vs = (g / (18 · µ ) · ( ρa - ρo) · d 2
dove: vs = velocità di salita della goccia (cm / s)
g = accelerazione di gravità (981 cm / s)
µ = viscosità dinamica dell’acqua (poise)
ρa = massa volumica dell’acqua (g/ cm3)
ρo = massa volumica dell’olio (g / cm3)
d = diametro della goccia (cm )

Una breve analisi dei parametri utilizzati in questa formula, aiuterà a capire l’in-
fluenza degli stessi nella separazione.
I fattori che influenzano la separazione per gravità sono i seguenti:
Viscosità dell’acqua La viscosità dinamica (µ) e cinematica (ν) dell’acqua variano con il variare
della temperatura.
Assumendo la massa volumica dell’acqua ρ uguale a 1 kg/dm 3, la viscosità dina-
mica (µ = ν · ρ) e cinematica saranno uguali in valore, (anche se espresse in kg/ (m·s)
= Pa s = 1 centipoise = 0,01 poise la prima e in m 2/ s la seconda).
Utilizzando per il calcolo un valore ideale di temperatura (20 °C), l’acqua avrà
una viscosità dinamica di circa 0,01 poise.
Osservando la fig. 7.1, appare evidente che la temperatura della condensa inci-
de parecchio sulla separazione dell’acqua dall’olio; di conseguenza, più la tem-
peratura sarà elevata, tanto più rapida sarà la separazione.
fig. 7.1
0,018
Viscosità dinamica dell’acqua
in funzione della temperatura
0,017

0,016
VISCOSITÀ DELL’ACUQA (poise)

0,015

0,014

0,013

0,012

0,011

0,01

0,009

0,008
0 5 10 15 20 25 30 35
TEMPERATURA °C

98
Sommario

Maggiore è la differenza tra la viscosità dinamica dell’olio e quella dell’ac- Differenza di viscosità
qua, maggiore sarà la velocità di risalita in superficie dell’olio.
Di conseguenza, oli che abbiano una viscosità molto prossima a 1, come l’olio
sintetico, si separeranno dall’acqua molto lentamente.

Il diametro della goccia è l’unico valore esponenziale nella formula di Stokes. Diametro della goccia
Ciò mette in evidenza che è il fattore con maggiore influenza (fig. 7.2).

450 fig. 7.2


DENSITÀ OLIO 0,80 Velocità di separazione
400 dell’acqua a 20 °C in funzione
della densità dell’olio
e del diametro della goccia.
350
VELOCITÀ DI SALITA ( mm / min )

0,85
300

250

0,90
200

150

100
0,95

50

0
0 50 100 150 200 250 300
DIAMETRO DELLA GOCCIA D’OLIO ( µm)

La tab. 7.3 mostra la relazione fra la velocità di salita della goccia, in funzione
del diametro, e la massa volumica dell’olio ad una temperatura di 20 °C.
Secondo studi effettuati, la separazione per gravità avviene in maniera efficace
solo con diametro delle gocce > 50 µm.
3 tab. 7.3
Gocce d’olio Massa volumica dell’olio g / cm
Velocità di risalita (mm / min)
Ø cm Ø µm 0,80 0,85 0,90 0,95 della goccia d’olio in funzione
del suo diametro e della
0,0010 10 0,68 0,51 0,34 0,17 massa volumica a 20 °C

0,0020 20 2,72 2,04 1,36 0,68


0,0030 30 6,13 4,60 3,06 1,53
0,0050 50 17,03 12,773 8,51 4,26
0,0060 60 24,52 18,39 12,26 6,13
0,0080 80 43,60 32,70 21,80 10,90
0,0100 100 68,12 51,09 34,0 17,03
0,0125 125 106,45 79,83 52,22 26,61
0,0150 150 153,28 114,96 76,64 38,32
0,0175 175 208,63 156,47 104,32 52,16
0,0200 200 272,50 204,37 136,25 68,12
0,0250 250 425,78 319,36 212,89 106,44

99
Sommario

7c TRATTAMENTO DELLE CONDENSE


CONTAMINATE DA OLIO

L’olio riduce drasticamente l’ossigenazione dei fanghi durante i trattamenti bio-


logici dell’acqua, uccidendo la flora batterica utilizzata e riducendo l’efficacia
dell’impianto di depurazione.
Molti utilizzatori di impianti di aria compressa non sono consapevoli che lo stoc-
caggio o il trattamento delle condense non è solamente un obbligo morale, ma
il non farlo comporta, oltre a sanzioni amministrative, anche, in alcuni casi,
denunce penali.
Data la continua evoluzione delle normative, si rimanda alle leggi nazionali e
regionali vigenti.

7c.1 TRATTAMENTO CON AZIENDE SPECIALIZZATE


Dato che la condensa per il suo contenuto di olio è considerata un inquinante
dell’acqua, il suo immagazzinamento deve avvenire in accordo con le normative
vigenti.
Lo stoccaggio ed il trasporto della condensa immagazzinata può essere effet-
tuata solamente da un autotrasportatore ufficialmente autorizzato.
Capita talvolta che si tenda a mischiare la condensa con altri liquidi destinati allo
smaltimento che contengono sostanze tossiche o comunque non trattabili come
l’olio.
Il risultato che ne conseguirà sarà quello di appesantire il costo di smaltimento.

7c.2 SEPARATORI ACQUA - OLIO


È possibile trattare le condense sul posto di produzione attraverso appropriati
apparecchi che permettono di ridurre il contenuto di olio a valori inferiori a quel-
li richiesti dalle leggi.

7c.3 SISTEMI DI DEMULSIFICAZIONE


Prima di acquistare un separatore acqua-olio è sempre consigliabile verificare la
possibilità di prevenire a monte la formazione di emulsioni stabili, ponendo filtri
sull’aspirazione e migliorando il sistema di scarico delle condense, in modo che
possa essere utilizzato un trattamento più semplice.

a) SISTEMI DI SEPARAZIONE CHIMICA


Le emulsioni possono essere separate addizionando elementi chimici per neu-
tralizzare la carica degli emulsionanti anionici e distruggendo i legami chimici
che li rendono stabili.
Normalmente sono utilizzati due processi: l’aggiunta di acidi o la precipitazio-
ne degli idrossidi.

Nel PROCESSO DI ACIDIFICAZIONE, l’acido solforico viene aggiunto all’emul-


sione alla temperatura di circa 80 ÷ 90 °C; segue quindi una fase di flottazione
per accelerare la fase di separazione.
Dopo circa un’ora di reazione, si forma sulla superficie una pellicola di olio che
può essere rimossa. Tuttavia, questo tipo di olio ha un contenuto di acido rela-
tivamente elevato, che ne rende lo smaltimento più difficile.
L’acqua di scarico con un contenuto di olio < 50 mg/ litro, deve poi essere sot-
toposta ad ulteriori trattamenti e finalmente neutralizzata mediante l’aggiunta
di soda caustica per normalizzare il pH entro limiti ammessi.

100
Sommario

Il PROCESSO DELLA PRECIPITAZIONE DEGLI IDROSSIDI è composto da due o


tre fasi.
Il primo passo come nel processo di acidificazione, è quello di aggiungere acido
per abbassare il valore del pH.
Quindi viene aggiunto un materiale flocculante, normalmente un sale di metal-
lo trivalente nella forma di ferro a composti di alluminio.
La preferenza è per i seguenti sali: solfato di alluminio, cloruro di alluminio,
solfato ferrico o cloruro di ferro.
Questi sali si dissociano nella soluzione acquosa. Lo ione metallico così liberato,
tende nuovamente ad idratarsi e, qualora sia stato utilizzato un sale di alluminio,
forma un idrossido praticamente insolubile. Si formano così, con un valore di pH
tra 5 e 6, dei polimeri complessi con carica positiva. Queste cariche sono in
grado di neutralizzare le cariche negative dell’emulsione. Grazie alle forze di Van
der Waals, le particelle tendono a coagulare e vengono rimosse per flottazione.
Questo sistema spesso utilizza dei flocculanti sintetici (polielettroliti). Il vantaggio
nell’uso di questi flocculanti è da ricercare nel fatto che sono largamente insen-
sibili al valore di pH e mantengono le loro proprietà anche se sovradosati.
I flocculanti anionici quali il poliacrilato o il poliacrilamide idrolizzato, men-
tre diventano ortocinetici, cioè formano dei macro fiocchi, hanno il grosso svan-
taggio che, se sovradosati, stabilizzano le particelle colloidali, ristabilizzando le
emulsioni. Un problema comune a tutti questi processi è la scarsa resistenza dei
flocculi agli stress fisici. I flocculi rotti dagli agitatori non si ricoagulano e ciò
rende la flottazione più difficile o addirittura inefficace.
L’acqua di scarico di questi processi è troppo acida per essere scaricata e deve
essere prima neutralizzata con alcali.
Come nel caso dell’impiego dell’ultrafiltrazione, deve essere effettuato un pro-
cesso preliminare, ma essenziale: la rimozione dell’olio libero. In pratica questo
significa che la condensa deve essere stoccata, prima, in grossi serbatoi. In prati-
ca il tutto si traduce in una complicazione dovuta al dosaggio del materiale split-
tante, nonché alla regolazione del pH.
Condizione essenziale per il corretto funzionamento è che la composizione della
condensa non vari nel tempo.

SISTEMI DI FLOCCULAZIONE b)
Questo processo consente, in un’unica fase e senza l’aggiunta di acidi, di
separare le emulsioni stabili.
Gli agenti flocculanti utilizzati sono materiali non inquinanti, quali allumina atti-
vata e bentonite.
L’emulsione viene separata a temperatura ambiente nel tempo di pochi minuti
utilizzando la proprietà adsorbente dei citati materiali.
Effettuata la separazione preliminare, il processo si avvale dell’apporto di un
materiale “splittante” allo stato polverulento: trattasi di un catalizzatore - floccu-
latore, immesso e mescolato in modo omogeneo nell’emulsione residua, man-
tenuta costantemente in circolo.
Si ottiene in tal modo la disgregazione e la scissione dei componenti base del-
l’emulsione. In particolare, le particelle di olio separato sono catturate dal pro-
dotto “splittante”, determinando un fenomeno di flocculazione; i macrofloccu-
li sono filtrati attraverso sacchi - filtro di trama adeguata.
Il sistema può essere governato da un microprocessore e da sensori capacitivi per
il controllo operativo.
L’acqua fuoriuscente dal separatore di emulsioni, compatibile con i parametri di
ammissibilità previsti dalle normative in vigore, può essere scaricata nella rete
fognaria.
Il flocculato residuo deve essere invece smaltito secondo norma.

101
Sommario

c) SISTEMI DI ULTRAFILTRAZIONE
L’ultrafiltrazione è un processo normalmente discontinuo. La condensa, aspirata
da un serbatoio, viene fatta circolare alla pressione di 4÷10 bar attraverso una
membrana. In queste condizioni la membrana lascia passare solamente le pic-
cole molecole, quali quelle dell’acqua (permeato) che viene rimossa come filtra-
to.
Le molecole più grosse, quali ad esempio quelle dell’olio, non sono in grado di
passare. La portata di liquido deve essere tale da creare un flusso turbolento sulla
superficie della membrana per mantenere liberi i pori.
La costante separazione dell’acqua aumenta la concentrazione dell’olio.
Quando questa raggiunge il 30÷50%, l’efficienza di separazione della membra-
na decade rapidamente e il concentrato di olio deve essere rimosso.
La membrana deve essere rigenerata e ciò avviene in modo automatico utiliz-
zando due procedure:
• controlavaggio con acqua;
• pulizia con detergenti chimici.
Per il controlavaggio, una quantità stabilita d’acqua pulita, prelevata dalla rete
di distribuzione, viene immagazzinata in un serbatoio intermedio e fatta forza-
tamente passare attraverso la membrana in direzione opposta alla precedente.
Per favorire quest’operazione viene aggiunto nell’acqua di lavaggio, ad interval-
li regolari con una pompa di dosaggio, un detergente chimico; questa operazio-
ne ripristina la capacità filtrante della membrana per un determinato numero di
volte. Il detergente con la sporcizia viene poi scaricato nell’olio precedentemen-
te concentrato.
L’elevata sensibilità della membrana allo sporcamento richiede spesso delle
prove sperimentali preliminari.
Nel caso in cui lo sporco dovesse ristagnare per un lungo periodo, la membrana
risulterà irrimediabilmente rovinata.
Dato il notevole costo della membrana, l’utente dovrà valutare caso per caso la
convenienza globale rispetto ad altri processi.

d) SISTEMI COMBINATI
I principi di decantazione, coalescenza ed adsorbimento possono essere
combinati in un unico sistema.
La condensa viene fatta decantare in vasche che comunicano tra di loro per
mezzo di stramazzi.
Ogni vasca è dotata di uno sfioratore per fare defluire l’olio già separato e stra-
tificato sulla superficie. A volte vengono utilizzati setti porosi per far coalescere
le gocce più piccole in gocce più grandi, in modo da esaltare il fenomeno della
risalita dell’olio in superficie.
L’acqua raccolta nell’ultima vasca viene prelevata dalla zona inferiore e fatta per-
colare nel filtro a carbone attivo per adsorbire i residui di oli dispersi e non emul-
sionati.

102
Sommario

8
LA DISTRIBUZIONE
DELL’ARIA COMPRESSA
LA LINEA PRINCIPALE 8a

GENERALITÀ 8a.1
Le possibilità che si hanno nel progettare la linea principale sono due: una linea
semplice e cieca oppure un anello.
La linea cieca ha il vantaggio di essere corta, riducendo così la caduta di pres-
sione ed il costo della tubazione. Lo svantaggio principale è la mancanza di fles-
sibilità.
L’anello ha il vantaggio che essendo un circuito chiuso, la velocità dell’aria nel-
l'anello è minima e la caduta di pressione è generalmente molto bassa. L’anello
stesso può essere di un certo volume e capace quindi di agire come un polmo-
ne, aiutando così a mantenere costante la pressione, soprattutto quando vi è
una richiesta improvvisa di aria. Pertanto in generale si preferisce fare la scelta di
un anello, che risulta anche più flessibile alle modifiche. Bisognerà, tuttavia, a
causa della sua maggior lunghezza, ridurre al minimo la caduta di pressione.
In ogni caso è molto importante che la tubazione sia progettata per far fronte
alle richieste d’aria del sistema, senza provocare grosse cadute di pressione.
Infatti le cadute di pressione rappresentano una perdita di potenza, non tanto
relativamente ai punti di prelievo, bensì in generale in quanto si è spesa della
potenza per la compressione e conseguentemente rappresentano un maggior
costo di esercizio.
Un ulteriore vantaggio, ottenuto limitando le cadute di pressione al minimo, è che
si può far uso di compressori che lavorano con rapporti di compressione più bassi.
Nella valutazione economica di una nuova rete di distribuzione è pertanto necessa-
rio considerare non solo il costo di investimento, ma anche il costo di gestione.
Nel progettare la rete, quindi, bisogna considerare diversi fattori, fra i quali vi sono:
• La portata d’aria: tale dato deve essere stimato sulla base dei consumi
presunti dalle diverse utenze, nonché la frequenza con cui si verificano
questi eventi; bisogna inoltre pensare ai bisogni futuri e a eventuali fughe.
• Il tipo di funzionamento: il valore derivante dall’energia persa con la
caduta di pressione dovuta alla tubazione è tanto importante quanto più si
estende la richiesta d’aria compressa nell’arco della giornata. Gli utenti che
fanno dei cicli produttivi su più turni lavorativi devono prestare particolare
attenzione a tutti i parametri geometrici della rete d’aria compressa.
• La distanza tra la centrale di compressione ed il luogo d’utilizzo: nel
progettare la rete è necessario anche considerare il percorso previsto per la
tubazione, dato che ogni curva, valvola, derivazione, raccordo, ecc. contri-
buisce in modo significativo all’incremento della caduta di pressione.

103
Sommario

• Condizioni ambientali: anche i luoghi che la tubazione deve attraversare


possono condizionare la scelta del materiale della tubazione stessa e dei
suoi accessori. Temperatura, umidità, agenti corrosivi, locali con alto rischio
d’incendio, ecc., devono essere tenuti in debita considerazione.
• Minima pressione d’esercizio: è noto che man mano che ci si allontana
dal compressore, la pressione disponibile diminuisce per:
• per la caduta di pressione lungo la linea;
• per il continuo prelievo d’aria compressa che alimenta le varie
apparecchiature;
• per lo sporcamente di apparecchiature impiegate per il trattamento
dell’aria compressa (filtri, essiccatori, refrigeranti).
L’utilizzatore deve stabilire la pressione minima necessaria per ogni utenza e
deve definire la sua posizione nella rete, in modo che il progettista possa tro-
vare la soluzione ottimale per il dimensionamento della tubazione.

8a.2 CRITERI GENERALI IMPIANTISTICI


La tubazione deve essere, per quanto possibile, più alta rispetto ai punti di pre-
lievo; in generale la tubazione percorre la parte alta degli ambienti produttivi in
modo da permettere la distribuzione alle attrezzature disposte nei reparti.
Una buona rete di distribuzione deve prevedere:
• pendenza di circa 1% in modo che l’eventuale condensa possa essere rac-
colta nei punti più bassi;
• stacchi per diramazioni nella parte superiore della tubazione principale;
• ogni stacco deve avere, nel punto più basso, uno scarico;
• valvole a sfera per il sezionamento della tubazione principale;
• punto di prelievo con valvole a sfera;
• punto di prelievo equipaggiato con filtri, oliatori o filtri di sicurezza, in fun-
zione dell’applicazione.

8a.3 MATERIALI DA COSTRUZIONE PER LE TUBAZIONI


I materiali normalmente impiegati sono:
• acciaio al carbonio zincato a caldo (evitare assolutamente acciaio al car-
bonio non trattato);
• acciaio inossidabile;
• rame;
• alluminio trattato;
• polimeri tecnici (nylon, PVC, ecc.) che ora vengono anche utilizzati per le
linee principali e non solo per gli stacchi, dato il miglioramento delle loro
caratteristiche meccaniche e qualitative.

Di seguito vengono elencati alcuni vantaggi e svantaggi nell’impiego di alcuni


materiali.

Acciaio zincato Vantaggi: • discreta resistenza alla corrosione;


• basso costo;
• resistenza agli urti;
• resistenza alla pressione ed alla temperatura.
Svantaggi: • difficile ottenere una tenuta perfetta nei raccordi.

Acciaio inossidabile Vantaggi: • ottima compatibilità d’uso nell’industria alimentare, farmaceuti-


ca, elettronica;
• resistenza agli urti;
• resistenza alla pressione, temperatura e corrosione.
Svantaggi: • Costo elevato.

104
Sommario

Vantaggi: • facilità d’installazione e di modifica;


Alluminio
• buona resistenza alla corrosione ed alla pressione.
Svantaggi: • utilizzabile per piccoli impianti;
• notevole conducibilità termica.

In generale impiegato per piccoli diametri. Rame


Vantaggi: • facilità d’installazione.
Svantaggi: • tendenza all’ossidazione;
• colori fuori gamma.

Vantaggi: • facilità di posa, di estensione e di manutenzione; Polimeri


• ottimo rendimento, data la levigatezza della tubazione;
• anticorrosione, e buona resistenza alle corrosioni interne ed
esterne; in particolare ottima resistenza agli oli più usati e alle
condense;
• resistenza agli urti.
Svantaggi: • sensibilità ai raggi ultravioletti;
• limiti d’impiego (pressione e temperatura).

DIMENSIONAMENTO 8a.4
In linea teorica la caduta di pressione, in una rete di distribuzione, potrebbe esse-
re ridotta a valori trascurabili: basterebbe avere diametri molto grandi. A parte
che tale soluzione comporterebbe costi della tubazione stessa non giustificati, il
volume che il compressore si troverebbe a riempire sarebbe grande (tempi lun-
ghi per raggiungere la pressione di esercizio) e rappresenterebbe uno spreco
quando il sistema d’aria compressa non è in uso.
Pertanto bisogna, come sempre, trovare un giusto compromesso accettando
una certa caduta di pressione nel punto di utilizzo.
Si possono indicare, qui di seguito, due criteri che normalmente si usano per
determinare le dimensioni di una linea: il primo basato sulla limitazione della
velocità dell’aria ed il secondo stabilendo il valore massimo ammissibile della
caduta di pressione (1) .

Limitazione della velocità

Per limitare la caduta di pressione si deve fissare un determinato valore


della velocità dell’aria nella tubazione.
Il valore suggerito nella tubazione principale, per evitare di trascinare la conden-
sa oltre le apposite tubazioni di caduta, è quello di 6 m / s; invece per i rami
secondari si può usare una velocità di 10÷15 m / s.
Questo criterio dà luogo alla seguente relazione (e ne deriva la tab. 8.1):
d2 = 85 x q / (p+1) per velocità = 15 m/s
d2 = 212 x q / ( p+1) per velocità = 6 m/s
essendo : d il diametro della tubazione, in mm
q la portata d’aria, in l/s
p la pressione relativa, in bar

(1) - Si tenga presente che per ”carico della pressione”o “carico piezometrico” in un certo punto si
intende l’altezza di colonna di un liquido di massa volumica ρ, necessaria per ottenere la pres-
sione p, da cui h = p / (g ·ρ) ovvero p = h · g · ρ. Esprimendo h in metri di colonna d’acqua, g
in m/s 2, ρ in kg / m 3, la pressione p è espressa in pascal (Pa).

105
Sommario

tab. 8.1
Portata massima consigliata
Øint nom. Portata a 7 bar Portata a 10 bar
per le linee principali. mm l/s l / min l/s l / min
6 1,3 78 2,0 120
8 2,5 150 3,0 180
10 4,0 240 5,0 300
15 8,5 510 12,0 720
20 15,0 900 20,0 1.200
25 25,0 1.500 32,0 1.920
32 40,0 2.400 53,0 3.180
40 60,0 3.600 85,0 5.100
50 95,0 5.700 130,0 7.800
65 160,0 9.600 220,0 13.200
80 240,0 14.400 330,0 19.800
100 375,0 22.500 520,0 31.200
125 600,0 36.000 800,0 48.000
150 850,0 41.100 1.150,0 69.000

Limitazione della caduta di pressione

Per ben progettare il dimensionamento della tubazione si può limitare la caduta


di pressione, nel punto di interesse o di utilizzo, ad un valore ben preciso (per
esempio 0,2 o 0,5 bar) oppure ad una percentuale della pressione operativa, vale
a dire 3% o 7%.
Ciò forse è un sistema migliore, perché tiene anche conto della lunghezza della
tubazione e dell’effettiva pressione che è necessaria al punto di utilizzo in fun-
zione dell’utensile installato.
L’equazione di Darcy, che vale per tubazione a sezione circolare e diritta, che cal-
cola la caduta di pressione continua (o distribuita), è la seguente:

Equazione di Darcy ∆p = λ · (L / D) · (ρ · v2) / (2 · 10 5)


essendo: ∆p la perdita di pressione continua, in bar;
λ il fattore di attrito;
L la lunghezza della tubazione, in m;
D il diametro della tubazione, in m;
ρ la massa volumica dell’aria in kg/m 3 (vedere come si calcola
nel cap. 17); si ricorda che se la pressione è diversa da 1 bar,
la massa volumica si trova moltiplicando la massa volumica
dell’aria ad 1 bar per la pressione assoluta di esercizio;
v la velocità dell’aria, in m / s.

Il fattore di attrito λ è funzione del numero di Reynolds e della rugosità relativa


κ = ε / D.
Si calcoli, quindi, il numero di Reynolds con la seguente equazione:
Re = D · v · ρ / µ
ovvero:
Re = D · v / ν
essendo D, v e ρ già definiti sopra e:
µ la viscosità dinamica dell’aria, in Pa · s (tab. 8.9);
ν la viscosità cinematica dell’aria (= µ / ρ ), in m2/ s (tab. 8.10).

106
Sommario

Il calcolo del fattore di attrito, nel caso di regime laminare, ovvero quando il
numero di Reynolds è inferiore a 2.000 è dato da:
λ = 64 / R
In assenza del diagramma di Moody o se si volesse fare un calcolo più preciso,
per determinare il fattore di attrito, in regime turbolento (numero di Reynolds
maggiore di 4.000), si deve usare la seguente formula:

Con l’ausilio della tab. 8.2, o con l’ausilio della fig. 8.6, si determini il valore della
rugosità relativa κ = ε / D.

Tipo della tubazione ε (m) tab. 8.2


Valori tipici
Ghisa 0,000 250 della scabrezza ε
(o rugosità assoluta)
Ghisa asfaltata 0,000 120
Cemento 0,000 300 ÷ 0,003 000
Tubi trafilati (ottone, piombo, vetro) 0,000 001
Tubi in acciaio saldato o commerciale 0,000 050
Tubi in ferro zincato 0,000 150
Tubo in ferro saldato 0,000 050

Facendo uso del diagramma di Moody, (fig. 8.3), si determini il valore del coef-
ficiente di attrito λ e si calcoli la caduta di pressione con la formula di Darcy.
Se il valore di ∆p trovato è soddisfacente, il valore scelto per D è corretto, altri-
menti se ne seleziona uno maggiore e si ripete il calcolo.

Naturalmente se la tubazione contiene valvole, raccordi, allargamenti, restringi-


menti, ecc. bisognerà calcolare le cadute di pressione localizzate (o accidentali)
con coefficienti particolari o calcolare le lunghezze equivalenti, cioè lunghezze di
tubazioni equivalenti a quell’elemento, come suggerito nel capitolo successivo;
tali lunghezze equivalenti potranno essere aggiunte alla lunghezza della tuba-
zione diritta e si potrà calcolare la caduta totale di pressione.
fig. 8.3
Diagramma di Moody per
determinare il fattore di
attrito λ in funzione del
numero di Reynolds e della
rugosità relativa κ

107
Sommario

Uso dei due metodi

Naturalmente si può far uso dei due metodi sopra descritti, cioè limitando la
velocità (es.a 6 m / s) nella tubazione principale e poi verificando che la caduta di
pressione sia entro i limiti voluti (es. 0,2 bar), in modo da permettere un buon
funzionamento ai vari utensili o apparecchi lungo la linea.

Esempio 1 Con una portata d’aria aspirata di 150 m3/min si intende usare una tuba-
zione di acciaio commerciale da 140 mm di diametro, della lunghezza tota-
le di 125 m.
La pressione relativa dell’aria è 7,5 bar e la temperatura è 25 °C.
Verificare la caduta di pressione.

Pressione assoluta p = 7,5 + 1 = 8,5 bar


Temperatura assoluta T = 273 + 25 = 298 K
Volume aspirato V = 150 / 60 = 2,5 m 3/ s
Volume di aria compressa Vc = 2,5 / 8,5 = 0,294 m 3/ s
Massa volumica ρ = p / (R · T)
8,5 · 105 / (287,1 · 298)
9,935 kg / m 3
Sezione tubazione A = π · D 2/4
3,1416 · 0,1402/4 = 0,0154 m 2
Velocità aria v = V/A
0,294 / 0,0154 = 19,1 m / s
Viscosità dinamica dell’aria µ = 18,372 · 10-6 Pa · s
Viscosità cinematica dell’aria ν = µ/ρ
18,372 / 9,935 = 1,849 · 10-6 m 2/s
Numero di Reynolds R = v · D/ν
19,1 · 0,140 / (1,849 · 10 6 )
1,45 · 10 6
Rugosità relativa κ = ε/D
0,00005 / 0,140 = 0,00036
Fattore di attrito λ = 0,016
La caduta di pressione risultante è:
∆p = 0,016 · 125 · 9,935 · 19,12 / ( 2 · 0,140 · 105) = 0,259 bar = 25,9 kPa
Dato che la caduta di pressione è ritenuta eccessiva, quale sarebbe la perdi-
ta di pressione in una tubazione avente diametro 180 mm?
Sezione tubazione A = π · D2/4
3,1416 x 0,180 2 /4 = 0,0254 m2
Velocità aria v = V/A
0,294 / 0,0254 = 11,55 m / s
Numero di Reynolds R = v · D/ν
11,55 · 0,180 / (1,849 · 106 )
1,125 · 106
Rugosità relativa κ = ε/D
0,00005 / 0,180 = 0,00028
Fattore di attrito λ = 0,016

La caduta di pressione risultante è:


∆p = 0,016 · 125 · 9,935 · 11,55 2 / ( 2 · 0,180 · 105 ) = 0,074 bar = 7,4 kPa

108
Sommario

In un tubo orizzontale d’acciaio di 1.500 m e avente diametro di 50 mm, Esempio 2


scorre dell’acqua, con un coefficiente di viscosità dinamica µ=0,001 N·s/m2.
Il tubo è nuovo e pulito ed ha la sezione circolare.
Determinare la perdita di carico dovuta all’attrito e la potenza necessaria per
sostenere il moto del liquido in corrispondenza di due portate:
V1 = 0,06 dm3/min e V2 = 0,6 dm3/s.
Calcoliamo il numero di Reynolds per verificare se il regime è laminare o turbolento.
R= ρ·D·v/µ
Non essendo nota la velocità, viene calcolata, con la formula v = V/A.
v = V / (π · D 2 / 4), da cui:
v = (4 · 0,06 · 10-3 m 3 / s) / (π · (0,05 m)2) = 0,0305 m / s
Il numero di Reynolds è:
R = (1.000 kg / m3 · 0,0305 m / s) / 0,001 N · s/m 2 = 1.525
Essendo R < 4000 il moto è laminare. Dal diagramma di Moody, si ottiene
λ = 0,04; valore che si poteva calcolare anche con la formula λ = 64/R.
Calcoliamo il coefficiente di resistenza d’attrito K:
K= λ · L / D = 0,04 · 1500 m / 0,05 m = 1.200 e quindi la perdita di
carico continua yc diventa:
yc = K · v2 / 2g = 1.200 · (0,0305 m / s ) 2 / (2 · 9,81 m / s ) 2 = 0,057 m di
colonna d’acqua.
La potenza necessaria per vincere la perdita di carico yc provocata dall’attri-
to si ottiene per mezzo dell’equazione:
P =V· ∆P = V · ρ · g · yc
= 0,06 · 10-3 m 3/ s · 1000 kg / m 3 · 9,81 m / s2 · 0,057 m
P = 0,034 W.

Nel secondo caso, per portata V = 0,6 dm 3 /s, procedendo in modo analogo si trova:
v = 0,3 m / s R = 15.000
Essendo R > 4000, il moto è turbolento. Il valore della rugosità relativa ε/D
del tubo d’acciaio è:
κ = ε/D = (46 x 10-6 m) / 0,05 m = 0,00092 = 0,001
Il coefficiente di resistenza d’attrito K, è dato da:
K= λ · L / D = 0,03 · 1500 m / 0,05 m = 900
e quindi la perdita di carico continua yc diventa:
yc = K · v 2 / 2g = 900 · (0,3 m / s ) 2 / (2 · 9,81 m / s ) 2
= 4,13 m di colonna d’acqua.
La potenza necessaria per vincere la perdita di carico yc provocata dall’attri-
to si ottiene per mezzo dell’equazione:
P = V · ∆P = V· ρ ·g ·yc = 0,6 ·10-3 m3/s · 1000 kg/m3· 9,81 m/s2· 4,13 m
P = 24,3 W.
La portata maggiore, quindi, fa aumentare la velocità ed il numero di
Reynolds.
Il moto passa da laminare a turbolento e nonostante la diminuzione del fat-
tore di attrito, la potenza necessaria per fare scorrere l’acqua aumenta note-
volmente, passando da 0,034 W a 24,3 W, soprattutto a causa dell’aumento
della perdita di carico yc, funzione del quadrato della velocità del fluido.

109
Sommario

Esempio 3 In un condotto liscio, lungo 500 m, scorre una portata d’aria di 1 m3/s.
Determinare la caduta di pressione complessiva ∆p, la corrispondente per-
dita di carico ed il diametro del condotto D, quando la velocità dell’aria
viene fissata in v1 = 5 m / s e v2 = 10 m / s.
Supponiamo che la massa volumica dell’aria sia ρ =1,2 kg/m3.
Utilizzando il diagramma di figura di fig. 8.4, si alzi una verticale che parte
dalla portata V= 1 m3/s fino ad incontrare la retta inclinata, relativa alla
velocità v1= 5 m / s.
Da qui procedere orizzontalmente verso sinistra, fino all’asse delle ordinate,
sulla quale si legge la caduta di pressione ∆p/l = 0,5 Pa/m,
per cui la caduta complessiva per la lunghezza totale del tubo è :
∆p = 0,5 Pa /m · 500 m = 250 Pa
Per ottenere la perdita di carico, utilizziamo la formula: ∆p = ρ·g·yc,
da cui yc = ∆p / (g · ρ)
yc = 250 Pa / (1,2 kg /m 3 · 9,81 m / s 2 ) = 21,2 m di colonna d’aria.
Sul diagramma precedentemente usato in funzione della velocità e della
portata si trova il diametro di 500 mm.
Analogamente per la portata V di 1 m3/s e la velocità di v2 =10 m/s si trova
che la caduta di pressione è di 2,5 Pa / m e la caduta di pressione totale è:
∆p = 2,5 Pa / m · 500 m = 1.250 Pa = 1,25 kPa
La perdita di carico è:
yc = 1.250 Pa / (1,2 kg /m 3 · 9,81 m / s 2 ) = 106,2 m di colonna d’aria.
Sul diagramma precedentemente usato si trova il diametro di 350 mm.

Uso dei nomogrammi

In alcuni casi, soprattutto quando non è necessario avere molta precisione, si


può far uso di nomogrammi.
Vedere a questo proposito le fig. 8.4, fig. 8.7, per la caduta di pressione in tubi
percorsi da aria e la fig. 8.5 nel caso di tubi percorsi da acqua.

Figura 8.4 Questo nomogramma permette di trovare la caduta di pressione,


espressa in Pa/m, in funzione del diametro di tubazioni percorse da
aria; si può anche determinare la velocità della tubazione.

Figura 8.5 Questo nomogramma è analogo a quello sopra descritto, ma vale


per tubazioni percorse da acqua.

Figura 8.7 1° Esempio


Determinazione della caduta di pressione (linea a tratto pieno).
Dati: Portata: 165 l/s
Pressione assoluta : 8 bar
Diametro tubazione: 70 mm
Lunghezza tubazione: 200 m
Risultato: Caduta di pressione: 0,10 bar

2° Esempio
Determinazione del diametro della tubazione (linea tratteggiata).
Dati: Portata: 85 l/s
Pressione assoluta : 8 bar
Lunghezza tubazione: 100 m
Caduta di pressione max: 0,03 bar
Risultato: Diametro tubazione: circa 37 mm

110
Sommario

fig. 8.4 Caduta di pressione ∆P riferita alla lunghezza del condotto Pa / m, in funzione della portata volumica (dm 3 / s)
e del diametro D (mm) per tubi lisci percorsi da aria.

fig. 8.5 Caduta di pressione ∆P riferita alla lunghezza del condotto Pa / m, in funzione della portata volumica (dm 3 / s)
e del diametro D (mm) per tubi lisci percorsi da acqua.

111
Sommario

fig. 8.6 0,05


Rugosità relativa κ = ε / D 0,04
di tubi commerciali 0,03

κ=ε/D
0,02

0,01
0,008
0,006
0,005
0,004
0,003
0,002

0,001
0,0008
0,0006
0,0005
0,0004
0,0003
0,0002

0,0001
0,00008
0,00006
0,00005
0,00004
0,00003
0,00002

0,00001
0,000008
0,000006
0,000005
10 20 30 40 60 100 200 300 600 1000 2000 4000 8000
50 80 400 800 3000 6000
Diametro del tubo (mm)

fig. 8.7 1 2 3 4 56 10 20 50 60 100 200 500 600 1000 2000


Caduta di pressione (in bar),
25 10
in tubi lisci
percorsi da aria compressa
15
32 20
25
30
40
40
50

Portata aria in l / s (resa aria libera)


50
Diametro interno tubo (mm)

60 100

70 150

80 200
250
300
100 400
500
125

1.000
150

1.500
0,001

 0,002
 0,005
 0,01
 0,02
 0,05
 0,10
 0,20
 0,50
 1,0
 2,0
3

6
8
11
16














Caduta di pressione nel tubo (bar) Pressione iniziale (bar)

112
Sommario

tab. 8.9 - Valori della viscosità dinamica dell’aria (µ) moltiplicata per 105, in Pa s,
alla pressione atmosferica standard (1.013,25 mbar)

t °C 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
0 1,7094 1,7145 1,7196 1,7246 1,7297 1,7347 1,7398 1,7448 1,7498 1,7548
10 1,7598 1,7648 1,7698 1,7748 1,7798 1,7847 1,7897 1,7946 1,7996 1,8045
20 1,8094 1,8143 1,8193 1,8242 1,8290 1,8339 1,8388 1,8437 1,8485 1,8534
30 1,8582 1,8631 1,8679 1,7827 1,8776 1,8824 1,8872 1,8920 1,8967 1,9015
40 1,9063 1,9111 1,9158 1,9206 1,9253 1,9301 1,9348 1,9395 1,9442 1,9489
50 1,9536 1,9583 1,9630 1,9677 1,9724 1,9770 1,9817 1,9864 1,9910 1,9956
60 2,0003 2,0049 2,0095 2,0141 2,0187 2,0233 2,0279 2,0325 2,0371 2,0417
70 2,0462 2,0508 2,0553 2,0599 2,0644 2,0690 2,0735 2,0780 2,0825 2,0870
80 2,0915 2,0960 2,1005 2,1050 2,1095 2,1140 2,1184 2,1229 2,1273 2,1318
90 2,1362 2,1407 2,1451 2,1495 2,1539 2,1583 2,1627 2,1671 2,1715 2,1759
100 2,1803 2,1890 2,1890 2,1934 2,1978 2,2021 2,2065 2,2108 2,2151 2,2195

tab. 8.10 - Valori della viscosità cinematica dell’aria (ν) moltiplicata per 105, in m2/s,
alla pressione atmosferica standard (1.013,25 mbar)

t °C 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
0 1,3227 1,3315 1,3403 1,3491 1,3580 1,3669 1,3758 1,3847 1,3936 1,4026
10 1,4116 1,4206 1,4296 1,4387 1,4478 1,4569 1,4660 1,4751 1,4843 1,4935
20 1,5027 1,5119 1,5211 1,5304 1,5397 1,5490 1,5583 1,5677 1,5771 1,5864
30 1,5959 1,6053 1,6148 1,6242 1,6337 1,6433 1,6528 1,6624 1,6719 1,6815
40 1,6912 1,7008 1,7105 1,7202 1,7299 1,7396 1,7493 1,7591 1,7689 1,7787
50 1,7885 1,7984 1,8083 1,8181 1,8280 1,8380 1,8479 1,8579 1,8679 1,8779
60 1,8879 1,8980 1,9080 1,9181 1,9282 1,9384 1,9485 1,9887 1,9689 1,9791
70 1,9893 1,9995 2,0098 2,0201 2,0304 2,0407 2,0511 2,0614 2,0718 2,0822
80 2,0926 2,1031 2,1135 2,1240 2,1345 2,1450 2,1556 2,1661 2,1767 2,1873
90 2,1979 2,2085 2,2192 2,2298 2,2405 2,2512 2,2619 2,2727 2,2834 2,2942
100 2,3050 2,3158 2,3267 2,3375 2,3593 2,3593 2,3702 2,3811 2,3921 2,4030

CADUTE DI PRESSIONE NELLE CURVE 8b


NEI RACCORDI E NEGLI ACCESSORI

GENERALITÀ 8b.1
Le perdite in una tubazione sono causate da numerosi fattori:

a) - attriti nella tubazione, come precedentemente spiegato;


b) - cambi di direzione, nelle curve;
c) - ostruzioni, quali valvole;
d) - variazione di sezione, che possono essere graduali o brusche.

Ci sono tre modi di calcolare i coefficienti relativi ai punti b), c), d).

113
Sommario

LUNGHEZZE Il primo metodo è basato sulle lunghezze equivalenti, usando delle tabelle che
EQUIVALENTI danno tale valore secondo il tipo di valvola o raccordo/curva e il diametro inter-
no del tubo (tab. 8.11).

tab. 8.11 - Lunghezza equivalente di tubazione (in metri)

Tipo Diametro interno del tubo (mm)


25 40 50 80 100 125 150 200 250 300 400
Valvola a saracinesca
aperta 0,3 0,5 0,6 1,0 1,3 1,6 1,9 2,6 3,2 3,9 5,2
mezza chiusa 5 8 10 16 20 25 30 40 30 60 80
Valvola a membrana
aperta 1,5 2,5 3,0 4,5 6,0 8,0 10 -- -- -- --
Valvola ad angolo
aperta 4 6 7 12 15 18 22 30 36 -- --
Valvola di arresto (globo)
aperta 7,5 12 15 24 30 38 45 60 -- -- --
Valvola di non ritorno,
a cerniera: aperta 2,0 3,2 4,0 6,4 8,0 10 12 16 20 24 32
Curva R = 2d 0,3 0,5 0,6 1,0 1,2 1,5 1,8 2,4 3,0 3,6 4,8
Curva R=d 0,4 0,6 0,8 1,3 1,6 2,0 2,4 3,2 4,0 4,8 6,4
Gomito 90° 1,5 2,4 3,0 4,8 6,0 7,5 9,0 12 15 18 24
”T” con uscita diritta 0,5 0,8 1,0 1,6 2,0 2,5 3,0 4,0 5,0 6,0 8,0
”T” con uscita a 90° 1,5 2,4 3,0 4,8 6,0 7,5 9,0 12 15 18 24
Riduzione 2d > 1d 0,5 0,7 1,0 2,0 2,5 3,1 3,6 4,8 6,0 7,2 9,6

COEFFICIENTE Un secondo metodo, è derivato dall’equazione di Darcy, già esaminata in pre-


DI RESITENZA cedenza:
∆p = ρ · λ · L · v 2 / (2 D) ovvero:
∆p = ρ · K · v 2 / 2
essendo K il coefficiente di resistenza, che sostituisce il valore λ · L / D.
Per ogni tipo di raccordo vi è un valore di m tale che moltiplicato per il valore del
coefficiente di attrito λ, dà il valore di K, cioè il coefficiente di resistenza.
Tale metodo fa uso della tab. 8.12 (se si tratta di tubo commerciale) e della tab. 8.13.
tab. 8.12
Diametro nominale Fattore di attrito Diametro nominale Fattore di attrito
Fattori di attrito per tubazioni
commerciali mm λ mm λ
in regime turbolento
15 0,027 100 0,017
20 0,025 125 0,016
25 0,023 150 0,015
32 0,022 200 ÷ 250 0,014
40 0,021 300 ÷ 400 0,013
50 0,019 450 ÷ 600 0,012
65 ÷ 80 0,018

114
Sommario

tab. 8.13 - Valore del coefficiente di resistenza K per accessori per tubazione

Tipo Coefficiente di resistenza


Valvola a diaframma K= 60λ
Valvola di arresto (a globo) K= 340 λ
Valvola a saracinesca K= 8λ
Gomito standard 90 ° K= 30 λ
45 ° K= 16 λ
Curva R=d K= 42 λ
R=2d K= 24 λ
R=4d K= 20 λ
R=8d K= 14 λ
R = 16 d K= 12 λ
T standard Uscita diritta K= 20 λ
Uscita a 90 ° K= 60 λ
Contrazione β = d/D per θ ≤ 22,5 ° K = 0,8 (1 - β 2) 2 sin (θ )
per θ > 22,5 ° K= 0,5 (1 -β 2) 2
Allargamento β = d / D per θ > 22,5 ° K = 2,6 (1 - β 2) 2 sin (θ )
per θ > 22,5 ° K = (1 - β 2) 2
Nota: 1) d = diametro minore, D = diametro maggiore; θ = angolo della parete di raccordo con
l’asse del tubo
2) I valori di K, per la contrazione e l’allargamento, si basano sul presupposto che la velocità
presa in considerazione sia quella del diametro minore. Per trovare K relativo alla velocità
4
basata sul diametro maggiore, moltiplicare per 1/β . Se una valvola viene inserita in un
tubo più grande o più piccolo di quello nominale previsto, bisognerà aggiungere le perdi-
te di carico causate dalla contrazione o dall’allargamento.

Quali perdite di pressione si hanno attraverso una valvola a saracinesca, una Esempio
valvola a seggio ed un gomito a 90° in una tubazione avente diametro 80
mm, velocità 10 m / s e massa volumica dell’aria di 8 kg/m 3?

Dalla tab. 8.12 e tab. 8.13 si ricavano i seguenti valori:


• valvola a saracinesca λ = 0,018 K= 8 · λ = 0,144
• valvola a seggio λ = 0,018 K = 340 · λ = 6,120
• curva a 90° λ = 0,018 K = 30 · λ = 0,540
Ricordando che: ∆p = ρ · K · v 2 / 2
se: ρ = 8 kg / m 3 e v = 10 m / s si ottiene:

∆p = 8 · (0,144 + 6,120 + 0,54) · 100 / 2 = 2.721,6 Pa ovvero


∆p = 0,027 bar

Il terzo metodo usa i valori di K forniti dal costruttore, indipendentemente dal VALORI DEL
tipo di tubazione. COEFFICIENTE DI
RESITENZA FORNITI
DAL COSTRUTTORE

115
Sommario

8b.2 CADUTE DI PRESSIONE NEI TUBI FLESSIBILI


L’aria compressa usata dagli utensili è spesso portata all’utilizzo per mezzo di
tubazioni flessibili connesse ad un compressore oppure talvolta derivate da un
impianto ad anello.
Se gli utensili sono a percussione, la portata d’aria richiesta è di tipo pulsante e
le pulsazioni si sentiranno nel sistema fino al serbatoio più vicino.
Il fattore di attrito relativo ad un flusso pulsante è maggiore di quello calcolato
per via normale e quindi normalmente si incrementa del 50%.
tab. 8.14 La tab. 8.14 permette di ottenere la caduta di pressione (bar) in tubi flessibili di
Cadute di pressione in tubi circa 30 m, tenendo conto dei raccordi di estremità e della presenza di curve.
flessibili con attacchi
alle estremità (L = 30 m) Per lunghezze diverse di L, moltiplicare il valore per L / 30.

Ø tubo Press. r. Portata in litri / secondo


mm bar 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 70
12,5 5,5 0,16 0,45 1,10 1,60 2,40 3,45 4,75
( 1 / 2 in.) 6,0 0,14 0,40 1,00 1,40 2,10 3,00 4,20 5,70
6,5 0,10 0,35 0,08 1,20 1,85 2,70 3,70 5,00
7,5 0,07 0,30 0,60 1,00 1,65 2,40 3,40 4,60 6,10
19 5,5 0,04 0,10 0,13 0,27 0,45 0,70 0,75 1,10 1,30 1,20
( 3 / 4 in.) 6,0 0,03 0,08 0,11 0,25 0,40 0,60 0,60 0,70 1,00 1,10 1,00
6,5 0,02 0,06 0,09 0,20 0,35 0,50 0,50 0,60 0,80 0,90 0,90 1,30
7,5 0,01 0,04 0,07 0,15 0,30 0,40 0,40 0,50 0,60 0,70 0,85 1,20
25 5,5 0,02 0,05 0,06 0,09 0,12 0,13 0,18 0,22 0,33 0,42 0,55
( 1 in.) 6,0 0,02 0,04 0,05 0,08 0,11 0,12 0,16 0,20 0,27 0,32 0,45
6,5 0,01 0,03 0,04 0,07 0,09 0,11 0,14 0,18 0,22 0,26 0,35
7,5 0,01 0,03 0,03 0,05 0,07 0,10 0,13 0,16 0,19 0,22 0,27
30 5,5 0,01 0,02 0,04 0,05 0,06 0,07 0,09 0,12 0,16
( 5 / 4 in.) 6,0 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,08 0,10 0,12
6,5 0,02 0,03 0,04 0,05 0,07 0,08 0,10
7,5 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,08
38 5,5 0,02 0,02 0,03 0,05
( 6 / 4 in.) 6,0 0,02 0,02 0,04
6,5 0,02 0,03
7,5 0,03

8c FUGHE

Bisogna fare molta attenzione alle fughe, che rappresentano una riduzione del-
l’efficienza ed una perdita di potenza.
Si dice spesso che bisogna prevedere un 5÷10% della portata del compressore,
per sopperire alle fughe, ma vi sono sistemi che superano di gran lunga tale per-
centuale, raggiungendo valori di 25÷30%. Tale situazione è decisamente inac-
cettabile e, con una buona manutenzione, è possibile contenere le fughe d’aria
entro valori molto bassi. Indubbiamente l’obiettivo di ogni responsabile della
rete di distribuzione dovrebbe essere quello di non avere affatto fughe.
I punti più comuni di perdita sono le giunzioni, le valvole, i collegamenti, i
raccordi dei tubi flessibili e le fughe dovute a forature causate dalla corrosione.
Spesso non si immagina a quanto possa ammontare la fuga d’aria anche da ori-
fizi molto piccoli.
Un’idea delle fughe e la relativa potenza spesa nella compressione è data dalla
seguente tab. 8.19:

116
Sommario

tab. 8.19
Diametro foro Perdita Perdita Energia persa
Potenza persa
(mm) (l/s) (l/min) (kWh) a causa delle fughe

0,4 0,2 12,0 0,06


1,0 1,2 72,0 0,36
1,6 3,1 186,0 0,93
3,0 11,0 660,0 3,30
4,0 19,5 1.170,0 5,85
5,0 30,5 1.830,0 9,15
6,0 43,9 2.634,0 13,20
8,0 77,0 4.620,0 23,10
10,0 120,0 7.200,0 36,00
12,0 173,0 10.380,0 52,00
Per valutare il costo delle fughe, al costo attuale di circa 200 lire per kWh, un
semplice foro da 6 mm di diametro, se l’impianto lavorasse 2.500 ore /anno,
darebbe luogo ad una perdita di lire 6.600.000.

CONSUMI DI ALCUNI UTENSILI PNEUMATICI 8d

Nella tabella seguente elenchiamo una serie di utensili ed il consumo d’aria


compressa espresso in m 3/ h, ad una pressione di 6 ÷ 8 bar

UTENSILI Consumo UTENSILI Consumo


Tranciatori 24 Smerigliatrici - Troncatrici:
Chiavi a scatto dritte per bulloni: Ø 180 mm 80
Ø 6 mm 17 Ø 235 mm 168
Ø 12 mm 24 Trapani - Filettatrici
Ø 16 mm 27 Ø 6 ÷ 8 mm 32
Ø 20 mm 45 Ø 6 ÷10 mm 35
Ø 33 mm 66 Ø 10 ÷13 mm 40
Ø 40 mm 72 Ø 18 mm 45
Trita-cemento: Ø 22 mm 66
da 14 a 25 kg 51 Ø 32 mm 114
da 28 kg 57 Pistole da vernice 6 ÷ 25
Leva ruggine ad aghi 24 Levigatrice per stampo:
Rosicchiatori 24 Ø 127 mm 36
Martelli picconatori: Ø 180 mm 60
da 7 kg 34 Levigatrice orbitale a disco 21
da 13,5 kg 51 Levigatrice orbitale pattino 21
Smerigliatrici pneumatiche: Avvitatrici: 6 mm 23
stampo 100 mm 40 8 mm 32
stampo 150 mm 60 10 mm 35

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Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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9
FABBISOGNO D’ARIA
E SERBATOI
FABBISOGNO D’ARIA 9a

In ogni stabilimento o impianto che richiede aria compressa vi è un modo molto


semplice, per verificare se è necessario aggiungere nuovi compressori alla rete.
In genere, i compressori d’aria forniscono alla rete aria a 7 bar per avere un
minimo di 6,5 bar all’utilizzo. Per mantenere i costi al minimo i compressori lavo-
rano fra due pressioni di “attacca” ( 6,5 bar ) e “stacca” ( 7,5 bar ), nel quale il
compressore si mette a vuoto.
Con questi valori (o simili nel caso di applicazione diversa) si può dedurre che:
• se la pressione nel serbatoio è sotto il valore della pressione di “attacca”
(6,5) o non cresce gradualmente fino a raggiungere il punto di “stacca”
(7,5 bar), molto probabilmente il sistema ha bisogno di altra aria.
• Verificare, ovviamente, che non ci siano grosse perdite e che il sistema di
controllo del compressore funzioni correttamente.
• Se il compressore dovesse lavorare a pressioni superiori a 7,5 bar, per avere
poi 6,5 bar all’utilizzo, allora bisogna verificare l’impianto, perché esso
potrebbe essere troppo piccolo in diametro o avere una presa troppo pic-
cola per fornire tutta la portata od infine la rete di distribuzione potrebbe
avere un’eccessiva estensione.

VERIFICA DELLA PORTATA 9b

Facendo una verifica di riempimento, si può in modo abbastanza accurato veri-


ficare la portata dei compressori.
Ciò servirà a dare la conferma che la mancanza d’aria non è dovuta a cattivo
funzionamento della macchina.
Per effettuare questa verifica procedere come segue:
• Verificare il volume del serbatoio in litri o in m 3.
• Calcolare il volume della tubazione dal compressore al serbatoio, nella stes-
sa unità di misura.
• Far funzionare il compressore a pieno carico e chiudere la valvola fra il ser-
batoio e la linea principale.
• Abbassare la pressione nel serbatoio fino alla pressione p2 (ad esempio 4,5
bar o altra pressione) mediante la valvola di drenaggio e poi chiudere rapi-
damente la stessa.

119
Sommario

Controllare quanti secondi si impiegano a raggiungere la pressione p3 (ad esem-


pio 7 bar).

Calcolo della portata Mediante la formula: [1]

in cui: qv = portata del compressore, in m 3/min;


T1 = temperatura assoluta alla bocca di aspirazione del compressore, K
p1 = pressione assoluta alla bocca di aspirazione del compressore, bar
T2 = temperatura assoluta nel serbatoio, all’inizio del riempimento, K
p2 = pressione assoluta nel serbatoio, all’inizio del riempimento, bar
T3 = temperatura assoluta nel serbatoio, alla fine del riempimento, K
p3 = pressione assoluta nel serbatoio, alla fine del riempimento, bar
∆t = il tempo impiegato per passare dalla pressione p2 alla pressione p3
V = volume del serbatoio (e di eventuale tubazione a monte e valle), m 3

Nel caso si vogliano trascurare la temperatura iniziale e finale nel serbatoio, o nel
caso che esse siano molto prossime alla temperatura di aspirazione, si può far
uso della formula semplificata:

[2]

Se invece volessimo stimare il tempo necessario a riempire un serbatoio od un


impianto di aria compressa, ovvero per innalzare la sua pressione iniziale p2 alla
pressione p3 si può far uso delle seguenti formule.

Tempo di riempimento
[3]
di un serbatoio

Il tempo t, se la portata fosse espressa in m 3/min, è in minuti.


Ovviamente: • se la portata fosse espressa in l/ s o m 3/h, il tempo impiegato
risulterà espresso rispettivamente in s, oppure in h;
• il volume dovrà essere espresso nella stessa unità impiegata per
la portata (litri, m 3).

Nel caso si vogliano trascurare la temperatura iniziale e finale nel serbatoio, o nel
caso che esse siano molto prossime alla temperatura di aspirazione, si può far
uso della formula semplificata:

[4]

Esempio Assumiamo che il serbatoio abbia un volume V1 = 3.000 L e la tubazione sia


V2 = 200 L ed il tempo ∆t sia di 45 secondi.
La temperature di aspirazione è di 23 °C, quella di mandata 28 °C e nel ser-
batoio la temperatura è di 26 °C.
La pressione barometrica è di 1,020 bar ed il salto di pressione che si realiz-
za è da 4 a 7 bar.
Trovare la portata del compressore

Usando la formula completa [1] si ha che la portata effettiva è:


qv = 60 · (273 + 23) · 3.200 · [( 7 / ( 273 + 26 ) - 4 / ( 273+28)] / (45 · 1,020)
= 12.533 l / min = 12,53 m 3/ min

Trascurando invece le temperature (molto prossime fra loro), e facendo uso


quindi della formula [2] si ha:

120
Sommario

qv = 60 · 3.200 · (7 – 4) / (45 · 1,02)


= 12.549 litri / min = 12,55 m 3/ min

Se quanto calcolato è molto prossimo alla portata nominale del compresso-


re, allora si può essere quasi sicuri che la richiesta d’aria è troppo elevata e
la rete necessita quindi di una maggior quantità d’aria.

ARIA RICHIESTA PER PORTARE IL SISTEMA A 7 bar 9c

Nota l’effettiva portata del compressore, è molto facile determinare matemati-


camente la quantità d’aria necessaria per portare il sistema a lavorare alla pres-
sione desiderata (p3), sapendo che, per esempio, la pressione nel sistema si
abbassa, nei momenti di massima richiesta alla pressione p2.

Sia nota la portata del compressore q, uguale a 11.000 litri / minuto e siano Esempio
7 bar e 6,2 bar rispettivamente la pressione desiderata p3 e la pressione
effettiva (p2). Quale portata bisogna avere per raggiungere la pressione di 7
bar? E se si volesse un margine del 15%?
Portata richiesta: q’ = q · p3 / p2
da cui: q’ = 11.000 · (7/ 6,2) = 12.420 l / min
ovvero un incremento di: ∆q = q’- q = 12.420 – 11.000 = 1.420 l / min
Se si volesse un margine del 15%, calcoliamo quale dovrebbe essere la por-
tata q’’ con questo fattore maggiorativo:
Portata maggiorata: q’’ = q’ · 1,15 = 12.420 · 1,15 = 14.283 l/ min
il cui incremento è: ∆q = q’’ – q = 14.283 – 11.000 = 3.283 l/min ~ 3.300 l/ min
Pertanto è consigliabile avere una portata maggiore di 3.300 l/ min pari al
30% della portata disponibile.

I SERBATOI 9d

I serbatoi d’aria assolvono le seguenti funzioni:


a) tenere costante la pressione nel sistema;
b) raccogliere aria compressa in modo da sopperire ai picchi che superano la
portata del compressore;
c) permettere un ulteriore raffreddamento dell’aria e raccolta di condensa e
tracce d’olio;
d) prevenire che il compressore troppo frequentemente si metta a carico ed a
vuoto.
Il volume utile di un serbatoio è il volume di aria libera che può essere rilasciata
dal serbatoio alla pressione di progetto, volume differente da quello interno del
serbatoio.
Le dimensioni di un serbatoio dipendono dal servizio che esso deve assolvere;
alcuni utili suggerimenti possono essere i seguenti:

Richiesta d’aria: costante e molto prossima a quella fornita dal compressore 1)


Per pressioni inferiori a 9 bar e con un ∆p ≥ 4 bar
Vs = 0,1 · q essendo q la portata del compressore al minuto (l/min o m3/min).

121
Sommario

2) Richiesta d’aria: variabile


Il calcolo dipende da quale caduta di pressione si ritiene accettabile, nonché dal
numero di cicli che si vuole che il compressore faccia a carico ed a vuoto nell’u-
nità di tempo.
Per una richiesta molto variabile si consiglia: Vs = 0,3 · q
essendo q la portata del compressore al minuto (l/min o m 3/ min).

3) Richiesta d’aria: intermittente


Se fosse richiesta una buona quantità d’aria per un breve periodo, intervallata da
lunghi periodi di riposo, ovvero di nessuna richiesta d’aria, bisogna fare dei cal-
coli.
Assumiamo, per esempio, che la richiesta sia 40 m 3/min d’aria a 7 bar, da utiliz-
zarsi per 10 minuti ogni ora.
La soluzione può essere duplice: o si ha a disposizione un compressore capace
di fornire la portata richiesta di 40 m 3/min, solo per quei 10 minuti o un com-
pressore più piccolo, che continua a fornire aria, magari ad una pressione più
elevata, che verrà stivata in un serbatoio. Il compressore pomperà l’aria nel ser-
batoio per 50 minuti, allorché non vi è richiesta.
Il volume del serbatoio è dato dalla formula:
Vs = (qr - qc) · ∆t · p0 / (∆p · rp)
essendo: qr = la portata richiesta dal sistema;
qc = la portata del compressore;
t = il tempo per il quale il sistema richiede la portata qr;
p0 = la pressione di aspirazione;
∆p = il salto di pressione, fra pressione di mandata del com-
pressore e la pressione richiesta dal sistema;
rp = rapporto di compressione

Esempio Volendo usare, per il caso sopra descritto, un compressore piccolo


(qc = 5 m 3/ min), quale sarebbe la dimensione del serbatoio se la pressione
di mandata fosse 15 o 21 bar?

Nel caso del compressore a 15 bar, il rapporto di compressione è uguale a


(15 +1) / 1 = 16; dalla formula sopra citata si ricava:
Vs = (40 – 5) · 10 · 1 / [(15 - 7) · 16] = 350 / (8 · 16) = 2,73 m 3

Nel caso del compressore a 21 bar, il rapporto di compressione è 22, ed il


volume del srbatoio:
Vs = (40 – 5) · 10 · 1 / [(21 - 7) · 22] = 350 / (14 · 22) = 1,14 m 3

4) Richiesta d’aria: intermittente con controllo di marcia ed arresto del motore


Se il compressore fosse dotato di controllo tale da avviare ed arrestare il motore
elettrico in funzione della richiesta d’aria (e quindi non di messa a vuoto auto-
matica) il serbatoio dovrà essere di dimensioni superiori, per evitare eccessivi cicli
e al contempo un eccessivo surriscaldamento del motore.
Si dovrà pertanto dimensionare il serbatoio per il numero massimo di arresti e
successivi avviamenti che si intendono effettuare in un’ora.
Normalmente il numero di avviamenti all’ora, suggerito dai costruttori di moto-
ri elettrici, in funzione della grandezza del motore, è 6÷10.
Bisognerà altresì utilizzare la banda di pressione più ampia possibile, in modo da
ridurre ulteriormente i cicli.

122
Sommario

Una formula semplice, normalmente utilizzata per il dimensionamento del ser-


batoio, è la seguente:
Vs = q · ∆t / (4 · ∆p)
essendo: q = la portata del compressore,
∆t = l’intervallo di tempo fra un avviamento e l’altro,
∆p = il salto di pressione utilizzato.

Per un compressore da 8 m3/min, se il numero di avviamenti ammessi fos- Esempio 1


sero dieci ed il salto di pressione consentito fosse di 1 bar, quale sarebbe il
volume del serbatoio richiesto?

L’intervallo di tempo fra un avviamento e l’altro è:


∆t = 60 minuti /10 = 6 minuti
∆p = 1 bar
Il volume del serbatoio è:
Vs = 8 · 6 / (4 · 1) = 8 ·1,5 = 12 m 3

Se lo stesso compressore invece potesse effettuare solo 6 avviamenti l’ora, Esempio 2


ma avesse un campo di utilizzazione da 8 bar a 6 bar, quale sarebbe il volu-
me del serbatoio?

∆t = 60 minuti / 6 = 10 minuti
p = 2 bar
Il volume del serbatoio sarebbe:
Vs = 8 · 10 / (4 · 2) = 8 · 1,25 = 10 m 3

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Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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Sommario

10
I LUBRIFICANTI
NECESSITÀ DI LUBRIFICARE 10a

Come è ben noto l’aria compressa è essenziale per molteplici processi produtti-
vi in diversi settori dell’industria. L’aria compressa è prodotta da macchine deno-
minate “compressori”, dei quali esistono in commercio diversi tipi, sia per gran-
dezza sia per il modo di realizzare la compressione del fluido.
Un elemento molto importante, al fine di evitare fermi macchina e gravi danni
di mancata produzione, è l’affidabilità del compressore che, oltre ad essere
garantita da un buon progetto e dalla giusta scelta in funzione dell’applicazio-
ne, è altresì garantita da ottimale manutenzione; ed in particolare assume
sempre più importanza la corretta lubrificazione.
Essa tiene conto essenzialmente del tipo di compressore e delle sue condizioni
di esercizio. In generale si raccomanda di scegliere un lubrificante di qualità,
secondo le indicazioni fornite dal costruttore del compressore o le indicazioni
fornite da primarie aziende produttrici di lubrificanti.
La lubrificazione è necessaria per creare un film lubrificante, interposto fra
gli organi in contatto, che riduca l’attrito fra di essi, limitando inoltre i
fenomeni di usura.
Ciò consente notevoli vantaggi, come ad esempio risparmio energetico, mag-
giore affidabilità, ridotti fermi macchina per le manutenzioni programmate.
Inoltre il lubrificante può fungere anche da veicolo per l’asportazione del calore
che si sviluppa nella macchina a seguito del processo di compressione dell’aria.

TIPI DI LUBRIFICANTI 10b


Gli idrocarburi che costituiscono i lubrificanti derivanti dal petrolio si possono
suddividere in quattro classi principali e questo senza tener conto dei composti
solforati, azotati ed ossigenati:
A ) naftenici paraffinici con molecole costituite da uno o più anelli naftenici
con catene laterali paraffiniche;
B) policiclici con molecole costituite in larga prevalenza da anelli naftenici
prevalentemente di tipo condensato;
C ) aromatici monociclici con catene laterali paraffiniche;
D ) aromatici polinucleari.

Attualmente sul mercato si trovano differenti tipi di lubrificanti formulati con


basi di vario genere, ovvero sia di derivazione petrolifera che sintetica.
Occorre quindi effettuare una prima significativa distinzione tra di essi:

125
Sommario

LUBRIFICANTE MINERALE
Formulato su base di origine petrolifera, ottenuta per distillazione in topping
atmosferici e sottovuoto del petrolio grezzo e successiva estrazione con solven-
te, onde ottenere basi altamente raffinate con buone proprietà lubrificanti.

LUBRIFICANTE SEMISINTETICO
• formulato con due basi, minerale e sintetica (totalmente compatibili);
• idrogenato, ovvero ottenuto con un processo di raffinazione per idrogena-
zione di una base minerale.

LUBRIFICANTE SINTETICO
Base ottenuta per sintesi; si ricordano le più note:
• polialfaolefine;
• diesteri;
• poliglicoli;
• siliconi;
• perfluoropolietere;
• ecc.

Come si può ben vedere si trovano differenti lubrificanti, formulati con differen-
ti basi, e, di conseguenza, con caratteristiche chimico -fisiche diverse.
Segue ora un’analisi più approfondita relativa alle basi di maggior interesse per
questa presentazione finalizzata ad evidenziare i lubrificanti più impiegati nei
compressori d’aria.

10b.1 LUBRIFICANTE MINERALE


Talora si trovano compressori che lavorano con oli idraulici a base minerale che,
nati originariamente per applicazioni di tipo idraulico generale, non presentano
normalmente una formulazione idonea per l’applicazione nei compressori.
Infatti lo zinco, ad esempio, contenuto negli oli idraulici tradizionali in concen-
trazione da 400 a 900 ppm, dà origine a fenomeni di idrolisi in presenza di
acqua (condensa). La conseguenza di questo fenomeno è la formazione di un’e-
mulsione olio-acqua che riduce notevolmente la viscosità ed il potere lubrifican-
te; è necessario pertanto ricercare un lubrificante, seppur di base minerale, spe-
cifico per la lubrificazione di compressori.
I lubrificanti a base minerale formulati per l’impiego nei compressori sono più
economici rispetto alle basi sintetiche e semisintetiche, ma presentano dei limiti
nelle loro prestazioni quali:
• ridotta durata in servizio (tra 500 e 2.000 ore);
• formazione di residui solidi nel circuito di lubrificazione;
• scarsa resistenza all’ossidazione;
• più alto impatto ambientale.

Pertanto la tendenza, in questi ultimi anni, è quella di passare gradualmente


verso basi sintetiche, o nel caso di prestazioni gravose, su basi semisintetiche,
quali ad esempio gli oli idrogenati.
L’idrogenato è un lubrificante a base minerale, sottoposto ad un processo parti-
colare che permette la cosiddetta idrogenazione delle frazioni aromatiche. In sin-
tesi si può dire che viene “saturato” il prodotto, rendendolo più stabile alle alte
temperature e limitando, pertanto, il processo di ossidazione.
Tale processo, tra l’altro, consente di migliorare le prestazioni del prodotto, quali
ad esempio:
• aumento della durata in servizio (2.000÷4.000 ore);
• minore formazione di residui rispetto al lubrificante minerale;
• miglior stabilità all’ossidazione.

126
Sommario

LUBRIFICANTE SEMISINTETICO OVVERO A DOPPIA BASE 10b.2


Lubrificante a base sintetica + minerale che si colloca, a livello qualitativo, al di
sopra dei precedenti e garantisce:
• circa 5.000 ore di lavoro;
• migliore stabilità all’ossidazione;
• minore formazione di residui.

LUBRIFICANTE SINTETICO 10b.3


Rappresenta il massimo dei lubrificanti, praticamente idoneo per tutte le appli-
cazioni industriali ed il suo utilizzo sta estendendosi sempre di più anche nel set-
tore dei compressori.
Tutti i lubrificanti sintetici per compressori garantiscono, in generale:
• durata in servizio di 5.000 ÷ 9.000 ore;
• ottima stabilità all’ossidazione;
• formazione di residui estremamente limitata;
• ottime proprietà di separazione dall’aria e dall’acqua;
• ottimo potere detergente che consente il mantenimento di un ottimo livel-
lo di pulizia nei circuiti.

LUBRIFICANTE A BASE VEGETALE 10b.4


L’utilizzo di essi va riducendosi sempre più. Essi vengono ancora impiegati solo
marginalmente e per applicazioni non gravose.

CARATTERISTICHE DEI LUBRIFICANTI 10b.5


Nella tab. 10.1 si elencano alcune proprietà dei tipi di olio più comuni.
tab. 10.1

PROPRIETÀ OLI BASE


MIN PAO E PG SIL PFAE
Massa volumica a 20 °C 0,9 0,85 0,9 0,9÷1,1 0,9÷1,05 1,9
Indice di viscosità (VI) 80÷100 130÷160 140÷175 150÷270 190÷500 50÷140
Punto di scorrimento (°C) -40÷ -100 -50÷ -10 -70÷ -37 -56÷23 -80÷ -30 -70÷ -30
Punto di infiammabilità (°C) < 250 < 200 200÷230 150÷300 150÷350 non inf.
Resistenza alla ossidazione moderata buona buona buona ottima ottima
Stabilità termica moderata buona buona buona ottima ottima
Potere lubrificante buono buono buono buono insoddisf. buono
Compatibilità con elastomeri, ecc. buona buona insoddisf. media buona buona
MIN = minerale E = estere SIL = silicone
PAO = polialfaolefine PG = poliglicole PFAE = poliestere fluorurato

Note: ………………………………………………………………………………………………………

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127
Sommario

10c PROPRIETÀ FISICHE

10c.1 VISCOSITÀ
La viscosità è la grandezza che misura l’attrito interno di un fluido.
Più essa è elevata, maggiore è la resistenza che il fluido oppone allo scorrimen-
to; peraltro più essa è elevata, maggiore risulta la resistenza del film alle pres-
sioni che si esercitano fra i corpi in attrito e che tendono a “scalzare” il film lubri-
ficante interposto fra i medesimi.
Un olio deve avere quindi una viscosità sufficiente a tenere distaccate le superfi-
ci, ma al tempo stesso l’olio deve essere fluido a sufficienza per rendere minime
le perdite di energia al suo interno, facilitando tra l’altro gli avviamenti a freddo.
La viscosità si può misurare con cura ed è proporzionale al tempo che impie-
ga uno specifico volume d’olio per passare attraverso un capillare di vetro
calibrato, ad una temperatura stabilita, unicamente in base alla forza di
gravità.

10c.2 VISCOSITÀ DEI LUBRIFICANTI INDUSTRIALI


E LORO CLASSIFICAZIONE
Una caratteristica fondamentale degli oli lubrificanti è la viscosità cinematica,
che è funzione della temperatura del lubrificante.
L’unità di misura della viscosità cinematica, nel sistema internazionale (SI),
è pari a 1 m 2/s, equivalente a 106 cSt.
L’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO) ha emesso la
norma ISO 3448 che stabilisce 18 gradazioni di viscosità cinematica per i lubrifi-
canti industriali, comprese fra 2 cSt e 1.500 cSt a 40°C.
I valori di viscosità sono espressi in mm2/s o cSt, equivalenti alla milionesima
parte dell’unità di misura del sistema internazionale (SI) sopra indicata.
Tale norma costituisce una base di riferimento comune a produttori di lubrifi-
canti, utenti e costruttori di macchinario, per la designazione e la scelta dei lubri-
ficanti in funzione della loro viscosità.
I numeri che contraddistinguono le varie gradazioni ISO approssimano il valore
medio di viscosità nell’intervallo consentito per la rispettiva gradazione; il valore
è espresso in mm2/s alla temperatura di 40°C.
I limiti tollerati per ogni gradazione corrispondono a ± 10% del valore medio
(tab. 10.2).
Essa peraltro non riguarda gli oli per motori, cambi, differenziali, che continua-
no ad essere classificati in base alla gradazione S.A.E.
Nella tab. 10.3 vi è una comparazione fra le viscosità ISO e la gradazione S.A.E.

10c.3 VISCOSITÀ DINAMICA (µ)


Esprime la forza in newton (N) necessaria per spostare uno strato di liquido,
avente una superficie di 1 m 2 e lo spessore di 1 m, alla velocità di 1 m/s.
Si misura in Pa · s, dato che N / m2 = Pa.

Spesso si parla di poise (P) o centipoise (cP) e vale la relazione:


1 N · s / m2 = 1 Pa · s = 10 P = 1000 cP
Essa è legata alla viscosità cinematica dalla massa volumica: µ = (ν · ρ).

128
Sommario

Se si usa la viscosità cinematica espressa in cSt e la massa volumica in kg / dm 3,


il prodotto è la viscosità dinamica espresso in cP.
Altri tipi di viscosimetri, impiegati per lo più nel passato, davano le viscosità in:
Engler (°E)
Saybolt (SSU)
Redwood (SRI)

Vedere tab.10.4 per informazioni sulle conversioni fra i valori di viscosità espres-
si nelle differenti unità di misura cSt ( = mm2/ s), °E, SSU, SRI.
tab. 10.2
Gradazione ISO Viscosità cinematica a 40 °C (cSt)
Gradazioni ISO di viscosità
di viscosità Valore medio Limite minimo Limite massimo
ISO VG 2 2,2 1,98 2,42
ISO VG 3 3,2 2,88 3,52
ISO VG 5 4,6 4,14 5,06
ISO VG 7 6,8 6,12 7,48
ISO VG 10 10 9,0 11,0
ISO VG 15 15 13,5 16,5
ISO VG 22 22 19,8 24,2
ISO VG 32 32 28,8 35,2
ISO VG 46 46 41,4 50,6
ISO VG 68 68 61,2 74,8
ISO VG 100 100 90,0 110
ISO VG 150 150 135,0 165
ISO VG 220 220 198,0 242
ISO VG 320 320 288,0 352
ISO VG 460 460 414,0 506
ISO VG 680 680 612,0 748
ISO VG 1.000 1.000 900,0 1.100
ISO VG 1.500 1.500 1.350,0 1.650
2 -6 2
Nota: 1 cSt = 1 mm / s = 1 x 10 m /s

tab. 10.3
Classificazione oli motore Oli per ingranaggi motore
ISO VG Equivalenza approssimata
SAE SAE (orientativa) tra gradazioni di viscosità
5 - 7 - 10
15 5W
22 10 W 70 W
32 75 W
46 15 W
68 20 W - 20 80 W
100 30 85 W
150 40 90
220 50
320 - 460 - 680 140
1.000 - 1.500 250

129
Sommario

10c.4 INDICE DI VISCOSITÀ


Indica la dipendenza della viscosità dalla temperatura.
Oli con elevato indice di viscosità, presentano ridotte variazioni di viscosità in
funzione della temperatura.

10c.5 PUNTO DI SCORRIMENTO


È la temperatura più bassa alla quale l'olio comincia a fluire, a certe condi-
zioni. Esso dà una indicazione di massima della temperatura più bassa alla quale
l’olio cessa di fluire in condizioni di esercizio.
Di solito è buona norma che l’olio abbia un punto di scorrimento di almeno
15÷20 °C inferiore alla temperatura ambiente più bassa alla quale la macchina
deve operare.

10c.6 PUNTO DI INFIAMMABILITÀ


È la temperatura minima alla quale l’olio deve essere riscaldato, in determi-
nate condizioni di prova, per liberare vapori suscettibili di incendiarsi al con-
tatto di una fiamma, senza poi continuare a bruciare.

10c.7 TEMPERATURA DI AUTOIGNIZIONE O AUTOACCENSIONE


Temperatura alla quale l’olio, se riscaldato, ed a certe condizioni, spontanea-
mente prende fuoco.

10c.8 DEMULSIVITÀ
L’acqua e l’olio non possono miscelarsi, ma in certi casi è possibile che si formi
un’emulsione nella quale l’uno o l’altro è presente sotto forma di piccoli globuli.

La demulsività è la capacità di un olio di separarsi dall’acqua più o meno


velocemente dopo energica agitazione, nella fase di riposo (statica).
La prova di demulsività consiste nel miscelare con un agitatore 40 ml di olio e 40
ml di acqua alla temperatura di 54 °C producendo un’emulsione.
Dopo un tempo di agitazione normalizzato, si lascia il prodotto in fase statica (di
riposo) e si rileva il tempo, in minuti, necessario perchè la parte emulsionata si
riduca a 3 ml.
Questo valore indica la demulsività, pertanto quanto più è basso, tanto più l’o-
lio ha un ottimo comportamento demulsivo, cioè si separa velocemente dall’ac-
qua. Se entro 5 minuti non si raggiungono 13 ml di fase emulsionata, si indica-
no i volumi dell’olio, dell’acqua e della fase emulsiva, rispettivamente.

Un buon potere demulsivo è necessario per i lubrificanti impiegati nei com-


pressori, poiché la presenza in circuito di acqua ed olio genera un’elevata for-
mazione di schiuma, una diminuzione della viscosità dell’olio con conseguente
perdita del potere lubrificante.
Pertanto utilizzando per la lubrificazione dei compressori un olio demulsivo, si
riscontrano i seguenti vantaggi:
• assenza d’acqua all’interno del circuito e conseguente assenza di ruggine;
• migliore stabilità della viscosità del lubrificante con conseguente protezio-
ne degli organi soggetti alla lubrificazione;
• miglior funzionamento delle apparecchiature atte al trattamento delle con-
dense del compressore.

130
Sommario

Pertanto è necessario drenare spesso l’acqua che si è separata nel serbatoio


olio del compressore; ciò vale anche per i compressori rotativi dato che, duran-
te le fasi di avviamento, arresto e funzionamento a vuoto, si può avere, più facil-
mente che in funzionamento normale, formazione di condensa.
mm2 / s mm2 / s tab. 10.4
E RI SSU E RI SSU
(cSt) (cSt) Tabella di conversione
1,0 1,00 28,5 - 27,0 3,70 112,0 127,7 tra varie unità
1,5 1,06 30,0 - 28,0 3,85 117,0 132,1
2,0 1,12 31,0 32,6 29,0 3,95 121,0 136,5
2,5 1,17 32,0 34,4 30,0 4,10 125,0 140,9
3,0 1,22 33,0 36,0 31,0 4,20 129,0 145,3
3,5 1,26 34,5 37,6 32,0 4,35 133,0 149,7
4,0 1,30 35,5 39,1 33,0 4,45 136,0 154,2
4,5 1,35 37,0 40,7 34,0 4,60 140,0 158,7
5,0 1,40 38,0 42,3 35,0 4,70 144,0 163,2
5,5 1,44 39,5 43,9 36,0 4,85 148,0 167,7
6,0 1,48 41,0 45,5 37,0 4,95 152,0 172,2
6,5 1,52 42,0 47,1 38,0 5,10 156,0 176,7
7,0 1,56 43,5 48,7 39,0 5,20 160,0 181,2
7,5 1,60 45,0 50,3 40,0 5,35 164,0 185,7
8,0 1,65 46,0 52,0 41,0 5,45 168,0 190,2
8,5 1,70 47,5 53,7 42,0 5,60 172,0 194,7
9,0 1,75 49,0 55,4 43,0 5,75 177,0 199,2
9,5 1,79 50,0 57,1 44,0 5,85 181,0 203,8
10,0 1,83 52,0 58,8 45,0 6,00 185,0 208,4
10,2 1,85 52,3 59,5 46,0 6,10 189,0 213,0
10,4 1,87 53,0 60,2 47,0 6,25 193,0 217,0
10,6 1,89 53,5 60,9 48,0 6,45 197,0 222,2
10,8 1,91 54,5 61,6 49,0 6,50 201,0 226,8
11,0 1,93 55,0 62,3 50,0 6,65 205,0 231,4
11,4 1,97 56,0 63,7 52,0 6,90 213,0 240,6
11,8 2,00 57,5 65,2 54,0 7,10 221,0 249,9
12,2 2,04 59,0 66,6 56,0 7,40 229,0 259,0
12,6 2,08 60,0 68,1 58,0 7,65 237,0 268,2
13,0 2,12 61,0 69,6 60,0 7,90 245,0 277,4
13,5 2,17 63,0 71,5 70,0 9,23 287,0 324,0
14,0 2,22 64,5 73,4 80,0 10,54 328,0 370,0
14,5 2,27 66,0 75,3 90,0 11,86 368,0 416,0
15,0 2,32 68,0 77,2 100,0 13,17 409,0 463,0
15,5 2,38 70,0 79,2 110,0 14,48 450,0 509,0
16,0 2,43 71,5 81,1 120,0 15,80 492,0 555,0
16,5 2,50 73,0 83,1 130,0 17,11 532,0 602,0
17,0 2,55 75,0 85,1 140,0 18,43 573,0 648,0
17,5 2,60 77,0 87,1 150,0 19,74 615,0 694,0
18,0 2,65 78,5 89,2 160,0 21,06 655,0 741,0
18,5 2,70 80,0 91,2 170,0 22,37 696,0 787,0
19,0 2,75 82,0 93,3 180,0 23,69 738,0 834,0
19,5 2,80 84,0 95,4 190,0 25,00 779,0 880,0
20,0 2,90 86,0 97,5 200,0 26,30 819,0 925,0
20,5 2,95 88,0 99,6 250,0 32,90 1024,0 1158,0
21,0 3,00 90,0 101,7 300,0 39,40 1230,0 1889,0
21,5 3,05 92,0 103,9 350,0 46,10 1432,0 1619,0
22,0 3,10 93,0 106,0 400,0 52,60 1638,0 1849,0
22,5 3,15 95,0 108,2 450,0 59,20 1840,0 2080,0
23,0 3,20 97,0 110,3 500,0 65,80 2045,0 2310,0
23,5 3,30 99,0 112,4 600,0 73,80 2455,0 2775,0
24,0 3,35 101,0 114,6 700,0 92,10 2865,0 3235,0
24,5 3,40 103,0 116,8 800,0 105,30 3275,0 3695,0
25,0 3,45 105,0 118,9 900,0 118,40 3680,0 4160,0
26,0 3,60 109,0 123,3 1000,0 131,60 4090,0 4630,0

131
Sommario

10d PRINCIPALI PROPRIETÀ CHIMICHE DEI


LUBRIFICANTI UTILIZZATI NEI COMPRESSORI

10d.1 STABILITÀ DELL’OSSIDAZIONE


Gli oli devono resistere all’ossidazione.
Per questo si effettuano prove per verificare la tendenza a depositare carbonio
(prova di ossidazione PNEUROP - P.O.T.).
In un olio il valore dell’ossidazione aumenta con la temperatura.
L’ossidazione ha l’effetto di far aumentare la viscosità e di produrre morchie che
tendono a carbonizzare. Questi depositi solidi continuano ad ossidarsi in modo
esotermico e pertanto a favorire l’ignizione spontanea.
La prova di stabilità all’ossidazione consiste nel far gorgogliare ossigeno in
provette contenenti olio riscaldato.
Queste provette sono inserite in un bagno termostatico a 95° C.
Dalle provette vengono prelevati ad intervalli regolari campioni di olio sui quali
si determina il T.A.N. (Total Acid Number).
La prova termina dopo 1.000 ore, oppure quando viene superata l’acidità limite
prefissata. Il valore dell’acidità viene espressa in mg di idrossido di potassio per
grammo di campione (mg KOH/g).

10d.2 RESIDUO CARBONIOSO


Tutti gli oli minerali danno luogo a residui carboniosi, quando vengono sot-
toposti ad elevate temperature, in difetto d’aria.
Infatti in tali condizioni nella massa del lubrificante si verificano fenomeni di
distillazione e di progressiva piroscissione e decomposizione.
La determinazione più comune del residuo carbonioso viene eseguita con il
metodo Conradson.
Praticamente si tratta di scaldare un campione pesato di olio in un crogiolo di
porcellana, a sua volta contenuto in un crogiolo d’acciaio, munito di coperchio
forato. I vapori che si liberano vengono bruciati fino a che nel crogiolo non rima-
ne che il residuo carbonioso.
Esso è pesato ed espresso in peso percentuale del campione iniziale di olio.

10d.3 SCHIUMEGGIAMENTO
I liquidi sottoposti a forte agitazione in presenza d’aria producono schiu-
ma, che si accumula in superficie.
In particolare nei lubrificanti, i fattori che intervengono alla formazione di
schiuma sono:
• presenza d’impurità;
• errato dimensionamento del sistema di lubrificazione;
• alta viscosità dell’olio.
Gli inconvenienti che la schiuma può arrecare, se arriva agli organi da lubrifi-
care, sono notevoli:
• discontinuità di lubrificazione;
• rottura dello strato lubrificante;
• difficoltà di aspirazione della pompa di circolazione del lubrificante;
• false indicazioni del livello d’olio;
• difficoltà o intermittenza di funzionamento nei comandi oleodinamici.

132
Sommario

Vari studi sul fenomeno hanno condotto alla formulazione di particolari additi-
vi antischiuma, la cui funzione non è tanto diretta a prevenire la schiuma, ma
ad eliminarla rapidamente, dopo che si è formata.
La prova della tendenza alla formazione di schiuma si effettua:
• insufflando, per 5 minuti, aria in pressione, a portata costante, in un cilin-
dro graduato contenente olio a 24 °C attraverso un setto poroso;
• si lascia riposare poi per 10 minuti;
• si misura l’altezza (mm) assunta dal volume della schiuma al termine di
entrambi i periodi.
Lo stesso procedimento si effettua con olio alla temperatura di 94 °C, e quindi,
dopo che la schiuma si è ritirata completamente, si ripete la prova alla tempera-
tura di 24 °C.
Dopo 5 minuti, misurando di nuovo l’altezza del volume della schiuma, si ha l’in-
dicazione alla tendenza allo schiumeggiamento, mentre dopo il riposo di 10
minuti si ricava la stabilità.

ACIDITÀ - BASICITÀ 10d.4


Il tipo ed il grado di raffinazione possono conferire alla base lubrificante, e quin-
di anche al prodotto finito, una reazione acida e basica.
La determinazione dell’acidità (o della basicità) si esegue mescolando al
lubrificante in esame un opportuno indicatore ed aggiungendo soluzione di
idrossido di potassio, o rispettivamente di acido cloridrico, fino a quando il virag-
gio del colore dell’indicatore segnala che è stata raggiunta la neutralizzazione.
Accanto a questo metodo, detto colorimetrico, che non si presta ad essere
impiegato con i prodotti scuri, esiste un secondo metodo detto potenziometri-
co; con esso la neutralizzazione viene indicata dalla differenza di tensione che si
stabilisce tra una coppia di elettrodi immersi nella soluzione.
L’acidità viene indicata dai milligrammi di idrossido di potassio necessari
per neutralizzare il prodotto [mg KOH/g].

T.A.N. e T.B.N. 10d.5


Total Acid Number (T.A.N.) ed il Numero di Neutralizzazione (N.N.) espri-
mono la quantità di idrossido di potassio per grammo di olio necessario per
neutralizzare tutti i componenti acidi presenti nel prodotto.
Total Base Number (T.B.N.) è la quantità in milligrammi di idrossido di potassio
corrispondente all’acido necessario per neutralizzare tutti i componenti basici di
un grammo di olio.

COLORE 10d.6

Il colore dell’olio minerale dipende essenzialmente dalla fonte del greggio


e dal grado di raffinazione, mentre quello degli oli sintetici dipende dalle
materie prime, additivi, ecc.
A volte gli oli vengono “colorati”, ciò anche per facilitarne il riconoscimento
durante l’applicazione specifica.
L’additivo “colore” è neutro e non altera le caratteristiche di base dell’olio.
Per determinare il colore degli oli, si usano dei colorimetri che misurano il colo-
re per trasparenza.
I più importanti sono:
• colorimetro ASTM (ASTM D 1500)
• colorimetro Saybolt (ASTM D 156)

133
Sommario

Il colore dell’olio in esame, contenuto in un recipiente di vetro di forma e dimen-


sioni fissate, viene confrontato con quello di una serie standard di vetri colorati,
ognuno dei quali è contrassegnato da un numero.

Il metodo ASTM D 1500 va bene per tutti gli oli ad eccezione dei bianchi ( per i
quali è stato messo a punto il metodo Saybolt) e per quelli scuri.
In generale si può definire (solo per informazione) che con il metodo ASTM D
1500:
• un olio incolore può assumere valore 0;
• il giallo chiaro 0,5;
• il giallo intenso 1,5;
• il marrone chiaro può assumere valore 4;
• il marrone scuro può assumere valore 8.
I colori nel caso del metodo ASTM D 1500 partono da 0 e con variazioni 0,5 rag-
giungono il valore 8 per un totale di 17 colori.

10e PROVE MECCANICO -DINAMICHE

Date le variabili presenti in un qualunque sistema meccanico in movimento, è


molto difficile fornire una sicura correlazione fra i risultati di laboratorio ottenu-
ti con una delle prove precedentemente descritte e le prestazioni in esercizio.
Per determinare le caratteristiche antiusura o per Estreme Pressioni (EP), si
sono messe a punto un certo numero di prove meccanico - dinamiche che, cer-
cando di simulare il tipo di servizio sopportato dal lubrificante durante l'eserci-
zio, danno delle indicazioni abbastanza precise dei limiti entro i quali esso può
essere impiegato, senza inconvenienti.
Le prove più usate, e di cui spesso si sente parlare, sono normalizzate:
• prova FZG;
• prova “4 sfere”;
• prova Timken;
• prova Vickers;
• prova Almen Wieland;
• prova Falex.

10e.1 PROVA FZG


(Forschungsstelle für Zanräder und Getriebebau) – DIN 51 354 P1 e P2
Viene utilizzata per determinare il limite di resistenza al carico di un olio lubri-
ficante, prevalentemente per ingranaggi a ruota dentata.
Tale prova consiste in due alberi condotti a velocità diverse da un unico moto-
re, mediante una coppia di ingranaggi.
All’estremità dell’albero vi sono altre due ruote dentate pesate al decimo di mil-
ligrammo. Esse vengono messe in rotazione in un carter riempito di lubrificante
fino al centro delle due ruote e riscaldato ad una certa temperatura (la tempe-
ratura determina la severità della prova).
All’albero è applicato un carico e dopo 15 minuti di funzionamento si effettua il
drenaggio dell’olio, un accurato lavaggio degli ingranaggi con solventi alifatici o
altri appropriati prodotti e quindi una pesata.
Se la differenza della massa è inferiore a 10 mg si rimontano gli ingranaggi e
dopo aver riempito il carter si prosegue la prova aumentando il carico. La prova
termina quando si nota che, per un certo carico, si riscontra una perdita di massa
pari o superiore a 10 mg.
I risultati della prova si esprimono con un numero convenzionale, corrispon-
dente al grado di danneggiamento e dell’usura specifica espressa in mg / kWh.

134
Sommario

PROVA “4 SFERE“ 10e.2


(DIN 51530, ASTM D 2266/2596/2783, 19239)
Viene utilizzata per determinare i parametri di usura, come pure del carico sal-
dante.
L’apparecchio consiste in una sfera d’acciaio, inserita in un mandrino ruotante
ad una velocità di 1.450 giri al minuto, che striscia contro 3 sfere, disposte a
triangolo, in un alloggiamento, contenente l’olio in esame, e spinto verso il man-
drino con un carico prefissato.
La prova serve a determinare sia le caratteristiche antiusura che le caratte-
ristiche EP del lubrificante.
La prima prova dura 60 secondi oppure 60 minuti a temperatura costante.
Al microscopio si determina il diametro medio delle impronte di usura (mm).
Nella seconda prova invece la rotazione del mandrino dura solo 10 secondi con
un carico che viene variato di volta in volta fino a quando si raggiunge la salda-
tura delle 4 sfere, pertanto il valore del carico (N) viene definito carico saldante.
Con tale prova si può costruire il diagramma usura-carico.

PROVA TIMKEN (ASTM D 2509) 10e.3


Serve a determinare il carico massimo che un film di lubrificante può sop-
portare prima di rompersi.
L’apparecchiatura consiste in:
• un anello solidale ad un albero rotante a 800 giri al minuto;
• un blocco metallico a forma di parallelepipedo che viene spinto contro l’a-
nello per mezzo di una leva opportunamente caricata;
• un sistema di lubrificazione.
Dopo 10 minuti si esamina l’impronta che si forma sul blocco metallico e se non
vi è trasporto di metallo si ripete la prova con un nuovo blocco e variando il carico.
Si interrompe la prova quando un certo carico produrrà un’impronta con bordi
irregolari ed usure molto marcate.

PROVA VICKERS 10e.4


L’apparecchiatura consiste in un circuito idraulico costituito da:
• una pompa Vickers, azionata da un motore elettrico;
• un manometro;
• una valvola regolatrice di pressione;
• uno scambiatore di calore;
• un filtro sullo scarico;
• un misuratore di portata;
• un serbatoio.
La prova ha la durata di 250 ore e prevede delle fermate a 4, 13, 60, 150, 200
e 250 ore per determinare le perdite di massa dovute all’usura sia sulle palette
della pompa che sull’anello.
La prova è superata se, dopo 250 ore, il consumo è inferiore a 50 mg per le
palette e 200 mg per l’anello.

135
Sommario

10e.5 PROVA ALMEN WIELAND


Viene utilizzata per determinare le proprietà EP ed antiusura di un olio
lubrificante.
L’apparecchiatura consiste in un alberino d’acciaio inserito in un mandrino che
ruota alla velocità di 200 giri al minuto fra due semicuscinetti in acciaio dolce.
Un sistema idraulico permette di applicare il carico ai semicuscinetti che vengo-
no così pressati contro l’albero. I provini sono alloggiati orizzontalmente in una
vaschetta immersi nel fluido in esame. Il diametro interno dei semicuscinetti,
ricavati da un cilindro cavo tagliato longitudinalmente, è maggiore del diametro
dell’alberino e pertanto il contatto è lungo una linea.
Il fluido è inizialmente a 20 °C ed il carico viene incrementato di 50 N ogni 100
giri dell’alberino. Durante la prova si registrano le temperature del fluido e la
forza di attrito tra alberino e cuscinetti.
La prova si può interrompe per rottura del codolo dell’alberino; i migliori fluidi
lubrificanti possono sopportare carichi di 22 kN.
Con tale apparecchiatura si valuta bene il fluido in condizioni limite e si può
mettere in evidenza la caratteristica untuosante dello stesso.

10e.6 PROVA FALEX


Viene utilizzata per determinare le proprietà EP ed antiusura di un olio
lubrificante.
Questa apparecchiatura consiste in un alberino in acciaio inserito in un mandri-
no verticale, che ruota ad una certa velocità fra due blocchi a V in acciaio indu-
rito. Inizialmente quindi il contatto avviene su quattro linee.
I provini sono immersi nel fluido in esame che può trovarsi inizialmente alla tem-
peratura ambiente o essere stato preriscaldato.
L’applicazione del carico può avvenire con una variazione continua o per incre-
menti ad intervalli regolari.
Durante la prova si rileva il momento resistente tra alberino e blocchi.
La prova può durare fino alla rottura della spina di ritegno dell’alberino o può
evidenziare l’usura nel punto di contatto fra alberino e blocchi.

10f MISCELAZIONE ED ADDITIVAZIONE DELLE


BASI LUBRIFICANTI
Ciascuna frazione lubrificante raffinata ha una sua viscosità generalmente
riferita alla temperatura di 40 °C.
Tuttavia nell’industria sono diverse e svariate le necessità dovute alle differenti
condizioni di esercizio. Viscosità diverse allora si sono realizzate miscelando
in opportuni rapporti gli oli di base in contenitori, dotati di sistemi di agitazio-
ne e di serpentine di riscaldamento.
Inoltre, poiché spesso gli oli minerali puri non sono in grado di soddisfare le esi-
genze della moderna tecnologia, si è reso necessario migliorare le proprietà da
loro possedute in forma poco pronunciata o conferirne delle nuove.
Questi scopi vengono ottenuti aggiungendo negli impianti di miscelazione delle
sostanze chimiche speciali: gli additivi.
La scelta degli additivi dipende essenzialmente:
• dal tipo di olio;
• dal tipo di impiego;
• dalla reciproca influenza degli additivi.

136
Sommario

Ricordiamo che gli impieghi più comuni degli additivi hanno lo scopo di:
• inibire l'ossidazione;
• impedire la formazione di ruggine e la corrosione;
• diminuire l’usura;
• esercitare azione disperdente-detergente sui depositi e morchie;
• favorire l’eliminazione della schiuma;
• aumentare l’adesività del film lubrificante;
• migliorare l’indice di viscosità;
• abbassare il punto di scorrimento;
• ostacolare o favorire, a seconda dei casi, le emulsioni con acqua;
• aumentare le caratteristiche di untuosità;
• conferire caratteristiche EP.

LA LUBRIFICAZIONE NEI COMPRESSORI 10g

COMPRESSORI ALTERNATIVI 10g.1

Generalità •
In un compressore alternativo, il lubrificante deve garantire le sue prestazioni, in
due diverse zone:
• nella zona dei cilindri, dei pistoni e delle valvole;
• nella zona del carter.
Nella prima zona la temperatura dell’aria in uscita è estremamente alta (supe-
riore a 180 °C), per cui il lubrificante non deve formare residui carboniosi, evita-
re cattivi funzionamenti alle valvole o causare eventuale innesco di autoaccen-
sione della miscela aria/olio.
La quantità di lubrificante che bisogna mandare ai cilindri deve essere dosata con
molta cura, poiché una lubrificazione insufficiente darebbe luogo ad una usura
eccessiva, mentre un eccesso d’olio darebbe luogo a formazione di depositi.
Nel carter, al contrario, le temperature sono molto basse (60÷70 °C), ma il lubri-
ficante opera in un ambiente ossidante e pertanto deve essere in grado di resi-
stere a tale azione in modo da permettere un buon periodo di utilizzo.
Nei piccoli compressori normalmente la lubrificazione è a sbattimento, mentre
nelle macchine di una certa potenza si utilizza, per i cuscinetti, la lubrificazione
forzata.
I principali requisiti ai quali deve rispondere un buon lubrificante per compres-
sore alternativo sono i seguenti:
• garantire un’adeguata lubrificazione fra pistone e cilindro;
• garantire un’adeguata lubrificazione alle bielle, all’albero a gomiti, ai cusci-
netti ed al perno del giunto del piede di biella;
• impedire perdite di gas compresso attraverso le fasce elastiche;
• avere bassa tendenza a volatilizzare, quando viene in contatto con le parti
ad elevata temperatura;
• raffreddare il gas, disperdendo il calore sulle pareti del carter o del basa-
mento;
• proteggere le parti metalliche dalla ruggine e corrosione.
Mentre nel carter o nel basamento l’azione ossidante a bassa temperatura non
dà luogo a seri problemi, nelle zone calde (cilindri, pistoni, valvole) il lubrifican-
te è soggetto a fenomeni ossidativi più spinti che saranno più seri quanto meno
qualificato sarà l’olio utilizzato.
L’olio da impiegarsi deve essere in grado di limitare la formazione di depositi,
avere buone proprietà antiossidanti ed antiusura ed avere una adeguata viscosi-
tà, normalmente ISO 100 o 150 a seconda del tipo di compressore.

137
Sommario

• Specifiche dei lubrificanti per compressori alternativi


Le caratteristiche e le prestazioni di esercizio dei lubrificanti minerali per com-
pressori alternativi sono definiti dalle specifiche DIN 51506 ed ISO 6743, che
essenzialmente dicono la stessa cosa.
La norma DIN (acronimo di Deutsche Industrie Norm), stabilì che gli oli per
compressore dovessero superare determinate prove di laboratorio, in modo da
evitare che si avessero problemi, fra i quali il più importante è la formazione di
depositi e residui carboniosi sulle valvole e sui condotti di mandata, riducendo
così il pericolo di esplosioni.
La norma DIN 51506 stabilisce quindi, oltre alle caratteristiche fisiche del pro-
dotto, quali sono i limiti di stabilità all’ossidazione e quali i limiti dei depositi car-
boniosi.
I lubrificanti, secondo tale norma, sono divisi in tre classi, in funzione della tem-
peratura di scarico dell’aria (tab. 10.5).

La classe VD-L risponde ai requisiti più severi e comprende quei lubrificanti, che
con particolari additivi, sono in grado di sopportare temperature sino a 220 °C.
Tali lubrificanti, inoltre, debbono superare anche la prova ROCOT, ovvero una
prova particolare e severa di ossidazione secondo la norma DIN 51532, parte 2
- Pneurop Oxidation Test (POT).

Un’ulteriore classificazione è data dalla norma ISO 6743-3A


In base ad essa i lubrificanti, a base minerale per compressori alternativi, sono
suddivisi in tre categorie a seconda della temperatura di mandata e della pres-
sione di mandata a cui sono soggette:
• ISO -L-DAA se la temperatura dell’aria è < 160 °C e la pressione dell’aria
in mandata è < 10 bar;
• ISO -L-DA B se la temperatura dell’aria è > 160 °C e la pressione dell’aria
in mandata è < 10 bar; oppure se la temperatura è compresa
fra 140 e 160 °C e la pressione > 10 bar;
• ISO -L-DA C per condizioni particolarmente gravose, dove si prevede la
formazione di coke

SUDDIVISIONE DEGLI OLI SECONDO LA NORMA DIN 51506


tab. 10.5
Norma DIN 51506 Categoria di oli Temperature di scarico Temperatura di scarico
dell’aria in compressori dell’aria in compressori
mobili per freni, con serbatoi e per
segnali, ecc. impianti d’aria

VD - L fino a 220 °C fino a 220 °C


VC fino a 220 °C fino a 160 °C
VC - L fino a 220 °C fino a 160 °C
VB fino a 140 °C fino a 140 °C
VB - L fino a 140 °C fino a 140 °C
NOTA: il suffisso “L” significa che gli oli hanno degli additivi anticorrosione ed agenti antiossidanti.

138
Sommario

10g.2 COMPRESSORI ROTATIVI

Generalità •
Nei compressori rotativi ad iniezione d’olio, sia a vite che a palette, il lubrifican-
te, oltre che a servire i cuscinetti ed eventuali ingranaggi, viene iniettato in gran-
de quantità e sotto forma di microgocce, nella camera di compressione, per
assolvere essenzialmente a tre compiti:
• lubrificazione delle parti striscianti;
• tenuta fra rotore e statore, in modo da non far trafilare l’aria compressa;
• refrigerazione, portando via il calore che l’aria possiede per via della com-
pressione.
In particolare la compressione dell’aria sottopone l’olio ad una elevata azione
ossidante, dato che la carica d’olio viene riciclata ogni minuto (talvolta anche
meno) e la temperatura dell’olio è fra 80 e 100 °C, in funzione del carico e delle
condizioni ambientali.
Il lubrificante dovrà pertanto avere le seguenti proprietà:
• ottime caratteristiche antiossidanti;
• non ostruire gli elementi separatori, la cui funzione è di separare la mag-
gior quantità d’olio dall’aria, in modo che il contenuto d’olio nell’aria di
mandata sia inferiore a 5 ppm;
• non dare luogo a fanghi, morchie, sostanze acide, vernici a temperature
superiori a 120 °C;
• buone caratteristiche di demulsività;
• elevato potere antiusura;
• ottimo potere antiruggine ed anticorrosivo;
• un buon indice di viscosità ( > 90).
• elevate proprietà antischiuma.
Per quanto riguarda la viscosità è consuetudine usare:
viscosità ISO VG 32-48 per i tipi a vite ed a lobi,
viscosità ISO VG 100 o 150 (talvolta 68) per i tipi a palette.

Specifiche dei lubrificanti per compressori rotativi •


La lubrificazione dei compressori rotativi ad iniezione d’olio, a base minerale, è
regolamentata dalla specifica ISO 6743-3A, che classifica i compressori in tre
categorie:
• ISO-L-DAG per temperatura dell’aria di mandata inferiore a 90 °C
e pressione dell’aria < 8 bar;
• ISO-L-DAH per temperature di mandata inferiori a 100 °C
e pressione dell’aria compresa fra 8 e 15 bar
(oppure fra 100 e 110 °C e pressione < 8 bar );
• ISO-L-DAJ per temperature > 100°C
e pressioni comprese fra 8 e 15 bar.

In genere ai lubrificanti di tali categorie si richiede una durata di esercizio di


1.500 ÷ 2.000 ore (cui segue normalmente un controllo sullo stato della manu-
tenzione), cosa possibile, se le temperature non sono costantemente al limite e
se le condizioni ambientali ed il grado di filtrazione non inquinano eccessiva-
mente l’olio.
Gli intervalli sono più lunghi, se si fa uso di oli idrogenati o meglio ancora di oli
sintetici a base di diestere o di polialfaolefine (PAO).

139
Sommario

10g.3 CONTAMINAZIONE E SUOI EFFETTI


Le prestazioni di un lubrificante per compressori d’aria possono essere seria-
mente compromesse da tre fattori di contaminazione:
• umidità
• ossidazione
• pulviscolo atmosferico
Vediamo un po’ in dettaglio ciascuno di essi.

• Umidità
La condensa è un fenomeno che interessa tutti i compressori.
I suoi effetti si manifestano in quelle zone dove avviene un raffreddamento e
cioè nei refrigeranti intermedi e nei serbatoi e nelle tubazioni d’aria.
Anche durante i periodi d’inoperosità, l’umidità si condensa sulle pareti dei cilin-
dri, del carter, della camera olio, tendendo ad asportare il velo lubrificante dalle
superfici e creando pertanto le condizioni per l’innesco di fenomeni di ruggine e
conseguente corrosione.
Le particelle di ruggine, che al successivo avviamento vengono messe in circola-
zione, aumentano sempre di più, dando luogo ad abrasioni e ristagno d’olio, che
determinano in seguito formazione di depositi sulle valvole e nelle camere.
Pertanto gli oli, per compressori d’aria, devono contenere degli additivi anti-
ruggine, in modo da proteggere dall’acqua di condensa le superfici metalliche.
L’olio inoltre dovrà avere inoltre delle buone proprietà demulsive in modo da
non miscelarsi all’acqua, creando una emulsione che potrebbe arrecare gravi
danni.
Se nell’applicazione in questione si nota la tendenza alla formazione di conden-
sa, è necessario con una certa frequenza, drenare l’acqua che si deposita nella
parte inferiore del carter, del basamento, della camera e verificare il livello del-
l’olio, dopo tale drenaggio.
Tali operazioni vanno effettuate quando il compressore è fermo e l’olio è
in condizione di quiete.

• Ossidazione
Nei compressori d’aria vi sono due elementi che favoriscono l’instaurarsi di feno-
meni ossidativi e l’inizio della carbonizzazione degli oli minerali: le temperature
di esercizio elevate ed il flusso d’aria.
In particolare sia nei compressori alternativi che in quelli rotativi, al fine di aspor-
tare meglio il calore, l’olio viene iniettato in forma più o meno finemente (spruz-
zi, microgocce).
Al contempo, tuttavia, si creano le migliori condizioni per un’ossidazione.
Tutti gli oli subiscono questo processo, ma negli oli a base paraffinica, che con-
tengono additivi antiossidanti, esso è contenuto e ritardato nel tempo.
L’ossidazione generando delle sostanze solubili che permangono nell’olio; tali
sostanze col tempo diventano insolubili, depositandosi in seguito su valvole,
condotti, in mandata ed in genere sulle parti più calde del compressore.
A causa dell’ossidazione si ha un progressivo aumento della viscosità, con
maggior deposito di residui carboniosi, sostanze gommose e resinose che si fer-
mano nelle sedi delle fasce elastiche dei pistoni e nelle scanalature delle palette,
ostacolando il movimento dei componenti ed impedendo la chiusura perfetta
delle valvole; in tal caso si ha il fenomeno della “ricompressione”, che oltre a
essere poco efficiente, provoca un surriscaldamento del compressore ed un
innalzamento della temperatura di scarico, ossidazione e formazione accentua-
ta di depositi.

140
Sommario

Nel caso tale fenomeno si protraesse nel tempo, potrebbe verificarsi un


incendio od una esplosione.
La conclusione è che bisogna servirsi di oli buoni, con caratteristiche antiossi-
danti e verificare spesso le loro condizioni durante l’esercizio al fine di prevenire
precoci malfunzionamenti e, in alcuni casi, danni molto gravi.

Pulviscolo atmosferico •
Ogni costruttore dota la sua macchina di filtri d’aria idonei a condizioni normali
di esercizio.
Purtroppo molte applicazioni sono tali che richiederebbero un esame più appro-
fondito e l’applicazione di filtri speciali.
Un intasamento del filtro di aspirazione porta a limitare le prestazioni del com-
pressore, ad un innalzamento della temperatura e quindi ad una riduzione della
vita della carica d’olio.
Tuttavia quello che è maggiormente dannoso è ciò che passa attraverso il filtro:
queste particelle oltre a provocare abrasioni ed usura sulle parti mobili del com-
pressore, possono infatti reagire con il lubrificante generando depositi gommo-
si ed agevolando l’ossidazione, comportandosi come catalizzatore.

SCELTA DEL LUBRIFICANTE 10g.4

Generalità •
In commercio vi sono numerosi oli per compressori d’aria e la scelta dipende
dalle prove compiute in parallelo fra i costruttori dei compressori ed i produtto-
ri di lubrificanti. Possiamo, tuttavia, dire che il primo aspetto da considerare è il
tipo di processo di compressione e quindi il tipo di macchina che si utilizza.
Nei compressori alternativi, si consiglia:
• oli minerali che rispondono ai requisiti della norma DIN 51506 o la norma
ISO 6743-3A
• oli sintetici, per condizioni di esercizio più severe o per allungare la dura-
ta della carica.
Nei compressori rotativi sono impiegati largamente:
• alcuni tipi di olio per motori, che rispettino i requisiti delle norme API CC
o MIL-L-2104 B oppure MIL-L-46152 B;
• oli idraulici;
• oli per turbina;
• oli minerali che soddisfino la norma ISO 6743-3A, oppure oli sintetici.
Per gli oli sintetici vale quanto sopra detto, in quanto essi assicurano dura-
te più lunghe della carica e migliorano l’efficienza del compressore.

Criteri di scelta •
Al fine di effettuare la scelta più appropriata del lubrificante per il compressore
d’aria, bisogna tener presente quanto segue:
• il tipo di compressore;
• le condizioni di esercizio ed in particolare il sito in cui è installata la
macchina;
• il tipo di lubrificante raccomandato dal costruttore o le sue specifiche.
Molto importanti sono le raccomandazioni del costruttore del compressore o
sotto forma di tipo d’olio consigliato o sotto forma di specifiche sulla base delle
quali i produttori di lubrificanti indicano il prodotto più adatto.
Tali raccomandazioni sono sempre presenti sul manuale di uso e manutenzione.

141
Sommario

10h VARIE

CONTROLLO DEL LUBRIFICANTE IN ESERCIZIO 10h.1


In via approssimativa si conosce la vita dell’olio per ogni tipo di macchina, ma
poiché le condizioni operative e l’ambiente possono ridurre di molto la vita della
carica, è molto importante al fine di salvaguardare la funzionalità stessa del
compressore, effettuare dei controlli, che in particolare possono riguardare:
• Aspetto visivo e colore: permette di verificare eventuali alterazioni delle
caratteristiche originali del prodotto.
• Viscosità a 40 e 100 °C: è la prova più richiesta. Ad esempio un incremen-
to della viscosità del prodotto può significare una miscelazione con del pro-
dotto più viscoso o la presenza di fenomeni di ossidazione.
• Odore: permette di avvertire un processo di degradazione per ossidazione
o surriscaldamento.
• Numero di neutralizzazione (TAN): l’ossidazione di un lubrificante pro-
voca un innalzamento dell’acidità col conseguente aumento del N.N.
(Numero di Neutralizzazione). Valori di TAN superiori a 1,5 ÷ 2,0) sono sin-
tomi di stati ossidativi avanzati.
• Residuo Carbonioso: il metodo Conradson e Ramsbottom permette di
misurare il livello di formazione del residuo carbonioso che risulta dalla
decomposizione termica del lubrificante. Ciò è molto utile per determinare
la tendenza a formare residui carboniosi.
Un confronto con i valori tipici della carica nuova può far decidere sull’op-
portunità o meno del cambio della carica.
• Contenuto d’acqua: è la percentuale in peso d’acqua presente nel lubrifi-
cante. Può evidenziare o trafilamenti oppure la presenza di condensa.
• Ceneri: indica la contaminazione da prodotti di natura non petrolifera e di
eventuali additivi presenti.
• Indice di rifrazione a 20 °C: permette di verificare l’eventuale presenza di
lubrificanti di natura diversa.
• Particelle solide totali per filtrazione: permette di verificare la percen-
tuale in massa di sostanze solide estranee all’olio.
• Metalli da usura: è un controllo molto importante, perché permette di
controllare la presenza di eventuali fenomeni di usura o inquinamento.
Per esempio, la presenza di metalli quali ferro e rame, indicano una possi-
bile usura di organi in movimento.
La presenza di silicio indica, invece, un inquinamento da parte di polveri,
sintomo di un malfunzionamento del filtro d’aria.

10h.2 MISCIBILITÀ FRA I DIVERSI LUBRIFICANTI


Tutti i lubrificanti sopra citati, sia minerali che sintetici, sono perfettamente
miscibili tra loro fatta eccezione per gli oli a base di POLIGLICOLI e SILICONI.
Questi oli sono miscibili solamente con lubrificanti della stessa natura.
Anche se i lubrificanti minerali e sintetici risultano nella maggior maggiore parte
dei casi perfettamente miscibili, è comunque buona norma non eseguire rab-
bocchi con lubrificanti di origine diversa, per non alterare le loro caratteristi-
che chimico - fisiche.

142
Sommario

COMPATIBILITÀ DEL LUBRIFICANTE CON 10h.3


COMPONENTI DEL COMPRESSORE
I lubrificanti minerali, semisintetici e sintetici a base PAO sono compatibili con
tutti i materiali che compongono le guarnizioni e le vernici.
Occorre invece verificare la natura delle guarnizioni e delle vernici qualora si
utilizzino lubrificanti a base di DIESTERE o di POLIGLICOLI.
Questi lubrificanti non sono compatibili con tutti gli elastomeri e possiedono un
campo d’applicazione più limitato.
Per tali lubrificanti sono consigliate gomme fluorurate (sigla ISO 1629: FMP).

DURATA DEL LUBRIFICANTE IN ESERCIZIO 10h.4


La durata in esercizio di un lubrificante è riconducibile alla sua natura chimica.
Come è già stato precedentemente descritto, i lubrificanti sintetici consentono il
raggiungimento di intervalli di cambio molto più lunghi, fino a raggiungere in
alcuni casi 8000 ÷10000 ore.
Inoltre, con le caratteristiche detergenti tipiche dei lubrificanti sintetici, si garan-
tisce un elevato grado di pulizia della macchina.
Tuttavia va sottolineato che la durata del lubrificante è funzione di molti fattori,
fra i quali:
• le condizioni d’esercizio, in particolare la temperatura. Empiricamente si
può dire con buona approssimazione che quando si opera al di sopra di 70
°C, un incremento di 10 K, dimezza la vita del lubrificante;
• il quantitativo della carica del lubrificante disponibile per il compressore;
• il grado di filtrazione dell’aria, dato che nei compressori ad iniezione d’o-
lio, tutte le impurità non trattenute finiscono nel lubrificante;
• la qualità dell’aria aspirata che, se contaminata da sostanze altamente
ossidanti o da un pH non neutro, riduce drasticamente la durata del lubri-
ficante.

LUBRIFICAZIONE DEI CUSCINETTI DEL MOTORE ELETTRICO 10h.5


È molto importante provvedere all’ingrassaggio periodico dei cuscinetti
dell’albero del motore elettrico allo scopo di evitarne il grippaggio.
Per la lubrificazione di un cuscinetto viene impiegato un grasso anziché un olio
per evitare che il prodotto defluisca dal cuscinetto.
I grassi per cuscinetti sono lubrificanti consistenti e sono composti da olio mine-
rale o sintetico, ispessenti e additivi.
Questi lubrificanti hanno il compito di ridurre l’attrito, l’usura e la temperatura,
nonché di prevenire la corrosione. Devono inoltre proteggere il cuscinetto da
influssi esterni quali polvere e fluidi, aumentando la durata della vita del cusci-
netto.
Parametro fondamentale per l’ottimale funzionamento del cuscinetto è il cor-
retto quantitativo di lubrificante utilizzato; ciò per prevenire insufficiente lubrifi-
cazione o surriscaldamento dovuto ad eccesso di lubrificazione.
Il corretto quantitativo di grasso per un cuscinetto corrisponde, in prima
approssimazione, ad un terzo del volume libero del cuscinetto stesso.
Esistono sul mercato molteplici tipi di grassi lubrificanti e, prima di scegliere un
prodotto, occorre verificare alcuni parametri dei cuscinetti quali: tipo di cusci-
netto, fattore di velocità, carico, tenute, agenti esterni, ecc.
Usualmente sulla targhetta del motore viene indicato sia il quantitativo di gras-

143
Sommario

so necessario sia il tipo. Il tipo di grasso viene definito secondo la classificazione


DIN 51804 o la classificazione NLGI.
Riteniamo, a tal proposito e seppur brevemente, di approfondire tale argomento.
La consistenza del grasso dipende, fra le altre cose, dalla percentuale di sapo-
ne, ovvero dall’ispessente contenuto nel grasso.
Essa è ottenuta misurando in decimi di millimetro la profondità alla quale giun-
ge in 5 secondi un cono standard (penetrometro), per effetto della sua stessa
massa, nel grasso alla temperatura di 25°C (77°F), secondo la procedura conte-
nuta nella norma ASTM D 217-IP50.
In base alla penetrazione i grassi vengono suddivisi in classi di consistenza secon-
do la classificazione indicata dall’Istituto Nazionale dei Grassi Lubrificanti (NLGI).
Tale classificazione rispecchia anche la norma DIN 51818.
Questa classificazione (tab. 10.6) non tiene conto della natura del grasso, né
dà alcuna indicazione della sua qualità e dell’uso.

tab. 10.6 CLASSIFICAZIONE DEI GRASSI IN FUNZIONE DELLA CONSISTENZA


Consistenza Classe Campo di Tipi usualmente Uso
NLGI penetrazione disponibili
Fluida 000 445 - 475 Non pigmentati In prevalenza
Quasi fluida 00 400 - 430 Non pigmentati per lubrificazione
Estremamente morbida 0 355 - 385 Non pigmentati di riduttori

Molto morbida 1 310 - 340 Tutti Cuscinetti a


Morbida 2 265 - 295 Tutti rotolamento
Media 3 220 - 250 Tutti ed a strisciamento

Consistente 4 175 - 205 Tenuta e blocco


Solo a base di
Molto consistente 5 130 - 160 per labirinti
Na o Ca
Estremamente consistente 6 85 - 115 e/o armature

10h.6 DOCUMENTAZIONE TECNICA OBBLIGATORIA


Ogni volta che si acquista un lubrificante, questo deve giungere con la docu-
mentazione necessaria e precisamente:
• scheda tecnica;
• scheda di sicurezza redatta in 16 punti, secondo le attuali normative in vigore;
• certificato di omologazione riferito ad una normativa di riferimento recan-
te il numero di omologazione qualora il lubrificante venga destinato al set-
tore alimentare.

10h.7 SMALTIMENTO
Lubrificante
Per lo smaltimento degli oli usati bisognerà rivolgersi a ditte specializzate ed
autorizzate, secondo le vigenti norme.
Lo smaltimento di un lubrificante sintetico, che sul mercato è più costoso di un
olio minerale di circa 2÷3 volte, permette un notevole risparmio grazie ad inter-
valli di cambio molto più lunghi.
Condense
Le condense scaricate dal sistema di aria compressa (compressore, polmoni di
accumulo, essiccatori, ecc.) devono essere disoleate prima di essere immesse
nella rete fognaria. A tal proposito sono facilmente reperibili sul mercato degli
economici ed ottimi disoleatori.

144
Sommario

11
RUMORE E VIBRAZIONI
impatto sull’operatore
RUMORE 11a

GENERALITÀ 11a.1
Si definisce suono un’oscillazione di pressione che si propaga in un mezzo
elastico con caratteristiche di frequenza e di livello tali da renderlo percet-
tibile all’orecchio umano.
Il RUMORE, invece, è un suono le cui caratteristiche di frequenza, livello e varia-
bilità nel tempo lo rendono disturbante o addirittura causa di rischio di ipoa-
cusia, di effetti fisiologici e psicologici negativi sull’uomo.

PROPAGAZIONE 11a.2
Il suono si propaga solo in un mezzo elastico (nel vuoto non esiste suono!).
Il mezzo può essere: • gassoso (ad esempio l’aria);
• liquido (ad esempio l’acqua);
• solido (il terreno, le pareti, ecc.).
Le caratteristiche del suono, come ad esempio la sua velocità, dipendono
dal mezzo.
Al fenomeno acustico è associata una propagazione di energia, ma non di materia.

GRANDEZZE FISICHE CARATTERISTICHE 11a.3


Alcune fra le grandezze fisiche caratteristiche sono:
• frequenza (f): numero dei cicli completi nell’unità di tempo;
si misura in hertz (Hz);
• periodo ( T): intervallo di tempo necessario per completare un ciclo: equi-
vale al reciproco della frequenza: T = 1/ f;
si misura in secondi (s);
• lunghezza d’onda (l): spazio percorso dall’onda in un periodo;
si misura in metri (m);
• ampiezza (A): parametro indicativo del livello sonoro (comunemente
detto volume);
si misura in pascal (Pa).

145
Sommario

La velocità di propagazione del suono nell’aria, a condizioni standard è:


C = λ · f = 344 m / s (λ=lunghezza d’onda, f=frequenza)
mentre nell’acqua C = 1.500 m / s e nell’acciaio C = 5.000 m / s.

Mentre in un mezzo di propagazione solido o liquido si può ritenere costante


tale velocità, la propagazione in un gas dipende dalle condizioni termodinami-
che in cui esso si trova.
L’equazione che dà la velocità del suono, in un gas, è data da:

C = ( γ · R · T / M)1/ 2
essendo: • γ il rapporto fra la capacità termica massica a pressione costante e
quella a volume costante (chiamata una volta rapporto fra i calori
specifici);
• R la costante del gas = 8.314 J / (kg · K );
• T la temperatura assoluta, in K;
• M la massa molecolare del gas, che per l’aria vale 28,97 kg/kmole,

per l’aria essa vale: C = ( 1,41 · 8.314 / 28,97 )1/ 2 · ( T )1/ 2= 20,1 · ( T )1/ 2.

11a.4 UNITÀ DI MISURA


Trattandosi di variazioni di pressione, l’unità di misura più adatta sarebbe il
Pascal (unità di misura internazionale della pressione).
Peraltro, l’uso di siffatta unità risulta in pratica poco agevole, se non altro per
l’ampiezza della gamma di pressioni alle quali l’orecchio umano risulta sensibile:
da pochi milionesimi di pascal (micropascal) a diverse centinaia di pascal.
Per tale motivo è stata introdotta una scala logaritmica che consente di definire
il rumore mediante l’uso di un’unità più comoda: il decibel ( dB ).
Esso viene definito come il logaritmo del rapporto tra un valore misurato
ed un valore di riferimento.
I parametri acustici così espressi vengono convenzionalmente definiti “livelli”.

11a.5 PRESSIONE E POTENZA SONORA


La pressione sonora è la grandezza che più interessa l’ascoltatore, perché è
descrittiva dell’effetto del fenomeno acustico.
La potenza sonora è caratteristica della sorgente, quindi è descrittiva della
causa del fenomeno acustico.
Si misura la potenza sonora per:
• consentire il confronto oggettivo dell’energia sonora emessa da sorgenti di
rumore di tipo diverso;
• se si conoscono le caratteristiche acustiche di un ambiente, i valori di
potenza sonora di una sorgente consentono di predire i livelli di pressione
sonora in quell’ambiente, quando la sorgente di rumore è in funzione;
• in caso di macchina con rumorosità elevata, le direttive europee richiedo-
no la dichiarazione del livello di potenza sonora emessa;
• avere un utile elemento per determinare le sorgenti di rumore di una mac-
china complessa.
Il livello di pressione sonora ( L p ) è definito come 20 log ( p / p 0 ) essendo p0 un
valore prossimo al livello di rumore minimo udibile a 1.000 Hz pari a 20 micro-
pascal ( µPa) ovvero 2,0 ·10 -5 N / m 2.

146
Sommario

Quindi vale la relazione:


Lp = 20 log ( p / p 0 )

Il livello di potenza sonora (L W) è definito come 10 log (W/W0), essendo W0 il


valore di riferimento uguale ad 1 pW (si ricorda che 1 pW = 1 W ·10-12 ).
Quindi vale la relazione:
L W = 10 log ( W / W 0 )

CURVE DI PONDERAZIONE 11a.6


L’orecchio umano presenta una sensibilità diversa alle varie frequenze nelle quali
può essere scomposto qualsiasi rumore.
In particolare, evidenzia una sensibilità maggiore verso le frequenze più alte ed
una sensibilità minore alle basse frequenze ( inferiori a 1.000 Hz ).
Per frequenze attorno a 4.000 Hz l’orecchio umano presenta la sensibilità più
elevata, e per questo motivo il danno uditivo da rumore inizia ad insorgere pro-
prio attorno a questo valore di frequenza, per estendersi poi successivamente a
quelle adiacenti.
Al fine di valutare il rumore sotto il profilo dei suoi effetti sull’apparato uditivo,
è stata da tempo normalizzata una curva di ponderazione, ossia un filtro che,
introdotto nello strumento di misura, simula la risposta dell’orecchio umano alle
diverse frequenze:
• l’orecchio sente meno sotto i 1.000 Hz,
• sente di più attorno ai 4000 Hz,
• sente nuovamente un po’ meno sopra i 6.000 Hz;
così lo strumento filtrato attenua in modo consistente le frequenze medio-basse,
lascia inalterate o apporta un piccolo incremento a quelle medio-alte, attenua
quelle alte.
Tale curva di ponderazione è denominata curva A e, conseguentemente, l’unità di
misura del rumore ponderato con curva A prende il nome di decibel A o d B (A).
Per altri scopi esistono anche le curve di ponderazione B, C e D.

MISURA DEL RUMORE 11a.7


Se il rumore è costante nel tempo risulta abbastanza agevole una sua valutazio-
ne: il suo valore, espresso in dB(A) si mantiene per l’appunto costante per tutto
l’arco di tempo della misurazione e risulta evidenziato con un dato numerico
fisso sul quadrante dello strumento di misura (fonometro).
Non altrettanto avviene se, come di norma, il rumore è variabile nel tempo
(rumore fluttuante). In questo caso i dati rilevati dal fonometro variano istante
per istante, in corrispondenza dei diversi valori istantanei; la lettura sul quadran-
te dello strumento non risulta agevole e comunque non si ottiene un dato nume-
rico preciso.
Al fine di valutare l’effetto globale di un rumore variabile, in un certo intervallo
di tempo, si ricorre al concetto di livello equivalente (L e q), misurato in dB(A).
Il livello equivalente (riferito ad un certo intervallo di tempo di esposizione: Te),
ritenuto oggi un parametro richiesto dalle normative, è un ottimo indicatore di
rischio e disturbo: esso rappresenta il livello di un ipotetico fenomeno costante
della stessa durata ed energeticamente equivalente al fenomeno in esame e che,
conseguentemente, determinerebbe gli stessi effetti uditivi.
La determinazione del livello equivalente in una data posizione di lavoro deve
essere effettuata con appositi fonometri integratori conformi a specifiche tec-
niche ben precise.

147
Sommario

11a.8 ESPOSIZIONE QUOTIDIANA


Nella pratica per lo più, o almeno molto spesso, avviene che un lavoratore non
venga adibito ad una sola lavorazione, contraddistinta da un determinato livello
equivalente di rumore per tutto l’arco della giornata lavorativa.
Qualora il lavoratore transiti attraverso varie lavorazioni in funzione delle esi-
genze organizzative e produttive dell’azienda, si pone il problema di come valu-
tare la sua personale esposizione al rumore.
È possibile definire l’esposizione personale quotidiana (LEP,d dove d sta per
day=giorno) come quel livello di rumore che, se fosse mantenuto costante per
tutte le otto ore di una giornata lavorativa tipo, apporterebbe al lavoratore lo
stesso contenuto di energia, e, conseguentemente, determinerebbe gli stessi
effetti uditivi dei diversi livelli equivalenti di rumore ai quali di fatto lo stesso lavo-
ratore è stato assoggettato nei vari periodi della giornata.
In altri termini, l’esposizione personale quotidiana al rumore non è altro che il
livello equivalente dei livelli equivalenti di rumore, corrispondente alle diver-
se lavorazioni alle quali un lavoratore viene adibito nel caso della giornata lavo-
rativa; il tutto rapportato a otto ore.
Il calcolo dell’esposizione personale quotidiana, anche a livello di singolo
lavoratore, può risultare abbastanza agevole ricorrendo a software applicativi
disponibili.
A monte è necessario però acquisire esatta conoscenza:
• delle lavorazioni alle quali i lavoratori sono addetti durante la giornata tipo;
• dei livelli equivalenti di rumore corrispondenti alle diverse lavorazioni;
• dei tempi di esposizione nelle diverse posizioni.
Per fare questo calcolo si fa uso delle formule:

essendo Td = 8 ore

Nell’applicazione del metodo di valutazione indicato, è necessario utilizzare alcu-


ni accorgimenti per limitare l’errore di calcolo.
Poiché la scala in dB è di tipo lineare, i calcoli che vi si realizzano sono molto
influenzati dai valori più elevati e poco dai valori più bassi, specialmente quando
la differenza supera i 10 dB.
Un decibel in più nel livello equivalente più elevato si trova anche nel valore di
LEP,d; un decibel in più nel valore più basso non influenza la valutazione.
La stessa attenzione va dedicata ai tempi relativi ai livelli più elevati.

Esempio Nel caso che un lavoratore sia rimasto per un’ora in officina: Leq (A) = 100
dB(A) ed abbia poi trascorso 6 ore in ufficio: Leq(A) = 70 dB(A), quale sareb-
be il suo livello di esposizione personale giornaliero?

Facendo uso della formula sopra indicata si ha:

dB(A)

dB(A)

148
Sommario

IL DECRETO LEGGE 626 11a.9

Obblighi generali •
Il Decreto legge 626 del 19 settembre 1994 ha come scopo il miglioramento
della sicurezza e salute delle persone nei luoghi di lavoro.
I passi principali che le aziende devono compiere (in riferimento alle attrezzatu-
re di lavoro) per soddisfare le norme di Legge sono secondo l’Art. 4 (Obblighi del
datore di lavoro, del dirigente e del preposto):
A) valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo
di lavoro;
B) definizione del piano di risanamento (obbligo di attuazione delle misure
di miglioramento della salute e sicurezza).
Analizzeremo ora brevemente come e a quali Leggi e norme devono fare riferi-
mento le aziende per eseguire correttamente la valutazione del rischio e per rea-
lizzare il successivo piano di risanamento, limitatamente ai rischi derivanti dal-
l’impiego di utensili pneumatici.

Obblighi specifici •
Per quanto riguarda i rischi per gli operatori si possono suddividere in due cate-
gorie principali:

A) rischi di prodotto
B) rischi di processo.

A) RISCHI DI PRODOTTO
Sono i rischi che devono essere eliminati possibilmente già alla fonte, in fase di
progettazione e costruzione da parte del produttore. I rischi non eliminabili,
denominati rischi residui, devono essere evidenziati nel manuale di utilizzo.
La direttiva a cui si fa riferimento è la Direttiva Macchine in vigore da 1° gennaio
1995.
L’azienda che acquista utensili pneumatici marchiati CE, ovvero conformi alla
Direttiva di cui sopra, ha il vantaggio di non dover eseguire la valutazione del
rischio insito nel prodotto, in quanto questa è già stata eseguita dal produttore.

B) RISCHI DI PROCESSO
Sono i rischi derivanti dall’uso delle apparecchiature, macchine, utensili nelle
reali condizioni di utilizzo.
Tali rischi devono essere presi in considerazione nella valutazione del rischio sul
luogo di lavoro, per stilare e attuare successivamente il relativo piano di miglio-
ramento.
La maggior parte delle macchine e degli utensili pneumatici, sono fonte di rumo-
re. Questo fenomeno è in generale importante, perché la sorgente del rumore è
spesso molto vicina all’orecchio dell’operatore e può dare luogo a livelli di espo-
sizione non trascurabili.
La valutazione del rischio di rumore nelle reali condizioni di utilizzo è il secondo
passo che deve essere fatto per poter attuare il successivo piano di risanamento
previsto dal D.L. 626.
I rilevamenti effettuati presso gli stabilimenti dovranno poi servire come verifica
della valutazione del rischio rumore anche in rapporto a quanto prescritto a suo
tempo dal D.L. n. 277.
In questo Decreto Legge 277 vengono fissati i vari livelli di soglia, in termini
di esposizione quotidiana del lavoratore al rumore e i corrispondenti provvedi-
menti che devono essere attuati per ridurre il rischio nel luogo di lavoro.

149
Sommario

PROVVEDIMENTI DA ADOTTARE IN FUNZIONE DEL


LIVELLO DI ESPOSIZIONE PERSONALE
tab. 11.1
L EP,d < 80 dBA Provvedimento: nessuno

Provvedimento: azione informativa nei confronti


dei lavoratori in materia di prevenzione sull’esposi-
zione al rumore.
80 dBA < L < 85 dBA
EP,d Controllo sanitario se richiesto dal lavoratore.
Redazione di un rapporto sui rilievi fonometrici da
conservare in stabilimento a disposizione degli
organi competenti.

Provvedimento:informazione sull’uso corretto dei


mezzi personali di protezione e delle apparecchia-
ture ai fini della prevenzione del rischio uditivo.
Controllo sanitario.
85 dBA < L < 90 dBA Messa a disposizione dei mezzi personali di prote-
EP,d
zione.
Redazione di un rapporto sui rilievi fonometrici da
conservare in stabilimento a disposizione degli
organi competenti.

Provvedimento: apposizione di segnaletica ade-


guata, uso di mezzi personali di protezione, deli-
mitazione dell’area, limitandone l’accesso se possi-
bile. I mezzi di protezione dell’udito si considerano
idonei se determinano esposizione quotidiana non
superiore a 90 dBA.
L EP,d > 90 dBA Invio agli organi competenti del registro delle per-
sone esposte.
Comunicazione all’organo di vigilanza delle misu-
re tecniche ed organizzative adottate o che si
intendono adottare, al fine di ridurre al minimo i
rischi per l’udito.
Comunicazione ai lavoratori delle misure adottate.

11b VIBRAZIONI E UTENSILI PNEUMATICI PORTATILI

11b.1 GENERALITÀ
Le vibrazioni sono un fenomeno comune nella nostra vita.
Il nostro corpo è sottoposto in vari momenti della giornata a sollecitazioni di
questo tipo.
Le situazioni sono le più diverse; per esempio gli spostamenti con i mezzi di tra-
sporto, l’utilizzo di elettrodomestici per la pulizia della casa o per la cucina, l’im-
piego di utensili per lo svolgimento del proprio lavoro.
Durante il funzionamento di una macchina a motore si generano delle vibrazio-
ni, fenomeno il più delle volte indesiderato.
Il contatto con parti della macchina in funzione permette alle vibrazioni di tra-
smettersi al nostro corpo.
Il posto di lavoro è sicuramente l’ambiente dove si verifica il maggior numero di
esposizioni alle vibrazioni, infatti i processi e gli utensili a motore sono assai dif-
fusi in diverse attività industriali.

150
Sommario

CHE COSA SONO LE VIBRAZIONI 11b.2


Le vibrazioni sono un movimento oscillatorio delle parti di una macchina dovute
ad un certo numero di forze, di direzione e intensità variabili, che influenzano la
macchina e la pongono in movimento.
Il sistema di funzionamento e le scelte progettuali influenzano l’entità delle
vibrazioni. Il tipo di alimentazione ed anche il numero, il materiale e la forma
delle parti in movimento determinano il livello di vibrazioni prodotte.
Il processo di lavorazione è fondamentale, esso modifica le forze in gioco alte-
rando gli equilibri di una macchina utensile con il risultato di un aumento delle
vibrazioni.
Dal punto di vista meccanico il fenomeno è ormai conosciuto, tuttavia questo
non significa essere in grado di eliminarlo.
La strada da seguire per la riduzione delle vibrazioni dalle macchine utensili è
quella di ottenere un migliore bilanciamento delle masse in gioco, di utilizzare
materiali con caratteristiche smorzanti, come pure di progettare e realizzare pro-
dotti con nuove tecnologie.
Questo cammino, tuttavia, è lungo e richiede l’impiego di una grande quantità
di risorse.

L’UOMO E LE VIBRAZIONI 11b.3


Durante l’utilizzo delle macchine utensili portatili, le vibrazioni si trasmettono alle
mani e si propagano lungo le braccia.
Eccessive esposizioni alle vibrazioni trasmesse alle mani possono indurre disturbi
alla circolazione del sangue nelle dita e alle funzioni neurologiche e motorie di
mani e braccia.
Il termine “Sindrome da vibrazione mano-braccio” (HAVS = hand - arm vibra-
tion syndrome) è comunemente usato per riferirsi al complesso di disturbi peri-
ferici vascolari, neurologici, muscolari e scheletrici associati all’esposizione a
vibrazioni trasmesse alla mano.
Questi disturbi possono colpire separatamente o simultaneamente.

DISTURBI VASCOLARI 11b.4


I lavoratori esposti a vibrazioni trasmesse alla mano possono avere episodi di dita
bianche, solitamente scatenati dall’esposizione al freddo.
Questo disturbo, chiamato fenomeno di Raynaud, è dovuto alla temporanea
assenza di circolazione sanguinea nelle dita.
Si pensa che le vibrazioni possano disturbare la circolazione nelle dita renden-
dole più sensibili all’azione di vasocostrizione operata dal freddo. Gli attacchi di
pallore sono molto più comuni d’inverno che d’estate e durano da pochi minu-
ti a più di un’ora.
Durante l’attacco i lavoratori affetti possono sperimentare una completa perdita
della sensazione tattile e della capacità di manipolazione, che può interferire con
l’attività lavorativa aumentando il rischio di danni gravi dovuti a incidenti. La
durata varia con l’intensità del fattore scatenante, l’attacco di solito termina
quando il corpo è totalmente riscaldato.
Recentemente, per indicare il fenomeno di Raynaud, si utilizza l’acronimo VWF
(= vibration-induced white finger), ossia dita bianche indotte da vibrazioni.
Numerosi studi hanno evidenziato come l’insorgenza e la gravità del VWF dipen-
dano da diversi fattori come le caratteristiche dell’esposizione a vibrazioni (fre-
quenza, intensità, durata, ecc.), il tipo di utensile o processo lavorativo, le
condizioni ambientali (temperatura, umidità, rumore), fattori ergonomici e
numerose caratteristiche individuali (sensibilità e agenti quali fumo e medici-
ne che influenzano la circolazione periferica).

151
Sommario

Di conseguenza, la relazione tra esposizione alle vibrazione e comparsa dei sin-


tomi di VWF è molto complessa.
Ciò che è chiaro è che la probabilità dell’insorgenza del VWF aumenta con la
durata dell’esposizione e che l’esposizione cumulata necessaria è tanto minore
quanto maggiore è l’intensità delle vibrazioni.
Gli studi finora condotti su popolazioni di lavoratori soggetti a vibrazioni mano-
braccio hanno permesso di individuare una relazione statistica tra il tempo di
esposizione in anni, l’accelerazione pesata riferita a 4 ore e la probabilità che si
verifichino episodi di dita bianche. La validità della relazione presenta vari limiti
applicativi, tuttavia è indicativa dell’importanza del fenomeno.
Alcuni dati sono presentati nella tabella seguente.

tab. 11.2
PERCENTUALE DI POPOLAZIONE, C
Tempo di esposizione, Accelerazione
in anni, per differenti pesata 10 20 30 40 50
percentuali di popolazione
e varie accelerazioni pesate (ahw)eq(4) m / s 2 TEMPO DI ESPOSIZIONE, anni
2 15 23 > 25 > 25 > 25
5 6 9 11 12 14
10 3 4 5 6 7
20 1 2 2 2 3
30 <1 <1 <1 <1 <1

11b.5 DISTURBI NEUROLOGICI


I lavoratori esposti a vibrazioni trasmesse alla mano possono soffrire di disturbi
neurologici quali formicolii e insensibilità alle mani e dita.
Con il continuare dell’esposizione i sintomi tendono a peggiorare e diminuisce
la capacità di eseguire il lavoro e le attività più comuni.
Altra patologia incontrata è la sindrome da tunnel carpale (CTS), dovuta alla
compressione del nervo mediano all’altezza del polso.
C’è la convinzione che fattori ergonomici combinati all’esposizione a vibrazioni
possano causare la CTS nei lavoratori che utilizzano utensili portatili vibranti.

11b.6 ALTRI DISTURBI


In molti lavoratori si è notato lo sviluppo di piccole cavità all’interno di ossa o
articolazioni, fatto che pare essere legato all’esposizione a vibrazioni, anche se
non sembrano esserci sostanziali differenze con i lavoratori manuali non sotto-
posti alle vibrazioni.
Più certo è che i lavoratori con esposizioni prolungate alle vibrazioni possono
avere problemi muscolari, dolori alle mani e alle braccia, ridotta forza musco-
lare e diminuzione della forza di presa delle mani.

11b.7 LEGISLAZIONE SULLE VIBRAZIONI


L’entrata in vigore del Decreto Legge 626 / 94 ha modificato molto il panorama
della sicurezza in Italia.
Emanato per recepire una serie di direttive comunitarie, introduce responsabili-
tà ben precise per il datore di lavoro in caso di danni provocati alla salute dei
lavoratori.
L’azienda ha l’obbligo di conoscere tutte le possibili fonti di rischio per i pro-
pri dipendenti ed agire costantemente per la loro totale eliminazione o quando
questo non sia possibile, la loro riduzione.

152
Sommario

Le vibrazioni mano - braccio rappresentano uno dei rischi a cui il lavoratore può
essere sottoposto.
Abbiamo già visto quali sono i possibili disturbi, risulta chiara l’importanza di
un’azione di tutela dei lavoratori.
È necessario ripensare i processi produttivi, cercando di eliminare le operazioni
pericolose sostituendole con altre prive di rischi. Molto spesso questa soluzione,
pur restando la migliore, non è praticabile.
In alternativa vanno forniti ai lavoratori i macchinari e gli utensili con le minori
emissioni di vibrazioni, come espressamente previsto dalla legge.
Come aiuto all’acquirente di macchine utensili, il D.P.R. 459 / 96, nato per rece-
pire la ormai nota Direttiva Macchine, stabilisce l’obbligo del produttore di ripor-
tare, nel libretto di istruzioni dei propri utensili portatili, il livello delle vibrazioni
mano -braccio, se superiore a 2,5 m / s 2 e, in caso contrario, di segnalare il rispet-
to di tale limite.
Il valore di 2,5 m / s 2 sembra così essere il confine tra assenza e presenza di
rischio di malattia per gli operatori esposti a vibrazioni mano -braccio.
Questo livello di vibrazioni, in realtà, non garantisce la salute dei lavoratori, che
dipende anche dal tempo di esposizione.
Da alcuni anni è stata avanzata in sede di Comunità Europea una proposta di
direttiva sui rischi fisici tra cui figurano le vibrazioni mano - braccio.
Obiettivo della proposta è limitare l’esposizione degli operatori ai di sotto di un
certo limite, detto livello di soglia.
La proposta suggerisce di utilizzare come indice dell’esposizione, l’accelerazione
equivalente pesata totale, riferita ad un periodo di 8 ore, indicata con “ah,w,8h”.
Oltre al livello di soglia, posto pari a 1 m / s 2 sono previsti altri due livelli, uno
di attenzione e l’altro massimo, rispettivamente uguali a 2,5 m / s 2 e 5 m / s 2.
In assenza di dispositivi di protezione non sono ammesse esposizioni a livelli
superiori a quello massimo, mentre per esposizioni superiori al livello di atten-
zione sono richieste precise azioni di intervento.

MISURA E VALUTAZIONE DELLE VIBRAZIONI 11b.8


Per la misura e la valutazione delle vibrazioni mano -braccio è conveniente fare
riferimento alle norme ISO 8662 e ISO 5349.
La norma ISO 8662 è costituita da una serie di norme, di cui la prima di carat-
tere generale e le seguenti specifiche per tipologie di utensili portatili, ed indica
come condurre le misure affinché siano sempre attendibili e realistiche.
La norma ISO 5349 si propone come guida sia alla misura che alla valutazione
dell’esposizione umana alle vibrazioni mano-braccio.
L’intensità della vibrazione di una macchina utensile non è costante.
Per esprimere la misura è necessaria una grandezza che tenga conto dell’anda-
mento dell’accelerazione durante tutto il periodo di interesse.
Va impiegato il valore efficace (r.m.s.= root mean square) dell’accelerazione,
espresso in m / s 2. Vanno misurate le vibrazioni mano -braccio con frequenze
comprese da 5 Hz a 1.500 Hz, suddividendo l’intervallo in bande di terzi d’otta-
va, con frequenze centrali da 6,3 Hz a 1.250 Hz.
Le vibrazioni vanno misurate su uno o più assi, secondo il sistema di coordi-
nate baricentriche, in base a quanto richiesto dalla norma.
Dagli studi condotti sulla risposta dell’uomo alle vibrazioni si è visto che l’inten-
sità degli effetti delle vibrazioni mano -braccio dipende dalla frequenza.
Il nostro corpo risente maggiormente delle vibrazioni in bassa frequenza e con il
crescere della frequenza l’influenza diminuisce fino ad essere trascurabile sopra
i 1.500 Hz.
Per tenere conto di questo fenomeno, i valori rilevati nelle varie bande di fre-
quenza vanno pesati mediante dei coefficienti forniti dalla norma ISO 5349.

153
Sommario

L’utilizzo di questi consente di calcolare l’accelerazione equivalente pesata lungo


gli assi di misura.
La componente assiale maggiore va scelta come valore rappresentativo del-
l’utensile ed utilizzata per la valutazione dei rischi.
Conoscendo il tempo di utilizzo in un turno lavorativo, si calcola l’accelerazio-
ne equivalente pesata riferita ad un periodo di 4 ore.
Questo è il parametro utilizzato negli studi condotti fino ad oggi, come pure
nella tabella precedente, utile alla valutazione delle probabilità di rischi di dita
bianche.

La formula per il calcolo è la seguente:

dove: T è il tempo di esposizione durante il turno lavorativo, espresso in ore;


(ah,w)eq(T) è l’accelerazione equivalente pesata maggiore.

Nella proposta di direttiva sui rischi fisici di cui si è fatto cenno sopra, come para-
metro per la valutazione del rischio è stata introdotta l’accelerazione equiva-
lente pesata totale riferita al periodo di 8 ore.
Questa grandezza risulta diversa da quella utilizzata finora, infatti il tempo di
riferimento è passato da 4 a 8 ore e l’accelerazione impiegata nel calcolo è la
somma vettoriale delle accelerazioni pesate rilevate sui tre assi e non la maggio-
re di queste.
È in atto inoltre un’azione di revisione della norma ISO 5349.
Esiste allo stato di bozza la norma ISO 5349.1, la quale considera come para-
metro di valutazione dell’esposizione, anche l’accelerazione equivalente pesata
totale riferita a 8 ore.
Va notato come questa, tuttavia, sia il frutto di misure non più compiute sulle
bande di terzi d’ottava finora utilizzate, ma solo su quelle con frequenze centrali
da 8 Hz a 1.000 Hz.

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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154
Sommario

12
MOTORI ELETTRICI
TIPI DI MOTORE 12a

Sebbene le motrici dei compressori siano molte e si ricordano fra queste: i moto-
ri elettrici, le turbine a vapore, le turbine a gas, o i motori diesel, ci limiteremo in
questa breve trattazione a parlare dei motori elettrici, che oggi rappresentano la
maggioranza degli accoppiamenti.
Per i compressori stazionari si usano 3 tipi di motore:
• motori ad induzione a gabbia di scoiattolo
• motori ad induzione ad anelli
• motori sincroni
I motori ad induzione hanno velocità leggermente inferiore alla velocità sincro- Motori a induzione
na. Questa differenza aumenta quanto più piccolo è il motore. Infatti per un
motore da 2.000 kW la velocità è il 99 % di quella sincrona, mentre su un moto-
re da 200 kW è circa il 98 %; su un motore da 5 kW è di circa il 97 %.
Questi motori hanno una efficienza che varia da 80% al 94% nel campo dei
5÷150 kW con un fattore di potenza (cos ϕ) che varia da 0,83 a 0,91.
I motori grossi hanno efficienze che raggiungono il 96 % con fattori di potenza
di 0,93.
Il motore A GABBIA DI SCOIATTOLO è il più semplice ed il più economico ed è
quello più usato, sempre che la linea possa sopportare la corrente di spunto rela-
tivamente alta, che si ha all'avviamento.
Tale corrente è circa 5÷7 volte quella nominale del motore, a pieno carico.
L’avvolgimento del rotore di tale tipo di motore consiste di barre di fusione di-
sposte assialmente alla periferia del rotore.
Alla fine queste barre sono unite mediante un anello; da questa forma deriva il
nome di "motore a gabbia di scoiattolo".
Essi sono utilizzati con tutti i tipi di compressori e l’accoppiamento può essere
fatto a cinghie, con ingranaggi, con giunto o a flangia.

Il motore a INDUZIONE AD ANELLI o con ROTORE AVVOLTO si usa quando è


necessario limitare la corrente di spunto, ma al contempo avere una elevata cop-
pia. Ciò si ottiene mediante la regolazione della corrente del rotore.
Il rotore di tali motori è simile a quello del tipo a gabbia di scoiattolo, con la dif-
ferenza che al posto delle barre vi sono delle bobine.
Ciascuna bobina è collegata con un anello, che a sua volta è collegato al con-
trollo del motore per mezzo di spazzole. Quando il motore ha raggiunto la piena
velocità, gli avvolgimenti del rotore sono messi in cortocircuito così che esso
lavora in seguito come un motore a gabbia di scoiattolo.
Anche essi possono essere accoppiati in vari modi.

155
Sommario

Motori sincroni I motori sincroni sono molto usati nelle grosse potenze per avere un elevato ren-
dimento; inoltre avendo il fattore di potenza (cos ϕ ) uguale all’unità sono spes-
so usati come rifasatori o correttori del fattore di potenza.
Per magnetizzare i poli del rotore è necessaria la corrente continua, che viene
fornita o da generatori o da raddrizzatori.
La corrente continua fornita al rotore è solo dell'ordine dell’1% di quella alter-
nata, fornita allo statore. Poiché la loro coppia è piuttosto bassa, si deve fare
attenzione a ciò quando si studia l’applicazione.
La corrente di spunto varia fra 3 e 5 volte quella nominale.
Essi operano ad una velocità fissa che è funzione dei cicli e del numero dei poli
dello statore.

12b SCELTA DEL MOTORE ELETTRICO

I motori elettrici oltre che dalla potenza, dal voltaggio e dal numero dei poli (che
determina la velocità) sono caratterizzati anche da altri fattori quali la protezio-
ne, la forma, l’isolamento, la coppia di avviamento, ecc.

12b.1 PROTEZIONE MECCANICA


Il grado di protezione corrisponde al tipo di involucro dei motori elettrici, che
deve essere appropriato alle condizioni ambiente ove i motori sono destinati.
La norma IEC 34-5 e le norme EN 60034-5, per ciò che concerne la protezione
contro i corpi solidi e liquidi, nonché la norma EN 50102, per ciò che concerne
la protezione meccanica, definiscono i vari gradi di protezione con due lettere
seguite da 2 cifre, rappresentanti:
Protezione contro solidi e liquidi (IP)
1ª cifra: il grado di protezione delle persone contro i contatti con le parti
in funzione o le parti in movimento interne al motore ed il grado di
protezione contro la penetrazione di corpi solidi esterni.
2ª cifra: il grado i protezione contro la penetrazione dannosa di liquidi.
Protezione meccanica (IK)
Due cifre, da 00 (nessuna protezione) a 10 (energia d’urto = 20 J)

PROTEZIONE CONTRO CORPI SOLIDI PROTEZIONE CONTRO LIQUIDI PROTEZIONE MECCANICA


0 Nessuna protezione 0 Nessuna protezione 00 Nessuna protezione
1 Protetto contro corpi solidi >50 mm 1 Protetto contro la caduta di gocce d’acqua Energia d’urto 0,15 J
01
(es. mano) (caduta verticale) (150 g da 10 cm)
2 Protetto contro corpi solidi >12 mm 2 Protetto contro la caduta di gocce d’acqua Energia d’urto 0,20 J
02
(es. dito) (angolo 15°) (200 g da 10 cm)
3 Protetto contro corpi solidi >2,5 mm 3 Protetto contro la caduta di gocce d’acqua Energia d’urto 0,37 J
03
(es. attrezzi) (angolo 60°) (250 g da 15 cm)
4 Protetto contro corpi solidi >1 mm 4 Protetto contro la proiezione d’acqua Energia d’urto 0,50 J
04
(es. piccoli attrezzi) da ogni direzione (250 g da 20 cm)
5 Protetto contro le polveri 5 Protetto contro getti d’acqua con lancia Energia d’urto 0,70 J
05
da ogni direzione (350 g da 20 cm)
6 Protetto contro proiezioni d’acqua, simili ad Energia d’urto 1J
06
onde, da ogni direzione (250 g da 40 cm)
7 Protetto contro l’immersione Energia d’urto 2J
07
tab. 12.1 (0,15 ÷ 1 m) (500 g da 40 cm)
Gradi di protezione 8 Protetto contro l’immersione prolungata Energia d’urto 5J
08
( …… m) (1,25 kg da 40 cm)
dei motori elettrici
Energia d’urto 10 J
09
(2,50 kg da 40 cm)
Energia d’urto 20 J
10
(5,0 kg da 40 cm)

156
Sommario

FORME COSTRUTTIVE 12b.2


E POSIZIONI DI FUNZIONAMENTO
Le differenti forme di costruzione dei motori sono definite dalla norma IEC 34-7
Di seguito si riporta un estratto che permette di stabilire una corrispondenza tra
le denominazioni normalizzate più usate.
Il codice è ora formato da due lettere, seguito da quattro numeri:
lettere IM ( codice internazionale)
1° numero ( tipo di piedini)
2° e 3° numero ( posizione di funzionamento)
4° numero ( tipo d’estremità d’albero)

tab. 12.2
Codice I Codice II Codice I Codice II Codice I Codice II
Codici delle forme costruttive
IM 1001 IM B3 IM 2031 IM V36 IM 3631 IM V19
IM 1011 IM V5 IM 2101 IM B34 IM 4001 IM B10
IM 1031 IM V6 IM 3001 IM B5 IM 4011 IM V10
IM 1051 IM B6 IM 3011 IM V1 IM 4031 IM V14
IM 1061 IM B7 IM 3051 IM V21 IM 4131 IM V16
IM 1071 IM B8 IM 3031 IM V3 IM 9101 IM B9
IM 1101 IM B20 IM 3211 IM V4 IM 9111 IM V8
IM 1201 IM B15 IM 3231 IM V2 IM 9131 IM V9
IM 2001 IM B35 IM 3601 IM B14 IM 9201 IM B30
IM 2011 IM V15 IM 3611 IM V18 IM 9211 IM V30

L’elenco dei codici non è completo e per altri casi meno comuni, bisogna fare
riferimento alla citata IEC 34-7.
A fianco al codice I abbiamo mostrato anche il codice II, che era usato nel pas-
sato, ma che può essere ancora utilizzato in alternativa.

Vediamo ora alcuni esempi, utilizzando la norma IEC 34-7

Motori con piedini di fissaggio


Albero orizzontale
IM 1001 (IM B3)
Piedini a terra
Albero orizzontale
IM 1051 (IM B6)
Piedini a muro a sn. vista estremità d’albero
Albero orizzontale
IM 1061 (IM B7)
Piedini al muro a ds. vista estremità d’albero
Albero orizzontale
IM 1071 (IM B8)
Piedini verso l’alto
Albero verticale in basso
IM 1011 (IM V5)
Piedini al muro
Albero verticale in alto
IM 1031 (IM V6)
Piedini al muro

157
Sommario

Motori flangiati con fori di fissaggio passanti


IM 3001 (IM B5) Albero orizzontale
IM 3011 (IM V1) Albero verticale in basso
IM 3031 (IM V3) Albero verticale in alto
Albero orizzontale
IM 2001 (IM B35)
Piedini a terra
Albero verticale in basso
IM 2011 (IM V15)
Piedini al muro
Albero verticale in alto
IM 2031 (IM V36)
Piedini a terra
Albero orizzontale
IM 2001 (IM B35)
Piedini al muro

Motori flangiati con fori di fissaggio filettati


IM 3601 (IM B14) Albero orizzontale
IM 3611 (IM V18) Albero verticale in basso
IM 3631 (IM V19) Albero verticale in alto
Albero orizzontale
IM 2101 (IM B34)
Piedini a terra
Albero verticale in basso
IM 2111 (IM V58)
Piedini al muro
Albero verticale in alto
IM 2131 (IM V69)
Piedini al muro

Motori senza flangia anteriore


Con aste filettate di fissaggio
IM 9101 (IM B9)
Albero orizzontale
Con piedini di fissaggio ed aste filettate
IM 1201 (IM B15)
Albero orizzontale

12b.3 ISOLAMENTO
La durata di una macchina elettrica, dipende in gran parte dalle caratteristiche
chimiche, fisiche del materiale isolante che ne fa parte e pertanto si ritiene
necessario stabilire un limite di temperatura di esercizio della macchina stessa
che sia adeguato al materiale isolante impiegato, o viceversa, il materiale isolan-
te dovrà rispondere entro determinati limiti di accettazione, alla temperatura di
esercizio dei motori.
Le qualità dei materiali isolanti sono suddivise in classi (IEC 85 e IEC 34-1) per
ognuna delle quali vi è un limite di temperatura degli avvolgimenti (dei punti
caldi), e precisamente:
• classe A: 105 °C
• classe E: 120 °C
• classe B: 125 °C
• classe F: 155 °C
• classe H: 180 °C

158
Sommario

Non essendo facile la lettura diretta delle temperature degli isolanti, è stato
anche deciso di sostituirla con la misura della temperatura degli avvolgimenti
immediatamente adiacenti.
Le norme CEI e le norme IEC 34-1 accettano i seguenti valori di sovratempera-
tura per le varie classi di isolamento:

Classe di isolamento A E B F H
Sovratemperatura (K) 60 75 80 105 125

La norma IEC 34-1 prescrive che i motori standard possano funzionare nelle
seguenti condizioni ambientali:
• temperatura ambiente: compresa fra –16 e +40 °C;
• altitudine s.l.m.: inferiore a 1000 m;
• pressione atmosferica: 1050 hPa o millibar.
Quando i motori sono destinati a funzionare in ambienti con temperatura com-
presa fra i 40 ed 60 °C, i valori limite di sovratemperatura, prescritti per le varie
classi di isolamento, devono essere ridotti di un valore pari alla differenza fra la
temperatura dell’ambiente preso in considerazione ed i 40 °C convenzionali.
Per temperature costantemente sotto i 30 °C le norme permettono, previo accor-
do con l’utente, di aumentare i valori limite di sovratemperatura, fino a 50 °C.
Altra cosa da tener presente è l’altitudine s.l.m. dell'installazione.
Infatti fino a 1.000 m l’influenza è trascurabile in quanto bilanciata dall’abbas-
samento della temperatura ambiente, ma oltre tale altitudine la massa volumica
dell’aria è sensibilmente inferiore, e quindi le capacità di raffreddamento dimi-
nuiscono.
Il diagramma della fig. 12.3 esprime la potenza ottenibile, in funzione della tem-
peratura ambiente sopra e sotto i 40 °C e in funzione dell’altezza sul livello del
mare. (A 2.000 m il declassamento della potenza è di circa 6 %).

fig. 12.3
Potenza erogata dal motore
elettrico (conservando la
riserva termica), in funzione
della temperatura
e del livello sul mare.

TIPI DI SERVIZIO 12b.4


Sempre secondo la norma IEC 34-1 i vari tipi di servizio sono i seguenti:
Tipo S1 - Servizio continuo. Funzionamento con carico costante di durata tale
da consentire il raggiungimento dell’equilibrio termico
Tipo S2 - Servizio temporaneo. Funzionamento con carico costante durante un
certo periodo di tempo insufficiente a consentire il raggiungimento
dell’equilibrio termico, seguito da una pausa di durata sufficiente a
stabilire, entro 2 K, l’uguaglianza di temperatura tra la macchina ed il
fluido di raffreddamento.

159
Sommario

Tipo S3 - Servizio intermittente periodico. Una sequenza di cicli identici,


ognuno comprendente un periodo di funzionamento a carico costan-
te ed un periodo di riposo. La corrente di avviamento non influisce in
modo significativo sull’aumento della temperatura.
Tipo S4 - Servizio intermittente periodico con avviamento. Una sequenza di
servizi identici che comprendono un certo periodo di avviamento, un
periodo di funzionamento a carico costante ed un periodo di riposo.
Tipo S5 - Servizio intermittente periodico con avviamento e frenatura elet-
trica. Una sequenza di cicli di servizio periodici, ognuno dei quali com-
prende un periodo di avviamento, un periodo di funzionamento a cari-
co costante, un periodo di frenatura elettrica rapida ed un periodo di
riposo.
Tipo S6 - Servizio continuo con carico intermittente. Una sequenza di cicli di
servizio identici, ognuno dei quali comprende un periodo funziona-
mento a carico costante ed un periodo di funzionamento a vuoto. Non
esistono periodi di riposo.
Tipo S7 - Servizio continuo con frenatura elettrica. Una sequenza di cicli di
servizio identici, ognuno dei quali comprende un periodo di avvia-
mento, un periodo di funzionamento a carico costante, un periodo di
frenatura elettrica. Non esistono periodi di riposo.
Tipo S8 - Servizio continuo con variazioni intermittenti di carico e di veloci-
tà. Una sequenza di cicli di servizio identici, ognuno dei quali com-
prende un periodo di funzionamento a carico costante ad una data
velocità di rotazione, seguita da uno o più periodi di funzionamento
con carichi costanti corrispondenti a diverse velocità. Non esistono
periodi di riposo.
Tipo S9 - Servizio con carico non periodico e variazione di velocità. Servizio
nel quale di solito il carico e la velocità hanno una variazione non
periodica nel campo di funzionamento consentito. Spesso include
sovraccarichi ripetuti che possono essere largamente superiori al pieno
carico.
Tipo S10 - Servizio con regimi costanti distinti. Servizio che comprende al
massimo quattro valori distinti di carichi, essendo ogni valore applica-
to per una durata sufficiente affinché la macchina raggiunga l’equili-
brio termico. Il carico minimo può avere valore zero (funzionamento a
vuoto).

12b.5 FATTORE DI SERVIZIO


Il fattore di servizio è un rapporto, generalmente di valore compreso fra 1,0 ed
1,25 che indica la potenza effettiva utile disponibile all’albero, senza danno-
si surriscaldamenti, rispetto a quella di targa o nominale.
Un motore da 90 kW che ha un fattore di 1,15, ad esempio, significa che ha a
disposizione 15 % in più di potenza (13,5 kW), ovvero il motore può lavorare
fornendo 103,5 kW senza essere sovraccaricato.

12b.6 TENSIONE DI ALIMENTAZIONE


Secondo la norma IEC 38 e la norma CEI 8-6 del marzo 1990, si sono norma-
lizzate le tensioni di distribuzione dell’energia elettrica.
La tensione trifase è di 230 /400 V e la tensione monofase è di 230 V, con le
seguenti tolleranze:
fino al 2003: dal +6% al -10%: compresa fra 207 e 244 V oppure 360 e 424 V;
dal 2004: ± 10%: compresa fra 207 e 253 V oppure 360 e 440 V.

160
Sommario

Le sorgenti di alimentazione dovranno avere le seguenti tolleranze:


- caduta di tensione massima tra il punto di distribuzione ed il luogo d’uti-
lizzo del cliente: 4%;
- la frequenza non dovrà variare oltre ± 1%, in regime continuo; ± 2%, in
regime transitorio.

compatibilità elettromagnetica - DIRETTIVA EMC 12b.7


89/336/CEE e modifiche 92/31/CEE, 92/68/CEE
Per ciò che concerne le emissioni e l’immunità, il tipo di costruzione deve esse-
re tale da ridurre l’emissione elettromagnetica e al contempo deve proteggere
contro le sorgenti elettromagnetiche esterne limitando la loro penetrazione nel
circuito magnetico ad un livello sufficientemente debole da non compromettere
il buon funzionamento del motore.
In genere, in base all’emendamento 1 della norma IEC 34-1, i motori asincroni
non sono né emettitori né ricettori di segnali portati o aerei e sono quindi, per
costruzione conformi alle esigenze fondamentali delle direttive EMC.
Invece per i motori alimentati da convertitori, essendo il motore un compo-
nente di un’apparecchiatura, bisogna garantire la conformità della stessa alle
esigenze fondamentali della direttiva EMC.

73/23/CEE e mod. 93/68/CEE - DIRETTIVA BASSA TENSIONE 12b.8


I motori, dal 01.07.97 devono essere conformi a questa direttiva.
Le esigenze fondamentali riguardano la protezione delle persone, degli animali
e delle cose nei confronti dei rischi provocati dal funzionamento dei motori.
La conformità alla norma armonizzata EN 60304 soddisfa i requisiti della
Direttiva Bassa Tensione.

MARCATURA CE 12b.9
La garanzia della conformità dei motori alle esigenze fondamentali di tutte le
direttive applicabili, è la presenza della marcatura CE o sulle targhe e sulla docu-
mentazione.

CARATTERISTICHE DELLA MACCHINA ACCOPPIATA 12c

È importante conoscere anche il tipo di applicazione richiesta al motore e cioè:


• il tipo di servizio;
• la macchina che viene accoppiata al motore.
Infatti si possono avere macchine di diversa coppia resistente, tanto che si è sud-
diviso le macchine operatrici in 4 tipi, aventi:
A) coppia resistente praticamente costante, vale a dire potenza proporzio-
nale alla velocità;
B) coppia resistente proporzionale al quadrato della velocità, cioè una poten-
za proporzionale al cubo della velocità;
C) coppia resistente inversamente proporzionale alla velocità, cioè una
potenza praticamente costante al variare della velocità;
D) coppia resistente direttamente proporzionale alla velocità.

161
Sommario

fig. 12.4
Coppie resistenti di

Coppia
diverse macchine operatrici
b

a
c

N min N max Velocità

CURVA a - macchine a coppia resistente costante. Possiamo citare:


• macchine continue da carta;
• macchine rotative da stampa;
• macchine rotative tessili;
• pompe volumetriche ad ingranaggi a palette, a pistoni;
• compressori d'aria alternativi;
• compressori frigoriferi a pistoni;
• trasportatori a nastri.
CURVA b - macchine a coppia resistente proporzionale al quadrato della
velocità. Sono esempi tipici:
• pompe centrifughe;
• ventilatori centrifughi;
• pompe ad elica;
• compressori (a vite, a palette, centrifughi, ecc.);
CURVA c - macchine a coppia inversamente proporzionale alla velocità e
potenza costante al variare della velocità, citiamo:
• torni e macchine utensili simili, dove a velocità basse corrispondono
lavorazioni con notevoli sforzi sull'utensile, mentre a velocità eleva-
te corrispondono lavorazioni leggere;
• bobinatrici.
CURVA d - macchine a coppia costante direttamente proporzionale alla
velocità e potenza proporzionale al quadrato della velocità.
Elenchiamo:
• pompe ad anello liquido;
• le calandre in genere.

12d SISTEMI DI AVVIAMENTO PER MOTORI


CON ROTORE A GABBIA

Si possono avere quattro tipi di avviamento:


• avviamento diretto
• avviamento stella-triangolo
• avviamento con autotrasformatore
• avviamento con resistenze statoriche
• avviamento elettronico

162
Sommario

AVVIAMENTO DIRETTO 12d.1


È il più semplice sistema di avviamento di un motore.
Di solito viene comunemente usato per i piccoli motori fino a 4 kW, mentre per
i motori di maggior potenza viene richiesto un controllo delle caratteristiche del-
l’impianto, il quale deve sopportare senza inconvenienti la corrente assorbita allo
spunto, che è 4-8 volte quella nominale.
Bisogna inoltre tener conto di eventuali limitazioni poste dai contratti di fornitu-
ra ENEL.
Vantaggi : • semplicità dell’apparecchiatura;
• coppia importante;
• tempo di avviamento ridotto.
fig. 12.5
Diagramma coppia - corrente
in funzione della velocità
con avviamento diretto

fig. 12.6
Diagramma coppia - corrente
in funzione della velocità con
avviamento stella - triangolo

163
Sommario

12d.2 AVVIAMENTO STELLA - TRIANGOLO


È un sistema molto diffuso per motori di potenze fino a 300 kW ed oltre, dato
il basso costo dell’apparecchiatura necessaria.
Il motore normalmente collegato a triangolo, viene allacciato alla rete con colle-
gamento a stella (fig. 12.6).

Vantaggi : • la corrente e la coppia si riducono a 1/3 del valore che avrebbe il


collegamento a triangolo;
• apparecchiatura semplice: 3 teleruttori di cui uno bipolare.
Svantaggi: questo sistema presenta, come inconveniente, l’interruzione dell’a-
limentazione nel passaggio da stella a triangolo, dando luogo a
punte di corrente di durata di qualche centesimo di secondo, ma di
valore elevato, dovute al ristabilimento del flusso magnetico nor-
male, all’inserzione della piena tensione.
Nel caso di un motore di potenza elevata il flusso magnetico non si estingue
subito, e l’inserzione a triangolo può avvenire in condizioni ancora più sfavore-
voli (f.e.m. residua a 180° elettrici rispetto alla tensione di rete) con punte di cor-
rente pari o superiori a quelle che si riscontrerebbero con inserzione diretta e tali
da provocare l’intervento delle protezioni elettromagnetiche.
Questo sistema si usa, soprattutto, nel caso di avviamento a vuoto o con carico
molto ridotto.

12d.3 AVVIAMENTO CON AUTOTRASFORMATORE


Questo sistema è particolarmente adatto per motori di media e grande potenza
e consiste nell’alimentare il motore, durante l’avviamento, con valori ridotti di
tensione tra il 60 % ed il 90 % del valore nominale (fig. 12.7).
Gli scatti di tensione sono ottenuti con teleruttori regolati a tempo.
La corrente assorbita dalla rete, misurata a monte dell’autotrasformatore, si ridu-
ce proporzionalmente al quadrato della riduzione di tensione; nella stessa pro-
porzione si riduce anche la coppia di avviamento.
Ad esempio, una riduzione di tensione del 60% comporta una riduzione della
corrente e della coppia al 36%.
L’avviamento con autotrasformatore ha il vantaggio di consentire la scelta dei
valori di tensione più adatti a vari casi; inoltre, se l’ultimo scatto (dalla tensione
ridotta a quella nominale di rete) è preceduto, come avviene generalmente, dal-
l’apertura del centro stella dell’autotrasformatore trifase, il motore rimane con-
tinuamente collegato alla linea durante la manovra e non si hanno quindi punte
di corrente.

12d.4 AVVIAMENTO STATORICO CON RESISTENZE


Anche questo sistema porta ad una riduzione della tensione ai morsetti del
motore; esso ha lo svantaggio che, mentre la corrente diminuisce linearmente
con la tensione, la coppia varia con il quadrato della medesima (fig. 12.8).

Vantaggi : • non provoca interruzioni nell'alimentazione al variare dell'inser-


zione delle resistenze, evitando così le punte transitorie di cor-
rente che possono disturbare i dispositivi di protezione;
• permette di scegliere la coppia o la corrente.

Svantaggi : • supplemento di costo modesto per un teleruttore per gradino.

164
Sommario

fig. 12.7
Diagramma coppia - corrente
in funzione della velocità
con avviamento statorico
con autotrasformatore

fig. 12.8
Diagramma coppia - corrente
in funzione della velocità
con avviamento statorico
con resistenze

165
Sommario

12d.5 AVVIAMENTO ELETTRONICO


Con la larga diffusione dell’elettronica sono disponibili presso tutti i costruttori
di motori dei sistemi “elettronici” usati per l’avviamento.
Tali sistemi di avviamento elettronici controllano la tensione ai morsetti del
motore durante tutta la fase di avviamento e permettono avviamenti molto pro-
gressivi e senza scosse, regolando l’accelerazione.
Normalmente permettono di stabilire sia il tempo per raggiungere la velocità
massima (es. 0,5-10 s) che la coppia di avviamento (0-100%).
I sistemi elettronici possono essere associati o integrati ed oltre a permettere,
come detto, degli avviamenti dolci e progressivi permettono la programmazio-
ne, forniscono la segnalazione di guasti.
Vantaggi : • regolabile sul posto;
• scelta della coppia e della corrente;
• nessuna interruzione di corrente;
• nessuna scossa;
• ingombro ridotto;
• senza manutenzione;
• numero elevato di avviamenti;
• digitale;
• protezione motori e macchine;
• collegamento seriale.

fig. 12.9
Diagramma coppia - corrente
in funzione della velocità
con avviamento tramite
controllo elettronico

166
Sommario

VELOCITÀ DI ROTAZIONE 12e

MOTORE MONOVELOCITÀ FISSA 12e.1


La maggior parte delle applicazioni richiede una sola velocità fissa ed in tal caso
si possono utilizzare motori a 1.500 o 3.000 min-1, nel caso di alimentazione a
50 Hz, che sono di costruzione più corrente.
Tuttavia, nel campo della velocità fissa, si possono trovare motori con velocità
comprese fra 750 e 3.000 min-1.
Esistono anche motori ad alta velocità, con velocità superiore a 3.000 min-1;
tale velocità è ottenuta grazie ad un’alimentazione a frequenza fissa, superiore
a 50 Hz, come ad esempio 100, 200 o 400 Hz.
I motori girano alla velocità sincrona N, secondo la formula:
N = 120 · f / p
dove f è la frequenza e p il numero di poli del motore.
I motori a bassa velocità, ovvero velocità inferiore a 750 min-1, vengono ali-
mentati con una frequenza fissa inferiore a 50 Hz, sia con polarità superiori ad
8 poli alimentati a 50 Hz.
Le velocità basse più usate sono quelle a 600 min-1 (motori a 10 poli), 500 min-1
(motori a 12 poli) e 375 min-1 (motori a 16 poli).

MOTORE MULTIVELOCITÀ FISSA 12e.2


Vi sono motori che funzionano a 2 o 3 velocità fisse.
Possono essere ottenute con motori multivelocità con commutazione dei poli.
Vi sono motori ad un solo avvolgimento e sono caratterizzati dal collega-
mento Dahlander: rapporto 1:2 della velocità o PAM (rapporto qualsiasi).
Di solito questi motori sono concepiti per un avviamento diretto sulla rete e sono
monotensione.
I rapporti più correnti sono: 3.000 / 1.500 min-1 (2 o 4 poli)
1.500 / 750 min-1 (4 o 8 poli)

Vi sono poi i motori ad avvolgimenti separati, con due avvolgimenti distinti


Secondo il collegamento degli avvolgimenti alla morsettiera, il modo di avvia-
mento sulla rete può essere diverso:
2 x 3 morsetti: avviamento diretto sulla rete.
2 x 6 morsetti: avviamento stella / triangolo possibile.
Nel primo caso questi motori sono monotensione, nel secondo possono essere
sia monotensione che bitensione con avviamento stella/triangolo.
Le velocità più frequenti sono: 3.000 – 750 min-1 (2 / 8 poli)
500 – 1.000 min-1 (4 / 6 poli)

167
Sommario

12f LA POTENZA - FORMULE UTILI

Potenza ai morsetti La potenza assorbita dai motori elettrici trifase (o potenza ai morsetti) è data
dalla relazione:
Pm = √3 · V · I · cos ϕ

dove: P è la potenza in watt (W),


V è la tensione espressa in volt (V),
I è la corrente espressa in ampere (A),
ϕ è l’angolo di fase, ossia l’angolo che esiste fra la corrente e la tensione,
cos ϕ è il fattore di potenza.

Si definisce anche: Potenza attiva: Pat = V · I · cos ϕ in W


Potenza reattiva: Preat = V · I · sen ϕ in VAr
Potenza apparente: Papp = V·I in VA

Potenza all’albero Detto della potenza ai morsetti (quella che effettivamente il cliente paga), par-
liamo ora della potenza all’albero o potenza di targa.
Tale potenza è quella che il motore può erogare, la potenza che un utilizzatore può
sfruttare per far funzionare una macchina operatrice (pompa, compressore, ecc.).
La potenza all’albero è la potenza ai morsetti moltiplicata per il rendimen-
to del motore (η).
Pm = √3 · V · I · cos ϕ · η

ovvero: P a = Pm · η

I rendimenti dei motori dipendono da tanti fattori e comunque sono normal-


mente più bassi nei motori di taglia piccola.
Per un motore A da 11 kW può variare da 0,75 (ad 1/4 del carico) a 0,87 (a 4/4
del carico).
Per un motore B da 160 kW può variare da 0,87 a 0,96 a seconda del carico.
tab. 12.10 Motore A Motore B
Confronto tra due motori
con potenze diverse Potenza kW 11 160
cos ϕ --- 0,85 0,87
η % 88,0 96,0
Voltaggio V 400 400
Amperaggio A 21,23 276,5

Dala tab. 12.10 si può ricavare che la differenza fra la potenza ai morsetti e quel-
la all’albero è funzione del rendimento ed è in percentuale molto più piccola nei
motori grandi
Motore A da 11 kW
Potenza ai morsetti: Pm = √3 · 400 · 21,23 · 0,85 /1000 = 12,50 kW
Potenza all’albero: Pa = Pm · 0,88 = 11,00 kW

Motore B da 160 kW
Potenza ai morsetti: Pm = √3 · 400 · 276,5 · 0,87 /1000 = 166,66 kW
Potenza all’albero: Pa = Pm · 0,96 = 160,00 kW

168
Sommario

Nel caso poi si avessero dei carichi molto ridotti, come avviene quando i com- Carichi ridotti
pressori girano a vuoto (potenza circa 25% di quella a pieno carico) oppure si
impiegassero per le prove motori di taglia superiore a quella assorbita dal com-
pressore (esempio un motore da 30 kW per provare una macchina da 11 kW)
bisogna anche considerare che:
• la potenza all’albero è influenzata da un rendimento basso;
• la corrente assume valori sì più bassi, ma non proporzionali alla potenza.
Questa seconda affermazione è importante dato che alcuni tecnici misurano la
corrente per avere un’idea del carico, cosa che ha un significato solo in prossi-
mità del pieno carico.
Si veda meglio, in tab. 12.11, quanto sopra espresso facendo uso dei dati di un
motore da 30 kW, alimentato a 400 V.

cos ϕ
tab. 12.11
Carico Palbero Pmorsetti A η (%) Valori tipici
1/4 7,45 9,30 26,85 0,50 80,1 di un motore da 30 kW

1/2 15,10 16,91 32,54 0,75 89,3


3/4 22,40 24,67 42,39 0,84 90,8
4/4 30,00 33,15 55,00 0,87 90,5
5/4 37,40 42,02 68,92 0,88 89,0

Ad 1/4 del carico la potenza ai morsetti è di 9,30 kW, mentre quella all'albero è
7,45 kW (ciò deriva da 9,30 x 0,801), vale a dire circa il 24,8 % della potenza
a pieno carico.
L’amperaggio al motore, a pieno carico, è di 55 A e ad 1/4 del carico è di 26,85
A, cioè ridotto solo al 48,8 %.
Il valore della corrente assorbita da un motore è inversamente proporzio-
nale alla tensione ed al cos ϕ e pertanto non è corretto farne uso per valu-
tare la potenza, perché normalmente al 25% del carico la corrente è circa il
50% di quella nominale a pieno carico, dato il valore molto basso del fat-
tore di potenza (cos ϕ).

TABELLA RIASSUNTIVA DELLE FORMULE DI BASE

Corrente Corrente Alternata


Incognita Unità
Continua Monofase Trifase

Corrente A

Potenza kW

Potenza
all’albero kW

I = corrente, in ampere (A)


V = voltaggio, in volt (V) cos ϕ = fattore di potenza
η = efficienza del motore P = potenza, in chilowatt (kW)

169
Sommario

Momento torcente Il momento torcente è dato dalle seguenti formule:

Sistema SI T = 9.549,3 · PkW / N in N·m


Sistema metrico T = 973,1 · PkW / N in kg · m
Sistema anglosassone T = 5.250 · Php / N in lb · ft

essendo PkW la potenza, in kW, ed N il numero dei giri


PkW la potenza, in hp (cavallo - 1kW = 1,341 hp)

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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170
Sommario

13
INFLUENZA DELL’ALTITUDINE
SULLE PRESTAZIONI
GENERALITÀ 13a

Man mano che l’altitudine sul livello del mare aumenta, la densità dell’aria dimi-
nuisce, dato che la pressione diminuisce. Questo fatto fa sì che alcune delle mac-
chine o degli utensili più comuni riducano le prestazioni.
È pertanto molto importante, quando l’altezza sul livello del mare supera i 1.000
m, che venga fornito questo parametro per avere la conferma dal costruttore o
dal suo rappresentante di quale sia l’influenza sulle prestazioni per la differenza
di quota.

INFLUENZA SUI COMPRESSORI 13b

Un compressore che lavora in quota cambia la sua prestazione, rispetto a quel-


la a livello del mare, ed in particolare eroga una portata inferiore e consuma una
potenza inferiore.
Infatti a parità di pressione di mandata, dato che salendo in quota si ha una
diminuzione della pressione di aspirazione (uguale od inferiore alla pressione
barometrica), il compressore è obbligato a lavorare con un rapporto di com-
pressione maggiore e a causa della diminuita densità dell’aria la potenza assor-
bita è inferiore.
Vediamo ora come cambia il rapporto di compressione fra una macchina a livel-
lo del mare ed una in quota a 2.000 m
tab. 13.1
Liv. mare Quota 2000 m
Esempio di rapporto di
Pressione di aspirazione (bar) 1 0,795 compressione in quota

Pressione relativa di mandata (bar) 7 7


Pressione assoluta di mandata (bar) 8 7,795
Rapporto di compressione 8/1 = 8,0 7,795/0,795 = 9,80

Come si vede dalla tab. 13.1, il rapporto di compressione passa da 8,0 a 9,80, il
che fa sì che la macchina dia minor quantità d’aria, tenendo presente le curve
caratteristiche dei compressori (vedere la fig. 13.2).
A causa del suo maggior rapporto di compressione, se la massa volumica dell’a-
ria non diminuisse, il compressore assorbirebbe circa 11% in più; ma la densità
dell’aria diminuisce più del 20% (essa è direttamente proporzionale alla pressio-
ne) e pertanto la macchina assorbirà circa 10% in meno.

171
Sommario

fig. 13.2
Curva caratteristica
dei compressori

Vale la regola generale che per ogni 1.000 metri di quota vi è una riduzione di
1,5 - 2,0% in portata e circa 5 - 6% in potenza, a seconda del tipo di macchina.

13c INFLUENZA SUI MOTORI ELETTRICI

Con l’aumentare dell’altitudine (quota), diminuisce la massa volumica dell'aria,


con il risultato che la massa (volume x massa volumica) è minore e quindi si ha
un minor raffreddamento e quindi una minor potenza disponibile all’albero del
motore. I fattori usuali che tengono conto di ciò sono riportati in tab. 13.3.

tab. 13.3 Altezza (m) 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000


Fattori correttivi della potenza Fattore correttivo 1,00 0,98 0,95 0,91 0,88
per motori elettrici in quota
C’è da notare che la diminuzione della potenza dei motori è inferiore alla dimi-
nuzione di potenza richiesta dal compressore; pertanto non vi è quasi mai il peri-
colo che il motore sia insufficiente per la potenza richiesta dal compressore.
Ad esempio, a 2.000 m il compressore consuma circa il 10% in meno, mentre il
motore elettrico riduce la potenza solo del 5%.
Ricordare inoltre che le prestazione dei motori sono valutate con una tempera-
tura ambiente di 40 °C e che quindi differenze in più od in meno possono far
variare la potenza disponibile all’albero. Per aria a 0°C, la potenza all’albero di
un motore può essere superiore anche del 5%.
È bene comunque, in caso di dubbio, consultare il costruttore.

13d INFLUENZA SUI MOTORI TERMICI

Come detto per i motori elettrici, con la variazione di quota si ha una variazione
di massa volumica dell’aria, che a sua volta comporta una riduzione della massa
di ossigeno disponibile alla combustione nel cilindro.
Tale riduzione è funzione del tipo di motore e tipo di aspirazione. Di solito un
motore sovralimentato soffre meno di un motore aspirato.
Il fattore di riduzione per un motore normale è dato, con buona approssimazio-
ne, dalla formula:
Fattore di riduzione
fr = (Trif / Ta) - x ( pa- pv ) / ( prif – pv )
della potenza all’albero
essendo: fr il fattore di riduzione
prif la pressione di riferimento, in bar
pa la pressione assoluta, in quota, in bar
pv la pressione del vapore, in bar, dell’aria umida
Trif la temperatura assoluta di riferimento, in K
Ta la temperatura assoluta in quota, in K

172
Sommario

Si ricorda che la pressione parziale del vapore si trova moltiplicando l’umidità


relativa per la pressione del vapore saturo.
In generale, salvo guadagni di potenza per temperature più fredde di quella di
riferimento, la perdita di potenza, a causa della quota, è circa 1% per ogni 100
di elevazione.

INFLUENZA DELLA QUOTA SUGLI UTENSILI 13e

Un utensile pneumatico, che funziona ad un determinato numero di giri, è come


un contatore attraverso il quale passa un volume di aria compressa quasi costan-
te, indipendentemente dalla pressione all’immissione dell’utensile.
Il volume di aria richiesta dipenderà soprattutto dalla pressione atmosferica.
Infatti un utensile dà certe prestazioni a livello del mare e via via che si sale in
quota, per avere le stesse prestazioni, bisogna aumentare la portata d’aria: infat-
ti l’utensile ha bisogno di una certa portata massica (volume x massa volumica)
e salendo in quota la densità dell’aria diminuisce, pertanto è necessario aumen-
tare il volume in modo da mantenere costante la portata massica.
Da quanto detto si può dedurre che, volendo usare gli utensili con la stessa effi-
cienza, bisognerà fare una correzione della portata d’aria necessaria, in modo da
sopperire alla diminuzione di pressione atmosferica.
La tab.13.4 sottostante mostra i moltiplicatori da usare per effettuare questo
calcolo ed è valida per una pressione di alimentazione dell’utensile fra 6 e 7 bar.
tab. 13.4
m 500 750 1.000 1.200 1.400 1.600 1.800 2.000
Correzione della portata
K 1,04 1,06 1,09 1,11 1,13 1,15 1,18 1,2 d’aria necessaria
per utensili pneumatici
in funzione dell’altitudine
m 2.250 2.500 2.750 3.000 3.500 4.000 4.500 5.000
K 1,23 1,27 1,30 1,34 1,41 1,49 1,57 1,65

173
Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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174
Sommario

14
L’ANALISI ECONOMICA
GENERALITÀ 14a

Per fare una semplice analisi economica di un nuovo impianto d’aria compressa,
si fa riferimento al modello AC, qui in allegato.
Vengono richiesti alcuni dati generici che contribuiscono alla definizione del dia-
gramma di carico, necessario per effettuare tale analisi.
Punto 1: dati fondamentali del compressore.
Punto 2: dati del motore; in particolare si ponga attenzione al rendimento ed
al fattore di potenza cosϕ nelle due condizioni di funzionamento a
carico e a vuoto.
Punto 3: infine, sotto la voce “impianto”, vi sono le capacità del serbatoio
interposto tra il compressore e la linea ed il tempo totale annuale di
funzionamento espresso in ore.

COSTI DI ACQUISTO - INSTALLAZIONE 14b

Per quanto riguarda i due punti si richiede:


Punto 1: il costo per l’acquisto del singolo compressore.
Punto 2: il costo globale dell’installazione, che è funzione della potenzialità
dell’impianto e della destinazione d’uso; tale valore è generalmente
compreso tra 8 e 10% del costo del compressore.

COSTO DI GESTIONE 14c

Vengono qui indicate le quattro voci principali concorrenti alla determinazione


del costo di gestione annuale del compressore.
1) MATERIALI DI CONSUMO: si indicano le spese che si incontrano per quei
materiali quali filtri, olio, elementi separatori acqua -olio, ecc.
2) MANUTENZIONE: si indicano le ore di fermo per la manutenzione sia ordi-
naria che straordinaria e quindi il loro costo.
Nell’esempio di cui all’allegato, per una certa macchina, si è stimato tale
valore non superiore all’1% del tempo totale di funzionamento.
3) RICAMBI: si indica un costo medio dettato dall’esperienza o stimato. Per
esempio, e nell'ipotesi di buon funzionamento generale, tale valore può variare
dal 5 al 2%, ma talvolta può essere inferiore all’1% del costo del compressore.

175
Sommario

4) ENERGIA: si indicano tre ipotesi di carico realistiche; risulta infatti eviden-


te la non convenienza dell’installazione di un impianto funzionante a meno
del 50% della sua potenzialità.
In generale il costo annuo di gestione si ricava dalla relazione:
(Q.TÀ) · (COSTO UNIT.) · (INTERVALLO SOSTITUZIONE)
COSTO ANNUO =
TEMPO DI FUNZIONAMENTO ANNUALE

14d COSTO ANNUALE TOTALE

Punto 1: COSTO DI GESTIONE ANNUO: si riportano i TOTALI di cui al para-


grafo precedente.
Punto 2: COSTO DI INVESTIMENTO ANNUO: si riporta il valore previsto; si evi-
denzia come questo valore sia molto variabile, in funzione del tipo di
installazione e della destinazione d’uso, del tipo di gestione fiscale e
delle scelte di ammortamento operate, come pure dalla vita utile del-
l’impianto.
In prima approssimazione è però possibile indicare che il costo annuale si aggi-
ra intorno al 10% del costo totale di installazione (compressore + impianto
installazione).
Punto 3: PORTATA ANNUALE: si riporta il volume (m 3 ) di aria che si pensa di
produrre, in funzione della portata del compressore e delle ore di fun-
zionamento previste.
Punto 4: COSTO UNITARIO DELL’ARIA COMPRESSA al m3: è il risultato di
questa semplificata analisi e fornisce l’indicazione della convenienza
economica dell’impianto in funzione del suo grado di impiego.
Si ottiene dividendo il costo totale per la portata annuale.

Modello AC Di seguito è riportato il modello AC sopra citato ed un esempio dello stesso com-
pilato con dati ipotetici.

Note: ………………………………………………………………………………………………………

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176
Sommario

Modello AC - ANALISI DEI COSTI IMPIANTO Nr.

A ELEMENTI DELL’IMPIANTO
1) COMPRESSORE Tipo ………………………………………………………………………
Portata (m 3 / min) …………… Pressione (bar r.) ……………
Potenza a carico (kW) …………… Potenza a vuoto (kW) ……………

2) MOTORE Tipo …………… Potenza nominale (kW) ……………


A carico 100% η …………… cos ϕ ……………
A carico 75% η …………… cos ϕ ……………
A carico 50% η …………… cos ϕ ……………
A vuoto η …………… cos ϕ ……………

3) IMPIANTO Capacità del serbatoio litri ……………


Ore di funzionamento annuali ore ……………

B COSTI DI ACQUISTO - INSTALLAZIONE


1) GRUPPO COMPRESSORE ……………………………

1) IMPIANTO ed INSTALLAZIONE ……………………………

INTERVALLO
C COSTO DI GESTIONE Q.TÀ
SOSTITUZIONE (h)
COSTO UNITARIO COSTO ANNUO

1. MATERIALE DI CONSUMO
Olio (kg)
Filtro olio
Filtro aspirazione
Elementi separatori
2. MANUTENZIONE
% ore di funzionamento
3. RICAMBI
% costo del compressore
4. ENERGIA
Carico = 100 % (kWh)
= 75 %
= 50 %

CARICO
D COSTO ANNUO e COSTO/m 3 100 % 75 % 50 %
1. COSTO DI GESTIONE ANNUO
2. COSTO DI INVESTIMENTO ANNUO
TOTALE
3. PORTATA ANNUALE ( m3 )
4. COSTO DELL’ARIA COMPRESSA ( Lit / m 3 )

177
Sommario

Modello AC - ANALISI DEI COSTI IMPIANTO Nr. 0001

A ELEMENTI DELL’IMPIANTO
1) COMPRESSORE Tipo Tipo Impianto di esempio
Portata (m 3 / min) 7,00 Pressione relativa (bar ) 7
Potenza a carico (kW) 44 Potenza a vuoto (kW) 10

2) MOTORE Tipo Tipo Motore di esempio Potenza nominale (kW) 45


A carico 100% η 0,92 cos ϕ 0,89
A carico 75% η 0,92 cos ϕ 0,83
A carico 50% η 0,90 cos ϕ 0,75
A vuoto η 0,86 cos ϕ 0,55

3) IMPIANTO Capacità del serbatoio litri 3.000


Ore di funzionamento annuali ore 4.000

B COSTI DI ACQUISTO - INSTALLAZIONE


1) GRUPPO COMPRESSORE 18.700.000

2) IMPIANTO ed INSTALLAZIONE 2.300.000

INTERVALLO
C COSTO DI GESTIONE Q.TÀ
SOSTITUZIONE (h)
COSTO UNITARIO COSTO ANNUO

1. MATERIALE DI CONSUMO
Olio (kg) 20 5.000 18.000 360.000
Filtro olio --- --- --- ---
Filtro aspirazione 1 2.000 30.000 60.000
Elementi separatori 10 8.000 90.000 450.000
2. MANUTENZIONE
% ore di funzionamento 1 60.000 2.400.000
3. RICAMBI
% costo del compressore 2 --- 370.000
4. ENERGIA
Carico = 100 % (kWh) 191.300 200 38.240.000
= 75 % 143.475 200 28.695.000
= 50 % 97.775 200 19.555.000

CARICO
D COSTO ANNUO e COSTO/m 3 100 % 75 % 50 %
1. COSTO DI GESTIONE ANNUO (B2+C) 44.180.000 34.635.000 25.495.000
2. COSTO DI INVESTIMENTO ANNUO 1.870.000 1.870.000 1.870.000
TOTALE 46.050.000 36.505.000 27.365.000
3
3. PORTATA ANNUALE (m ) 1.680.000 1.260.000 840.000
3
4. COSTO DELL’ARIA COMPRESSA ( Lit / m ) 27,4 29,0 32,6

178
Sommario

15
TRASFORMAZIONI
TERMODINAMICHE
GENERALITÀ 15a

Vi sono 5 trasformazioni teoriche dell’aria illustrate dalle figure che seguono,


delle quali tuttavia solo due sono veramente degne di considerazione, dato che
rappresentano dei cicli pratici.
Esse sono la trasformazione isotermica e la trasformazione isentropica.
La trasformazione politropica, che normalmente è usata per la valutazione della
prestazione, è una trasformazione a mezza strada fra la isoterma e la isentropica.
Essa tiene conto del fatto che nessuna trasformazione pratica di fatto avviene a
temperatura costante né tanto meno senza scambio di calore con l’esterno.

ISOBARA 15b

Questa trasformazione ha luogo a


pressione costante.
p
Per espandere il gas dallo stato 1 allo
stato 2, si deve rimuovere il calore. p1 = p 2
1 2
La variazione di temperatura è pro-
porzionale al rapporto dei volumi:
T2 - T1 = T1 · ( V 2 / V 1 - 1)
La quantità di calore da rimuovere, fig. 15.1
espressa in J, è: Trasformaziona isobara
nel piano p -v
q12 = c p · m · ( T1 - T 2 ) v1 v2 v

essendo: c p la capacità termica massica a pressione costante, in J / ( kg K )


m la massa, in kg
T la temperatura assoluta, in K.

ISOCORA 15c

Questo processo si effettua a volume costante.


Per innalzare la pressione dal punto 1 al punto 2, si deve aggiungere calore.
La variazione di temperatura è proporzionale al rapporto di compressione.
T2 - T 1 = T 1 · ( p 2 / p 1 - 1)

179
Sommario

p La quantità di calore da aggiungere,


fig. 15.2 espressa in J, è:
p1 2
Trasformaziona isocora
nel piano p-v
q 12 = c v · m · ( T 2 - T 1 )

essendo: c v la capacità termica mas-


sica a volume costante,
p2 1 in J / ( kg K )
m la massa, in kg;
T la temperatura assoluta,
in K.
v1 = v 2 v

15d ISOTERMICA

p2 2
Isotermica Questo processo ha luogo a tempera-
tura costante. Per comprimere il gas
Adiabatica dalla condizione 1 alla condizione 2,
si deve rimuovere il calore per tenere
costante la temperatura. La variazio-
fig. 15.3 ne di pressione è inversamente pro-
Trasformaziona adiabatica p1 1 porzionale al rapporto dei volumi.
e isotermica nel piano p-v
v2 v1 v

p 2 - p 1 = p 1 · ( V 1 / V 2 - 1)
La quantità di calore da asportare è uguale al lavoro di compressione:
q 12 = p 1 · V 1 · ln ( V 1 / V 2 ) · 105 in joule, oppure:
5
q12 = m · R · T1 · ln ( p 2 / p 1 ) ·10 in joule.
essendo: p la pressione assoluta, in bar
V il volume, in m 3
m la massa, in kg
R la costante del gas, in J / ( kg K )
Ricordare che ln A = 2,303 log A

15e ISENTROPICA (ADIABATICA)

Questo processo avviene senza alcun scambio di calore con l’esterno. Esso segue
la legge di Poisson.
p 2 / p1 = ( V 1 / V 2 ) k ovvero:
( k -1 ) / k
p 2 / p 1 = ( T2 / T 1 )

15f POLITROPICA

Mentre la trasformazione isotermica è basata sullo scambio completo di calore


con l’esterno, la trasformazione isentropica si basa sul fatto che non vi è alcun
scambio di calore con l’esterno.
In realtà tutti i processi rappresentano una condizione intermedia. Questo pro-
cesso viene denominato trasformazione politropica e segue questa legge:

180
Sommario

p ·V n = costante
Dando ad n i valori adatti, l’equazione assume un valore generale per tutte le
altre quattro trasformazioni viste in precedenza.
n=0 trasformazione isobara
n=1 trasformazione isoterma
n=k trasformazione adiabatica
n=∞ trasformazione isocora

LAVORO NECESSARIO PER LA COMPRESSIONE 15g

Il diagramma(1) a lato illustra cosa


avviene quando un pistone si muove p
in un cilindro di un compressore, con
relative valvole. p2 3 2
Dal diagramma p-v si può vedere che,
quando il pistone si muove verso dp
destra, l’aria viene aspirata alla pres-
sione p1 fino a quando il pistone rag-
giunge il fine corsa (tratto 4-1).
dv
Quando il pistone inizia la scorsa di
ritorno, la valvola di aspirazione si p1 4 1 fig. 15.4
chiude e l’aria intrappolata nel cilin- Diagramma teorico di
dro viene compressa fino alla pressio- un ciclo di compressione,
v2 v1 v nel piano p-v
ne p2 (tratto 1-2).

Aprendosi la valvola di scarico, l’aria viene scaricata a pressione costante fino a


quando il pistone raggiunge il volume nullo (tratto 2-3).
Possiamo calcolare le quantità di lavoro necessario:
• il lavoro di spostamento per l’aspirazione del gas:
W 4 -1 = p 1 · V 1

• il lavoro di compressione dato al gas:


2
W 1-2 = ∫p · V
1

• il lavoro richiesto per scaricare l’aria alla pressione di mandata


W 2 -3 = - p 2 · V2

• il lavoro per la variazione di pressione dal punto 3 a 4


W3 - 4 = 0

la somma di queste quattro fasi di lavoro ci dà il lavoro necessario per la com-


pressione:
2
W = p 1 X V1 - p 2 X V2 + p
∫1 X V

Questo lavoro è uguale all’area 1-2-3-4 e può essere espresso con l’integrale di dp:

(1) - Diagramma rappresentante un ciclo teorico di compressione, in assenza di perdite meccaniche


e spazi morti

181
Sommario

2
Lavoro di compressione W=
1
∫ V X dp

L’ammontare del lavoro dipende principalmente dalla linea di compressione 1-2.


Per la compressione isotermica si ha:
Lavoro di compressione
W = - m · R · T · ln ( p 2 – p1 )
isotermica
sostituendo il logaritmo naturale con quello di Briggs (o decimale), si ha:
W = - 2,303 · m · R · T · log ( p 2 – p 1 ) ovvero:

W = - 2,303 · m · p1 ·V · log ( p 2 – p 1 )

Per la compressione politropica si ha che il lavoro é dato da :

Lavoro di compressione
politropica

La temperatura di scarico è:
Temperatura di mandata,
con rapporto di
compressione p2 /p1
Se sostituiamo n nelle sopra citate equazioni con l’esponente adiabatico, otte-
niamo il lavoro speso per la compressione adiabatica e allo stesso modo la tem-
peratura di scarico.

15h ESEMPI

Esempio 1 Dell’aria compressa si espande adiabaticamente dalla pressione effettiva di


6 bar alla pressione atmosferica di 1,013 bar.
La temperatura iniziale è 27 °C. Calcolare il lavoro di 1 kg di aria e la tem-
peratura finale.

p 1 · v 1 = R · T 1 = 287,1 · ( 273,15 + 27 )
p 1 · v1 = R · T 1 = 86.130 J / kg = 86,13 k J / kg
essendo: T1 la temperatura assoluta ( 273,15 + t 1)
R la costante del gas = 287,1 J / ( kg K ) ( 2 )
Il rapporto di compressione è:
p 2 / p 1 = 1,013 / ( 6 + 1,013) = 1/ 6,923

da cui il lavoro, espresso in k J / kg, è:


W = p 1 · v 1 / ( k -1) · [ 1- ( p 2 / p 1 ) ( k-1) / k]
W = ( 86,13 / 0,4 ) · [ 1- ( 1/ 6,923) 0,286 ] = 91,51 J / kg
essendo: k = c p / c v = 1,4 il rapporto fra le capacità termiche massi-
che dell’aria.
La temperatura finale è funzione del rapporto di compressione:
T2 = T 1 · ( p 2 / p 1 ) ( k - 1 ) / k
T 2 = 300,15 ( 1/ 6,923 ) 0, 286 = 172,5 K

(2) - La costante R si ottiene dividendo la costante R= 8314 J / (kmol K) per la massa molecolare del
gas che per l’aria vale 28,96 kg/kmol

182
Sommario

Calcolare il lavoro teorico di 1 kg di aria in un cilindro di un compressore nei Esempio 2


tre casi di compressione isotermica, adiabatica e politropica (n=1,3).
La temperatura di aspirazione è 20 °C, la pressione p1=1,013 bar e la pres-
sione di mandata 7 bar.

a) compressione isotermica
Il rapporto di compressione è: ( 7+ 1,013 ) / 1,013 = 7,91
Il lavoro è dato dalla relazione:
W = R · T 1 · ln ( p 2 / p 1 ) = 2,302 · R · T1 · log ( p 2 / p 1 )
W = 2,302 · 287,1 · 293 · log 7,91
W = 173.927 J / kg = 173,9 k J / kg

b) compressione adiabatica
Il lavoro è dato dalla relazione:
W = k / ( k -1) ·R · T 1 · [ ( p 2 / p 1 ) ( k - 1 ) / k -1]
essendo: ( p 2 / p 1 ) = 7,91
k = 1,4
k / ( k -1) = 3,5
( k - 1) / k = 0,286
si ha:
W = 3,5 · 287,1 · 293 · [ 7,910,286 - 1] = 237.500 J / kg = 237,5 k J / kg
La temperatura finale è
T2 = T1 · ( p 2 / p 1 ) ·( k - 1 ) / k
T2 = 293 · 7,910,286 = 529,3 K

c) compressione politropica
Il lavoro è dato dalla relazione:
W = [n / ( n -1)] · R · T1 · [ ( p 2 / p 1 ) ( n -1) / n -1]
essendo: ( p 2 / p 1 ) = 7,91
n = 1,3
n / ( n -1) = 4,33
( n -1) / n = 0,231
si ha:
W = 4,33 · 287,1 · 293 · [ 7,910,231 - 1] = 192.225 J / kg
W = 192,2 k J / kg
La temperatura finale è:
T2 = T1 · ( p 2 / p 1 ) ( n -1) / n = 293 · 7,91 0,231 = 472,4 K

183
Sommario

15i POTENZA SPESA PER UNA TRASFORMAZIONE

15i.1 TRASFORMAZIONE ISOTERMICA


Conoscendo il lavoro, per ogni kg di aria, dalle formule viste nei capitoli prece-
denti (§15g), si può determinare la potenza necessaria per comprimere una
massa d’aria che il compressore produce nell’unità di tempo.
P = W · qm
essendo: P la potenza, in J / s ovvero W
W il lavoro unitario, in J / kg
qm la massa, in kg / s

Se la portata è espressa in volume in m3/ s, riferita ad una pressione di 1,01325


bar, la potenza viene espressa dalla seguente formula:
(3)
P = 233,31 · q v · log ( p 2 / p 1 )

Se invece la portata è espressa in m 3/ min, l’espressione diviene:


P = 3,8885 · q v · log ( p 2 / p 1 )

Ovviamente queste formule sono valide per la pressione barometrica p di


1,01325 bar; nel caso che essa fosse diversa, bisognerà moltiplicare il risultato
della formula per p / 1,01325.

15i.2 TRASFORMAZIONE ADIABATICA


La formula in unità SI della potenza P, con la portata espressa in kg/ s, è:

P = k/(k-1) · R ·T1 · [(p2 / p1) (k-1)/k -1] · qm


P = 3,5 · 287,1 · T1 · qm· [(p2 / p1) 0,286 -1]
P = 1.004,85 · T1 · qm · [(p2 / p1) 0,286 -1] ( in W o J/s )

Se la portata fosse espressa in m3/ s e la pressione fosse uguale a 1,01325 bar,


esprimendo la potenza in kW o kJ/s l’equazione diventerebbe:
P = 354,64 · qv · [(p2/p1)0,286 -1] (in kW o k J/ s) (4 )

( 3) - La formula di unità SI è:
P = p· v ·In (p2 / p1 ) = 2,30259 · p · v · log (p 2 / p1 )
P = 2,30259 ·101.325 ·q v · log ( p 2 / p1 )
essendo q v la portata volumica in m3/s e p la pressione barometrica espressa in Pa o N /m 2, da
cui si ottiene:
P=233.309,93 · q v · log (p2 /p1 ) N /m 2·m 3/s =Nm / s = watt oppure
P = 233,31 · q v · log ( p 2 / p1 ) kW

( 4) - P= k / ( k -1 ) · p ·q v · [ ( p2 /p1 ) ( k -1 ) / k -1 ]
ovvero con una pressione atmosferica p = 1,01325 bar = 101.325 Pa, k=1,4 e P in J /s o W:
P= 3,5·101.325 · q v· [ ( p2 / p 1 ) 0,286 -1 ]
P= 35 4.637 · q v · [(p 2 /p 1 ) 0,286 -1 ] per qv in m 3 / s
P= 5.910,6 · q v · [(p 2 / p1 ) 0,286 -1 ] per qv in m 3 / min
Per avere P espresso k W o k J / s, basterà dividere le costanti per 1.000, ovvero:
P = 354,64 · q v · [(p 2 / p1 ) 0,286 -1 ] per q v in m 3 / s
P = 5,9106 · q v · [(p 2 / p1 ) 0,286 -1 ] per q v in m 3 / min

184
Sommario

TRASFORMAZIONE POLITROPICA 15i.3


La formula è analoga a quella della trasformazione adiabatica, ma il rapporto n
è solitamente diverso dal valore di 1,4.
P = [n / ( n -1 )] · R · T 1 · [ ( p 2 / p 1 ) ( n - 1 ) / n - 1] · q m ( watt )

Se si esprime la portata in m3/s e la pressione è di 1,01325, si ha:


P = 101.325 · [ n / (n - 1 )] · q v · [(p 2 / p 1 ) ( n - 1 ) / n -1] ( watt )
P = 101,325 · [n / ( n - 1)] · q v · [(p 2 / p 1 ) ( n -1 ) / n -1] ( kW )

Nel caso fosse nota la temperatura di mandata, oltre che la temperatura di aspi-
razione, nonché il rapporto di compressione, si può determinare il valore di n e
quindi determinare la potenza politropica. (Per il calcolo vedere es. al § 15i.4).

ESEMPIO 15i.4

Calcolare la potenza teorica necessaria per una trasformazione isotermica, Esempio


adiabatica e politropica, quando si abbia una portata volumica di 15
m 3/ min, la pressione di 1000 mbar, la temperatura di 24 °C ed il rapporto
di compressione uguale ad 8.

Dalle tabelle o grafici opportuni, si desume che la massa volumica dell’aria


secca è pari a 1,172 kg / m 3.
La portata massica è quindi :
q m = 15 · 1,173 = 17,595 kg / min = 0,2933 kg / s

a) Trasformazione isotermica
Ricordando che:
P = W · q m = 2,30259 · R · T · log ( p 2 / p 1 ) · q m
P = 2,30259 · 287,1 · 297 · log 8 · 0,2933 = 52.005 J / s
P = 52,00 kJ/s = 52,00 kW

Usando la formula che fa uso della portata volumica e correggendo la for-


mula per la pressione, si ha:
P = 3,8885 · 15 · log 8 · 1/ 1,01325 = 51,99 kW

che è uguale al valore precedentemente trovato.

b) Trasformazione adiabatica
Ricordando che: P = k / ( k -1 ) · R · T1 · [ ( p 2 / p 1 ) ( k - 1) / k -1] · q m
ovvero: P = 1004,85 · T 1 · q m · [ ( p 2 / p 1 ) 0, 286 -1] ( in W o J / s)
Riprendendo i dati enunciati nel problema da risolvere, si ottiene:
P = 1.004,85 · 297 · 0,2933 · 0,8125 = 71.122,3 J / s
P = 71,1 k W
Usando invece la formula in funzione di q v e correggendo per la pressione:
P = 354,64 · q v · [ ( p 2 / p 1 ) 0, 286 -1] ( watt ) ( 5)

P = 354,64 · (15 / 60) · 0,8125 · 1 / 1,01325 = 71,1 k W

185
Sommario

c) Trasformazione politropica
Sempre facendo uso dei dati del problema trattato in questo capitolo, se la
temperatura di mandata T2 fosse di 220 °C, si può procedere, per il calcolo
di n, come segue:

T2 = T1 · ( p 2 / p 1 ) ( n - 1 ) / n ovvero T 2 / T1 = ( p 2 / p 1 ) ( n - 1 ) /n

che usando la forma logaritmica, diventa:


T2 / T1 = [( n -1) / n] · log ( p 2 / p 1 )

da cui, chiamando x il rapporto (n -1) / n, si ha:


log ( T 2 / T1 ) = x · log ( p 2 / p 1 )
x = log ( T2 / T 1 ) / log ( p 2 / p 1 )
ed essendo: T 1 = 24 + 273 = 297 K
T 2 = 220 + 273 = 493 K
x = log (493 / 2 97 ) / log 8 = 0,2437
da cui : n = 1 / (1 - x )
e quindi: n = 1 / ( 1 - 0,2437 ) = 1 / 0,7563 = 1,3222
da cui: ( n - 1) / n = 0,2437
n / ( n - 1) = 4,1037
Avendo ora trovato il valore di n si può calcolare la potenza politropica.
• Per q v espresso in m 3/ s, essendo 15 m 3/ min 0,=2437
0,25 m 3/ s:
P = 101.325 · 1,3222 / (1,3222 - 1) · 0,25 · (8 - 1)
P = 101.325 · 4,1037· 0,25 · (1,6599 - 1)
P = 68.598 J / s
P = 68,6 kW
• Per qv espresso in m3/min:
P = 101.325/60 · 1,3222 / ( 1,3222 - 1) · 15 · ( 8 0, 2437 - 1)
P = 1.688,75 · 4,1037 · 15 · ( 1,6599 - 1)
P = 68.598 J / s
P = 68,6 kW
Ricordiamo che i risultati vanno sempre corretti per pressione di aspirazione
diversa da 1,01325, per cui la potenza calcolata, in questo caso, per pres-
sione di 1 bar, sarebbe inferiore e cioè:
P = 68,6 ·1/1,01325 = 67,70 kW
Se si usasse la formula in funzione di R e T, analogamente a quanto visto per
la trasformazione adiabatica, sostituendo cioè n al posto di k si avrebbe:
P = [n / ( n -1 )] · R · T 1 · [ ( p 2 / p 1 ) ( n -1 ) / n -1] · q m
che, essendo la portata massica q m = 0,2933 kg / s, diventa:
P = 4,1037· 287,1 · 297 · 0,2933 · 0,6599
P = 67,72 k J / s ovvero k W

186
Sommario

RENDIMENTO 15l

Essendo il rendimento di una macchina il rapporto fra la potenza teorica richie-


sta per fare un certo rapporto di compressione e la potenza effettivamente
assorbita all’albero, ne consegue che si può calcolare il rendimento:
• isotermico
• adiabatico
• politropico

Se la potenza assorbita all’albero fosse pari a 90 k W, per la macchina di cui all’e-


sempio precedente ( § 15i.4) si avrebbe:

η iso = 52 / 90 = 0,5777 = 57,8%

η ad = 71,1 / 90 = 0,7900 = 79,0%


η pol = 67,7 / 90 = 0,7522 = 75,2%

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187
Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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188
Sommario

16
LA TRASMISSIONE
DEL CALORE
GENERALITÀ 16a

Allorché si abbiano due corpi a differenti temperature, la temperatura del corpo


più caldo diminuisce, mentre la temperatura di quello più freddo aumenta. La
progressiva riduzione della differenza di temperatura deve essere ricondotta a
uno scambio di energia, scambio che persiste finché esiste la differenza di tem-
peratura, ovvero quando si raggiunge l’equilibrio termico. Quando il trasferi-
mento di energia avviene solo a causa di una differenza di temperatura e non
viene fatto nessun lavoro dalla oppure sulla sostanza, esso è trattato da una
scienza che prende il nome di trasmissione del calore. La trasmissione del calo-
re è in sostanza energia che viene trasmessa in conseguenza di una differenza
(gradiente) di temperatura ∆T.
Questo trasferimento di energia viene espresso come quantità di calore q tra-
smessa nell’unità di tempo t; è un flusso di calore e prende il nome di flusso ter-
mico Q = q / t e si misura in W, dal momento che 1 J / s equivale ad 1 W; Q è per-
ciò una potenza termica.
Il trasferimento di energia si realizza in tre modi:
• conduzione: quando il trasferimento di calore, prodotto dal gradiente di
temperatura, avviene in un corpo solido oppure in un fluido in quiete;
• convezione: si tratta invece del trasferimento di calore che avviene tra una
superficie ed un fluido in movimento dotati di temperature diverse;
• irraggiamento: tutte le superfici che si trovano ad una data temperatura
emettono energia sotto forma di onde elettromagnetiche. Perciò, in assenza
di un mezzo situato tra di esse, il calore tra le due superfici, a diversa tempe-
ratura viene trasferito per solo irraggiamento.
Quasi sempre queste forme di trasmissione coesistono.

QUANTITÀ DI CALORE 16b

La quantità di calore, contenuto in un gas liquido, o in un corpo, in genere è:


q = c p · m · ∆T
dove si indica con: q = la quantità di calore, in J
cp = la capacità termica massica a pressione costante, in J / ( kg ·K )
m = la massa del corpo, in kg
∆T = la differenza di temperatura, in K
Nella tab.16.1 sono indicati i valori della capacità termica massica a pressione
costante, relativa ad alcuni elementi fra i più comuni.

189
Sommario

tab. 16.1
MEZZO cp
Capacità termica massica
Aria (a pressione atmosferica) 1.005
Alluminio 920
Rame 390
Olio 1.670 ÷ 2.140
Acciaio 460
Acqua 4.185
Zinco 385

16c CONDUZIONE

La conduzione avviene all’interno dei corpi solidi o di strati sottili di gas e liqui-
di. La quantità di calore trasmessa è data dalla seguente formula:
scambio termico
q = - λ · A · t · ∆T / ∆x
per conduzione
essendo: q = la quantità di calore trasmesso, in J
λ = la conduttività termica, in W/ (m K)
A = l’area perpendicolare al flusso termico, in m 2
t = il tempo, in secondi
∆T = la differenza di temperatura, in K
∆x = la distanza tra i due punti, in m
Di seguito riportiamo (tab.16.2 ), i coefficienti di conduttività termica più comuni.
tab. 16.2
Coefficiente di MEZZO λ
conduttività termica
Aria (a pressione atmosferica) 0,025
Alluminio 140 ÷ 220
Rame 145 ÷ 395
Olio 0,170
Acciaio 29 ÷ 58
Acqua 0,580
Zinco 113

16d CONVEZIONE

La convezione ha luogo nei gas e nei liquidi. La quantità di calore trasmesso è


funzione diretta della velocità del mezzo.
Il calore trasmesso è dato dalla formula:
scambio termico
per convezione q = α · A · t · ( T m - Ts )
essendo: q = la quantità di calore trasferito, in J
α = il coefficiente dello strato limite, in W / ( m2 · K )
A = l’area, in m 2
t = il tempo, in secondi
Tm = la temperatura del mezzo, in K
Ts = la temperatura della superficie, in K
In tale equazione, la scelta del valore di α è di difficile scelta, dato che esso è
funzione della forma geometrica, del liquido e del gas, della velocità e delle pro-
prietà termiche della superficie.
Le convezioni possono essere libere o forzate.

190
Sommario

La convezione libera si ottiene per differenza nella massa volumica, dovuta alla
differente temperatura.
La convezione forzata si ottiene a mezzo pompa o a mezzo di un agitatore.
Per convezione libera di aria α vale 5 ÷ 30
Per convezione forzata di aria α vale 30 ÷ 300
Per convezione forzata di acqua α vale 300 ÷ 11.000

IRRAGGIAMENTO 16e

Per irraggiamento si intende, come detto, la trasmissione di energia calorifica da


un corpo all’altro, mediante propagazione di onde elettromagnetiche.
Il calore trasmesso è dato da:
scambio termico
q = ε · σ · A · T4 · t
per irraggiamento
essendo: q = la quantità di calore, in J
ε = fattore di emissività
σ = la costante di Stefan-Boltzman, in W/ (m 2 · K) = 5,77 · 10-8
A = l’area, in m 2
T = la temperatura, in K
t = il tempo, in secondi
Se due corpi sono a temperatura T1 e T2, la quantità di calore trasmesso per
irraggiamento, vale: scambio termico fra
q = ε · σ · A · ( T 1 4 + T 24 ) · t il corpo 1 e il corpo 2
essendo T1 > T2
Il fattore di emissività ε si trova nella tab. 16.3.
SUPERFICIE ε
Corpo nero assoluto 1,00
Alluminio lucidato 0,05
Lamiera d'acciaio laminata 0,66
Lamiera d'acciaio arrugginita 0,68
Lamiera d'acciaio lucidata 0,24
Ottone lucidato 0,04
tab. 16.3
Vetro 0,93 Fattori di emissività

TRASMISSIONE DI CALORE ATTRAVERSO PARETI 16f

Quando lo scambio termico avviene tra due mezzi separati da una parete, si può
scrivere che:
q = U · A · ∆T · t scambio termico
attraverso pareti
essendo: q = la quantità di calore trasmesso, in J
U = il coefficiente di trasmissione globale, in W/ (m2 K )
A = l’area, in m 2
∆T = la differenza di temperatura, in K
t = il tempo, in secondi
Il coefficiente globale di trasmissione dipende dai coefficienti di trasmissione ai
lati della parete, nonché dalla conduttività termica nella parete, secondo tale
equazione: inverso del
1 / U = 1/ α i + d / λ + 1/ α e coefficiente globale
di trasmissione
essendo: α i = il coefficiente di trasmissione relativi allo strato limite interno al
tubo, in W/ (m2 · K),

191
Sommario

α e = il coefficiente di trasmissione relativi allo strato limite esterno al


tubo, in W/ (m2 · K),
d = lo spessore della parete, in m
λ = la conduttività termica della parete, in W/ (m · K)
Se si avesse uno scambiatore aria -acqua con tubi di rame dello spessore di 1
mm, si potrebbe avere un U uguale a:
1/ U = 1/ 1.300 + 0,001/ 200 + 1/ 130 = 0,008467
U = 118,1 W/ (m 2· K)
essendo: α i = 1.300 W / (m 2 · K)
λ = 200 W / (m · K )
αe = 130 W / (m 2 · K )
d = 0,001 m
L’equazione sopra citata è valida solo per tubazioni pulite a pareti lisce.
Nelle tubazioni degli scambiatori, le tubazioni si presentano, dopo un certo perio-
do con una certa rugosità ed inoltre si presentano con un certo grado di sporco.
L’equazione che tiene conto di ciò diventa allora:
1/ U = 1 / α e + f e + d / λ · ln [d / (d - 2t ) ] + ( f i + 1/ α i ) · [d / (d - 2t )] 2
essendo i coefficienti quelli visti prima, con l’aggiunta di:
f e, f i = rispettivamente i fattori di sporco all’esterno e all'interno del tubo
t = lo spessore del tubo di diametro d, in m
Valori tipici del fattore di sporco sono elencati nella tab. 16.4.
tab. 16.4
FATTORE DI SPORCO f
Fattori di sporco
acqua di mare 0,00010
acqua salmastra 0,00035
acqua di torre, trattata 0,00020
acqua di torre, non trattata 0,00055
acqua di pozzo o città 0,00020
olio lubrificante 0,00020
aria compressa 0,00035

16g SCAMBIATORI DI CALORE

16g.1 SCAMBIATORI SENZA PASSAGGIO DI STATO


Uno scambiatore di calore è tipicamente un componente in cui l’energia viene
trasferita da un fluido ad un altro attraverso una superficie solida. I meccanismi
che governano questo trasferimento d’energia sono soprattutto quelli di conve-
zione e di conduzione.
Esistono sostanzialmente due tipi di scambiatori in cui i fluidi, che corrono all’in-
terno dell’unità, non sono soggetti a un passaggio di stato.
Nello scambiatore a fascio tubiero, utilizzato prevalentemente per liquidi, uno
dei due fluidi scorre all’interno dei tubi, mentre l’altro ne lambisce la superficie
esterna descrivendo un percorso, determinato dalla posizione di diaframmi tra-
sversali i quali, oltre a generare turbolenza, provocano una componente della
velocità del fluido in direzione normale ai tubi (flusso incrociato).
Lo scambiatore compatto è invece principalmente usato per il trasferimento di
calore fra due gas oppure fra un gas ed un liquido.

192
Sommario

Esso è costituito da una serie di tubi ai quali sono uniti trasversalmente o una
serie di lamierini che costituiscono un pacco, oppure da un a serie di alette.

tab. 16.5
t t ci
Distribuzione di temperatura
per uno scambiatore di calore
in equicorrente

t cu

∆T1 ∆T ∆T2
t fu

t fi

1 lunghezza di scambio 2

GLI SCAMBIATORI CON PASSAGGIO DI STATO 16g.2


Molte applicazioni hanno come obiettivo il passaggio di stato di uno dei due flui-
di. Lo scambiatore, molto spesso di derivazione dallo scambiatore a fascio tubie-
ro, prende il nome di evaporatore quando si forma vapore e di condensatore
quando invece si condensa una corrente di vapore.

CLASSIFICAZIONE BASATA 16g.3


SULLA CONFIGURAZIONE DEI FLUSSI
In base alla configurazione dei flussi, gli scambiatori sono definiti:
• equicorrente: quando i due flussi scorrono uno parallelo all’altro, nella stes-
sa direzione; sono molto diffusi, ma la loro efficienza è piuttosto bassa (fig. 16.5);
• a correnti incrociate: quando i due flussi formano tra loro un angolo retto;
sono abbastanza efficienti e impiegati data la facilità con cui il fluido può
essere convogliato allo scambiatore (esempio: radiatori per autoveicoli);
• controcorrente a flusso incrociato: quando i due flussi formano tra loro
ancora un angolo retto, ma il flusso nei tubi, inizialmente va in una direzione
e poi con una conversione torna in direzione inversa; quindi lo scambiatore ha
entrata ed uscita del fluido passante nei tubi sulla stessa testata; è molto più
efficiente del precedente;
• fascio tubiero a più passaggi: quando il flusso è obbligato a percorrere lo
scambiatore, cambiando spesso direzione a causa di diaframmi posti all’inter-
no dello scambiatore.

PROGETTO DELLO SCAMBIATORE 16g.4


Per progettare uno scambiatore bisogna correlare la quantità di calore trasmes-
so nell’unità di tempo Q con le temperature di ingresso e di uscita dei due flui-
di e l’area A della superficie totale richiesta per quel dato scambio termico.
Tramite l’equazione di bilancio energetico di sistemi aperti al fluido caldo (pedi-
ce c) e al fluido freddo (pedice f ), caratterizzati dalla portata in massa m c ed m f
si possono ottenere due di queste espressioni.

193
Sommario

L’equazione del bilancio energetico, scritta in termini di flusso termico e tramite


le entalpie in uscita ( pedice 2) e in ingresso ( pedice 1) dei due fluidi è:
Q = m ( h 2 – h 1)
Ricordando che, per un gas perfetto l’entalpia espressa in funzione della tem-
peratura è:
h = cp · T
abbiamo una prima equazione relativa al fluido freddo, ovvero il flusso Q che
entra nel fluido freddo, facendone aumentare la temperatura, è:
Q = m f · c p f · ( t f2 - t f1 ) ( 1)
essendo c p f la capacità termica massica del fluido freddo.
Ma la sottrazione del flusso termico Q, fa diminuire la temperatura del fluido
caldo dal valore di ingresso t c1 al valore di uscita t c 2 e quindi l’equazione per
il flusso caldo è:
Q = m c · c p c · ( t c1 – t c 2 )
essendo c p c la capacità termica massica del fluido caldo.
Noto il gradiente termico, oppure calcolato in base alle equazioni di bilancio
sopra citate, si procede al dimensionamento dell’area A della superficie di scam-
bio, con un’equazione che lega il calore trasmesso nell’unità di tempo Q tra i due
fluidi con l’area A e la differenza media di temperatura ∆Tm dei due fluidi.
Scambio termico fra
due fluidi tramite Q = U · A · ∆Tm
la superficie A
Il legame tra il flusso termico Q ed il prodotto dell’area A per la differenza media
di temperatura è espresso dal coefficiente globale di scambio U, che viene
determinato empiricamente.
Nella tab. 16.6 vengono riportati dei valori indicativi di U, in W/ ( m 2 · K ) per
diverse condizioni di scambio termico molto usuali nelle applicazioni.
Definiamo pertanto il coefficiente globale di scambio come il flusso termico
Q trasmesso, attraverso una parete di area A unitaria, a seguito di una
variazione di temeperatura ∆ T m unitaria:
Coefficiente globale
U = Q / (A · ∆ T m)
di scambio
tab. 16.6
Combinazione di fluidi Valore di U
Valori tipici del coefficiente
globale di scambio Acqua - acqua 850 ÷ 1700
Acqua - olio 110 ÷ 350
Gas - gas 10 ÷ 40
Vapore – olio combustibile denso 56 ÷ 170
Condensatore di vapore (acqua nei tubi) 1000 ÷ 6000
Scambiatore di calore a tubi alettati
25 ÷ 50
(acqua nei tubi, aria in corrente incrociata)
L’espressione ∆Tm è chiamata, in modo corretto, differenza di temperatura
media logaritmica, ed è definita dal rapporto:
Differenza di temperatura
media logaritmica ∆ Tm = ( ∆ T1 - ∆ T 2 ) / ln ( ∆ T1 / ∆ T 2 )

essendo ∆T1 la differenza di temperatura iniziale, t c 1 - t f 1 e ∆T2 la differenza di


temperatura finale del fluido t c 2 - t f 2.

(1) - Trattandosi di differenza di temperature, per il calcolo ∆tm si può indifferentemente esprimere
in gradi Celsius o gradi kelvin

194
Sommario

Vedere la fig. 16.6 per le differenze di temperatura media logaritmica ∆Tm per
uno scambiatore in equicorrente ed in controcorrente

Nel caso di scambiatori a correnti incrociate, occorre introdurre un fattore di


correzione Fc orr per tener conto del fatto che questo flusso si avvicina, ma non è
uguale a quello in controcorrente.
Esempio 1
Si abbia uno scambiatore a tubi concentrici, utilizzato per raffreddare del-
l’olio di un impianto. La portata dell’acqua di raffreddamento, che scorre
all’interno del tubo di diametro d1 = 16 mm, è mf = 0,12 kg/s, mentre la
portata dell’olio, che circola nel tubo esterno di diametro d2 = 30 mm, è di
mc = 0,06 kg/s.
Olio ed acqua di raffreddamento entrano rispettivamente alle temperature
tc1 = 110 °C e tf1 = 30 °C.
Assumendo un coefficiente globale di scambioU = 40 W/(m 2· K), si chiede
la lunghezza del tubo necessaria affinché l’olio esca dallo scambiatore con
una temperatura tc2 = 70 °C.
Si considera come valore della capacità termica massica per l’olio cpc = 2,15
kJ/(kg·K) e per l’acqua cpf = 4,18 kJ/(kg·K).

La lunghezza del tubo deriva dall’equazione già vista, e cioè:


Q = U · A · ∆Tm ovvero Q = U · π · d1· L · ∆Tm da cui:
L = Q / ( U · π · d1· ∆Tm )

Noti d1 e U si calcola Q attraverso il bilancio di flusso di calore scambiato


attraverso la parete e quindi la differenza media di temperatura logaritmica.
Q = m c · c p c · ( t c1 – t c 2 )
Q = 0,06 kg / s · 2150 J / ( kg ·K ) · ( 110 °C – 70 °C ) = 5.160 W (fluido caldo)

mentre per fluido freddo è:


Q = m f · c p f · ( t f 1 – t f 2 ) da cui t f 2 = t f 1 + Q / (m f · c p f )
t f 2 = 30 °C + 5.160 W / (0,12 kg / s · 4180 J / ( kg · K ) ) = 40,3 °C

La differenza media di temperatura è:


∆Tm = [ ( 110 – 40,3 ) – ( 70 – 30 )] / ln [ (110 - 40,3) / ( 70 – 30)] =
= ( 69,7 – 40) / ln (69,7 /40 ) = 53,5 °C = 53,5 K
L = 5.160 W / [40 W / ( m 2 · K ) · π · 0,016 m · 53,5 K = 47,96 m ≈ 48 m
Per trovare la differenza media di temperatura logaritmica si può far uso di
nomogrammi, come quelli in fig. 16.7 e 16.8.
La ∆Tm in inglese viene chiamata LMTD (Log Mean Temperature
Difference), mentre le varie differenze di temperatura sono chiamate GTTD
ed LTTD ( 2)

Secondo l’esempio visto prima si ha, facendo uso dei nomogrammi, con i valori:
GTTD (o ∆T1 ) = 69,7 e LTTD (o ∆T 2 ) = 40
risulta che il valore letto è fra 53 e 54.

( 2) - GTTD = greatest terminal temperature Difference = differenza delle temperature finali più alte
LTTD = Least Terminal Temperature Differenze = differenza delle temperature finali più basse

195
Sommario

Esempio 2
Uno scambiatore di calore deve portare 500 l / s di aria da 140 °C a 25 °C.
La portata dell’acqua di raffreddamento è 0,9 kg / s e la sua temperatura
è di 10 °C.
Se il coefficiente globale di scambio termico è U = 118 W/ (m 2·K ), qual è
la superficie A di scambio necessaria, trascurando la condensazione ?

La massa volumica dell’aria è data da:


ρ = 105 / ( 287,1 · 298,15 ) = 1,1682 kg / m 2
La portata massica dell’aria è:
500 · 1,1682 / 1.000 = 0,584 kg / s
La capacità termica massica dell’aria è:
1.005 J / ( kg · K )
La capacità termica massica dell’acqua è:
4.185 J / ( kg · K )
La quantità di calore delle scambiatore, lato aria, è:
q a = 0,584 · 1.005 · ( 140 - 25 ) = 67.496 W
Per l’equilibrio tale carico deve essere uguale a quello ceduto all’acqua.
q a = q w = 0,9 · 4.185 · ( t 2 w - 10 ) = 67.496
t 2 w = 67.496 / ( 0,9 · 4.185 ) + 10 = 27,9 °C
∆T1 = GTTD = t 1a - t 2 w= 140 - 27,9 = 112,1
∆T 2 = LTTD = t 2a – t 1w = 25 - 10 = 15
∆T m = (112,1 - 15 ) / ln (112,1 / 15 ) = 97,1 / 2,01 = 48,3

Pertanto: q = U · A · ∆ Tm

da cui : A = q / ( U · ∆T m )
A = 67.496 / ( 118 · 48,3 )

La superficie cercata è pertanto: A = 11,85 m 2

fig. 16.6 Tcu


Differenza di temperatura T Tci
media logaritmica ∆Tm tra
fluido più caldo «c» Tcu
e fluido più freddo «f»
per i tipi principali
∆T1 ∆T2
di scambiatori di calore.
Tfu
Tfi
fig. 16.6 A Tci 1 2
Scambiatore in equicorrente lunghezza di scambio

Tcu Tci
T
∆T1 Tcu

Tfu ∆T2

Tfi
fig. 16.6 B Tci 1 2
Scambiatore in controcorrente lunghezza di scambio

196
Sommario

fig. 16.7
NOMOGRAMMA PER LA DETERMINAZIONE
DELLA DIFFERENZA DI TEMPERATURA MEDIA LOGARITMICA

∆t1 = prima differenza


di temperatura
∆t2 = seconda differenza
di temperatura
Nota: non usare quando
LMTD = differenza di temperatura una delle differenze
media logaritmica è 30 volte l’altra

197
Sommario

fig. 16.8
NOMOGRAMMA PER LA DETERMINAZIONE
DELLA DIFFERENZA DI TEMPERATURA MEDIA LOGARITMICA

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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198
Sommario

17
UMIDITÀ - CONDENSA
MASSA VOLUMICA
GENERALITÀ 17a

Nel 6° capitolo è stata definita la relazione che lega la pressione, la temperatu-


ra ed il volume, con l’assunzione che l’aria sia un gas perfetto, che qui ricordia-
mo
Equazione
p · V = w · R ·T
del gas perfetto
essendo: p la pressione, in Pa;
V il volume, in m3;
w la massa, in kg;
R la costante del gas, J / (kg K);
T la temperatura, in K.

Se si esprime la pressione in bar (anziché in Pa) e ci si riferisce all’aria l’espres-


sione diventa:
p ·V = w · R · T · 10 -5

dove la costante R, per l’aria, vale 287,1 J / (kg K).

UMIDITÀ 17b

Si è visto altresì che l’umidità relativa è il rapporto fra la pressione parziale del
vapore d’acqua e la pressione di saturazione, a quella temperatura.
ϕ = pv / pv s
essendo: ϕ la umidità relativa,
pv la pressione parziale del vapore d’acqua,
pv s la pressione del vapore saturo.

Con buona approssimazione, si può anche dire che l’umidità relativa è il rap-
porto fra il contenuto d’acqua effettivo ed il contenuto d’acqua in condizioni di
saturazione:
ϕ = ~ x / xs
Il contenuto d’acqua (umidità assoluta) e la pressione del vapore d’acqua, in con-
dizioni di saturazione, dipende dalla temperatura dell’aria e può ricavarsi dalla
tab. 17.1 seguente.

199
Sommario

tab.17.1 Pressione (bar) e massa volumica (g/m3) del vapore d’acqua


in condizioni sature(1), in funzione della temperatura
Temp. H2O Pr. Sat. Temp. H2O Pr. Sat. Temp. H2O Pr. Sat.
°C g / m3 bar °C g / m3 bar °C g / m3 bar

- 10 2,14 0,00260 25 23,04 0,03166 60 130,2 0,19917


-9 2,33 0,00284 26 24,37 0,03360 61 136,0 0,2086
-8 2,53 0,00310 27 25,76 0,03564 62 142,0 0,2184
-7 2,75 0,00338 28 27,23 0,03779 63 148,2 0,2285
-6 2,99 0,00369 29 28,76 0,04004 64 154,6 0,2391

-5 3,25 0,00402 30 30,37 0,04241 65 161,3 0,2501


-4 3,52 0,00437 31 32,05 0,04491 66 168,1 0,2615
-3 3,82 0,00476 32 33,82 0,04753 67 175,3 0,2733
-2 4,14 0,00517 33 35,66 0,05029 68 182,6 0,2856
-1 4,48 0,00562 34 37,59 0,05318 69 190,3 0,2984

0 4,85 0,006108 35 39,62 0,05622 70 198,2 0,3117


1 5,19 0,006566 36 41,72 0,05940 71 206,4 0,3254
2 5,56 0,007054 37 43,93 0,06274 72 214,8 0,3396
3 5,95 0,007575 38 46,23 0,06624 73 223,6 0,3543
4 6,36 0,008129 39 48,64 0,06991 74 232,6 0,3696

5 6,79 0,008719 40 51,15 0,07375 75 242,0 0,3855


6 7,26 0,009347 41 53,79 0,07777 76 251,6 0,4019
7 7,75 0,010013 42 56,53 0,08198 77 261,5 0,4189
8 8,26 0,010721 43 59,38 0,08639 78 271,8 0,4365
9 8,82 0,011473 44 62,34 0,09101 79 282,5 0,4547

10 9,40 0,012277 45 65,44 0,09584 80 293,4 0,4736


11 10,01 0,013118 46 68,68 0,10086 81 304,7 0,4931
12 10,66 0,014016 47 72,05 0,10614 82 316,4 0,5133
13 11,34 0,014967 48 75,57 0,11163 83 328,4 0,5342
14 12,06 0,015974 49 79,24 0,11736 84 340,8 0,5558

15 12,82 0,017041 50 83,06 0,12335 85 353,6 0,5781


16 13,63 0,018170 51 86,96 0,12960 86 366,7 0,6011
17 14,47 0,019364 52 91,07 0,13612 87 380,4 0,6249
18 15,36 0,02062 53 95,33 0,14292 88 394,3 0,6495
19 16,30 0,02196 54 99,80 0,15001 89 408,7 0,6749

20 17,29 0,02337 55 104,4 0,15740 90 423,5 0,7011


21 18,33 0,02486 56 109,2 0,16510 91 438,8 0,7281
22 19,42 0,02643 57 114,2 0,17312 92 454,5 0,7560
23 20,57 0,02808 58 119,3 0,18146 93 470,8 0,7848
24 21,77 0,02982 59 124,7 0,19014 94 487,3 0,8145
25 23,04 0,03166 60 130,2 0,19917 95 504,5 0,8451
°C g/m3 bar °C g/m3 bar °C g/m3 bar

200
Sommario

CONTENUTO D’ACQUA 17c

Allorché si effettua un raffreddamento dell’aria e si scende sotto il punto di


rugiada (punto nel quale la pressione parziale del vapore è uguale a quella di
saturazione) si avrà la separazione dell’acqua dall’aria (condensa).
Il contenuto d’acqua presente nell’aria umida, avente umidità relativa = ϕ, si
può determinare con la seguente equazione:
Contenuto d’acqua
m w = ϕ · pv s· V · 10 5 / (R w · T )
(massa) nell’aria umida
Mentre la massa dell’aria secca, di volume V è:

m a = ( p - ϕ · p v s ) · V · 10 5 / ( R a · T ) Massa dell’aria secca

essendo: m w, m a rispettivamente la massa dell’aria umida e dell’aria secca,


V il volume o la portata della macchina,
Rw la costante relativa all’acqua = 461,3 J / ( kg k)
Ra la costante relativa all’aria = 287,1 J/ (kg K)

Per un volume unitario, V= 1 m 3, si ha che la massa volumica, ovvero la massa


per unità di volume è:
Massa volumica dell’acqua
ρw = ϕ · p v s · 10 5 / ( 461,3 · T ) nell’aria umida

Determinare il contenuto d’acqua, essendo la temperatura dell’aria 15 °C, e Esempio 1


l’umidità relativa 90 %.
La pressione del vapore saturo p v s è 0,01704 bar e la temperatura assolu-
ta T è 273,15 + 15 = 288,15 K.
La massa d’acqua presente per ogni m3 di aria, come risulta anche dalla
tab. 17.1 precedente e per ϕ = 0,9 è:
ρ w = 0,9 · 0,01704 · 10 5/ ( 461,3 · 288,15) = 0,01153 kg / m 3

MASSA VOLUMICA DELL’ARIA 17d


La massa volumica d’aria secca ( ρ as ), ovvero la massa d’aria secca in un volume
unitario, in un miscuglio di aria e vapore d’acqua, è:
Massa volumica
ρas = ( p - ϕ·p vs ) · 105 / ( 287,1 · T ) dell’aria secca
Da cui si può dedurre che la massa volumica di un miscuglio d’aria è uguale alla
somma della massa volumica dell’aria secca e la massa volumica dell’acqua,
ovvero:
ρ m = ρ as + ρ v Massa volumica di un
miscuglio d’aria

Determinare le caratteristiche dell’aria alla temperatura di 30 °C, pressio- Esempio 2


ne di 1, 25 bar, umidità relativa ϕ = 0,7.

Essendo la pressione del vapore saturo pari a 0,04241 bar, la massa vo-
lumica dell'aria secca è:
ρ a s = (1,25 - 0,7 · 0,04241) · 10 5 / (287,1 · 303,15 )
ρ a s = 1,4021 kg / m 3

(1) - I valori della tab. 17.1 sono stati desunti da «Handbook of Thermodynamic Tables and Charts»
di Kuzman Ra Njevi - McGraw - Hill Book Company.

201
Sommario

La massa volumica del miscuglio è data dalla somma della massa volumi-
ca dell’aria secca e quella dell’acqua; ricavando dalla formula o dalla tabella
la massa volumica del vapore d’acqua saturo ( ρas = 0,03037 kg / m 3 ):
ρ v = 0,7 · 0,03037 = 0,02126
ρ m = ρ as + ρ v = 1,4021 + 0,0213 = 1,4234 kg / m 3

Mentre se l’aria fosse stata secca (ϕ = 0) la sua massa volumica sarebbe:


ρ as = 1,25 ·105 / ( 287,1· 303,15 ) = 1,4346 kg / m 3

Inoltre ricordiamo che la massa volumica di un miscuglio, per la legge di Dalton,


si può calcolare con la seguente formula:
Massa volumica
di un miscuglio usando ρ m = ( p - ( 1- δ ) · p v ) / (R a · T )
la legge di Dalton
formula omogenea, nella quale:
ρm = massa volumica del miscuglio,
p = pressione del miscuglio,
δ = rapporto fra le costanti dell’aria R a e del vapore R v, pari a
0,622, per cui 1- δ = 0,378,
Ra = costante dell’aria,
T = temperatura assoluta, in aspirazione,
pv = ϕ · p v s

Nel caso si usasse il sistema SI e si esprimesse:


ρm = in kg / m 3
p = in bar
Ra = in J / (kg·K) = 287,1
T = in K = (273,15 + t 1)

si avrebbe: ρ m = [10 5 / 287,1] · [ ( p - 0,378 · pv ) / T ]

Esempio 3 Determinare le caratteristiche dell’aria alla temperatura di 30 °C, pressio-


ne di 1,25 bar, umidità relativa ϕ = 0,7.
La pressione del vapore saturo è 0,04241 bar

La massa volumica del miscuglio è data da:


ρm = 105 · (1,25 – 0,378 · 0,7 · 0,04241) / (303,15 · 287,1)
ρm = 1,4233 kg / m3

Un ulteriore modo per trovare la massa volumica dell’aria secca, e quindi la


massa volumica dell’aria umida (miscuglio) è data dalla formula:

ρas = Tn · ρ n · ( p1 - ϕ · p vs ) / T

essendo: Tn = temperatura di 293,15 K ( = 20 °C )


ρ n = massa volumica dell’aria secca alle condizioni nominali tecni-
che (20°C ed 1 bar) ed uguale a 1,1882 kg / m 3
p = pressione, in bar;
ϕ = umidità relativa;
pvs = pressione del vapore saturo
T = temperatura assoluta dell’aria

la massa del miscuglio è data da:


ρm = ρas + ϕ · ρvs = ρas + ρv

202
Sommario

Determinare la massa volumica dell’aria a 30 °C e 70 % di umidità, alla Esempio 4


pressione di 1,25 bar .

ρas = 293,15 · 1,1882 · (1,25 - 0,7 · 0,04241) / 303,15 k g / m 3


ρas = 1,4021 kg / m 3
ρv = 0,7 · 0,03037 = 0,02126 kg / m 3
ρm = ρas + ρv = 1,4021 + 0,0213 = 1,4234 kg / m 3

Per eseguire il calcolo per la determinazione della massa volumica di un miscu-


glio di aria umida, si può far uso dello schema presentato nel paragrafo 17f.1.
Un esempio del calcolo è mostrato nel paragrafo 17f.2.
Nei paragrafi 17f.3 e 17f.4 vi sono due tabelle con i valori dell’aria rispettiva-
mente alla pressione assoluta di 1 bar e di 1,01325 bar (pressione atmosferica
normale).
Nel paragrafo 17f.5 sono riportati i valori della massa volumica del vapore d’ac-
qua calcolati mediante la formula indicata.
Come si può vedere detti valori sono molto prossimi a quelli delle tabelle ufficiali.

Le formule mostrate in questi paragrafi possono essere utilizzate nei pro-


grammi su PC.

CONDENSA 17e

Spesso è necessario calcolare la quantità d’acqua che viene condensata, quando


vi sono variazioni di pressione e temperatura fra l’aspirazione e la mandata del
compressore.
La massa d’acqua che viene condensata è dovuta alla variazione di umidità asso-
luta che si ha fra le condizioni in aspirazione ed in mandata.
La massa d’acqua che è contenuta per ogni m3 d’aria, passando dalle condizio-
ni 1 (iniziali) alle condizioni 2 (finali), è data dalla seguente formula:
Calcolo del contenuto
d’acqua per ogni m3 d’aria
M 2a = ρ vs · T2 / T1 · p 2 / p 1 · ( 1 - ϕ · p v s1 / p 1 ) / (1 – p vs 2 / p 2 )
alle condizioni finali 2,
note le condizioni iniziali 1
essendo : ρ v s la quantità d’acqua al m 3 ( massa volumica ), in condizioni sature;
p la pressione;
ϕ l’umidità relativa;
p vs la pressione di saturazione;
T la temperatura assoluta del miscuglio;
1, 2 le condizioni iniziali e finali.
Facendo la differenza fra M 1a e M 2a, rispettivamente contenuto d’acqua per m3
alle condizioni iniziali e finali, si otterrà la condensa prodotta per ogni m3 d’aria.

Trovare la condensa prodotta da un compressore che aspira 15 m 3/ min di Esempio 5


aria umida all’80%, alla temperatura di 15 °C, ed alla pressione assoluta di
1 bar, allorché l’aria in mandata è alla temperatura di 30 °C ed alla pressio-
ne assoluta di 8 bar.

Dalla tabella 1 si può determinare il contenuto d’acqua, in condizioni sature


e a 15 °C, ed essendo l’umidità relativa pari a 0,8 si ha:
M1a = 0,8 · 12,82 = 10,256 g / m 3
La massa d’acqua ad 8 bar e 30 °C è:
M 2a = 30,38 · (273+30) / (273+15) ·1/8 · (1- 0,8 · 0,017039/1)/ (1- 0,04241/8)
M 2a = 3,962 g / m 3

203
Sommario

La condensa per unità di volume è data dalla differenza:


∆Ma = M1a - M 2a = 10,256 – 3,962 = 6,294 g / m 3
Essendo la portata del compressore di 15 m3/min, la condensa globale è:
M a = 6,294 g / m 3 · 15 m 3/ min = 94,4 g / min = 5,66 kg / h

17f MASSA VOLUMICA - calcoli e tabelle

17f.1 FORMULE E DEFINIZIONI PER UN PROGRAMMA IN ”EXCEL”

ρm massa volumica del miscuglio = ρas + ( ϕ * ρvs )


dove:
ρas massa volumica dell'aria secca = (Tn / T1) * ρn * ( p1 - ϕ * pvs ) / pn
ϕ umidità relativa ( valore minore di 1)
ρvs massa volumica del vapor d'acqua, in condizioni sature
Tn temp. assoluta allo stato normale tecnico (20°C) 293,15
t1 temperatura del miscuglio, °C
T1 temperatura assoluta del miscuglio, K = t1 + 273,15
ρn massa vol. dell'aria allo stato normale tecnico 1,188
Tr temperatura critica = ( t1 + 273,15 ) / 647,3
Pn pressione assoluta allo stato normale tecnico 1,000
pvs pressione del vapore saturo = 221,2 * e^ (F1 / F2 - F3 )
P1 pressione del miscuglio

e = 2,71828182846

F1 = k1*(1-Tr) + k2*(1-Tr)^2 + k3*(1-Tr)^3 + k4*(1-Tr)^4 + k5*(1-Tr)^5


F2 = Tr*(1 + k6*(1-Tr) + k7*(1-Tr)^2)
F3 = (1-Tr) / (k8*(1-Tr)^2 + k9)+ k7*(1-Tr)^2)

K1 -7,691234564 K4 64,23285504 K7 20,9750676


K2 -26,08023696 K5 -118,9646225 K8 1.000.000.000
K3 -168,1706546 K6 4,16711732 K9 6

ρvs =A0 + A1*t + A2*t^2 + A3*t^3 + A4*t^4 + A5*t^5 + A6*t^6 + A7*t^7

A0 4,799800E-03 A3 3,138470E-07 A6 -1,258890E-13


A1 3,708390E-04 A4 -8,500450E-10 A7 2,08478E-16
A2 6,433580E-06 A5 3,676610E-11

NOTA: t^2 è la forma usata nei computers per indicare t 2 ; così A1*t = A1 · t

204
Sommario

MASSA VOLUMICA DI UN MISCUGLIO UMIDO (con tab. 17.2) 17f.2

Ricordando la formula del paragrafo 17f.1: ρm = ρas + ( ϕ * ρvs )


la massa dell'aria secca, quando l'umidità è zero, (= ρ 0 ) è quella data in tab. 17.2

Ma se il miscuglio contiene vapor d'acqua, l'aria secca dovrà essere corretta


come segue:
a) calcolare, o determinare per mezzo delle tabelle, il valore della pressione
del vapore saturo pvs
b) trovare la massa dell'aria secca ρas, in presenza di umidità nell'aria, molti-
plicando il valore della massa dell'aria secca ρ0 (con umidità = 0 e per
p = 1 bar ) per il valore C, ovvero:
ρas = C · ρ0
essendo: C = (p1 - ϕ · pvs) / pn
p1 la pressione assoluta del miscuglio,
ϕ l'umidità relativa e pvs la pressione del vapore saturo
pvs la pressione del vapore saturo
pn = 1 bar.

c ) sommare al valore ρas il valore della massa del vapore ρv presente nel miscuglio

Calcolare la massa volumica di un miscuglio d'aria alle seguenti condizioni:


Esempio 6
t1 = 35 °C p1 = 1,020 bar ϕ = 75%

ρ0 = 1,1302 kg / m 3
pvs = 0,05622 bar
C = 1,020 - 0,75*0,056216 = 0,9778
ρas = C * ρ0 = 1,1051 kg / m 3
ρvs = 0,03955 kg / m 3
ρv = 0,75 * 0,03955 = 0,0297 kg / m 3

La massa del miscuglio (ρm = ρs + ρv) è = 1,1348 kg / m 3

Nota: nel caso non si disponesse di tabelle del vapore saturo, per trovare la
pressione del vapore saturo, si può utilizzare la formula indicata nel
paragrafo 17f.1 , ovvero:
pvs = 221,2 * e ^(F1/F2-F3)

F1=k1*(1-Tr) + k2*(1-Tr)^2 + k3*(1-Tr)^3 + k4*(1-Tr)^4 + k5*(1-Tr)^5


F2=Tr*(1 + k6*(1-Tr) + k7*(1-Tr)^2)
F3=(1-Tr) / (k8*(1-Tr)^2 + k9)

essendo Tr = (t + 273,15) / 647,3 e = 2,7182818

Nel nostro caso risultano: F1 = -35,2344795


F2 = 4,256591547
F3 = 0,000000002
da cui: pvs = 0,05622 bar

205
Sommario

17f.3 ρ0 - MASSA VOLUMICA ARIA SECCA (1 bar ϕ = 0)

massa vol. massa vol. massa vol.


t ρ0 ( kg / m 3 ) t ρ0 ( kg / m 3 ) t ρ0 ( kg / m 3 )
tab. 17.2 0 1,2750 0 1,0777 100 0,9333
Per ottenere 1 1,2703 51 1,0744 101 0,9308
la massa volumica ad
2 1,2657 52 1,0711 102 0,9283
una pressione diversa da 1 bar,
moltiplicare il valore in tabella 3 1,2611 53 1,0678 103 0,9259
per la nuova pressione, 4 1,2566 54 1,0645 104 0,9234
espressa sempre in bar 5 1,2521 55 1,0613 105 0,9210
6 1,2476 56 1,0581 106 0,9185
7 1,2431 57 1,0549 107 0,9161
8 1,2387 58 1,0517 108 0,9137
9 1,2343 59 1,0485 109 0,9113
10 1,2300 60 1,0454 110 0,9089
11 1,2256 61 1,0422 111 0,9066
12 1,2213 62 1,0391 112 0,9042
13 1,2171 63 1,0360 113 0,9019
14 1,2128 64 1,0330 114 0,8996
15 1,2086 65 1,0299 115 0,8972
16 1,2044 66 1,0269 116 0,8949
17 1,2003 67 1,0238 117 0,8926
18 1,1962 68 1,0208 118 0,8904
19 1,1921 69 1,0179 119 0,8881
20 1,1880 70 1,0149 120 0,8858
21 1,1840 71 1,0119 121 0,8836
22 1,1799 72 1,0090 122 0,8813
23 1,1760 73 1,0061 123 0,8791
24 1,1720 74 1,0032 124 0,8769
25 1,1681 75 1,0003 125 0,8747
26 1,1642 76 0,9975 126 0,8725
27 1,1603 77 0,9946 127 0,8703
28 1,1564 78 0,9918 128 0,8682
29 1,1526 79 0,9890 129 0,8660
30 1,1488 80 0,9862 130 0,8639
31 1,1450 81 0,9834 131 0,8617
32 1,1413 82 0,9806 132 0,8596
33 1,1376 83 0,9779 133 0,8575
34 1,1339 84 0,9751 134 0,8554
35 1,1302 85 0,9724 135 0,8533
36 1,1265 86 0,9697 136 0,8512
37 1,1229 87 0,9670 137 0,8491
38 1,1193 88 0,9643 138 0,8470
39 1,1157 89 0,9617 139 0,8450
40 1,1121 90 0,9590 140 0,8429
41 1,1086 91 0,9564 141 0,8409
42 1,1051 92 0,9538 142 0,8389
43 1,1016 93 0,9511 143 0,8369
44 1,0981 94 0,9486 144 0,8349
45 1,0946 95 0,9460 145 0,8329
46 1,0912 96 0,9434 146 0,8309
47 1,0878 97 0,9409 47 0,8289
48 1,0844 98 0,9383 148 0,8269
49 1,0811 99 0,9358 149 0,8250
50 1,0777 100 0,9333 150 0,8230

206
Sommario

ρ0 - MASSA VOLUMICA ARIA SECCA (1,01325 bar ϕ = 0) 17f.4

massa vol. massa vol. massa vol.


t ρ0 ( kg / m 3 ) t ρ0 ( kg / m 3 ) t ρ0 ( kg / m 3 )
tab. 17.3
0 1,2918 50 1,0920 100 0,9456
1 1,2871 51 1,0886 101 0,9431 Per ottenere
la massa volumica ad
2 1,2824 52 1,0852 102 0,9406 una pressione diversa
3 1,2778 53 1,0819 103 0,9381 da 1,01325 bar,
4 1,2732 54 1,0786 104 0,9356 moltiplicare il valore in tabella
per la nuova pressione,
5 1,2686 55 1,0753 105 0,9331
espressa sempre in bar,
6 1,2641 56 1,0720 106 0,9307 e dividere per 1,01325 bar.
7 1,2596 57 1,0688 107 0,9282
8 1,2551 58 1,0656 108 0,9258
9 1,2506 59 1,0624 109 0,9234
10 1,2462 60 1,0592 110 0,9210
11 1,2418 61 1,0560 111 0,9186
12 1,2375 62 1,0529 112 0,9162
13 1,2331 63 1,0497 113 0,9138
14 1,2289 64 1,0466 114 0,9114
15 1,2246 65 1,0435 115 0,9091
16 1,2204 66 1,0404 116 0,9068
17 1,2161 67 1,0374 117 0,9044
18 1,2120 68 1,0343 118 0,9021
19 1,2078 69 1,0313 119 0,8998
20 1,2037 70 1,0283 120 0,8975
21 1,1996 71 1,0253 121 0,8953
22 1,1955 72 1,0224 122 0,8930
23 1,1915 73 1,0194 123 0,8907
24 1,1875 74 1,0165 124 0,8885
25 1,1835 75 1,0135 125 0,8863
26 1,1796 76 1,0106 126 0,8840
27 1,1756 77 1,0078 127 0,8818
28 1,1717 78 1,0049 128 0,8796
29 1,1678 79 1,0020 129 0,8774
30 1,1640 80 0,9992 130 0,8753
31 1,1602 81 0,9964 131 0,8731
32 1,1564 82 0,9936 132 0,8709
33 1,1526 83 0,9908 133 0,8688
34 1,1488 84 0,9880 134 0,8667
35 1,1451 85 0,9852 135 0,8645
36 1,1414 86 0,9825 136 0,8624
37 1,1377 87 0,9798 137 0,8603
38 1,1341 88 0,9771 138 0,8582
39 1,1304 89 0,9744 139 0,8562
40 1,1268 90 0,9717 140 0,8541
41 1,1232 91 0,9690 141 0,8520
42 1,1197 92 0,9664 142 0,8500
43 1,1161 93 0,9637 143 0,8479
44 1,1126 94 0,9611 144 0,8459
45 1,1091 95 0,9585 145 0,8439
46 1,1056 96 0,9559 146 0,8419
47 1,1022 97 0,9533 147 0,8399
48 1,0988 98 0,9507 148 0,8379
49 1,0953 99 0,9482 149 0,8359
50 1,0920 100 0,9456 150 0,8339

207
Sommario

17f.3 MASSA VOLUMICA DEL VAPORE D’ACQUA ρvs ( kg / m3 )


ρvs = A0+A1*t+A2*t^2+A3*t^3+A4*t^4+A5*t^5+A6*t^6+A7*t^7
tab. 17.4 t massa volumica t massa volumica
Valori CALCOLATI
tramite la formula 0 0,00480 50 0,08303
citata sopra la tabella 1 0,00518 51 0,08698
2 0,00557 52 0,09110
3 0,00598 53 0,09537
4 0,00641 54 0,09982
5 0,00685 55 0,10443
6 0,00732 56 0,10923
7 0,00782 57 0,11420
8 0,00834 58 0,11937
9 0,00888 59 0,12473
10 0,00946 60 0,13028
11 0,01007 61 0,13605
12 0,01071 62 0,14203
13 0,01139 63 0,14822
14 0,01210 64 0,15464
15 0,01285 65 0,16129
16 0,01365 66 0,16818
17 0,01448 67 0,17531
18 0,01537 68 0,18268
19 0,01630 69 0,19032
20 0,01727 70 0,19822
21 0,01831 71 0,20639
22 0,01939 72 0,21484
23 0,02053 73 0,22358
24 0,02173 74 0,23261
25 0,02299 75 0,24193
26 0,02432 76 0,25157
27 0,02571 77 0,26152
28 0,02717 78 0,27180
29 0,02870 79 0,28241
30 0,03031 80 0,29336
31 0,03199 81 0,30466
32 0,03375 82 0,31631
33 0,03560 83 0,32833
34 0,03753 84 0,34073
35 0,03955 85 0,35351
36 0,04167 86 0,36668
37 0,04388 87 0,38025
38 0,04619 88 0,39424
39 0,04860 89 0,40864
40 0,05112 90 0,42348
41 0,05375 91 0,43875
42 0,05649 92 0,45448
43 0,05935 93 0,47066
44 0,06234 94 0,48732
45 0,06545 95 0,50445
46 0,06869 96 0,52207
47 0,07206 97 0,54020
48 0,07557 98 0,55883
49 0,07923 99 0,57799
50 0,08303 100 0,59768

208
Sommario

18
TRASFORMAZIONE DEI
VOLUMI ALLE
CONDIZIONI NORMALI
GENERALITÀ 18a

Vediamo ora come trasformare le portate volumiche d’aria, espresse alle condi-
zioni di aspirazione, in portate alle condizioni NORMALI o, come si usa negli
Stati Uniti, alle condizioni STANDARD.
Mentre quasi tutto il mondo usa il sistema di misura SI, vi sono ancora nazioni
che sono legate alle loro tradizioni e che continuano pertanto a far uso di siste-
mi di misura diversi.
In particolare vediamo quali sono le unità di misura che entrano in gioco nella
trasformazione delle portate a condizioni di aspirazione a normali o standard.

Ricordiamo le principali unità di misura della pressione. La tabella mostra i fat- PRESSIONE
tori di conversione per passare da una all’altra.

SI Anglosassone Tecnico
Unità
bar psi ( = lbf / in 2 ) kg / cm 2
1 bar 1 14,5038 1,01972
1 psi 0,0689476 1 0,070307
2
1 kg / cm 0,980665 14,2233 1

Si ricorda che: 1 bar =105 N / m 2 = 10 5 Pa = 100 kPa

La portata d’aria, secondo le unità SI, dovrebbe essere espressa in m3/s, ma per PORTATA
questioni di praticità e dato che vi sono macchine di differenti grandezze, spes-
so si usano unità alternative.
Quando ci si riferisce alle condizioni NORMALI, la portata si esprime in Nm 3/ s o
unità alternative (es. Nm 3/ min, Nm 3/ h).
Nel sistema anglosassone si usano comunemente queste unità:
• CFM = cubic feet per minute = ft 3 / min,
• ICFM = inlet cubit feet per minute, ovvero portata alle condizioni di
aspirazione,
• ACFM = actual cubit feet per minute, ovvero portata effettiva alle condizioni
di aspirazione,
• SCFM = standard cubit feet per minute, ovvero portata alle condizioni STANDARD

209
Sommario

18b CONDIZIONI DI RIFERIMENTO

Le condizioni NORMALI di riferimento sono le seguenti:


• temperatura: 0 °C (gradi Celsius)
32 °F (gradi Fahrenheit)
273,15 K (gradi Kelvin)
459,67 °R (gradi Rankine)
• pressione: 1 atmosfera
1,01325 bar
1,03323 kg/cm 2
14,6956 psi
• umidità relativa 0 %

Le condizioni STANDARD di riferimento sono:


• temperatura: 15,55 °C (gradi Celsius)
288,70 K (gradi Kelvin)
60 °F (gradi Fahrenheit)
519,67 °R (gradi Rankine)
• pressione: 1 atmosfera
1,01325 bar
1,03323 kg/cm 2
14,6956 psi
• umidità relativa 0 %

18c FORMULE DI CONVERSIONE


Le formule di conversione generali sono le seguenti:

essendo: Trif e Prif le condizioni Normali di riferimento (temperatura e pressione);


TeP le condizioni relative al volume;
pvs la pressione del vapore saturo (vedere le tabelle);
ϕ l’umidità relativa.

Per le unità SI (°C, bar) la formula diventa:

[1]

mentre per le unità tecniche (°C, kg/cm 2) diventa:

[2]

ed infine nel sistema anglosassone (°F, psia) si ha:

[3]

Infine se si volesse trasformare gli SCFM in Nm3 si farà uso della seguente formula:

Nm3 / h = SCFM × 1,607467 [4]

210
Sommario

tab. 18.1
Temp. Pr. Satur. Temp. Pr. Satur. Temp. Pr. Satur.
Valori della pressione
°C bar °C bar °C bar di saturazione
- 10 0,00260 30 0,04241 70 0,3116 in funzione della temperatura

-9 0,00284 31 0,04491 71 0,3253


-8 0,00310 32 0,04753 72 0,3396
-7 0,00338 33 0,05029 73 0,3543
-6 0,00369 34 0,05318 74 0,3696
-5 0,00402 35 0,05622 75 0,3855
-4 0,00437 36 0,05940 76 0,4019
-3 0,00476 37 0,06274 77 0,4189
-2 0,00517 38 0,06624 78 0,4365
-1 0,00562 39 0,06991 79 0,4547

0 0,00611 40 0,07375 80 0,4736


1 0,00657 41 0,07777 81 0,4931
2 0,00706 42 0,08198 82 0,5133
3 0,00758 43 0,08639 83 0,5342
4 0,00813 44 0,09100 84 0,5557
5 0,00872 45 0,09582 85 0,5780
6 0,00935 46 0,10086 86 0,6011
7 0,01001 47 0,10612 87 0,6249
8 0,01072 48 0,11162 88 0,6495
9 0,01147 49 0,11736 89 0,6749
10 0,01227 50 0,12335 90 0,7011

11 0,01312 51 0,12961 91 0,7281


12 0,01401 52 0,13613 92 0,7561
13 0,01496 53 0,14293 93 0,7849
14 0,01597 54 0,15002 94 0,8146
15 0,01704 55 0,15741 95 0,8453
16 0,01817 56 0,16511 96 0,8769
17 0,01936 57 0,17313 97 0,9094
18 0,02062 58 0,18147 98 0,9430
19 0,02196 59 0,19016 99 0,9776
20 0,02337 60 0,19920 100 1,0133

21 0,02485 61 0,2086 101 1,0500


22 0,02642 62 0,2184 102 1,0878
23 0,02808 63 0,2286 103 1,1267
24 0,02982 64 0,2391 104 1,1668
25 0,03166 65 0,2501 105 1,2080
26 0,03360 66 0,2615 106 1,2504
27 0,03564 67 0,2733 107 1,2941
28 0,03778 68 0,2856 108 1,3390
29 0,04004 69 0,2984 109 1,3852
30 0,04241 70 0,3116 110 1,4327
°C bar °C bar °C bar
Questi valori, relativi alle proprietà del vapore d’acqua, sono stati tratti da:“Properties of Water and
Steam in SI units” di E. Schmidt (Springer Verlag).

211
Sommario

18c.1 ESEMPI

Esempio 1 Convertire in Nm3/h, la portata di 2.000 m 3/ h a 25 °C, con umidità relati-


va del 75% ed alla pressione di 1 bar.

Facendo uso della formula [1] si ha:

Nm3 / h = 1776

Esempio 2 Convertire in Nm 3/h, la portata di 1.500 m 3/ h a 20 °C, con umidità relati-


va del 75 % ed alla pressione esistente a 2.000 m s.l.m.

Essendo la pressione a 2.000 m s.l.m. uguale a 0,795 bar, facendo uso


della formula [1] si ha:

Nm3 / h = 1072,44

Esempio 3 Convertire in SCFM e quindi in Nm 3/ h, la portata di 2.000 ICFM a 95 °F,


con umidità relativa del 75% ed alla pressione esistente a 6.562 ft s.l.m.

La pressione a 6.562 ft ( = 2.000 m ) sul livello del mare è: 11,53 psia.


Facendo uso della formula [3] e della formula [4] si ha:

SCFM = 1231,42

Nm3 / h = SCFM × 1,607467

Nm3 / h = 1979,46

Esempio 4 Convertire in Nm 3/ h, la portata di 1.000 m 3/ h a 25 °C, con umidità rela-


tiva del 75% ed alla pressione di 1 kg /cm 2.

Facendo uso della formula [2] si ha:

Nm3 / h =

Nm3 / h = 865,21

212
Sommario

19
IL RUMORE
DELLE MACCHINE:
definizioni, misurazione, norme

GENERALITÀ 19a

Il rumore è in generale definito come un suono la cui intensità è fastidiosa, sgra-


devole e quindi indesiderato. Uno degli effetti dovuti all’impiego delle macchine
in generale è la generazione di rumore.
Al giorno d’oggi viene prestata molta attenzione alla limitazione del rumore per
non disturbare la quiete pubblica e per non provocare offese all’udito degli ope-
ratori.
Per poter prendere delle misure correttive è necessario, quindi, procedere alle
misurazioni, che consentono un’analisi precisa e scientifica dei suoni sgradevoli.
A causa delle differenze fisiologiche e psicologiche tra i vari individui, il grado di
disturbo non può essere misurato scientificamente persona per persona. Per
contro, le misure ci forniscono un mezzo obiettivo per confrontare i suoni sgra-
devoli ascoltati in condizioni diverse.
Le prove audiometriche consentono la valutazione della sensibilità uditiva del
singolo individuo e le misure del suono sono estremamente importanti nei pro-
grammi intesi alla conservazione dell’udito.
Infine, la misura e l’analisi del suono sono un potente strumento diagnostico nei
programmi di riduzione dei rumori al fine di permettere di migliorare la qualità
della nostra vita.

SUONO 19b

Il suono è definito come una variazione di pressione (nell’aria, nell’acqua o in


qualche altro mezzo) che l’orecchio umano riesce a rilevare. Lo strumento più
noto per la misura delle variazioni di pressione nell’aria è il barometro. Tuttavia
queste variazione di pressione che si verificano al variare delle condizioni meteo-
rologiche sono troppo lente, perché l’orecchio umano le possa rilevare e di con-
seguenza non sono utili per la nostra definizione di suono. Ma se queste varia-
zioni di pressione si verificano con maggior frequenza possono essere udite e
sono di conseguenza dei suoni. Il numero delle variazioni di pressione al secon-
do viene chiamato frequenza del suono, e viene misurato in cicli al secondo,
ovvero in hertz (Hz).
Il campo uditivo dell’uomo si estende da circa 20 Hz fino a 20.000 Hz (20 kHz),
mentre il campo coperto dalle note di un pianoforte varia fra 27,5 Hz (nota più
bassa) e 4.186 Hz (nota più acuta).

213
Sommario

19c DEFINIZIONI E TERMINOLOGIA

Con riferimento alle varie norme ISO, si elencano di seguito le definizioni più
comunemente usate.

19c.1 TERMINI DI ACUSTICA


• Intensità sonora ( I )
Potenza sonora per unità di area; si misura in W/m2.
• Livello di potenza sonora ( Lw )
È definito come Lw = 10 log (W/ W0 ), essendo la potenza sonora di riferi-
mento ( W0 ) uguale ad 1 pW (1) ; si misura in dB.
• Livello di pressione sonora ( Lp )
È definito come Lp = 20 log (P/ P 0), essendo P0 la pressione di riferimen-
to uguale a 20 µPa (2)
• Livello equivalente (Leq )
Valore fornito da un fonometro integratore; esso è il valore medio della
pressione acustica, misurato in un certo intervallo di tempo T, scelto a
piacere.
• Livello di pressione sonora di banda ( L)
Livello di pressione sonora in una determinata gamma di frequenza, gene-
ralmente in una ottava; si misura in dB.
• Spettro di rumore
Distribuzione del livello di pressione sonora, per i vari campi di frequenza.
• Livello sonoro (LA , LB , LC , LD )
Lettura fatta su un misuratore di livello sonoro conforme alla pubblicazio-
ne IEC 651:1971, utilizzando una prestabilita rete di ponderazione.
Attualmente si considerano quattro scala di ponderazione, denominate A,
B, C, D.
Il livello sonoro deve essere espresso in dB, con indicazione della scala di
ponderazione. Ad esempio il livello sonoro ponderato A, si indica dB(A).
La rete di ponderazione usata di solito per le prove delle macchine è quella A.
• Rumore di fondo
Livello di pressione sonora, rilevato nei punti di misura, quando la sorgen-
te in prova non è in funzione. Esso comprende anche il rumore di eventuali
apparecchiature necessarie per la prova; si misura in dB o dB ponderati; ad
esempio dB(A).
• Tempo di riverberazione
Per un determinato ambiente, è il tempo che intercorre dall'istante in cui
viene esclusa la sorgente sonora e l'istante in cui il livello sonoro è dimi-
nuito di 60 dB.
Il tempo di riverberazione è funzione della frequenza. In tale procedura si
intende il tempo in secondi per avere il decadimento, sopra citato, del livel-
lo sonoro ponderato in A.
• Superficie di riferimento
Superficie teorica, definita dal più piccolo parallelepipedo rettangolare che
racchiude la sorgente in prova e si appoggia ad un piano riflettente.
• Distanza di misura (d)
Distanza fra la superficie di riferimento e la superficie sulla quale si trovano
i punti di misura (che costituisce la superficie di misura ).
(1) - 1 pW (picowatt) =1 W·10 -12
(2) - Si ricorda che il Pa (pascal) è l’unità SI di misura della pressione, per definizione 1 Pa =1 N/m 2;
1 µPa =1 Pa·10 -6; 100 Pa = 1 mbar; 10 5 Pa = 100 kPa = 1 bar

214
Sommario

• Superficie di misura (S)


Superficie teorica di area S, che racchiude la sorgente e sulla quale sono
situati i punti di misura.
• Indice di direttività (DI)
Esso si esprime in dB o in dB ponderati, ad es. dB(A), e dà un’idea della pre-
senza di uno o più punti in cui il livello sonoro si discosta dalla media.
• Correzione per il rumore di fondo (K1)
Correzione che si applica al livello della pressione sonora, per tener conto
dell’influenza del rumore di fondo. Se la correzione si applica sul valore in
dB(A ), si suole indicare con K1A.
• Correzione per l’ambiente (K2)
Correzione da apportare al livello di pressione sonora a causa delle river-
berazioni (o assorbimento) dovuti al sito di prova. Se la correzione si appli-
ca sul valore in dB(A ), si suole indicare con K2A.
• Qualifica del sito di prova
Procedura atta a determinare se il sito di prova è idoneo per le prove e
quale è la correzione da apportare ai livelli di pressione sonora e di poten-
za sonora, per assimilare il campo ad un campo libero su superficie riflettente.

RUMORE DIPENDENTE DALLA FUNZIONE TEMPO 19c.2

• Rumore stazionario
Rumore che presenta fluttuazioni trascurabili di livello, inferiori od uguali a
± 2,5 dB(A) relativamente al valore medio, durante il periodo di
osservazione.
• Rumore non stazionario
Rumore che presenta sensibili fluttuazioni, cioè maggiori di ± 2,5 dB(A)
relativamente al valore medio, durante il periodo di osservazione.
• Rumore fluttuante
Rumore il cui livello varia in modo continuo durante il periodo di osserva-
zione e non presenta carattere impulsivo.
• Rumore intermittente
Rumore il cui livello diminuisce bruscamente fino a raggiungere il livello del
rumore di fondo e questo più volte durante il periodo di osservazione. Il
tempo durante il quale il livello sonoro ha un valore costante diverso dal
rumore di fondo è dell'ordine di grandezza di uno o più secondi.
• Rumore impulsivo
Rumore consistente in uno o più impulsi di energia sonora, ogni impulso
avendo una durata minore di circa 1 secondo.

RUMORE DELLE MACCHINE 19c.3

• Rumore a vuoto
Rumore emesso dalla macchina, durante il funzionamento a vuoto, in
determinate condizioni.
• Rumore a carico
Rumore emesso dalla macchina, durante il funzionamento a carico, in
determinate condizioni di prova.

215
Sommario

19c.4 CARATTERISTICHE DEL CAMPO


• Campo sonoro
Regione dello spazio, nel quale esistono suoni o rumori.
• Campo libero
Campo sonoro in un mezzo omogeneo, isotropo, situato a grande distan-
za da superfici riflettenti.
• Campo libero sopra una superficie riflettente
Campo sonoro in un mezzo omogeneo, isotropo, situato sopra una super-
ficie rigida infinita.
• Campo riverberante
Campo sonoro che si stabilisce ad una certa distanza da una sorgente
sonora, situata in un ambiente con pareti ad elevato fattore di riflessione,
nel quale le onde sonore riflesse si sovrappongono a quelle irradiate diret-
tamente dalla sorgente.

19d DECIBEL

Il suono più debole che l’orecchio umano è in grado di rilevare è pari a 20 milio-
nesimi di pascal, ovvero 20 µPa, che è un fattore inferiore di 5 miliardi di volte
alla normale pressione atmosferica (ricordiamo che 1 bar corrisponde a 100.000
Pa).
Questa variazione di pressione è così piccola che la membrana del timpano sub-
isce uno spostamento inferiore al diametro di un atomo.
Sorprendentemente l’orecchio umano riesce a tollerare pressioni sonore un
milione di volte più elevate, perciò se dovessimo misurare il suono in pascal, ci
troveremmo a dover lavorare con numeri enormi e difficilmente utilizzabili. Per
evitare ciò si è fatto ricorso alla scala dei decibel (dB).
La scala dei decibel usa la soglia dell'udito di 20 µPa come punto di partenza
o pressione di riferimento, che viene pertanto considerata 0 dB.
Pertanto ogni qualvolta moltiplichiamo la pressione sonora in Pa per dieci, non
facciamo altro che aggiungere 20 dB al libello in dB: ne deriva che 200 µPa cor-
risponde a 40 dB, e così via. Così si ottiene una scala abbastanza contenuta da
0 a 120 dB che copre un campo da 1 ad un milione.
Nella tab.19.1 è possibile leggere i livelli tipici di pressione sonora, espressi in
dB(A), di alcune macchine industriali.
Il vantaggio di questa scala è che essa dà un’approssimazione molto migliore,
per la percezione umana, delle rumorosità relative che non la scala in Pa, dato
che l’orecchio umano reagisce alle variazioni percentuali di livello che corrispon-
dono alla scala in decibel, in cui un dB rappresenta la stessa variazione relativa
in qualsiasi punto della scala.
Vediamo ora il significato fisico di quanto detto sopra.
In elettrotecnica si definisce come “decibel” 10 volte il logaritmo in base 10 del
rapporto di due potenze:
dB = 10 log (W / W0 )
da cui si deduce che se la potenza in ingresso è 2 W e quella in uscita è 20 W si
ha un guadagno in dB di 10; lo stesso guadagno si ha se si passa da 1 mW
a 10 mW; i dB quindi non indicano la vera potenza sviluppata, ma solo un
rapporto fra entrata ed uscita.
Anche in acustica vale quanto detto e pertanto i dB rappresenterebbero sola-
mente un rapporto e non una grandezza precisa, a meno che non venga stabi-
lito un livello di riferimento.
Tale livello, se non altrimenti definito, è W0 = 10 -12 W ovvero 1 picoW.

216
Sommario

tab. 19.1
Macchina Valore medio
I rumori medi tipici di alcune
Sbavatrice (su fusioni o lastre) 125 macchine in dB(A) ad 1 m

Martello pneumatico 120


Ribaditrice 120
Trapano 95
Fresatrice, rettificatrice, tornio, sega 90
Macchina tessile 90
Compressore da 1.000 kW 87
Compressore da 200 kW, silenziato 80
Compressore da 90 kW, silenziato 76
Compressore da 30 kW, silenziato 72

LIVELLO DI POTENZA E PRESSIONE SONORA 19e

Per quanto detto prima, si definisce LIVELLO DI POTENZA SONORA, espresso


in dB, il rapporto:
L w = 10 log W1 / W0
essendo il livello di riferimento W0 = 10 -12 W.

Si definisce LIVELLO DI PRESSIONE SONORA, espresso in dB, il rapporto:


L p = 10 log ( P1 / P0 ) 2 ovvero
L p= 20 log (P1 / P0 )
essendo la pressione espressa in N / m 2 o Pa e la pressione P0 di riferimento ugua-
le a 2·10-5 N/m2 (talvolta espressa anche come 0,0002 dyne /cm 2 o µbar).
Tale riferimento fu scelto molti anni fa, dato che era molto prossimo alla soglia
uditiva normale a 1.000 Hz.

FREQUENZA 19f

L’unità di misura della frequenza è chiamata hertz (Hz) e rappresenta i cicli al


secondo.
Un rumore è in genere composto da diverse frequenze.
Per consentire di analizzare e rappresentare un rumore, si è diviso il campo delle
frequenze in 8 campi (banda d’ottava) e sono state definite le frequenze fc del
centro di banda:
31,5 - 63 - 125 - 250 - 500 - 1k - 2k - 4k - 8k
Un ottavo è l’intervallo fra due suoni il cui rapporto fra le frequenze è uguale a
due, ovvero (f2 / f1 = 2).
Ogni frequenza fc è uguale alla media geometrica delle frequenze superiori ed
inferiori della banda, cioè:
fc = (f1 · f2) 1/2 ovvero f c = f1 · √2

dove f1 ed f2 sono gli estremi della banda.


Ad esempio la frequenza del centro di banda fc = 63 è ricavata dalla radice qua-
drata del prodotto delle due frequenze limiti della banda, ovvero:

63 = (44,2 · 88,4)1:/2

217
Sommario

tab. 19.2
Limiti della banda (f1 ed f2) - Hz Frequenza centrale (fc) - Hz
Frequenze
dell’ottava di banda 22,1 - 44,2 31,5
44,2 - 88,4 63
88,4 - 177 125
177 - 354 250
354 - 707 500
707 - 1.414 1.000
1.414 - 2.828 2.000
2.828 - 5.657 4.000
5.657 - 11.314 8.000

19g SCALE DI PONDERAZIONE A, B, C, D

Tali scale sono state selezionate per poter "pesare" il rumore in funzione della
risposta dell’orecchio umano, cioè si è cercato di costruire un circuito elettroni-
co la cui sensibilità variasse con la frequenza analogamente a quanto succede
per l’orecchio umano.
Ciò ha dato luogo a quattro caratteristiche normalizzate in sede internazionale,
denominate circuiti di ponderazione A, B, C, D (fig. 19.3).
Il circuito A rappresenta una buona approssimazione per le curve di uguale
intensità sonora ai bassi livelli di pressione sonora.
Il circuito B si comporta analogamente per le curve di uguale intensità sonora ai
livelli medi, mentre il circuito C si comporta analogamente agli elevati livelli di
pressione sonora.
Oggi è di massima solo usato il circuito A e le letture fatte con questa scala si
fig. 19.3 definiscono dB(A).
Scale di ponderazione La scala D è da qualche tempo stata introdotta per le misure del rumore degli aerei.

(3) - La misura del livello di potenza sonora si può ottenere facendo uso dell’analizzatore di intensi-
tà sonora. Il metodo intensimetrico è usato, generalmente, per la misura dell’emissione sonora
di grosse macchine in-situ, dato che le misure non vengono influenzate dal tipo di campo.
(4) - Per la misurazione del rumore dei compressori e delle pompe del vuoto, il PNEUROP ha prepa-
rato il codice PN8NTC2.3, che richiama le varie norme ISO 3744; EN ISO 9614-1 e 9614-2;
EN ISO 11201 e 11203.

218
Sommario

MISURA DEL RUMORE 19h

Per la misura del rumore viene impiegato un FONOMETRO ( 3) rispondente alle


norme IEC 651.
Esso è costituito da un microfono non direzionale, un amplificatore ed uno stru-
mento di lettura o di registrazione, con apposite scale di ponderazione, che dà
il livello di pressione sonora , con riferimento al valore di 2·10 -5 N / m 2.
Le letture possono essere fatte alle varie frequenze (bande di ottava) o in pon-
derazione A, B, C, a seconda del tipo di filtro che viene selezionato sul
fonometro.
Le norme ISO indicano come devono essere eseguite le misure ( 4 ).
Con il fonometro si misura il livello di pressione sonora (per esempio: L pA ), che
è sempre in relazione alla distanza del punto di misura dalla sorgente e tramite
un calcolo si ricava il livello di potenza sonora (per esempio: L WA ), che invece è
un valore indipendente dalla distanza.
Si definisce:
L WA = L pA + 10 log ( S /S 0 )
essendo S la superficie di misura (cioè l’emisfero o il parallelepipedo luogo dei
punti di misura) ed S0 la superficie unitaria di riferimento (= 1 m 2 ).
Se la misura non è fatta in campo libero su superficie riflettente, bensì in locali
semiriverberanti, bisognerà tenere conto delle riverberazioni e con calcoli, o
mediante prove sperimentali, definire le correzioni da apportare ( K 2A ):
L WA = L p A + 10 log ( S /S 0 ) – K 2A

INDICE DI DIRETTIVITÀ (DI) 19i

Esso si esprime in dB o in dB ponderati, ad es. dB (A ), e dà un’idea della presen-


za di uno o più punti in cui il livello sonoro si discosta dalla media.
Esso può essere definito:
a) in campo libero: DI = L pi - L pm
b) in campo libero, sopra una superficie riflettente: DI = L pi - L pm + 3
essendo: L pi = il livello di pressione sonora in una certa direzione, per la quale
si vuole misurare l'indice di direttività DI, alla distanza d, con riferi-
mento a 20 µPa.
L pm = il valore medio del livello di pressione sonora sulla superficie di
misura.

Solitamente l’indice di direttività viene calcolato usando la scala di ponderazio-


ne A ed è definito tramite la differenza fra il valore del livello sonoro massimo
LAmax ed il valore medio superficiale LAm con l’aggiunta di 3 dB(A):
DI = LAmax - LAm + 3

SOMMA DI DUE O PIÙ LIVELLI


DI PRESSIONE SONORA 19j

Due sorgenti che in un punto P producono singolarmente un livello di pressione


sonora L1 ed L2 (di differenti frequenze) quando sono in funzione contempora-
neamente (sovrapposizione dei due suoni) producono un livello sonoro che è la
somma aritmetica delle rispettive intensità sonore (non dei livelli di pressione
sonora!).

219
Sommario

Per trovare il risultato bisogna trovare l’antilogaritmo di ogni singolo valore divi-
so per 10, farne la somma ed infine farne il logaritmo in base 10 e moltiplicarlo
per 10.

Esempio.: Trovare la somma di L1 = 85 dB e L 2 = 82 dB.


L 1 = 85 ⇒ antilog 85/10 = 10 8,5 = 3,162 ·10 8
L 2 = 82 ⇒ antilog 82/10 = 10 8,2 = 1,585 ·10 8
totale = 4,747 ·10 8
La somma L1 + L2 è: 10 log 4,747 ·108 = 86,76 dB
Tale somma si può trovare facendo uso della fig. 19.4.
Ovviamente se i valori da sommare fossero più di due e si volesse far uso della
fig. 19.4, bisognerà fare la somma di due valori alla volta. Trovata la differenza
dei primi due si trova l’incremento da dare al valore più elevato per ottenere la
somma; quest’ultimo valore si sommerà al terzo con analogo procedimento.
Nel caso si abbiano tre macchine ognuna delle quali genera un livello di pres-
sione sonora di 80 dB (A ), quale è il livello di pressione sonora globale?
Il ∆L fra le prime due è 0 dB(A); la correzione vale 3 dB(A), per cui è come se il
livello di pressione sonora di due macchine fosse di 83 dB(A); il ∆L fra questo ipo-
tetico rumore e la terza sorgente è 3 dB(A), per cui la correzione è 1,7 dB(A) ed
il livello di pressione sonora totale delle tre macchine risulta essere 84,7 dB(A).
Analogo risultato si può ottenere, nel caso di macchine dello stesso tipo,
emittenti quindi lo stesso livello di rumore, con l’equazione:
L p( N) = L p + 10 log N,
essendo N il numero di macchine simili. Con l’esempio di prima si ha:
L p( 3) = 80 + 10 log 3 = 80 + 4,7 = 84,7 dB(A)

fig. 19.4
Grafico per determinare
la somma di due o più
livelli di rumore.

19k MEDIA DI LIVELLI DI PRESSIONE SONORA

Mentre una volta per effettuare i rilievi in un punto di misura si effettuavano


almeno 3 letture ad intervalli regolari di non più di 10 secondi e quindi si trova-
va il valore quadratico medio, oggi, con i fonometri integratori, il livello di pres-
sione sonora viene calcolato dallo strumento mediando i valori letti in un certo
intervallo di tempo T.

220
Sommario

Il valore di livello di pressione medio in un punto è dato da:

essendo: L pA n il valore medio temporale del livello di pressione sonora nel


punto n;
L p(t ) il valore di una delle misure eseguite all’istante t, nell’interval-
lo di tempo T;
T intervallo di tempo nel quale si misura il livello di pressione
sonora.
Ed infine, per avere la misura del livello medio spaziale della pressione sonora si
trova il valore quadratico medio dei diversi livelli sonori nei vari punti.

L p A m = LpA = 10 log
∑10

0,1L
pAn

n
essendo: L pAm il valore medio spaziale del livello di pressione sonora;
L pA n il valore medio temporale del livello di pressione sonora, in uno
dei punti di misura;
n numero di punti di misura (n= 5, oppure 9, oppure 14, ecc.).

CORREZIONI PER IL RUMORE DI FONDO 19 l

Le letture che si eseguono sulla sorgente di rumore in esame, non devono esse-
re influenzate da alcuna altra fonte di rumore ed in particolare dal rumore di
fondo (detto anche rumore residuo).
Per correggere eventualmente la lettura eseguita, va misurato (a macchina
ferma) il rumore di fondo e se esso è inferiore di almeno 10 dB non vi è influen-
za sulla lettura e conseguentemente non è necessario eseguire alcuna correzione.
Se invece la differenza fra le letture non differisce di almeno 10 dB, bisogna cor-
reggere la lettura con il grafico riportato nella fig. 19.5, dove in ascissa vi è la
differenza di rumore fra le due sorgenti ed in ordinata vi è la correzione da
apportare per ottenere il rumore della sorgente in esame.

fig. 19.5
Curva di correzione per
il rumore di fondo.

Nel caso si faccia riferimento alla norma ISO 3744 (Engineering method –
Grade 2) affinché la prova sia valida la differenza ∆L deve essere ≥ 6 e la cor-
rezione K1 ≤ 1,3 dB.
Nel caso si faccia riferimento alla norma ISO 3746 (Survey method - Grade 3)
affinché la prova sia valida la differenza ∆L deve essere ≥ 3 e la correzione
K1 ≤ 3 dB.

221
Sommario

19m CALCOLO DEL LIVELLO MEDIO DI PRESSIONE SONORA,


IN RETE DI PONDERAZIONE A,
TRAMITE I VALORI IN BANDA D’OTTAVA

I valori delle letture eseguite in banda di ottava, vengono convertiti in equivalenti


valori in rete di ponderazione A, usando le seguenti correzioni:

Hz 31,5 63 125 250 500 1k 2k 4k 8k 16 k


Corr. - 39,5 - 29,2 - 16,1 - 8,6 - 3,2 0 1,2 1,0 - 1,1 - 0,7

Il valore in dB(A) si ottiene usando la seguente formula:

essendo: L A il valore della pressione sonora ponderata, in dB(A);


L Ai il valore della pressione sonora della banda di ottava, corretto
in scala di ponderazione A;
10 il numero delle frequenze considerate (31,5 - 63 ...... - 16k )

19n CAMPI SONORI

19n.1 CAMPO LIBERO


Secondo una corretta terminologia acustica il campo libero è definito come un
mezzo omogeneo, isotropo, privo di ogni ostacolo o confini.
In pratica è un campo nel quale gli effetti degli ostacoli sono trascurabili nella
zona di interesse.
Tale campo può essere all’aperto, in una grande stanza o in una camera ane-
coica, cioè in una camera che assorbendo i suoni, evita che essi siano riflessi.

19n.2 CAMPO SU SUPERFICIE RIFLETTENTE


Dato che un campo libero è di difficile realizzazione, poiché la sorgente di rumo-
re è generalmente posata sul terreno, si è definito questo campo, costituito da
una superficie rigida e piana, solitamente in cemento, e dall’assenza di
ostacoli che possano influenzare le misure.
Questo è il campo che usualmente è usato per i rilievi di rumore delle mac-
chine. Parlando di campo libero spesso si fa riferimento a questo, ovvero ad un
campo libero, senza ostacoli, su una superficie riflettente.

19n.3 CAMPO VICINO


Il campo nelle vicinanza della sorgente di rumore è chiamato campo vicino ed
è caratterizzato dal fornire valori molto diversi di pressione sonora, anche
in campo libero, anche per piccole variazioni della posizione microfonica.
In tale campo il livello di pressione sonora non decresce di 6 dB raddoppiando la
distanza dalla fonte.
Ciò perché non tutte le parti della sorgente di rumore vibrano in fase fra loro e
pertanto vi è, in alcuni posti, l’annullamento del rumore. L’estensione del campo
vicino dipende dalla frequenza del rumore, le dimensioni della sorgente e dalle
relazioni che vi sono fra i vari modi di vibrare delle varie parti.

222
Sommario

Si usa considerare spesso che il campo vicino termini ad una distanza pari al
doppio della dimensione maggiore della sorgente.
Se la sorgente è posata sul pavimento, il campo vicino si estende fino a quattro
volte la dimensione maggiore.

CAMPO RIVERBERANTE 19n.4


È quella zona nella quale il suono è riflesso molte volte a causa del pavi-
mento, pareti, soffitto.
In qualunque posizione all’interno di una stanza il rumore è la somma di ciò che
è irradiato dalla sorgente e di ciò che viene riflesso e proviene da ogni direzione.
In un campo riverberante, qualora si arrestasse la sorgente di rumore, continue-
rebbe per qualche tempo il rumore: ciò viene definito come riverberazione.
Il tempo di riverberazione è definito come il tempo necessario, ad un livel-
lo sonoro medio e stabilizzato, di ridursi di 60 dB, allorché la sorgente viene
fermata. Tale tempo varia con la frequenza e pertanto deve essere misurato per
ogni frequenza, o ciascuna banda di interesse.

CAMPO SEMIRIVERBERANTE 19n.5


Spesso si è in presenza di campi che non sono né campi liberi né campi river-
beranti, ovvero le pareti, il soffitto non sono dei campi completamente riflet-
tenti né completamente assorbenti.
Molte misurazioni vengono eseguite in ambienti industriali di questo tipo.
In tal caso si eseguono le letture come si trattasse di un campo libero, ma si
dovrà valutare l’influenza dell’ambiente, in modo da apportare alcune corre-
zioni tali da assimilare i risultati a quelli che si avrebbero in campo libero.
Normalmente, se si pone in un locale una sorgente piccola, che irradia il rumo-
re uniformemente in tutte le direzioni, si può notare che in un primo momento
allontanandoci dalla sorgente il livello di rumore decresce con la distanza, non
esattamente con la legge quadratica inversa, ma invece diminuisce legger-
mente meno di 6 dB al raddoppiare della distanza.
Quando poi ci si allontana molto e si finisce in prossimità delle pareti il livello di
rumore diminuisce sempre meno e ad un certo punto rimane costante; ciò
perché si sente maggiormente il contributo della riverberazione.
Questa zona della stanza è nel così detto campo riverberante del campo
lontano.

COEFFICIENTE D’ASSORBIMENTO 19n.6


L’abilità di un certo materiale di assorbire il suono, viene definito come
“coefficiente di assorbimento” (α).
Esso è il rapporto fra l’energia sonora assorbita e l’energia incidente su una certa
superficie. Il valore di α varia quindi fra 0 ed 1.
Quando α= 0 significa che tutta l’energia sonora viene riflessa, quando α=1
significa che tutta l’energia viene assorbita.
Il valore di α dipende dalla frequenza e pertanto per ogni materiale assorbente
viene data una tabella od una curva con i valori di α in funzione della frequen-
za. Quando si dà un solo valore, esso è un valore medio, arrotondato allo 0,05
più prossimo, dei valori a 250, 500, 1000, 2000 Hz.
Il coefficiente di assorbimento varia anche con l’angolo di incidenza dell’onda
sonora.
Per usi pratici, per i vari materiali, si danno dei valori statistici ed il consiglio, per
l’utilizzo di questi materiali, è quello di sceglierli in funzione della tipologia del
rumore, piuttosto che per le loro qualità assorbenti il rumore.

223
Sommario

Nella tab.19.6 sono elencati i coefficienti di alcuni dei più tipici materiali da
costruzione.
tab. 19.6
Tipico Materiale Frequenza (Hz)
Coefficiente di
assorbimento (α) da costruzione 125 250 500 1000 2000 4000
di alcuni materiali
da costruzione Mattoni normali 0,03 0,03 0,03 0,04 0,05 0,07
Mattoni verniciati 0,01 0,01 0,02 0,02 0,02 0,03
Cemento 0,01 0,01 0,015 0,02 0,02 0,02
Blocchi in cemento 0,36 0,44 0,31 0,29 0,39 0,25
Blocchi in cemento, verniciati 0,10 0,05 0,06 0,07 0,09 0,08
Vetro (di finestre normali) 0,35 0,25 0,18 0,12 0,07 0,04
Gesso, intonaco 0,013 0,015 0,02 0,03 0,04 0,05
Legno 0,15 0,11 0,10 0,07 0,06 0,07
Legno compensato 0,28 0,22 0,17 0,09 0,10 0,11
Piastrelle 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03 0,02
Fibra di vetro (0,1 kg/dm3)* 0,48 0,82 0,97 0,99 0,90 0,86
* materiale fonoassorbente, per confronto

L’assorbimento di energia sonora di una superficie è dato in “unità di assorbi-


mento”; tale unità rappresenta l’assorbimento di un m2 di una superficie per-
fettamente assorbente.
Una superficie S con coefficiente d’assorbimento α ha S · α unità di assorbi-
mento; tale prodotto si esprime in m2 ed è anche definito con la lettera A, ovve-
ro la superficie equivalente assorbente (con α=1).
Se una stanza ha superfici diverse S1, S2, ... Sn, aventi coefficienti di assorbimento
medi α1, α2, αn, il coefficiente d’assorbimento medio complessivo della stan-
za è dato da:
α m = (α 1 · S1 + α 2 · S 2 + α n · Sn ) / (S1 + S 2 + S n )

Esempio 1 Calcolare il coefficiente di assorbimento medio α m di una stanza di


20 m · 10 m · 5 m, con pavimentazione in cemento verniciato, soffitto in
gesso liscio e pareti rivestite in legno.
Superficie Coeff. assorbim. Area equivalente
(m 2) (α ) A = S · α ( m 2)
Pavimento 200 0,07 14
Soffitto 200 0,03 6
Pareti laterali (2) 200 0,09 18
Pareti frontali (2) 100 0,09 9
Totale 700 47

Il coefficiente d’assorbimento cercato è: α m = 47/ 700 = 0,067

Esempio 2 Se si volesse migliorare l’assorbimento acustico della stanza, con il tratta-


mento delle pareti laterali e del soffitto con materiale fonoassorbente
(α2m = 0,70), quale sarebbe la riduzione del livello sonoro?

La riduzione di livello è data dall’equazione:


NR = 10 log [α 2m · S / (α 1m ·S)] essendo la superficie sempre la stessa.

224
Sommario

Si calcola quindi il nuovo coefficiente d’assorbimento, dovuto alla variazione


del coefficiente d’assorbimento.
Superficie Coeff. assorbim. Area equivalente
(m 2) (α) A = S · α ( m 2)
Pavimento 200 0,07 14
Soffitto 200 0,70 140
Pareti laterali (2) 200 0,70 140
Pareti frontali (2) 100 0,09 9
Totale 700 303

Il nuovo coefficiente d’assorbimento cercato è: α 2m = 303 / 700 = 0,43


La riduzione di livello sonoro è: NR = 10 log 303/47 = 6,4 dB

COSTANTE DELLA STANZA 19n.7


In acustica è definita come il rapporto fra il prodotto della superficie totale
della stanza (S) ed il coefficiente d’assorbimento medio (α m) e la differen-
za fra 1 ed il coefficiente di assorbimento medio, espresso in metri quadrati.

R = S · α m / (1 - α m) Costante della stanza

Così la caratteristica acustica di una stanza può essere definita dal valore di R.
Se R = ∞ si è in un campo libero, ovvero non vi è alcuna riflessione.
Se R = 0 non vi è alcun assorbimento.
In realtà nessuna di queste due condizioni estreme esiste.
Se prendiamo l’esempio precedente, la costante R vale:
caso A) α m = 0,08 S = 700 m 2 R = 700 · 0,08 / (1- 0,08) = 60,9 m2
caso B) α m = 0,43 S = 700 m 2 R = 700 · 0,43 / (1- 0,43) = 528 m2

La costante della stanza R, note le dimensioni, si può anche calcolare tramite il


tempo di riverberazione T, con la seguente formula:

R = S / [(T · S / (0,161·V) -1]

essendo: R la costante della stanza, in metri quadrati


T il tempo di riverberazione, in secondi
S la superficie della stanza, in metri quadrati
V il volume della stanza, in metri cubi

Calcolare la costante di una stanza, conoscendo le sue dimensioni (8,5 m · 5 Esempio


m · 3,5 m) ed il tempo di riverberazione T = 1,3 s.

Calcoliamo la superficie S ed il volume V:

S = 2 · (8,5 ·5 ) + 2 · (5 · 3,5) + 2 · (8,5 ·3,5) = 85 + 35 + 59,5 = 179,5 m2

V = (8,5· 5 · 3,5 ) = 148,75 m 3

La costante della stanza vale:


R = 179,5 / [(1,3 · 179,5 / (0,161· 148,75) -1] = 179,5 / 10,55 = 17,01m 2

225
Sommario

19o LE MISURE DI LIVELLO DI PRESSIONE SONORA


IN CAMPI SEMIRIVERBRANTI - CORREZIONE A
CONDIZIONI DI CAMPO LIBERO APPROSSIMATO
Per poter valutare il rumore prodotto da una macchina e prendere gli opportu-
ni provvedimenti atti a salvaguardare la salute dei dipendenti, bisogna conosce-
re il livello di pressione sonora intorno alla macchina.
In particolare i clienti e gli utilizzatori della macchina vogliono sapere il rumore
nello stabilimento, piuttosto che i valori rilevati presso il costruttore e spesso rife-
riti al campo libero.
D’altra parte i costruttori, non conoscono quasi mai il luogo e la costante della
stanza dove la macchina verrà installata e pertanto possono solo fornire il livello
di potenza sonora o il livello di pressione sonora, misurato ad una certa distan-
za e riportato al campo libero.
Pertanto è necessario correggere le misure eseguite per riportarle a condizioni di
campo libero approssimato.

19o.1 CONDIZIONI DI CAMPO LIBERO APPROSSIMATO


Il livello di rumore diminuisce con la distanza dalla sorgente.
In campo libero si ha che il livello di rumore dB2 ad una distanza L2 è dato dalla
relazione:
dB 2= dB 1 - 20 log (L 2 / L1 ), noti dB1 e L 1 (rispettivamente livello di rumore e distanza).
Ciò vale a dire che raddoppiando la distanza dalla fonte di rumore, il livello di
pressione sonoro decresce di 6 dB.
Infatti: dB2 = dB1 - 20 log 2 = dB1 - 20 · 0,3 = dB1 - 6
Pertanto nel caso si avesse un livello di pressione sonora LpA = 80 dB rilevato a
3 m e si volesse calcolare il livello di rumore a 20 m, si può usare l’equazione:
dB 2 = dB1 - 20 log (L 2 / L 1) ovvero
dB 2 = 80 - 20 log (3/ 15) = 20 - 20 log 0,2 = 20 - 14 = 6
Nel caso invece si possa ottenere una riduzione di 6 dB, ma ad una distan-
za maggiore del doppio (L 2 > 2L 1) si è in presenza di un campo libero appros-
simato.
In tal caso si può ritenere (dimostrabile attraverso le formule) che la costante
della stanza minima per ottenere una riduzione del livello di pressione sonora
uguale a 6 dB è R = 62,6 m2.
Si può anche dimostrare che l’influenza del campo sia di 1,25 dB, vale a dire che
la lettura fatta alla distanza di 1 m vada corretta di 1,25 dB, per avere il valore
in campo libero.
Se invece non si può avere una riduzione di 6 dB in qualunque direzione si
vada, si è in presenza di un campo semiriverberante.
Si possono tuttavia correggere le letture, riportandole ad un campo libero
approssimato.
La fig. 19.9 dà le correzioni da apportare ad una lettura fatta ad 1 m, per ridur-
la ad un campo libero approssimato.
Esempio: sia L p1 = 92,0 dBA lettura fatta a 1 m
e L p5 = 87,5 dBA lettura fatta a 5 m
⇒ L p1 - L p5 = 4,5 dBA
Dalla fig. 19.9 per una differenza di 4,5 dB e per una distanza di 5 m, si ha una
correzione di 1,8 dBA.
Il livello di pressione in campo libero approssimato è dunque:
LpA = 92-1,8 = 90,2 dBA

226
Sommario

fig. 19.9
Correzioni da effettuarsi
alle letture in campo
semiriverberante
per riportarle al
campo libero approssimato

CORREZIONE DEL LIVELLO SONORO


CON IL METODO DELLE DUE SUPERFICI 19p
Volendo trovare la correzione da eseguire o al livello di pressione sonora o al
livello di potenza sonora, si possono effettuare le letture per esempio alla distan-
za di 1 m e poi le letture ad una distanza maggiore (es. 3 m).
Si procede quindi nel seguente modo:
a) si determina la differenza dei valori medi ∆L p;
b) si calcola il valore delle due superfici di misura S 1 ed S 2 e se ne calcola il
rapporto S 1/ S2 ;

c) si determina il valore di C = 10 p /10;
d) si calcola il coefficiente correttivo K 2 mediante la formula:
K 2 = l0 log (C / (1- C ) ) · (S1/ S2 - 1),

fig. 19.10
Correzioni K2 per riportare
le letture ad un
campo libero approssimato

227
Sommario

Esempio Si abbia un compressore trainato da una motrice elettrica. La lunghezza ( l1)


del gruppo è di 6 m, la larghezza ( l 2) è 3 m e l'altezza ( l 3 ) è 2,3 m.
Il livello medio di pressione sonora, eseguito ad 1 m dalla macchina, su una
superficie piana parallelepipedica, è 90 dB (A). Alla distanza di 4 m dalla
macchina, il livello medio di pressione sonora è di 87 db (A).
Calcolare il livello di potenza sonora del compressore.

Essendo: a = l1 / 2 + d
b = l2 / 2 + d
c = l3 + d
la superficie è: S = 4(ab + bc +ac)
Le dimensioni delle superfici di misura sono :
a = 6/ 2 + 1 = 4 m a’ = 6/2 + 4 = 7 m
b = 3 / 2 + 1 = 2,5 m b’ = 3/2 + 4 = 5,5 m
c = 2,3 + 1 = 3,3 m c’ = 2,3 + 4 = 6,3 m
da cui le superfici di misura S1 ed S 2 sono:
S1 = 4 · (10 + 8,25 + 13,2) = 125,8 m 2
S 2 = 4 · (38,5 + 34,65 + 44,1) = 469 m2

Calcolo: C = 10 ( Lp A 1- LpA 2) /10 = 10 ( 90-87 ) /10 = 100,3 = 1,585


S1 / S2 = 125,8 / 469 = 0,2682
K 2 = 10 log ((C / (1- C ) ) · (S1 / S2 -1) ) =
= 10 log ((1,9953 / ( 1-1,9953) ) · ( 0,2682 - 1) ) =
= 10 log ((-2,0047 ) · (- 0,7318)) = 10 log 1,4670 = 10 · 0,1664
= 1,66 dB (A)
Pertanto il livello di potenza sonora corretta è dato da:
L wA = L p A1 + 10 log S1 – K 2
L wA = 90 + 10 log 125,8 – 1,66
= 90 + 21 – 1,66
= 109,34 dB(A )

Facendo uso del grafico della fig. 19.10, dove in ordinata vi è la differenza fra i
due livelli sonori ∆L p ed in ascissa il rapporto fra le due superfici di misura S1/ S2,
si trova il valore di K 2.

MISURA DEL RUMORE DELLE MACCHINE


19q (COMPRESSORI E POMPE DEL VUOTO)

19q.1 GENERALITÀ
Si fa riferimento per queste note al codice PN8NTC2.3(1) emesso dal PNEUROP
(the European Committee of Manufacturers of Compressors, Vacuum Pumps
and Pneumatic Tools), ovvero ad una procedura normalizzata che soddisfa i
requisiti della Direttiva 98/37/CE ed i requisiti di un metodo di ingegneria.

(1) - PN8NTC2.3:1998- Measurement of noise level from compressors and vacuum pumps-
Engineering method
( 2) - EN ISO 3744:1995-Acoustics-Determinator of sound power levels of noise sources using sound
pressure-Engineering method in an essentially free over a reflecting plane.
( 3) - EN ISO 9614-1:1995-Acoustics-Determination of sound power levels of noise sources using
sound intensity measurements-Method of measurement at discrete points
(4) - EN ISO 9614-2:1996-Acoustics-Determination of sound power levels of noise sources using
sound intensity measurements by scanning.

228
Sommario

Con tale metodo si è in grado di determinare il rumore emesso dalla macchina


espresso o come livello di potenza sonora o come livello di pressione sonora.
Le norme sulle quali si basa questo metodo di misura sono: EN ISO 3744:
1995(2),nel caso si faccia uso di fonometro e le EN ISO 9614-1(3) e EN ISO 9614-
2(4) nel caso si usi l’intensimetro.

SCOPO 19q.2
Lo scopo è quello di misurare, determinare ed essere in grado di dichiarare il
rumore emesso dalla macchina ovvero:
• il livello di pressione sonora LpA, espresso in dB(A), nella posizione dell’opera-
tore che, nel caso delle macchine di cui si parla, rappresenta il valore medio
delle letture effettuate nei vari punti di misura, alle condizioni di carico previ-
ste, come detto al punto 6.1 del codice PN8NTC2.3;
• il livello di potenza sonora L WA, espresso in dB (A).

DEFINIZIONI 19q.3
Per le definizioni si rimanda a quanto già detto, in precedenza; si aggiunge sola-
mente che il valore dichiarato si suole indicare come L d e che i livelli di pressio-
ne e potenza sonora, in ponderazione A, sono indicati con Lp A d e L WA d.
Il valore di Ld deve essere arrotondato al numero intero più vicino.
Il livello di pressione sonora finale L pf, sulla superficie di misura, è il valore medio
delle letture effettuate nei vari punti, corretto dei valori K1, dovuto ad un even-
tuale rumore residuo (o di fondo) e K 2, dovuto all’ambiente, più o meno river-
berante.

FUNZIONAMENTO DELLA MACCHINA 19q.4


La macchina deve essere opportunamente installata per poter funzionare in
maniera regolare e ben vincolata al terreno.
Si deve presentare funzionante e completa di tutti gli ausiliari normali indispen-
sabili ad un funzionamento e controllo corretti, secondo le prescrizioni di
fornitura.
Le prove vanno eseguite con macchina: a carico, a vuoto, e nelle condizioni
normali di progetto ed indicate sulla targa o sulla descrizione tecnica del
costruttore.

SUPERFICIE DI MISURA O PRESCRITTA 19q.5


La superficie di misura, per l'esecuzione della prova, è quella definita da un
parallelepipedo rettangolo che inviluppa la macchina, ad esclusione delle picco-
le sporgenze non fonti di rumore.
Tale parallelepipedo ha le facce alla distanza d dalla macchina, di regola 1 m.

UBICAZIONE DEI PUNTI DI MISURA 19q.6


I punti di misura situati sulla superficie di misura si dividono in:
• punti di misura principali, 1, 2, 3, 4, 9, situati nei punti cardinali e ad un’al-
tezza uguale a c/2= (l 3+d ) / 2 per i primi quattro punti e sopra il centro della
sorgente alla distanza d dalla macchina ovvero ad un’altezza c= l 3+d;
• punti sussidiari, 5, 6, 7, 8, situati ai quattro angoli della superficie prescritta e
ad un’altezza c. ( fig. 19.11 )

229
Sommario

19q.7 NUMERO MINIMO DEI PUNTI


Affinché la prova sia valida, è necessario eseguire i rilievi almeno nei:
• cinque (5) punti principali (4 nei punti cardinali ed 1 sulla verticale del centro
sorgente), qualora la lunghezza della macchina in prova sia inferiore o ugua-
le a 1,5 m
• se invece la lunghezza della macchina fosse maggiore di 1,5 m ed inferiore od
uguale a 4 m, si dovrà eseguire le letture anche nei quattro (4) punti sussi-
diari, cioè nei punti situati negli angoli di base della superficie prescritta o di
misura.
• se invece la lunghezza della macchina fosse maggiore di 4 m, si dovrà stabili-
re il numero dei punti, suddividendo la macchina in tanti parallelepipedi ugua-
li aventi come lunghezza massima 3d (ovvero 3 m).
Ad esempio se la macchina fosse lunga 6 m ci saranno 14 punti di misura; se
la lunghezza l1 fosse (6 m < l1 ≤ 9 m) ci saranno 19 punti di misura, ovve-
ro un punto per ogni faccia libera dei parallelepipedi ricavati con la suddivi-
sione (11), più i punti relativi agli spigoli di ogni parallelepipedo (8).
fig. 19.11
Posizione dei punti di misura
sulla superficie parallelepipeda

19r QUALIFICA DEL SITO DI PROVA

19r.1 GENERALITÀ
Come detto precedentemente, la qualifica del sito serve a stabilire la sua ido-
neità ed a determinare la eventuale correzione K2 da apportare, che non potrà
superare il valore di 2 dB.
Per eseguire la prova si può far uso di spazi liberi all’aperto, assimilabili a campi
liberi su superfici riflettenti, di camere anecoiche o di stanze, sale prova, purché
esse soddisfino certi requisiti.
Nel caso di una sala prova, vi sarà un pavimento piano, duro e liscio (piano rifletten-
te), normalmente in cemento o asfalto, con pareti e cielo di materiale vario, più o
meno assorbente e con al massimo due ulteriori pareti verticali riflettenti il rumore.

230
Sommario

CONFRONTO CON SORGENTE CAMPIONE 19r.2


In sala prova si proceda alla misurazione del livello di pressione sonora di una
sorgente campione (con caratteristiche in conformità alla ISO 6926) e si deter-
mini il livello di potenza sonora (L W r if), senza tener conto della correzione K 2.
Si ripeta la prova sulla sorgente di rumore in prova, determinando il livello di
potenza sonora (L W ), senza effettuare la correzione K 2.
La correzione da apportare è data dalla differenza dei valori di potenza sonora
misurati, ovvero:
K 2 = L W - L W r if
Il valore può riferirsi a misure in frequenza o a misure in scala di ponderazione A.
In tal caso è:
K2A = L WA - L WA rif

DETERMINAZIONE DELLA CORREZIONE 19r.3


PER MEZZO DELL’ASSORBIMENTO DELLA STANZA
La correzione K 2 viene calcolata mediante l’equazione:
K 2 = 10 log (1+ 4 / (A / S) = 10 log (1+ 4S /A ) dB
essendo: A la superficie di assorbimento equivalente della stanza, in m 2;
S la superficie prescritta o di misura, in m 2.
Invece dell’equazione sopra citata, si può utilizzare la fig.19.12 che dà diretta-
mente il valore di K 2 in funzione del rapporto A / S.
Per l’accettabilità del sito di prova deve risultare A /S ≥ 6 e la correzione K 2 ≤ 2 dB.
fig. 19.12
Valore di K2 (dB) in funzione
del rapporto A / S

CALCOLO DELLA SUPERFICIE EQUIVALENTE


DI ASSORBIMENTO “A” 19r.4
Definiti con: α il coefficiente di assorbimento medio del rumore, per le misure
in scala di ponderazione A (vedere tabella sottostante); Metodo approssimato

S v l’area totale delle superfici della sala prova ( pareti, soffitto e


pavimento),espressa in metri quadrati,
si ha che : A = α · Sv

231
Sommario

tab. 19.13
Valori medi di α Coefficiente (α)
di assorbimento Descrizione della stanza
medio acustico

0,05 • Stanza quasi vuota, con pareti lisce, dure, in cemento, mattoni,
mattonelle o intonacate.
0,10 • Stanza parzialmente vuota con pareti lisce.
0,15 • Stanza con macchinario, stanza rettangolare di tipo industriale.
0,20 • Stanza di forma irregolare, con mobili, oppure di tipo industriale.
0,25 • Stanza industriale o con macchinario con poco trattamento
acustico (ad esempio sulle pareti o sul soffitto).
0,35 • Stanza con trattamento acustico sia sulle pareti che sul soffitto.
0,50 • Stanza con un buon trattamento acustico sia sul cielo che sulle pareti

Metodo con uso del Il valore di A si può determinare anche tramite l’equazione che fa uso del tempo
tempo di di riverberazione, ovvero dell’intervallo di tempo affinché un rumore emesso da
riverberazione una sorgente decada di 60 dB dopo che essa sia stata esclusa (esempio: sparo
con una pistola).
Superficie di assorbimento Il valore di A è dato dall’equazione: A = 0,16 · V/ T
essendo: V il volume della sala, in metri cubi;
T il tempo di riverberazione ( ISO 354), in secondi.

Metodo delle Qualora la sala prova fosse molto piccola (larghezza e lunghezza minori di
due superfici almeno 2 volte l’altezza della sala ), si può far uso di due misure effettuate su
due superfici, S 1 ed S 2, di misura poste a distanza d1 e d 2.
Il rapporto S 1 /S 2 dovrà essere ≥ 2, meglio se maggiore di 4.

Determinati i due livelli medi di pressione sonora relativi alle due superfici, even-
tualmente corretti per il rumore di fondo, ovvero L pm1 ed L pm2, si calcola la quan-
tità M con l’equazione:
M = 10 0,1( Lp m1 - Lp m2)

ed il valore del rapporto A / S è:

Calcolo del rapporto A / S A / S = 4 · (M - 1) / (1 - M · S1 / S2)

19s ESECUZIONE DELLE MISURE

19s.1 QUALITÀ ACUSTICA DEL LUOGO DI MISURA


Prima di procedere alle misurazioni è necessario controllare che:
a) non vi siano rumori estranei da impedire l'esecuzione delle prove;

b) il vento non sia superiore a 8 m / s, se le prove sono condotte all’aperto;

c ) non vi siano ostacoli sul luogo delle misurazioni tali da inficiare i risulta-
ti delle misure;
d) vi siano i prerequisiti per effettuare la prova (§ 19r).

232
Sommario

RUMORI ESTRANEI 19s.2


Qualora esista un rumore di fondo, il cui livello in dB(A) sia tale per cui la diffe-
renza fra il livello sonoro della sorgente e quello di fondo sia minore di 10 dB(A),
bisognerà procedere al rilievo di tale livello, nei punti di misura stabiliti prima e
dopo avere eseguito la prova sulla sorgente in esame, con la stessa funzionan-
te.
Qualora tale differenza sia inferiore a 3 dB (A), la prova non è da ritenersi
valida ( norma ISO 3744 ).
Se invece si facesse uso della norma ISO 3746 (survey method ) la differen-
za deve essere ≥ 6 dB (A).
Per quanto riguarda le correzioni da apportarsi per il rumore di fondo, si riman-
da al § 19m.
Il largo impiego che si fa della misurazione in scala di ponderazione A è dovuto
alla semplicità ed al fatto che si faccia riferimento ai criteri di salvaguardia del-
l’udito, ai livelli di interferenza del discorso, dei criteri di disturbo della comuni-
tà, delle regole riguardanti il rumore dei veicoli e a specifiche d’acquisto di mac-
chine.
Tuttavia bisogna fare molta attenzione facendo uso dei dB(A), specialmente
quando si confrontano dei rumori aventi intensità e componenti diverse alle
varie frequenze.
Se prendiamo in esame, ad esempio, la fig. 19.14 si vede che per due livelli di
rumore aventi lo stesso valore di circa 97 dB(A ), letti sul fonometro, la distribu-
zione dello spettro è completamente diversa.
fig. 19.14
Due spettri di rumore diversi
aventi valore di circa 97 dB(A)

I livelli in dB (A ) sono poco adatti per scegliere del materiale fonoassorbente in


quanto esso è diverso a seconda che serva a tagliare le basse frequenze o le alte.
Quindi, quando si devono fare studi per la riduzione del rumore, è necessario
effettuare delle analisi in frequenza.

233
Sommario

Altro esempio che potrebbe portare a delle conclusioni errate, se ci si basasse


solamente sui valori in dB (A ), sono rappresentati dalle fig. 19.15 e fig. 19 .16.
Solitamente si dice che se la differenza fra il livello di pressione sonora della mac-
china in prova e il rumore di fondo supera 10 dB(A), il rumore di fondo è inin-
fluente e la prova può aver luogo.
La fig. 19.15 mostra che la macchina ha un livello di pressione sonora di 88
dB (A ), mentre il rumore di fondo ha circa 77 dB (A ).
Ebbene anche con 11 dB (A ) di differenza, i dati letti non sarebbero utili ad ecce-
zione del valore ad 8 K.
La fig. 19.16 invece mostra un caso in cui sia la macchina che il rumore di fondo
hanno un livello di pressione sonora di circa 88 dB(A).
Si direbbe che i dati di prova non sono validi, mentre tutti sono validi ad ecce-
zione del valore a 8 K.
Pertanto, a meno che i due rumori abbiano una distribuzione della frequenza
abbastanza simile, essi dovrebbero essere combinati solamente tramite l’ana-
lisi in banda d’ottava e non aggiungendo o sottraendo i livelli globali in dB(A).
fig. 19.15
Due spettri di rumore diversi,
aventi valori di LpA
di 77 ed 88 dB(A)

fig. 19.16
Due spettri di rumore diversi,
aventi valori di LpA
di circa 88 dB(A)

234
Sommario

AMBIENTE DI PROVA 19s.3


Il campo ove si effettuano le misure, secondo il codice PN8NTC2.3 deve essere
un campo libero approssimato su superficie riflettente e dovrà essere libero
da ostacoli che possano riflettere le onde sonore.
Si ricorda quanto già detto a proposito del fattore di correzione per l’ambiente,
K 2 (vedere § 19r).

MISURAZIONI DEL LIVELLO SONORO 19s.4


Le misurazioni devono essere eseguite come detto al § 19q.4, per quanto riguar-
da le condizioni di funzionamento della macchina, ed ai § 19q.5, 19q.6 e 19q.7
per ciò che concerne l’ubicazione ed il numero dei punti di misura.
Si misurano i valori dei livelli di pressione media nei vari punti, L pA n

USO DELLE LETTURE 19t

Una volta determinati i livelli di pressione sonora LpAn nei vari punti di misura , si
procederà:
• nel caso vi sia un rumore di fondo (∆L p ≥ 6) a correggere il livello di pressio-
ne sonora per il valore K1;
• al calcolo del livello medio spaziale di pressione sonora L pA m, come indicato
al § 19k, con la formula:

L p A m = LpA = 10 log
∑10

0,1LpAn

• al 2calcolo dell’area S della superficie parallelepipedica di misura espressa in


m , data dalla formula:
S = 4 (ab + bc + ca)
essendo: a = l 1 / 2 + d
b = l2 / 2 + d
c = l3 + d
dove l1, l 2, l 3 sono le dimensioni del parallelepipedo inviluppo della macchina
e d la distanza del punto di misura, che normalmente è 1 m ( fig. 19.11);

• al calcolo del livello di potenza sonora LWA ricordando che esso è dato dalla
relazione:
LWA = LpAm + 10 log S / S0

dove: L W A è il livello di potenza sonora della sorgente in prova, in dB(A);


L pA m è il livello di pressione sonora media spaziale, in dB(A);
S è la superficie di misura, in m 2;
S0 è l'area di riferimento, in m 2, il cui valore è uguale ad 1.

235
Sommario

19u DATI DA REGISTRARE

I dati che si devono raccogliere ed inserire in un rapporto sono, di massima, i


seguenti (vedere allegati 19z.3 e 19z.4):
A) Sorgente sonora in prova
• Descrizione della sorgente sonora, incluse le dimensioni
• Condizioni operative
B) Ambiente acustico
• Descrizione del luogo delle misurazioni
• Schizzo con ubicazione della sorgente e di eventuali oggetti riflettenti
• Condizioni meteorologiche
C ) Strumentazione
• Strumentazione usata per le misurazioni, cioè denominazione, tipo,
modello, numero di serie dell'apparecchiatura
• Metodo usato per la taratura dello strumento e data dell’ultima taratura
D) Dati acustici
• Dimensionamento della superficie parallelepipeda e posizione dei punti
di misura
• Valori del livello di pressione sonora, in scala di ponderazione A, rileva-
ti nei punti di misura
• Eventuali valori del livello di pressione sonora di fondo, in dB(A ), rile-
vati nei vari punti di misura
• Data in cui si sono fatte le misurazioni
Si procederà al calcolo del:
• valore medio, in ogni punto, del livello di pressione sonora
• valore corretto, per il rumore di fondo, del livello di pressione sonora in
ogni punto di misura
• valore corretto del livello di pressione sonora spaziale
• valore del livello di potenza sonora.

19v ESEMPI DI CALCOLI

19v.1 CALCOLO MANUALE

Esempio Si abbia un compressore avente dimensioni 2,35 m · 1,25 m · 1,5 m.


Le letture, nei 9 punti di misura, espresse in scala di ponderazione A,
sono le seguenti:
Sorgente + rumore di fondo:
72 - 68,1 - 69,3 - 73,2 – 68,1 – 69,5 – 69,9 – 70,1 – 71,3 dB(A )
Rumore di fondo:
60 - 61 - 61 - 60 - 60 - 60 - 61 - 60 - 61 dB (A )
Si determini il livello di pressione e di potenza sonora.
Livello medio
A) Livello medio di pressione sonora
di pressione sonora
Si esegue la correzione delle varie letture per il rumore di fondo (fig. 19.5)
e si ottengono i valori riportati nella tabella seguente, nella colonna di
sinistra: dB(A) *
Si calcola l’antilog del valore in dB (A ) diviso per 10 **
Si sommano i valori ottenuti e se ne fa la media; si calcola infine il loga-
ritmo e lo si moltiplica per 10.

236
Sommario

Letture corrette per il rumore di fondo dB(A) e calcolo del valore medio:

dB(A) * antilog dB(A) / 10 **


71,72 14,859 x 10 6
67,16 5,000 x 10 6
68,60 7,244 x 10 6
72,99 19,906 x 10 6
67,37 5,457 x 10 6
68,98 7,907 x 10 6
69,30 8,511 x 10 6
69,95 9,885 x 10 6
70,87 12,218 x 10 6
somma 90,987 x 10 6

Il valore medio è: 90,987 · 106 / 9 = 10,110 · 10 6


Il livello medio di pressione sonora è:
L pA = 10 log 10,110 · 106 = 70,05 dB (A )

I valori della correzione K i si possono ottenere anche con la formula:


∆ / 10
K i = 10 log ( 1- 10 - ),

∆ 6 7 8 9 10 11 12
Ki -1,26 -0,97 -0,75 -0,58 -0,46 -0,36 -0,28

Se la qualificazione del sito avesse determinato che la correzione K 2 è ugua-


le a 1,20 dB (A ), il valore corretto del livello di pressione sonora sarebbe:
L pA = 70,05 – 1,20 = 68,85 dB (A )

B) Livello di potenza sonora livello di


potenza sonora
Ricordando quanto detto al § 19t, cioè che il livello di potenza sonora
L W A è dato dalla somma del livello di pressione sonora L pA m e della
costante 10 log S / S 0, dato che la macchina in prova ha le dimensioni
2,35 · 1,25 · 1,5 m, la superficie di misura parallelepipedica, per d =1 m,
è S = 52,138 m 2, per cui si può scrivere:
L W A = L pA m + 10 log S / S0
L W A = 68,85 + 17,17 = 86,02 dB ( A )

RILIEVO ED ELABORAZIONE DATI 19v.2


MEDIANTE FONOMETRO B&K 2236
Il fonometro integratore di precisione B&K modello 2236 calcola il livello sono-
ro continuo equivalente ( Leq ) secondo la norma IEC 804.
Il livello Leq , come definito al § 19c.1, è una media energetica temporale ( loga-
ritmo di un'integrazione nel tempo T di misura) ed è calcolabile se il tempo T di
misura è ≥ 1 s.
Il livello Leq corrisponde al valore del livello sonoro rilevato nel punto di misura
se il fonometro è impostato con ponderazione in scala A.
Il tempo di misura T è : 5 ≤ T ≤ 10 s.

237
Sommario

19v.3 CALCOLO MEDIANTE ELABORATORE


Tramite un software realizzato dalla Bruel & Kjaer, si possono elaborare i dati
memorizzati nel fonometro e stampare i risultati.
La stampa riporta i valori del livello L eq rilevati nei punti di misura ( all. 19z.1).
I suddetti valori possono essere elaborati con il programma Excel (foglio di cal-
colo) e permettono di ottenere il livello di pressione sonora medio (L p A ), cor-
retto per il rumore di fondo eventuale ed il livello di potenza sonora (L WA ),
nota la superficie parallelepipedica di misura.
Si veda l’esempio di calcolo su 9 punti di misura riportato di seguito ( all. 19z.2).
Il valore ottenuto con l’elaboratore duplica il calcolo manuale.
Le condizioni di prova ed i risultati, sia che vengano elaborati a mano che tra-
mite PC devono essere presentati con un ”Rapporto” come mostrato nell’alle-
gato 19.20 o altro simile.

19w RUMORE NEGLI IMPIANTI

I costruttori delle macchine operatrici sono soliti definire il livello di rumore in


campo libero su superficie riflettente.
In pratica quando un compressore è installato, il livello di pressione sonora delle
macchina sarà influenzato da fattori quali:
• le caratteristiche del locale, quali la volumetria, il materiale di cui sono
costituite, le pareti ed il soffitto, nonché la presenza di altri ostacoli
• il rumore prodotto da altre macchine in marcia che, ai fini della prova,
potrebbe essere considerato come rumore di fondo
• la posizione del compressore nel locale, cioè più o meno vicino alle pareti
• il tipo di installazione: se rigida o su supporti elastici
• il tipo dei convogliatori e delle tubazioni dell'aria e dell’acqua
Normalmente una prova fatta su una macchina installata è influenzata da tutti i
fattori sopra elencati e può dare un livello di pressione sonora da 3 a 10 dB (A)
in più che la stessa effettuata in campo libero su superficie riflettente.

19y SILENZIAMENTO

La migliore tecnica di controllo del rumore è prevenire la generazione dello stes-


so o quanto meno abbassarne il livello.
Benché ciò sia possibile in molti casi, in molti altri è meglio e più economico
ridurre il rumore dopo che la macchina è stata realizzata.
In generale vi sono cinque sistemi per ridurre il rumore:
• assorbimento acustico
• isolamento acustico
• isolamento delle vibrazioni
• smorzamento delle vibrazioni
• uso di silenziatori
L'assorbimento acustico si effettua con materiale con superficie solitamente
soffice e porosa. Detto materiale, che ha un grande coefficiente di assorbimen-
to sonoro, converte l'energia sonora in calore.
I materiali fonoassorbenti sono pessimi materiali isolanti.

238
Sommario

L'isolamento acustico si ottiene invece con schermi o barriere posti fra la sor-
gente di rumore ed il luogo o punto interessato alla riduzione del rumore.
In genere l’attenuazione è proporzionale allo spessore del materiale e, nel caso
di materiale non poroso, essa è funzione della massa per unità di superficie.
L’attenuazione che esso comporta è dovuta alla diffrazione delle onde sonore
attorno alla barriera e quindi l'effetto è molto efficace alle alte frequenze.

Per quanto riguarda le vibrazioni, prima di intervenire è bene, dove possibile,


eliminarle all’origine con un miglior bilanciamento delle parti rotanti che le
producono.
Per limitare le vibrazioni si può tentare di isolarle, cioè per esempio separare le
fondazioni della macchina dalle zone limitrofe o smorzare il loro effetto median-
te materiale antivibrante (supporti, coperture in gomma dei pannelli, ecc.).
Anche le vibrazioni provocano sensibili aumenti della rumorosità ed occorre
provvedere ad un rivestimento esterno con materiale fonoassorbente in modo
da isolare il rumore.
Il rumore delle tubazioni può essere di natura meccanica e/o dovuto all'aria.
Se la causa primaria è una trasmissione meccanica, uno smorzatore di vibrazio-
ni, installato sulle tubazioni, è molto efficace.

I silenziatori sono apparecchiature usate per attenuare il rumore prodotto da


aria, o da un gas in entrata o in uscita da tubazioni od apparecchiature.
Essi si distinguono in silenziatori ad assorbimento e silenziatori reattivi.
I primi usano principalmente del materiale fonoassorbente, i secondi utilizzano
camere di espansione, tubazioni, connettori conici, ecc. e quindi non fondano le
loro prestazioni sui materiali fonoassorbenti.

ALLEGATI 19z

19z.1 - Esempio di rilievo fonometrico


con superficie di misura parallelipedica

19z.2 - Prova di rilievo del livello sonoro


Esempio di calcolo con programma ”Excel” (foglio di calcolo)

19z.3 - Modello di Rapporto di rilievo del livello sonoro

19z.4 - Esempio di Rapporto di rilievo del livello sonoro


compilato sull’allegato 19z.3 con dati e rilievi ipotetici

239
Sommario

RILIEVO FONOMETRICO
Superficie di misura parallelepipedica

Bruel & Kjaer - Fonometro 2236

Impostazioni :
File dati sorgente : C:\UTIL2236\DATI\XXX.DTA
Tipo di acquisizione : Dalla memoria del 2236
Numero di misure rilevate : 18
Ora di avvio misura : 15:44:42
Data di avvio misura : 17 Set 1999
Ponderazione in frequenza :A
Ponderazione del segnale PICCO :C
Tempo di integrazione :S
Gamma di misura : 20-100 dB
Dati provenienti da mem.LOG : Assenti
Dati globali da memoria : Presenti
Percentile Ln1 : 10 %
Percentile Ln2 : 50 %
Percentile Ln3 : 90 %
Tempo di esposizione : 08:00

Allegato 19z.1: Esempio di rilievo fonometrico con superficie di misura parallelepipedica


Note :

XXX - MATR. YYY - (1999)

Numero Misura : 001 (primo rilievo)


Ora di inizio : 15:44:42
Tempo trascorso : 0000:00:11
Ponderazione RMS :A

Dati Globali
MaxP (dB) : 92.4
MaxL (dB) : 72.3
MinL (dB) : 71.8

Leq (dB) : 72.0


SEL (dB) : 82.5
LEPd (dB) : 72.0
Ln1 (dB) : 72.0
Ln2 (dB) : 72.0
Ln3 (dB) : 71.5

Numero Misura : 002 (secondo rilievo)


Ora di inizio : 15:46:44
Tempo trascorso : 0000:00:11
..................
ecc.
..................
ecc.

240
PROVA DI RILIEVO DELLIVELLO SONORO
Esempio di calcolo con ”Excel”)
Sommario

Superficie di misura parallelepipedica Compressore: XXXX


Fonometro B & K tipo 2236C-005 Matricola: YYYYYYY

1 2 3 4 5 6 7 8 9

Livello di pressione sonora, LpAeq (*) 72,00 68,10 69,30 73,20 68,10 69,50 69,90 70,10 71,30

Rumore di fondo 60,00 61,00 61,00 60,00 60,00 60,00 61,00 60,00 61,00

Correzione, K1 -0,28 -0,94 -0,70 -0,21 -0,73 -0,52 -0,60 -0,45 -0,43

Valore corretto del punto di misura LpAn 71,72 67,16 68,60 72,99 67,37 68,98 69,30 69,65 70,87
(*) Livello di pressione sonora intergrato nell’intervallo di tempo T

Valore medio delle letture 70,48 dB(A)

Valore medio del rumore di fondo 60,47 dB(A)

Correzione per l’ambiente di prova, K2 1,20 dB(A)

68,83 dB(A)

241
Livello di pressione sonora corretto, LpA

Dimensioni della macchina, (l1 x l2 x l3) 2,35 1,25 1,50 m

Superficie del parallelepipedo 52,14 m2

Costante, 10 log S/ S0 17,17 dB(A)

Livello di potenza sonora 86,00 dB(A)

Data: 9 / 9 / 1999 Firma: G. S.


Allegato 19z.2: Prova di rilievo del livello sonoro - Esempio di calcolo con ”Excel”
RAPPORTO DI RILIEVO DEL LIVELLO SONORO
(conforme all’allegato B del codice PN8NTC2.3)

1. Descrizione della macchina: ❑ compressore ❑ pompa del vuoto PROVA Posizioni Letture - dB(A)
Sommario

Costruttore: microfoniche A B C
Modello: Matricola: 1
Velocità nominale: Portata nominale: 2
Dimensioni: l1, l2, l3 3
Tipo di motrice: (A) Letture effettuate nelle 4
Ausiliari: postazioni microfoniche 5
2. Condizioni operative della macchina durante la prova:
6

242
Velocità: Condizioni di carico: (B) Letture del rumore di fondo
7
Pressione operativa: Portata:
8
3. Condizioni di prova: (C) Letture corrette per K2 (fondo)
9
Pressione barometrica: Temperatura ambiente:
Per compressori e pompe del vuoto 10
Velocità del vento: Condizioni del tempo:
Composizione e dimensioni della superficie riflettente: il valore di LpA è il valore medio 11
rilevato sulla superficie di misura 12
4. Strumenti di misura:
(§ 6.1 PN&NTC2.3), come stabilito
Microfono: tipo matr.: 13
da EN ISO 11203
Fonometro: tipo matr.: 14
Calibratore: tipo matr.: 15
Altro: 16
Data ultima taratura: 17
5. Configurazione di prova: 18
Area superficie di misura: Altezza dal suolo: 19
Numero dei punti di misura: Distanza d:
Schizzo della posizione dei microfoni, di ostacoli, della direzione della aspirazione e mandata: Media delle letture

Correzione ambiente, K2

Liv. pressione sonora, (LpA)

Costante 10 log (S/S0)

Liv. potenza sonora, (LWA)

Liv. pressione sonora, LpA, a) calcolato


Rapporto emesso da: Data:
nella posizione operatore b) misurato
Approvato da: Data:

Allegato 19z.3: Rapporto di rilievo del livello sonoro


RAPPORTO DI RILIEVO DEL LIVELLO SONORO
(conforme all’allegato B del codice PN8NTC2.3)

1. Descrizione della macchina: ❑ compressore ❑ pompa del vuoto PROVA Posizioni Letture - dB(A)
Sommario

Costruttore: AAAAA microfoniche A B C


Modello: BBBBBB Matricola: 99 -12345 1 72,00 60,00 71,72
Velocità nominale: 2980 min-1 Portata nominale: 7,60 m3/min 2 68,10 61,00 67,16
Dimensioni: l1, l2, l3 ( 2,35 x 1,25 x 1,50 ) m 3 69,30 61,00 68,60
Tipo di motrice: motore elettrico da 45 kW (A) Letture effettuate nelle 4 73,20 60,00 72,99
Ausiliari: /// postazioni microfoniche 5 68,10 60,00 67,37
2. Condizioni operative della macchina durante la prova:
6 69,50 60,00 68,98
Velocità: 2978 min-1 Condizioni di carico: 100 % (B) Letture del rumore di fondo
7 69,90 61,00 69,30
Pressione operativa: 7,00 bar Portata: 7,55 m3/min
8 70,10 60,00 69,65
3. Condizioni di prova: (C) Letture corrette per K2 (fondo)
9 71,30 61,00 70,87
Pressione barometrica: 1,015 bar Temperatura ambiente: 18 °C
Per compressori e pompe del vuoto 10
Velocità del vento: 0,30 m / s Condizioni del tempo: buono
Composizione e dimensioni della superficie riflettente: cemento, (30 x 20 ) m2 il valore di LpA è il valore medio 11
rilevato sulla superficie di misura 12
4. Strumenti di misura:
(§ 6.1 PN&NTC2.3), come stabilito
Microfono: tipo B&K 4188 matr.: 1857735 13
da EN ISO 11203
Fonometro: tipo B&K 2236 - C 005 matr.: 1849670 14
Calibratore: tipo B&K 4231 matr.: 1859057 15
Altro: /// 16
Data ultima taratura: 30 / 3 / 1999 17
5. Configurazione di prova: 18
Area superficie di misura: 52,138 m2 Altezza dal suolo: 1,25 - 2,5 m 19
Numero dei punti di misura: 9 Distanza d: 1m
Schizzo della posizione dei microfoni, di ostacoli, della direzione della aspirazione e mandata: Media delle letture 70,48 60,47 70,03

Correzione ambiente, K2 1,20


6 2 5

243
Liv. pressione sonora, (LpA) 68,83

3 9 1 Costante 10 log (S/S0) 17,17


Superficie
di misura Liv. potenza sonora, (LWA) 86,00
7 4 8
Liv. pressione sonora, LpA, a) calcolato 68,83
Rapporto emesso da: F.F. Data: 4 / 8 / 1999
nella posizione operatore b) misurato
Approvato da: G.S. Data: 4 / 8 / 1999

Allegato 19z.4: Esempio di Rapporto di rilievo del livello sonoro compilato con dati ipotetici sul modello di rapporto 19z.3
Sommario

Note: ……………………………………………………………………………………………………………….

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244
Sommario

20
IL DIAGRAMMA
PSICROMETRICO
GENERALITÀ 20a

Il diagramma, come da fig. 20.1 è diviso in DUE SEZIONI principali:


• LA PRIMA (sulla sinistra) si riferisce alle condizioni dell’aria alla pressione
atmosferica al livello del mare, ovvero quelle dell’aria aspirata dal com-
pressore.
Sull’asse delle ascisse sono riportati le percentuali di umidità relativa (ad
esempio 30%, 50%, 70%, 90%).
Sull’asse delle ordinate sono riportati i valori di umidità specifica (gram-
mi di vapore d’acqua contenuti in un Normal metro cubo d’aria).
Le linee oblique rappresentano le varie temperature dell’aria ambiente,
sempre alla pressione atmosferica.

• LA SECONDA sezione del diagramma esamina varie trasformazioni dell’a-


ria compressa e interagisce con la prima sezione mediante l’asse delle ordi-
nate, ossia i valori di umidità specifica.
Sull’asse delle ascisse sono riportati i valori di entalpia dell’aria compres-
sa kcal/Nm3 (si ricorda che nel sistema SI bisogna usare l’unità kJ / Nm3 e
che 1 kcal = 4,1868 kJ)
All’interno due famiglie di curve: le varie temperature dell’aria com-
pressa e le diverse pressioni di lavoro, corrispondenti alle curve di satura-
zione dell’aria compressa alle pressioni di lavoro.

DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI 20b

Per determinare i vari parametri nel processo di compressione e refrigerazione si


procede come sotto descritto.

DETERMINAZIONE DELL’UMIDITÀ SPECIFICA 20b.1


Nella sezione di sinistra della tabella: conoscendo il valore noto di umidità rela-
tiva (%), e la temperatura ambiente, il punto di incontro della verticale con la
linea obliqua determina il punto (A); tracciando la retta orizzontale passante per
tale punto ci permette di determinare il punto (A') in corrispondenza del quale
si può leggere l’umidità specifica X1, ovvero i grammi d’acqua contenuti in un
Nm3 di aria.

245
Sommario

20b.2 DETERMINAZIONE DELL’ENTALPIA DELL’ARIA COMPRESSA


(entrata refrigerante)
Proseguendo in orizzontale sulla destra (linea a valore costante di umidità speci-
fica), si determinerà, sulla curva della temperatura di mandata o temperatura di
ingresso nel refrigerante, il punto (B).
Dal punto (B), scendendo in verticale, sull’asse orizzontale si leggerà il valore
dell’entalpia H1, espressa in kcal / Nm 3.

20b.3 DETERMINAZIONE DEL PUNTO DI RUGIADA E DELLA


ENTALPIA DELL’ARIA COMPRESSA (uscita refrigerante)
Dal punto (B) si torna verso sinistra, in orizzontale, fino ad intersecare la curva di
saturazione relativa alla pressione di lavoro (C).
La curva di temperatura passante per (C), indica il valore di temperatura al di
sotto del quale, proseguendo il raffreddamento, ha inizio la condensazione del
vapore d’acqua contenuto nell’aria compressa.
Nel raffreddamento dal punto (B) al punto (C), non si ha condensazione, con
solo scambio di calore sensibile.
Continuando con il raffreddamento ( sottraendo calore ) a pressione costante,
scendiamo lungo la curva di pressione ed arriviamo al punto (D): questa è la
temperatura alla quale è stata raffreddata l’aria compressa.
Il punto (D) è il cosiddetto punto di rugiada in pressione, all’uscita dal refri-
gerante. Il valore letto, scendendo in verticale, sull’asse delle ascisse,sarà l’en-
talpia H2, all’uscita dal refrigerante.

20b.4 CONTENUTO DI VAPOR D’ACQUA


ALL’USCITA DAL REFRIGERANTE
Dal punto (D), tracciando la retta orizzontale intersecheremo le ordinate e
potremo conoscere il nuovo contenuto di umidità assoluta X2, residuo di vapo-
re o condensa, che rimane nell’aria compressa (g / Nm 3).
Può, tuttavia, capitare che la temperatura di uscita dell’aria compressa dal
refrigerante sia superiore alla temperatura alla quale ha inizio la conden-
sazione del vapore.
Ciò avviene o per basso contenuto di vapore nell’aria aspirata dal compres-
sore, o per elevata temperatura dell’aria all’uscita del refrigerante.
In tal caso l’aria compressa esce dal refrigerante con lo stesso contenuto di vapo-
re con cui era entrata (non vi è condensazione) ed il punto (D) va cercato sulla
retta (B) – (C), in corrispondenza della temperatura di uscita dell’aria compres-
sa dal refrigerante.

20b.5 DETERMINAZIONE DEL CALORE SOTTRATTO


NEL REFRIGERANTE E QUANTITÀ DI CONDENSATO
Proiettando orizzontalmente il punto (D) verso sinistra, fino ad incontrare la
verticale dell’umidità relativa del 100%, si determina il punto (E) che indica la
temperatura di rugiada corrispondente alla pressione atmosferica.
A questo punto possiamo calcolare quanto calore abbiamo scambiato nel
processo di raffreddamento e quanta condensa separiamo (tramite un separa-
tore di condensa).

246
Sommario

Calore scambiato = Portata aria (Nm3/h) · (differenza di Entalpia H1 - H2)


Condensato = Portata aria ( Nm 3/ h) · (differenza di umidità, tra ingresso
e uscita dal refrigerante X1 - X2).

Esempio
In un refrigerante aria compressa - acqua vengono raffreddati 1.800 Nm3/h
d’aria compressa alla pressione relativa di 7 bar. La temperatura di ingresso
dell’aria compressa al refrigerante è di 160 °C e l’altitudine s.l.m. è prossi-
ma a 0 m. Le condizioni di aspirazione del compressore sono le seguenti:
• temperatura dell’aria: 30 °C;
• umidità relativa: 60%;
• temperatura dell’aria compressa all’uscita dal refrigerante: 35 °C.
Calcolare: il calore scambiato, la quantità di condensa all’uscita del refrigerante.

A) Si determina, come spiegato precedentemente, il punto (A), (A’) e poi X1


X1 = 20,5 g H2O/Nm 3 d’aria secca.
B) Si determina ora, nota la temperatura dell’aria compressa entrante nel
refrigerante, il punto (B) e quindi H1.
H1 = 63,5 kcal / Nm 3 d’aria secca = 265,9 kJ / Nm 3 d’aria secca
C) Essendo la pressione relativa di lavoro 7 bar, si trova il punto (C), in cor-
rispondenza del quale si legge la temperatura d’inizio condensazione del
vapore d’acqua.
tc = 60 °C
D) Nota la temperatura dell’aria compressa all’uscita del refrigerante, 35 °C,
si traccia il punto (D) e quindi H2 e quindi X2.
H2 = 14,3 kcal / Nm 3 d’aria secca = 59,9 kJ / Nm3 d’aria secca.
X2 = 5,6 g H2O / Nm 3 d’aria secca.

E) Il punto (E) indica il valore della temperatura di rugiada corrispondente


alla pressione atmosferica: +2 °C
F) Il calore ceduto all’acqua di raffreddamento è:
q = 1.800 x (63,5 –14,3) = 88.560 kcal/h = 370.783 kJ/h
F) L’acqua di condensa, prodotta nel refrigerante, in un’ora:
C = 1.800 x (20,5 - 5,6) = 26.820 g/h = 26,82 kg/h

REFRIGERANTI A VALLE DI COMPRESSORI MULTISTADIO 20b.6


Nei compressori con più stadi si usa lo stesso diagramma, facendo attenzione a:
• seguire, per il primo stadio, quanto detto sopra;
• iniziare, per il 2°, 3°, ecc., stadio, dal contenuto di umidità in uscita (A’) dal
refrigerante posto a valle dello stadio precedente e non più dalle condizio-
ni di aspirazione.

ESSICCATORI A VALLE DEL COMPRESSORE 20b.7


Il trattamento dell’aria compressa non si arresta al refrigerante finale, ma prose-
gue con un ulteriore raffreddamento mediante un essiccatore di tipo frigorifero
o ad adsorbimento, in funzione dell’applicazione dell’utilizzo dell’aria compressa.

Si può quindi calcolare la quantità i calore scambiato ed il condensato, sia che le


condizioni dell’aria siano sature o meno.

247
DIAGRAMMA PSICROMETRICO DELL’ARIA COMPRESSA
Sommario

248
A A’ B
X1

E D
X2

TEMPERATURA
H2 H1

UMIDITÀ RELATIVA % ENTALPIA SPECIFICA kcal / Nm3 1 kcal = 4,1868 kJ

fig. 20.1 - Il diagramma, completo di esempi, è disponibile, a richiesta, presso Domnick Hunter - Hiross
Sommario

21
PITTOGRAMMI
A NORME EN-1012-1
Con l’introduzione della Direttiva Macchine 98/37/CE (che ha sostituito le direttive
89/392/CEE, 91/368/CEE e 93/44/CEE) i costruttori di compressori e pompe del vuoto
(ed in generale tutti i costruttori di macchine) hanno avuto la necessità di utilizzare una
serie di simboli (pittogrammi) in luogo di messaggi di avvertimento, di obbligo e di
divieto al fine di rendere le macchine più sicure ed evitare che il personale, che su di
esse opera, subisca lesioni da un uso poco corretto delle stesse.
A questo proposito la norma EN 1012-1 (Compressors Safety Requirements) che ha
trovato il consenso dei costruttori europei, elenca una serie di pittogrammi, che pos-
sono essere usati in modo semplice e comprensivo al posto di lunghe scritte, spesso
poco comprensibili, se non sono nella lingua dell’operatore, ed anche molto ingom-
branti, soprattutto su macchine di piccole dimensioni.

Di seguito si riportano 23 simboli con la descrizione di ognuno di essi in cinque lingue:


italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo.
Il PNEUROP sta ultimando l’elaborazione di una pubblicazione che raccoglie tali simboli
in colore, il cui significato è illustrato nelle lingue della comunità europea. La pubbli-
cazione sarà disponibile a richiesta.

1 • Attenzione
• Warning
• Attention
• Achtung
• Atención

2 • Non togliere da questo compressore le istruzioni di fun-


zionamento e manutenzione e il porta manuale.
• Do not remove the operating and maintenance manual
holder from this compressor
• Ne pas retirer le manuel d’opération et d’entretien ni son
support du compresseur
• Betriebs-und Wartungsvorschriften-Handbuch und
Handbuch-Halterung nicht von diesem Kompressor
wegnehmen
• No quitar del compresor el manual de instrucciones ni su
soporte

249
Sommario

• Leggere il manuale di istruzione prima della messa in


3 funzione del compressore e prima di effettuare lavori di
manutenzione
• Read the instruction book before the operation of
maintenance of this compressor is undertaken
• Lire le manuel d’instruction avant la mise en route ou
toute opération d’entretien sur le compresseur
• Lesen Sie das Bedienungshandbuch vor Inbetriebnahme
oder Wartung dieses Kompressors
• Lea el manual de instrucciones antes de poner en mar-
cha o antes de la revisar este compresor

4 • Arresto d’emergenza
• Emergency stop
• Arrêt d’urgence
• Not Aus
• Parada de emergencia

5 • Attenzione: pericolo di scarica elettrica


• Warning: electrical shock risk
• Attention: risque de décharge électrique
• Achtung: Elektroschock-Gefahr
• Atención: peligro de choque eléctricos

• Quando si parcheggia, far uso del piede di sostegno,


6 del freno a mano e dei cunei blocca ruota
• When parking use prop stand, hand brake and wheel
chocks
• Lors d’un arrêt, mettre la machine sur son support, ser-
rer le frein à main et mettre des cales sous les roues
• Beim Parken Kippständer, Handbremse und
Unterlegkeile Benutzen
• Aparcar solamente sobre suelo llano, freno de mano
echado y asegurado con calzas

7 • Attenzione: superficie calda


• Warning: hot surface
• Attention: surface chaude
• Achtung: heiße Oberfläche
• Atención: superficie caliente

250
Sommario

8 • Attenzione: recipiente in pressione


• Warning: pressurised vessel
• Attention: réservoir sous pression
• Achtung: Behälter unter Druck
• Atención: recipiente presurizado

9 • Non sostare sulle valvole di servizio o altre parti del siste-


ma sotto pressione
• Do not stand on any service valve or other parts of the
pressure system
• Ne pas marcher sur les soupapes ou sur d’autres pièces
du circuit
• Nicht auf Wartungsventil oder andere/n
Drucksystemteile stellen/stehen
• No apoyarse nada sobre válvulas ni otras partes del
sistema de presión

10 • Non respirare l’aria prodotta da questo gruppo


• Do not breathe the compressed air from this unit
• Ne pas respirer l’air comprimé de cette installation
• Keine Druckluft von dieser Anlage einatmen
• No respirar el aire producido por esta unidad

11 • Attenzione: componente o impianto in pressione


• Warning: pressurised component or system
• Danger: composant ou circuit sous pression
• Warnung: Unter Druck stehendes Teil oder System
• Aviso: componente o sistema con presión

12 • Attenzione: flusso di aria/gas - Scarico d’aria


• Warning: air/gas flow or air discharge
• Danger: circuit de gaz - Echappement d’air sous pression
• Warnung: Luft-/Gasfluß oder - Luftaustritt
• Cuidado: flujo del aire/gas - escape de aire

251
Sommario

13 • Attezione: gas di scarico molto caldi e nocivi


• Warning: hot and harmful exhaust gas
• Danger: gaz d’échappement chauds et dangereux
• Achtung: heiße und schädliche Abgase
• Atención: gases de escape calientes y dañinos

14 • Non superare la velocità del rimorchio


• Do not exceed the trailer speed
• Ne pas dépasser la vitesse du véhicule tracteur
• Zulässige Anhängergeschwindigkeit nicht überschreiten
• No sobrepaser la velocidad autorizada del remolque

15 • Non far funzionare la macchina con la carrozzeria o le


porte aperte
• Do not operate with the doors or enclosure open
• Ne pas faire fonctionner avec les portes ou les couver-
cles ouverts
• Nicht bei offenen Türen oder loser Verkleidung betrei-
ben
• No hacer funcionar la máquina con las puertas o tapas
abiertas

16 • Attenzione: tenere sempre una corretta pressione nei


pneumatici
• Warning: maintain correct tyre pressure
• Danger: maintenez la pression des pneus correcte
• Achtung: angegebenen Reifendruck beibehalten
• Atención: manténganse los pneumáticos a la presión
indicada

252
Sommario

17 • Attenzione: per temperature di funzionamento sotto 0°


C, consultare il manuale di funzionamento e manuten-
zione
• Warning: for operating temperature below 0° C, con-
sult the operation and maintenance manual
• Attention: pour un fonctionnement à une température
en dessous de 0° C, consulter le manuel de maintenan-
ce
• Achtung: für Betrieb bei Temperaturen unter 0° C, die
Betriebs-und Wartungsvorschriften einsehen
• Atención: para empleo a temperaturas inferiores a 0° C,
consultar el manual

18 • Attenzione: consultare il manuale di funzionamento e di


manutenzione prima di iniziare qualunque lavoro
• Warning: consult the operating and maintenance
manual before commencing any maintenance
• Attention: consulter le manuel d’opération et de main-
tenance avant de procéder à toute maintenance
• Achtung: vor Beginn jeglicher Wartungsarbeiten die
Betriebs- und Wartungsvorschriften einsehen
• Atención: cunsultar el manual antes de comenzar traba-
jos de mantenimiento

253
Sommario

19 • Attenzione: prima di attaccare la barra di traino o di ini-


ziare le operazioni di rimorchio, consultare il manuale di
istruzione
• Warning: before connecting the tow bar or commen-
cing to tow, consult the instruction manual
• Danger: avant de raccorder le timon ou de commencer
à tracter, voir le manuel d’utilisation
• Achtung: vor Einhängen des Anhängers bzw vor der
Abfahrt, die Bedienungs-anleitung lesen
• Atención: antes de acoplar el remolque y de ponerlo en
marcha, lean las instrucciónes en el manual

20 • Non far funzionare la macchina senza la protezione


montata
• Do not operate the machine without the guard being
fitted
• Ne pas faire fonctionner la machine sans que la protec-
tion ne soit montée
• Maschine nicht ohne montierte Schutzvorrichtung
betreiben
• No hacer funcionar la máquina sin la guarda colocada

254
Sommario

21 • Punto di fissaggio
• Tie down point
• Point ancrage
• Stützlastpunkt
• Punto de amarre

22 • Punto di sollevamento
• Lifting point
• Point de levage
• Hebepunkt
• Punto de elevación

23 • Attenzione: non eseguire alcuna


operazione di manutenzione su
questa macchina prima di aver
staccato il collegamento elettrico
e aver scaricato completamente
l’aria in pressione
• Warning: do not undertake any
maintenance on this machine
until the electrical supply is dis-
connected and the air pressure is
totally relieved
• Attention: ne pas entreprendre
l’entretien de cette machine
avant que l’électricité ne soit
déconnectée et la pression d’air
totalement tombée
• Achtung: vor Unterbrechung der
Stromversorgung und vollständi-
ger Luftdruckentlastung keinerlei
Wartungsarbeiten durchführen
• Atención: no empezar ningún
trabajo de mantenimiento sin
haber cortado la corriente y
descargado por completo la pre-
sión de aire

255
Sommario

BIBLIOGRAFIA
ISO 1000:1992 (E) SI units and recommendations for the use of their multiples
and of certain other units
International Organization for Standardization - Switzerland
ISO 1217:1996 Displacement compressors - Acceptance tests
International Organization for Standardization - Switzerland
ISO 3857/I:1977 (E) Compressors, pneumatic tools and machines - Vocabulary -
Part I: General
International Organization for Standardization - Switzerland
ISO 3857/II:1977 (E) Compressors, pneumatic tools and machines - Vocabulary -
Part II: Compressors
International Organization for Standardization - Switzerland
ISO 5390:1977 (E) Compressors - Classification
International Organization for Standardization - Switzerland
ISO 8573-1:1991 Compressed air for general use - Part 1: Contaminants and
quality classes
International Organization for Standardization - Switzerland
PN8NTC2.3: 1998 Measurement of noise level from compressors and vacuum
pumps – Engineering method
PNEUROP - October 1998
EN ISO 3744:1995 Acoustics - Determination of sound power levels of noise
sources using sound pressure - Engineering method in an
essentially free field over a reflecting plane.
International Organization for Standardization - Switzerland
EN ISO 3746:1979 Acoustics - Determination of sound power levels of noise
sources - Survey method
International Organization for Standardization - Switzerland
Antony Barber Pneumatic Handbook
The Trade & Technical Press Limited - England
G. Cornetti Macchine a fluido
Edizioni “Il Capitello”- Torino
Ingersoll-Rand Compressed Air and Gas Data
A.W. Loomis, Editor - Published by Ingersoll-Rand Co.
T. B. Ferguson The centrifugal compressor stage
Butterworths - London
Atlas Copco Manuale Atlas Copco
Arti Grafiche Occhipinti, Milano
O. Acton Turbomacchine
UTET, Torino
Incropera - De Witt Fundamentals of Heat Transfer
John Wiley & Sons, New York
Leo L. Beranek Noise reduction
McGraw-Hill Book Co., New York
George M. Diehl Machinery acoustics
John Wiley & Sons, New York
Domnick Hunter - Hiross - Diagramma psicrometrico
Sommario

BENVENUTO BIGINO !
Credo non ci sia nulla di più qualificante e stimolante di essere chiamato a par-
lare e illustrare un’opera o, qualcosa di nuovo, che, per il suo genere, rappre-
senta un avvenimento particolare. Di nuovo c’è una iniziativa editoriale che, per
la sua struttura, i suoi contenuti, il suo linguaggio, nonché la sua presentazione
grafica, ha tutti gli attributi per essere posta al centro dell’attenzione delle pub-
blicazioni in campo tecnico.
È stato battezzato “Bigino dell’Aria Compressa” con lo spirito proprio di evitare
l’espressione: “Manuale”, usata e usurata il più delle volte a sproposito.
Perché bigino? Il vocabolario della lingua italiana a questa voce recita: “manua-
letto riassuntivo di una materia di studio”: questo è quello che abbiamo voluto
specificare e trasmettere ai lettori interessati ad approfondire la materia con pro-
fitto, sinteticamente, ma molto professionalmente.
Si tratta di un compendio di linee guida mirate all’interpretazione e applicazio-
ne pratica della tecnologia dell’aria compressa; vengono trattate varie proble-
matiche, illustrate le regole basilari e forniti i consigli utili per un corretto sfrut-
tamento, tecnico ed economico, dell’energia pneumatica. Il tutto in modo abba-
stanza inusuale ma gradevole: accompagnati in questo “viaggio” dall’ineffabile
“Barbac” la mascotte che allo scopo abbiamo creato per guidarci più agevol-
mente nei meandri dell’insostituibile mondo dell’aria compressa.
Come editori del “Bigino” pensiamo di aver interpretato e realizzato al meglio
le aspettative dei promotori dell’iniziativa: le associazioni di categoria A.I.T.A.C.-
Associazione Italiana Trattamento Aria Compressa - e A.F.I.S.A.C.- Associazione
Fabbricanti Italiani e Stranieri di Macchinari e Attrezzature ad Aria Compressa -
che seppur con modi ed interventi diversi si sono prodigate nel fornire il mate-
riale necessario alla formazione della pubblicazione. Clausola principale è stata
quella di non cadere in un linguaggio troppo per “iniziati” e quindi comprensi-
bile solo ai tecnici, ma di promuovere ed aprire un discorso anche con chi di for-
mule e logaritmi non ne ha molta dimistichezza. Il lavoro di ricerca, raccolta e di
“taglio e cuci” del materiale è stato ponderoso per tutti coloro che ci hanno
lavorato: dapprima la commissione associativa preposta, quindi la redazione e
soprattutto l’opera del coordinatore generale, l’Ingegner Giancarlo Secco, al
quale va dato merito di aver saputo conferire alla pubblicazione quell’impronta,
da noi tanto caldeggiata, che potesse rendere il testo piacevolmente leggibile e
non doverosamente studiato. Complimenti, Ingegnere, e grazie della sua pazien-
te collaborazione, senza con ciò dimenticarci di accomunare al palese esito del-
l’iniziativa il contributo di tutto lo staff che ne ha reso possibile la sua realizza-
zione. Se questa prima edizione presenta qualche imperfezione, scusatecene, la
seconda sarà certamente migliore, più corretta e completa.

III
Sommario

A.I.T.A.C.: PROMOZIONE A TUTTO CAMPO

L’Associazione Italiana Trattamento Aria Compressa - A.I.T.A.C.- è stata costi-


tuita all’inizio di novembre del 1995 per iniziativa delle Aziende che costruiscono
direttamente in Italia o rappresentano su scala nazionale fabbricanti esteri di
essiccatori, filtri e apparecchiature finalizzate al trattamento dell’aria compressa.
Gli scopi principali dell’A.I.T.A.C. sono molteplici e tutti mirati a promuovere e
qualificare l’attività e l’immagine dell’Associazione, e quindi dei suoi aderenti,
evidenziando l’importanza del trattamento dell’aria compressa nell’ambito dei
più svariati e sofisticati processi produttivi, specialmente quelli ad elevato con-
tenuto tecnologico.
L’attività dell’associazione, nei suoi primi anni di vita, registra significativi risul-
tati nella raccolta ed elaborazione dei dati statistici del mercato e di altri ele-
menti di informazione tecnico-commerciale. Inoltre intrattiene contatti con
organismi italiani ed esteri che si occupano di problemi economici tecnici e in
particolare di normative che consentono alle aziende associate di essere costan-
temente aggiornate e all’avanguardia per far fronte alle richieste di un mercato
in costante evoluzione.
La rappresentatività dell’A.I.T.A.C. è ben documentata dalle iniziative prese in
campo promozionale per quanto attiene la presenza a manifestazioni fieristiche,
gli interventi e incontri tecnico-commerciale e soprattutto il dialogo con le azien-
de concorrenti per un costante aggiornamento sull’andamento del mercato:
tutto ciò contribuisce efficacemente ad un allargamento della base associativa.
In questa ottica è stato varato anche un programma di seminari e corsi di for-
mazione da realizzarsi in collaborazione con altre Associazioni di categoria e
Istituti Tecnici, mirati a fornire un acculturamento professionale per un utilizzo
corretto e pratico dell’aria compressa.
Per facilitare l’approccio e l’analisi delle argomentazioni di comune interesse dei
soci sono attivi quattro gruppi di lavoro così identificati:
- impianti, componenti e accessori
- assistenza e manutenzione
- filtrazione
- essiccamento
L’A.I.T.A.C. aderisce alla Federazione di Associazioni dell’Aria Compressa.

La segreteria ha sede in Via Ressi 10 - 20125 Milano


Tel. 02 66710831 - Fax 02 66711085
http:/www.ariacompressa.it - E-Mail: ariacompressa@ariacompressa.it

IV
Sommario

A.F.I.S.A.C.: UNA PRESENZA PROPRIO STORICA

L’associazione Fabbricanti Italiani e Stranieri di macchinari e apparecchia-


ture ad Aria Compressa - A.F.I.S.A.C. - riunisce aziende che fabbricano o rap-
presentano costruttori esteri di compressori d’aria e gas, di macchinari e appa-
recchiature che utilizzano aria compressa.
Fondata nel 1962 le finalità dell’Associazione sono di diffondere l’uso e l’impie-
go dell’aria compressa e delle apparecchiature pneumatiche in genere, promuo-
vere la collaborazione fra gli associati per offrire alla clientela il miglior servizio,
rappresentare i propri associati in seno a Enti, Comitati, Associazioni nazionali e
internazionali, che si occupano di problemi generali, economici e tecnici e nor-
mativi riguardati lo specifico settore di mercato, con lo scopo di tutelare nel
modo migliore gli interessi comuni.
L’attività dell’Associazione si esplica attraverso riunioni generali dei Soci, nelle
quali vengono proposte ed esaminate iniziative di comune interesse, quali, ad
esempio, il rilevamento dei dati statistici di mercato, la partecipazione alle fiere,
l’adesione a Comitati Interassociativi e, in genere, la promozione di tutte quelle
azioni che rivestono un interesse generale.
L’Associazione, sia a livello nazionale che internazionale, è molto rappresentati-
va in quanto aderente alla ICAAMC - International Compressed Air and Allied
Machinary Comit - e mantiene rapporti privilegiati con le associazioni consorel-
le estere e naturalmente con il PNEUROP - European Commitee of Manu-
facturers of Compressors, Vacuum Pumps and Pneumatic Tools - per quanto
riguarda gli specifici argomenti delle normative.
All’A.F.I.S.A.C. infatti aderisce la quasi totalità degli operatori più importanti na-
zionali ed esteri che è presente sul mercato nei vari rami merceologici.
L’esame e l’approfondimento di argomenti e problematiche particolari avviene
nell’ambito dei rispettivi gruppi di lavoro così definiti:
- elettrocompressori stazionari
- ingegneria civile (motocompressori, attrezzature per la perforazione e demo-
lizione)
- utensileria pneumatica per l’industria
(È di prossima costituzione un nuovo gruppo di lavoro che si chiamerà
“Compressori di processo” con l’adesione delle primarie aziende del settore).
L’A.F.I.S.A.C. è promotrice e aderisce alla Federazione di Associazioni
dell’Aria Compressa.

La segreteria ha sede in Via Ressi 10 - 20125 Milano


Tel. 02 66710831 - Fax 02 66711085
http:/www.ariacompressa.it - E-Mail: ariacompressa@ariacompressa.it

V
Sommario

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Milano, marzo 2000
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Riproduzione totale o parziale vietata,
salvo autorizzazione scritta dell’Editore.

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