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Quale è la differenza tra marchio (trademark) e marca (brand): quando e cosa rende il brand un intangible asset?
-Made in Italy e Danish Design: utilizzo virtuoso della «nation branding» o co-branding (1940- 1970)
Relazione tra brand e consumatore vs utilizzo del brand da parte del consumatore: contesto culturale\business del management vs
contesto culturale del consumatore
- Nell’età contemporanea (1800-1900) Fonti sempre più abbondanti ma in inglese. Storici del diritto:
precedenti della legislazione su marchi commerciali e diritti di proprietà intellettuale
LE CORPORAZIONI
Corporazioni: esistono tra il 1200 e il 1700 secolo (XII-XVIII secolo)
Cartellidi artigiani. Definiscono gli standard qualitativi dei prodotti e anche il processo produttivo
(“statuti”)
(Mettono in pratica sistemi rudimentali di welfare: mettendo in atto redistribuzioni di reddito tra artigiani
Problemi di controllo e di garanzia del rispetto delle regole. (Come capire se un artigiano devia dalla
procedura?)
Come bloccare le imitazioni o le contraffazioni? Segretezza del processo produttivo (imitazione).
Diverse fonti e diversi casi che non consentono una visione in bianco e nero ma rendono il quadro più
sfaccettato
Settore produttivo, Luogo, Dipende dal periodo
Finché non c’è la possibilità di utilizzare la protezione statale per tutelare il marchio, essi sono deboli e a
volte un limite
L’esistenza di marchi invita alla loro contraffazione –che è piuttosto semplice
Molti esempi:
- Contraffazione: causa della crisi della manifattura veneziana legata all’incapacità di porre freno
alla contraffazione nel 16esimo secolo (latesini, sapone)
- Fustagno prodotto in Germania che viene venduto come fustagno veneziano, invadono il
mediterraneo
C’è evidenza empirica che i marchi nell’età pre-industriale non risolvevano i problemi di asimmetria
informativa e non garantivano gli standard di qualità.
Non erano apprezzati dagli artigiani: conflitto tra marchio individuale e marchio collettivo.
Molti conflitti: il marchio “made in Sheffield” era vantaggioso solo per i produttori di prodotti di minore
qualità che non avevano un marchio proprio. Necessario integrare la reputazione del distretto con quella del singolo
artigiano per offrire garanzia di qualità- marchio individuale.
Domande
1. Quali esigenze impongono agli artigiani di apporre un marchio sui propri prodotti?
Dare informazioni sulla qualità (distinguersi dagli altri, definire a che corporazione si appartiene)
Reazione alla contraffazione: associarsi per condividere una reputazione e difenderla meglio
4. E ’possibile tracciare una linea di continuità tra il marchio dell’artigiano del 600, il trademark e la marca o
brand?
Si. il trademark è la premessa indispensabile affinché si possa diffondere un’identità di brand. È
l’elemento tangibile.
5. Possiamo parlare di brand prima del riconoscimento legale del trademark (1800)?
Ni, le forme di trademark erano garantite dal «privilegio» o dal brevetto –l’efficacia come asset era
indebolita
«La marca (brand) è «il modo cui l’impresa attiva in una società decisamente orientata alla cultura del
consumo [economia di mercato] rappresenta sé stessa ai consumatori al fine di costruire un rapporto
fiduciario. Il marchio è riferito al singolo prodotto, la marca può essere il riferimento per una pluralità di
beni di consumo. L’ immagine della marca è costruita da strategie, più o meno avanzate, di comunicazione
volte a definirne l’identità» (Belfanti)
1700 l’introduzione di forme di trademark fu la pre-condizione per l’introduzione del brand, poneva le basi
per il riconoscimento legale dell’identità di un produttore.
Vigilia della rivoluzione industriale –della prima fase della globalizzazione (1750-1820)
Mercato sempre più competitivo e globale in trasformazione
Dalla sussistenza al mercato: verso la società dei consumi
Mercanti imprenditori vogliono distinguersi e creare una relazione di fiducia\esclusiva
4. Capire se e come un brand può sfruttare a fini strategici il proprio passato e il proprio heritage
5. Quando un brand è un heritage brand (vs brand with heritage)?
È possibile rievocare il passato per suggerire affidabilità senza sembrare “vecchi” e outdated?
Come mai la storia è spesso percepita come garante di «autenticità», «genuinità»? Utilizzare il passato per
veicolare idea di autenticità.
Che senso ha il risveglio degli sleeping beauties\marchi retro? Proiettare nel futuro il richiamo di una
ricchezza del passato.
- Costruzione del brand: costruzione di una relazione con consumatore. Perché il passato?
“Brand preference ultimately depends on what the brand means to the customer and on the strength of its
emotional effect, in other words on its place in the heart” (e.g. Ballantyne et al., 2006)
Brands representing stability, familiarity and trust can speak to people in periods of uncertainty, helping to
create an image of authenticity and integrity that is likely to appeal to today’s consumers
-Unicità: una risorsa organizzativa chiave perché le imprese sono unicheper quel che riguarda il
loro passato.
-Siti di produzione, infrastrutture per l’energia e la logistica, i luoghi utilizzati per attività sociali (alloggi,
impianti sportivi, scuole, attività dopolavoristiche)
-Il sistema di prodotti, processi e tecnologie
-Logo\marchio commerciale
-Le tradizioni, le competenze e le tecniche produttive,
-Gli atteggiamenti sociali e le imprenditoriali che caratterizzano un territorio
2. Eredità immateriale
-Idee, valori, simboli condivisi anche in modo inconsapevole dai membri dell’organizzazione (identità
d’impresa)
-La visione promossa e concretizzata da un leader
-L’immaginario che l’impresa ha creato intorno al suo brand
HERITAGE MARKETING –LA TEMPORALITÀ
Heritage: «Patrimonio complesso costituito da ciò che il passato ha trasmesso all’oggi e che definisce
l’identità di un’organizzazione oggi (territorio, gruppo sociale)»
L’heritage è una costruzione sociale e in quanto tale è diverso dalla storia dell’impresa.
COERENZA E AUTENTICITÀ
Brands “che richiamano il passato” –heritage brands hanno una promessa di valore che include:
1 Stability\success images
2 Familiarity
3 Trust\credibility
4 Authenticity
5 Integrity
-Brand con heritage: Un brand con una proposizione di valore e di positioning basato sul suo
heritage Patek Philippe)
-Retro Branding diverso da heritage brand – si riferisce a un periodo particolare con nostalgia.
Brand storici che vengono rilanciati –spirito retrospettivo, che fa riferimento a un momento storico preciso,
evoca nostalgia
-Iconbranding rendere iconico un brand – creare un mito. Creazione di un mito culturale intorno a un
determinato simbolo. Il brand diventa simbolo\mito.
L’heritage brand rende attuale il passato e lo rende rilevante per i consumatori contemporanei e futuri:
non crea necessariamente miti, non rimpiange il passato, non studia il passato.
C’è un legame tra heritage branding e la costruzione della corporate identity studiata dagli storici.
“Retro marketing is a marketing and advertising tactic that any company can apply: reviving old products
or brand slogans, incorporating images of days gone by, rehashing and re-contextualising old ads and old
cultural representations, and evoking any kind of nostalgia associated with the past” (Hakala, 2000)
Pochi sono capaci di usarla come valido corporate asset, utilizzando il passato al centro della proposizione
di valore.
E’ necessario che l’intera organizzazione contribuisca a legare i core values e il brand insieme, in
modo che non sia replicabile.
Brand Heritage può essere visto come “a composite of the history as well as the consistency and
continuity of a company’s core values, product brands and use of symbols”
Patek Philippe: «since 1839» è vitale nella comunicazione: «you do not own a Patek Philippe, you simply
look after it until the next generation» –value proposition è basata sull’heritage
International director 3M: «Our heritage of innovation rests on relevance, genuine difference and meaning
to people in their daily lives»
1. Essere consapevoli dell’heritage e dei core values per poi costruire un’adeguata comunicazione
- Sottolineare la costanza della performance
- Richiama una relazione duratura e leale con i clienti
2. Attivare l’heritage. Dopo aver compreso il patrimonio dell’azienda, cercare di tradurre in termini di
value proposition il patrimonio aziendale.
- Qual’ è la dimensione dell’heritage della nostra impresa?
- In che modo il brand potrebbe differenziarsi sulla base dell’heritage?
- Come si può tradurre in termini di value propositione posizionamento sul mercato?
Design di prodotto, comunicazione, brand history. Legare il brand a un senso di continuità –comunità che
ha una storia –con presenza ubiqua o rivitalizzando brands desueti)
3. Proteggere l’heritage: brand stewardship deve essere esplicita e inculcata nella cultura
organizzativa:
- Senso di responsabilità nei confronti del brand
- Continuita (“passare il testimone”)
- Salvaguardare la fiducia nel tuo brand BBC
- Adattabilità
Heritage rappresenta una promessa di sostenibilità e longevità e anche di autenticità e genuinità che può
risultare nella volontà di pagare prezzi più alti / essere loyal.
Moore e Reid:
È un termine antico e ambivalente
Utilizzo di motti, simboli, loghi presente fin dall’antichità Possiamo parlare di proto-brands fin
dall’antichità
Belfanti:
Si osserva un’evoluzione dal marchio del produttore (1300) medioevale alle trade cards (1700)
Nei secoli, il marchio che denota origine e autore diventa anche vettore di messaggi simbolici.
Possiamo parlare di forme «precoci» di brand.
PROTO-BRAND
Alcuni storici parlano dell'esistenza di proto-brand-riferendosi a marchi\sigilli\iscrizioni -a partire
dall'antichità (anche 2000-4000 ac) (Bastos, Levi, Reid) e al fatto che l’origine del termine «brand» sia molto
antico (rituali del fuoco).
L'esistenza di un proto-brand, secondo questi storici, sarebbe provata dal fatto che gli artigiani\
artisti marchiavano i loro prodotti già a partire dall'antichità, e non si limitavano a dare informazioni su
autore e luogo ma cercavano di evocare emozioni, trasmettere messaggi più complessi usando simboli.
L’esigenza non sarebbe stata solo quella di marchiare (segno) ma anche di evocare emozioni
(simbolo) e di usare la capacità evocativa del simbolo per promuovere il prodotto
Questi storici non definiscono una data di passaggio dal proto-brand al brand perché il loro
obiettivo è dimostrare che l’esigenza di marchiare e brandizzare esisteva fin dall'antichità.
Attenzione: proto brands non sono necessariamente parte di strategie commerciali -non abbiamo
evidenza empirica che lo siano
Marchiare è: un’esigenza antica che ha a che fare con i rapporti di potere ed è una pratica
commerciale
Da segno – che dà informazioni su autore, luogo, qualità, lentamente nei secoli (da 14esimo a
19esimo)
A simbolo – che non solo da’ informazioni ma evoca, permette associazioni di idee, suscita emozioni
Problema: è una tecnica commerciale efficace? Sono tutti concordi sul fatto che possa essere un
vantaggio per i produttori? NO
- Problema dell’imitazione e della contraffazione rendono spesso il marchio poco efficace come
tecnica commerciale e a volte nociva
- Limita la libertà produttiva e vincola a degli standards
- Limita la capacità del produttore di adeguarsi ai cambiamenti del mercato
- NON protegge da imitazione
Solo una volta ottenuta la protezione legale del marchio, le imprese possono investire nella
creazione\mantenimento\difesa del proprio brand come se fosse un qualunque altro asset.
le imprese possono iniziare ad investire nel marketing e in un management esperto in marketing
1600-1900. DUE MOMENTI STORICI IMPORTANTI PER LA STORIA DEI BRAND E UN PASSAGGIO CRITICO
Metodo: analisi del contenzioso\storia legale (USA e GB) ci permette di capire quanto fosse importante
ottenere la protezione legale del marchio e come nel tempo aumenta l’esigenza di protezione.
1. Apporre marchio a livello di impresa. Per quanto la duplicazione dei marchi sia perseguibile già da
metà 1800 è difficile ottenere giustizia. Onere della prova al presunto imitatore. Senza registrazione,
provvedimento molto costoso e incerto a carico del danneggiato.
2. Apporre marchio a livello di comunità locale/collettivo – (es:made in sheffield).
Il marchio «Sheffield» veniva apposto su prodotti tedeschi dai costi di produzione minori o addirittura
sui prodotti peggiori Danno di mercato
I produttori tedeschi marchiavano i loro prodotti migliori con il proprio marchio (e i peggiori con quello
di Sheffield) Danno di reputazione
1. Come differenziare il prodotto senza utilizzare le relazioni personali? Necessario che qualcosa
permetta di identificare il prodotto in modo tale che il cliente possa ripetere l’acquisto: il marchio diventa
essenziale. Riguarda i beni di consumo e i beni di produzione
La grande impresa ha bisogno di un nome che deve essere unico e riconoscibile e che possa attrarre i
consumatori. Per poter sopravvivere la grande impresa moderna ha bisogno di poter contare su mercato
in espansione (innovazione nel marketing e nella distribuzione).
Mira Wilkins: L’azienda deve cercare di attirare gli acquirenti verso un "nome” che sia unico e conosciuto.
Senza il marchio distintivo, il brand, il nome commerciale o il nome dell'azienda (come già detto, utilizzo
questi termini come equivalenti), sarebbe impossibile attirare i consumatori verso i particolari beni o servizi
di un'impresa e l'impresa non sarebbe in grado di trarre vantaggio dai crescenti rendimenti di scala e di
scopo. La pubblicità di un'azienda è inutile se non c'è un nome da promuovere. In effetti, la stessa
sopravvivenza dell'azienda sembra legata a un nome o a nomi che per lunghi periodi continuano a portare
clienti. Il nome incarna la reputazione dell'azienda e offre al cliente informazioni che sostengono l'impresa.
Separazione tra produttore e distributore, maggiore la distanza tra l’impresa e i suoi mercati, maggiore la
necessità di un «nome» che veicoli la reputazione dell’azienda e dei suoi prodotti. Il nome incorpora la
reputazione
La produzione di massa\in grande serie di prodotti richiede che questi prodotti abbiano un «trade name»
Marchio è ponte tra consumatore e produttore e un asset per il produttore. È a questo punto che il
«nome» diventa diritto di proprietà immateriale che richiede protezione legale. «Bisogno» del
riconoscimento legale che non è più solo «accettazione» da parte della Common Law ma attiva protezione
da parte dei tribunali e delle Corti. Prima dell’impresa moderna (grande impresa\produzione di massa) non
c’è compelling reason–ragione stringente per aprire un contenzioso. Volume di produzione era limitato,
l’impresa non sfruttava le economie di scale e scope.
Il marchio comunica al consumatore che il prodotto avrà una qualità standard. È proprietà del produttore.
Salvaguarda la «skill and industry»\ know how del produttore.
Wilkins: il marchio è più importante dell’innovazione tecnologica per la nascita e il successo dell’impresa
moderna. Non c’è un’innovazione tecnologica alla base del successo di alcuni prodotti ma solo un marchio.
Brand=asset intangibile \ beni immateriali, è privo di consistenza fisica e fonte di probabili benefici
economici futuri. Sono stati acquisiti o sviluppati da un’impresa sostenendo costi identificabili
Es: diritti di proprietà industriale e intellettuale, diversi tipi di know-how (le procedure operative, i
sistemi informativi per la gestione, i sistemi di certificazione della qualità; le licenze commerciali, le licenze
d’uso, brevetti, i data-base informativi, data-bas eclienti).
Il brevetto impedisce ai concorrenti di produrre un certo prodotto, mentre il marchio impedisce l’uso del
nome. Il marchio protegge impresa che ha investito (e le imprese satelliti) e dà informazioni al
consumatore. Il marchio può essere trasferito nella catena di fornitura diventare un asset anche per le
imprese che non sono di proprietà della grande impresa.
Nel 1920 è chiaro che: «il proprietario di un marchio che spende molto per rendere il suo marchio noto al
pubblico come simbolo e garanzia dell’eccellenza e della qualità dei suoi prodotti dovrebbe ottenere dai
tribunali per l’investimento fatto per pubblicizzare il suo marchio la stessa protezione che ottiene per
l’investimento fatto in beni materiali»
2)La reputazione di un’impresa facilita l’accesso al credito, riduce i costi del capitale e quindi i costi unitari
4)Profitti sostenuti danno alla grande impresa più risorse da investire (per esempio in innovazione
tecnologica) Protezione legale del marchio offre incentivi all’innovazione.
CONCLUSIONE
Il processo storico che porta al riconoscimento legale del marchio è lungo e complesso.
Il problema è il riconoscimento del marchio come proprietà intellettuale e il riconoscimento dei diritti
esclusivi su di esso. Punto di svolta è la seconda rivoluzione industriale e la nascita della grande impresa
(USA, 1850). Necessità di potere contare su mercati in espansione (volume produttivo) rende
Le imprese iniziano a investire nella costruzione, mantenimento e protezione del marchio. Triplice
investimento in produzione, management e marketing per assicurare volume di vendite elevato.
LEZIONE 7: IL CASO DELLA GENERAL MOTORS E DELLA SHELL
Due esempi di corporate branding: General Motors(USA) e Shell-Mex(UK) Periodo interbellico: anni
‘20-’30
CORPORATE BRANDING
Corporate branding include i processi tramite i quali un’organizzazione viene definita e il suo nome
poi usato per identificare i suoi prodotti.
Il corporate brand può sostenere i brand di prodotto, incanala la reputazione e la fiducia, consente
associazioni potenti con l’innovazione, il servizio pubblico, le caratteristiche nazionali.
Può essere una piattaforma che serve a dare una forma/un riferimento a brand che operano in
categorie diverse apparentemente non associate.
E’ all’origine delle Public Relations: serve all’immagine, reputazione, accettazione pubblica.
Il problema delle grandi imprese all’inizio della loro storia è conquistare la fiducia ed essere
accettate in un contesto sociale e politico complesso.
Il successo di un singolo brand dipende dal successo e dall’accettazione da parte della popolazione
(«public goodwill») del corporate brand.
GM
-1908, William Durant fonda la General Motors: Fusione di diverse aziende pioniere nel settore
automobilistico (Buick, Oldsmobile, Cadillac, Pontiac).
Holding finalizzata ad aumentare la produzione
Integrazione dei diversi impianti fallisce –perdite significative
-1920, maggiore azionista di GM, DuPont, affida ad Alfred Sloan la gestione operativa dell’azienda
Impresa multi-divisionale
Divisioni indipendenti Linee di prodotto e componenti
5 divisioni automobile, diverso livello di reddito dei consumatori
Dotate di line e staff
Vertice dirigente concentrato sulla strategia complessiva\azione di sovraintendenza\allocazione e
trasferimento risorse da una divisione all’altra
LA CRISI DELLA FORDE IL «SORPASSO» DI GM
Conseguentemente all’aumento del potere di acquisto degli americani negli anni ‘20, il mercato della Ford
modello T inizia a declinare. Mercato saturo del modello base pensato per le masse.
Tra il 1927 e il 1937, Ford segna una perdita di 15,9 milioni di dollari. Nel 1940 la quota di mercato
della Ford crolla al 18,9% vs il 47,5% della GM. Ford aveva perso quote di mercato e i suoi miglior manager.
-Manager professionali.
-Attenzione alle esigenze del mercato («a car for every purse and purpose») Rate, marketing, pubblicità,
nuovi metodi per prevedere la domanda.
GENERAL MOTORS diventa quindi un gigante automobilistico, maggior rivale di Ford, è una holding che
controlla una serie di produttori indipendenti - 5 divisioni autonome poco interessate alla corporation in
quanto tale, e la componentistica (91000 dipendenti).
Problemi
GM ha problemi interni ed esterni che derivano dalla immagine anonima, burocratica e impersonale
Mancanza di coerenza interna (Cadillac, Chevrolet, Buick, Oldsmobil, Oaklands)
USA anni‘20: ostilità nei confronti delle grandi imprese e accuse di monopolio
-Nelle industrie capital intensive è necessario creare una forte struttura organizzativa interna
Impianti e investimenti vari. Personale –spirito di corpo e cultura organizzativa
Creare desiderio per i nuovi prodotti (combusitibili) evocando le idee e le fantasie del viaggio.
Pubblicità della Shell negli anni interbellici incentrata sulle gare e sui record (aerei e automobilistici).
Sponsorship di viaggi entro i confini dell’Impero. Shell Aviation News: uso interno ma anche esterno, con
varie informazioni sui viaggi e sulla vita dei piloti. Rende il viaggio aereo possibile\sicuro\veloce tramite.
Informazioni distribuzione di combustibile e informazione sulle rotte.
Creazione attiva di eventi sociali: costruisce un brand associato con le conquiste di velocità,
resistenza, novità dei record
I vantaggi effettivi non sono ancora molti, poiché i viaggi aerei sono molto poco accessibili fino agli anni ’50.
Però sono vantaggi per il brand: visibilità e Associazione con progresso, modernità, esotismo e «service».
Shell County Guides (1934) Gioia del viaggio, promozione del trasporto su strada non del combustibile.
Veniva sottolineata bellezza e unicità del paesaggio rurale inglese, ricerca di paesaggi particolari non
classiche mete turistiche.
RURALIZZAZIONE E IDENTITÀ NAZIONALE
Shell va incontro a tendenze culturali forti,si appropria per il proprio brand di sentimenti nazionali potenti.
Attacchi politici a settore petrolifero (Industria globale, gigante, segreta, corrotta, egoista)
Ruralizzazione: campagna come luogo di autenticità vs città. Campagne elettorale dei conservatori
per marginalizzare il Labour e il proletariato urbano. Middle class inglese si trasferisce nei sobborghi.
Vuole esprimere immagine di progresso, autenticità, libertà. Richiamo alla nazione a ll’impero.
CONCLUSIONI
Problema della accettazione pubblica e della conquista della fiducia. Impellente necessità di fidelizzare i
clienti e creare una buona immagine e reputazione.
Resistenza da parte di parte dell’opinione pubblica alla grande impresa tra fine 1800 e inizio
1900. Grande impresa vista come priva di anima, monopolista e prepotente da media, sindacalisti,
politici. Le imprese americane (e non solo) devono investire moltissimo per vincere queste resistenze.
GM: creare una corporate image e un corporate brand incentrati sul patriottismo, sul servizio che
le grandi imprese fanno alla nazione (1920 1930).
Shell: creare una corporate image incentrata sulla modernità e sulla britannicità.
In seguito (1940-50), le grandi imprese creano un’immagine che associa l’«American way of life»
alla grande impresa americana: film, TV, Radio.
Il successo di queste strategie è alla base della legittimazione e supremazia della grande impresa
(1960-1980).
Gli americani avevano accettato la grande impresa come presenza fissa- elemento che distngueva il
capitalismo americano e a società americana.
La pubblicità ha avuto un impatto forte sull’impresa in se: strumento per integrare e creare una coscienza di
impresa.
2. Heritage brand (track records, longevity, core values, simboli e consapevolezza dell’importanza della
storia)
2. Heritage è una «invented tradition»: una narrazione che le imprese costruiscono intorno a fatti storici
reali
3. Ciò che importa non è semplicemente la storia ma il mito che si può creare intorno alla storia
(Kapferere Bastien)
4. La tecnica narrativa usata per costruire l'heritage e gestire un brand è lo storytelling: pratica narrativa
usata nel dibattito politico americano per distrarre l’audience (ma anche forse per catturare
l’attenzione)
Il «core» dell’identità degli heritage brand non è la qualità del prodotto in sé ma la storia che è
legata al brand.
Se non c'è storia deve essere inventata: fondamentale per creare il senso di timeliness
Di seguito l’impresa sceglie alcuni momenti e aspetti per formare l’heritage. Heritage è una risorsa che
richiede «management»:
-Product development(design del prodotto in relazione ai prodotti iconici o alla storia del design)
SI passa da piccole e medie imprese failiari a global brand. Forte trasformazione negli anni 80,
Espansione nei mercati asiatici e Democratizzazione del consumo. Il target si sposta sul consumatore
globale.
Da produzione artigianale a produzione per le masse. Non più solo per l’ elite più facoltosa-haute
couture
Bernard Arnault acquista il gruppo che controlla Dior nel 1984 con l’obiettivo di farlo diventare uno
dei brand di moda più importanti al mondo. Puntando su investimenti nel retail e sulla brand image
(continuità ed heritage).
La trasformazione di Christian Dior si è basata essenzialmente su tre maggiori elementi:
! Questi tre elementi hanno l’obiettivo di convergere in una particolare storytelling e in una particolare
immagine di brand. Investimento su aspetti diversi ma finalizzato a nutrire quell’immagine di brand che era
identificata come elemento competitivo ed elemento dna da valorizzare per avere vantaggio competitivo
rispetto a competitors (Chanel).
Alta qualità, stile molto eccentrico. Riferimento a bellezza, stile, eleganza. Continuità con Dior? Cosa
significa bellezza ed eleganza?
-Galliano centralizza e ricostituisce un’identità di brand intorno alla heritage del New Look e del
lavoro creativo di Dior. Non c’è continuità artistica, neanche di stile e brand position.
Galliano non ha nulla in comune con la ricerca di tradizione del periodo precedente, non c’è vera
continuità. Discontinuità dal punto di vista storico. Ma Arnaut sceglie di enfatizzare una comunicazione che
da idea di continuità, strategia narrativa che sottolinea espetti di continuità. La strategia funziona perché
andando su mercati globali, nuovi consumatori non hanno vera conoscenza della storia di Dior e del suo
ruolo nel periodo precedente. La costruzione narrativa è estremamente accorta.
-Sito\sezione storia: evoluzione perpetua del New Look. Decostruzione di Dior narrata come
continuità anche se la base storica non è coerente.
-Perché lo story telling funziona? Mercati non tradizionali: nessuna conoscenza di Dior originale; il
brand identity era diventato fluido; personalità di Galliano
CONCLUSIONE
Brand heritage è una costruzione sociale.
La strategia è funzionale a un cambiamento importante del brand: proprietà (Arnault) sia strategia
(globale).
Nuovi prodotti e negozi DOPO IL 1990 vengono sviluppati coerentemente con la strategia di
heritage.
Strategia basata su heritage è il vantaggio competitivo di Dior nel mercato del lusso globale, ma non
c’è continuità reale storica.
LEZIONE 9. COME SI COSTRUISCONO I BRAND E QUALE È IL RAPPORTO CON L’IMMAGINE DEL PAESE
Creare un brand è:
1. «trovare» l’essenza o il DNA di un prodotto o di un luogo
2. costruire storie –narrazioni che creano significati che rispondono ai bisogni dei consumatori nel loro
specifico contesto culturale (Shell, GM; Dior)
Un brand è
1. Un «segno» che ci da’ informazioni sul prodotto e una combinazione di caratteristiche che lo
differenziano dagli altri
. Il significato è creato e costruito dalle narrazioni che danno ordine e coerenza a un mondo caotico,
frammentato e confuso
Non c’è soluzione di continuità dal punto divista storico tra Rinascimento e Moda Italiana -MITO.
Continuità tra tradizione artigiana rinascimentale e case di moda odierne è frutto di manipolazione storica.
Manca longevità: decadenza ininterrotta e irreversibile delle arti e dell’artigianato (1700-1800)
Anni ’40 apre un negozio di “souvenir” per le truppe alleate di stanza a Firenze – intensi rapporti
con USA. In America vorrebbe realizzare una Mostra del design italiano al Brooklin Museum –modelli storici
del Rinascimento e nuovi modelli –sponsorizzato da grandi magazzini. Costo troppo elevato –progetto
fallisce.
Febbraio 1951 -realizza l’evento in Italia invitando i buyers USA già in Europa per le sfilate di Parigi a
casa propria. Richiami a:
-Rinascimento: età d’oro dell’economia italiana\esplosione del genio artistico
-Buon gusto dell’aristocrazia italiana.
Come nel caso di Dior –la continuità è «inventata» e narrata (e anche il buon gusto dell’aristocrazia
italiana!).
Questa narrazione ebbe un ruolo chiave nel «legittimare» la moda italiana sui mercati esteri, in
particolare USA. Le strategie di Giorgini crearono per la prima volta un'ampia percezione dell'Italia come
paese che crea moda. Promuove l'interazione frequente con i consumatori stranieri e i media e così anche
la moda italiana all’estero
Conflitti: Tuttavia, i couturiers italiani non riuscirono a organizzarsi in modo unitario per la
promozione dell’esportazione. Al contrario, i conflitti e le tensioni tra i gruppi di couturiers sancirono la
crisi del sistema inventato da Giorgini a Firenze.
La costruzione del “country origins effect» crea asset intangibili (nation brand) che le imprese
possono sfruttare. Stereotipi, narrazioni ed eventi contribuiscono alla costruzione del nation brand. Ma in
competizione tra loro possono creare confusione
Durante il periodo fascista però l’idea di made in Italy accostato al rinascimento è promosso e
rivolto al mercato italiano, non a quello straniero. L’idea era nutrire l’artigianato italiano. Manca un senso
però a questa strategia. Giorgini riesce in questo riprendendo la strategia già usata e riesce a promuovere
questi eventi e sfilate. Riesce a convincere buyer e stampa americana che la moda italiana sia una legittima
alternativa a quella francese.
Caso in cui iniziative\eventi portano alla creazione e al rafforzamento dell’effetto «country of origin»
Immagine del prodotto è costruita grazie a: Risorse materiali e simboliche del paese + Uso della storia.
Nation branding: processo collettivo che richiede il coinvolgimento e la collaborazione tra diversi
stakeholders non solo delle imprese.
Necessario differenziare l’immagine del paese in modo da interessare i mercati di esportazione
2. comunica una narrazione o un mito che risponde a specifici bisogni e sogni dei consumatori
3. Il consumatore usa il prodotto branded per costruire una propria identità, dare senso al proprio stile
di vita
2. Ma impresa e nazione non hanno lo stesso controllo sul proprio brand: l’impresa può avere difficoltà
ma le può superare (Dior), la nazione (regione o città) non controlla il proprio brand (Nations, regions,
cities do have brande dimage but the ycan’ tbe branded)
I contesti culturali dei consumatori non sono controllabili dall’impresa o dall’autorità politica.
La country image è «product specific» – l’immagine positiva del paese è un valore aggiunto solo per alcune
categorie di prodotti e non si trasferisce su altri settori.
Il valore che l’immagine di un paese aggiunge ai prodotti nazionali è specifico di certi gruppi sociali e
consumatori. Inoltre, dipende dal loro bisogno di definire uno stile di vita e dal modo in cui intendono usare
quel prodotto.
Brand management: costruire delle narrazioni che si rivolgono a specifici gruppi in aree specifiche di
particolare vantaggio competitivo
LA COMUNITÀ IMMAGINATA E LA CREAZIONE DEL BRAND «INTERNO»
Modello è la creazione dello stato nazionale e dell’identità nazionale. Le nazioni sono brand dal 1800 –
processi di costruzione di un’identità nazionale. Lingua nazionale scritta, i media, il sistema di istruzione
sono strumenti necessari a costruire la nazione come «comunità immaginata» (Anderson, 1991). Una
nazione è una «comunità immaginata» i cui abitanti condividono un senso di appartenenza che viene
rafforzato dall’uso di una serie di simboli e narrazioni storiche.
Invenzione di tradizioni che promuovono l’idea che in un tempo remoto (nella storia) esistesse già un
senso di identità comune.
Categorie culturali che gli abitanti di un certo paese condividono-creazione di miti che alimentano il senso
di appartenenza e un’identità coerente.
Brands cercano di riprodurre questo processo: creare un senso di identità e appartenenza interno.
Nation brand è una «costruzione» che viene comunicata sia all'interno che all'esterno della nazione per
offrire una certa immagine della nazione a un determinato scopo
Le nazioni e i brand delle nazioni non hanno un senso in sé stessi (essence) ma mirano a costruire delle
narrazioni funzionali a promuovere specifici significati che la nazione\regione\città vuole\decide di
proiettare.
La Nation image consiste in significati assegnati a un paese dai consumatori che vivono in uno specifico
contesto culturale. La Nation image che hanno i consumatori sarà influenzata dal Nation brand ma non lo
rifletterà. necessariamente e non corrisponderà necessariamente alle caratteristiche della nazione.
Gli sforzi di creazione di un brand nazionali interagiscono con altre narrazioni che circolano riguardo a
quel paese e formano l'immagine che i consumatori hanno di quel paese. Le narrazioni per essere efficaci
devono rispondere ai bisogni culturali dei consumatori e al significato che quel prodotto\paese ha per loro.
E’ necessario tenere conto dei contesti culturali nei quali l'immagine del paese viene percepita.
Questa immagine varierà a seconda della specifico contesto culturale dei consumatori e del modo in cui
usano l'immagine e le narrazioni che ci stanno dietro.
Circolo virtuoso: la percezione che i consumatori hanno del brand influenzerà il modo in cui
vedono il paese (nation image) e vice versa.
Contraffazione e catene di fornitura globali rendono il processo più complicato: il paese di
origine associato al product brand NON è il paese dove è stato costruito assemblato il
prodotto.
Particolarmente importante per le imprese considerare come l’immagine di un certo paese può
influire sui loro prodotti.
TRASFERIMENTO DI SIGNIFICATO E CO-BRANDING
Come si assegnano significati a un nation brand e come si trasferiscono a specifici prodotti?
- Gli elementi chiave in un prodotto non sono le sue proprietà fisiche/qualità ma i significati che il prodotto
porta con sé.
- Costruzioni culturali trasferite a prodotti tramite il lavoro delle agenzie di pubblicità (fashion system)
- Trasferimento può essere «gestito» sia dalle imprese sia dai consumatori (rituali)
- La country image può funzionare come una «celebrity»
Come questi significati vengono disseminati? Come questi significati influenzano il product e il corporate
brand?
- Creare delle narrazioni che fanno leva sulle speranze/sogni/paure dei consumatori frutto di un dato
momento storico
- Narrazioni che fanno da ponte tra i progetti identitari degli individui e l’ideologia nazionale (danno un
senso più alto ai progetti individuali)
Come e perché questi significati cambiano nel tempo e quale ruolo e contesti culturali dei consumatori
hanno nell'influenzare la percezione del product brand e la country image dei consumatori?
Le narrazioni sono «storie che spiegano un fenomeno», il suo sviluppo dando un significato, un ordine, una
direzione a quel fenomeno.
I brand efficienti sono costruiti su narrazioni che rispondono al bisogno dei consumatori di costruire
un'identità, uno stile di vita. Narrazioni danno una «forma coerente» al modo in cui i consumatori possono
usare un certo brand.
Danish Modern attivava una serie di concetti chiave nei consumatori americani: mobili fatti a mano di
legno, semplicità e democrazia.
Questi concetti trovavano un'eco nella immagine della Danimarca (nation image). Le istituzioni danesi
alimentatano questa immagine.
DANISH MODERN
Brand negli USA tra 1940 e 1960, in seguito perde quote di mercato
1930s, architetti e industria del mobile iniziano a fare circolare una narrazione:
-Arredamento funzionale e modernista (scienza + qualità + legno)
-Stile onesto, democratico, semplice vs stile distinto, di moda, di rappresentanza
-Forti campagne di marketing (mostre, media, giornali)
1940s, iniziale opposizione al nuovo stile viene superata e i consumatori danesi diventano più consapevoli
del brand. (Produttori e architetti «firmano» i mobili: prodotto da…, design di….)
1939, World Exhibitiona New York, il padiglione danese espone oltre a varie produzioni artigiane anche
mobili
1945-1950s, Sforzo concertato tra diverse organizzazioni e le autorità danesi nel promuovere le
esportazioni sul mercato americano.
1960, The Artsof Denmark, mostra organizzata con il sostegno statale sancisce il successo del
DanishModern–pezzi unici fatti a mano.
LA DEMOCRAZIA DANESE
Convergenza tra la narrazione che promuove il turismo verso la Danimarca e quella che promuove il
Modern
Danish: Cultura artigiana (telaio a mano) parte della vita moderna. Democratico, naturale, di qualità (come
Kennedy!). Favola costruita sulla scarsa conoscenza che in Usa avevano della Danimarca.
1980 la Danimarca è cambiata, paese industriale, che vuole attrarre Foreign Direct Investments americani
dal big business.
-Nation brand
-Product brand
Il brand
2. Comunica una narrazione o un mito che risponde a specifici bisogni e sogni dei consumatori
Come viene usato il brand dal consumatore? Il consumatore usa il prodotto branded per costruire una
propria identità, dare senso al proprio stile di vita.
Gli oggetti incorporano gli aspetti immateriali della cultura (i suoi valori, saperi, codici, strutture)
Un brand deve evocare e muovere emozioni del consumatore. Proprio per questo bisogna analizzare e
comprendere il contesto culturale e gli elementi che diano una reazione emotiva al consumatore.
Cultura materiale: oggetti che incorporano una serie di significati culturali non espliciti. Costruzione
narrativa del brand attraverso pratiche materiali.
2.La brand image è usata dai consumatori per costruire un proprio stile di vita e identità. Senso che il
consumatore da al brand.
E’ necessario includere nell’analisi del brand quello che i consumatori ci proiettano dentro, il loro contesto
culturale, l’uso che i consumatori fanno del brand. I consumatori usano gli oggetti materiali (e le storie e i
significati culturali che gli oggetti hanno in sé) per costruire la propria identità individuale o collettiva.
Questo processo di costruzione del sé è importante per comprendere il perché i brand funzionano e come
diventano valore aggiunto.
Gruppi si formano perché consumano uno stesso branded product (gruppo spontaneo- sigarette, alcool,
abbigliamento). Talvolta godono di cattiva reputazione all’esterno.
Quello che conta però è la reputazione interna, quella acquisita unendosi al gruppo, essa serve a:
All’interno dei gruppi, esiste una gerarchia che è più importante di quella tra diversi gruppi sociali.
Il possesso di un bene branded può segnalare la posizione- lo status- dell’individuo all’interno del gruppo di
riferimento (ricchezza, potere, gusto, capacità di prevedere le mode).
NATION BRAND
Globalizzazione: necessario creare forti brand nazionali che differenziano i prodotti di un paese da quelli di
un altro. La reputazione della nazione (immagine della nazione) alla quale il brand è associato influenza il
modo in cui il bene e l’impresa che lo produce viene percepito all’estero (Scandinavian design)
Country of origins:
•Paese dalle istituzioni forti con poca corruzione (Giappone o Germania) – impresa corretta
•Paese con sistema educativo buono e eccellenza in un settore (Finlandia) – prodotti buoni perché
consumatori smart
Interesse crescente per il «nation branding» e il coinvolgimento dei governi che gestiscono attivamente la
loro reputazione per diversi fini. «Place branding» è complicato perché l’immagine di un paese è molto
sfaccettata. La promozione dell’immagine di un paese\ luogo può favorire alcuni gruppi rispetto ad altri.
Conflitti di interesse: interesse per promuovere eccellenza regionale vs eccellenza settoriale vs eccellenza
nazionale.
Ci sono diversi attori che concorrono alla formazione della reputazione della nazione. Una
nazione/regione/città non riesce a controllare la sua immagine, poiché è difficile promuovere una visione
condivisa. Le diverse immagini, però, non devono essere troppo in contrasto tra loro, ci deve essere un
allineamento. La nazione diventa una sorta di celebrity che trasferisce la reputazione ai suoi prodotti. Il
nation brand è legato ad un prodotto specifico e non si trasferisce ad altri settori.
Quando ci si rivolge ad un audience internazionale, si tende a costruire un immagine artificiale più o meno
coerente e coordinata. Più la narrazione è coerente più è efficace.
«Tradizione inventata» concetto sviluppato da Hobsbawn e Ranger nel contesto dei loro studi sulla
formazione dell’identità nazionale.
Ci sono anche «tradizioni inventate» a fini commerciali – colazione italiana Tradizioni inventate sono «storie
retoriche» - narrazioni – che si fondano su una revisione del passato\ reinvenzione del passato. Sono
narrazioni «co-costruite» all’interno e all’esterno dell’organizzazione: necessario che siano in grado di
«creare» memorie collettive basate su «simboli» o «miti» che le alimentino. Natura collettiva della
memoria organizzativa: è fondamentale il ruolo delle comunità mnemoniche nel generare nuove identità.
Le pubblicità del Mulino Bianco riorganizzano le memorie collettive del passato tramite stratege di
marketing.
LE CAMPAGNE DEL MULINO BIANCO
-Le rende tangibili, autentiche e riproducibili – coerenza tra narrazione e cultura materiale
-Si basano più su forme di consumo dettato dalla nostalgia che non su un passato condiviso Queste
narrazioni spesso sfruttano la nostalgia: idealizzazione del passato a fronte dei disordine contemporaneo\
passato come alternativa al presente\ escapism
Due campagne:1.1973-1980. Campagna «Valle Felice»: lancio del brand e del «frollino» come nuovo
prodotto
Passato è «risorsa malleabile» da parte sia dell’impresa sia dei consumatori che può essere interpretata con
un fine specifico
•Le storie retoriche costruite per questo fine possono essere fonte di vantaggio competitivo
•Fonte di diverse forme di identificazione tra stakeholder interni (identità) e esterni all’organizzazione
(reputazione)
Industria dolciaria – prodotti da forno in Italia è frutto del Miracolo Italiano (1955-1965)
Mulino Bianco nasce con una corporate identity molto definita: sapere tradizionale e produzione industriale
•Campagna marketing e design del prodotto coerenti
•Biscotto secco (tradizione) contro frollino (nuova invenzione di origine britannica\ sviluppato da esperti stranieri)
Manager creano la narrazione dei frollini come prodotto del passato (non come prodotto straniero).
Consumatori si appropriano della narrazione bucolica del passato come reazione alle difficoltà del presente.
L’esperienza di consumo è guidata dalla nostalgia: risposta all’alienazione del presente (1970 terrorismo e
crisi economica) e dalla nostalgia per l’infanzia.
Dimenticano le preoccupazioni per il consumo di zucchero – i frollini rassicurano in quanto legati alla
tradizione
Refrain: ritorno alla tradizione, alla genuinità, alla produzione artigiana e contadina.
Elementi materiali (forma, sacchetto, consistenza) richiamano la narrazione pre-industriale del brand.
RISULTATI
La campagna marketing del Mulino Bianco non solo ne fa un leader di mercato ma cambia le abitudini degli
italiani
Vendita di frollini aumenta del 12% per anno tra 1975 e 1980 (crollo della produzione di biscotti secchi)
Consumo di frollini per colazione (1981, 77% del consumo dei frollini vs 48% del 1973)
Campagna marketing 1992-1996: operazione multimediale che riscopre la colazione come pratica da
riscoprire
La colazione era considerata un pasto per i bambini fino agli anni ’80, manca una cultura della colazione tra
i consumatori italiani. Non esiste una memoria collettiva di un pasto mattiniero come quello delle
campagne Mulino Bianco
Diverse proposte nutrite da campagne pubblicitarie (Kellogg’s; Yomo) Ricerca di mercato del 1986 chiarifica
che le risorse strategiche storiche potevano riempire questo gap e inventare «una nuova tradizione»
Si basa sulla celebrazione del passato – cemento della costruzione retorica- canalizza:
1.Identità
2.Valori nazionali e nostalgici: la colazione italiana a base di caffe, latte e prodotti da forno (non cereali o
yogurt!)
RISULTATI
Campagna va avanti per tre anni (un milione di euro), in Radio, in Tv, su Stampa, editoriali nei periodici.
Conferenze, campagne informative nelle scuole.
Clima di nostalgia.Ritorno alle origini, a routines stabili come reazione all’instabilità politica, corruzione
(Tangentopoli, 1992)
Consumatori diventano una comunità mnemonica – nel 1993 secondo un sondaggio il 95% degli italiani
dichiarano di fare una colazione Mulino Bianco -
2.Heritage brand (track records, longevity, core values, simboli e consapevolezza dell’importanza della
storia)
1Facciamo riferimento alla «storia» come una «costruzione sociale» tra brand manager e consumatore
Dior fa riferimento allo story telling del brand management
Pinchera Rinallo fanno riferimento alla creazione di un mito per un consumatore «ignorante»
2.Heritage non è storia ma una «invented tradition»: una narrazione che le imprese costruiscono intorno a
fatti storici reali e\o, come nel caso del Mulino Bianco o del Danish Design, a bisogni culturali, emotivi e
psicologici di un certo tipo di consumatori
NECESSITÀ DI UN ALIGNEMENT: STORY TELLING\ MATERIALITÀ\ DISTRIBUZIONE
1.Storytelling (narrazioni prodotte riguardo la storia nei media, musei, eventi)\ invented tradition
2.Product development: gadget\ oggetti iconici – cultura materiale\ materialità. Prodotti e aspetti materiali
che danno sostanza all’heritage.
La costruzione del «country of origins effect» crea asset intangibili (nation brand) che le imprese possono
sfruttare. Promozione della country image è responsabilità delle associazioni del commercio estero e delle
varie agenzie di promozione dell’export (istituzioni), solo in parte di cittadini e imprese. E’ collegata all’
heritage – storia e caratteristiche nazionale definiscono anche l’immagine della nazione. Cosa contribuisce
al nation brand?
1.Stereotipi 2.Narrazioni 3.Eventi (rituali che facilitano i contatti e che possono essere utilizzati per generare
significato)
Diverse narrazioni in competizione tra loro possono generare confusione (Pinchera, Rinallo).
La reputazione della nazione (country image) influenza il modo in cui il bene e l’impresa che lo produce
vengono percepite all’estero (Hansen) e non è completamente controllabile da istituzioni e imprese perché
attiene al contesto culturale del consumatore e ai processi di costruzione di identità del consumatore.
La moda produce beni di consumo altamente simbolici. Brand non sono solo strumenti di comunicazione
tra produttore e consumatore ma anche tra consumatore e consumatore. Tramite la scelta di abiti, i
consumatori comunicano la loro appartenenza a un gruppo (o estraneità) che condivide una serie di valori
estetici, culturali, sociali e politici. Il fashion brand evoca e rappresenta quei valori e canalizza quei
messaggi. Creare un fashion brand di successo richiede un investimento significativo di risorse e capacità
manageriali. E’ più economico e semplice «rivitalizzare» un brand desueto ma leggendario piuttosto che
crearne uno nuovo. Dagli anni ‘90 rilanciare un brand legato al passato, adattato alle tendenze di mercato
contemporaneo, è diventata una moda o una «rivoluzione» nei modelli di consumo. (“nostalgia boom” o
“retro revolution”)
Nella moda il retro-marketing è una strategia di brand management comune a partire dalla fine degli anni
’90. Diverse imprese si sono trovate in difficoltà per l’emergere di nuovi brands, cambio di proprietà, cambi
generazionali. Difficoltà nello stare al passo con i tempi.
Longevity, forte legame con l’identità nazionale, reputazione sono attributi utili per mantenere una
clientela fedele e stabile. MA rivitalizzare un brand di moda basandosi sul passato può essere pericoloso se
non si conosce la storia. (Caso di Pucci)
Nostalgia per 1.Artigianato e saper-fare 2.Mondo sicuro, più comprensibile e meno commerciale (autentico
e genuino)
Personal e communal nostalgia sono spesso correlati. Brand evocano non solo epoche passate ma anche
immagini del sé passati. Vecchi brand legano i consumatori al passato e alle comunità che condividono quel
passato.
3.Antinomia: antitesi rispetto al presente\ paradosso del retro-branding: innovazione e richiamo al passato
devono coesistere, ma il nuovo deve prevalere (social media, tecnologia)
Principale pericolo: percezione da parte del consumatore della «obsolescenza» del brand
Storia di successo «casuale» 1947 - Zermatt: l’aristocratico Emilio Pucci disegna un completo da sci per
un’amica; un fotografo di moda la vede e chiede di pubblicare su Harper’s Bazaar la foto nella sezione
European Winter Fashion. Lord & Taylor, un grande magazzino americano, commissiona una collezione
«Emilio». 1950 - Pucci apre un negozio a Capri «La canzone del mare». 1951 – partecipa alle sfilate di
Giorgini a Villa Torrigiani dove sono ammessi solo giornalisti USA. Ha un successo strepitoso e viene lanciato
come grande stilista grazie all’effetto Giorgini (identità collettiva più che individuale). Stilista delle
celebrities: Marylin Monroe o Jacky Kennedy.
DAL SUCCESSO AL DECLINO 1957 Collezione «Palio»: 17 sciarpe di seta, una per ogni contrada, con stampe
e disegni diversi ma molto particolari. Neiman Markus – grande magazzino USA- ne fa una collezione di
abiti casual che richiama i disegni delle sciarpe
Effetti cromatici molto forti e particolari sostituiscono il marchio Emilio (piccolissimo).
1965 Collezione «Vivara»: sempre più «commerciale» - colori particolari molto vivaci. Brand estension a
una serie di prodotti.
1970 Declino. Secondo Laudamia Pucci: «that liberated woman was not his woman. He had a problem with
everything that did not exalt a women’s femininity»
IL REBRANDING
2000, Pucci divenne parte del gruppo LVMH
Strategia basata sul «shared advantage»: i brand più forti sostengono quelli più deboli
Si concentra su brand dormienti: alcuni sono difficili a risuscitare (Givenchy, Donna Karan, Celine)
Nel 2003, Pucci non è ancora in attivo nonostante un aumento delle vendite
-Necessario andare oltre le stampe proprie di Pucci
-Christian Lacroix: pouf dress – fallimento totale
-Ritorno alla moda sportiva disegnata da Lacroix – super di nicchia
-Successo arriva con gli accessori ma Lacroix lascia nel 2005
IL RETRO MARKETING Lacroix e i suoi successori sono sempre più «eretici» rispetto allo stile Pucci
Mettono a rischio il posizionamento di Pucci come «aspirational brand» estendendo le stampe a uno stile
più casual. Tentano di modernizzare le stampe Pucci ma in modo maldestro.
2007, si torna a fare riferimento alle stampe e ai profumi di Pucci (coll. Vivara).Nuovi mercati e perdita dei
vecchi. Nuovo stilista danese Dundas rilancia la collezione Palio ma viene stroncato perché manca
continuità.
-Strategia pericolosa: troppo fondata sull’allegoria – figure del fondatore\anedottica.
-Poco attenti all’aura e all’arcadia (contesto, storia dell’Italia del Miracolo, idea innovativa di Pucci, capacità
di collaborare con la produzione).
-Assenza del paradosso: «has lost the iconic look of the brand» (manca il ponte tra passato e presente).
-Perde coerenza tra materialità\ artifatti e narrazione\ core values che era fondamentale per il fondatore.
Ruolo della proprietà\impresa nella vita dei brands. Capacità di alcuni brands di sopravvivere ai fondatori
(famiglia o imprenditori innovativi) e diventare «eterni»
Problema non è la relazione tra brands e consumatori, adattamento a culture diverse, mondi culturali di
riferimento o l’identità di brand. Ma capire come i brands possono competere a livello internazionale.
-Competenze di marketing
-Alleanze nella distribuzione
2.Innovazione intesa come tecnologia ma in realtà la gestione del brand è critica per la crescita dell’impresa
e nel determinare la struttura.
Analisi delle traiettorie di alcuni global brand per capire come sono nati, cresciuti e diventati globali
Innovazione e brand
•Innovazione non è tecnologica nello specifico. Innovazione è nel branding e nel marketing e nella capacità
di gestire i brand e la distribuzione.
•Brand che sono diventati leaders (quota di mercato nelle loro categorie nei mercati rilevanti)
•Brand globali = hanno una strategia uniforme di marketing standardizzata per vendere su mercati diversi e
molteplici. Molto difficile perché i contesti culturali dei consumatori sono diversi.
•Promozione del brand dipende dalla pubblicità (immagine del brand) e non dal capitale e dagli asset fissi
Definizione di market knowledge : intelligenza e competenze (skills) per gestire i brands e i canali di
distribuzione. Il focus è sui brands di successo:– leader di mercato nelle loro categorie (market share).
Global brands: la strategia per vendere su diversi tipi di mercato diventa standardizzata (brands
internazionali non è standardizzata). Focus su brands di beni di consumo. Promozione del brand si basa
prevalentemente su pubblicità e intangible assets e non sulle qualità del prodotto o produzione (tangible
assets). Innovazione non si traduce in brevetti ma in altri tipi di comportamento innovativo
TRAIETTORIE COMUNI
Due figure importanti ma distinte: 1.Imprenditore che crea il brand 2. I managers che lo adattano alla
domanda del mercato globale.
Successo dipende non dalle capacità imprenditoriali dell’imprenditore ma dal marketing management.
Le sedi di questi brands spesso sono in paesi sviluppati con istituzioni che funzionano e sostengono
l’imprenditoria e la grande impresa (istruzione, banche, sistema legale efficiente).
Focus sugli anni 1980. In questi anni, la maggior parte delle aziende si trova di fronte a sfide/opportunità.
-Legislazione sul marchio è passata in tutte le maggiori economie: difesa legale del marchio e del brand è
dato di fatto
-ll brand segnala ai consumatori che il prodotto soddisfa le richieste base di qualità (differenziazione
verticale) e incorpora una serie di caratteristiche che lo differenziano dagli altri brand (differenziazione
orizzontale)
Le imprese vedono il brand come un meccanismo importante per comunicare coi consumatori e coltivare la
loro fedeltà
-Sfruttano la propensione dei consumatori a restare fedeli a un brand sul lungo periodo
-Creano «personalità» per prodotti e servizi (che combinano tangible – performance del prodotto- e
intangible – immagine)
Brand costruiscono una «personalità» o un «carattere» per i loro prodotti\ servizi basata su:
2.Capacità evocativa
Immaginazione (narrazione? history telling?) domina in alcun settori – imagery brands Alcoolici,
Cosmetica, Alimentari, Moda
Analisi di una serie di brand (settore, origine, proprietà, paese) dalla quale si desumono 4 pattern:
2.Possono cambiare proprietà in diversi modi (attraverso merger e acquisizioni o accordi di licenza, imprese
che li possiedono o brand venduti indipendentemente)
3.Proprietà dei brand globali è concentrata in un numero limitato di paesi (US, UK, Francia e Svizzera,
Giappone) – investimenti significativi\ network di distribuzione
4.Alto turn over nella proprietà dei brand di beni di consumo negli anni ottanta: passaggio da un focus
locale e regionale a uno globale. Acquisire brand locali con potenzialità globali per acquisire quote di
mercato nei paesi emergenti.
QUALI SONO STATE NELLA STORIA LE STRATEGIE PER OTTENERE UN SUCCESSO GLOBALE?
E’ possibile individuare diverse strategie
2.Brand creati da grandi imprese multi-brand (Asahi Super Dry; Nescafè e Kit kat)
Grandi imprese che controllano molti brands. Imprenditori «organization centered» che hanno trasformato
le loro organizzazioni per promuovere l’intrapreneurship e sviluppare le capacità di creare nuovi brands.
Vantaggio: una volta che il brand decolla, l’impresa ha il capitale a disposizione e può usare l’esperienza
degli altri brands. Non sempre sono brands particolarmente innovativi (radical innovation) come quelli
creati dalle piccole imprese, simili agli altri posseduti dall’impresa, estensione naturale. Le grandi imprese
fanno ricerca e identificano nuove nicchie d mercato non ancora sfruttate o formulano nuove creazioni.
Una piccola impresa che non ha le capacità per sviluppare il brand che ha creato può trovare più
conveniente operare sotto una «big firm umbrella». Una grande impresa può fornire capitale attraverso
credito commerciale di lungo periodo, prestiti, partecipazione minoritaria al capitale azionario. La grande
impresa dà alla piccola impresa accesso al suo network di marketing e distribuzione.
4.Brands «multifirm» – che cambiano proprietà e diventano globali. I brands cambiano proprietà in due
modi: mergere e acquisizioni o vendita/cessione di licenza.
-Acquisizioni da parte di imprenditori «organization- centered» (Starbucks, Perrier, Evian, Lancome e H.
Rubinstein)
-Merger di grandi imprese (Cadbury e Schweppes) – vantaggi del mettere insieme le risorse
-Brand venduti come proprietà intellettuale (Bombay Sapphire)
-Trasferimento tramite accordi di licenza (Calvin Klein, Hugo Boss, Dior)
5.Rejuvination
Tendenza ad avere grandi imprese con significative risorse organizzative e finanziarie che acquisiscono
brands di piccole medie imprese:
•Adattare il brand alle nuove esigenze dei mercati\ nuove generazioni di consumatori
•Se il fondatore o la famiglia ha perso il contatto con i consumatori tende a vendere il brand
•Sviluppo di una immagine di brand più adatta a mercati globali richiede sistemi di distribuzione e
marketing globali
•Estensione del brand: se un brand ha difficoltà sui mercati tradizionali potrebbe dovere creare nuovi
prodotti. Necessario per i brand globali lavorare su ampi volumi: gamma di prodotti distribuiti con gli stessi
canali
A volte è più facile rilanciare brand già esistenti con una loro storia passate e semplicemente riadattarli a
mercati globali. Condividendo i sistemi di distribuzione già consolidati e le risorse manageriali specifiche.
UN PROBLEMA DI RISORSE
-Nel corso della vita del brand cambiano le competenze richieste da pragmatico a più routinizzato
-Imprenditore che fonda un brand / membro della famiglia ha competenze diverse da quelle di un manager
-Manager con capacità imprenditoriali vengono assunti per bravi periodi come «agenti di cambiamento» e
devono cambiare le vecchie procedure
-Prima di diventare brand di successo globale, molti brands sopravvivono adattandosi ma i cambiamenti più
radicali nel contesto costringono a ripensamenti più profondi e acquisizione di nuove conoscenze
CONCLUSIONI
Esiste una relazione tra imprenditoria, la vita delle imprese e la vita dei brands
1.Fase 1
2.Fase 2
•Necessita maggiori conoscenze di marketing e un team di professionisti per capire i diversi mercati
3.Fase 3
•Necessario un tipo di conoscenze di marketing più espansivo\ mercati globali
•Vendere a imprese che hanno già esperienza e gestiscono altri brand globali
CONCLUSIONI (2)
2.Brands di maggiore successo sono «vecchi», 1700- 1800: costruire una personalità richiede tempo
5.Venduti con accordi di licenza (proprietà intellettuale) o come conseguenza di merger e acquisizioni
6.Necessarie delle grandi organizzazioni per raccogliere e gestire le informazioni necessarie a gestire un
brand globale di successo