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Bellagamba- storia e antropologia

1)Il testo esplora il conce o di antropologia storica, una disciplina che si colloca al confine tra l'antropologia
e la storia. Non c'è una definizione precisa di antropologia storica, ma si fa riferimento a una tradizione
intelle uale condivisa da antropologi e storici che u lizzano fon convenzionali, come gli archivi, per
esaminare il passato a raverso l'o ca delle relazioni sociali e della dimensione culturale.

Fabie , secondo il testo, considera l'antropologia come un sapere di fron era, situato "ai margini" della
tradizione di pensiero euro-occidentale. Le sue relazioni con la storia sono descri e come la fron era della
fron era, un ambito che invita a me ere in discussione dualismi e a esplorare le connessioni fra discipline.

Piu osto che concentrarsi su una definizione rigida, Fabie suggerisce di considerare i risulta
dell'interazione tra antropologia e storia. L'antropologia storica è descri a come "percepibile" a raverso
studi specifici, pra che e sensibilità par colari, e deve essere tracciata etnograficamente seguendo le
connessioni fra contribu seleziona come rappresenta vi.

Il testo menziona due momen importan nelle relazioni tra antropologia e storia: gli anni '80, quando
l'antropologia iniziò a esplorare sistema camente la storicità delle culture, e il momento a uale. Fabie ha
contribuito a entrambi ques periodi a raverso ricerche e pubblicazioni, focalizzandosi su ques oni come
l'iden tà etnica, le relazioni tra antropologia e storia, l'epistemologia dell'antropologia e la globalizzazione.

Il presente degli antropologi è descri o come schiacciato dalla violenza dei passa che lo opprimono,
mentre la storia globale cerca di superare l'etnocentrismo residuale della storia precedente scri a dagli
Imperi coloniali. La discussione sulla fron era tra antropologia e storia con nua, sia in contes italiani che
anglofoni o francofoni. Fabie ha recentemente affrontato questa ques one a raverso l'insegnamento e lo
studio.

Il testo si conclude accennando all'interesse di Fabie per i classici della storia dell'antropologia e inizia una
discussione focalizzata su tre opere chiave degli anni '80 che hanno segnato la virata storica nella disciplina:
"Europe and the People without History" di Eric Wolf, "The Inven on of Tradi on" di Eric Hobsbawm e
Terence O. Ranger, e "Islands of History" di Marshall Sahlins. La discussione si estende poi alla ricezione di
queste opere in Italia, al contributo di Fabie e agli sviluppi recen del suo pensiero.

2)La seconda parte del testo esplora il contesto intelle uale degli anni '80, in cui l'antropologia storica si
sviluppava a raverso l'interazione tra l'antropologia e la storia. Durante questo periodo, le tradizioni
intelle uali mul ple si intrecciavano, influenzandosi reciprocamente, con una par colare influenza del
mondo anglofono sulla riflessione antropologica in Italia. Si nota un cambio rispe o agli anni '50, quando
l'antropologia mantenuta una dimensione storica so o l'influenza di Franz Boas.

Tre figure chiave di questo periodo sono Eric Wolf, Eric Hobsbawm e Terence O. Ranger. Wolf e Sahlins,
forma si alla Columbia University, erano interessa all'etnostoria e alle interconnessioni fra movimen di
persone, beni e capitale su diverse scale. Ranger, pioniere della storia dell'Africa, studiava le connessioni tra
i movimen di resistenza alla conquista coloniale e le mobilitazioni nazionaliste.

Hobsbawm, uno dei grandi storici marxis britannici, aveva pubblicato nel 1959 un lavoro sui ribelli primi vi
che influenzò l'antropologia. Le opere di ques studiosi rappresentano la maturazione di quasi tre decenni
di sperimentazione fra antropologia e storia. Si focalizzavano su diverse prospe ve: Wolf proponeva uno
sguardo di lunga durata, Hobsbawm e Ranger si concentravano sulla modernità industriale e coloniale,
mentre Sahlins affrontava l'incontro fra l'espansione britannica nell'Oceano Pacifico e le Hawaii del
dicio esimo secolo.

Ques studiosi portarono a una riflessione cri ca sul po di storia e antropologia che venivano costruite e
scri e, chiedendosi da chi e per conto di chi. Wolf, in par colare, mo vò la scri ura del suo libro "Europe
and the People without History" come risposta alla cri ca an -coloniale sviluppata durante la Guerra del
Vietnam. Il suo obie vo era far emergere come sia coloro che affermano di aver fa o la storia sia coloro a
cui la storia è stata negata fossero a vi partecipan nella stessa vicenda umana.

Inoltre, si evidenzia una divergenza di approccio tra Wolf e Sahlins, con quest'ul mo so olineando
l'esitazione di Wolf nel condurre la sua argomentazione fino in fondo. Sahlins privilegiava la considerazione
di even -chiave e la ricostruzione delle posizioni e interpretazioni degli a ori in gioco, enfa zzando
l'importanza del micro-livello dell'interazione e della reciproca trasformazione fra culture diverse. Ques
contribu rifle ono su come le popolazioni indigene avessero culture longeve e capacità crea ve di
posizionarsi rispe o alle dinamiche storiche che le avevano inves te dall'esterno, temi che sarebbero sta
esplora nelle ricerche etnografiche di Fabie tra i beduini Shammar dell'Arabia Saudita e i baluchi del
Pakistan.

3)La terza parte del testo tra a principalmente della ricezione e dell'impa o di alcune opere antropologiche
in Italia, concentrandosi su traduzioni e pubblicazioni avvenute tra gli anni '80 e '90. Viene so olineato come
tali tes abbiano influenzato la comunità antropologica italiana, ancora in fase di sviluppo in quel periodo. Si
menzionano i lavori di autori come Wolf, Sahlins, Hobsbawm e Ranger, che hanno contribuito a introdurre
nuove prospe ve nella riflessione antropologica italiana, anche se in modo meno radicale rispe o a opere
che promuovevano l'esperimento post-moderno.

L'autore riconosce l'importanza di Wolf e Sahlins per la loro mediazione con il pensiero stru uralista,
so olineando la capacità di Wolf di fornire basi per la comprensione delle connessioni e dei flussi nelle quali
si sono costrui i contes locali. Si menziona anche l'opera di Hobsbawm e Ranger che ha sfatato l'idea
dell'acri ca con nuità della tradizione, dimostrando che ri e pra che tradizionali potevano avere origini
recen .

Il testo evidenzia le diverse anime dell'antropologia italiana, comprese le influenze della tradizione
demar niana e dell'antropologia culturale. Si menziona anche il paradigma domes co, una prospe va
antropologica italiana incentrata sullo studio delle tradizioni popolari e della realtà italiana, che poteva
talvolta risultare "essenzializzante e destoricizzante."

Si parla poi dell'ambiente intelle uale della Facoltà di Le ere e Filosofia di Torino, in cui Fabie faceva parte.
Questo ambiente combinava tradizioni funzionaliste britanniche, stru uralismo francese e sviluppi
dell'antropologia simbolica e cogni va. Si evidenziano le sfide nel coniugare teoria e campo, con l'obie vo di
contribuire all'antropologia culturale e alle scienze umane in generale.

Infine, il testo tra a degli influssi e delle esperienze di Fabie , includendo il suo coinvolgimento con la teoria
poli ca di Machiavelli nelle ricerche sui beduini in Arabia Saudita e le riflessioni sulla violenza nelle comunità
baluchi del Pakistan meridionale. Fabie so olinea la necessità di un approccio compara vo e di una
riflessione cri ca sulla costruzione di modelli interpreta vi nella ricerca antropologica. La sezione termina con
un accenno al ritorno di Fabie sulla fron era fra antropologia e storia, con un desiderio di valorizzare la
capacità antropologica di esplorare connessioni e disconnessioni senza perdere di vista la concretezza
dell'esperienza umana.

4)La quarta parte del testo si concentra sugli incontri e i fraintendimen nel percorso intelle uale dello
studioso Fabie . Si apre con la considerazione che comprendere le direzioni di uno studioso è come esplorare
i "futuri passa ", i potenziali che si sono aper ma non si sono realizza . Si so olinea la tensione tra lo spazio
dell'esperienza presente e l'orizzonte di aspe a va dei sogge .

Fabie si interroga sulle domande implicitamente presen nelle sue posizioni intelle uali e sulle
preoccupazioni che lo collegano ad altri studiosi, suggerendo una sensibilità generazionale derivata dalla
condivisione delle specificità di una certa fase storica. Le sue ricerche fra i beduini d'Arabia e i baluchi vengono
considerate riflessioni sulla "storicità", un conce o che va oltre la mera memoria, abbracciando dimensioni
culturali dell'esperienza storica.

Si fa riferimento all'espressione "storicità" introdo a da Sahlins e ripresa da Hirsch e Stewart, che indica una
situazione umana in divenire dove le versioni del passato e del futuro assumono una forma presente in
relazione agli even , alle esigenze poli che e ai modelli culturali disponibili.

Dal punto di vista teorico, il lavoro di Fabie con Boru lo ha portato a considerare tre ambi di intersezione
tra antropologia e storia: la ques one delle fon , le immagini na ve della storia prodo e da ogni società e le
genealogie del sapere antropologico.

Il testo affronta anche esempi etnografici, tra cui l'analisi storico-seman ca di Todorov sulla conquista delle
Americhe e lo studio di Silverbla sulla colonizzazione spagnola del Perù. Si so olinea la complessità delle
interazioni interculturali e i fraintendimen che possono portare a conseguenze distru ve.

Infine, si discute della prospe va di Fabie sulla storia globale, facendo riferimento alle opere di Goody e
Sahlins. Si esplora l'intenzione di approfondire la riflessione contemporanea sugli aspe della decentrazione
e delle temporalità plurali. Si propone l'antropologia della storia come modo di riconoscere e comprendere
le concezioni plurali del tempo e della storia presen nelle società europee.

5)Nella conclusione, Fabie so olinea l'importanza dell'antropologia nel "vedere noi stessi a raverso gli
altri" e cri ca l'umanità narcisis ca chiusa nell'idea della propria superiorità. Fa notare il pericolo di tale
a eggiamento, che può portare all'indifferenza verso gli altri e alimentare un etnocentrismo acri co.

Negli anni '80, con la virata storica, gli antropologi affrontarono una crisi disciplinare a causa della
scomparsa rapida delle culture tradizionali. Tu avia, figure come Wolf, Hobsbawm, Ranger e Sahlins
dimostrarono che le culture si riconfigurano in nuove circostanze storiche anziché scomparire. Oggi, con
basi teoriche solide, gli antropologi possono studiare dinamiche di con nuità e discon nuità su diversi
livelli, dalla vita individuale alle comunità di ampia scala.

Fabie riconosce la necessità di ulteriori sforzi per guardare la storia colle va e individuale con
un'apprezzamento della pluralità e la ricerca di terreni comuni di comprensione. A ualmente, antropologia
e storia sono chiamate a amplificare le ricadute pubbliche delle loro ricerche. Tu avia, entrambe le
discipline sono so o assedio: l'antropologia deve affrontare la crescente esasperazione delle differenze
culturali e sociali, mentre la storia deve confrontarsi con la sfocatura del confine tra memoria e
strumentalizzazione poli ca del passato.

L'epoca in cui l'Europa poteva proclamare come verità universali i suoi orientamen culturali è tramontata,
ma persiste un'eredità che concepisce la comunicazione interculturale come un discorso a senso unico da
parte dell'Occidente. Fabie so olinea la necessità di superare questo a eggiamento e di riconoscere il
ruolo giocato dall'Occidente nella storia globale. La conclusione evidenzia le sfide e le responsabilità
dell'antropologia e della storia nell'a uale contesto socio-culturale complesso.
Faeta - Public History: immagini
Prof. -> Quanto l’uso della fotografia sia u le per fare una ricostruzione storica di com’era una società in un
determinato periodo, di come si raffigurava una certa società. La fotografia è un artefa o, un segno una
traccia che rimane e si collega al conce o di memoria e storicità.

L'autore esplora il campo della Public History, evidenziando la sua natura aperta e teoricamente sfuggente.
L'autore collega l'approccio della Public History alle intuizioni di Hannah Arendt e agli studi cri ci sulla
Shoah, so olineando l'importanza di considerare l'influsso immaginifico nella costruzione della storia.
L'antropologia, secondo l'autore, ha an cipato mol degli approcci epistemici della Public History,
specialmente a raverso l'etnografia, so olineando l'importanza della costruzione pubblica del sapere
storiografico. Si evidenzia che l'antropologia, nel suo studio delle culture e delle società, spesso si basa su
una dimensione pubblica e colle va nella generazione e nell'uso delle conoscenze.

La sintesi enfa zza anche il conce o di "altro," "all'assente" e "all'altrove" come strumento di meditazione
sulle trasformazioni storiche in corso e sulla persistenza ed evoluzione di determinate forme culturali. La
fotografia è presentata come un segno che si rivolge a un pubblico, richiamandolo a rifle ere sul significato
delle immagini e sulla costruzione della memoria colle va. Nel contesto della Public History, l'uso della
fotografia assume un ruolo chiave nel plasmare e conservare la memoria colle va, con immagini che
diventano veicoli a raverso i quali le comunità locali definiscono la propria iden tà storica. La fotografia
non solo documenta gli even , ma può essere u lizzata come strumento per reinterpretare il passato,
trasformando il dato sta co in un elemento processuale susce bile di nuove collocazioni nel contesto
pubblico contemporaneo. La partecipazione a va della comunità nel processo di selezione, esposizione e
interpretazione delle fotografie contribuisce a costruire e consolidare una narrazione storica condivisa.

Infine, la sintesi richiama l'a enzione sulla necessità di considerare a entamente il significato di "pubblico"
nel contesto della Public History, con la scala sociale e territoriale della dimensione pubblica che varia a
seconda del contesto culturale e sociale specifico di ciascuna comunità. Inoltre, si evidenzia la fotografia
come un mezzo significa vo per coinvolgere la comunità nella definizione della propria iden tà storica e per
riscrivere in chiave pubblica la narrazione del passato. La fotografia emerge come un elemento che può
trasformare la vicenda locale in storia pubblica, so olineando la sua capacità di indicare e conne ersi
all'"altro."

Ricci
1)Il testo tra a del lavoro di Antonello Ricci su un proge o di etnografia filmica iniziato nel 2005, basato
sull'approccio di Jay Ruby che ado a il linguaggio cinematografico come modalità narra va e l'etnografia
come metodo di ricerca con approccio dialogico e condiviso. Ricci, dopo anni di ricerca con fotocamera e
registratore audio, ha scelto di u lizzare la telecamera, integrando la metodologia cinematografica nella sua
ricerca, focalizzandosi su narrazione, stru ura filmica, etnografia performa va, montaggio e narrazione
etnografica.

Il proge o si sviluppa in collaborazione con Luigi Nigro, pastore di capre a Rossano, nato in Francia nel 1970,
noto anche come musicista e intagliatore di strumen musicali popolari. La narrazione di Nigro, resa in
modo performa vo, incorpora tecniche vocali e corporee, scelte lessicali ed espressive, portando alla luce
memorie eterogenee che emergono nel presente a raverso il racconto.

Il rapporto di ricerca di Ricci con Nigro, iniziato nel 2005, si concentra sulle esperienze di vita di Nigro,
presentate come un "racconto di formazione". La narrazione di Nigro, basata sulle sue esperienze di vita e
trasmissione dei saperi, offre una prospe va unica sulla formazione e trasmissione di conoscenze,
specialmente nell'ambito della oralità.
Luigi Nigro è un abile narratore che incorpora il piacere e la tecnica acquisita nell'ascolto del nonno paterno.
Il suo racconto, che compone un vasto mosaico esistenziale, rivela il processo di trasmissione dei saperi
a raverso un approccio di "oralità primaria". La narrazione di Nigro serve anche come disciplina
dell'ascolto, a vando l'emulazione e facilitando la trasmissione del sapere a raverso s moli affe vi ed
emo vi.

L'apprendistato di Nigro è funzionale all'acquisizione di regole psico-sociali di autorappresentazione e alla


costruzione del sé nelle re di relazioni sociali, specialmente quelle familiari. Il sapere acquisito da Nigro
non è solo un insieme di ricordi nostalgici, ma un sapere vivo e in con nua evoluzione, costantemente
ada ato alle circostanze contemporanee. Nigro disassembla e rimonta con nuamente il suo sapere,
creando un risultato sempre nuovo.

2)Il secondo capitolo del testo descrive la relazione tra l'autore, Antonello Ricci, e il sogge o della sua
ricerca, Luigi Nigro, un pastore di capre. La connessione tra i due si è sviluppata a raverso una serie di
raccon di vario genere, spesso non dire amente correla alla ricerca, ma fondamentali per costruire
un'intesa. I due trascorrono serate intorno al tavolo di cucina di Nigro, immergendosi in intrica raccon
provenien dalla sua memoria.

Nigro, pur avendo inizialmente narrato episodi più audaci di cara ere ero co, si addentra progressivamente
nelle in mità dei suoi rappor familiari, illustrando il processo forma vo che lo ha portato a diventare
pastore e acquisire competenze professionali. Il testo descrive de agliatamente come il contesto dei
raccon si estenda a luoghi e tempi diversi, spesso durante pomeriggi al pascolo o visite ai luoghi della sua
infanzia.

Il narratore, Luigi Nigro, presenta una capacità straordinaria di evocare memorie a raverso la narrazione,
trasformando il passato in un panorama vivido e mul sensoriale. La narrazione stra ficata, complessa e
spazialmente ar colata rende i ricordi e le esperienze delle persone del passato tangibili nel presente.

Il testo evidenzia anche la costruzione della memoria di Nigro a raverso il processo di formazione infan le-
adolescenziale, cara erizzato da una disciplina dell'ascolto e dall'incorporazione di saperi trasferi
a raverso il racconto del nonno. Il processo di trasmissione dei saperi avviene principalmente a raverso
l'oralità primaria, con una dida ca che si basa sull'esempio culturale familiare e sull'ascolto disponibile.

Infine, emerge la volontà di Nigro di condividere le sue storie con l'autore, spinto dall'idea che il lavoro
dell'antropologo consista nell'ascoltare e documentare le storie degli altri. Il testo rileva una sorta di
"alleanza etnografica" tra i due, in cui l'interesse dell'antropologo alimenta la volontà del narratore di
condividere le sue esperienze di vita, creando un'in mità significa va e arricchente per entrambi.

3)Il terzo capitolo del testo si focalizza sulla metodologia u lizzata dall'autore, Antonello Ricci, nell'ambito
della sua ricerca etnografica con Luigi Nigro, il pastore di capre. L'autore si rifà alla lezione di Jean Rouch e
alla sua concezione del "dono etnografico", in cui il sogge o della ricerca offre se stesso al ricercatore, e
quest'ul mo res tuisce un "controdono" a raverso la produzione audiovisiva.

Un aspe o cruciale di questo dono etnografico è l'acce azione da parte di Nigro della presenza costante di
Ricci nella sua vita quo diana. Questa relazione di reciproco coinvolgimento crea un'atmosfera di in mità e
condivisione di spazi e a vità, che è fondamentale per o enere un'indagine approfondita secondo la
prospe va delineata nell'opera. Non vi è una separazione ne a tra interviste formali e la vita quo diana di
Nigro; al contrario, la presenza del ricercatore è integrata nella rou ne del sogge o della ricerca.

La narrazione etnografica di Nigro viene esplorata a raverso il mezzo del cinema, e l'autore rifle e sulla
reciprocità etnografica che emerge durante la fase di indicizzazione del materiale girato. La visione del
materiale filmico porta a una sensazione di reciproco coinvolgimento e dialogo corporeo tra la
rappresentazione delle esperienze di Nigro e le scelte formali di Ricci nella creazione del film.
Si evidenzia la sintonia diale ca tra la narrazione di Nigro e le scelte visive di Ricci, creando un dialogo
cine co che coinvolge gli spe atori. L'uso di inquadrature e movimen in sintonia con le emozioni e i
sen men narra contribuisce a creare un'intensa esperienza visiva e sensoriale.

Il testo so olinea anche la complessità del processo di montaggio, analogo al meccanismo della memoria.
La narrazione di Nigro, definita come un'etnosceneggiatura, viene organizzata a raverso il montaggio delle
immagini, creando una trama intrecciata e dinamica che richiama la natura complessa delle idee di
tradizione e trasmissione. La tradizione emerge come un fenomeno storico, anacronis co, conscio e
inconscio, fa o di oblio, scoperte, inibizioni, distruzioni, assimilazioni e inversioni di senso.

In conclusione, il capitolo so olinea l'importanza della metodologia di lavoro, in cui l'etnografia del racconto
si traduce in modo efficace nell'etnografia filmica, evidenziando le sfide e le ricchezze intrinseche nel
processo di rappresentare la complessità della memoria e della tradizione.

4)Nella quarta parte del testo, l'autore Antonello Ricci racconta il suo approccio al montaggio dei materiali
raccol durante la ricerca etnografica con Luigi Nigro. Ha iniziato il montaggio in modo episodico,
presentando frammen del lavoro in pubblico per valutarne la validità comunica va. Durante questa fase,
ha sperimentato forme di montaggio che fossero in relazione con l'aspe o "anacronis co" e con il
movimento inquieto di scomposizione e ricomposizione dei flussi di memoria presen nel racconto di Nigro.

Una parte significa va dei materiali riguarda la pra ca della macellazione del maiale e la sua trasformazione
in cibo. Nel contesto culturale di Luigi Nigro, il maiale simboleggia abbondanza alimentare e benessere
psico-fisico. Nigro alleva e macella personalmente i maiali ogni anno, trasformando la carne in vari prodo
come salumi e carne fresca. Questo processo coinvolge lo smembramento e la ricomposizione dell'animale
in nuove unità, un procedimento che richiede sia conoscenze tecniche che capacità crea ve. (Qui emerge la
centralità della macellazione del maiale nella cultura di Nigro, che va oltre l'aspe o alimentare, diventando
un processo complesso di smembramento e ricomposizione con valenze simboliche e este che.)

L'autore so olinea che questo processo di trasformazione del maiale è assimilabile a un linguaggio
complesso nella cultura contadina europea, che esprime valori, coesione sociale e funge da modello del
mondo.

In modo interessante, l'autore ipo zza che il modo in cui Nigro organizza e esprime i raccon possa essere
paragonato al modello di montaggio u lizzato nella preparazione del maiale. Analogamente all'animale che
viene scomposto in frammen e ricomposto in nuove unità, i raccon di Nigro emergono a raverso un
processo simile di disaggregazione e riorganizzazione dalla memoria, che è connesso alla crea vità
intrinseca al con nuo processo di rielaborazione della memoria orale.

I raccon di Nigro vengono pensa e riflessi nel tempo e nello spazio degli incontri con l'autore, ma anche
durante i momen di riflessione solitaria o nelle a vità quo diane come l'accudimento degli animali.
Ques raccon vengono poi formalizza durante le sessioni di registrazione con la telecamera, concludendo
il loro percorso nel montaggio filmico. Infine, il risultato del montaggio viene valutato in un processo di
comunione tra Nigro e l'autore.

5)Nella quinta e ul ma parte del testo, l'autore Antonello Ricci rifle e sul principio della scomposizione e
della ricomposizione, propri del montaggio filmico, paragonandolo al groviglio di memorie intrecciate della
ricerca etnografica. Questo processo, definito "conoscenza a raverso il montaggio" da George Didi-
Huberman, coinvolge la messa in relazione di elemen eterogenei per costruire un nuovo significato.
L'autore so olinea il principio del "punto di vista anacronis co" come fondamentale per me ere in
"collisione" diverse cronologie, offrendo una finestra sul passato che può richiamare in vita nel presente.

L'etnografia, con la sua metodologia del tempo presente, esplora il tra o anacronis co nei corpi, nelle cose
e nelle idee, affrontando i de agli insignifican come parte integrante della cultura. L'autore, ispirandosi a
Walter Benjamin, suggerisce che il passato debba diventare un rovesciamento diale co, irrompendo
improvvisamente nella coscienza risvegliata.

Nel suo lavoro, Antonello Ricci ipo zza di a vare il cara ere anacronis co dell'ogge o-sogge o etnografico
a raverso il cinema, u lizzando il montaggio come meccanismo crea vo e "a ra vo". Questo processo
cerca di far emergere e a vare le relazioni cronologiche nel racconto, esplorando i varchi temporali aper
dalla memoria.

L'autore offre un esempio pra co di questo approccio con uno degli episodi già monta , mostrando come le
sequenze tra e da momen diversi della ricerca, con contes varia e a vità differen , siano alternate nel
montaggio per mantenere viva l'a enzione dello spe atore. Nel caso specifico, un primo piano delle mani
di Nigro impegnate nella costruzione di una zampogna si alterna al racconto della prima volta in cui ha
sen to il suono di uno strumento simile costruito dal nonno.

L'alternanza delle sequenze gioca un ruolo chiave nel mantenere l'a enzione, mentre la memoria del nonno
è evocata a raverso episodi e ricordi che creano una rete di relazioni tra il presente osservato e il passato
ascoltato. L'autore evidenzia come il montaggio filmico sia u lizzato in modo crea vo per far emergere la
memoria del suono, della musica e dei ges , offrendo uno sguardo complesso sulla cultura di Luigi Nigro.

Pennacini
Scale a sintesi:

Premessa sulle immagini nell'antropologia visiva:


 Le immagini sono fondamentali nella ricerca etnografica, svolgendo il ruolo di strumen di raccolta
da e ogge da raccogliere.
 L'importanza delle immagini è accentuata con l'avvento dei media moderni e la globalizzazione
culturale.
 La prospe va transculturale dell'antropologia offre un modo originale per analizzare e interpretare
le immagini a raverso la comparazione di culture visive diverse.
 Le immagini sono percepite e trasformate cogni vamente ed este camente, diventando prodo
culturali archivia nell'immaginario e trasmessi a raverso i media.
 Riflessione filosofica ed este ca sui conce di immagine, immaginario e immaginazione.

Capitolo sull'Osservazione (partecipante):


 Importanza centrale dell'osservazione nell'etnografia, con un'immersione del ricercatore
nell'esperienza quo diana.
 L'osservazione è considerata l'aspe o centrale del metodo antropologico.
 Discussione sulla natura dell'osservazione scien fica del comportamento umano.
 Esplorazione della visione ecologica della percezione visiva di James Gibson.
 L'ada amento con nuo della percezione visiva a nuovi ambien .

Capitolo sulla Produzione di immagini:


 Immagini come tracce interiorizzate di percezioni visive secondo James Gibson.
 Immagini come base dell'esperienza onirica, allucinatoria e creazione ar s ca di mondi fi zi.
 Ruolo dell'immaginazione come dimensione intermedia tra percezione dire a e produzione di
rappresentazioni visive concrete.
 Importanza dell'immaginazione nella formazione di immaginari colle vi.
Capitolo sulle Immagini degli altri:
 Trasformazione dell'immaginario individuale in forme colle ve a raverso la circolazione di figure.
 Studio delle pi ografie nel Messico preispanico come tes monianze della vita e dell'immaginario
locale.
 Incontro/scontro tra l'immaginario del Messico preispanico e quello dell'Europa cris ana durante la
conquista.
 Analisi dei diversi pi di corpus visivi sul campo.

Capitolo Quando gli altri fotografano:


 Ruolo chiave della fotografia e cinematografia nell'antropologia visiva.
 Uso della fotografia nelle rappresentazioni europee dell'alterità durante il colonialismo.
 Appropriazione delle tecnologie fotografiche da parte delle popolazioni sogge e.
 Trasformazione degli immaginari colle vi con l'adozione globale delle tecnologie visive.

Capitolo Archivi visivi:


 Pra ca di archiviare documen visivi per preservare la memoria storica e culturale.
 Esempi di archivi familiari, musei e is tuzioni che conservano immagini significa ve.
 Trasformazione delle pra che di archiviazione con l'avvento della Rete.

Capitolo Fotografie etnografiche:


 Evoluzione della fotografia etnografica da documentazione a strumento di indagine.
 Importanza della prospe va culturale nella percezione delle fotografie.
 Fotografia etnografica come strumento di condivisione tra etnografo e comunità locale.

Capitolo Produrre immagini con gli altri: dal film etnografico al video digitale:
 Uso del cinema e del video nell'antropologia visiva, dalla sua fase iniziale all'era digitale.
 Tendenze nel cinema etnografico, inclusa la partecipazione delle comunità nella produzione di
immagini.
 Approccio partecipa vo per rendere le rappresentazioni più rispe ose e inclusive.

La premessa del testo di Cecilia Pennacini so olinea l'importanza delle immagini nell'ambito della ricerca
etnografica, considerandole sia come rappresentazioni visive concrete sia come rappresentazioni mentali
colle ve. Le immagini sono descri e come strumen di raccolta da e, contemporaneamente, come
ogge da raccogliere. Si evidenzia la complessità delle interazioni nella comunicazione visiva, specialmente
con l'avvento dei media moderni come fotografia, cinema, televisione e Internet, che contribuiscono alla
globalizzazione culturale.

Il testo so olinea la centralità delle immagini nelle diverse culture e il ruolo chiave che svolgono nel
processo di globalizzazione culturale. La prospe va transculturale dell'antropologia è indicata come un
contributo originale per analizzare e interpretare le immagini a raverso la comparazione di culture visive
diverse.

Si evidenzia inoltre come le immagini vengano percepite e trasformate cogni vamente ed este camente,
diventando prodo culturali archivia nell'immaginario e trasmessi a raverso i media. La riflessione
filosofica ed este ca sui conce di immagine, immaginario e immaginazione è presentata, con par colare
a enzione alla dimensione virtuale delle rappresentazioni e alla loro natura non verbale.

Si menziona la capacità delle immagini di costruire universi fi zi, cosmologie e mondi immaginari,
so olineando l'importanza dell'ancoraggio alla percezione visiva nella raccolta di rappresentazioni visive.
L'autrice richiama il potenziale persuasivo delle immagini, evidenziando al contempo il loro potenziale di
libertà crea va e cambiamento, con riferimento al conce o di "agency" in antropologia.
Infine, la premessa delinea la stru ura del capitolo, an cipando una revisione sinte ca dei processi che
consentono agli esseri umani di percepire e rielaborare visivamente la realtà, in preparazione alla
presentazione dei metodi di ricerca nell'ambito dell'antropologia visiva.

Il capitolo sull'"Osservazione (partecipante)" inizia evidenziando l'importanza centrale dell'osservazione


nell'ambito della ricerca etnografica. Si so olinea che, nonostante l'aggiunta di altre pra che di ricerca,
l'osservazione rimane una costante durante tu o il corso della ricerca. L'immersione del ricercatore
nell'esperienza quo diana e imprevedibile, l'essere là e l'osservare, sono considera aspe fondamentali
della riflessione antropologica.

L'autrice afferma che l'osservazione, nel senso di percezione visiva, cos tuisce l'aspe o centrale del metodo
antropologico. Si fa riferimento alle parole di Bronislav Malinowski, che nel 1922 indicò l'osservazione
dire a e sistema ca dei comportamen come uno degli elemen chiave del metodo etnografico.

Il testo solleva domande sulla natura dell'"osservazione scien fica" del comportamento umano,
so olineando la necessità di comprendere come ci si prepara a tale osservazione e cosa si spera di o enere
da essa. Si accenna alla varietà di "culture dello sguardo" e all'idea che il modo in cui percepiamo il mondo
sia influenzato da addestramen culturali o professionali.

Successivamente, si esplora la natura dell'osservazione e della visione in generale. Si fa riferimento alla


teoria di James Gibson, che proponeuna visione ecologica della percezione visiva, so olineando
l'interazione tra sogge o e ambiente. Si evidenzia che la percezione visiva è influenzata dall'ambiente socio-
culturale e che la visione stessa è appresa e addestrata.

Si discute anche della percezione visiva come a o psicosoma co nel presente, so olineando che la visione
è un processo dinamico che si ada a con nuamente a nuovi ambien . Si fa riferimento alle complesse
interazioni tra percezione visiva e ambiente e al conce o che l'"occhio che vede è un organo della
tradizione".

L'autrice so olinea l'importanza per l'etnografo di apprendere a guardare in modo nuovo quando si trova in
un contesto perce vamente diverso da quello di provenienza. Si conclude con l'idea che ca urare il "punto
di vista del na vo" è il risultato di un processo di avvicinamento di prospe ve e percezioni visive, un
obie vo impegna vo ma raggiungibile a raverso l'assunzione della posizione occupata da qualcun altro
nell'ambiente.

Il capitolo sulla "Produzione di immagini" inizia con la prospe va di James Gibson, secondo il quale le
immagini sono tracce interiorizzate di percezioni visive, conservate come consapevolezze di un ambiente
passato. Queste immagini persistono nella mente so o forma di rappresentazioni immaginarie,
comunicando anche quando l'ogge o originale non esiste più.

Si so olinea che le immagini riguardano principalmente il passato ma possono anche essere u lizzate per
pensare a futuri ambien o even . Le immagini cos tuiscono la base dell'esperienza onirica, allucinatoria e
della creazione ar s ca di mondi fi zi.

Il testo esplora la natura delle immagini come tracce mnemoniche e astrazioni di percezioni visive,
so olineando che vivono nella mente come persistenze virtuali prima di essere fissate su suppor concre
a raverso diverse tecniche ar s che.

Si introduce il conce o di immaginazione come dimensione intermedia tra la percezione dire a


dell'ambiente e la produzione di rappresentazioni visive concrete. Questa dimensione è considerata
complessa e viene spesso tra ata da psicologi, psicoanalis e semiologi, oltre che dagli antropologi.
Si so olinea l'importanza antropologica dell'immaginazione, poiché le immagini sono prodo e e condivise
socialmente, contribuendo alla formazione di immaginari colle vi che giocano un ruolo cruciale nelle
dinamiche culturali.

L'autrice cita Rudolf Arnheim, uno storico dell'arte, che introduce il conce o di "pensiero visivo" e sos ene
che non possiamo pensare senza immagini. Arnheim collega le operazioni mentali complesse, come
l'astrazione e la generalizzazione, alle immagini mnemoniche e alle forme visive.

Si discute dell'immaginario come serbatoio di immagini da cui si a nge per produrre varie
rappresentazioni, so olineando che tu e le raffigurazioni si trovano a metà strada tra la percezione del
reale e l'immaginazione. La distanza da ciascuna di queste dimensioni determina il grado di realismo o
finzione delle rappresentazioni.

Infine, si conclude con l'idea che le immagini sono una risorsa fondamentale per l'etnografia, non solo come
strumento ma anche come fonte di conoscenza primaria, poiché le immagini prodo e e condivise
culturalmente possono essere analizzate ai fini della ricerca etnografica.

Il capitolo sulle "Immagini degli altri" inizia con l'idea che l'immaginario individuale si trasformi in forme
colle ve a raverso la circolazione di figure a raverso vari canali comunica vi. Si fa riferimento a studiosi
come Aby Warburg, gli storici dell'arte iconologici e Serge Gruzinski, che hanno studiato la produzione e la
circolazione di immagini in contes culturali diversi.

Si esplora l'uso della pi ografia nel Messico preispanico, so olineando la presenza di varie forme di
espressione visiva, come le pi ografie che narrano cronache di guerra, divinazioni, raccon mitologici e
altre informazioni culturali. Queste pi ografie sono considerate tes monianze straordinarie della vita e
dell'immaginario locale prima della conquista spagnola.

Si menziona l'importanza delle rappresentazioni visive delle divinità e degli spiri ancestrali nel Messico
preispanico e come queste siano diventate bersagli di a acchi cris ani dopo la conquista. La predicazione
ca olica, fondata su una tradizione pedagogica basata sulle immagini, cercò di sos tuire gli "idoli" locali con
immagini cris ane, ma la colonizzazione dell'immaginario si rivelò essere un processo lento e parziale.

Si evidenzia l'incontro/scontro tra l'immaginario del Messico preispanico e quello dell'Europa cris ana
durante la conquista, descrivendo la guerra di immagini che ne derivò. Nonostante la disparità di mezzi e la
superiorità tecnologica degli spagnoli, la colonizzazione dell'immaginario fu un processo che non riuscì a
cancellare completamente la tradizione visiva preesistente.

Il capitolo termina so olineando che i ricercatori possono trovare diversi pi di corpus visivi sul campo, dai
repertori pi orici e scultorei alle tradizioni di mo vi visuali su vari suppor . L'analisi di ques corpus
consente di affrontare i temi negli immaginari colle vi e comprendere le dinamiche storiche che si
sviluppano a raverso re di connessioni interculturali o confli tra sistemi diversi.

Il capitolo "Quando gli altri fotografano" esplora il ruolo chiave della fotografia e della cinematografia
nell'antropologia visiva, concentrando l'a enzione sulla trasformazione degli immaginari colle vi a par re
dal XIX secolo. Si evidenzia come la fotografia, sos tuendo disegno e pi ura, diven uno dei principali mezzi
per ca urare e diffondere rappresentazioni visive.

Walter Benjamin viene citato per il suo saggio del 1936, in cui so olinea come la riproducibilità tecnica
dell'opera d'arte modifichi il rapporto delle masse con l'arte, ma non an cipa gli effe transculturali
dell'adozione globale delle tecnologie visive da parte delle masse. Il colonialismo, coincidendo con l'ascesa
della fotografia, porta a un ampio u lizzo di quest'ul ma nelle rappresentazioni europee dell'alterità,
u lizzando le immagini come strumento di controllo poli co e cogni vo.
Gli europei cercano di ritrarre l'umanità, compresi gli "altri", usando la fotografia come parte di una
classificazione di pi umani nell'ambito dell'antropologia posi vis ca o ocentesca. Tu avia, le popolazioni
sogge e si appropriano presto di questa tecnica, u lizzandola a loro vantaggio.

L'opera di Christopher Pinney sulla storia della fotografia in India è citata come esempio di ricerca visiva
basata sull'analisi diacronica di un vasto repertorio fotografico. Gli indiani, aprendo studi fotografici e
ado ando s li più vicini alla ritra s ca europea, incorporano la fotografia nelle loro rappresentazioni
culturali.

La fotografia, a par re dalla metà del XIX secolo, si diffonde in tu gli aspe della vita sociale in Occidente
e altrove, contribuendo a veicolare modelli sociali e sistemi di valori. Queste immagini, conservate su
suppor che ne perme ono la circolazione e l'archiviazione, diventano preziose tes monianze del passato,
equiparabili a documen scri o sonori.

L'analisi dei repertori fotografici può concentrarsi su pi specifici di fotografie, come quelle di famiglia, che
forniscono informazioni de agliate sulla storia familiare e sui modelli sociali. Il capitolo so olinea anche
l'uso emergente della tecnologia digitale nella ripresa di immagini in movimento, che sta "democra zzando"
la produzione di video e contribuendo alla documentazione antropologica contemporanea.

In conclusione, il capitolo delinea il ruolo centrale della fotografia e della cinematografia nell'antropologia
visiva, evidenziando come queste forme di rappresentazione visiva siano intrinsecamente legate alla
trasformazione degli immaginari culturali nel corso della storia.

l capitolo "Archivi visivi" esamina la pra ca di archiviare documen visivi con l'intento di preservare la
memoria storica e culturale. Gli archivi familiari fotografici rappresentano una forma comune di raccolta di
documentazione visiva, mantenendo nel tempo la storia familiare e offrendo informazioni de agliate
sull'individuo e sulle relazioni sociali. Gli en pubblici o priva , come musei, fondazioni e is tuzioni,
conservano archivi visivi significa vi che documentano il passato a raverso fotografie o filma .

Vengono cita esempi come l'archivio dei fratelli Alinari di Firenze e la fondazione Sella di Biella, che
custodisce le fotografie di esplorazione di Vi orio Sella. Queste raccolte forniscono preziose tes monianze
visive di contes storici e culturali specifici.

Nel contesto cinematografico, si menzionano i primi proge di "salvataggio visivo" come gli Archives de la
planète di Albert Kahn e Jean Brunhes, che documentavano usi e costumi in varie par del mondo prima
della Prima guerra mondiale. Un altro esempio è l'Encyclopaedia Cinematographica, un archivio di filma
dagli anni '50 che documentano comportamen motori e rituali di diverse culture.

Il capitolo so olinea anche la trasformazione delle pra che di archiviazione con l'avvento della Rete,
consentendo un accesso globale e immediato a un vasto archivio di immagini provenien da tu o il mondo.
Nonostante la mancanza di controllo e la scarsa affidabilità delle fon , la circolazione ampia di informazioni
a raverso questo canale offre a chiunque un ricco deposito di immagini di vario genere.

Infine, si discute della sfida e delle opportunità rappresentate dai nuovi contes di raccolta da , come la
Rete e i media a distanza. Si so olinea l'importanza di integrare l'osservazione dire a con queste nuove
forme di raccolta da , aprendo la strada a ricerche mul situate o delocalizzate.

Il capitolo "Fotografie etnografiche" esplora l'evoluzione della pra ca della fotografia e cinematografia
etnografiche all'interno del contesto antropologico. Inizialmente, durante l'"epoca dei musei",
l'antropologia visiva era orientata verso la raccolta di immagini sul campo per costruire documentazioni
enciclopediche di comportamen , rituali e tecnologie di culture considerate a rischio di es nzione. Tu avia,
questa raccolta spesso mancava di un'analisi approfondita dei significa locali.
Solo intorno agli anni '30 del Novecento, gli antropologi, tra cui Gregory Bateson e Margaret Mead,
cominciarono a esplorare le potenzialità euris che della fotografia e cinematografia etnografiche. Ad
esempio, Bateson e Mead usarono la documentazione visiva a Bali per studiare l'ethos, il retroterra emo vo
della cultura, a raverso comportamen ineffabili e espressioni facciali.

Gli anni '70 videro una nuova concezione della fotografia etnografica come strumento di indagine invece
che semplice documentazione visiva. John e Malcolm Collier, negli anni '70, posero la fotografia al centro
della pra ca etnografica, considerandola uno "apriscatole" che facilita la comunicazione tra l'etnografo e la
comunità studiata. La fotografia diventa quindi uno strumento di condivisione che coinvolge la comunità nel
processo di costruzione della rappresentazione etnografica a raverso la visione e la discussione delle
immagini.

Si so olinea che ogni fotografia è intrinsecamente legata a una prospe va culturale specifica e che la
cultura visiva dell'etnografo influisce sulla percezione della fotografia. Le fotografie antropometriche del
passato rifle evano una rappresentazione coloniale dell'alterità, riducendo i sogge a pi umani
comparabili e classificabili. Al contrario, approcci più moderni, come quello di Bateson e Mead, cercano di
ca urare comportamen e relazioni sociali complesse a raverso la fotografia.

Inoltre, la fotografia etnografica non è solo un mezzo per documentare ma è anche parte integrante della
comunicazione tra l'etnografo e la comunità locale, richiedendo una consapevolezza della cultura visiva di
entrambi. La percezione delle fotografie etnografiche è dunque modellata da una dinamica interculturale
che rifle e il confronto tra la cultura visiva dell'etnografo e quella del gruppo studiato.

Il capitolo "Produrre immagini con gli altri: dal film etnografico al video digitale" esplora l'evoluzione
dell'uso del cinema e del video nell'ambito dell'antropologia visiva. Fin dalle prime spedizioni etnografiche,
gli antropologi hanno u lizzato entusias camente il cinema, sebbene inizialmente in modo piu osto
ingenuo. Pionieri come Alfred Cort Haddon realizzarono riprese cinematografiche durante le loro ricerche.

Tu avia, l'apice dell'antropologia visiva è spesso a ribuito a Robert Flaherty, che nel 1922 diresse "Nanook
of the North", considerato il proto po del film etnografico. Flaherty lavorò con la collaborazione profonda
della comunità Inuit, in par colare con il cacciatore Nanook e la sua famiglia. Questo approccio
collabora vo contribuì al successo del film, che diffuse la cultura Inuit nel mondo.

Il cinema etnografico si sviluppò come una forma d'arte autonoma, con autori come Jean Rouch che
introdussero il conce o di "cinéma-vérité". Rouch, in par colare, abbandonò progressivamente la scri ura
etnografica a favore del cinema, introducendo anche l'idea di "etnofic on".

Negli anni '50 e '60, emersero due tendenze principali: il "cinema d'osservazione", che cercava di ridurre al
minimo l'intervento del regista, e il "cinema partecipa vo", basato sulla collaborazione tra antropologi e
comunità locali.

L'avvento delle tecnologie digitali negli ul mi decenni ha abbassato i cos di produzione, consentendo una
maggiore partecipazione delle comunità studiate nella creazione di immagini. Ci sono due tendenze
principali: il trasferimento delle tecnologie ai membri delle comunità, consentendo loro di registrare la
propria visione del mondo, e la collaborazione produ va tra etnografi e comunità locali.

La produzione di immagini diventa così un processo collabora vo, in cui antropologi e membri delle
comunità negoziano proge insieme. Questo approccio partecipa vo mira a rendere le rappresentazioni
più rispe ose e inclusive, con il video che diventa un terreno comune su cui entrambe le par si
confrontano. L'obie vo è creare una rappresentazione etnografica condivisa che incorpori la diversità di
voci e visioni, senza cercare di uniformarle. La decolonizzazione delle metodologie etnografiche implica un
dialogo paritario che riconosce e rifle e sulle differenze culturali, senza delegare completamente la
rappresentazione di sé all'altro.
Documen - Barbara Sorgoni e Pier Paolo Viazzo

Capitolo "Antropologia e Storia nel XX secolo":


 Collaborazione fru uosa tra storici e antropologi fino alla Prima guerra mondiale.
 Raffreddamento della collaborazione dopo la guerra a causa della diffidenza degli storici verso il
metodo compara vo e la ricerca etnografica sul campo.
 Ro ura influenzata da Radcliffe-Brown e Malinowski, i padri fondatori dell'antropologia sociale
britannica.
 Riavvicinamento tra antropologia e storia negli anni '50 e '60, cri cando il funzionalismo per
considerare la storia irrilevante.
 Crescita dell'etnostoria negli Sta Uni .
 Consolidamento dell'"antropologia storica" negli anni '80, integrando documen d'archivio nelle
ricerche etnografiche.
 Introduzione della domanda centrale del testo: cosa significa fare ricerca d'archivio per un
antropologo?

Capitolo "Cosa sono gli archivi?" :


 Definizione di archivio come complesso organico di documen con un sogge o produ ore, finalità
pra ca e legami tra documen , u lizzabile come fonte storica.
 Gli archivi conservano documen di natura pra ca, come poli ca, giuridica, amministra va,
economica, fiscale e giudiziaria.
 Ruolo centrale del periodo tra il XVIII e il XIX secolo nell'organizzazione degli archivi, con gli archivi
di Stato come monumen celebra vi dei nuovi Sta -nazione.
 Diversi pi di archivi non statali in contes europei e extraeuropei.
 Importanza di comprendere il contesto di produzione dei documen archivis ci.
 Significato degli archivi nella ricerca storica e antropologica.

Capitolo "Scoperte d'archivio":


 Importanza degli archivi nella ricerca etnografica, rivelando aspe culturali e tradizioni al di là delle
apparenze sul campo.
 Casi studio di Thomas Hauschild e Harriet Rosenberg, evidenziando come le scoperte negli archivi
abbiano influito sulle interpretazioni.
 Gli archivi offrono da quan ta vi e qualita vi sulla vita quo diana, stru ure familiari e
cambiamen sociali nel tempo.
 Accesso privilegiato agli archivi può derivare dalla lunga permanenza dell'etnografo sul campo, ma
ci sono sfide, come l'os lità di alcune figure.

Capitolo "Tracce, Voci e Silenzi":


 Ruolo cri co degli archivi nell'etnografia, so olineando il contributo di George W. Stocking alla
storia del pensiero antropologico a raverso gli archivi personali.
 Rivoluzione documentaria dagli anni '30 agli anni '60.
 Il silenzio come elemento chiave nella creazione di narrazioni storiche.
 Metodo di Bronwen Douglas usando documen missionari per comprendere le relazioni sociali
nelle comunità coloniali del Pacifico.
 Importanza della varietà di voci nelle raccolte di documen .
 Esplorazione del tema della razzializzazione delle caste in India a raverso i censimen coloniali.

Capitolo "Campo e Archivio":


 Importanza dell'u lizzo della ricerca d'archivio nell'etnografia, integrando documen archivis ci con
l'osservazione sul campo e l'intervista.
 Proposta di considerare l'archivio come un campo in sé, ado ando un'etnografia dei documen .
 Conce o di "archivio come campo" di Jacques Derrida.
 Esplorazione delle pra che di archiviazione come processi rifle en principi e pra che di governo.
 Evidenziazione delle sfumature nelle dinamiche sociali e nelle relazioni di potere a raverso la
comprensione delle modalità di archiviazione.

1)Il primo capitolo del testo "Documen " di Barbara Sorgoni e Pier Paolo Viazzo affronta le relazioni tra
antropologia e storia nel corso del XX secolo. Inizialmente, fino alla Prima guerra mondiale, c'era una
collaborazione fru uosa tra storici e antropologi, con gli storici che fornivano schemi interpreta vi agli
antropologi e viceversa. Tu avia, dopo la guerra, questa collaborazione si raffreddò a causa della diffidenza
degli storici nei confron del metodo compara vo e della centralità acquisita dalla ricerca etnografica sul
campo.

I due padri fondatori dell'antropologia sociale britannica, Radcliffe-Brown e Malinowski, influenzarono


questa ro ura. Radcliffe-Brown lamentava la mancanza di documentazione storica sulle popolazioni
studiate dagli antropologi, mentre Malinowski so olineava la differenza fondamentale tra etnografia e
storia, cri cando l'uso di metodi storici in antropologia.

La situazione cambiò negli anni '50 e '60 quando Evans-Pritchard e altri iniziarono a riavvicinare
l'antropologia alla storia. Evans-Pritchard cri cò il funzionalismo per considerare la storia irrilevante,
sostenendo che comprendere il passato di una società era essenziale per comprenderla. Questo segnò
l'inizio di un riavvicinamento tra antropologia e storia, evidenziato dalla crescita dell'etnostoria negli Sta
Uni .

Negli anni '80, si consolidò un nuovo campo di ricerca chiamato "antropologia storica", che integrava
documen d'archivio nelle ricerche etnografiche. Tu avia, alcuni antropologi erano inizialmente sce ci
sull'opportunità di entrare negli archivi, ma ciò venne smen to dal crescente numero di pubblicazioni che
u lizzavano documen d'archivio per condurre ricerche storiche.

Il capitolo conclude introducendo la ques one centrale del testo: cosa significa fare ricerca d'archivio per un
antropologo? Quali sono le implicazioni di tale approccio e cosa sono gli archivi? Ques temi forniscono un
quadro per comprendere il contesto storico e intelle uale della relazione tra antropologia e storia
affrontato nel testo.

2)Il capitolo "Cosa sono gli archivi?" affronta la definizione e la natura degli archivi, me endo in evidenza la
loro importanza come fonte storica. L'autore u lizza anche esempi le erari e cinematografici per illustrare
le diverse percezioni sociali degli archivi.

La definizione di archivio fornita nel testo è la seguente: un archivio è un complesso organico di documen
con un sogge o produ ore, una finalità pra ca e legami tra i documen , u lizzabile come fonte storica. Gli
archivi conservano documen di natura pra ca, come poli ca, giuridica, amministra va, economica, fiscale
e giudiziaria, connessi alle a vità dei sogge che li hanno prodo .

Il periodo tra il XVIII e il XIX secolo è centrale per l'organizzazione degli archivi, poiché coincide con il
consolidamento degli Sta -nazione. Gli archivi di Stato diventano monumen celebra vi dei nuovi Sta
nazionali, mentre gli archivi coloniali rifle ono i proge di governo e gli interessi nei territori colonizza .

Nel contesto europeo, esistono diversi pi di archivi non statali, come quelli di en locali, en e fondazioni
pubbliche e private, famiglie o persone fisiche, e archivi ecclesias ci. Negli Sta Uni e in contes
extraeuropei, gli archivi possono essere situa anche lontano dalla comunità ogge o di studio.

Gli archivi contengono documen di vario genere, ma è importante notare che non tu o viene archiviato e
che i documen sono il risultato del lavoro della società che li produce, li preserva o li manipola. Gli archivi
sono organizza per scopi giuridici e amministra vi, e la loro consultazione richiede una comprensione del
contesto in cui sono sta prodo .

Il capitolo so olinea l'importanza degli archivi nella ricerca storica e antropologica, mentre le scienze sociali,
inclusa l'antropologia, hanno contribuito a una nuova visione della storia che va oltre i tes scri ,
includendo altre fon e ponendo nuove domande ai documen . L'etnografia, in par colare, ha arricchito la
ricerca d'archivio, aprendo nuove prospe ve e approcci alla comprensione della storia.

3)Il capitolo "Scoperte d'archivio" so olinea l'importanza degli archivi nella ricerca etnografica,
evidenziando come tali documen possano svelare aspe della cultura e delle tradizioni di una comunità
che vanno oltre le apparenze osservate sul campo. L'autore u lizza due casi studio, quello dell'antropologo
tedesco Thomas Hauschild in Basilicata e dell'antropologa canadese Harriet Rosenberg nelle Alpi francesi,
per illustrare come le scoperte negli archivi abbiano influito sulle loro interpretazioni.

Nel primo caso, Hauschild, a ra o da un "rituale contestato" legato alla festa del santo patrono, san
Donato, scopre a raverso documen d'archivio che la tradizione era emersa solo intorno al 1910. Questa
scoperta rivela una connessione tra il rituale e la transizione a un'economia monetaria, evidenziando come
le apparenze possano ingannare e l'importanza di confrontare le percezioni sul campo con le fon storiche.

Nel secondo caso, Rosenberg studia un villaggio delle Alpi francesi, Abriès, per sfatare concezioni dominan
sulle "società contadine". Gli archivi rivelano una storia ina esa del villaggio, dimostrando che era stato un
centro a vo di commerci nel XVII e XVIII secolo. Questo contrasta con l'immagine di un luogo isolato e
impoverito, so olineando l'effe o paradossale della modernizzazione sulla comunità.

L'autore so olinea che gli archivi offrono non solo da quan ta vi come censimen , ma anche fon
qualita ve come registri parrocchiali, a notarili e documen delle visite pastorali. Ques documen
forniscono informazioni de agliate sulla vita quo diana, stru ure familiari, e cambiamen sociali nel corso
del tempo.

L'accesso privilegiato agli archivi può derivare dalla lunga permanenza dell'etnografo sul campo, creando un
rapporto di fiducia con la comunità locale. Tu avia, ci sono sfide, come l'os lità di alcune figure, come i
parroci. In ogni caso, la collaborazione tra l'etnografo e la comunità può portare a un dialogo arricchente e a
una comprensione più profonda delle tradizioni e della storia locali.

In conclusione, il capitolo evidenzia come le scoperte d'archivio possano arricchire la ricerca etnografica,
perme endo di superare le apparenze superficiali e di contestare o modificare convinzioni preesisten ,
portando a interpretazioni più accurate della cultura e della storia delle comunità studiate.

4)l capitolo "Tracce, Voci e Silenzi" tra a della rilevanza della ricerca d'archivio nell'ambito dell'etnografia,
fornendo esempi di come la documentazione archivis ca possa arricchire la comprensione delle comunità
studiate. In par colare, si evidenzia il contributo di George W. Stocking alla ricostruzione della storia del
pensiero antropologico a raverso l'analisi degli archivi personali. Si so olinea il periodo di "rivoluzione
documentaria" dagli anni '30 agli anni '60, quando i documen archivis ci iniziarono a essere messi in
discussione per la loro presunta ogge vità.

L'autore/a menziona il ruolo cruciale dei documen d'archivio nella produzione della storia e so olinea
come il silenzio giochi un ruolo fondamentale nella creazione di narrazioni storiche. Si discute anche della
metodologia proposta da Bronwen Douglas, che u lizza documen missionari per comprendere le relazioni
sociali nelle comunità coloniali del Pacifico. Si evidenziano le sfide nell'uso degli archivi missionari, spesso
trascura dagli antropologi in cerca di auten cità nelle tradizioni locali.
Vengono presenta casi specifici, come l'archivio di Colin Mackenzie in India, che evidenzia cambiamen nei
proge di conoscenza e governo coloniale. Si discute come le voci dei colonizza siano spesso cancellate
dai colonizzatori, e si me e in luce l'importanza della varietà di voci nelle raccolte di documen .

Infine, il capitolo affronta il tema della razzializzazione delle caste in India a raverso i censimen coloniali. Si
so olinea come la classificazione delle caste abbia influenzato la governance coloniale e come questa
classificazione sia stata ogge o di contestazioni e disordini tra le popolazioni interessate.

In sintesi, il capitolo esplora il ruolo cri co degli archivi nell'etnografia, so olineando come l'analisi delle
tracce documentarie possa portare a una comprensione più sfumata delle dinamiche sociali e storiche delle
comunità studiate.

5)Il capitolo "Campo e Archivio" so olinea l'importanza dell'u lizzo della ricerca d'archivio nell'ambito
dell'etnografia, evidenziando come i documen archivis ci possano offrire sorprese, verifiche e rivelare
silenzi nelle comunità studiate. Nonostante gli esempi forni si concentrino principalmente su comunità
rurali, si so olinea che gli antropologi impegna nello studio delle ci à sempre più spesso integrano la
ricerca d'archivio nei loro approcci metodologici.

Il capitolo fa riferimento a una concezione integrata dell'etnografia, in cui la ricerca sul campo,
l'osservazione partecipante e l'intervista vengono affiancate dalla ricerca d'archivio. Si menzionano approcci
preceden , come l'etnostoria e l'antropologia storica, che hanno già a ribuito un ruolo fondamentale alla
documentazione archivis ca.

Un'opzione proposta è quella di considerare l'archivio come un campo in sé e di ado are un'approccio di
"etnografia dei documen ". Questo approccio si basa su una relazione più stre a tra la ricerca d'archivio e il
lavoro sul campo, come evidenziato nell'esempio dell'archivio Mackenzie e dell'archivio della Lega delle
Nazioni.

Viene citato il conce o di "archivio come campo" avanzato da Jacques Derrida, so olineando che l'archivio
non è solo un luogo di conservazione ma una stru ura tecnica che determina il suo contenuto. Si propone
un'etnografia dell'archivio che consideri le diverse modalità di archiviazione, leggendo il contenuto
seguendo il verso naturale degli archivi.

Ann Stoler suggerisce di esplorare gli archivi seguendo il loro stesso verso, ovvero "along the grain", e invita
a una riflessione cri ca sulle pra che di archiviazione come processi rifle en principi, bisogni e pra che di
governo. Si evidenzia l'importanza di indagare le disgiunzioni tra prescrizioni e pra che negli archivi,
rivelando relazioni di potere alla base dei processi di creazione e organizzazione dei documen .

In conclusione, il capitolo propone una visione dell'etnografia che va oltre il semplice studio del campo,
incoraggiando a esplorare le modalità di archiviazione come parte integrante della comprensione delle
dinamiche sociali e delle relazioni di potere.

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