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LE COLLEZIONI NELLA MODA

1. L’EVOLUZIONE RECENTE DELLA MODA

La moda è l’insieme dei prodotti caratterizzati da cicli di rinnovo brevi, sottoposti alla stagionalità. Vi sono
diversi settori nella moda: haute couture, pret a porter, diffusion, bridge e mass. Il prodotto di lusso
dovrebbe avere caratteristiche qualitative e di stile senza tempo. Ma anche il lusso è investito di esigenze di
creatività, ciò avviene durante la sfilata haute couture, proponendo esagerazioni rafforzando l’immagine del
brand.
Innovazione e creatività sono alla base della moda.
L’innovazione varia a seconda :
• Delle attività coinvolte ( innovazione di processo vs innovazione di prodotto)
• Dell’entità del cambiamento (innovazioni incrementali e radicali)
• Del contenuto del cambiamento (innovazioni tecniche ≠ economiche ≠ estetiche ≠ simboliche)
L’innovazione può essere concepita come una competenza aziendale.
Negli ultimi anni la moda ha affrontato diverse innovazioni, come per esempio il fast fashion, ha costituito
un innovazione per quanto riguarda l’approccio al mercato. Sono stati sviluppati anche software nuovi per
gestire il prodotto in maniera globale.
Altre innovazioni riguardano lo STILE del prodotto. Nel linguaggio della moda lo stile si può riferire:
• Agli stili vestimentali
• A ciò che si chiama look del prodotto, cioè al suo impatto estetico
Gli stili vestimentari si agganciano alle epoche storiche: stile classico, tradizionale, moderno, avant garde.
Distinzione fra innovazioni radicali e incrementali, le prime si basano spesso sui nuovi filati o materiali
oppure su nuovi modelli. Le seconde invece sono quelle che si limitano a modificare i modelli esistenti o
introdurre varianti di colori, tessuti, fantasie e accessori.

Le aziende di moda variano nella misura in cui bilanciano la creatività e l’aderenza agli stili che si affermano
sul mercato. Si può contrapporre un approccio più artistico e uno scientifico.
Nel primo domina il creativo, come succede tipicamente nelle maison fondate da uno stilista. L’approccio
artistico riposa sulle scelte del creativo. Nell’approccio scientifico esiste un ufficio stile e si basa di più sugli
stimoli esterni e sull’elaborazione collettiva. L’approccio artistico produce i migliori risultati quando arriva a
definire una riconoscibile e inimitabile identità del brand. Quello scientifico ha il suo punto di forza nella
capacità di seguire o anticipare i trend.

I cambiamenti del sistema:


• Competizione sempre più intensa fra le aziende per la conquista di un consumatore sempre più mutevole
• Il dinamismo crescente dei produttori e della filiera
• I periodi di crisi economica e l’emergere dei consumatori asiatici
• L’avvento dei social network
• Maturare una nuova sensibilità nei confronti dell’ambiente
• Evoluzione di negozi in luoghi di comunicazione e non solo di vendita
• Lo sviluppo dell’oulet

La sostenibilità nella moda


Le molte criticità che il settore monda deve al giorno d’oggi affrontare sono:
• L’impatto ambientale
• Il problema del recupero dei capi dismessi
• I rischi delle sostanze chimiche
• Le condizioni di lavoro nelle fabbriche
L’avvento del fast fashion ha anche abbreviato la vita utile di abbigliamento e accessori. La via più diretta
per risparmiare fibre naturale consiste nel cradle to cradle con il quale si trenta di portare materiali a nuova
vita. Le tecnologie più promettenti sono quelle delle fibre artificiali, i polimeri. Le aziende di moda devono
anche abbandonare un approccio di risk management in cui gli interventi mirano solo a tutelare il marchio,
passando a una logica in cui la sostenibilità partecipa a definire i principali processi aziendali:
• Product design (prodotti destinati a maggiore durevolezza)
• Branding (educazione e coinvolgimento del consumatore)
• Logistica e trasporti (inclusione delle emissioni nei calcoli di efficienza)
• Supply chain ( tracciabilità, trasparenza, formazione e controllo dei fumatori di materie prime)

Gli impatti sullo sviluppo delle collezioni


Le reazioni delle aziende a questi cambiamenti sono molteplici, i maggiori orientamenti sono:
• Ripensamento della struttura dell’offerta di prodotto, soprattutto quando è articolata su più linee
• Un più attento monitoraggio del numero totale di SKU (stock keeping unit)
• La ricerca di risparmi nei costi dei campionari, attraverso la riduzione delle varianti di tessuto e colore per
l’offerta in showroom
• La rifocalizzazione su prodotti o elementi iconici
• Assunzione di direttori creativi di fama allo scopo di inno are e rinvigorire i contenuti stilistici
• La maggior parte delle aziende preferisce oggi tenere il controllo delle attività più critiche o dei prodotti
più complessi, dando il resto delle fasi a fornitori qualificati, con rapporti a lungo termine
• La revisione della struttura e dell’offerta stagionale
• Il tentativo di accorpare le sfilate uomo e donna, come fa Gucci

Un altro trend importante è l’investimento dei produttori nella rete di negozi a proprietà o gestione diretta,
DOS directly owned o directly operated stores.
L’integrazione tra produzione e vendita al dettaglio, iniziata dai fashion retailer, si è generalizzata con due
implicazioni:
• Gli assortimenti proposti dall’azienda di moda devono essere adeguati alle necessità dei DOS
• L’azienda della moda deve imparare a fare un mestiere nuovo, quello del dettagliante.

Vi sono ancora molte innovazioni in fase di sperimentazione, come i virtual mirror ( permettono la prova di
abiti su avatar) possono trasformare la shopping experience e arricchire la conoscenza dei loro gusti. Le
nuove tecnologie possono facilitare anche la co-creation, i consumatori sono coinvolti in prima persona nella
messa a punto del prodotto, scegliendo da opzioni prestabilite.

IL MANIFESTO DELLA SOSTENIBILITÁ DELLA CAMERA NAZIONE DELLA MODA


La Camera Nazionale della moda ha pubblicato nel 2012 un manifesto per la sostenibilità della moda. Il
quale elenca e descrive dieci principi fondamentali per assicurare la gestione responsabile dei prodotti della
moda.
1. DESIGN disegnare prodotti di qualità, che possano durare a lungo
2. SCELTA DELLE MATERIE PRIME materie prime ad alto valore ambientale
3. LAVORAZIONE DELLE MATERIE PRIME E PRODUZIONE ridurre gli impatti ambientali e sociali
4. DISTRIBUZIONE MARKETING E VENDITA include criteri di sostenibilità
5. SISTEMI DI GESTIONE impegnati verso il miglioramento
6. MODA E SISTEMA PAESE sostenere sul territorio e il Made in Italy
7. ETICA D’IMPRESA integra i valori universali nel marchio
8. TRASPARENZA comunicare gli stakeholder in modo trasparente
9. EDUCAZIONE promuovi l’etica e la sostenibilità presso i consumatori e gli interlocutori
10. FAI VIVERE IL DECALOGO
2. LA VARIETÁ DELLE AZIENDE E LO SVILUPPO DELLE COLLEZIONI

I criteri per la classificazione delle aziende


Variabili che influenzano le modalità con cui si svolge il processo di sviluppo delle collezioni:
A. AMPIEZZA DEL PORTAFOGLIO PRODOTTI, nelle linee extension si aumentano le collezioni per
soddisfare esigenze diverse, dal prezzo al target di clienti; nelle brand extension la marca è estesa a
settori diversi, scarpe, borse ,profumi …
B. IL CONTENUTO MODA la moda fa appello alla ricerca di novità e alle tendenze del momento
C. LA FASCIA PREZZO prezzi alti garantiscono più creatività
D. L’IMMAGINE DI MARCA
E. LA NOTORIETÁ ALL’ESTERO permettono a una azienda di diversificare il rischio commerciale e di
controbilanciare i bassi tassi di crescita del mercato domestico
F. LA DIMENSIONE AZIENDALE determina l’entità delle risorse spendibili negli investimenti
G. L’INTEGRAZIONE VERTICALE le aziende della moda devono presidiare 4 attività fondamentali: lo
sviluppo del prodotto, la manifattura, la distribuzione e la gestione del marchio
H. LA LOGICA DI INTERAZIONE CON IL MERCATO si contrappongono la logica del programmato
nella quale l’azienda crea la collezione, la presenta ai distributori e inizia la produzione, la seconda è la
logica del pronto moda, nella quale la collezione è creata e prodotta nella stagione di vendita,
rispondendo velocemente alle tendenze emergenti.
I. LA LOGICA DISTRIBUTIVA. Si contrappongono l’orientamento retail, caratterizza quelle aziende che
realizzano la maggior parte del fatturato attraverso negozi gestiti direttamente (DOS) mentre
l’orientamento wholesale riguarda le aziende che vendono prevalentemente tramite negozi indipendenti
multimarca o in franchising
J. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE SUPPLY CHAIN le produzioni a minore valore aggiunto
vengono collocate in paesi a basso costo di manodopera
K. IL RAPPORTO STILE INDUSTRIA

La logica di interazione con il mercato


DISTINZIONE FRA PROGRAMMATO E PRONTO MODA, in ogni settore alcune aziende operano con il
sistema MAKE TO ORDER, attendono l’ordine del cliente prima di produrre, altre invece operano con
MAKE TO STOCK producono su previsione assumendosi un rischio di magazzino.
Se si considerano i concetti di:
• Lead time tempo tra acquisizione degli ordini e consegna
• Time to market tra la concezione della collezione la consegna
Si può affermare che il programmato ha lead time lunghi e time to market ancora più lunghi. Nel pronto
moda i lead time si abbreviano molto e il time to market si abbrevia molto se la collezione ha successo.

• PROGRAMMATO modalità oggi tipica delle maison e delle marche di prestigio, presente una tempistica
lunga. I vantaggi sono che si produce sull’ordinato, i tempi per la produzione sono ampi, i flussi in cassa
sono prevedibili. Il principale svantaggio è che l’azienda non coglie le ultime tendenze del mercato
• PRONTO-CONSEGNA l’azienda decide di rischiare su alcuni capi, producendoli prima, il lead time è
quello tradizionale mentre il time to market si riduce, permettendo all’azienda di soddisfare una parte di
vendite con il magazzino
• PRONTO MODA il prontista vende in stagione, non produce sull’ordinato, ha lead time molto brevi.
Minore complessità dello sviluppo prodotto, ma occorre che la produzione sia rapida.
• RIASSORTIMENTO prevede la consegna in tempi brevi dei capi di collezione sub ordine del dettagliante.
Permette di spalmare la produzione su un arco di tempo più lungo
• PRONTO PROGRAMMATO modalità mista in cui si produce il pronto moda con alcune collezioni di
programmato (Patrizia Pepe)

Il rapporto stile industria


L’analisi del rapporto fra creatività, managerialità e imprenditorialità si può analizzare su due livelli:
1. Si possono considerare le diverse opzioni a disposizione dei principali portatori delle capacità creative
per integrarsi con chi è in grado di realizzare i loro progetti
2. Si deve considerare il processo di sviluppo delle collezioni, dove queste competenze si combinano
operativamente nella realizzazione del prodotto
É possibile individuare alcuni modelli aziendali:
• Le maison integrate, fanno capo agli stilisti che controllano tutte le fasi
• I marchi industriali o commerciali, stilisti interni e freelance che offrono ispirazione e tendenze moda a un
ufficio prodotto interno
• I rapporti di licenza, i licenziatari accedono a una gamma di competenze industriali e commerciali che
consentono di accrescere le vendite e li aiutano ad affermare la griffe
• Le forme di art directorship, un’impresa industriale o una maison affidano la direzione e il coordinamento
di tutte le attività a uno stilista, spesso di fama
Molte maison integrate si avvalgono di licenziatari per lo sviluppo e la produzione di capi che richiedono
particolari competenze tecniche. Altro problema che la maison deve affrontare è la successione del
fondatore.

I ruoli organizzativi
La maison integrata segue uno schema simele a quello dell’art directorship, in cui lo stilista ha alta seniority
e posizione gerarchica.
Nelle licenze sono necessari e importanti i ruoli di interfaccia tra lo stilista, il suo staff e l’azienda
licenziataria. I licenziatari che hanno più licenze attive spesso si organizzano con strutture dedicate per
ciascuna licenza, in modo da garantire la massima concentrazione per ciascuno stilista.

L’approccio razionale o relazionale nello sviluppo delle collezioni


Il processo di sviluppo può essere secondo due approcci differenti:
• RAZIONALE certe aziende hanno strumenti formali di coordinamento, procedono con dettagliate analisi
di mercato. Questo processo è basato su una dettagliata pianificazione delle attività, l’attenti controllo dei
costi e lo sfruttamento sistematico di sinergie tra le diverse funzioni a livello di divisione
• RELAZIONALE si basano su un approccio di tipo personale, dove giocano un ruolo di primo piano
l’esperienza delle risorse coinvolte e la loro capacità di gestire situazioni complesse puntando sul
coinvolgimento degli individui. È caratterizzato dalla maggiore indipendenza di ogni unità e del ruolo
decisivo svolto dal know-how, dall’esperienza.
L’adozione di un approccio più o meno razionale dipende non dall’aspetto istituzionale dell’impresa, quanto
dalla figura dello stilista, della filosofia manageriale dell’azienda e dal tipo di collezione. Se los stilista è
emergente, ha una personalità particolare, un carattere non facile, l’adozione di modelli razionali nello
sviluppo della collezione è ardua e non adatta a supportare questo tipo di creatività.
Quando ci si indirizza a fasce di mercato più commerciali, o la ricerca stilistica è meno spinta, è conveniente
utilizzare approcci più razionali e efficienti.

3. LE COLLEZIONI E IL PROCESSO DI SVILUPPO


Gli elementi costitutivi delle collezioni
Nello sviluppo di una collezione convergono tre elementi base:
• Il posizionamento di mercato e il target: una collezione si rivolge a un certo segmento di consumatori. Il
posizionamento voluto è cruciale nell’impostare l’offerta commerciale, soprattutto per le collezioni del
tutto nuove.
• Identità stilistica: ogni marca e ogni stilista hanno un’identità stilistica precisa. Alcune marche legano la
loro identità stilistica a singoli prodotti iconici.
• La struttura di collezione, è data da due variabili: L’AMPIEZZA misurata dal numero di SKU (stock
keeping unit) incluse nella collezione e LA VARIETÁ che dipende dal numero di categorie di prodotto
che formano la collezione, la varietà determina l’ampiezza ma solo in una certa misura.
La collezione presenta ulteriori aspetti di articolazione:
• Il numero di eventi, presentazioni e consegne
• Le logiche di presentazione e vendita
• Le funzioni e le occasioni d’uso
• I target
• Le fasce prezzo
L’ultima variabile che caratterizza le collezioni e condiziona il loro processo di sviluppo è
L’INNOVAZIONE, quanto e in che modo gli articoli della collezioni si differenziano da quelle precedenti.
I prodotti si distinguono in:
• Gli articoli basici e continuativi (carry over)
• Gli articoli stagionali
• Gli articoli speciali (serie limitate)
• Le capsule collection
• Never out of stock, devono sempre essere disponibili

Tempi e attività
Il ciclo della collezione dura almeno 18 mesi, ciò ha diverse implicazioni:
• Si progetta, si vende e si produce la collezione molto in anticipo rispetto al momento in cui il cliente la
vedrà
• Il flusso dei costi e dei ricavi non si esaurisce nell’arco di un esercizio
• Le aziende della moda sono coinvolte contemporaneamente su più collezioni

Nelle fasi di sell in l’azienda presenta contemporaneamente:


• Una collezione di programmato in consegna nei prossimi sei mesi
• Una collezione di pronto per consegna immediata
Questa sovrapposizione di attività ha un forte impatto organizzativo e determina due necessità:
• Occorre scandire i ritmi operativi in modo analitico e definire momenti di verifica di avanzamento delle
attività
• I collaboratori devono essere capaci di lavorare in un team multifunzionali

Le attività del processo di sviluppo delle collezioni


1. Formulazione delle linee guida di collezione
2. Pianificazione della collezione, il merchandising plan definisce l’offerta sul piano quantitativo, il timing
consiste nella pianificazione temporale delle attività da svolgere attraverso un calendario
3. Sviluppo esecutivo della collezione
4. Presentazione della collezione

La pianificazione della collezione


La pianificazione della collezione richiede innanzitutto la loro precisa individuazione.
La definizione delle attività impone anche di individuare i responsabili per il loro svolgimento e di elaborare
un calendario. Un errore comune è definire il calendario senza considerare adeguatamente i carichi di lavoro.
Il merchandising plan è lo strumento che permette di quantificare lo sforzo progettuale della collezione e di
introdurre logiche di project management anche nella moda.

Lo sviluppo esecutivo
LA PROTOTIPAZIONE E IL CAMPIONARIO
Le attività necessarie per predisporre il campionario di collezione si sostanziano nella ricerca stilistica e
modellistica, nella realizzazione dei prototipi e nella definizione della collezione. A valle della definizione
della collezione si realizza il campionario. I sistemi di progettazione computerizzata e la riduzione dei lead
time da parte dei fornitori sono d’aiuto in questo progresso

L’INDUSTRIALIZZAZIONE
Quando la collezione è definita i prototipi sono soggetti a calcoli e a verifiche tecniche per trasformarli in
capi producibili industrialmente. Questa fase consente inoltre di definire il preciso costo industriale di ogni
SKU. L’industrializzazione si compone di 4 fasi principali:
1. La realizzazione del capo testimone, del campione finale
2. Lo sviluppo taglie
3. Il piazzamento tessuti
4. Lo sviluppo delle attrezzature

PRESENTAZIONE DELLA COLLEZIONE


La collezione può essere proposta al pubblico in varie sedi:
• Nelle sfilate durante la settimana della moda
• Alle fiere e saloni
• Negli showroom
• In forma privata
La presentazione della collezione presuppone la predisposizione dei materiali di supporto, dalle cartelle
colori alla presentazione degli outfit

4. I TREND DI MODA
Trend di moda e sviluppo delle collezioni
Nel mondo dell’abbigliamento l’innovazione è guidata dallo stile più che dalla tecnologia., è legata agli
aspetti estetici e simbolici del prodotto.
IL METROSEXUAL -> negli ultimi anni sono molti i tentativi di convertire gli uomini occidentali a stili di
consumo importanti a una maggiore consapevolezza del proprio aspetto fisico. I primi tentativi risalgono agli
anni 80, nasce l’idea del new man. Mark Simpson fu il primo a utilizzare il termine metrosexual, denuncia la
crisi d’identità dell’uomo occidentale contemporaneo. Vengono realizzati manuali, sono i designer italiani i
primi a usare questo trend. Giorgio Armani inserisce in una sua collezione la Beckham Jacket e a giugno
2003 anche DG fanno sfilare un modello in jeans e maglietta rossa con su scritto David.

Gli attori, produttori e cacciatori di moda


I trend che emergono in un dato momento sono sempre il risultato dell’interazione di numerosi soggetti che
si influenzano reciprocamente e che operano a vari livelli. Esistono organizzazioni specializzate, bureaux de
styles che si occupano di tradurre i macro-trend emergenti nella società dei costumi in indicazioni concrete
per l’innovazione del tessile-abbigliamento (cahier de tendances). Sono le grandi fiere specializzate nel
settore a fungere da importanti piattaforme per il coordinamento delle attività di sviluppo delle collezioni di
aziende di piccole dimensioni (Premiere Vision). Sono un must per le aziende che possono acquisire
conoscenze sui trend emergenti.
Imprese con brand affermati come Armani, Prada, DG riescono a “fare tendenza”, sono in grado di
influenzare il contenuto degli editoriali e di ottenere un livello di copertura delle proprie collezioni
proporzionale all’investimento pubblicitario.

Gli attori, media, retailer


Le celebrità oltre a dare visibilità ai trend grazie al clamore mediatico, trasferiscono ad essi in significati
simbolici da esse incarnati. In questo modo un trend acquisisce un valore simbolico e negli si presta a
segnalare l’identità dei consumatori.
La celebrity relation -> video e fotografie che ritraggono il personaggio che indossa i prodotti.
I consumatori in questo caso sono sia all’inizio che alla fine del trend. Sono alla fine del processi in quanto
con le proprie decisioni di adozione hanno l’ultima parola su ciò che diventerà un trend. Sono all’inizio in
quanto cacciatori di tendenze e imprese innovative prestano molta attenzione al modo di vestire di alcuni
gruppi di consumatori.

La geografia dei trend


L’ordine dei trend di moda è geograficamente localizzata.
Da Parigi, con i couturier che diffondevano in tutto il mondo la vendita di certi capi si è passati a Firenze,
negli anni 50 grazie al sistema moda di sfilate adottato da Giorgini. Poi è divenuta famosa Roma, la
Hollywood sul Tevere. Negli anni 60 si è instaurata una youth culture e Londra e New York ne sono state le
capitali. Con l’avvento del pret a porter è infine il turno di Milano grazie al legame tra stilisti e
manifatturiera.

Social media e nuovi ruoli dei consumatori nella diffusione dei trend
I social media rendono spesso visibile il passaparola e estendono l’opino leadership. Le opinioni dei
consumatori sono spesso percepite come le più autentiche, in quanto non motivate da interessi di parte, e
dunque risultano più persuasive rispetto a quelle dei media tradizionali, sui quali pesa il sospetto di ingerenze
indebite da parte degli inserzionisti pubblicitari. I consumatori dunque hanno un ruolo più attivo rispetto al
passato.
Grazie ai social media i consumatori possono diventare loro stessi celebrità e svolgere funzioni di
creazione/diffusione di tendenze di moda (blogger). Anche senza diventare celebrità i consumatori
influenzano oggi le case di moda in maniera forse meno evidente, ma non meno rilevante.
5. LE ANALISI DI MERCATO E LA FORMULAZIONE DELLE LINEE GUIDA

La definizione delle linee guida della collezione


Nello sviluppo di qualsiasi collezione vi sono due ambiti progettuali:
- Estetico-stilistico , dove comanda la creatività (parte soft)
- Quantitativo-strutturale , dove prevalgono le conoscenze manageriali (parte hard)
Le linee guida di collezione procedono su due binari, da una parte si elaborano gli input per lo stile, dall’altro
si definiscono gli elementi di struttura della collezione sui quali poi verrà costruito il merchandising plan.

Alcune situazione che tendono a diventare critiche se non sono gestite con equilibrio:
- Alcune aziende investono riverso economiche inn attività di ricerca che mirano a portare elementi forti di
originalità nella collezione, anche a rischio di allontanarsi dai concetti emergenti più popolari
- A volte è necessario un lavoro di revisione dell’identità stilistica della marca, per un desiderio di
ringiovanire il target o l’adesione a valori nuovi, il ruolo del direttore esecutivo è dominante.

La definizione delle linee guida consiste in quattro elementi principali:


1. La definizione dell’offerta stagionale: in quante e quali parti sarà strutturata la collezione, quali target,
quali occasioni d’uso, categorie di prodotto e tipi saranno offerti
2. La gestione della complessità: giudicata accettabile per la stagione, è la base per una gestione efficiente
del processo di sviluppo e l’elemento da cui partire per costruire il merchandising plan
3. Una prima indicazione generale di volumi e mix per parti di collezione e categorie merceologiche:
difficoltà ad ottenere ciò in quanto il commerciale si sta occupando dell’incombente campagna vendite
della stagione precedente a quella da pianificare.
4. L’azienda deve stabilire obiettivi esatti circa la marginalità lorda di collezione attesa
Nel gergo le linee guida sono dette brief. In alcune aziende si strutturano due brief di collezione, uno di stile
e l’altro che porta alla definizione di merchandising plan.
I brief si basano sempre sull’analisi e elaborazione delle informazione e dei dati disponibili sulle collezioni
passate.

L’analisi dei dati di vendita


Le aziende elaborano principalmente informazioni sui volumi unitari, sui fatturati, sulle fasce presso e sui
margini conseguiti, con riferimento: al prodotto, ai canali/clienti, ai mercati.
In generale i dati vendita si distinguono in:
• Sell in, vendite agli intermediari commerciali
• Sell out, vendite al cliente finale
• Sell trough, percentuale di unità vendute nel punto di vendita rispetto a quelle ricevute. Questo dato
consente di stabilire quanta merce sia stat venduta a prezzo pieno.
I dati di sell in sono disponibili alla fine della campagna vendite, per le aziende che lavorano con la logica
del programmato. I dati di sell out sono disponibili lungo tutta la stagione.
I prezzi-ricavo dell’azienda variano a seconda che venda bei suoi negozi (retail) o tramite intermediari
(wholesale).
Un ruolo cruciale nella raccolta delle informazioni per le aziende che realizzano quote rilevanti dei fatturato
con punti vendita multipara è l’agente.

L’analisi ABC
L’analisi ABC è uno degli strumenti più utili e diffusi per studiare la distribuzione delle vendite rispetto alla
categorie di interesse. L’analisi si basa sulla legge di Pareto, secondo la quale, in un qualsiasi insieme di
fattori da sottoporre a controllo, si può in genere scoprire un piccolo numero di fattori che ha grande
influenza sugli effetti, la restante maggioranza ha un’influenza piccola.
L’analisi viene utilizzata nella gestione dei magazzini.
L’analisi richiede di individuare gli elementi che identificano la collezione e di valutarne l’impatto sui
risultati. Le unità di analisi saranno ordinate in base al risultato, partendo da quella che ha avuto il risultato
migliore fino a quella con il risultato peggiore. Le prime unità sono i bestseller.
6. L’EQUILIBRIO TRA CREATIVITÁ E RAZIONALITÁ NELLO SVILUPPO DELLE
COLLEZIONI

Il merchandising plan
Il merchandising plan è lo strumento di guida della messa a punto dell’offerta. Le principali caratteristiche
sono:
• Una lettura critica del passato
• La formulazione di ipotesi progettuali dell’offerta
• La definizione di parametri di costo e prezzo del prodotto
È un lavoro in cui il management arriva a definire e a formalizzare il progetto di offerta stagionale.

Quando va preparato
Il merchandising plan deve essere preparato e approvato prima dell’avvio del processo di creazione e
sviluppo del prodotto. La sua realizzazione va definita in relazione agli specifici cicli di presentazione,
vendita consegna delle collezioni in oggetto di pianificazione.
Questa tempistica suggerisce due elementi di metodo:
1. La necessità che il merchandising plan sia unico, indipendentemente dal numero di collezioni della
stagione. Il piano deve comprendere l’intera struttura di offerta del marchio per l’intero ciclo stagionale
affinché la sua funzione di guida e controllo dell’offerta possa essere svolta
2. La necessità di sottoporre il piano ad aggiornamenti durante il ciclo di sviluppo prodotto. Una necessità
imposta da un processo che vede arrivare in azienda informazioni su sell out e di sell in.

Chi lo prepara e chi lo approva


Il merchandising plan viene preparato dal merchandiser.
Un corretto processo di merchandising richiede un forte coinvolgimento di tutte le funzioni di prima linea e
una formale approvazione da parte del top management.

Gli input per la costruzione del merchandising plan e il suo contenuto


I quattro elementi di input indispensabili per una valida gestione del processo:
1. L’azienda deve chiarire la propria strategia d’offerta Din mercato e perciò definire la struttura di
collezione per la stagione che si sta progettando
2. Definire il numero complessivo di SKU di stagione
3. Indicazione di volumi e mix per collezione e categoria merceologica
4. L’azienda deve dare indicazioni precise rispetto alla marginalità lorda di collezione attesa. (Il margine
lordo indica il rapporto qualità/prezzo atteso)
L’azienda deve avere chiara la gerarchia della propria offerta e le variabili che la compongono. La gerarchia
definisce diversi livelli di aggregazione degli articoli secondo l’impostazione del marchio sul mercato.
Il merchandising plan deve contenere la strutturazione di dettaglio del rapporto fra costo industriale, prezzo
Wholesale e prezzo al pubblico, in modo da offrire indicazioni precise di costo del prodotto, costo della
materia prima.

Gli utenti del merchandising plan


Il piano ha destinatari sia all’interno che all’esterno dell’impresa.
All’interno dell’impresa l’intero team di management è destinatario del piano.
Per quanto riguarda il mondo esterno un importante utente è costituito dalle case licenzianti che trovano
riassunto in questo documento il fabbisogno di collezione del partner licenziatario.
Il merchandising plan riassumente le caratteristiche strutturali dell’offerta richiesta e come tale rende efficace
il dialogo tra la due parti durante il processo di sviluppo del prodotto.

Il processo e i principali problemi nella messa a punto del piano


Il processo di merchandising ha alcuni snodi principali:
• La quantificazione e la distribuzione delle SKU
• Il bilanciamento delle SKU sulle fasce prezzo
• Il rapporto tra prezzo al pubblico e costo industriale del prodotto
1 La quantificazione e la distribuzione delle SKU
Si tratta di definire con precisione la gerarchia di prodotto utilizzata dall’azienda. Operare lungo questa
gerarchia sempre in logica top down. La numerosità delle SKU è la prima decisione strutturale da
prendere.Un ultima notazione riguarda la necessità di adattamento internazionale. Spesso si osserva la
tendenza ad effettuare aggiunte di collezione specificatamente destinate a determinati mercati geografici.
Tali aggiunte tendono a fare perdere il controllo dell’offerta, per questo motivo occorre:
• Definire nel merchandising plan la quantità di SKU da dedicare a queste personalizzazioni dell’offerta e la
loro collocazione strutturale.
• Valutare se non sia necessario separare il piano per aree geografiche

2 Il bilanciamento delle SKU sulle fasce prezzo


1. Il primo aspetto da considerare è che l’offerta non deve solamente essere correttamente impostata nella
sua quantità complessiva, ma anche e soprattutto nel suo bilanciamento lungo le fasce prezzo del
posizionamento definito
2. Questo processo richiede un lavoro analitico da svolgere per ogni singola categoria merceologica
3. Nel momento in cui le fasce sono identificate va definita la numerosità delle SKU su ciascuna di queste
fasce
4. Con cadenza stagionale andrà svolto il controllo del posizionamento prezzo effettivo del marchio
5. Controllo finale

3 Il rapporto tra prezzo al pubblico e costo industriale del prodotto


Due elementi sono critici su questo tema:
• Una corretta comprensione di questa relazione è la chiave per la redditività dell’offerta
• Questa catena consente di far parlare lo stesso linguaggio al mondo della creatività e a quello della
gestione commerciale e industriale
L’azienda deve innanzitutto trasformare il posizionamento di prezzo retail in una struttura di prezzi
Wholesale coerenti.

La figura del merchandiser


I contenuti della sua posizione variano molto. Il merchandiser è una figura di collegamento tra la struttura di
stile e quella di sviluppo prodotto. Deve collegare il mondo del prodotto e le funzioni marketing,
commerciale e di produzione.
Deve garantire la coerenza tra le indicazioni di struttura di collezione in tutte le sue componenti di ampiezza,
profondità, gamma, fasce prezzo.
Deve dialogare con le funzioni marketing e commerciale in merito al posizionamento prezzo, la struttura dei
markup nei vari paesi e nei diversi canali.
Occorre un dialogo con la funzione produzione, che deve trovare nel merchandising plan una coerenza tra
scelte produttive e volumi attesi.
È bene che il merchandiser segua solo un marchio, un solo life style del marchio.

I compiti del merchandiser


• Preparazione e aggiornamento del merchandising plan. Dovrà impegnarsi du due attività funzionali: la
gestione del database del sell-out e la discussione del piano elaborato dall’azienda con le case licenzianti
• Ha le competenze e le necessità di un confronto continuo sul posizionamento e la strategia competitiva del
marchio rispetto ai concorrenti
• Una terza area di lavoro del merchandiser può essere identificata nel supporto alla vendita,. Per due
categorie di clienti il supporto del merchandiser diventa importante: quelli retail, e io clienti speciali.

Le competenze del merchandiser


1. È informata sui trend di stile
2. Conosce le tempistiche e le metodologie
3. Ha un patrimonio di conoscenza tecnica lo porta a capire le fonti produttive e le loro caratteristiche
4. Visita clienti, distributori ed agenti
5. È aggiornata sulle strategie di prodotto, prezzo e canale dei concorrenti

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