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2 Miti e valori
“Una sera di gennaio del 1982, il signor Walter ROHRL, di Regensburg, salì sulla sua Ascona 400, si presentò al
Rally di Montecarlo, e lo vinse”. Il direttore marketing della OPEL lesse questo titolo, che l’agenzia aveva montato
su una pagina di quotidiano. Vi furono altre alternative dove vi era una foto dell’auto impegnata in una curva, avvolta
da un polverone e collegata con un titolo: “La vostra Opel trionfa a Montecarlo”. Il cliente approvò la proposta SOLO
TESTO (COPY-AD). Quel titolo utilizzava per gioco una forma narrativa adatta ad eventi mitici, storie leggendarie.
Nel caso di Opel il gioco di imitazione dello stile narrativo proprio dei miti sembrava essere il più appropriato.
I brand, nella speranza di diventare civiltà, hanno bisogno di EROI; ecco perché spendono cifre esorbitanti nei loro
TESTIMONIAL. Ma non sempre ciò è stato a favore. Chanel N.5 nel 2012 chiama Brad Pitt per testimoniare questa
campagna, chi meglio di lui, figura amata dalle donne, non riesca a far vendere il prodotto. Ciò NON funzionò perché
Brad Pitt NON RAPPRESENTAVA per i clienti il prodotto e NON ebbero AUMENTI di vendita, fu un vero flop.
Allora per rifarsi la Maison Chanel ricorre al mito fondativo del brand, Marilyn Monroe.
Il brand deve mantenersi COERENTE con i propri VALORI e con i miti che incarnano tali valori.
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La CAPACITA’ di RACCONTARE una STORIA che funzioni dipende dunque dalla CONSAPEVOLEZZA
del brand dei propri valori. È IMPOSSIBILE concepire la STRATEGIA NARRATIVA di un brand, se prima non
si concepiscono i VALORI che guidano le SCELTE dei suoi leader.
- Alle origini del 900, sui colli di Imperia, Giovanni il figlio più intraprendente di un proprietario di ulivi che
fabbricava olio, salì sulla bicicletta, caricò sul portapacchi alcune latte di olio appena spremuto e partì in
cerca di clienti. Il ragazzo si chiamava Giovanni Carli e suo fratello si occupava di tipografia. Quando
capirono che olio, mezzi di trasporto e rotative potevano combinarsi in un unico business innovativo, nacque
la Fratelli Carli, che sarebbe stata la più grande azienda al mondo di vendita di olio a domicilio.
- Più o meno negli stessi anni, un giovanotto svizzero di grande personalità lasciò l’azienda di spedizioni per
cui lavorava e si mise in proprio. Fausto salì ogni mattina sulla sua fiat 1100 e si avventurò nella pianura
padana a caccia di possibili clienti. Finché durante una di queste avventure si imbatte nella più bella piazza del
nord Italia: la Piazza Ducale di Vigevano. Si fermò a prendere un caffè in piazza. Si accorse che tutti
parlavano di scarpe. Di lì a poco Fausto aveva trasformato Piazza Ducale nel proprio ufficio commerciale. La
Cippà trasporti è un'azienda che non si limita a trasportare merci, ma permette ai clienti di
internazionalizzare il proprio business.
- Una decina d’anni dopo la nascita di Cippà trasporti, un bancario di Tombolo, in provincia di Vicenza, andò da
un falegname che voleva affidargli i suoi risparmi. Dopo avergli consegnato 10 milioni di lire, il falegname
chiese al bancario: “lei sa che cosa le ho dato?” “certo 10 milioni” rispose. Allora il falegname aprì la mano e
la avvicinò agli occhi del suo interlocutore, mostrando i grossi calli formatosi dalla sua attività. L'incontro
indicò al giovane la strada da seguire. Avrebbe dedicato la vita a valorizzare i sacrifici dei suoi clienti. Quel
ragazzo si chiamava Ennio Doris, e la sua banca, Mediolanum, da più di vent’anni è il punto di riferimento
del marcato italiano per solidità, innovazioni e successo.
2.3 Motti
Per fare del brand una narrazione ideologica, il PRIMO COMPITO di un PUBBLICITARIO è quello di estrarre
l’ESSENZA di un BRAND da ogni singolo INDIZIO capace di ESPRIMERLO e RAPPRESENTARLO. Come i suoi
miti, ma anche i motti.
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La prima cosa che noti, arrivato in Facebook, è che non sai di essere in Facebook. Non c’è un’insegna Facebook
all’ingresso. Né fuori, né dentro. Il mito del garage qui resiste alla grande (Silicon Valley). Nessun interesse per la
forma, vietato prendersi sul serio. Poi quando sei dentro vedi un foglio appeso al muro con una frase: better done
than perfect, l’importante non è essere perfetti, ma fare il meglio che si può in fretta + connect the world è la
missione di Facebook e c’è solo un modo per connettere tutti, farlo prima degli altri!
Sul pianeta Silico Valley, Apple è situata nell’emisfero opposto. Anche se la sede Apple è concepita come un
villaggio; il villaggio di Apple è ordinato e preciso. A cominciare dalla facciata su cui campeggia una enorme mela.
Quando arrivi alla Apple lo sai. Apple: la parola chiave è perfect. Tim Cook dichiara in un’intervista: “We believe
in saying no to thousands of projects so that we can really focus on the few that are truly important and meaningful yo
us”. Principi: attenzione, cura, precisione.
Il primo passo verso la creazione di una BRAND NARRATIVE STRATEGY consiste nella INDIVIDUAZIONE dei
VALORI condivisi da coloro che l’hanno creata o da coloro che oggi si proponessero di riposizionarla. I miti e i motti
che si sono formati nel tempo, gli atti concreti di management e di comunicazione compiuti dall’azienda, le
dichiarazioni fornite dal gruppo dirigente, della forza lavoro, degli stakeholder, tutto ciò costituisce il TERRENO di
INDAGINE in cui calarsi per scoprire l'anima di un brand.
Valori e miti costituiscono il fondamento ed il primo passaggio nella costruzione di una strategia narrativa per la
marca, precursore di tutti i successivi passaggi. Tuttavia, definire le RADICI VALORIALI di un brand NON è così
FACILE: spesso i valori si disperdono negli anni, recuperarli è complesso. Bisogna renderli di nuovo
CONSAPEVOLI e vivi nella MENTE e nel cuore dei gestori del brand è una fase che DE MARTINI chiama
PSICOANALISI della MARCA e che rappresenta la parte più affascinante del lavoro.
Step 1: la STRUTTURA della NARRAZIONE di un grande brand è: poiché un brand crede in determinati valori,
confermati dai suoi motti, due sono gli esempi guida: Facebook ed Apple. Facebook ed Apple esistono già, quindi qui
il compito non è di inventare ma RICOSTRUIRE le loro strategie narrative. Facebook ha fondato la sua propria civiltà
su valori in parte connaturati alla tipologia del prodotto (like, condividere) e in parte alla personalità e alla visione del
fondatore (velocità, informalità, generosità). Facebook e Apple condividono l’AMBIZIONE. Apple si rifà alla
selezione rigorosa, alla cura attenta e maniacale del dettaglio: la bellezza. In Apple non c’è spazio per il compromesso,
la parola chiave è NO.
3 Empatia
La prima conseguenza generata da questo nucleo di partenza è l’EMPATIA che nasce verso un certo gruppo di
individui. Il tipo di empatia (INSIGHT) e i tipi di individui (TARGET) sono l’esito del set valorizzante e culturale
del brand. L’ideologia socialista scelse di porre al primo posto l’UGUAGLIANZA. Questa scelta era dovuta alla
convinzione che il sistema capitalista trovasse il proprio peggior DIFFETTO nella creazione di forti disuguaglianze
sociali. Fu questo che permise al socialismo di essere la prescelta perché avevano capito gli individui che il problema
stava nella disuguaglianza. Dall’altra parte l’ideologia liberale ha sempre posto al vertice del triangolo “libertà-
uguaglianza-fraternità” al punto corrispondente della libertà. Anche i brand sono ideologie. I valori fondativi
determinano direttamente ed inevitabilmente uno SPECIFICO TARGET con cui stabilire una SPECIFICA EMPATIA.
disegnatore da persone che le avevano appena incontrate. Il confronta tra i ritratti generati dalle due
descrizioni dimostrava che le donne erano molto più belle di come loro stesse si vedevano e si descrivevano.
Il titolo è REAL BEAUTY SKETCHES.
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stato sostituito da salutistico. Per essere salutare deve farmi stare bene e questo significa che deve unire elementi
dietetici e edonistici: il DOVERE e il PIACERE, in un solo prodotto. O meglio, in un solo brand. Salutare non
significa rinuncia del buon gusto; Misura ha compreso questo cambio di paradigma e si è adattato: Il gusto di essere
leggeri.
Step 2: Poiché un brand crede in determinati valori, confermati dai suoi miti, si pone in un rapporto di empatia
specifica con un UNIVERSO DEFINITO di PERSONE-TARGET.
Esempi in corso. La domanda giusta da porsi è: quali tipi di empatia e quali categorie di target sono determinati dai
valori in cui credono due brand? In una vera narrazione valori e miti sono collegati all’empatia, non possono essere
dissociati.
- Facebook: per sentirsi vivi, tutti gli esseri umani vorrebbero poter comunicare con chi vogliono, in ogni istante.
- Apple: ogni essere umano aspira alla bellezza e alla realizzazione dei propri desideri con il minimo sforzo; una
meravigliosa bacchetta magica con cui realizzare ogni desiderio.
4. Cambiamento
La cosa più importante per un prodotto, e quindi anche per un brand, in quanto portabandiera di un range di prodotti, è
il BENEFICIO che genera nella vita dei suoi consumatori. Ogni ideologia, politica o religiosa, trova il proprio senso
nella narrazione di un futuro migliore riservato ai propri fedeli. E così funziona per un brand essere grande, importante
o addirittura universale.
Come avviene per le ideologie “ufficiali”, la narrazione di un grande brand esige che l’individuazione del
cambiamento da perseguire derivi in modo diretto e immediato dal tipo di empatia, a sua volta conseguenza diretta di
un sistema originario di miti e valori. Ciò che assimila il brand sono le sue caratteristiche FUNZIONALI e
STRUTTURALI: cioè com’è fatto e come agisce.
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Felix Baumgartner, detto Faerless, a causa del suo disprezzo per ogni tipo di pericolo, grazie ad un’organizzazione
tecnico-scientifica voluta e finanziata da Red Bull, è l’uomo che il 14 ottobre del 2012, si imbarcò su una capsula
spaziale appesa a un pallone pressostatico, in una radura nei pressi di Roswell, New Mexico. Al termine di una lenta
ascensione durata due ore e mezza, Felix, raggiunta la stratosfera a un'altitudine di 38.969 metri si affacciò al
portellone della sua capsula e si buttò nel vuoto. Pochi secondi dopo, a terra si udì il suono di un’ESPLOSIONE: il
corpo di Felix aveva rotto la barriera del suolo raggiungendo la velocità di 1341,13 km/h. L'altezza di lancio e la
velocità di caduta non furono gli unici record battuti da Felix e dalla Red Bull. L’evento fu seguito in Austria, paese
d'origine di Felix. YouTube totalizzò, con la trasmissione live del volo, il record di 8 milioni di spettatori. Sommati ai
telespettatori austriaci, fanno oltre 11 milioni di individui: 11 milioni di partecipanti alla più grande rappresentazione
del mito del semidio da quando esiste l’uomo.
Da qui scaturisce il grandioso impegno finanziario di Red Bull nel campo delle sponsorizzazioni degli sport estremi,
perché estremo è il livello oltre il quale la sconfitta coincide con la morte. Chiarito il genere di cambiamento che Red
Bull vuole portare nella nostra vita, si dà il via libera a tutte le sue possibili declinazioni. Ecco perché l'ingresso del
brand nel mondo dell'automobilismo, capace in pochi mesi di affermarsi come la migliore grazie a Sebastian Vettel,
un altro semidio.
4.3 Cambiare stato. (Pruf = Armando Testa) Racconto di De Martini all’interno dell’agenzia Armando Testa.
Chiamato per lavorare ad un progetto per la San Pellegrino (aranciata), è stato scelto da Armando Testa per la sua
descrizione in 150 parole di sé stesso. Come tema usò quello della precocità. In effetti De Martini aveva sempre
avuto un’inspiegabile fretta di fare tutto, di finire. La San Pellegrino li aveva chiamati in gara per il rilancio
dell’aranciata. Testa riassume il brief alla sua maniera. Bisognava dire che era sana, mediterranea e dissetante. Testa
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fece vedere il suo schizzo a De Martini: una ragazza che ballava, avvolta in un abito bianco. Teneva una mano davanti
alla fronte. Nella mano, rivolta verso di noi, una grande arancia. Naturalmente rossa (per lui il mondo era su uno
sfondo bianco con sopra qualcosa di rosso, come il suo manifesto per il Punt e Mes). De Martini aggiunse una frase di
due parole (buona sete!) e scelse una musica per lo spot. Gara vinta. Miglior poster dell’anno. Vincendo così un
viaggio a New York per l’art (Armando Testa) e il copy (Alberto De Martini). Per quanto riguarda la scelta di
Armando Testa: se il brief è “sano/mediterraneo/dissetante”, l’artista lascia che queste parole lavorino nella sua mente,
e camminino, finché si incontrano con un’altra parola, un’altra immagine, un’altra idea. Magari un ricordo: come
l’immagine di una ragazza con un abito bianco che balla (ricordo di Armando testa di una gara, di cui lui faceva parte
della giuria). L’immagine ritraeva una donna che danzava questo perché gli anni in questione sono quelli della disco-
dance e quindi venne così l’idea.
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Step 3: Poiché un brand crede in determinati valori, testimoniati dai suoi miti, si pone in un rapporto di empatia
specifica con un universo definito di persone-target. Tale empatia lo induce a perseguire, nella vita di quelle persone,
un CAMBIAMENTO POSITIVO.
5. Strumenti
Rosser REEVS non fu una cima a scuola ma era bravo a scrivere e fu così che vince un concorso della chimica: non
parlare della chimica, ma di come la chimica rendesse migliore la vita. Infatti, scelse il titolo “Better living through
chemistry”. La prima fortuna generata dal suo breve saggio fu la conquista del premio. La seconda fu che la
multinazionale chimica Du Pont convocò l’agenzia in cui lavorava Reevs per una gara. In palio c’era un budget da
alcuni milioni di dollari. La sua campagna è ancora oggi studiata come una case-history esemplare. Il pay-off che la
firmava era “DuPont. Better Living Through Chemistry”.
Reeves credeva che la pubblicità servisse a VENDERE il PRODOTTO e perciò che bisognasse trovare una cosa che
rendesse il prodotto UNICO e quindi DIVERSO da tutti gli altri e, una volta trovata, comunicarla in modo semplice e
chiaro. Ha completato questo ragionamento pragmatico assegnando alla sua formula una sigla che rimane ancora oggi:
Unique selling proposition (USP). Seppe mettere in pratica la sua brillante teoria, creando campagne di enorme
successo strettamente ancorate alla regola della USP. Una fra tutte, quella della M&M’s, basata su una USP e uno
slogan: si sciolgono in bocca, non in mano.
La teoria di Reevs NON prende in considerazione la questione del BRAND, che all'epoca non aveva il significato di
oggi; si parlava più che altro di TRADEMARK, MARCHIO : un nome o un segno che indica e al massimo
garantisce un prodotto. Per questo Reeves vende prodotti e la sua analisi si concentra sui modi più efficaci per
comunicare i BENEFICI FUNZIONALI del prodotto. Si tratta di un approccio non superato, ma limitato ad un
passaggio della narrazione di un brand. Il PRODOTTO è il MEZZO o uno dei mezzi con cui il brand realizza la
propria MISSIONE, di conseguenza, per una corretta strategia narrativa, la teoria di Reeves è essenziale: dopo avere
descritto il tipo di cambiamento che il brand intende suscitare nella vita delle persone target, è necessario trasmettere
al target come i prodotti o i servizi che agiscono in nome e per conto di quel brand siano in grado di realizzare
concretamente quel cambiamento, attraverso quali benefici funzionali e in virtù di quali caratteristiche distintive.
Quindi, mentre Reeves vedeva una geometria di relazioni a DUE DIMENSIONI, quella del PRODOTTO e quella
del CONSUMATORE , oggi sappiamo che sono almeno TRE DIMENSIONI: BRAND, PRODOTTO e
CONSUMATORI che ormai devono essere definite persone, non parlare di consumatori ma di persone permette di
capire meglio con chi le aziende e i brand hanno davvero a che fare: non semplici essere consumanti influenzabili con
tecniche di addestramento, ma esseri complessi dotati di un completo e articolato sistema di valori e aspettative.
“Per le persone, i veri brand sono PUNTI di RIFERIMENTO ai quali milioni di persone si rivolgono perché li
considerano attori sociali, in grado di proporre determinati valori e visioni della realtà in cui riconoscersi. Così i
prodotti di un brand non sono fenomeni isolati, ma sono saldamente collegati a valori che condivido, ad un’empatia
che valorizza i miei desideri, ad un cambiamento al quale ambisco e ai processi volti realizzarli. Al prodotto di un vero
brand le persone riconoscono una profondità narrativa che permette loro di vedere oltre la sua superficie fisica e
funzionale, l’anima del prodotto!”
In questa visione non esiste perciò una contrapposizione tra brand e prodotto perché la narrazione ideologica di un
brand include il prodotto come elemento essenziale alla propria completa espressione. Ci sono casi in cui questa
visione olistica e non dicotomica del rapporto fra marca e prodotto non ci impedisce di riconoscere che alcune volte,
nel corso della narrazione della marca, il passaggio rappresentato dal prodotto ne costituisce l'anello più forte.
Coca-Cola è un brand? Bisogna osservare i suoi messaggi cominciando da “Enjoy” accompagnato da immagini
celebri delle bottigliette con le gocce finalizzate a trasferire un’idea di freschezza; focus sul benefit principale di un
prodotto: dissetarsi con piacere.
Successivamente venne trasferito tutto nella parola: FELICITA’. Fu la coppia formata dal CMO Joe Tripody e il
direttore marketing del Nord America Wendy Clarck a lanciare nel 2009 il concept “Open Happyness”. Coca-Cola
avrebbe continuato a generare piacere e dissetare ma grazie a questo si sarebbe spinta fino a generare o almeno ad
aumentare la felicità delle persone. Un’ambizione non da poco, che però funzionò: si era parlato troppo del brand e
troppo poco del prodotto. Nel gennaio 2016 il nuovo direttore marketing Marcos De Quinto ha abolito la campagna
“open happyness”, la grandezza di coca cola sta nella sua semplicità e umiltà, più abbiamo cercato di fare i
predicatori, più l’abbiamo resa piccola. Il fallimento della campagna come quelle istituzionali lanciate da Nutella,
confermano che la narrazione di un brand ha successo non solo se i suoi singoli passaggi appaiono tecnicamente
giustificati dalle teorie marketing, ma dalla forza delle connessioni tra un passaggio e l’altro.
5.4. Strumenti di identificazione Nike come è prevalsa su Reebok.
Non è facile affrontare una crisi. Soprattutto quando è la prima, dopo 23 anni di crescita ininterrotta. Il 1987 aveva
segnato il primo calo di fatturato a quando Phil e il suo allenatore avevano fondato la Blue Ribbon Sports. Phil e Bill
avevano dovuto licenziare il 20% del loro staff. Una beffa per un’azienda che nel frattempo aveva scelto un nome che
in greco significa vittoria: Nike. Per diventare LEADER del mercato, non bastava trovare un produttore più
economico o inventare un gadget per rendere un modello di scarpe diverso dagli altri; bisognava entrare nel CUORE
di milioni di americani che avevano deciso che non bisognava essere atleti professionisti per mettersi un paio di
sneakers. Phil, appena arrivato in sede, convocò il suo direttore marketing, Jerome Conlon, il capo della pubblicità
che aveva appena assunto, Scott Badbury, e il titolare della sua agenzia di comunicazione storica, Dan Wieden.
Spiegò loro come stavano le cose e li chiuse in una stanza, intimandogli di non tornare da lui senza un’idea capace di
rimettere le ali alla dea della vittoria. Nike non era solo una fabbrica di articoli sportivi, ma una comunità di uomini e
di donne che credevano nei valori dello sport. (Gary Gilmore, let’s do it).
Campagna Just do it
Il suo successo sta nella CHIAREZZA con cui dimostrò che ASSOCIARE un MARCHIO ad ELEMENTI puramente
IDEOLOGICI, senza alcun collegamento esplicito ad un prodotto o a una linea di prodotti, può cambiare il destino di
un’azienda fino a trasformarla da comprimaria di un mercato nazionale al leader del pianeta. Nike, grazie al sistema di
comunicazione “Just do it”, superò Rebook.
Le persone cominciarono a preferire i prodotti Nike non per la loro superiorità tecnica ma per il piacere di dire al
mondo, attraverso quel nome e quel segno: io amo lo sport e semplicemente lo faccio. Nike riuscì quindi a soddisfare
un bisogno profondo di milioni di persone: trasmettere un’IDENTITA’ e condividere una PASSIONE.
Anche nella strategia narrativa di Nike il PRODOTTO è lo strumento con cui il brand realizza la propria MISSIONE,
ma la differenza e che questa capacità ha poco a che fare con una prestazione del prodotto resa distintiva o superiore
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da una o più qualità intrinseche. I prodotti Nike cambiano la vita delle persone perché sono prodotti Nike e come tali
permettono alle persone di sentirsi iscritte e portavoce della grande e universale comunità di chi ama fare sport.
Prodotti molto simili ad altri vengono preferiti ai restanti e pagati molto di più in virtù della capacità del brand a cui
appartengono di segnalare al mondo l'identità, i gusti, i valori di chi li indossa.
Bisogna che la nuova narrazione riguardi un argomento rilevante, che l'attore protagonista abbia i requisiti per la parte,
che nessun altro personaggio sia già al centro della scena e che l'impresario abbia i mezzi per creare un blockbuster.
prodotto fa questo per te) ma anche di partecipare direttamente e immediatamente al cambiamento attraverso la brand
experience. Esempio Bonduelle, la multinazionale leader nel settore delle verdure confezionate.
I prodotti, i servizi, gli output di comunicazione generati dal brand sono quindi non solo chiaramente distinguibili da
esso ma si pongono anche, rispetto ad esso, in una relazione subordinata, essendo i modi escogitati dal brand per
realizzare la propria missione di cambiamento.
A chiarire il concetto vengono in nostro soccorso i lumi di Denis Diderot e Jean Baptiste Le Rond D’Alemert. I due
intellettuali francesi furono i curatori della celebre Encyclopèdie o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei
mestieri (1751-1780). L’idea era quella di creare un’opera grandiosa che si occupasse solo di ciò che gli uomini
avevano scoperto, capito, pensato, creato e compiuto; e per quei tempi significava una sfida spavalda verso chi
professava il primato della fede. Per questo l’Encyclopédie fu proibita da nobili e religiosi, capeggiati dal re Luigi XV,
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dai Gesuiti e dal papa Clemente XIII. Perchè non era solo un prodotto editoriale, ma era il primo strumento ideato e
realizzato per tentare di portare a compimento gli ideali dell’Illuminismo.
Lo strumento a disposizione di un'idea non è solo il suo mezzo di attuazione, ma ne è anche la trasposizione materiale:
l'INCARNAZIONE. L'uomo ha sempre conosciuto il mondo attraverso due categorie: le IDEE e le COSE e ha sempre
avuto bisogno di metterle in CONNESSIONE, l’una per dare senso all' altra, un’idea resta soltanto un’idea finché è
soltanto un’astrazione.
Facebook: Una piattaforma digitale capace di connettere non solo le persone ma i loro sentimenti e le loro
emozioni e facendo questo di connettere ognuno, in qualsiasi istante lo desideri, alla parte più profonda e
importante di sé.
Apple: oggetti perfetti per forma e dimensione in grado di esaudire in pochi attimi una straordinaria e sempre
crescente quantità dei nostri desideri.
6. Processi
Finora abbiamo visto:
- Un GRANDE BRAND , per essere tale, deve dotarsi di un set di VALORI, meglio se confermati dai suoi miti,
cioè i racconti delle origini del brand stesso o, più frequentemente, dell'azienda.
- Questi valori devono TRADURSI in un rapporto empatico con i gruppi di persone che il marketing definisce
come TARGET.
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- Questa empatia deve generare un progetto o meglio, un impegno a CAMBIARE di poco o di tanto virgola in
POSITIVO, la vita delle persone.
- Per realizzare questo cambiamento, il brand si deve servire di STRUMJENTI che assumono, a seconda dei
casi, le caratteristiche dei prodotti, servizi o addirittura di attività di comunicazione.
Per chiudere il cerchio bisogna COSTRUIRE gli STRUMENTI, per far questo il brand deve dotarsi di PROCESSI
produttivi, organizzativi, informatici logistici, che consentiranno agli strumenti del brand di esistere, di raggiungere le
persone e generare il cambiamento desiderato.
La realizzazione di questi processi implica una varietà di scelte che vanno dagli ingredienti utilizzati ai macchinari,
dei luoghi in cui produrre alla gestione del personale, dall’impatto ambientale al rapporto con il fornitore. Tutto questo
è cruciale ai fini del successo del brand stesso e del lieto fine della narrazione.
Per questo è importante che sia il brand il soggetto di questa delicatissima serie di scelte e non l'azienda: le persone
dell'azienda devono compiere tali scelte in nome e per conto del brand, realizzando gli strumenti funzionali alla
missione del cambiamento in armonia con i principi fissati dai valori.
progetto venne chiesto di realizzare qualcosa per la moda che tenesse conto della sostenibilità ambientale; fu così
che lei, pensando alle arance della propria terra, ebbe l’idea di realizzare un tessuto con gli scarti delle arance.
Pochi anni dopo Adriana ricevette la telefonata che avrebbe cambiato la sua vita; la Global Change Award della
H&M Foundation aveva eletto lei tra le 5 vincitrici del premio da un milione di dollari, la sua start-up si
chiamava appunto Orange Fiber.
• 165 miliardi di dollari sono il valore del cibo che viene buttato annualmente in America e fu così che venne l’idea
a due persone in gamba: Dough Raugh e Birgitte Qvist Sorensen, di aprire un supermercato che vendesse cose
scadute, ovvero dalla data di scadenza fino alla data realmente dannosa per la salute delle persone. I due punti
vendita si chiamano Daily Table e Wefood offrendo appunto prodotti scaduti e a prezzi scontati. Questo perché
hanno tenuto conto della salvaguardia dell’ambiente, la convenienza del consumatore e il business.
Step 5: I PROCESSI costituiscono il QUINTO e provvisoriamente ultimo passaggio nella costruzione di una strategia
narrativa per la marca. Questa sezione si colloca sotto la quarta e leggermente spostata verso destra:
- sotto perché, dal punto di vista dei flussi causali, i processi sono il modo in cui il brand realizza gli strumenti
necessari a determinare il cambiamento;
- a destra perché, da un punto di vista della cronologia ideale, i processi vengono posti in essere dopo
l'individuazione da parte del brand degli strumenti di cui intende dotarsi.
Poiché un brand crede in determinati valori, testimoniati dai suoi miti, si pone in un rapporto di empatia specifica con
un universo definito di persone target. Tale empatia lo induce a perseguire, nella vita di quelle persone, un
cambiamento positivo, per operare il quale utilizza strumenti quali prodotti, servizi e comunicazione, per realizzare i
quali concepisce e mette in atto adeguati processi organizzativi e produttivi.
Esempi
- La modalità che informa i processi Facebook è influenzata dai valori dell’ambizione, della condivisione, della
quantità e della velocità, sintetizzati dal motto “Better done than pefect” assumendo la forma di una cooperazione
ispirata a criteri di massima fluidità, alta produttività e bassa selettività.
- Mentre Apple agisce attraverso processi di generazione creativa analoghi rispetto a quelli attuati da Facebook; la
natura dei processi si modifica quanto più ci si avvicina alla fase che decide sulla vita o la morte delle proposte di
prodotto. I processi assorbono come spugne vive i valori fondativi del brand, sintetizzati dalle due parole chiave “no”
e “perfect”. Apple compie questo passaggio sottoponendo i progetti candidati a diventare prodotti a una selezione
severissima, attraverso una verifica implacabile della loro adeguatezza rispetto all’onore e della loro dignità rispetto
all’onore di costituire un nuovo capitolo della storia del brand.
7. Il segreto dell’onda
La strategia narrativa di un grande brand può quindi strutturarsi in un percorso formato da 5 capitoli. Questa struttura,
per essere efficace, devi contare su alcune caratteristiche fondamentali:
- La COERENZA: la forza di un brand risiede nella sua capacità di accrescere l'energia generata della propria
storia, grazie ad un trasferimento diretto di senso da una fase all'altra del suo svolgimento. È questo
straordinario capitale di energia accumulato dal brand attraverso i passaggi della propria storia a scaricarsi sui
mercati e sulla società, producendo fenomeni economici e culturali importanti. Proprio questa riflessione
centrata sul concetto di energia, combinata con la forma assunta spontaneamente dal modello descritto, porta
Martini ad assegnare alla BNS la forma di un'ONDA.
La STRATEGIA NARRATIVA di un grande brand è molto simile ad un'onda, che trasferisce energia e produce
lavoro: anche l'onda è composta di parti: ha un ventre, un cavo e una crescita, un lato anteriore e posteriore in un'onda,
come in una storia, le parti si legano in un tutto nel quale finiscono per confondersi grazie alla loro fluidità e coesione.
Nel caso della BNS evidente che le varie sezioni, per poter stare insieme e permettere all’onda di produrre la massima
energia, devono parlarsi in modo armonico:
- i PROCESSI PRODUTTIVI e ORGANIZZATIVI , le materie prime utilizzate, gli ambienti fisici in cui
avviene la produzione, la gestione della forza lavoro in termini di remunerazione, orari, trasparenza, è
fortemente influenzato da tutto ciò che avviene sul lato sinistro vale a dire i valori e i miti fondativi del brand
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- allo stesso modo, al piano di mezzo dell'onda, le CARATTERISTICHE degli STRUMENTI prodotti per
realizzare il cambiamento dovranno non solo essere influenzate, ma determinate dall’empatia scaturita fra i
brand e le persone target.
I Biscotti Colussi. Ormai antichi un po’ invecchiati, nessun cambiamento avevano una quota di mercato dell’1,9%. Il
nuovo team di marketing dell’azienda voleva creare una linea d biscotti capaci di soddisfare le nuove richieste del
consumatore in ambito nutrizionale. Qui lavorarono sempre sulla BNS, in particolare ipotizzano di comunicare il
cambiamento che non fosse limitato alla semplice possibilità individuale di accedere a una prima colazione più sana
ma che si spingesse fino ad inaugurare una vera e propria NUOVA ERA della colazione degli italiani. Colussi era il
brand giusto per gli italiani, un nome conosciuto che si era perso un po’ strada facendo, ma che guardando gli altri
brand aveva capito, grazie alla propria saggezza, ciò di cui le persone avevano bisogno. L’azienda compì un grande
sforzo: produsse una linea di frollini senza olio di palma e con farine poco raffinate.
C’è un’altra caratteristica dell’onda, oltre alla funzione, alla forma, alla fluidità e alla coesione: La TRASPARENZA.
E lo è in 2 accezioni:
Un brand non solo non deve aver nulla da nascondere riguardo alla propria narrazione e ai fatti concreti che essa
riferisce, ma deve esserne ORGOGLIOSO al punto da ESIBIRE ad ogni occasione OGNI singola PARTE di sé
Proprietà di un oggetto di essere completamente ILLUMINATO da qualsiasi delle sue parti penetri la luce. L'onda
dimostrerà la propria coerenza nella misura in cui, illuminandone una sezione attraverso una specifica attività di
comunicazione, le persone TARGET potranno cogliere l’ESSENZA di tutte le altre e quindi dell’onda intera.
La prima scorre lungo il normale CRITERIO di LETTURA, da SINISTRA verso DESTRA. Questa direzione
considera la narrazione come il racconto del processo da cui prende vita la marca.
La seconda via segue invece una cronologia fattuale e si svolge quindi scalando l'onda dal BASSO verso
l'ALTO. Questa lettura considera la narrazione come racconto della produzione del cambiamento, missione
ultima e senso del brand.
Empatia e strumenti rappresentano le fasi di transizione tra azienda e mercato, tra brand e persone: L' empatia è un
fenomeno di condivisione: io azienda/brand sento un bisogno che è dentro di te mercato/persona; Gli strumenti,
ovvero i prodotti, i servizi e in alcuni casi la comunicazione passano dalle mani dell’azienda/brand a quella delle
persone/mercato per andare a svolgere il loro compito di cambiamento; Cambiamento effettivo opera nel mondo delle
persone.
il primo riguarda il TEMA della nostra INDAGINE. La CSR rappresenta una componente ormai essenziale
della strategia narrativa di un brand. Ciò è dovuto al fatto che le persone, gli individui, si sentono partecipi
delle SORTI dell’ambiente e della nostra specie, della generazione presente e di quelle future, molto più che in
passato. Se quindi il brand vuole porsi in una dimensione di beneficio nei confronti delle persone target, è nel
suo interesse rivolgersi a loro non solo come ad una somma di TU, ma anche come VOI, definito di volta in
volta, a seconda della visione del brand virgola in termini spaziali o temporali.
La seconda ragione riguarda il fatto che l'ADOZIONE di PRATICHE SOSTENIBILI può rivelarsi
ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSA per l'impresa stessa, non solo in quanto generatrice di valore sul
brand e quindi di preferenza per i propri prodotti nel medio e lungo termine, ma anche in quanto motore di
efficienza sul piano dei processi.
Step 6: Con la componente rappresentata dalla corporate social responsability la strategia narrativa è la seguente:
Poiché un brand crede in determinati valori, testimoniati dai suoi miti, si pone in un rapporto di empatia specifica con
un universo definito di persone-target. Tale empatia la induce a perseguire, nella vita di quelle persone, un
cambiamento positivo, per operare il quale utilizza strumenti quali prodotti, servizi e comunicazione, per realizzare i
quali concepisce e mette in atto adeguati processi organizzativi e produttivi. Tutto ciò, nel pieno rispetto dell’ambiente
e nell’osservanza dei diritti delle persone alla dignità, alla sicurezza, e alla salute.
9. Le misure dell’onda
Nel corso degli anni sono tanti i MODELLI concepiti al fine di misurare lo STATO di SALUTE di un brand.
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1) Il primo si chiama Brand Z (Millward Brown) ed è basato sull’idea che il brand ideale sia quello che riesce a
TRASFORMARE in legami forti (BONDING) il maggior numero di RELAZIONI con le persone che la
conoscono. Questo difficile percorso di crescita della relazione fra brand e persone viene rappresentato come una
PIRAMIDE, partendo dal basso:
o PRESENCE: tutte le persone che CONOSCONO il brand;
o RELEVANCE: IMPORTANZA che il BRAND RIVESTE nelle VITE delle persone che lo conoscono;
o PERFORMANCE: PERSONE, tra quelle per cui il brand è rilevante, che ritengono EFFICACE il prodotto;
o ADVANTAGE: persone che reputano i prodotti non solo efficaci, ma MIGLIORI rispetto alla concorrenza;
o BONDING: persone che hanno stabilito un LEGAME FORTE con il brand, per via del processo attraverso i
precedenti livelli.
2) Un altro modo per misurare il brand è il BAV, Brand Asset Valuator (Young&Rubicam). L’assunto è che il
valore di un marchio si misura su DUE assi:
o Quello della FORZA (x): risultato dei tratti di diversità e rilevanza;
o Quello della STATURA (y): risultato dei tratti di stima e familiarità;
La frequenza e continuità della ricerca consente al BAV di fornire del brand una fotografia in movimento, a partire
dall’idea che l’evoluzione ideale prende il via nel quadrante Sud-Ovest (nuovo, sfuocato, sconosciuto) transita nella
regione Nord-Ovest (curiosità) per poi trionfare in quello di Nord-Est (leadership). Esistono altri modelli di
misurazione del valore di un brand, tutti hanno però in comune un obiettivo: superare la vecchia nozione di
AWARENESS e top of mind per fornire un’interpretazione più qualitativa, capace cioè di qualificare meglio un
concetto così generico come quello di conoscenza.
riconoscere qualcosa in te o di te. Riconoscere che tu sei tutto questo: non un corpo ma una vita. Non un
marchio ma una storia. In questa eccezione il prefisso “ri” anteposto a conoscenza sta per restituzione: io
restituisco a te una percezione che tiene conto di ciò che hai fatto per essere quello che sei.
Il secondo caso è quando il prefisso mantiene il tipico significato iterativo: ti conosco ancora, di nuovo, anche
se ti vedo accanto ad altri esseri della tua specie: assieme ad altri brand della tua spessa categoria.
La RICONOSCENZA è quel sentimento che permette al prodotto di RAGGIUNGERE gli OBIETTIVI prefissati.
Tecnicamente vuol dire take out, dovrebbe essere il vero obiettivo di una marca che voglia restare o diventare grande.
Ogni stakeholder della marca dovrebbe avvertire gratitudine verso un’entità che prende forma, attraverso una
narrazione coerente, affascinante e rassicurante. Un brand non abita nell’azienda che l’ha creato, né nei negozi che
ospitano i suoi prodotti, né nelle confezioni dei prodotti stessi, ma nella mente delle persone che hanno a che fare con
esso: i suoi STAKEHOLDERS.
Per essere davvero grande, quindi, il brand deve essere nella MENTE di queste persone in una triplice forma: quella
della conoscenza, del riconoscimento e della riconoscenza.
Dovendo sintetizzare questa idea in una figura, la più adeguata è quella di un SOLIDO, la cui TAGLIA dipende dalla
GRANDEZZA assoluta del BRAND e la cui FORMA dipende dal RAPPORTO più o meno equilibrato tra le sue TRE
DIMENSIONI.
- Così un brand con molta conoscenza, molto riconoscimento e poca riconoscenza apparirà come un solido
poco profondo, quasi bidimensionale.
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- Invece un brand che fosse conosciuto da molti, mentre pochi fra questi riconoscessero l’essenza e l'autenticità
della sua strategia narrativa, ma tutti questi ultimi provassero riconoscenza per il cambiamento che essa
imprime alla loro esistenza, avrà più o meno la forma di un portabottiglie.
Ma c'è un altro modo per definire le caratteristiche principali di un brand: le tre qualità rappresentano tre modi di
GUARDARE la MARCA, ogni volta ad un livello più alto.
Una persona conosce il brand, poi torna a considerarlo avendone conosciuto anche la complessità ed infine torna a
considerarla avendo avvertito gratitudine per l'esito finale del suo operato. Tutto ciò suggerisce l'idea di un percorso
CIRCOLARE che però si alza di un piano: una SPIRALE.
Solo la marca perfetta ovviamente avrà la forma di una spirale cilindrica, nella quale tutti i piani hanno lo stesso
diametro.
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