Sei sulla pagina 1di 14

Università degli Studi di Macerata

Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in
Giurisprudenza (LMG/01)

PAPER – DIRITTO COMMERCIALE

Il marchio celebre – La tutela dei marchi


nelle società sportive

Studente: Marco Ciucciomei


Matricola: 97261

A.A. 2021/2022
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

IL MARCHIO CELEBRE – La tutela dei


marchi nelle società sportive

Indice

I. Il marchio

II. Marchi famosi: analisi di una terminologia multiforme

III. Marchi e segni notori

IV. Il marchio che gode di rinomanza

V. Il marchio delle società sportive

VI. La tutela del marchio sportivo

VII. La definizione “marchio celebre” è ancora giuridicamente rilevante?

2
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

Capitolo I

IL MARCHIO

Il marchio costituisce il più importante dei segni distintivi dell'impresa di cui


contraddistingue i prodotti e i servizi.
Dal punto di vista propriamente giuridico, nell'ordinamento italiano sia il
marchio registrato 1 sia il marchio non registrato2 sono oggi inquadrati tra diritti
di proprietà industriale, in base a quanto previsto dagli articoli 1 e 2 del Codice
della proprietà industriale (D.lgs. 10 febbraio 2005).
Sul piano del diritto sostanziale la disciplina del marchio nazionale e quella del
marchio comunitario sono in gran parte coincidenti poiché anche la prima è
frutto dell'armonizzazione imposta in questa materia dalla Dir. 89/104/CEE del
21 Dicembre 1988, attuata nel nostro paese con il D.lgs. 4 dicembre 1992, n.
480.
All'interpretazione di entrambe ha perciò dato un importante contributo la
giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee.
Sul piano economico, il marchio è oggi lo strumento fondamentale della
comunicazione di impresa, poiché viene utilizzato non soltanto per informare il
pubblico della provenienza dei prodotti o servizi per cui è usato da una
determinata impresa e quindi dell'esistenza di un’esclusiva di questa impresa
sull'uso di esso, ma anche come simbolo di tutte le altre componenti del
messaggio3 che il pubblico ricollega ai prodotti o i servizi per i quali esso viene
utilizzato.
È proprio sulla componente del messaggio legato al marchio, e in particolare
alla capacità di esso di evocare immagini gratificanti per l'acquirente del
prodotto o del servizio, che oggi maggiormente si concentra il valore di
mercato dei marchi più famosi in quanto grazie a questa capacità evocativa essi
aggiungono al prodotto un valore aggiunto rilevante per il pubblico.

1
Il marchio registrato viene concesso attraverso un procedimento amministrativo facente capo
all'ufficio italiano brevetti e marchi e ha una durata di 10 anni, ma è rinnovabile per eguali
periodi per un numero illimitato di volte
2
Il marchio non registrato è tutelato solo sulla base dell'uso e della notorietà conseguita sul
mercato.

3
Per messaggio si intendono sia i dati che i consumatori hanno desunto dall’esame e dall’uso
di questi prodotti, sia le informazioni e le suggestioni diffuse direttamente dall’imprenditore
attraverso la pubblicità.

3
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

Capitolo II

MARCHI FAMOSI: ANALISI DI UNA


TERMINOLOGIA MULTIFORME

I marchi famosi esprimono più di tutti i segni distintivi il significato attribuito


al marchio inteso come strumento di comunicazione, sono per certi versi
l'emblema di questo concetto. Essi sono quei marchi che più di tutti sono
riusciti ad affermarsi sul mercato ed a comunicare con il consumatore che li ha
ripagati in termini di acquisto dei prodotti.
I marchi famosi sono stati denominati nei modi più svariati: marchi celebri,
marchi di alta rinomanza, marchi super notori, marchi notori, marchi noti, fino
a trovare espresso riconoscimento legislativo e tutela nel 1992 attraverso la
denominazione marchi che godono di rinomanza.
All’apparenza questi termini potrebbero sembrare dei sinonimi, ma in realtà
rappresentano dei tentativi compiuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza di
definire la categoria dei marchi famosi.
La terminologia adottata dal nostro legislatore con il D.lgs. 480/9211, la cui
emanazione ha conferito, nel nostro ordinamento, ai marchi che godono di
rinomanza dignità di categoria giuridica autonoma, avrebbe dovuto sgomberare
il campo da qualunque equivoco o dubbio circa la nozione di marchio famoso.
Nelle decisioni della Corte di Giustizia, i marchi che godono di rinomanza
sono infatti indicati come marchi notori oppure marchi che godono di notorietà.

Quello che possiamo ben notare, è la multiforme terminologia adottata per


regolare la figura dei marchi famosi. Questo perché nel corso degli anni, il
legislatore ha adottato parole diverse per nominare la fattispecie,
differenziando e creando tutt’ora un confine che potrebbe rilevarsi incerto, se
non si analizza a fondo il percorso normativo seguito negli anni dal legislatore.

Capitolo III

MARCHIO E SEGNI NOTORI

L’art. 8.3 D.lgs. 10 febbraio 2005 n.30 (Codice della Proprietà Industriale)
dispone che “se notori, possono essere registrati come marchio solo dall'avente
diritto, o con il consenso di questi, o dei soggetti di cui al comma 1: i nomi di
persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o
sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelle di enti e

4
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

associazioni non aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici


di questi”.
La tutela riguarda solo i nomi e i segni notori.
Occorre allora anzitutto chiarire cosa si debba intendere per notorietà. La
norma mira a tutelare l'interesse dell'avente diritto a trarre un vantaggio
economico dalla concessione del proprio nome o segno a terzi interessati a
usarlo come marchio su prodotti o servizi. Deve dunque trattarsi di un nome o
segno ritenuto in grado di favorire la vendita dei beni sui quali viene apposto,
ossia dotato, come già detto, di valore promozionale acquisito in seguito alla
sua utilizzazione in campo extra mercantile.
La notorietà può essere considerata di per sé un fattore promozionale per
qualunque genere di prodotto o attività. Per quanto qui interessa occorre che la
notorietà acquisita in ambito civile, intesa come conoscenza del nome o segno,
consenta al pubblico dei consumatori di ricollegare questo segno al contesto in
cui è diventato noto anche quando viene usato come marchio4.
La notorietà determina la nascita di una riserva di registrazione del segno come
marchio che conferisce un'esclusiva d'uso estesa a tutto il territorio nazionale.
Ciò costituisce la ratio della norma che la prevede e sembra richiedere una
qualche corrispondenza tra la zona in cui il segno ha un effetto promozionale e
quella coperta dal diritto di marchio, il che porta a negare rilevanza a ipotesi di
notorietà meramente locali.

Capitolo IV

IL MARCHIO CHE GODE DI RINOMANZA

Il marchio che gode di rinomanza è stato introdotto, come si è visto, dal


legislatore italiano nel 1992. La sua protezione è prevista dall’art. 20 del
Codice della Proprietà Industriale (c.p.i.).
E’ marchio rinomato, o che gode di rinomanza, il marchio conosciuto da una
parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contrassegnati,
non essendo necessario che detta rinomanza sia necessariamente equivalente
alla celebrità né che essa sia affermata abile come conoscenza anche al di fuori
dell'ambito merceologico in cui il marchio si è affermato5.
L’art. 20, comma 1, c.p.i, sancisce il diritto del titolare di un marchio registrato
che “goda dello stato di rinomanza” di vietare a terzi l’utilizzo di un marchio

4
Ad esempio, associare un certo nome ad un campione sportivo pur senza ricordare con
precisione il tipo di sport nel quale egli eccelle, o ad un personaggio del momento dello
spettacolo senza ricordare se è un attore teatrale o cinematografico o invece un cantante o un
ballerino.

5
Cassazione civile, 13 dicembre 2021, n. 39764.

5
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

identico o simile, anche in relazione a prodotti e servizi non affini.


La Giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pur senza
esplicitare i criteri attraverso i quali valutare univocamente la rinomanza di un
marchio, ha elencato alcuni indici sulla base dei quali è possibile fornire una
stima del grado di rinomanza di un segno.
Tali indici possono essere individuati nell’intensità d’uso del segno, nella
durata di detto uso, nella sua estensione geografica, nell’entità degli
investimenti effettuati per la promozione e diffusione del marchio e nella quota
di mercato da esso detenuta6.
La dimostrazione di una elevata rinomanza di un segno permette di dimostrare
che, a causa di una certa somiglianza tra i due segni, il pubblico dei
consumatori rilevante può rappresentarsi l’esistenza di un collegamento tra i
due marchi, il quale deve essere valutato in modo globale. Ed è a tale
collegamento che il rischio dell’indebito vantaggio o pregiudizio deve essere
imputato7.
Si ha l’elemento del pregiudizio quando l’uso del segno successivo è tale
da ledere l’immagine del marchio notorio, ovvero è tale da indebolire la
capacità distintiva di questo.
Sotto questo profilo, al marchio che gode di rinomanza deve essere
riconosciuto, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità e di merito,
un ambito di protezione particolarmente forte, contro qualsiasi forma di
agganciamento, indipendentemente dal pericolo di confusione o associazione
per il pubblico di riferimento in relazione alla fonte di origine dei prodotti e dei
servizi8.
Scopo della tutela del marchio che gode di rinomanza è quello di impedire
qualsiasi forma di sfruttamento della forza suggestiva dei marchi tramite
l’utilizzo di segni che inevitabilmente richiamano le medesime componenti
grafiche e fonetiche, anche tenendo in considerazione il fatto che oggi, nelle
moderne economie, la comunicazione ha assunto un ruolo strategico di
primaria importanza.
Conseguentemente si è instaurata una vera e propria competizione fra messaggi
pubblicitari ed è evidente che la notorietà e la credibilità del segno impiegato
nel messaggio pubblicitario stesso, sono potenzialmente in grado di svolgere
un ruolo fondamentale per garantirne il successo.
Pertanto è possibile affermare che il marchio che gode di rinomanza possiede
un particolare valore evocativo ed incorpora un particolare valore simbolico in
funzione dei quali l’uso da parte di un terzo non autorizzato, può comportare
un pregiudizio e parallelamente può attribuire al terzo un particolare vantaggio
consentendogli di mettere a frutto sul mercato quello stesso potere evocativo e
quello stesso valore simbolico che sono propri del titolare.
6
v., inter alia, Corte di Giustizia delle Comunità Europee, cause riunite C-108/97 e C-109/97, 4
maggio 1997, Windsurfing Chiemsee.
7
Corte di Giustizia, 23 ottobre 2003, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, C-408/1).
8
Il massimario sulla proprietà industriale, di Floridia Giorgio nel Quotidiano Giuridico 31
gennaio 2022: Cfr. Cass. Civ. 13 dicembre 2021 n. 39764; id. 29 novembre 2021 n. 37355; id. 7
ottobre 2021 n. 27217; n. 830/2018 Tribunale di Milano, Tribunale di Torino 7 marzo 2002.

6
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

Capitolo V

IL MARCHIO DELLE SOCIETA’ SPORTIVE

Tra i marchi celebri o che godono di rinomanza e notorietà vi sono i marchi


delle società sportive.
Infatti le società sportive professionistiche, in primis quelle calcistiche, stanno
attribuendo sempre più importanza allo sfruttamento commerciale del marchio
sportivo, attraverso la vendita di beni e prodotti recanti il segno distintivo del
club. I marchi rappresentano l’emblema delle società sportive professionistiche
e dilettantistiche. Nel caso delle società professionistiche, si assiste ad una più
intensa formalizzazione9, cui si associa lo sfruttamento dell'immagine
rappresentata dal marchio e dalle sue estensioni digitali10.
Le società sportive sono, a tutti gli effetti, imprese che sfruttano il proprio
nome attraverso sponsorship, cessione di spazi pubblicitari, merchandising,
fidelizzazione dei clienti/tifosi etc. In tale ambito, il marchio e la sua
valorizzazione assumono un ruolo centrale.
Il merchandising, ad esempio, presuppone la possibilità di tutelare legalmente
il segno distintivo del club. A questo proposito, già nel lontano 1979, la Lega
Nazionale Calcio invitava le società alla revisione del proprio marchio,
emblema e logotipo, nonché al deposito ed alla registrazione degli stessi, al
fine di garantirsi un’eventuale esclusiva, per ogni settore merceologico, nonché
per tutelarsi contro ogni abuso legalmente perseguibile.
Sussistevano però dubbi, almeno fino alla riforma della legge marchi del 1992,
che una società sportiva fosse titolare di un diritto esclusivo sul proprio segno
distintivo e potesse tutelarlo legalmente; in particolare, si ponevano ostacoli
giuridici a considerare il segno distintivo delle società sportive come
un marchio in senso tecnico e di conseguenza appariva problematica una tutela
dello stesso in modo pieno.
Infatti, la disciplina sui marchi in vigore prima del 1992 era improntata ad una
tutela del segno in funzione esclusivamente di indicazione di provenienza del
prodotto contrassegnato, nel senso che detto segno doveva designare i prodotti
posti in essere e commercializzati dalla stessa azienda. Tuttavia, le
società sportive, normalmente, non producono direttamente alcun bene
materiale ed i simboli delle stesse sono nati, pertanto, non per
contraddistinguere prodotti da loro provenienti ma per essere proficuamente
commercializzati mediante la cessione in uso a terzi. Vi era così incertezza
sulla legittima titolarità di marchi di impresa in capo alle società sportive in
settori diversi da quello della produzione di spettacoli sportivi, tenuto conto
che, mancando tra l’altro il fine di lucro, l’attività direttamente svolta da dette
9
Presenza di marchi di norma registrati.
10
Nomi a dominio, sito web, mobile apps, etc.

7
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

società era necessariamente limitata all’evento sportivo, senza alcuna


possibilità di estendere la propria attività ad altri settori.
Di conseguenza, appariva alquanto difficile individuare una base giuridica per
le pretese delle società sportive, alla luce di siffatta ricostruzione che
presupponeva un’impresa in atto nel settore specifico in cui il marchio veniva
registrato; in tal modo, se un marchio veniva registrato per una pluralità di
classi, la registrazione, generalmente, non era considerata valida se non per le
classi alle quali era attinente all’impresa in essere. In altri termini, era
fortemente dubbio, ad esempio, che una squadra di calcio potesse essere
titolare di un marchio relativo a prodotti che nulla avevano a che fare con
l’oggetto sociale della stessa società sportiva.
A ciò si aggiunga che, vi erano non poche incertezze sulla legittimità stessa dei
contratti di merchandising. Per questa ragione, vi era il rischio che la concreta
realizzazione degli interessi perseguiti dalle società sportive con la
sottoscrizione di accordi di merchandising del proprio marchio venisse del
tutto vanificata.
Per ovviare a tale problematica, si era ritenuto di poter tutelare il segno
distintivo delle società sportive attraverso la disciplina sul diritto d’autore,
avvalendosi della difesa offerta al simbolo grafico, in virtù del carattere
creativo dell’emblema; ugualmente, sempre per offrire una idonea tutela, si
erano invocate le norme del Codice civile riguardanti il diritto al nome,
applicabili non solo alle persone fisiche ma anche a quelle giuridiche.
Siffatte ricostruzioni erano avvalorate anche dalla circostanza che il titolare del
diritto d’autore oppure al nome non avrebbe incontrato, nelle operazioni
di merchandising, le difficoltà e gli ostacoli giuridici già segnalati, in merito ai
contratti di licenza d’uso del marchio.
Con la riforma del 1992, con cui si è reciso il rapporto tra titolarità dell’azienda
e titolarità del marchio, quest’ultimo ha perso la sua funzione esclusivamente
di indicatore di provenienza del prodotto, sicché è stato possibile offrire non
solo una piena legittimazione al contratto di merchandising ma anche una
tutela più forte al marchio delle società sportive.
Si è già evidenziato, infatti, come a seguito dell’evoluzione della normativa, si
sia svincolata la titolarità del marchio dalla qualità di imprenditore e si sia
ammesso che chiunque possa procedere alla registrazione di un segno
come marchio, anche se non abbia intenzione di procedere alla fabbricazione
ed al commercio ma abbia intenzione di concedere la facoltà di sfruttamento a
terzi (art. 22 l. m., attuale art. 19, Codice Proprietà Industriale).
Nello specifico, la tutela attuale del marchio sportivo è individuata nel comma
3° dell’art. 8 del Codice della Proprietà Industriale  (già art. 21, comma 3°, l.
m., dopo la riforma del 1992), che consente la possibilità di registrare o
usare come marchio, "se notori" "i nomi di persona, i segni usati in campo
artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di
manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche,
nonché gli emblemi caratteristici di questi". In tal modo, si riconosce una

8
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

categoria di segni registrabili come marchi di cui si assicura l’esclusiva


all’autore della notorietà od al suo avente causa, in deroga al generale principio
della libera registrabilità; infatti, soltanto chi è l’artefice della notorietà ha
diritto di registrarla come marchio o farla registrare come marchio da terzi, al
fine di sfruttarla commercialmente, in esclusiva, per qualsiasi settore
merceologico, soprattutto attraverso lo strumento del merchandising. La tutela
è alquanto estesa poiché la disposizione sembra introdurre un vero e proprio
divieto generale di registrazione in malafede, applicabile anche all’ipotesi in
cui il registrante, giocando per così dire d’anticipo, si appropri di un segno la
cui notorietà extra commerciale sia soltanto in corso di formazione.
È evidente, pertanto, la finalità di tutelare in pieno l’interesse dell’avente diritto
a trarre un vantaggio economico dalla notorietà del proprio nome o segno ed
evitare così ogni fenomeno di parassitismo ; contestualmente, la disposizione
ben testimonia l’allontanamento da una costruzione
del marchio esclusivamente come segno distintivo e dalla conseguente tesi che
ne limitava la tutela soltanto al valore distintivo e non a quello suggestivo: nel
caso di specie, invece, vi è il riconoscimento del valore suggestivo di
determinati segni e della loro capacità di vendita, che così facendo potrà essere
sfruttata attraverso il merchandising, anche al di fuori degli ambiti in cui i
soggetti di cui all’art. 8, Codice Proprietà Industriale, svolgono l’attività che ha
dato origine alla notorietà .
Si consideri, infine, che la notorietà di cui all’art. 8 del Codice della Proprietà
Industriale viene a dirimere l’eventuale problematica connessa al fatto che non
sempre il segno di una società sportiva potrebbe avere la capacità distintiva di
cui all’art. 13 dello stesso Codice, essendo la maggior parte
dei marchi sportivi dei toponimi, che descrivono la provenienza geografica
del club e pertanto meramente descrittivi . Un toponimo, infatti, può presentare
carattere distintivo, là dove il segno, in ragione dell’uso che ne sia fatto
dall’impresa che ne è titolare, abbia acquistato una certa notorietà così da
essere istintivamente associato nella mente dei consumatori a tale impresa.
Senza contare, inoltre, che un marchio sportivo originariamente privo di
capacità distintiva in quanto toponimo è suscettibile di acquisire carattere
distintivo poiché viene generalmente arricchito di dettagli figurativi, che lo
trasformano da semplice in complesso, così come tra l’altro auspicato dalla
Lega calcio sin dal 1979. A ciò si aggiunga che si tende anche a ritenere
ammissibile la registrazione come marchi d’impresa dei colori sociali delle
squadre, in virtù dell’art. 7, Codice Proprietà Industriale, purché tali colori
possano evocare distintamente, nella percezione che ne ha il pubblico dei
consumatori, una data società sportiva .

L'entrata in vigore del D.L. n. 485 del 1996, convertito nella L. 18 novembre


1996, n. 586, ha consentito anche alle società sportive professionistiche, in
compatibilità con il disposto dell'art. 2247 c.c., il perseguimento dello scopo di
lucro, assoggettando le medesime alla disciplina comune in materia di società.

9
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

Con la stessa normativa l'oggetto sociale delle società sportive è stato esteso
anche alle attività connesse o strumentali all'attività sportiva, così consentendo
a tali società di operare anche in aree diverse ed ulteriori rispetto a quelle
strettamente sportive ed agonistiche e di svolgere attività d'impresa in settori
limitrofi, quali la vendita dei diritti per le riprese televisive dei loro incontri
sportivi, la vendita di spazi pubblicitari e dei prodotti legati al merchandising.
Le società sportive professionistiche sono quindi delle imprese a tutti gli effetti
e, come tali, nell'esercizio della loro attività economica organizzata al fine della
produzione e scambio di beni e servizi (ovviamente contigui all'attività
sportiva), possono utilizzare e registrare marchi commerciali.
Se è pur vero che i marchi utilizzati dalle squadre professioniste di calcio
spesso evocano la denominazione geografica della città o della regione in cui
gioca la squadra - circostanza che sarebbe ostativa alla loro registrabilità, a
norma dell'art. 13, comma 1, del codice della proprietà industriale, ove il segno
fosse costituito in via esclusiva dal toponimo - tuttavia, come già evidenziato
dalla giurisprudenza di legittimità, "anche una denominazione geografica può
essere inserita in un marchio e dare luogo ad un marchio forte purché l'insieme
del segno, in concreto, faccia desumere l'avvenuta trasposizione del messaggio
dal piano di riferimento del luogo a quello di individualizzazione del prodotto,
sicché prevalendo le componenti di originalità e fantasia, l'uso del toponimo
non adempia ad una funzione meramente descrittiva"11.

Capitolo VI
LA TUTELA DEL MARCHIO SPORTIVO

 È fortemente avvertita l’esigenza di tutelare il marchio sportivo contro


eventuali contraffattori od imitatori. A tal fine, nei contratti
di merchandising sono spesso previste clausole specifiche; così, ad esempio,
dopo la previsione generale che ciascun contraente è tenuto a fornire
tempestiva comunicazione all’altra parte di ogni violazione commessa da terzi,
sono generalmente regolamentate le modalità per intraprendere e coltivare le
azioni a difesa del marchio.
Anche in ambito comunitario, è stata affermata l’esigenza di tutelare
il marchio delle società sportive; in particolare, con la sentenza della Corte di
Giustizia del 12 novembre 2002 NC/206/01, relativa al celebre club inglese
dell’Arsenal, la Corte comunitaria si è pronunciata sulla tutelabilità
del marchio Arsenal, appartenente all’omonimo club calcistico, nei confronti di
un venditore di prodotti non ufficiali (nel caso di specie, sciarpe) riportanti
il marchio del club, in un chiosco che comunque esponeva un cartello con

11
Cass. Sez. 1 civ. n. 7861 del 11 agosto 1998

10
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

l’avvertenza che gli articoli in vendita non erano ufficiali. In tale occasione, la
Corte comunitaria ha affermato la tutelabilità del marchio in questione a nulla
rilevando l’avvertenza sulla non provenienza dei prodotti dal club; nella
motivazione, infatti, si è evidenziato che se i prodotti, dopo essere stati venduti
nel luogo in cui appariva l’avvertenza, fossero stati presentati a terzi, costoro
avrebbero potuto essere indotti ad interpretare il segno come indicante
l’Arsenal quale impresa di provenienza dei prodotti.
Tale importante precedente, pertanto, incentra la protezione
del marchio sportivo esclusivamente attraverso il riferimento alla
confondibilità sull’origine e sulla provenienza del prodotto, senza tenere in
considerazione, comunque, che il marchio sportivo comunica non solo un
messaggio sulla provenienza ma anche una componente suggestiva legata
indubbiamente all’immagine mentale di cui il marchio è caricato; di
conseguenza, consentire a soggetti non collegati con il titolare del marchio di
mettere in commercio prodotti recanti segni che, pur in assenza di confusione,
richiamano il messaggio connesso al marchio, sottrae un valore sia al titolare
del marchio sia a coloro che hanno acquistato i prodotti originali, pagando il
relativo corrispettivo . Come si è visto nei paragrafi precedenti, la tutela
dei marchi che godono di rinomanza, ed i marchi delle società sportive sembra
che senz’altro debbano essere classificati tra i marchi rinomati, proprio perché
portatori di un messaggio ulteriore rispetto a quello distintivo, si estende, pur in
mancanza di un pericolo di confusione, anche all’ipotesi in cui l’uso non
autorizzato di un segno uguale o simile ad essi "senza giusto motivo consente
di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza
del marchio o reca pregiudizio agli stessi" (art. 20, lett. c), c.p.i.).
La ratio  della protezione dei marchi che godono di rinomanza, infatti, è
evidentemente quella di affiancare alla tradizionale funzione di indicazione di
origine del marchio anche una tutela contro ogni forma di parassitismo. In tal
modo, i segni distintivi dello sport che godano di rinomanza dovrebbero
vantare una indubbia tutela contro ogni iniziativa commerciale diretta a
sfruttare, in assenza di un legittimo consenso, il valore di mercato di detti
segni, allorché il comportamento del terzo utilizzatore dia luogo ad un
vantaggio di origine essenzialmente parassitario oppure comporti un
pregiudizio per il titolare del segno.
Ciò vale, ad esempio, per i marchi delle squadre di calcio impressi sulle
magliette in quanto pienamente tutelabili, in quanto celebri o comunque notori,
circostanza che li rende comunque registrabili a norma dell'art. 8, comma 3, del
c.p.i.
Infatti, se è pur vero che non possono essere registrati per carenza del requisito
di novità, a norma del combinato disposto degli artt. 7 e 12 cod. propr. ind., i
segni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente ed abbiano
quindi perso la loro capacità distintiva, tale caratteristica non può essere certo
attribuita ai segni delle società calcistiche che sono stati impressi sulle
magliette, la cui forte capacità distintiva, la cui notorietà, acquisita con l'attività

11
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

sportiva principale, non può certo essere messa in discussione.


I marchi delle società sportive ricevono tutela non solo in sede civile, nei casi
di contraffazione o uso parassitario da parte di terzi, ma anche in sede penale a
norma degli art. 473, 474 c.p. , proprio in quanto marchi celebri contro il
rischio di contraffazione, persino a prescindere dalla loro registrazione12.

Capitolo VII
LA DEFINIZIONE “MARCHIO CELEBRE” È ANCORA
GIURIDICAMENTE RILEVANTE?

Prima della riforma del 92 furono fatti diversi tentativi da parte della dottrina e
della giurisprudenza, di assicurare una tutela allargata ai marchi celebri (o
super notorio o di alata rinomanza).
Il principale problema in relazione a detti marchi era quello della concessione
di una tutela allargata per scongiurare l’annacquamento della forza evocativa
acquisita dal segno. La dottrina aveva riconosciuto l’esistenza di un interesse
meritevole di tutela in capo al titolare del marchio celebre a veder accordata
una protezione più ampia del proprio segno, onde arginare il pericolo di
confusione.
La giurisprudenza applicava la cosiddetta teoria del trend secondo cui la
celebrità è un fattore dinamico che non incide sull’ambito merceologico della
tutela come fatto storico, ma come tendenza del marchio all’acquisizione di un
forte valore simbolico. Ricevevano pertanto tutela allargata i creatori del gusto
e della moda per marchi ritenuti celebri come “Vogue”.
Questi tentativi di tutela allargata ai marchi celebri ricorrevano all’allora
vigente legge marchi, alle normi civilistiche sulla concorrenza sleale, o
addirittura all’articolo 2043 cc.
Dopo la riforma del 92’ e del 2005, con l’introduzione delle definizioni di
marchi notori e di marchi che godono di rinomanza, il concetto di marchio
celebre sembra aver perso di rilevanza giuridico.
Questo perché il marchio rinomato, che gode della tutela allargata in base
all’attuale c.p.i., non corrisponde a quella di marchio celebre ne di grande
rinomanza, ma è decisamente più ampia, come si evince con sicurezza dai
lavori preparatori della direttiva comunitaria e da quelli della nuova legge
italiana.
Per marchi che godono di rinomanza non devono intendersi, quindi, solamente
i marchi celebri, perché tale categoria non esaurisce quella dei marchi risentono
pregiudizio da un uso altrui: il marchio rinomato esige una soglia di
conoscenza da parte del pubblico ben inferiore a quello della celebrità o della
12
Cfr. Cass. Pen. Sez. V 19 luglio 2018 n.33900; id. sez II 19 luglio 2017 n.36139

12
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

conoscenza da parte un’altissima percentuale dei consumatori. 13


La nozione di marchio celebre sembra invece “rivivere” in sede di tutela penale
nei casi di contraffazione dei nomi e dei simboli delle squadre di calcio, in
quanto i marchi delle squadre di calcio impressi sule magliette sono
pienamente tutelabili, anche perché celebri o comunque notori, persino a
prescindere dalla loro registrazione14, come ad esempio nel caso della Roma
Calcio, trattandosi di marchio celebre, non è richiesta la prova della sua
registrazione”.

BIBLIOGRAFIA
13
Trib. Di Milano, sentenza 25 gennaio 2018 n.830; Tribunale di Bologna 1 marzo 2010;
Tribunale di Milano 30 maggio 2010
14
Cass. Pen. Sez. V sent. N. 33900/2018 già cit. supr.

13
Il marchio celebre – La tutela dei marchi nelle società sportive

 C. Galli, voce Marchio, in Il Diritto, Enciclopedia Giuridica, Il sole 24


ore, a cura di S. Patti, Milano 2007
 M. Ammendola, voce Marchio e segni notori, in Il Diritto, Enciclopedia
Giuridica, Il sole 24 ore, a cura di S. Patti, Milano 2007
 L. C. Ubertazzi, Commentario Breve alle leggi su Proprietà
intellettuale e concorrenza, CEDAM VI edizione 2016
 G. Facci, il Merchandising del marchio sportivo, in Contratto e
Impresa, Fasc. n.1 2011 pag.198
 R. Moro Visconti, I marchi delle società sportive: profili di valutazione
economica, in Il Diritto Industriale, fasc. n.1 2022 pag. 50
 G. M. Mentasti, Contraffazione: nomi e simboli delle squadre di calcio
sono tutelabili come marchi d’impresa?, in Il Quotidiano Giuridico,
nota a Cass. Pen. 33900/2018, 20/08/2018
 F. Boscariol de Roberto, Il Marchio rinomato non coincide con il
marchio celebre, in Il Quotidiano Giuridico, nota a Trib. Di Milano
sentenza 25/01/2018 n. 830, 4/04/2018
 G. Floridia – P. Cavallaro, Il Massimario sulla Proprietà Industriale,
Marchi e Brevetti, gennaio 2022 in Il Quotidiano Giuridico,
31/01/2022

14

Potrebbero piacerti anche