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M. Bertolotti - T. Papa - D. Sette

metodi d'osservazione

e misura
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Università degli Studi di Roma

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La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it) ,


UNIVERSITA DI ROMA

M. BERTOLOTTI - T. PAPA - D. SETTE

METODI D'OSSERVAZIONE
E MISURA

Ristampa 1978

ROMA
LIBRERIA EREDI VIRGILIO VESCHI
Viale dell'Università, 7 · Te!. 491.739

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


Le copie non firmate da almeno uno degli Autori s1 ritengono contraffatte .

T.ipo ~ Litografia MARVES


Via Mecenate, 35 - Roma - Tel. 730.061

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


Capitolo I

SIGNIFICATO DEL METODO SPERIMENTALE

51
~- Concetto di misura

La scienza ha come scopo 1 1 interpretazione dei fenomeni


naturali, basanùosi sul metodo sperimentale ,
Quest ' ultimo consi;t';~eJ: rTC~;i~ aratteristiche fon -
damen't al i ~I attraverso cui s1 evo v ono i fenomeni
naturali, mediante la osservazio r{e'"-~- a -de-l '"pr~o c e·ssi s t es -
sl:"ne e conà1Z ion1 che""v ì a v ia _,sèmbran_o_ pi"°\r ·;;pp-0-rtu;-e-(
é s pé
rim;;t o) , · sulf ;· b a:~ -cTe tì a - interpre t azion.e che va · gradualm é." 'lte
emer g endo nella mente d e l ricercatore . Que st a interpr e tazione
i data indi v iduando certi en ti ~ he permettono di des c ri vere il
f ~~ me;;; g i esperime1\"t1 - elle si es'eg;;onc 'so np_ studi ; ti in ~o -­
do da poter ved ; re come questi e ut. -~ ·1ariano .
Per es., nel caso dello studio di un corpo in movimento
s1 no c a che la po s izione di questo muta nel t e mpo , Gli enti po -
siz i one e durata71.T" ;;"n' i~~terval lo d i tempo , ; osi' ind-ividua,_ti
caratteriz z ano i"l fènomeno , ·-
Tie n ti' che intervengono nei fenomeni in stud~o possono
essere raggruppat i in classi in modo che tutti gli enti di una
classe posseggano alèUni·· specifièi elementi - in comune . Si dice
che una di tali classi caratterizza ed individua una grande zz a
fisica quando per tutti gl_i enti che C..O.Ill l2 0Agµ.n.d.: -..
----... 1 sìa - pos 's 'ibile' .~t- abilire senza ossibilita di egqj._voc9_
la validità dei principi di eguaglianza e -so mma- è--di fferenza)
--.....© si a~'fissata · ~n-a un{ t a'_.:!.~ . mi s ur ~ - ~ -~·- ·- --
Legran ezze c<Ys·i ' ind-ividuate - r1Su.ltano definite in ma-
niera operativa, cioé per mezzo dei criteri che conducono, una
volta fissata l'unita di misura, alla loro valutazione numeri-
ca .
La misura delle grandezze fisiche è sempre effettuata per
mezzo di una particolare sensazione fisiologica dell ' osserva -
tore. Alle volte si tratta di operazioni di misura nelle uali
i sensi rivelano direttamente gua ce e emento c1 ~rviene
lie1 processo (per es. a intensità di un suono) : si tratta in
i valutazioni legate a s1ngo o osservatore os s er -
vazioni soggettive) e che spesso possono risentire d e l suo sta-
to psicologico (per e s. di stanchezza) . Esse , di solito, male

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si ~restano a descrizioni di singoli processi valide per tutti


gli osservatori . Per questa ragione si cerca sempre di evitare
di fare misure in questo modo.
Per ovviare a tali inconvenienti e per estendere il campo
di osservazione direttamente accessibile ai nostri sensi , il
fisico di solito usa strumenti che sono stati sviluppati in mo-
do da essere sensibili al parametro in esame, traducendone le
caratteristiche mediante una risposta accessibile ai nostri sen -
si in maniera molto semplice, per es . mediante la posizione di
indici su scale graduate (determinazioni oggettive).
In tal modo le operazioni che hanno luogo nella misura
p ossono essere eseguibili senza ambiguita, ripetibili, fornire
risultati compatibili fra loro e non dipendere dalle caratte -
ristiche peculiari dell ' osservatore .
Nell ' esame delle singole esperienze si cerca di determi -
nare i legami che intercorrono fra le grandezze fisiche che in -
tervengono .
Spesso queste relazioni possono ess e re espresse anali ti -
camente. A volte esse restano legate al particolare caso esa ··
minato (per es . la relazione fra spazio percorso e tempo per
un dato treno c.:he s i e' mosso su una cert a rotaia per un c e rto
intervallo di tempo) altre volte hanno una va lidita piu' gene -
rale , ma essenzia lm ente empirica , perche' sono determinate con
la es pe rienza relativ a al particolare processo in o g getto. A
vol te, infine, tali relazioni possono avere una va lidit ~ mol t o
ge n e rale e rap p resen tare l e ggi che si inquadrano in una costru -
zione logica e che conducono a prevederE; i risul t ati di nuove
espe rienze. La conoscenza di queste rel azi oni fr a g randezze per -
mette allora di ide are delle successi ve esperienze piu' perfe -
zionate in cui esse compaiono e dei metodi piu' raffinati per
misurarle.
Il complesso dei criteri con cui le esperienze devono es-
s ere programmate per eseguire la misura su determinate grandez-
ze fisiche e delle regole per compiere, nel migliore dei modi,
queste misure insieme alle operazioni di misura e' quello che
costituisce il processo di misura vero e proprio che é l'argo-
mento del presente corso.

1.2 - Misure dirette ed indirette

Vi sono sostanzialmente due tipi di misure:


a - misure dirette o relative;
b - misure indirette o assolute.
Sono misure dirette o relative quelle in cui la grandezza

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da misurare viene confrontata direttamente con un'altra della


stessa specie ed in particolare con il campione che viene as-
sunto come unita di misura.
Esempi di misure dirette sono per esempio il confronto di
due lunghezze, come quando si determina la lunghezza di un og-
getto con un regolo graduato ; la misura del volume di un reci -
piente eseguita versando in esso volumi noti di un liquido fi-
no a riempirlo. Si parla allora di misure relativ~ .
' Le misure indire tu o as__solute sono invece quelle che ven-
ano atte m.isurando non la .graacle-z-za-in..q.u,,e_stione per confron-
to, ma una o pid grandezze ad essa correlate ed us~ndo poi una
o piJ relazioni che legano le grandezze misurate e la grandez-
za che si vuole determinare .
Per es. è una misura indiretta la determinazione del vo -
lume di un cubo dalla misura di un suo spigolo. In questo caso
la grandezza che viene misurata direttamente ~ lo spigolo del
cubo, mentre il volume é ricavato sapendo che fra il volume V
ed il lato di un cubo l esiste la relazione

V= Z3 .

A volte è possibile misurare una grandezza sia 1n maniera


diretta sia in maniera indiretta. Per es . possiamo misurare una
distanza fra due punti fissi sia direttamente, misurandola con
un nastro graduato, sia indirettamente misurando il tempo che
un segnale (per es. sonoro) che si propaga con velocità nota
(per es. la velocita' del suono) impiega per trasmettersi da un
punto all ' altro ed usando la relazion e

spazio percorso = tempo imp i egato x velocita'

A volte invece f! possibile fare solo.m.i_sure indir ett e (per


es. tutte le volte che si vuole misurare una velocita).

1. 3 - Grandezze fondamentali e grandezze derivate . Dimensioni

Le grandezze fisiche che entrano nella descrizione dei va -


ri processi sono legate fra loro da relazioni dovute alla na -
tura dei processi stessi. Nello studio dell e varie parti della
fisica (meccanica, .elettromagnetiamo, ecc.) va considerato un
certo numero di grandezze fra le quali si trova e s istere un
numero inferiore di rel azie-ni i.n.dipendenti.
Per quanto ri guarda la misura di ciascuna grandezza si po-
trebbe scegliere arbitrariamente un campione indi pen dente : e'
evident e peraltro l'utilit a' di usare le rel azioni esistenti fra

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le grandezze per ridurre al minimo il numero di grandezze per


le quali occorre scegliere il campione in maniera arbitraria.
Queste grandezze prendono il nome di rande z z j;.q,p damentali · le
altre per qua li l ' ~nita dì - m-i s ur a si deduce dai campioni per
le grandezze fondam enta l~- e~le relazion i ~ sistenti ~ ono le
gr-ancJezze derivate Sulla base del le precede-; ti ~ siderazionj.
si vede c e il numero de _ e _grandezze ondamentali, ma non le.
~ra;dezze fondamentali stesse~ viene f u sat ;;--aalla eccedenza
~- ---
----~- ~ ---
del numero delle gra-n-...e~z-z-e~f''isiche rispetto a quello delle re-
lazioni indipendenti fra di esse. Il numero di grandezze fon-
damentali nella scelta piJ semplice i pari alla differenza fra
il numero di grandezze e quello delle relazioni . E'bene osser-
vare che talvolta si trova utile(l) introdurre arbitrariamente
una ulteriore relazione fra le grandezze fisi~he ; questo natu -
ralmente riduce il numero di grandezze fondamentali in un cer -
to sistema (vedi seguito) ed equivale alla scelta di un ' altra
grandezza fondamentale di un altro possibile sistema< 2 >.
Per es. se si considerano i sol i fenomeni meccanici si
puo' vedere che il numero d i grandezze per cui e sufficiente fis-
sare arbitrariamente l "unita di misura ~ tre.
I criteri che si seguono per scegliere le grandezze per
cui vanno fissat e in maniera arbitraria le unità di misura so-
no dei criteri di conv e nienza ; infatti : 1) conviene che le gran ;;.
dezze scelte siano facilmente misurabili ;- 2) e' bene che sia pos -
?ìot-le ±' issare per queste grandezze dei campioni aci mente ri -
;:;rQa ucibil i e stabil i nel tempo .
issa ~ on amentali e le loro unita' di mi -
su ra si dice c he si e stabilito _ un sis tema di unita' di misur a
in quanto le unita di misura di tutte le altr e grandezze, po-
tranno essere definite relativamente alle unita delle grandez-
ze scelte come fondamentali.
Se per esempio in meccanica, si scelgono come grandezze
fondamentali la lunghe zz a, la mas s a ed il tempo fissando le cor -
rispondenti unita (metro , Kg, sec.) per mezzo di campioni, per
la misura di una velocita basta ricordare la relazione di de -

(1) Vedi sistemi c.g . s . paragrafo 1 . 5.

(2) Se , per es ., in meccanica si considera la espressione della legge del-


la gravitazione

e si conviene di ritenere il coefficiente G adimensionato e pari ad


uno , le grandezze fondamentali in meccanica si riducono a due .

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finizione della velocita scalare

V lim
l:it-o 6t

come rapporto dello spazio percorso e dell ' intervallo di te rn po


impiegato, per comprendere che, se le 1 un.~e.z-z . &o.ILO_ as p Fesse
in metri .e g l i . i n.t..e.r.x..~J · d" &mP..9J -secondi, 1 e :ve 1 oc i t a' s...~ -
ranno espresse in metri al secondo . cioe che l'unità per la
grandezza derivata ~ il metro al secondo.
La relazione che definisce una grandezza derivata in fun-
zione di altre grandezze (fondamentali o derivate) contie n e,ol -
tre a fattori numerici, i simboli delle grandezze stesse. Die -
r's? è .. mol t o· u tile sia nella rice~ca delle unità corris p~d~ nti ,
sia nell ' esame della esattezza di relazioni in cui interviene
la grandezza derivata in questione,usare il concetto di d i men-
sioni della grandezza stessa. Le dimensioni di un u g ran dezza si
ottengono dalla relazione di definizione rende n do i s_imbol"
e le gran ezze c le entrano nella definizione stessa ciascuno
innalzato alla potenza con cui interviene nella relazione< l) .
Le di · oni di un3 grandezza SO Q.9 indica~a parentesi ua-
dre. Diamo qualche esempio.

Relazione di definizione Dimensioni

dl
V=--
dt

dv
a=--
dt

1 2
E =- mv
2

F = ma [F] = [Ma]
Si osservi che le dimensioni di una data g randezza fisica
presCiiidono dalla sua natura (scalare o vetto . · _ e).
~ artico armente utile e usare in succession e le varie re -
1 azioni per esprimere le dimensioni di una grandezza d erivata
in funzione delle grandezze fondamentali

[a] [Lr- 2 ]
[E] [L 2 Mr- 2 ]

(1) Eventuali coefficienti numerici vanno quindi trascurati .

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Nel determinare le dimensioni di una grandezza in funzio -


n e d e lle grandezze fondamentali (od eventualmente di altre) i
s im boli di ue s te ultime vanno considerati co~ti-t a'..._~!_g~. :
b r iche sicche semp i icazioni possono essere fatte p e r g iun ge-
re alla espressione dimensionale piu' sem p lice della grandezza
in oggetto . Per es. , la pressione p definita come la forza nor-
male Fn per unita' di superficie S ha l'equazione di definizione

Fn
p .=s-

e le dimensioni si ottengono come

Vogliamo infine osservare che molto spesso per controlla-


re la validit a' di relazioni fra grandezze fisiche ottenute con
il calcolo e p. - Q.r-i::. ·__ e "denza eventu_J \__0 grosso a-
ni, si fa la cosiddetta analisi d i m_!!.!1. sionale,._.La ua e consi -
ste ne l ' applicare e considerazioni pre c edenti per determi n a-
re l e dimensioni di ciascun termine di una equazione. In una

----
e quazione fra gran ezze r isic - ; , logicam ; nte va l id ~, - i neces-
sario _c e ~ · ~i al3' iano e stesse dimensioni ; cid cci'r -
. - ~. ... ··- -----.,~---:-;--:-:;--------
~ ponde al fatt q_ ovvi.2, <;.h~ oss5J.>JJ_e_ sGmm.ar_e_ .. ~~· 'C2n..fr.òi_i}=;·ar :
. s,olo 12 randez_~ L~._lor:.,Q_om q@!! ee. L'analisi dimensiona! e r_i _e -
§~~ i 1 e jJ:i~Q ~_t Fe, p!_E_ r_~.C:~_o:>.c:.er~ le d im~n.i> i_o_n i fisich e di pa-
rametri che taLv:.o..Lt .a possono essere presenti nelle relazion .i.
S e per esempio si cons-i d';~~;· Ì; ;; q~ a iione -d el ~oto oscillatori o
f orzato di un punto materiale

mx + kx = F sin wt

é evidente che ciascun termine deve avere le dimensioni di una


forza e quindi il coefficiente k, costante elastica, ha le di-
mensioni :

[ k] =[ ~ ] = [Mr- 2
]

1.4 - Cambiamento delle grandezze fondamentali

E ' chiaro che le dimensioni di una data grandezza fisica


dipendono Qal sistema di unita di mi su ~a sc e lto . Cambiando si -

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sterna cambiano anche le dimensioni della grandezza · ~•..Ci


proponiamo a i esprimere e- imensioni i una qualsiasi grandez -
za deriv_ata; a vanar-em~- sistema i iffi it a'.d i misur a:""Piu' pre -
cisamente siano x 1 , x 2 , . . . , xn le grandezze fondamentali di un
certo sistema di misure e

(1)

le dimensioni di una certa grandezza fisica. Ci chiediamo qua-


l i siano le dimensioni di G in un altro sistema di misura ba-
sato sulle grandezze fondamentali

legate alle xi dalle relazioni

k Il
2
Y2
(2)

(n )
k,.,
Ym J
Sostituendo le (2) nella (1) si ha subito

Per esempio in un sistema che abbia come unit~ fondamen -


tali la lunghezza L, la forza F e l ' intervallo di tempo T, la
pressione ha le dimensioni

Se si passa ad un sistema basato sulla lunghezza L, la mas-


sa M e il tempo T, si ha

[L] [LM 0 T 0 ]
[F] [LMT- 2 ]

[T] [L 0 M0 T 1 ]

M. Bertolotti - T . Pa pa - D. Sette - Metodi d ' osser v a z i on e e misur a Disp . 2

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quindi. ;

0:.1 -2 Ci2 =1 Cl.3 =o


k~ 1 k~ o k~ o
k 1Il -
- 1 kl/
2 =1 k 3Il = -2
k/111 -- o k/112 -- o k '; =1

da CU1.

E' chiaro che anche i parametri (dimensiona! i) che compaio-


no nelle equazioni fisiche, sono soggetti a cambiare di valore
numerico quando si cambia sistema di unita di misufa.
Per es. é noto che una sbarra di lun g hezza le sezione tra-
sversale S, sollecitata a trazione subisce un allungamento per-
centuale 6l / l proporzionale alla forza F applicata :

6l 1 F
E s
1
Il fattore di proporzionalita é (E prende i 1 nome di
E
modulo di Young). Si vede che E ha le dimensioni di uno sforzo
(forza/superficie). Se si misura la superficie in metri qua-
drati e la forza in newton, si trova l'unita di misura del la
costante E che é newton/m 2 • Se ora si cambia sistema di unita'.
di misura e si misura per es. la superficie in millimetri qua-
drati e la forza in chilogrammi-peso,indicando con un apice le
grandez ze misurate in questo nuovo sistema, sarà

I 1
F=c 2 F = - - F
9 . 81

Le costanti e per cui bisogna moltiplicare il numero che


rappresenta la grandezze cambiando unita' si chiamano fattori di
rag guag lio.
La relazione

6l 1 F
--=-
E S

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si scrivere' nel nuovo sistema :

6. Z ' 6. l 1 F' 1
--l-,-
E' S' E'
. '
cioe

cio~ la costante E' nel nuov6 sistema di unità di misura ha un


valore diverso.

1. 5 k Sistemi di unità di misura

Abbiamo precedentemente detto che le unita' di misura per


le grandezze fisj~c, e cleri vate a ssono essere r ·cavate in fun -
zione di quelle dell~-g-;andezze fondamentali che devono essere
~ ~~~ "ft'~
_ _ ,,__.. .-:--~---
- ,,,__ ----~ ~
..... .. - - - ..
..iE vece fissate con c amp.ioni f Queste grandezze fondamenta! i pos -
sono essere scelte ad arb itrio purche' si soddisfi alla condi ··
'.j ione cti potere staoi"Tìi- e per esse un camp i one in maniera sem -
_pl ice e ~ !}_e~ ri_s~s.:~:!:t.}_c,nte f'"i ai stabilita:" ~ e tempo e
riproducibili ta'. (
Nell ' evoluzione della fisica e della tecnica sono stati
introdotti via via diversi sistemi di unità. e , sebbene si sia
oggi giunti ad un accordo internazionale su un sistema, j l Si -
~e ma Internazionale (SI) che deve diventare legale in tutt i i
Paesi, si usano ancora altri sistemi in particolari campi in
cui ciascuno di essi risulta di piu comoda applicazione.
I sistemi pratici usati nel commercio e nell ' agricoltura ,
variabili da regione a regione e perfino da citta a città sono
stati usati per secoli fino dai tempi piu' antichi. Essi erano
generalmente limitati alle unita geometriche e a quelle di tem-
po e peso che occorrono nella vita comune . Questi sistemi, che
venivano di solito indicati col nome di sistemi di esi e mi-
~erano complicatissimi ed incomodi . Le l or.o u;i ta' vanava-
no come detto non solo da nazione a nazione, ma addirittura da
citta' a citta' . Ogni singolo tipo di grandezza aveva una sua u-
nita' definita in modo indipendente dalle altre.Nel secolo XVII
si cominciò a sentire la necessita' di unificare que s ti sistemi
e finalmente un'apposita commissione istituita dalla Costituen-
te Francese alla fine del XVIII sec. gettò le basi di un si ..,
sterna di unita' di misura che fu ind i cato col nome di sistema
-.__!!l etrico deci·mal~ . ---- ----- _,

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L'appellativo decimale è dovuto al fatto che per una stes-


sa grandezza si proponeva, accanto alla unità vera e propria,
altre unita' che devono essere sue multiple o sottomultiple di
una potenza di 10. L ' ordine di grandezza per l ' unità di rife-
rimento avrebbe dovuto essere intermedio fra i piu grandi ed i
pid piccoli valori ricorrenti in pratica. Le unita'. fondamenta-
1 i avrebbero dovuto, pur essendo convenzionali, potersi con-
front.are a grandezze dell'uni verso- in qualunque momento, anche
in caso di perdita del campione di riferimento.
Su queste basi si definì' il metro (m) come la quarantami-
1 ionesima parte della lunghezza del meridiano terrestre. Come
multipli e sottomultipli del metro furono scelte le successive
potenze positive e negative in base di dieci (decimetro , cen-
timetro, etc.),
L'altra unita' fissata fu quella di peso.Essa prese il no-
me di chilogrammo (kg) e fu definita come il peso di 1 dm 3 di
acqua distillata a 4°C e furono dati i multipli e sottomulti -
pli, sempre utilizzando come base dieci (grammo, ettogrammo,
ecc.).
Ai tempi in cui questi campioni furono fissati non si fa-
ceva ancora nessuna distinzione fra massa e peso .
Gauss nel 1833 introdusse la nozione di sistema assoluto .
Cio~ di un sistema le cui unita'. sono ben determinabili e inva-
riabili da luogo a luogo. Gauss mostrò inoltre come si potes-
sero ricondurre le determinazioni di tutte le unità meccaniche
alle tre unita'. di lunghezza, massa e durata di un intervallo
di tempo.
Egli osservd che i cosiddetti campioni di peso dovevano
i n realta' essere intesi come campioni di massa e che l ' unita'
di forza doveva essere definita come quella che imprime l'ac-
celerazione unitaria alla massa unitaria.
In questo modo le unita'. di peso e di massa venivano di-
s tinte tra loro e l ' unità di massa era resa indipendente dalla
g ravita'.
Per definire l ' unita'.di intervallo di tempo è necessario u -
tilizzare un fenomeno periodico e il moto della terra intorno a se
stessa ed al sole fu utilizzato fin dai tempi piu' antichi:Nell' an ~
ti'cl1ita'. il tempo veni va misurato ricorrendo alla posizione del so -
le. Molto piu' tardi dopo la invenzione dell'orologio ed il suo
perfezionamento si dettero le unita' di tempo dividendo l' in-
tervallo di tempo che intercorre tra due successivi passaggi
del sole al meridiano terrestre, giorno solare, in 24 ore. Ogni
ora in 60 minuti e o g ni minuto in 60 secondi. Il secondo venne
quindi definito come la 86 . 400-esima parte del giorno. I suc-
ce ::;s i vi raffinamenti nella definizione di secondo, introdotti

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man mano che il moto della terra veniva meglio conosciuto, sa -


ranno riportati quando si tratteranno le misure di tempo.
Delle unita' di peso e lunghezza definite dalla Commissio -
ne Francese, nel 1799 furono fatti dei campioni. Del metro fu
fatto un campione in platino e del kg fu fatto pure un campio-
ne in platino. Entrambi questi campioni furono depositati nel
Museo delle Arti e Mestieri di Parigi. Nel 1862 fu suggerita la
~reazione di un Ente, che curasse il campionamento delle unita'
di misura , e nel 1875 fu istituito un Comitato Internazionale
dei Pesi e delle Misure che fu aUoggiato al Padiglione di Bre -
teuil a Sèvres presso Parigi. Fu qui che nel 1889 fu rifatto
un campione del metro e del chilogrammo costituiti con una le -
ga di platino - iridio con le modalita' che saranno dette piti a -
vanti.
Questi camp io ni sono stati utilizzati opportunamente pe r-
la definizione di vari sistemi per la meccanica .
Per inquadrare anche i fenomeni elettromag netici e le u "
nita' per le grandezze che in essi compaiono si trova che le so --
l e unit a' della ~eccanica non sono sufficienti. E ' necessario o
introdurre una quarta unita' fondamentale o fare una particola -
re posizione . Una gran varieta di scelte sono state fatte a
questo proposito ed esse hanno dato luogo a numerosi sistemi di
unit a' ancora oggi in u s o e che saranno descritti nel seguito ,
Nel corso de i fenomeni termici anche la temperatura pu o
essere definita a partire dalle altre grandezze della meccani -
ca facendo certe posizioni . Per es , dalla e quazione

che le g a la quantit a' di calore Q (energia) che deve essere som ..


ministrata ad un corpo di massa me calore specifico e per por -
tarlo dalla temperatura _i9 1 alla tempe:ratura i9 2 si puo' ricavare la
temperatura facendo la posizione che e sia una grandezza adi -
wensiol}.§. CTisulta allora

Oppure, _s.gme si e' sempre fatto _i.g_~


n1re una uinta unità fondamenta ~-
Dopo queste considerazioni preliminari passiamo ad esami -
nare i vari sistemi d'unita piu diffusi.

1.5.t - Sistema c.g.s. es.

In questo sistema si · scelgono le seguenti grandezze come


fondamentali con le unita fissate come specificato di seguito :

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- 14 -

lunghezza, unita' il centimetro definito come la centesima par -


te del metro campione
- massa, unita' il grammo definito come lamassa di 1 cm 3 di ac-
qua distillata a 4°C
intervallo di tempo, unita' il secondo gia' definito.
_per <I,,uanto riguarda le grandezze elettromagnetiche si po -
ne adimensionata ed u uale a a costant elle compare n'el-
la legge di nel vuoto
------~:....:.:.:..:...----~---=--------
F =k
r2

che lega due grandezze gia' note nella meccanica (fo r ~a F e di ··


stanza r) con due nuove grandezze : la carica elettrica Q e la
costante k <U . Questa scelta consiste nella introduzione ar -
Litraria di una ult.eriore r e lazione indipendente tra le gran ···
dezze e quindi lascia par i a tre il nume r o di grand e zze fonda -
mentali .
fissando k=i i·esta fia:-;ata lB. quantita:' di carica un i tllria e
tutte le altre grandezze elettriche; e ::n a g netiche . L ' unita' di
carica elettrica e' allora definita come quella c.ar i ca che po ·-
s ta nel vuoto alla distanza di 1 cm da un ' zltra uguale la re-
s pinge con la forza di una dina. Le sue dimensioni ovviamente
...§..ono le seguenti ;

f.Q2] = [FL 2 ]
ì
rQJ = [L 3/2M 1 ~ r- 1 ] ·-2 I

1j
Sulla base di queste posizioni nel sistema c. g. s. es . si
ricavano tutte le altre unita' partendo dalle equazioni di de··
finizione ; cos{ per esempio si trova :
1) Campo elettrico :

1r--::\8F
E l= -
L.-1 dq

(1) Si noti che la costante k i direttamente legata alla costante dielet-


trica 8 . A seconda infatti che il sistema sia razionalizzato (v . piu
1 1
avanti) oppure no si puo scrivere 8 0 oppure 80 =-
47Tk k

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- l5 -

2) Potenziale :

3) Capacita':

[LM 0 T 0 ]

4) Intensita' di corrente :

dQ
i =--.
dt •

5) Campo magnetico. Prendendo il caso di un solenoide con


un numero di spire per unit~ di lunghezza n, si h~ :

H0 = n i;

6) Induzione magnetica :
..... .....
F =i dl x B0 F =i d l B 0 sin o:

7) Permeabilita magnetica nel vuotd :

Bo
=-
ll o

1.5.2 - Sistema c.g.s. em.

In questo sistema le grandezze fondamentali per la mecca-


nica e le loro unita' sono le stesse del sistema c.g. s. es. La
connessione con le grandezze elettromagnetiche avviene perd sce-
gliendo adimensionata la costante · a' ma netica nel
~essere e inita per es. attraverso l'equazione 1

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16

che d ~ la forza che si esercita nel vuoto tra un filo rettili -


neo indefinito in cui passa una corrente i 1 ed un elemento di
lunghezza l di un altro filo indefinito di sezione trascurabi -
le rispetto alla distanza posto parallelamente a distanza d dal
primo in ui scorre una corrente i 2 • e sist r;Jll g.,...§.,. em ~
none k' - 2 (l) Le dimensioni per la corrente quindi risultano

Per le altre grandezze si hà :


1) Carica elettrica

[Q] [IT]

2) Campo magnetico

H0 = ni

3) Induzione magnetica

Si osservi che nel sistema c . g . s. es. mentre la costante


k (che e' legata alla costante dielettrica) e'un numèro puro, la
costante k' (che è legata alla permeabilit~ magnetica) risulta
avere dimensioni.
Nel sistema c.g.s. em . accade il contrario ; k' ~un nume-
ro puro e k ha dimensioni diverse da zero.
Si dimostra che le costanti k e k' sono legate dalla se-
guente relazione :

_/2k=c (1)
'V-;;-
in cui e è la velocità di propagazione delle onde elettromagne-
tiche nel vuoto, il cui valore pud con buona approssimazione
essere posto pari a e= 3· 10 10 cm / sec .

1
(1) La costante k é direttamente legata alla permeabilità magnetica u . An -
che qui si ha , a seconda che il sistema sia razionalizzato oppure no,
µo = 27Tk 1 oppure 2µ 0 =k 1 •

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- .t ·: ..

_Ouest.o ., Qo rta di ,c; onseguen za che il rap porto tra le unit a


di misura di una stessa "gr:'"a'i'i'"cf~"zza nei due sistemi é s empre~"[5'a

, r1 ad una potenza di c1
Cosi' a J esempio, I' unit a' di misura della carica nel si -
'-
sterna c. g. s. es. si. puo' scrivere :

avendo per comodita indicato fra le grandezze fondamentali an -


che k anche se questa, nel sistema scelto,~ posta uguale a uno
(grandezza adimensionata). Nel sistema c.g . s. em. si hà:

Il rapporto fra le due unita' vale

[Q] em

[Q] es

ora dalla (1)

2k ; k'=c 2 ( 2)

Quindi nel sistema em (k' = 2) risulta

k em = c 2

Sostituendo

[~]· =[ k ~ ~/2 J= [ k ~ ~/2 J= e


Q es - .
k-1~
es
1

Analo assono fare er le al tre e ran ~


dezze........,
.

Sl Jill - Si sterna di Gauss

Il sistema c. g_.s . es. e' stato U.§,ato essenzialmente nel c am-


po dell'elettrostatica e ,..suello em. nel magnetismo.
.. li' •

M Be rtolotti - T . Papa - O. Sette - Metodi d'osservazione e misura Disp . 3

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.. 18 ·-

Nel camp o elettromagnetico (equazione di ~laxwell) , vie ··


ne a volte usato (specie in lav ori teorici)J
nel senso cl.e ve ngono usate uni ta e , m. per le g ran dez ze ne -
~ ' e--l-et tJ,.JJ1illLf i c li: e ez z e e e rie ie Cio'
i · ca di dover tenere c on to , nel lo se r i ve :i: e le equaz i oni in c ui
intervengono g ;~dei u è"S'istemi, . del r"; ppor t o tr B:° l e 1 or o_,,_..,....-----..____;.~

i · ta'. ( ch e sono co~i·~s~t'"'o.-..,.._o,-:'t":e"'"n"'z~.'e


""'..,i..."":l: er è-ro'Si · o n e-
o-ative di c)-:- ,
--Cosi' p~ r es., se si consider a la l efrne di Ohm, es sa si
scrive

J= u E

con tutte l e unità prese <lal sistema es .


Se si considerano invece le equazioni di Maxwell va ri-
cordato che ] espresso in unità e. m. ~ 1 / c volte ] espresso in
unita' es. e che I
in unita~ e . m. e·· c volte espresso in unit à E
es. Si ottiene (usando ed D H)
div D = 4TTp
....
div B=O
....
rot
_,
E=
1 oB
c ot
_,
1 oD j
rot H - - + 4TT-
c dt c

assieme a
_, .... ....
iJ=d!.=eE
r

si ricordi che in questo sistema e e µ sono g rand e zze adimen-


sionate (e:,,µr) che nel vuoto si riducono ad 1.

L' ·
,:) i-'
~
L~
-Evoluzione delle unita' elettriche. S i stema pratico

Nel 1873 fu deciso di adottare come unità fondamentali il


centimetro, il grammo massa ed il secondo e di accettare sia
il sistema elettrostatico che quello elettromagn e tico di cui
sopra per descrivere le g randezze el e ttriche e magnetiche.
Tutt a via l e unità in t rodotte con i due sist emi c .g.s . es.

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" 19

e c. g . s . ero. per q u an to riguarda le grande zz e elettriche o ma -


gnet i ch e · sultano po co rat ( che _ n.!.L_ P12...QPJ.em i tecn i.ç,.i ~~,
tro~t:J> O piccol_e o trop po gr a ndi e pertanto al Con g resso Inter -
;;-zio naYé di Elettri cit a' tenuto nel 1881 a Pari g i , si d eci se ai
adott a re le seguenti grandezze pratiche, che risultan o pid ma -
ne ggev oli , deducendole da quelle em . cos 1 :
IOhm
--~-
1 Oa Un t. t a, e , g . s . ...e_m.. A i re~istenza
.,}; ~ } ~~ ~-,..,_
··~
8
V• l t "' 10 Un i t a' e . g , s . e m. di forza elettromotrice
Ampere = 10- 1 Unita e . g . s . em . di intensita' di corrente
Coulomb = 10- 1 Unita' e . g . s . em . di quantità di elettricita
9
Farad = 10- Un i t a' e . g . s . em . di capacita elettrostatica

e alle medesime si aggiunsero (col Congresso di Parigi del 1889)


queste altre due unita definibili nel campo meccanicò :

Unita' c , g . s . di poten z a=~oltxampere


7
watt=10
7
joule=10 Unita' c . g . s . di lavoro=wattxsec

Le unità c .g. s , non erano tuttavia raggiungibili altro che


attraverso le cosiddette misur~ assolute d. effettuazi e dif -
ficilissima e i precisione molto inferiore a que a e -O~­
é'I1é misure di confronto tra due cam u.ioni di una stessa
unita'. Si decise quin i di campionare le unità pra t iche e , gra -
dualmente si riconobbe che questa campionatura equivaleva a de -
finire una nuova serie delle unit a pratiche stesse lie v emente
diverse da quelle definite in origine , Al Congresso Elettrotec -
nico Internazionale di Chi c ago del 1893 fu ccis i' ratificata la
seguente serie di campioni(!) ~

fjjjJJ ln-t-u~.n.az.io.~}
Resistenza elettrica offerta da una colonna di Hg di mas -
~ 4521 gr . a sez i one costante e lunga 1063 mm a 0°C .
I ......

Ampere Internazional~ :
Intensi t ' di corrente che passando in un
deposita 1 , 118 mg di Ag al sec .
Volt Internazionale :
Caduta di potenziale ai capj _d i_'!_ll._ Ohm internazio nal e quan -
do passa la corrente di Ampere ) J

(1) Si ponga bene attenzione al fatto che la dizione internaz ionale è sta -
ta usata per diversi sistemi . Il presente sistema, non va quindi con -
fuso con il Sistema Internazionale (SI} di cui piJ avanti.

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20

Coulomb IntP. rna zi onale :


Car ica trasportata da 1 ampere internazionale 1n 1 sec .
Farad Internaz i onale :
Capac.:ita'. di un condensatore ai c.:api d e l quale e' la d.d.p . di
1 volt quando ha la carica di 1 Coulomb .
Joule Internazionale :
Energia dissipata 1n un sec quando 1 amp percorre un Ohm
internazionale .
Watt Internazionale :
Potenza corrispondente al Joul e internazionale 1n un sec .
Henry Interna zi onale :
Unitéi di induttanza che presenta un circuito ln cui la va ·-
r iazione di un amp al sec produce la f.e.m. di 1 volt .

Il sistema di unita' pratiche cosi' definito usa per le eran ·-


dezze meccaniche le unita' c.g.s .

~=<r E..3 - Sistema tecnico o degJ i ingegneri

E' questo un sistema non assoluto ancora diffuso per i cal -


coli meccanici , Esso usa come grandezze fondamenta! i la lun-
ghezza , la forza ed il tempo.Le unita' fondamentali sono il me-
tro , il chilogrammo peso ed il secondo.
Le definizioni di metro e secondo sono gia' state date.
Il chilogrammo peso é definito come il peso del campione
depositato a Sèvres che viene usato per definire l ' unita'dimas-
sa, quando si ~rova al livello del mare e a 45° di latitudine.
L'unita' di lavoro in questo sistema é il chilogrammetro
( kgm) cioé il lavoro che la forza di un kg compie, quando spo-
sta il proprio punto di applicazione , nella propria direzione,
di un metro.
Unita di potenza é il chilogrammetro / sec .
Unitamente all'unita'. di potenza ora definita, si usa in
questo sistema un suo multiplo : il cavallo vapore equivalente
a 75 Kgm/sec .
Come grandezze elettriche si usano quelle pratiche.

S. d - Sistema Giorgi (o MKSA) -v _) . -,


In questo sistema, introdotto nel 1935, le grandezze fon-
damentali meccaniche sono la lunghezza, la massa e l'interval -
lo di tempo . Le unit à sono scelte come segue :
- l ' unita'. di lunghezza é il metro ;
l ' unita' di massa~ il chilogrammo ;
- l ' unita' di tempo fi il secondo.

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d 21 -

Pe r la quarta unita'. fondamen ta le si stabi li' cli definire


una unita' elettrica sulla base delle unita' del sistema prati -
co. In un primo t empo come quarta unit a' si scelse l ' ohm inter -
nazionale , Ne l 1946 si decise di prendere come quarta unita'
fondamentale, l ' unita' .~i .~. at. ~n.§_J,_ t a'~ dj c o r rente , ossia l ' ampe -
re ~ nito in base alla azione elettrodinamica come la cor -
_,,_,,. • p- . . . . -- - ,.. ..

rente costante che percorrendo due conauttori aralleli ret -


ti LW i , di un g, ezza i n inita Cii sezione circolare infinite -
Si;na, p osti alla d-istanza di 1 metro nel vuoto ~ · camen t t;.
ne ll' aria) l '~an 1 altro proa uce tra i du;' conduttori una
fg_ r~a~qi 2·10- 7 newton al me~t o di lunghezza .
Col termine lunghezza infinita e sezione infinitesima si
vuole intendere c h e la lunghezza dei conduttori deve essere mol -
to maggiore del tratto sottoposto a misura e che il diametro
dei conduttori stessi deve essere molto piu piccolo della loro
mutua distanza.
Dalla definizione di ampere risultano le dimensioni dell a
carica elettrica Q [Q] = [IT] e nella equazione della forza e -
lettrostatica di Coulomb fra cariche puntiformi nel vuoto :

F =k

la costante k resta fissata in grandezza e dimensioni

Usualmente s1 pone

1
k=---

dove e 0 é la costante dielettr i ca del vuoto.


Le dirne s · ni delle altre ra . e .zze elett.. ~~~ -
. ~·
no 1mme 1atamente.
Diamo ora le definizioni relative alle unita_ P.er le_ gDan-
~ z z e f o.n..d.a..JILe..n.t.aJ.i _.n.e a Gi or g i .
Unita' di lunghezzd : metro (m) : Corrispondente alla l unghezza,
alla temperatur a di 0°C, del campione di platino - iridio , con -
servato presso g li Archivi dell ' Ufficio Pesi e Misure di Se -
vres (Parigi).
Unita di massa : chilogrammo (k g ) defin it o dalla massa del c am -
pione di platino - iridio, depositato presso gli Archivi di Sè -
vres (Parigi) .
Unita' di tempo : ;secondo (sec) . definito in rife ri mento a lla 86 . 400 -

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22 ..

esima p arte del giorno solare medio , ot t enut o sommondo i gior


ni s cd .ar·i di un anno e divid.~ndo l a so ~rna ottenu ta per i l nu ·
mero di questi .
Unit d di corrent~ : ampere (A) gi~ definit o.

Si. osservi che questa definizione di ampere equivale in


pratica a fissare il valore numeri c o della perme abi litti ma g ne -
tica del vuoto pari . a 4n 10 7 (nelle corrispondenti u nit i ) . Fis ··
sando questo valore per µ 0 , il sistema MKSA c ongloba come u ni -
t~ coerenti tutte le an t iche unit~ dette p ratich e assolute de -
finite in base alle potenze di dieci delle uniti c . g.s. em . as -
solute ,

1. 5.7 - Sistema Internazionale (SI)


Nel 1 a XI Conferenza Generale dei Pesi e Misure tenuta a
Parigi dall ' ll al 20 ottobre 1960, si ~ stabilito di F.ldot.tare
un nuovo sistema di unitd di misu r a , chiamato Sistema Interna-
zionale (SI) . Tale sistema non è ancora en t rato nell ' uso lega-
le in Italia , ma é raccomandato.
Il Sistema Internazionale ene costituito integrando il
sistema Gi o;:.g . onh t Q.,, s ll- qu !i t 9 .• un.iTTI;;-n d !'r ame.Ilt:i
1i . ' J]l_; ~r an.1i _
altre due grandezze fondamentali e relativ ";_,,, un \ .t.-a'... E t>endere
3J:~s--i~~-~-~,~~=-:?If: ò::.:u r: al~<!.~~~ g:uct § ~;U.. J.>.r...!?J?.l,~çl ,- .f ·. s ts,i -.----
Le grandezze fondamentali e le corrispondenti unit~ sond :
- la lunghezza con unit~ il metro
.. a massa conu-nTt'a'~Tr c :ù.l qzr·amn;o
~---~..... .,,,____,,......,...._,,.,.. ---~ --
-· 1..2,.n:.!.:C:-~ a ,J.J>~ .i ~t,,e.mpo_p_<_!i:.L~!}.~J;. on-un·ì,.t.é( ·~ se c o do
- ! .g,_i nt..en.!i!j..!__e_Qj.__corrente c-0n ~1mi ~- ' mp-e-r.e.._
- l ' intervallo di temperatura con uniti il grado Kelvin o il
grado Celsius
- ,.,,...!,..:..i~tensita luminosa
_ _ _...
~~..,,.,,...·..----...-.
con unità la candela.
_,..,~,-·-,..............·""N..,.-~
-"-'"..._nu.•.,-•.,,. ··"''

Le unit~ fondamentali sono cosi definite :


1) metro (m) e
la distanza tra duè tratti rettilinei se -
gn a ti su una sbarra di platino-ir{dio conservata al Bureau In-
ternational des Poids et Measures (Sèvres).Questi tratti,i Q.1U
f.ini-.c.h-e__f_u_p.w.sih.ile.....e..s.eg.u~i-r-e- su que~~-o ..pX.9~ i po , p_i:~t..t.oiW
-!!i_ de t ermi n are 1 a 1 ?.E.2-!!i.&.J:..anz.a --~Cm.e t r o 1 e g a 1 e d a.L l8 8 9 ) S-m.en.Q
di qualche 1~~_,___cioe di qualche unità su 10 8 • E ' ora convenu-
to (1960) che la stessa distanza , a tutti gli scopi, anche scien-
tifir:i, coincide con la distanzadi 1 650 , 763 , 73 lunghezzed'on-
da nel vuoto della riga arancione dell ' isotopo di massa 86 del
cripton, individuata dalla transizione tra i livell i 2p 10 e 5d 5 ,
Questa distanza , se definita come si è detto in funzione delle
lunghezze d ' onda del cripton , dicesi metro ottico ed d definì -

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- 23 -

9
ta a meno di circa una parte su 10 •

2) chilogrammo - massa (kgrm) : unita' per la quale la Commis -


sione di Metrologia ha adottato il nome di bes (bes) . E' la mas -
sa di un campione prototipo conservato al Bureau International
des Poids et Measures (S~vres) .
3) secondo (s o sec) : è la frazione 1/31.556.925,975 del -
la durata dell'anno tropico al 1a data 1 gennaio 1900 (tempo de 1-
le .effemeridi). Una nuova definizione,non ancora omologata,usa
la frequenza di un maser a cesio.
4) ampere (A) : e" l'intensita'di corrente costante che,fluen-
do in verso concorde in due reofori, rettilinei, paralleli, di
lunghezza infinita, di sezione circolare trascurabile, distan -
ti 1 m nel vuoto genera tra questi reofori un ' attrazione di
2·10- 1 newton ad ogni metro di lunghezza del reoforo.
5) grado kelvin (°K) : è
propri eta' de.l--g:.a.s perfetto e si centesimale se fa corri -
-- alare 273 . 16 al unto tri lo dell'ac ua.
La scala termodinamica è in pratica coincidente con la Sca -
la Internazionale Pratica delle Temperature, fondata sui punti
fissi di definizione e sulle relative formule di interpolazio -
ne stabilite internazionalmente.
6) eande la (cd) : questa unita' e fissata esattamente in 1/60
_9.eJ]' l~nsitd luminosa emessa ua} radi~ore integrale (CO tJ? O
nero) alla temperatura di solidificazione del platino in dire -
zione -;a..r.male al foro di uscita della radiazione del corpo n è'-
ro1 q.ua.n_do l'area di uscita e
un centimetro quadrato.
Il Sistema Internazionale comprende inoltre due grandezze
dette supplementari che sono l'angolo piano, con unita il ra -
diante (rad o ra), angolo piano che su una circonferenza di rag-
gio qualsiasi, avente centro nel vertice dell ' angolo e giacen -
te nel piano dell ' angolo, intercetta un arco di lunghezza u-
guale al raggio della circonferenza stessa, e l ' angolo solido,
con unita' lo .steradiante (str o sr), angolo solido che su di
una sfera avente centro nel vertice dell ' angolo e raggio qual -
siasi, intercetta una calotta di area pari a quella di un qua -
drato avente lato uguale al raggio della sfera stessa .

I • 5 . 8 - Ra z i o n a 1 i z z a z i o n e d e i s i s t e mi d i u n i t a'

Nell'impiego di un sistema di unita' nel campo dell ' e let -


tromagnetismo valori numerici ben determinati corrispondono a
costanti (dimensionate) che intervengono nelle formule fond a -
mentali che esprimono la leg ge di Coulomb per la forza fr i c a -
r i che puntiformi e l a forza fra correnti (legge di Ampere) . Se

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- 24

si introducono questi valori numerici si trova che le espres ··


sioni di importanti relazioni dell ' elettromagnetismo hanno un
fattore 4-rr (o 2·rr) senza che la situazione cui s1 riferiscono
abbia una simmetria sferica come la presenza di tale fattore
sembrer e bbe suggerire.
Tale inconveniente ( apparenteme nte irrazionale) pud esse -
re ovviato se nella espressione delle relazioni fondarnental i
(Coulomb od Ampere) si estrae , prima di valutare la costante,
un fat tore nur.1e rico pari a 47T (o .2·rr) che resta associato alla
relazion~ : naturalmente il valore della costant e va determina-
to in accordo .
In questo procedimento consiste la ra zionalizzazione di
un sistema .
Tutto cid ~ chiarito da qualche esempio.
a) Se nel sistema Giorgi si pone la costante dellh legge di
Coulomb

1
k

si ottiene per la capacità di un condensatore piano

s
47Td

essendo S la superficie delle armature e d la loro mutua di-


stanza; la capacit~ di una sfera di raggio R risulta

C = Eb €
r
H.

o) Se invece Sl pone

1
k (b)

si ha per il condensatore piano

e per la capacità della sfera

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25 -

Il sistema che si ottiene con la scelta (b) é il sistema


Giorgi razionalizzato.
Si osservi che il fattore 4n (o 2w) per cui si moltiplica
o divide, deve essere considerato un numero puro . Qualora inve
r.e si volesse preservare le sue dimensioni di angolo solido ,
l e grandezze definite nei due tipi di sistema (razionalizzato
e n on razionalizzato) non sarebbero pi d da considerarsi omo ge
nee fra loro. Per es . il campo magnetico di una spira che nel
sis ema non-raz · onalizz.ato si scrive H = 4nni si misurerebbe in
~p . str lf:.i mentre ll~l.sistpQ,\LLé\..z1ona 1zzato .~ 1,_a'™' .;;,,.:"'i:e ·:;j,:·
me unit a di misq Aw..21 ca_ a •
Le due grandezze campo magnetico non - razio nalizzato e cam -
po magnetico razionalizzato non sono quindi più le stesse.

M. Be.rtolotti -T.Papa - D. Sette - Metodi d'osservazione e misura Disp. 4

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.. 2 6 -

Capitolo II

ERRORI DI MISURA

e ~ ~ - Introduzione
Se noi eseguiamo pid volte la medesima serie di operazio-
ni che ci conduce alla determinazione del valore numerico di
una data grandezza, si trova che i numeri ottenuti,generalmen-
te , uno 3
vers.2_ da ~ ~!..!!2..~he se !2_ differenza fra i
1
valori , · non e 1n genere molto grande. Per es.se il ri-
sultato della misura del a gran ezza 1n esame i espres~o da un
numero formato da quattro cifre, si trova che in genere le pri-
me due cifre sono sempre le stesse ; però le altre e.ambiano da
misura a misura.
Si suole dire che in ogni misura che noi abbiamo fatto e'
st.ato commesso un errore . Le cause di questo errore possono es-
sere svariatissime; fra di esse le principali sono elencate nel-
la tab. I.

TABELLA I

Errori sistematici Errori casuali

L - ··Errori ·.di calibrazione de· 1 - Errori di apprezzamento.


gli strumenti. 2 - Errori dovuti a fluttuazio-
2 - Errori legati all ' osserva- ni nelle condizioni di mi-
tore. sura .
3 - Errori dovuti alle condi -
Zl.Onl. sperimentali .
4 - Errori dovuti ad uso di tee -
niche imperfette.

Una prima grande divisione distingue g li errori 1n siste-


matici e casuali . Nella valutazione dei risultati di una~ spe­
r1 en za vi possono essere anche svis t e, come per es . quelle do-
vute a sbagli g rossolani nel leggere g li strumenti o ne l r egi-
strare i risultati numerici o nei calcoli. Noi non ci occup e-
r emo di queste che sono, in genere, facilmente individuabili ed

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2 '{

eliminahili .
E · nec essa rio inoltre a v .' ertire che non sem re una distin \1
1

zione n e t t-a ruti essere fàtta fra ei·ror i ca_~~a l i ~ si -:;Te ma tici .• ~
Ne l se g uito noi conside ro;;r emo casi in cui sia possibile
qu e sta classif ic azione senza ambiguiti.

s.:r II 2 .. Er r or :i. sistematici

Una definizione soddisfar.ente , valida per tutti i c as i di


G??ò re s1s t c. maticol é difficile \ a darsi . In molti caei si puo'
~ire che un y rro~e ~ ; ~~ atico~1 una uan ~i t,i.....!ssociata con una
o ~ erva ~ ione, tale CB~. se .il ~uo valore fosse esattamente no -
to per una osservazione, sarebbe calcolabile per tutte le al -
tr ;:-Entro tale aefin i z i one rientra per es. l errore ce si
compie quando in una misura di temperatura si usa un termome ..
tro che ha lo zero della scala spostato per es . di mezzo grado
verso le temperature piri alte. Le misure di temperatura c osi'
ottenute danno v alo r i che sono tutti di mezzo grado pi J p ic co -
1 i del dovuto .
Rientrano r- negli errori s ·~ste mat ici aa.Gh.e qu f:.g l i er r o ri che
----..........
vari ano in che modo regolare Per es . se in una mi sura di
tempo si usa un cronometro -~e antici a
Le misure 1 tempo co -
si ottenute anno ·va ori c e s ono semp r e piri grandi del dovuto
e tanto Ì u --ralldi qli"anto--p iu ··run go ·5 ato rnterva t to- ùi.·-reffi -
o misurato Un a tro esempio i errori sistema ici i uesto
s.i_ Ru o a ~~-P.JW~~q_,d~p .~ i..u!La _..§S:~r.i.e ._di.. mi s.u x; e-:dI:..y n ~~~ --
sa lunghezza eseguite ad ore diverse, usando uno stesso regolo
graduato, in un ambiente esposto alla luce del sole e nel qua -
le quindi la temperatura subisce variazioni regolari . Il rego -
lo di conseguenz·a si allunga ~.cLa __c_on_ _r_e_gof'arita e dà
ora letture in difetto e ora in eccesso ~
Con lill a d_efini zi~_f! e ... e_i u' ampi~ si p uo' dire . che g 4=g~or ·
sistem · ·_ --PPO<M ,s'8<ee - ~a ~· _. t~~ - - ento
o con una ~ artic p:i..a.e .te.rni,i · solito riesce dif -
f'tètl"è''"""i'ii'' di"'ffi u a re t;lC.eì=";~ri e non vi sono regole per rico -
noscer li. ,Il metodo migliore per indi v iduare gli e !:,._i:_cu;.L st..~ ­
~ati ci e' q? el lo_, q_gni volta cF1e sì a os"s{bì le, di eseguire la
misura della grandezza in esa.me . almeno con ue ecniche per
·-q~Qe'- poss.ibl.Te c omp let am.ent;"'~diffe"rèilti . -s e iuer i s ii"i ta-
t:i cosi O enuti-sono·;a·~-eno"cfegfi err o r i- ~· à suàli (v ~ piu a -
0
0

...

vanti '"";'- ifo"inciden t i, potre riì"i) ritene~e di n o n' avere commesso er -


ror i sis~i'.""C'i---cti e n : f"'à. filig'gi;"o r;;-·éfì queffa egi--ei-rori - c a -
;...ual~ e sclusg .n~~r.:;.l.m en te il -c ~-; ~ for·t~n· a ~ ....i ; c··~.'i ' P e~ff ~t­
t? d egli _errori sistematici ~ tat ;;-; pe"r~· éo mbina fi-ò"i1è e gua ~
1
nell e d ue m ~su r e, oppure ~he lo stesso _er !:si!:..e sist e mati co s i a·
- - - - - - · - -· --- ·-- - _i:

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28 ..

stato inconsapevolmente commesso nei due casi.


Alcuni esempi di errori sistematici sono riportati nella
tabella I e illustrati qui di seguito.

1. Errori di calibrazione degli strumenti


Nell ' uso degli strumenti il valore assunto dalla grandez -
za in misura è in genere valutato dalla posizione di un indice
su di una scala. Gli errori di calibrazione sono quelli per i
quali il valore erfec-ttvo< 1) della grandezza é diverso da quel-
lo che si legge sulla scala. Cio' puo' essere d-ovuto a realizza-
z1one difettosa della scala, a non preciso confronto con cam -
p1on1 o a variazioni della taratura col tempo.

2 . Errori legati all ' osservatore


Questi errori sono causati dal comportamento dell' osser-
vatore. Per es. un osservatore puo' fare un errore perch~ ha la
abitudine di piegare leggermente il capo a sinistra nel legge-
re la posizione di un ago su una scala, introducendo cosi' un er-
rore di parallasse.

3. Errori dQvuti alle condizioni sperimentali


Se uno strumento e' usato in condizioni sperimentali co-
stanti (pressione, temperatura, etc.) differenti da quelle per
cui fu calibrato, e se non é fatta una adeguata correzione,ri-
sultera un errore sistematico.

4. Errori dovuti ad uso di tecn~che imperfette


Errori di questo genere possono avere origini molto di-
verse. Per es., se nel fare una misura non si tiene conto del-
la variazione di certi parametri, oppure si usano delle formu-
le che non tengono conto di tutti i parametri coinvolti, ne con-
seguono errori di questo tipo.
Tale è per es. l'errore che si commette nell'eseguire una
pesata in alta montagna se si corregge il valore ottenuto te-
nendo conto dell ' effetto della spinta dell'aria ma non si tie-

( 1) Si osservi che con la dizione valore effettivo s1 intende quel valore


che sarebbe misurabile confrontando direttamente col campione ed ese-
g ue ndo questo confronto nel migliore dei modi . Non esiste infatti un v a -
l or ve r o per la grandezza in misura inteso come un valor e assoluto in -
dipendente da quals i asi t e c nica strumentale (v o piu av anti) .

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j ~ 29
,i

ne conto della variazione della sua densita con l ' altitudine.


Un altro esempio r! quello del caso in cui si misura la
temperatura di un gas determ inandone la pressione a volume co -
stante , senza tener conto che il coefficiente di dilatazione
~dei gas dipende dalla pressione.

;LO, ~·· _ - -- f,,


LGJ_i~ [!:J: ori 'è asuaLu sono prodotti da un gran numero di va -
riazioni, imprevedibili e non v_al y tabi ((; I!ill. ~ ·. zione sp e-
rimentale. Essi influenz ano la misura in modo incontrollabi fè"'.
,;;.. Quand'anche si sia riusciti ad eliminare le cause di va ··
riazione sistematica nei risultati, non si riuscira mai ad eli -
minare piccole differenz;f'ia i VAL1 i ott · elle succes -·
-;ive ope ;i;.a~ioni d i_ misura, benchr! esse siano ora, per quan ~
"ii elle nostre possibilit'ci~ tutte eseguite in condizioni identi-
che con apparecchi di adeguata sensibilita.
Vedremo in seguito che r! proprio la natura casuale di que-
sti e rori quella che consente di ottenere, da un gran numero
cl{ ~n isure, = indi~ azìòif1 -~C;;i2 re piu' s fanifi ç a,! iv ~-~ùu­
ou 1 re a rI a gran d ~i: z a , j ç: h e o ~2.!!.SLE~J:l-~ r sj__ =n i.u'~-"l.i. ciJ:l~.-~.E~e
3'.i1 o~.~.; Naturalmente, date le caratteristiche degli errori ca-
suali, non si puo' darne una ciass1 h ca"it0necmfipTefa ; s'i--puo'
~-avant ag giò -er-re-tt"
0-r e e-~~ -- e7effi - TITi~io~-e,--·iìaru:- èfar
r a I ment e incorni? eta come quella e ~ ella tabel a ___.
~~~~------- --
0 Errori di apprezzamento . ::\JSI_'.:,_ <i
Questi erro r i sono qµelli che si commettono nel caso che
n è 11 a 1 et tura de l-108 t r u mento., --sT'à"'"r iCn1 ests a....""'Ufi"a.
. _ _ . . . . . . _ _ .... . _ _ . . . . . . . _ _ . . . _
·"'S't ''ima·-ae f'l a
-··~~~-
frazione della divisione pid piccola. La stima d~ll ! osservato-
re puo infatti variare da ista~.!':.-R-.i..s_t..,aD..t- .p.e.!:_1fi0,Lt.e-.. r,.ag.i.Q»...i,
dando luogo ad u n _e..r. or-~ - '
.-

~Errori dovuti a fluttuazioni nelle condizioni di misura .


La tem eratura,
-----:--
la pressione, ~ la
~--~-,,.,._:..:-.:: --.........- . _._
tensione di r ~e.t. c.. ..pg_~-
~~ .•

sono van are nel .t;.2UL!!!._modo del~to casu.eJ.e e _q ';!_~-~--


riazion ~~ · s~lL~- le!<_t.,1g:~..-~.!:Eli_!!P.-1U!.r~,çç,hiJ\.·
Inoltre sono da con~iderarsi erro~i__di ~~ tipo .~
quelli dovu.~.i~}'_i).?E~~.~~ Ql!i..-!.U~..E,S~l}.}_che ..L_se n~j.__i ~~otti d ~.~~-1
c 1ne e ettriche vicine che infJ~~nzano gli strumenti e ettri -
... ~ I - · - · - - . ; : : . ..... .,..... ..-< _ _...,._ • .r.- • .,. • ·- .1!_ •W ~~,.._ , , ~~,.._,_"- - 0 .. ·~· ·~~· ........ ,..,. , ·~ , ,,.....,'!'.>

c~~

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30

Un esempio di come in una misura fisica corrente possono


comparire errori dei vari tipi pud essere fatto suppon etido di
voler misurare l ' altezza h di una torre lasciando cadere dalla
sua sommità un grave e misur_an_do il ter_n_p ~ _t _ ~h ~ il g rave im-
piega a cader ~- ~_!!_me l ' intervallo di tempo fra l ' istante in cui
si - ~, abbaf;donato e- queClo in cui si sente il rumore d e ll ' impat -·
to del grave col suolo . La formula che si pud impiegare ~ :

1 2
h = - gt
2

Vi sono almeno tre tipi di errori che si commettono in


una misura di questo genere :
a ·· ~p...Q._vien.e misur-a -t -o-- con un cron·ometro. Errori si -
stematici possono essere introdotti se il cronometro anticipa
o ritarda o nella lettura del medesimo. Il ritardo nel premere
il pulsante del cronometro crea un altro errore sistematico.
b ·· Almeno due errori di metodo sono stati commessi ; non
si é tenuto conto della resistenza dell ' aria e si ~trascurato
il tempo impiegato dal suono per giungere dal suolo fino al-
1 ' orecchio dell ' osservatore sulla torre.
c - Infine ripetendo (con uno strumento opportuno) un gran
numero di volte la misura del tempo i risultati che si otten-
gono sono di volta in volta un po' diversi fra loro. Varie cau-
se influiscono in questo comportamento e tutte sfugg ono al no-
stro controllo. Si dice che .s ono stat·i commessi de g li errori
casual i .
Questi errori non possono essere eliminati . Invece l' er-
rore sistematico dovuto alla limitata velocità di propasazione
del suono si elimina appena si conosca questa velocità v .
Infatti il tempo impiegato dal suono per arrivare dal suo-
h
lo all ' orecchio é T = - . La formula allora diventa
V

1 2
h = 2g(t - T) .

N1:dlo stesso modo si puo' eliminare l'errore introdotto dal-


l ' orologio che va male, tarandolo e corr egg endone le letture,
o quello dovuto alla resistenza dell'aria usando una opportuna
formula di correzione.
Si vede tuttavia che , a causa degli errori casual i, che
non posso no essere eliminati, non é possi b ile eseguire misure
e senti totalmente da errori.

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31

II. 4 Presentazione dei dat L Curve di distribuzione . Valo r


.met!:io e scarti

Nel parlare degli errori compiuti in una misura li abbia -


mo indicati come quelle cause responsabili del fatto
tendo la stessa misura pui volte con uno strumento
mo to sensi ile, ~v. iii av~a.n t · ).. i valori nume r:i, c..i..,Q.t,
feriscono uno dall ' altro J
Se noi conoscessimo il valore vero x* della grandezza ch e
stiamo misurando, potremmo ~:f.in.· re UJU!__q_u ant--i..t à

(1)

differenza tra il valore k - esima misura e que-


sto valer vero. Questa quant-ità rapprese~~-;rebbe proprio
~ con cui randezZà x e' s t ata m1 surata n -.
eslrii a. -é he -noi non conosciamo mai
il valore ero ran ezza e - es t1·amò mis'Xlfi~.naoe-~ o
la quantita 8 definita dal a (1) non ha alcun senso fisico
al~ne considerazionit~rn;-·t i:;ttavi ;-·~ tile far .. rie ~... a' · 1.Ul...~
quantità definita in tale maniera che prende il nome ..9.j_ error.§._
S"ulla misura k-es1ma. I · - - - - · ·' ........ - • -
La situazione che si verifica nella pratica,tutte le vol -
te che lo strumento con cui si esegue la misura è ao 'astaiiza
sen ~ i.!?_i e ~ s
_e,j r i'petenao ' la misura si ottengono valori nume- -
rici diversi che devo n o -~-sse:re-in- qua che modo pr~.sentati. ...
rn modo da essere uT i'l ì 'i'°zab{Iì': \ - ~ ~y' .. • ·•

· . Il modo - pi u" sempl ice. di presentarli sarebbe di riportarli


direttamente in una tabella. Un tale sistema non permette perd
una rapida interpretazione della misura.Conviene a questo sco-
_EO ri~rtare i risultati della misura in modo tale che l ' in-
---.--- -----~-
te rv allo di valorientro- è'lri - ess i- s i ' 's i 'tu a no - appai a évidenù.
Iiffiet'Qd;)fiì i.g l (oiek~-é-r f are qu e s to -;;- qae flo di ricorier'é
ad
1

pre's ent·a di~i ­


( q uesta~- qu a~n -

(1) Il caso in cui lo strumento non i abbastanza sensibile e quindi il ri -


s u lt a to di una misura, comunque rip e tuta 'i sempre lo stesso o che , per
una ragione qualsi as i, si abbi a a disposizione solo poche misure ( c he
possono p e r~ differire tra loro) ~trattato nel c a p . IV .

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32 .

tita' pren de i l nome di


..___,_
frequenza) -L Un tale
·- · - - -
grafico prende il
~e-4i,,,,.f4~.w.u~e-...f.r~e-~i; e-n z e , 0
-
Per e s. supponiamo Ì contare il numero di g ranelli di pol-
vere che si trovano per cm 2 s u una .certa superficie e si ef -
fet tuino per es. 25 osservaz1on1. Si trovino i seguenti risul -
t ati mostrati nella tabella II.

TABELLA II

valori frequenza I
I
9 1/25
10
10 2/25

11
11 2/25

12
12 3/ 25
12
13
13 3/2 5
13
14
14
14 4/25
14
15
15 2/25

16
16 3/25
16
17
17 2/25

18
18 2/25

19 1/ 25
Ques ti valori sono rappresentati nel diagramma della fi -
g ura 1.

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.. 3 3 _.

I
1'

I
- --
\
~
- ,__...
I\
l
- I

I I

2 4 6 8 {0 16 18 20
l'lvmero d/ :raneli/ di" polvere

Fig. 1

Un metodo differente si impiega nel caso che la grandezza


possa assumere de i ~ aTèi"iT-;;'~ntinui in un -· certo interva ll o] Tn
-questo caso noi'i.. é - piu possiliiTè~rìporta r e sU.Tl ' asse elle ab- ·
scisse i singoli valo ri della variabil 0 :S.i_ !.v~ic_e~-.-..--­
regione in cui a gran
.-..__, • - ~ ....... •r>o~
e-z·zax
assume ì suoi valori in
~ -~4 ~
tervalli 6x, tutti uguali tra loro.\ Si possono ora riportare
nel grafico dei rettangoli aventi ciasc-uiio come ase·-tsx e come
altezza o un numero proporzionale al numero di 'Colte er cui
si sono avuti va r . c.o:m ~~ .- f'"l n e:rva _.o . .consi erato di-
viso per l'intervallo 6x o un numero proporzionale al a fre -
quenza d ivisa anch' ;;;;;" e'? l rnt er v: aI!o 2Sx , '"
10

i · ot:tengono in questa maniera dei grafici che prendono


il nome di istogrammi ,
Per es. supponiamo di aver fatto 12 misure indipendenti di
una certa lunghezza con un re olo raduato . I valori ottenuti
sono mostrati nella Tah.III nell~~di~ n cui sono stati ot -
enuti. --
.__ L ' i stogramma costruito da questi valori e' mostrato nella
fig. 2 dove si é diviso la regione di variabilit ~_c!eJ.J.ii f!li.~~r. "1
in sette intervalli ciascuno di 0 . 1 mm .
- - -se if-numero --d~Tle p ;ove e' suf {[~'"{;ntemente elevato è pos -
sibile diminuire la base dei rettangoli pur mantenendo un nu -

M. Bertolotti - T . Papa ·· O. Sette - Metodi d ' osservazione e · misura Disp. 5

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- 3 4 -·

TABELLA III

prova valore prova valo re


no mm no mm

1 32 . 0 7 31 . 8
2 31.8 8 31. 9
3 3.1.. 7 9 31 . 9
4 32 . 0 10 31. 8
5 32. . 1 11 31. 9
6 31 . 9 12 32 . 3

i.
f2

4
~ 7Z
"l
t: 3
~
~
1)-.
1i
~
2
~ 72
1
f2

.JJ.S JI. 'I 31.9 .J.2. i 32. 3 32 6

Fig. 2

mero elevato di valori in ciascuno di essi .


L ' istogramma allora si gud raccordare con una curva con -
tinua come nella fig . 3 che rena·~ - i-r~·n ;;;; eh i;_"Q..~Jii.. iTi ; , .
uzione ,
Chiaramente un istogramma o una curva di distribuzione con ··
tiene l ' informa.z.ione . s.u come i valori sper i menta ri.s "i'--.di str f:._
bui~~~fl9_:·-·--- -----·-·- - -- -- -
Tuttavia ~e so si vuole esprimere il risultato con
u eventua l mente
o 1 o umero accompagnato............ ~..............-
n secon a o t:il~ .·n -
.•.•ii.;v.:i.1:hri -q1:1a11.1 ~- ~~- misura sia atten ..1 : l ~ y_e~remo c omét.;Ii:'- ~~:-
meri vadano sc e lti-- con de"finì..iloni generali . -~---,,.,,.,.. ·----- ·
·· ~ tunat 'am e nt~ i Ì loro s igni fic"atci .. dipende dalla forma
della cu ;;;-éì1 'istribuzion e· e · quinèl ì dal pa :i;-~tic·o :tflre -·t ipo- di
~ esper-ienza cui- f e-;YS-u re_ si r~- E_!_!' iscon_o. Que ;t'o porta come co ~ :.

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- 35 -

0.4

as

Oi; 0.8 1.2 i.4 {.6 {.8

Fig , 3

seguenza ~- i due nu1~~ri_ch_e_._sle3~rivono il risultato d :J.~a r.ii-


_su ra e la sua attendibi !,ita' hanno in g en ~r e u ~interesse _ l ~­
iato perchJ va li di solo per la part ic olare esperienza e per la
pa r t:1è~olare curva di ist ri'buz'ione ~--- - - -~ - --·
----- F 0r tun atam~n1-. e"'.'". t uttavia nella pratica si trova che la mag ·1
gior parte delle misure ~ fisiche sono desccit~e da . cur~ e di di -
stribuzione che i~no e~ ~ ere~ suffic;_ie!!~~~ .!?~ri e ap ros ~ i ·­
mate da una curva t eorica scelta t r a alcune poche che Bono sta-
--te g randemente §tudia~ \ Fra queste curve ii molto im portant e
una particolare curva che prende il nome di curva di Gauss , o
curva di distribu z ione normale La maggior pa:c- te delle misure
fisi che .s i di-st ..r;.i b uisce con ap,prossimazione sufficientemente
buona secondo questa cur v a .
Ne l pros si mo c apitolo s aranno introdo tti alcuni con cetti
elementari di teotia delle probabilita' c he pe rmet t ono lo stu ··
dio di que sta cur v a di d i stribuzione teorica e di altre due
c!1e hanno grande interesse pratico . Si studie:i:-anno tali di stri
buzion i e si definiranno le gr andezze che meglio possono esse
re prese a rappresentare il ri su l tato nume ric o di una misura i
cui risul t at-i si distribuiscono secondo una di queste curve.
Sa r a ino ltre indi c ato come i risultati di una misura possono
essere elabo r ati per o ~ tenere i numeri che interessano .
Vo gl iamo qui ora bre vemen te an·~icipare che in genere il
numero che pud essere preso co me i l pid rappresentativo di una
misura pu o essere ottenuto cons iderando 1 a me di a aritmet ic a <le 1

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- 36 -

le misure considerate.
Se xl. , x 2 , ,, ., xN ' sono i risultati di N misure della gran ··
dezza in esame , si chiama media x,
la quantita ;
N
L X·i
L=~
x ( 2)
N

E' allora possibile definire una grandezza

( 3)

che prende il nome di scarto della misura k ·· esima.


La presenza degli errori in una misura si ripercuote nel
fatto che i risultati d~ ogni sin g ola misura sca~ta~o i? çene · ·~
re dal valore medio . 1
Poiche' solo il" va lor media di una data g r andezza e gli
sc_a. rt i . delle singole mi.sure . da questo val or medi"a sono quei i i '
-- -.-. ... ...::i:.

che no i possiamo determinare in una esperi.enz<". f i sica , sono q u (;: -


ste l e ua."n'fit l : ]. - i.:irte ·esse con cui: nò i . tr àù e i·emo .
Si - o-;;;~vj_ che sommand;-l-~ N ~qua zion i ( 3) che de fin j .
scon O--gl ~ rti e tenendo conto della defini z ione (2 )d i me ·
àia, si trova

c ioe' la somma degli scarti e' sempt"e nulla . Di c onseguenza la


media degli scart i ~ anche sempre nulla .
In ve ce la somm a dei qu a dra ti degl i s carti non ~ in gen er e
n ulla . Si definisce una quan t iti, che prende il nome di sca rt o
quad r at i co me dio , come

Questa grandezza avra notevole impor t anza p e rch e',c ome sa


r <i mostrato in segu i.te , essa puo· essere presa ad indicare il
%r~d0 di precisione della misura eseguita .
Molto spesso infine ha interesse considera r e non i l valo ··
re assoluto di uno scarto , ma il suo valore relativamente al

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- 37 -

valore della grandezza che si sta misurando. E ' chiaro infatti


che se si esegue una misura di una distanza di 3 metri con un o
scarto quadratico medio di un metro , essa i molto meno precisa
(s-i chce normal mè nte , anche se la dizione é ger quant9
etto rima, c he si fa un errore mo ·o che non se
~ i ,;rn.:;,a, un <> ~ anza. di 3 quaaratir q
Ellw di.n-.
Si c hiama scarto relativo il rapporto

t: =-
s r

In modo analogo s1 definisce lo scarto quadratico medio


relativo :

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- . 3 8 ..

Capitolo III
1 -·- --·-----
TEOR I A MATEMATICA DEGLI ERRORI

_:_·-:--7--
~-~
111 . 1 u Nozioni di calcolo delle probabilità

Probabilita'

Come è gia stato accennato n e l capitolo precedente , gli ~


Eli
L~-~ ~ori cas_u_a.li, ... o_..m.e o-l i.JL.. s_carti che da essi _d.e · vano s es - 1
so s_i d·s~~ no secondo le~~!~~c!i__la_rg_a_~ l~.:- J
ita e possono esseE_ e trattati S2!1 le~ ecnich.e. dell, ~ t§.P1: ia. dd - ·
é~p Foli abT lit a'. -
0
- · • ------

' ... Al-ro s cop ~ di introdurre alcune nozioni fondamentali su


queste leggi e sui risultati che se ne possono ricav are, e~­
cessario premettere alcuni elementi di questa t eoria . La )tea ·
ria delle prob a b i litd i in generale la branca della ma t ematica
che st_udi.a.. _l_e_~g.gi_de._i fenomeni . ca~_l,ls l i . indipendentemente dal ··
-=----- -· . --· . - -· ·~
J~~f ~rm.a . ~ ~ ":-~ e -~·~ c.':1i .. e-~ s.i si _ ~!lnif ~~_tano e che forni_s çe-u·~ ~ m{t7
~..d o qua~t i!_a_~i..Y.~. p~~r .. ;_al_~~a,r ~._i __ lo:i:o_ éffe.,f !- i . Il determinare
numericamente la p r o b a 6 i 1i ta e necessario per l ' uso p ratico del -
l e considerazioni che si hanno nel c a lcolo delle probabilit à,
ma non fa parte del calcolo stesso .
Per questa determinazione é necessario o conoscer ~ i_!__.-s.i ,-
. §.tem~"7.u§:~~ -o2.Q:9rt:Jinì- p rinc-ipi in -~ odo da potere assegnare a
pr i o_r:_i _ la robabil_i_l.< l ...9.P. ure _ e _§ ~guire delle prove sul si ;t emìi'
e determinare i~- probab il i ta' -;;, po~t-Ù ior i sulle r isultaii ze di
~~-~ ~~-.- P.!.<?v_~-:-~;;-q-;;~ ~t:r~t ~ ~ ~~~ i~ ~<kL~~emp-~i~- Empi ~
risma si trova anc h e quando , d opo aver ri c avato in modo rigo ·-
r oso , dalla teoria le nuove probab1 t1ta de f l' aE ca d ere di ce i t ì
~t1 <-1->r aa e p;·o bab..ilita pe r c ertì-;rt~i e~o -
1e- ed-er-e -seque.ste p ro ··a -11ìt~a sono ì'fia'Céò"~do con l ' e-;-p erien :.
;a:-r: • quI 'n'di con 'veniefi te s c i n erenettamèn't_e_ I a t eor i a- Jen e
..p r ;;babi lita', che tratta solo in modo ri g oroso delle relazioni
fra certi numeri che sono definiti come probab i li t a' e che ob -
bediscono a certe posizioni , dai metodi con cui l e p r obabilita'

(1) Con il termine e vento si intende ogni possib i le risul t a t o ottenibile


nel processo in esame .

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- 39 -

dell ' accadere di eventi sono determinate.Il legame fra lepre ·


visioni del calcolo e le applicazioni viene
base de ' esperienza ed ecostitui"t o dalla
_E,..ag p_ di cui pili avan~ti. "In questo parag ra fo si daranno alcuni
cenni della trattazione rigor os a del calcolo d elle pro6a6iiltA
e ie ci saranno uti~i l!;,,er _i . :S~~ uito : el p~ragrafo segue nte il
legame fra la teoria e 1· esperienza sara discusso ~~~3 fatta .
1 1

-~ · -~pp_! icaz i_p.n.e_ al!.,,e t~ona eg 1 -.e-r;l'or :=


Cerchiamo ora di chiarire il .s;.oncetto di probabi lita': es ·
so non é immediato ne semplice. Varie definizioni sono state
proposte ; alcune di esse pur non essendo e_::;en_ti _da _ç_;r j. t_iche so -
no s esso usate perché hail no ~ il va~taggio di rendere_ il con~­
_:_:.:.~~.<li.J~ r~biJ :-t i' -abhast1!n.~ -~ i~~- -
Il modo migliore per definire la probabilita é quello as
siomatico. che introduce la probabilita come un numero puro ~ h
viene associato ad o · ey ento, e che ode i certe ro riet •
ltt' o scopo èfì . p ermettere una visione piu' immediata della pro
babilita cominceremo prima di specificare la definizione assio
matica, con il presentare due altre definizioni piu' intuitive
ma meno rigorose.
Esse sono di solito indicate con i noJn.i-.....di defini zio ne
c lass réa ~ e - di de_fi"';i 'Z{on ein-ba se alle frequenze .
1) Definizione classica
Questa definizione,dovuta a La_pLa~e. ·è tuttora usata fre -
quentemente.
La probabilità P(~) che si presenti un ev_e11.to ti defini- e
ta come l.l rapporto fra il numero Nt!i. dei casi che da una valu-
tazione a priori risultano favorevoli all'evento fl ed il nume~
ro N dei casi che si riconoscono possibili, purch~ tutti i ca -
si considerati siano fra loro indipendenti ed eguiprobabili(l)

Ns,
P(fl) = - - ( l)
N

fiisulta evidente dalla definizione che se è certo che un


e v· ento accada, la corrispondente probabilità é uno. (.C;-pr oh·a. : -
1Ji1: 1 'E' a1 cos i ef1n1ta, in quanto determinata aa una conoscenza
a priori del sistema in studio viene anche chiamata s e esso ero -.
- ba b i l i t a' a p r i-CU' i .
Per esempio la probabilit~ che gettando una moneta appaia

(1) La crit ica alla com parsa del term ine equiprobabile nella definiz ione
di probabilita é fatta piu avan ti .

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.. 40 ...

1 '
una determinata facci ~e' -2- perche· due sono i casi u ,__
,,.,_.-- - • ~..-- .. ~7"'.~ "~-~· ........
ualmente
__ ..... ~

possibili , OQ P,,Ur !r la. p:r:obabilita:" r:he app a i a una det e rmi n ata fac -
""' a • ' 1 . .. __...,_....,. . . .
e ia gettando un dato perfetto e - perché 6 sono le f a cce . La
6
probabilita' di estrarre una palla bianca da un ' ç fat lche con -

tiene a 2a 11 e !? i an,ç,h.e•. bi a!lf.lll'. e ..k,., P. alle n eJ:.U. ~b , etc.


a "". .
In analogia a questi casi semplici quando 1 1- si st ema è ac -·
~~~_: ~_!_1,!!!.a-d..~ e:rminazio!!_e_ 1! ~ ri s1 P,uo rn ge,n er. ~. de ··
J:.t::_r.mi.nare que ~t3 RrobabiJ it (
Alcune severe critiche possono essere fatte a questa de -
finiz ìOllf[; · ...... ~ .... ù"• ••

..... JL~ a gravissima 1 i m~ t a ~..e c!,.li:._:r.


e .!>·~i,.,.v.<_a
..i~.......ld~a~l.o!l,..a""..~""":<..l:::~i!...!<..~'-!:.::!-..:;;.!!§;
per la valutaz ~ lJ~oba ~~-t_a_ · ~...-----.............;...._.._.......,.____
sa r10 potere accedere al sistema per;.,....,:.~.:.:;~~.......-......__
"-;uo comport ~ o. - •.•,
~e nelT;"° definizione compare la condizione che
v e nti possibili, siano equiprobabi i e quindi si usa nella de -
·-rnu1one di probabiiita o st e ssò'.u"è oncetto di prob a bilit a' che
si vuole definire . In genere questa difficolt <i logica viene su --
p erata facendo ricorso ad un principio che prende il nome di
principio della ragion sufficiente . Secondo questo principio si
s up e one che vari eve f!t i siano""'""é qu1probabili se non c ' alcuna e
rag ione in contrario ,: a E,!!!, it a' d1 qualunque a lt ra circostanza
c he caratterizza gJ i _ eventi w ~i p r e~m e ess ére-·ugua f"e "ari c h'~ "' l ~
0

p ro b abl.li t "i~ - · "~------


- A'. nc h e superata in questo modo questa difficolta, la con -·
d izione che gli eventi siano egualmente probabili restringe la
ap plicazione della definizione ad una classe limitata di pro -
b lemi . Per es. nell'esperimento col dado la definizione di pro -
b abilita' a priori ~ applicabile solo se il dado d perfetto , os-
sia solo se le sei facce sono equivalenti . Se il dado non e'
p erfett o ed una faccia ha maggiori probabilit a' di uscire la (1)
non puo' essere applicata .
·- , Infine molte spesso una ispezione diretta del sistema non
e' possibile e quin d i la definizione prima data non p uo' a pp li -
carsi , In questo caso per decidere se due o piu ev enti sono o
non sono egualm ente probabili E! necessario ricor r ere a dell e
prove effettive e non a delle valutazioni a priori . Per es . la
p robabil ita' che un neonato sia maschio o femmina pu o' essere pre -
1
sa - solo dopo che si e' stabilito se tale probabilit à non e'
2
i n fl u enzata da caratteri ereditari de lla fami g lia , dalla sta -·
g ione , dal luo g o di nascita , etc. E quest o puo' e s s er e f atto so - .

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- 41 -

lo analizzando i. risultati della esperienza e non puo' essere


valutato a priori .
Sì -eve·-àrfora ricorrere ad una definizione di versa di . pro -
babilità andando a fare effettivamente ·a: è"lf e mi sur- é .
·-~ i n {~~ una ~~·;; "'J';f"in'i. z i';ne cl~"e p r ~ nde il nome qi__de -
finizione in base alla frequenza .
'~J:fs7-~t[f;-[re èju~1)
Se si ripete§ volte un dato esperimento e se l ' evento tEl
si presenta n,g, volte, allora si .chiama freq_uenza relativa al ·-
1 ' evento f!L ·1 a orto n / n , La definizione di prob abilita' ou o
legata alla re ue za ~ ra introdotta su · ndo di con ··
sider - -~~J!,,!;..a,mente cres s ente dj prove e le fre-
quenze rel }\i-i{J<.l\.. · ·
§e si considerano i valori delle frequenze man mano che
il numerò ae1~·e :_~ò ~_~_:_iri':.:Y.h. ei,u-? Gìa si- _.:~r~.I~-eìft q_~~l!l._~ a,_- si.
~rova -che-;ss ~ sent ano un andamento ca .ratte~rist i cci ; tal i v a_:
lori ~nf~t. ti individuano n.e ttamente un valore s .t abile int. orn t
1
al quale oscillano e le deviazioni da tale valore ecrescon
. . ...r_e_s""~...~~- e fe~~ e :E"r
ll"1-1- .n.:.-o-r-m-a- -c o"'n-.i""--"".c,
ta ~v._a__QJ'_e~ stabile intorno-~.. ~·ui Ìe,_fre ~ nze si d is~ongono ~
che vien e p r~~ p 1: o_É~l.-f;1f:}L.<!:;J..! ' e -;;~. t ~) ·- ~~
A scopo illustrativo si consideri il lancio di una mone --
~ ~.....J_rigo~ .iJ..~~_r o relativo _di _y o_lte che _e' c ~IE.P~.s­
~~--~~-sta _(_fr~quenza) \ fino ad un totale <!.!. _mille l _anci.I Si vede
che la frequenza oscii"ia intor n o ad un valore 1.m1te di 0,5 ma
non tende u ri"i'fiMili ent i_-a-:_ques_!-~ "v'a l~f uesto comp~ò -
TABELLA I

Test a e' La frequenza Scarto della


Prova da a frequenza dal
comparsa e'
valore o. 500

·1
..... "' 100 - 54 volte p__5_4.Q__ + 0. 040
'1 200 100 " o.500 0 . 000
j_ I 300 153 0 . 510 .;. 0 . 010
"
.1 400 208 " O, 520 + 0. 020
·~ "\
.1
-1....' 500 254 " o. 508 + 0 . 008
600 308 " 0 , 543 o. 043
:-r 700 349 " o 498
-~

.. 0 . 002
f ., 800 397 " 0 . 496 .. 0. 004
i'{ 900 448 " 0 . 498 -· 0. 002
1 1000 501 n
o. 501 .;. 0 . 001

M.Bertolotti - T Pap a .. O . Sette Metodi d ' osserv a zione e misura Di sp , 6

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42 -

e; ancora illustrato nella fig.l che si riferisce alla stessa


es peri enz a . ~a eq.uen.z a.....n_Q.!1.____ç__ ony~r·_g e_E_e]. s~nso matematico per
grande ~- sia nj Questo pu d essere giustificato in base alra
"c onsiderazi ~ne, pei..· ogni valore dj n , c ; é una p r ob a bilita'
f inita che s-;:- -abbia una sequenza di eve nti in c m . comp ar e i n

1.0

0.':J

0.8
a7
0.6
~
~
0.5
~
~
()...
<:Il
0.4
~ 0.3
0.2
O.i
o.o
i 5 IO 20 50 iOO 400

Nt1mero dei !ant:.i


Fig. 1

maggioranza aolo testa (o solo croce).Al cresct'è:r.e. dj.---1!., _tale_ s_~ ­


qu ~l}Za deve essere sel)lpre _piq J unga per avere un dato effetto
sul valore della frequenz~ e dopo che n ~ molto grande la p ; o-
aoiT ita -·per avere un effet°U; - d i q u; ;to gen.ere- e':=-c osi' piccola
da essere trascurabile. Questo è stato pr-ovato mat em aticamente
in termini della cosi ddetta ~gg~ndi ~umeri (v . piu a -
vanti).
Si noti che la probabi 1 i t a' determinata in questo modo, non
richiede la conoscenza del siste-;;;-~-i- si-o pera-,-;;;; "solo "che
si siano '°;;Se-guiTe-d eTie--ésp~ i:"i e nze ~- "d i'"· esao. P e rta-n"t ù - essa
viene spesso indicata ance come e,robabjlj _t a' a [J.os teriori ,
Come esempio di determinazione di una tale probabiliti si
consideri una moneta (perfetta o meno) che e
lanciata n volte.
Se si ha testa nh volte, la probabilita' che si abbia testa puo'
essere presa come il valore di nh / n per n abbastanza grande.
In questo modo le difficolt a' associate con la definizione
a priori sono eliminate.
Resta tuttavia il fatto che non si può sapere a priori
quanto n deve essere grande perch~ il rapporto nh / n sia ra g 10 -

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\ - 43 -

nevolmente v1c1no alla robabilita Inoltre molto spesso ha in -


teresse conoscere il valore della probabilita' associata ad un
dato evento senza fare il gran numero di prove che questa de-
finizione richiede.
Le critiche che si possono fare alle definizioni classica
ed in base alla frequenza di probabilita qui presentate , sono
rimossemédiante l'uso della definizione assiomatica della pro-
babi lita introdotta nella maniera riportata nel § seguente.

Vo/iìT l:_!J- Definizione assiomatica --~ i--~~~ba_b ~i :a'___


Volendo svolgere una teoria assiomatica della probabilita'
é necessario ricorrere al 1 a teoria materna _i _c_a_ d_e_gli__ insiemi.
Poiché nel seguito siamo solo interessati a dare la definizio-
ne assiomatica di probabilità e a fare pochi esempi sarà suf -
fici e n t e pr~ ~~t-ter'e s oro ·a r c une ·aehnizT òni . ,-----
,,,~ · --· -
- .. ·- - "' ,_,-,_
~ In un <!,at_~~~p~ri ~~nt~ -~noteremo con '~~vento di cui pu o'
éfì"rs i che accade in ogni pr-o va.- -- --
19
' D~ti
'-.:r
- due eventi fl ~ ~ -indiche ~emo con
s1 ha quando tl o cB avvengono .
B. + ~ l ' evento che

/~ Diremo che €l e ~
sono mutuamente esclusivi se il verifi-
' ? carsi di uno ad una data prova esclude il verificarsi del -
1 ' altro.
Come illustrazione di questi semplici concetti consideria -
mo il lancio di un dado . Evento sar { l 'U§çita di ogni~
L ' evento certo. <lf è l ' evento che si verifica qualunque faccia
esca. Se per es. €L é l ' evento pari e @ l ' evento dispari al-
lora e, e ce sono mutuame~_E;,§ clusi,..v · .
Secondo la definizione assiomatica la probabilità di un
evento è definita come quel .numero P(IEL) assegnato a ques t o e -
vento che obbedisce ai seguent i tre postulati :
1) P(el) e' positivo

P(e;)~O (2)

2) La probabilità che si abbia un evento certo é uno :

P(~)=1 (3)

3) La probabilita' che avvenga indifferentemente o l ' even -


to €l o l ' evento Gé ma non entrambe (eventi mutuamente esclu -·
si vi ) è

P(e.~-d?J) =P(e-) + P(C-8) ( 4)

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- 44

La probabilità P(& +cS) in qu e sto t er zo p ostulato pr ende


il nome d i grob~ b-i lit a' t k - ed il post u l at o an che n ot o co- e
me po s t 11. l a t o ci e ll a p r o b a b i l i t a' t o t a le ,
Da ques t i t r e pos tu la ti é possibi l e svi l uppare tu t t a l a
teo r i a .
Le co n dizi o ni 1 . 2 , 3 p r e cedenti forma n o gli assiomi della
t eo ria d e l l e pr o bab il i t i . Es si sono po s tulati e q u indi no n p o s -
sono essere p ro v a t i. Dal 3° e 2° postulato segue c h e P ( & ) e
s empre minore o u g uale a uno.

Voglia mo f a r vedere c h e la definiz io ne dell a p r ob abi li t a' sull a ba s e


della frequenza

P( !El) ( 5)
n

soddisfa i tre assiom i succitati .


Infatti la (5) soddisfa evidentemente il primo postulato . Siccome l'e-
v ento certo J avvien e ad ogni prova , abbiamo ne! = n e quindi

P( J) ~-= t
n

Infine se €le c8 sono mutuamente esclusivi , allora

nél + 113 = ns. + n~

e quindi

p ( 19. + dli) - ~ - - =- +- =
n n n

che soddisfa il terzo assioma .

Consideriamo ora eventi complessi che consistono nel v e-


rificarsi di piu' eventi elementari . A qu e sto scopo supponiamo
che in una data circostanza (esperienza) p ossan o v erificarsi un
certo numero finito di eventi ç 1 ,ç 2 , . . , . ,çN e chiamiamo le va -
rie probabilità che ciascuno di essi si veri f ic h i c on pi , cio e :

P t·

Allora d ag li assiomi risulta che

P 1 + P 2 + • · · + PN =1 p . :;::;
L
o
Se ora co n sideriamo un evento €l ar b itrari o ch e c onsist e

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_. 45 Q

nel verificarsi di certi determinati eventi (i (in numero di n)


sulta dal 3° assioma

-;- p ( ç ) "' p ,. . , , + p (6)


ra r1 rn

Possiamo cosi' determinare la probabilita' di ogn:!. evento


complesso in termini della probabilita' degli eventi elementa ··
ri .

Se supponiamo che i numeri p i siano tutti uguali cio~ che

1
N

dalla (5) segue che se l ' evento t!l consist.enel verificarsi di k eventi al -
lora '

k
P(a,) = -
N

Queste c aso part ic olar e , ma molto importante , é e qu ivale nte alla de ·


finizione c las Eic a d i probabilit~.
L ' eq1iiv alenza Ei valida tuttavia solo se la ( 6) e· interpretata ccr:ie un
a ss e rto e non una necessit~ logi ca.
Per es. gettiamo una moneta tre volte .
Un singolo i'isultato e
una certa combinazione di testa (T) o croce \C).
I possibili risultati sono

{TTT}, {rrc}, {rcr} , {ree}


{crr} , {ere} , {ccr} , {ccc}
cice' in numero di otto. Se tutti gli eventi elementa ri hann o la stessa pro ·
babilitd . dalla (6 ) la probabilit i di ogni even to e 1/8 .
Per e s. l ' evento { tes ta ai prim i du~ co lpi} c onsi ste n ei due ri sulta ·
ti {rrr}.. {rrc} e dalla (7) si ricava c he la s!.la probabili t a e' 2/8 ., 1 / 4 ,

Definiremo infine come i ndipendent :~ due eventi &. e 03


quando la probabilit a P(e, ~~f avve ng ano insieme data dal che e
prodotto delle rispettive p r obabilita'. ; ----------~ ···-
~ _..--.... .,.,... ... -'·~-"" ...... .,. .~ " · . . . . . . . . . w ... ,. ...... ·- ~ •• ~.·1•1· ... ,.,. ........

P(a <13) "' P( e,) P(d'.J) (7)

e viceversa quando due o più eventi possono avvenire indipen ·


dentemente uno dall ' altro ciascuno con una certa p:r:-obabilita·
p i la probabilita' che avvengano insieme e' data dal prodotto
delle rispettive probab i lit a' . Tale postulato prende spesso i l
nome di postulato della probabi l it~ composta .

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46

Alcuni esempi di probabilità sono ora dati.


Si consideri un dado e , si considerino le sei probabilita
p(1) p(6) che gettando tale dado esca r ispettivam e i1t. è la
fac ci a 1 6.
Per il primo postulato p( .1) ~O , p(2):;;:. O, e tc .
Per i 1 2 ° e 3 °

p ( cD ) " 1 =p ( 1) ·~ p ( 2) :· p ( 3) -:- p ( 4) ·:- p ( 5 ) :: p ( 6)

Se supponiamo che il dado sia perfetto , cioè t utte e sei


le probabilita' pi siano uguali

1
p(1)=p(2) p(6)
6

La probabilità che gettando due dadi il primo cada dando


1 1 1
4 ed il secondo cada dando 3 e' - x - =- perche' i lanci dei
6 6 36
due dadi sono due eventi indipendenti .
Se per es. si vuole determinare la probabilità di ottene -
re , lanciando due dadi, una somma di punti inferiore a 4, si
puo ragionare come segue. La probabilita' cercataelasomma del -
le _probabilita' di avere 2 o 3 . Queste probabilita· va lgono ri ·
1
spettivamenté (perche' il numero 2 si ha con uno sulla fac ·
36
eia di un dado e uno sulla faccia del secondo dado e quindi la
1 1 2
probabilita' e' - · - ) e -- (per che· il numero 3 si ottiene
6 6 36
con 1 o 2 sulla faccia di un dado e 2 o 1 sulla faccia del -
1 altro).
La probabil it~ cercat a ~ quindi

1 -:- 2 3 .1
36 36 .12

Nel caso di un<t monet'i , se ì evento testa e' u g ualmente pro ··


b o.bile dell · eve::nto croce , la probabilita di uno qualsiasi di
1
t ali e v ent.i e La. p :~·ob a.b i lita c he lanc i and c ùue v olte la
2
moneta es c a almeno una volta teste>. puo e s sere cal c olata , con -
s i derando che la probabilita che esca tutt e e d u e l e volte ero ··
ce e __ 1 . _1 ,., _1
La probabilità c he questo non si verifichi e
2 .'2 4
che quindi esca almeno una volta testa e' allora

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- 47 -

t 3
1 - -=-
4 4

I I I • I , 3 ·- Vari ab i 1J a 'l:e a tor i·e

Si. d e f.inisce
. ';(w~ .
var a b i. l e a l eatoria
. una gran d ezza X c h e puo'
assumere certi val i X1 " " . X.,. in corrispondenza al _verificar ..
si di certi eventifJ~ ... { 0 a ciascuno dei quali é associata
una probabilita p((1 ) •. • p(çn) .
Come un esempi'o di variabile aleatoria s.i p.uo' considerare
il punto (numero) segnato da un dado. In questo caso i sei va -
lori della variabile aleatoria associati ai sei eventi çi di
{caduta del dado su una data faccia}possono essere indicati con

Ili.I.~ - Probabilita' continua

Nel caso che una variabile aleatoria X possa assumere con


cont e """ii)terva :i: ,_i ~cui es a e e iniEa "é' ne-
_:;.~.:;~....~~JM.~~~~e~i~ · l~~c~o:.lintJc~,.:e~t~ · l:J roba~ i 1 i t a' continua . In t a 1
caso on senso arlare di robabil~1 · 'à cl'i e · bile a-
r;;;toria: as~~ n p~~~·~ al ;~ e ma piuttosto di pro a ili ~ à
1

~ ass7.i;~ - u-;--·; àT O''r"e ·CQDlRr·e'so t-;~ X-i X ';(lX. ··~ ~·-


- i
~.-..---,-~~--"""' '~-~~------
consideri, per esempio, la esperienza di Geiger nella
-
quale particelle cx lanciate contro una lamina d ' oro, vengono
disperse da parte dei nuclei del bersaglio ; e possibile calco -
lare, tramite la formula data da lord Rutherford, il numero dN
di particelle cx che ci si aspetta siano deviate di un angolo
compreso fra e e e,. de :
z E) ----de
2
cos e12
dN = Nn (__!,__
Mv 2
sin e/2
3

dove Ze ~la carica del nucleo , E, M, v ed N sono rispettivamen ·


te l ' energi a , la massa , la velocita:" ed il numero totale delle
particelle cx. Il numero dN diviso per il numero N totale di
particelle cx mandate sul bersaglio rappresenta proprio la p r o -
babilit i che una particella cx sia deviata di un angolo compre
so fra (} e e
·è d8 . (dN / N) è una probabil i t a' continua perch e le
pa r ti cel le possono essere deviate entro un qualsiasi angolo e.

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.. 48 -

Un altro esempio é dato dalla distribuzione delle veloci.··


tà delle molecole di un gas perfetto. E ' noto dalla teoria dei
gas che il numero dN di molecole che hanno velocita' compresa
fra u e u + du (~'laxwell) , e' dato da :

3 2
M ) /2 .. Mu
dN "'4mV ( - - e 2TT u 2 du
21TkT

dove N é il numero totale di molecole , k e' la costante di Boltz-


man, T la temperatura assoluta ed M la massa delle molecole .
. dN
La quantita - - rappresenta la probabilità che una molecola
N
abbia una velocita' compresa fra u e u ·:· du .
Essa e' evidentemente una probabilita' continua perche' le
molecole possono avere qualunque velocità compresa fra zero ed
infinito.
In g enerale indicheremo con P(X)dX la probabilità che la
variabile aleatoria assuma un valore compreso fra . X e X + dX .
La funzione P(X) pren-de il nome di densita' di probabilita'.
Per definizione di probabilit~ deve essere

f ~" P(X)dX " t ( BJ

La probabilità che la variabile casuale assuma valori com ··


presi nell'intervallo fra i valori a e b di X é data da :

!a P(X)dX

Anche in questo caso puo' essere utile considerare la fre-


quenza. Si divida per questo l ' intervallo di variabilità della
X lii tanti int..ervallini, individuati ciascuno dal valore X t. che
.
l a X assume nel centro dell ' intervallino i ·esimo e di ampiezza
6.X. . S e si chiama con v(X) iì numero di volt e che in N prove
la v ariabile assume un valore contenuto nell ' intervallino cen -
trato intorno a xi la frequenza viene definita co me il rappor-
to

v(X 't. )

Per esemp io nell ' esperienza di Gei g er prima citata si cal ··

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I
) I
- 49 -

i\\ ~
cola la rrobabilità~l che una particella a sia deviata di
un ancolo conpreso fra e
e b +db, mentre il numero v( & i) di par-
69 t::B
tic,el le che sµerimentalme u.l;~-~ a
-
(j. - -
t 2
e e.t +-
2
..__..,.;,__;;.;...__,c~l~1e,;..-~~-o-n,.Q...JJ)~é!Ji..e

- ·
contro

111.1.5 - Funzione di partizione. Valori di aspettazione. Di-


spersione

Diamo ora alcune definizione di interesse nella teoria f


delle probabilita' e che saranno ut i l i nel se g uito.

III.1 . 5 . 1 - Funzione di partizione


Data una variabile aleatoria X che puo' assumere solo va-
lori discreti Xi .J la probabilita' che X assuma valori minori
_, prend é il no~;'d'0iTnii'hn e di
o ugual i ad u_p certo va lor e X:,
partizione F(X J . Si ha :

L:
X ......~ X.I
l l

E'
O~F(Xi)~1 p er tutte le xi)
F (X i ) ~ F (-~i ) per X. ~ X .
t 1

Se invece l a variabile aleatoria X p uo' assumere valori ~


Jlll~O · 1 ervallo continuo,_....§..i_.2.1:.i:~.!:1.~J unzione di e_ artizione,
F(X) la probabilitac fie as.suma un valore qualunque com[J reso
tra -co e X.
Ihsulta

F(X) • f :P(X ' )dX '

La funzione di partizione e' crescente o p e r lo r..e no non


decrescente su t~tto l'asse X :

F ( -\J..i) = O F ( +oo ) = 1

M.Hertolotti -T . Pa p:> - f).Sette - Metodi d'osse r vaz ione e misura nisp. 7

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J;) ·f<>/ dt a~ - 5o -
~-- -~
-7 / ~I - Valore d'aspettazione 1) vd,lo e. V' e<l;
Nella teoriQ e applicazione della proLabilità uno
~ametri p i~ im portanti ~ il valore di aspettazione o valor me -
d~i
-
pa-

dio. Esso e definito per una variabile cont i nua come - ...

e per una _ya riabile discreta come

@~ Xnp(X -:;J
Si osservi che :
1. ~ P(X) è pari,cioe P(-X) = P(X) allora
s~~~ X= O

- -------
/Se P(X) è simmetrica rispetto a X= a, cioè
~--------- - P(a-X) = P(a+X)

allora

X=a
2. Una variabile casuale p pud non avere mai come risultato
numerico il suo valo e d " as ettazione.
~ Per es . nel caso di una moneta con

p(T) =!) p(C) =®


e X definita come X(T) = 1 e X(C) =O.
Abbiamo

X= 1 p(X=1) +O p(X=O) =p

Quindi X= p mentre in realta'. la variabile aleatoria X as-


sume solo i valori 1 e O.
3. Data la somma L di più variabili aleatorie X1 ,X 2 , .. . ,Xn

~ +X2+ ... ~
s1 dimostra che il valore di aspettazi one ùi L (che è anch ' es-
sa una variabile al ea toria) è l a somma dei valori d'aspet t a -

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- 51 -

zione delle X. ~
L

4 . Dato il prodotto TI ç!_i piu' variabili aleatorie X, , X 2 , •• • ~


indipendenti:
r '

si dimostra che il valore di aspettazione di G (che ~ pur esso


una variabile aleatoria) e' il prodotto dei valori di aspetta-
zione

S. Dai due precedenti teoremi risulta che il valore di aspet-


tazione del quadrato della somma J1 -'i-1{ v a i iab1li aleatorie
indipendenti i la somma dei valori di ; s p;t tazione dei ·qua-
drati delle singole variabili aleatorie :

+ X2n

III.1.5 . 3 - Varianza o dispersione


Si definisce una quantita varianza o d i spersione ccme

e se la variabile aleatoria X ~ del tipo discreto si hd :

2
La radice positiva di a viene di solito indicata c o n il
nome di deviazione standard o r . m. s.

I I I. 1.6 - Leggi di distribuzione

Data una vari a bile _aleatoria d i screta X, l ' ins i eme de i v a -


lori della probabilita' pi =p{X=X Jd i o ttenere i l r is u ìt ato .4 i,
costituisce quella che si chiama la le g ge di d ist rib uz ione per
la varia b ile aleatoria X.
Se la variabil e X é co nt inua si dice le gge d i d i s tr ib u-

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- 52 -

zione l'espressione che da' la funzione densita' di probabilita'


della X.
Molte variabili aleatorie hanno leggi di distribuzione che
hanno la stessa forma analitica.
Questo permette di poter descrivere un gran numero di fe-
nomeni statistici ricorrendo allo studio di un numero limitato
di funzioni di distribuzione.
Nel seguito considereremo in particolare tre distribuzio-
ni che hanno grandissimo interesse in svariati problemi .
Esse sono:
a - la distribuzione binomiale di Bernouilli
b - la distribuzione di Poisson
c - la distribuzione di Gauss.

III . 1.6.l - La distribuzione binomiale di Bernouilli


La distribuzione binomiale di Bernouill i governa eventi in
cui la variabile aleatoria assume valori discreti nell' inter-
vallo in cui essa è definita. Essa s1 applica quando sono ve-
rificate le seguenti condizioni:
a - In ogni prova di una certa serie si possono presentare so-
lo due possibili risultati (ad esempio nel lancio di una
moneta vi è la possibilita che si presenti testa o croce;
nel lancio di un dado vi é la possibilita'. che s1 presenti
un determinato numero oppure no, etc.).
b - La probabilita che si presenti un determinato risultato e'
costante per tutte le prove.
c - Le prove successive sono indipendenti.
Quando queste condizioni sono soddisfatte il problema con-
siste nel trovare qual'è la probabilita' P(n , k) che un datori-
sultato si presenti k volte in n prove. Questo problema si pud
risolvere con le se guenti considerazioni.
La probabilita'. che in n prove si presenti una certa se-
quenza (con un determinato ordine di risultati) in cui un dato
risultato che ha probabilita' p di avvenire compare k volte e
quello opposto (probabilita q = 1-p) n-k volte f!, per la legge
delle probabilita' composte (eventi indipendenti) :

(1)

A noi tuttavia non interessa il particolare ordine con cu1


i due diversi eventi si susseguono .
Cosi' considerando il lancio di una moneta sono po s sibili
i d ue eventi: croce {C} o testa {T} . Se ora cerchi am o 1 e pro -

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- 53 -

babilita' che ad esempio in tre lanci si verifichi due volte l'e-


vento {C}, e una volta quello {T} le possibili sequenze che dan-
no luogo a questa situazione sono

{CCT} , {CTC} , {TCC}

e ciascuna di esse ha una eguale probabiliti essendo data dal-


la ( 1) . Pertanto la probabilita'. cercata si ottiene moltiplican-
do la (1) per il numero delle possibili sequenze (nell ' esempio
considerato tre) . Tale numero e' dato dalle combinazioni di n

ogg etti presi a k a k, cioé : ( : ) . Si ottiene quindi

( 2)

che e' la formula trovata da JJernouilli e prende il nome di leg-


ge di distribuzione binomiale o di Bernouilli . Essa rappresen-
ta la probabilita' che un evento che ha probabilità p di acca-
dere e probabilità q'"' 1-p di non accadere si presenti k volte
in un gruppo di n prove, cioé che si presentino k eventi di
quel tipo .
Essa si applica evidentemente solo se k e n sono dei nu -
meri interi .
Si vede che questa probabilità rappresenta il termine ge ··
nerico dello sviluppo del binomio

( P ,, q ) n =pn <· ( ~) p n - 1 q + • . . ,. ( : ) p k q n - k .;. ,. q n


..
D'altra parte poi ché p.;.q = 1 la somma di tutte le possibi -
li probabi lita' con cui si possono presentare gli eventi e' 1 co-
me vuo le ]a definizione stessa ùi probabilita'. .

Come esempio consideriamo tre lanci di un dado . Per mezzo della distri-
buzione binomiale si può calcolare la probabilita' che un dato numero (per
es. il 2) si presenti nei tre lanci tre volte, due volte, una volta o nes ··
1.
suna volta. Infatti la probabilita' che esca il numero e' p=-mentre la pro -
6 5
bahilita' che non esca (cioe' esca un qualsiasi altro numero) é q =f. - p = -
6
Quindi la prohabilita' che in tre lanci si presenti una vol t a il 2 i :

3! 3·2
P( 3, 1.) - - - - p q3-t
11 (3 - 1.)! 2

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- 54 -

La probabilita' che in tre lanci si presenti il numero due , due volte


'
e:

5 5 15
P(3 , 2) = -. 3!- - p2q3-2 -- 32·2 (61)2
2!(3 - 2)! 6 72 21 6

La probab i lita' che in tre lanci si presenti tre volte il numero due é:

P( 3, 3) - .3! P3 qo =(_!_)3 1
3 1 (3 ~ 3) 1
6 216

La probabilita che non si presenti mai é:

P(3,0)=q 3 = - (5) 3

=125
--
6 216

Si noti come la somma delle probabilita

3
75+15+1+1 25 2 16
L
k=O
P(3,k) - - - - - - - =- - = 1
216 216

mentre la probabilita che il numero non si presenti affatto é:


125
58%.
216

Il valore medio del risultato di n pro v e é:


n
k=L kP(n, k) = np
k= o

Infatti risulta

n n !.
Z----
k =1

Pon endo

.; = k - 1 17 =n - i
s i otti e n e
7)

k = np B
ç=o

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- 55 -

La varianza é data da

n
a-
2
L:
k= o
2
(k-k) P(n, k)

n n n
=L 2
k P(n, k) +""i? L P(n , k) - 2k L kP(n, k)
k=O k=O k=O

Tenendo conto dei risultati gia ottenuti, s1 hà:

n n!
a- 2 = ~
L..J k2 - - - - - p k q n-k - -k2
k=O k!(n-k)!
2
Scrivendo per k l ' identita
2
k = [k(k-i)+k]

s1 pud anche scr1vere

n n I
2 2
a- 2=k(k-1) pkqn-k+k - k
k=o k!(n-k)!

n n!
=~ pkqn-k+k-k2
k=2 (k-2) 1 (n-k)!

n
(
=n(n-1)p
2
2 - - -n-2)!
- - - - p k -2qn- k - -2
+ k - k
k= 2 (k-2) 1 (n-k)!

Ponendo

o= k - 2 V= n - 2

s1 ottiene
V
2 2 ~ v! lì v-lì - ....,2
a- = n(n-1)p L..J pq +k-k
s=o 8!(v-o)!

= n(n-i)p 2 + k- k2 = n(n-1)p 2 + np - n2p2

= np(i-p) = npq

Nelle fig . 2 e 3 sono mostrate le d istribuzioni di Ber-

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- 56 -

nouilli per due particolari paia di valori di n e p .

- I
0.4 ~=nl'_=y=2. 333

0.3

0.2
O.t
o.o ______ ...___.__..___.___,....__._~

o { 2 ~ ~ 5 6 7 8 a ~

.k.

Fig . 2

La distribuzione é asimmetrica , eccetto che per il caso in


1 ,1
CU1 p = - . Si vede che l'asimmetria quando p r - diminuisce al
2 2
crescere di n.
Si nota inoltre, come mostrato nella fig. 4 che il valore

0.12

0.fO
- i
k =np= 5o 3 =16.66 ...
0.08
~ 0.06
~--
~
Il.,
o.oi,
0.02

o.oo
o 2 )f 6 s w a u ~ M u a ~ u u
.fi!.

Fig , 3

medio k si sposta verso valori sempre pii.i alti di k al cre-


scere di n, e l'intervallo tra due valori adiacenti di k ,
· in tal caso, si puo' considerare piccolo in confronto a- k.
La distribuzione binomiale ~molto importante perch~ mol-
ti problemi possono essere analizzati in termini di eventi che
si possono verificare o no .

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- 57 -

O.it ~ = 1.67
0.3
~ n=5
~ r 0.2
~
o.I
o.o
0.4
0.3 ~ =9.33
~
:t:::.'
"-
A.,
f O.I
0.2, 11 =IO

f ~~ :.._____:~~~I~~~il 1 ~ . . . _ _ . ~·:_____.j
O
.._______.f

fO 1!0
..

k-
.30 4o
3
So fio

Fig. 4

III . 1. 6. 2 - Distribuzione di Poisson


La distribuzione di Poisson si trova verificata in tutti
i processi casuali nei quali la probabilita per ciascun evento
é piccola e costante . Si pensi ad esempio, ad eventi casuali
come la estrazione di un determinato numero 1n una lotteria ,
disintegrazioni nucleari, etc.
Una variabile casuale K ha un a distribuzione Poissoniana
con parametro m, se la sua funzione di probabilita é

mK
e-m __
P(m,K) ( 2 1)
K'
Il significato del parametro m apparira fra breve.

M. Bertolotti -T.Papa - D. Sette - Metodi d'osservazione e misura Dìsp . 8

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- 58 -

La distribuzione di Poisson pud considerarsi una buona approssimazio-


ne della distribuzione binomiale , per n tendente ad infinito e p tendente
a zero, in modo che il prodotto np = m si mantenga limitato .
Cid é facile a vedersi nel caso che K abbia valori non molto maggiori
di n .
Scriviamo la distribuzione di Bernouilli nella forma:

n(n-1.) ... (n-K+1.) K K


P(n,K) - - - - - - - - - p qn-
K!

Poiché np = m, si può scriverè:

m( r.;-p) ... (m-Kp+p) !!.-K


P(n,K) --------(1.-p)p
K!

Poiché p tende a zero nella relazione precedente la frazione tende a


K ,.
m
- - e le quantita (1-p)P e (1.-p)K tendono rispettivamente a e"'" e ad 1. .
K!
Sostituendo e scrivendo P(m,K) al posto di P(n,K) si ha:

P(m,K)

E' questa la distribuzione di Poisson .

Si vede subito che :

Q)

~ P(m,K) =e -m
o
K=

Il valor medio K si ricava dalla relazione:

K= ~ ·] =
m m2
KP(m , K) = me-m [1 +- +-- +
1! .. m (22)
K= O 2'

La varianza puo' essere calcolata da:

2
cr

Sviluppando si ottiene
Q) Q) Q)

2=
K= O
2
(K -2Km+m )P(m,K) 2
=L
K= O
2 2
(K -m )P(m,K) E
K= O
2
K P(m,K) - m
2

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- 59 -

per che'
CXl

L O KP(m,K) = m
K=
e
CXl

L
K= O
P(m,k) 1

Il termine

s1 puo' scrivere
CXl

2=:
K=O
IK(K-1)+K]P(m,K)

quindi
CXl

cr
2
L:=
K= O
K (K-1)P(m, K) +m - m
2

CXl
mK-2e-m
= m
2
2=
K=2 (K-2)!
2
+ m- m = m + m- m
2 2

Percio'
2
cr = m ( 23)

perché :

1
(K-2)! r= O

La (23) mostra che la varianza, nel caso della distribu-


zione di Poisson, é pari semplicemente al valer medio.
Esempi di distribuzione di Poisson sono dati nella fig.5.
I grafici sono ottenuti riportando la probabilita' P(m , K) in fun-
zione di [{ per vari valori di m. Si noti che nella distribu-
zione di Poisson il valer medio non e' quello cui c ompete la
massima probabilita' e che gli scarti positivi e ne g ativi in -
torno alla media non hanno la stessa probabilita' .
Un esempio classico di fenomeno che obbedisce alla distri-
buzione d i Poisson e' il decadim e nto di una sostanza radiattiva.

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- 6o -

P(m,Jt)

:.:t=0.5
ai,

Uh:':
0.3
0.2 m= 2.0
ai
o
o{2 3""
le
Of2Jlf5
I Il I
Of231f56
1 I

l'(m, k)
o.s
0.6
a4
0.3
f m=4.o m=B.O
2
11
0.
(J.f I I I
~ò~'_,_2..._L.......l.~_._~6,__.__e~-1~0_._1~2
I
le IIII I I I I I I I
o......._2..._.L......L4_._~6_,__eL......J.-,~o_,_1~2_,_~11tL.....!.-1~6~1e
' I I

Fig. 5

In questo tipo di fenomeno si ha che


al la disintegrazione di un atomo pud ve rificar s i oppure no,
b) la probabilita' di de c adimento nell'unita' di tempo ÌI. e' la
stessa pe r tutti g li atomi della stessa specie e d indipe n - e
dente dall ' eti del parLicolare atomo .
Indich i amo con dN il numer o di atomi ch e si disinte g ra n e l -
1 ' in t erv allo di tempo d t e con N il numer o totalè di atom i .
Nell'u nita' di tempo si deve aver~ :

1 dN
N dt

(il seg no meno sta ad indicare che il numero degli atomi N di-
minuisce ) .
La relazione precedente mo st ra come ÌI. sia un numero e st re-
mamen te piccol o in ogni caso. Inf:itti anche se dN e' g rande (per
5 di s integrazioni
esem [JlO fino a 10 per un cam pio ne di circa
sec.
3 2 3
1 cm ) N e' sempre un numero d e 11 ·. orine
d. d1· 10 .
Per mostrar e come nelle esperienze di radioattivit a' si pos-
sa verificare che la distribuzione d Poissoniana, si ri p ortano
a t itolo di esempio delle misure eseguite da Lord f\.ut h erford
sul numero di particelle a. emesse da un p re p arato radioattivo
en tro un certo angolo solido . Il numero di particelle c h e col -
p i v ano un rivelatore era contato per n=2608 inte rvalli di tem-

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- 61 -

po, ciascuno di 7.5 secondi.


Nell.a tabella II e' riportato il numero di intervalli di
tempo nK in cui si sono contate K particelle .

TABELLA II
Disintegrazioni radioattive

K nK nP ( 3, 8 7 O, K)

o 57 l.ii,_399
1 203 l2 10( 523
2 383 f 4-07 361
3 525 525,496
4 532 , 5_0~,, 418
5 408 1393,515
6 273 / 25 ~ ,817
7 139 · +§a 325
8 45 ._9_],, 882
9 27 ~,189
k > 10 16 ' L7J, 075
Totale 2608 2608, 000

Il numero totale di particelle é T = 2: KnK = 10. 094. La me-


T 2
K
d i a - = 3,870 . La varianza é 0- = n= 4.
N
I valori teorici nP(3,870,K) sono riportati nella tabella
e s1 vede che sono 1n buon accordo con l'esperienza.

II . . 6 . 3 - Distribuzione normale (o dì Gauss)


La terza distribuzione ç!_i grandis.,s.imo jnter !i: s.s.e e'_gue 11 J.
di Gauss detta anche distribuzione normale .
na variabile a eator1a con 1nua (-ro< Z <+ ~ ) _ si dice di -
s t r i bui t a in modo La_s_so l uj_g, m_en t e_)_ nor m.a le se __l a _ .!?u a funzione
di distribuzione i \

(24)

La funzione P(Z) é chiamata funzione di distribuzione nor-


male o di Gauss .) ~~sa ~-~o~t rat ~~ la-fig_ . 6 :\ -
1.n o ti che questa funzione gode di tre proprieta' fonda-

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- 62 -

P(Z)

-3 3 z

Fig. 6

mentali :
1) e' una funzione continua
2) e' una funzione pari : Cl.Oe' P(Z) = P(-Z)

+oo

3)
J - oo P(Z)dZ =1 (25)

In altri termini la P(Z) è simmetrica rispetto a Z =O (i'l.


che vuoi dire che valori posi'G. vi 0 neg.ativi d-i z --; ono u g ua·1 -·
~ ente r o a ~rn--ecCha u ll" ' ~assimo in corris p ondenza al valer e
a· di z il 'cli~~ o.rri~p
-----~ -
~nde ~1 -~a lor medio di z". Infatt i. d'aY'1,., a
-~ ~

definizione

f 00

J
+oo +
~1T z~ -2dz = o
z2
z= ZP(Z)dZ = I ( 26)
Q) ~ -oo '"

dato che !'integrando~ una funzione dispari.


La varianza risulta

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- 63 -

Inte g rando per parti

Poi che'

1
2

S1. ha

(27)

Possiamo quindi dire che una variabile aleatoria con la


funzione densita (26) è distribuita con media Q e varianza 1.
Una variabile aleator ( a continua X ( -oo < X< +w ) si dice di-
stribuita normalmente con parametri m e h se la sua funzione
- -- -- - - - - -
di distribuz_ioi;i.e

P(X) (28)

Questa curva e' mostrata nella fig . 7 per tre valori del
par umetr 0(9 e per m = 5.
P(X)

a'to

aso

a21J

0.10

f 2- 3 1t 5 6 7 8 g {/) X

Fig . 7

Il parametro m è il valore pi~ p robabile di q ue s ta v a ria-


bile casual e perch ~ la funzio n e de nsi t~ ha il s u o va lore mas-
s i.mo se X = m. I l p:irametro m det e r mina la pos i z i o n e ùe lla d i -

--
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- 64 -

stribuzione relativa all'asse X.Esso è di solito chiamato cen-


tro della distribuzione (v. fig. 7) perché la distribuzior:e e'
simmetrica intorno n<l esso.
E' facile vedere che il valor medio di X è pro 1Hio
ha infatti :

Eseguendo il cambiamento di variabile

y =h {i(X-m)

S1 ha

J 1
V
\=---+m e dX ---dy
'
h i\12 . h >/?.
e quindi

-y2/ 2 et y
e
h l{i
CO

!
1 !CO .y 2 I 2 .y2 I 2
ye dy + m -coe dy
2h v:;;- CO

Il 0r1mo integrale è zero me ntre il secondo vale


C}uind i

( 2 C) )

Il rarametr Q...-.b-. caratterizza il ,._Af ado di concentrazione


.t..t..Qrno al centro della distribuzione.
Se h cresce la dens1ta di. p!'o"'b-abilita' cresce vicino d
centro <lella <listriliuzione, ma diminuisce in punti lonta11i dal
centro (v. fi 15. 7).
I ~tro h é ljuin<li cbia!'lato J!. arametro d i recisinne .
.. 'f. ·~.........._~~

~~~

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- 65 -

CXl

a
2 (X &J 2 e - h2 ( X - m ) 2 dX

- .A
Con lo stesso procedimento usato per ricavare la (27) si
trovà :

I · 2 1 \
(30)
j ~~~Ì~J
La deviazione staoda ~ d- risulta quindi
I

( 31)

Sostituendo nella (28) si pud scrivere

2
1 - (X - m) 2 / 2o-
P(X) e ( 32)

Questo mostra che una distribuzione normale é c omp l etame n -


l f }definita dal suo v~lnre med io m e dalla de viazione standard

· Calcoliamo ora la media del valore assoluto de li sca rti


([y= ç:
vre.:.. ) e.~ , 9,~ o.Q.u...~ ?9."
l\- 1ì.,u..0 ~ '-:- .. ·~ ,)'.,.., ~·

'ò"' '.>'<. QJ-:_.•. (:_

Ponendo

1
dç dx

~1.Be rtol otti - T . Papa - O. Sette - Me tod i d'osservazione e misura Di sp . 9

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- 66 -

Sl ha :

quindi:

La probabilita' che la variabile casualeXdistribuita nor-


malmente abbia valore compreso tra/Xl e l X/ f d:.f J e'

h - h2 x2
P(X)dX = - e dX
~
La probabilita' che il valore assoluto IX-Xl non superi un
certo valore X ' >O e' data dà :

+x ' x'

J f
h -h2x2 h -h2x 2
-- e dX =2 -- e dX
- X' .v:;;- o ~

Questa probabilita e
molto usata nell ' esame degli scarti
delle misure di grandezze fisiche ed ha ricevuto il nome di in-
tegrale degli errori . Esso si indica spesso nella seguente--;;=
-~ n1e~--- --~------ ...

(34)

abbreviazione di errar function (funzione degli errori) . Tale


integrale non puo essere calcolato analiticamente,e per la sua
valutazione occorre usare metodi numerici : si trovano nella let -
teratura tav ol e quali la tab.III . Lo stesso avviene pe r la fun-
zione di pa rt iz ione F(X) che e
mostrata nella Tab . IV .
Si osservi che le tabulazio ni pe r l a distribuzione asso-
lutamente normale (m "'O , o-= 1) sono su f fic i entiatrattarequal-
si asi ca so. Infatti si puo vedere che se u n a var i abi le ale a to-
ria X e
distribuita nor l'la lrnente c o n un ce rt o valor medio m ed
una certa varia nza 0 · 2 , l a var iabile cas ual e

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- 67 -

TAB. III

iI? (X , ) = _1_1
~
x'
e -X2 /2dX

xi if? (X ' ) x' if?(X ' ) x' if?(X') X' if?(X: )

o·oo o·oooo
O·Ol 0•0040 0·33 0•1293 0•65 v o · 2422 o· 97 0·3340
0·02 0·0080 0·34 0·1331 0•66 ~

0 · 2454 0•98 0•3365


0·03 0·0120 0•35 o· 1368 o· -67 0'2486 0 •99 0•3389
0·04 0•0160 0·36 0•1406 0•68 o. 2517 l·oo 0·3413
0·05 0·0199 0 · 37 0•1443 0•69 0·2549 1•01 0•3438
o . 06 0 •0239 0•38 o. 148 o 0·10 0·2580 1•02 0•3461
O· 07 0·0279 0·39 o. 1517 0•71 0·2611 1•03 0•3485
0·08 0•0319 0•40 0•1554 0 · 72 0 • 2642 1•04 0•3508
0·09 0•0359 0•41 0•1591 0 •73 0•2673 l·o5 0·3531
0·10 0•0398 0•42 O· 1628 0·7 4 0•2703 1•06 0·3554
O· ll 0•0438 0 · 43 0•1664 0•75 o· 2734 l · 07 0•3577
0·12 0 • 0478 0·44 0• 1700 0•76 0•2764 l·08 0·3599
0·13 0•0517 0·45 o. 17 36 0·77 0'2794 1'09 0•3621
o· 14 0•0557 0•46 0 •1772 0•78 0•2823 1• 10 0•3643
0 · 15 0 •0596 0·47 0•1808 0 · 79 0·2852 l' 11 0•3665
0· 16 0 • 0636 0 •48 0•1844 0·80 0•2881 1·12 0 • 3686
0 · 17 0•0675 0•49 0 • 1879 O· 81 0•2910 l • 13 0•3708
0 ·18 o . 07 14 0·50 0• 1915 0· 82 0·2939 1•14 0•3729
0·19 0•0753 0·51 0 • 1950 0 •83 0·2967 1•15 0·3749
0· 20 o. 0793 0·52 0•1985 0•84 0•2995 l' 16 o· 3770
0 · 21 0•0832 0•53 0 · 2019 o · 85 0 •3023 l • 17 0·3790
0·22 0•0871 0·54 0 • 2054 0•86 o· 3051 l • 18 0•3810
0·23 0•0910 0·55 0•2088 0•8 7 o . 3078 1• 19 0 • 3830
0·24 0•0948 0•56 0·2123 0·8 8 o . 3106 l • 20 0•3849
0·25 0 • 0987 0·57 0•2 157 0•89 0 ' 3133 l • 21 0:3869
0·26 0•1026 o·58 0•2190 0 · 90 0•3 159 1·22 0•3888
0 · 27 o· 1064 o . 59 0·2224 0•91 0 • 3186 1'23 0•3907
0·28 0·1103 0·60 0·2257 0·92 0·3212 1 •24 0 • 3925
0 · 29 o• 1141 o •61 0 · 2291 0·93 0 • 3238 1' 25 0·3944
0 · 30 0• 1179 0•62 0•2324 0 •94 0•3264 1•26 0•3962
0•31 o · 1211 o ' 63 0'2357 0 •95 0•3289 1•27 0'.3980
0·32 0·1255 0•64 0•2389 0•96 0'3315 1'28 0;3997

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


TAB. IV

F(Z ' )·(2-rrr 'h f . ,-z'i'dZ

z ·00 ·Ol . 02 ·03 •04 ·05 . 06 ·07 ·08 •09

·O ·5000 · 50 40 ·5080 •5120 . 5160 . 5199 '5239 . 5279 • 5319 ·5359


•1 · 5398 ·5438 •5478 . 5517 '5557 •5596 •5636 . 5675 •5714 •5753
.2 . 5793 •5832 •5871 ·5910 •5948 •5987 ·6026 •6064 ·6103 ·6141
.3 ·6179 •6217 •6255 •6293 •6331 •6368 '6406 •6443 •6480 ·6517
.4 ·6554 •6591 •6628 •6664 •6700 •67 36 •6772 •6808 •6844 •6879
.5 '6 915 •6950 •6985 •7019 ·7054 ·7088 ·7123 •7157 ·7190 •7224
·6 . 7257 •7291 "7324 •7357 •7389 ' 7422 •7454 •7486 . 7517 •7549
.7 · 7589 •7611 •7642 '7673 •7703 •7734 ·7764 •7794 •7823 •7852
.8 •7881 ·7910 ·7939 ·7967 '7995 ·8023 ·8051 ·8078 •8100 •8133 O\
00
.9 • 8159 . 8186 •8212 '8238 •8264 •8289 '8315 •8340 . 8365 '8389
l·O ' 8413 •8438 •8461 '8485 ·8508 '8531 •8554 •8577 ·8599 •8621
l •l •86 43 '8665 '8686 •8708 '8729 •8749 •8770 •8790 •8810 •8830
1• 2 •8849 '8869 •8888 ·8907 ·8925 •8944 •8962 '8980 •3997 ·90147
1·3 ·9 0320 ·90490 ·90658 ·90824 ·90988 . 91149 •91309 •91466 •91621 . 91774
1•4 . 91924 . 92073 •92220 •92364 . 92507 . 9'264 7 •92785 •92922 . 9 3056 ·93189
1•5 •93319 •93448 •93574 •93699 •93822 '93943 •94062 . 94179 '94295 •94408
1· 6 . 94520 •94630 •94738 ·94845 •94950 •95053 ·9 5154 •95254 •95352 ·95 449
1·7 ' 95553 •95637 •95728 •95818 •95907 •95994 . 96080 •96164 •96246 . 96327
1·8 . 96407 ·96485 •96562 •96638 . 96712 •96784 •96856 '96925 ·96995 . 97 06 2
1·9 . 97128 . 97193 •97257 . 97 320 . 97 381 . 97 441 •97500 . 97 558 '97615 ·97670
2·0 . 97725 •97778 '97831 •97882 •97932 •97982 '98030 . 98077 • 98124 •98169
2. 1 •9 8214- '98257 •98300 •98341 '98382 •98422 . 98461 '98500 ·98537 . 98574
2· 2 . 98610 • 98645 •98679 . 98713 . 987 45 . 98778 . 98809 '98840 . 9887 o · 98899
segue Tab. IV

z . 00 · Ol ·02 •03 ·04 · 05 . 06 ·07 . 08 . 09

2•3 ' 98928 •98958 • 98983 . 92 0097 . 92 0358 · 92 06 13 · 92 0863 . 9 2 1106 . 92 1344 ·9 2 1576
2·4 · 92 1802 • 92 2024 . 92 2240 •9 2 2451 . 92 2656 . 92 2857 •9 2 30 5 3 · 9 2 3244 ·9 2 343 1 ·9 2 3613
2·5 · 9 2 3790 ·9 2 3963 ·9 2 4132 · 9 2 4297 ·9 2 445 7 . 9 2 4614 ·9 2 4766 ·9 2 4915 ·9 2 5060 ·9 2 5201
2·6 '9 2 5339 •9 2 5473 •9 2 5604 •9 2 573 1 • 9 2 5855 •9 2 59 7 5 · 9 2 6093 · 9 2 6207 · 9 2 6319 ·9 2 6427
2•7 · 9 2 6533 · 9 2 6636 . 9 2 67 36 2
·9 6833 •9 2 6928 ·9 2 7020 . 9 2 7110 •9 2 7 197 •9 2 7282 • 9 2 7365
2•8 . 9 2 7 445 ·9 2 7523 · 9 2 7599 . 9 2 767 3 . 9 2 77 44 · 9 2 7814 • 9 2 78 82 ·9 2 7948 ·9 2 80 12 •9 2 8074
2 •9 · 92 8134 • 92 8 193 • 92 8250 2
·9 8305
2
·9 8359 . 9 2 84 11 2
· 9 8462
2
·9 85 11
2
• 9 8559 ·9 2 8605
3·0 ·9 2 86 50 •92 8694 • 92 87 36 . 92 8777 •9 2 88 17 . 92 8856 2
'9 8893 . 92 8930 . 92 8965 · 92 8999
3• 1 . 93 0324 ·9 3 0646 · 93 0957 . 93 1260 . 9 3 1553 ·9 3 18 36 •9 3 2112 •9 3 2378 • 93 26 36 . 93 2886
3·2 . 93 312 9 •9 3 336 3 • 93 3590 • 93 38 10 ·9 3 4024 ·9 3 4230 • 93 4429 . 93 4623 . 93 48 10 · 9 3 4991
3· 3 . 9\W5166 • 9 3 5 335 . 93 5499 • 93 5658 . 9.359 11 •9 3 5959 · 9 3 6 10 3 ·9 3 6 242 ·9 3 6376 · 9 3 6505
3·4 . 93 66 31 ·9 3 6752 ·9 3 6869 • 93 6982 . 93 7 091 · 93 7197 •93 7299 . 93 7398 · 93 7493 . 93 7 585
. 9 3 767 4 ·9 3 775 9 • 9 3 7842 . 9 3 7922 . 9 3 7999 . 9 3 8 07 4 . 9 3 8146
°'
\O
3•5 • 9 3 82 15 ·9 3 8282 ·9 3 8347
3•6 ·9 3 8409 · 9 3 8 46 9 • 9 3 8 527 ·9 3 8583 •9 3 8637 • 9 3 86 89 ·9 3 8739 · 9 3 8787 · 9 3 8834 · 9 3 8879
3 •7 • 9 3 89 22 · 9 3 8 964 • 9 4 0039 •9 4 0426 . 9 4 07 99 . 9 4 1158 •9 4 1504 •9 4 1838 ·9 4 2159 ' 9 4 2468
3·8 •9 4 2765 · 9 4 3052 ·9 4 3327 ·9 4 3593 . 9 4 3848 • 9 4 4094 ·9 4 43 3 1 · 9 4 4558 •9 4 477 7 •9 4 4988
3·9 •9 4 5 190 • 94 538 5 • 94 557 3 ·9 4 5753 ·9 4 59 26 •9 4 6 092 •9 4 62 5 3 • 9 4 6406 •9 4 65 54 •9 4 6696
4•0 . 9 4 6833 • 9 4 6964 . 9 4 7090 . 9 4 7211 •9 4 7327 •9 4 7439 • 94 7546 •9 4 7649 . 94 77 48 •9 4 7843
4·1 •9 4 7934 • 9 4 8022 • 9 4 8 106 . 94 8186 •9 4 8263 •9 4 8338 •9 4 8409 . 9 4 8477 •9 4 8542 '9 4 86 05
4 •2 ·9 4 866 5 • 94 87 23 •9 4 87 78 •9 4 8832 • 94 8882 . 94 8931 · 94 8978 ·9 5 0 226 •9 5 0655 · 95 1066
4'3 . 9 5 1460 · 9 5 1837 • 9 5 2199 · 9 5 2545 ·9 5 2876 ·9 5 3193 •9 5 3497 •9 5 3788 ·9 5 4066 . 9 5 4.332
4•4 •9 5 4587 · 9 5 4831 • 9 5 5065 ·9 5 5288 •9 5 5502 . 9 5 5706 ·9 5 5902 ·9 5 6 089 ·9 5 6268 ·9 5 64 39
4•5 ·9 5 6602 . 9 5 67 59 •9 5 6908 ·9 5 7051 . 9 5 7187 · 9 5 7318 • 9 5 7442 •9 5 7561 ·9 5 7675 •9 5 7784
4•6 ·9 5 7888 . 9 5 7987 . 9 5 8081 . 9 5 8172 . 9 5 8258 · 9 5 8340 ·9 5 8419 •9 5 8494 ·9 5 8566 · 9 5 8634
4•7 •9 5 8699 . 95 8761 . 95 8821 · 95 88 77 · 9 5 893 1 . 95 8983 · 96 0320 . 96 0789 . 96 1235 •9 6 16 61
6 6 6 6 8
4 •8 · 9 2067 ·9 2453 ·9 2822 · 9 3173 ·9 3508 . 9 6 3827 6
·9 4131 . 96 4420 . 96 4696 6
. 9 49 58
6 6 6
4 •9 · 9 5208 · 9 5446 • 99 5673 ·9 6 5889 ·9 6094 ·9 6 6289 ·9 6 6 475 . 913 665 2 . 96 6821 ·9 6 6 981
- 7o -

X - m
z =-- (35)

e' distribuita normalmente con m =O e u = 1 .


La tabella IV da i valori di F(Z . ) per m= Oeu : 1 per pun-
ti solo nel la parte destra del la distribuzione, cioe' per Z >O.
I valori corrispondenti per Z <O sono dati, per effetto della
simmetria della distribuzione, da

f!_I~!J ; m"' O, u= 1 ) =1 - F ( Z : ; m=O, u= 1) ( 36)

Per es. la probabilitàcheZsiaminoredi 2.5, cioé F(+2 . 5)


e' trovata dalla tab.IV essere { O.:. . ft.ftW e F(-2.5) "' 1- 0 . 9938 =
0 . 0062 .

Si consideri per maggior chiarezza il seguente esempio : nella costru-


zione di un pezzo meccanico si vuole che la sua lunghezza sia compresa tra
24 e 25 mm .
A causa delle inevitabili tolleranze meccaniche si trova che i vari
pezzi hanno lunghezze diverse le quali si comportano come una variabile ca-
suale distribuì ta con legge normale con m = 24 . 6 mm e <T = O. 4 mm .
Ci si chiede : nella grande produzione quale porzione dei pezzi costrui-
ti in questo modo é fuori dei limiti specificati?
Il problema equivale a quello di determinare la probabilita' che un' os-
25 . 0-24 . 6
s ervazione da una distribuzione normale con m =O e <T = 1 ecceda =1
0,4
24 . 0-24 . 6
o sia minore d i - - - - - = -J..~ (v. fig . 8) .
o./f
l'(X) I.O
111= 2~ . 6
0.8 a'= o. ~

0.6
6.7.% ,/e/l~reo, IS9% del/'a,eq,
.sotto /<1. curva. .5oéto la. t:u/'Va-
0.4
o.z
o '-----'~~..:u..~..1...,-~~.1.-~~~:.L<::~~.c.L~~x
211.2. 2+.6 2,,-4
P(2) 0,4

0.3 n.'= o
<J'' = i
o.z
o.I
0 ._........:..,._,,~_,._,...____~1,.-~~01:--~~~1:..u::~~~~:__~ Z=
x-111
-
()
Fig . 8

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 71 -

Dalla tabella IV s1 trova F(1 . 0; 0 . 1) = 0 . 841. Questa é la proba ~i!.i.!;i


di un valore inferiore a 1.0 . Quindi la probabilità di un valore superiore
ra 1 . 0 ~ 1 - 0 . 841= 0 . 159.
Per trovare la probabilità di valori sotto a -1 . 5 basta ricavare
F(1 . 5 ; 0 . 1) = 0 . 933 e trovare

F(-1.5 ; 0 . 1) =1 - 0 . 933=p:-r;or{

che e la probabilità di un valore inferiore a -1.5 .


Quindi il 15 . 93 dei P(Z) 0.4
pe ~IJ'-i avrà,su un lungo ci-
clo di produzione, lunghez-
za superiore a 25 mm ed il 0.3
6 . 73 lunghezze inferiori a {a)
24 mm. In media il 15 . 9 -1- 0.2
-t 6 . 7 = 22.63 dei pezzi sa-

ranno inaccettabili . o. i
Dalla tab. III s1
o z
pud ricavare quali so- m-3tt m-20 m-~ m m+tf m+2<J 111+36'
no le probabilita' che
una variabile aleato- P(Z}
ria assuma un valore O.!t
intorno alla media fra
due limiti ±au, con a 0.3
/ intero . (b)
Usando la tab . III 0.2
si trova c h e la pffi a-
~b1I1ta' ora spec1±1cata
0.1
e 68 . 3% fra i 1 imì tl
m_- <1 e m + <I ; 9"5-:""5"%--fTu.,_
i 1 imiti m - 2o- e m ,, 2<1 o z
e 99 . 7%- fra i limiti m-36" m-26' m-ff m m+o m+26' m+3~

m - 3<1 e m + 3<1 . ::SQuesti


risultati sono mostra- P(Zjo.4
ti nella fig . 9 .
Si definisce in-
0.3
fine scarto probabile
(~)
}o scart ~ per il qua-
le risulta 0.2

1 O.i
Lfrflz+rl
2
o z
cio~ quello scarto ta- m-34' m-26" m-11' m m+tr m+2tr m+BtS'
le che la probabilita'. Fig . 9

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- 72 -

1
di avere uno scarto compreso fra . E' ovvio che - r e + r sia -
2
anche la probabilità di trovare uno scarto minore d 1.. re ' - 1.
2
Quindi lo scarto probabile è un numero tale che la variabile
aleatoria a ,la meae-si; a p~~hab{l
-------~-- __
i t [ di - àvè
.... ____...~~ ,,.._
. .. ré un 'va lore
---;;~-
luogo ad uno scarto dalla media piu granae o piu piccolo di r.
,,._ che dà
~.,...-..--· -- --
- -Si rova: - ··----~ --··-··-··---~-· ... ~· ~ r ....

o. 4 76 9
r
h

Le tre grandezze definite precedentemente sono le g ate tra


loro dalle relazioni:

~-orwko~~r = 0.4769 h- 1
= 0.6745 u= 0.8453 e

J.~'·' ~v-.::\.y· (7 = o . 7 o 71 h-
1
= 1 . 4 8 26 r = 1. 2 5 3 3 e

,.,~crt..,., Ì).lìÀ_ .. e = 0 . 5642 h- 1 =0 . 7979a-=1 . 1829 r

Si noti che queste tre grandezze hanno tutte le dimensio-


n1 della variabile aleatoria in esame.
Si pud verificare che lo scarto medio 6 ~ l ' a~ scissa del
........- ~

P(X}

\
\ ',

\\
\
,\ Fig . 10

"'-\
'·\ \

\ ' \
~·I
\ ,)

r e o 1/h X

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L'..1
- 73 -

centro di gravita'. dell'area racchiusa da metà della curva de-


li errori e gli assi (v. fig.10).
- La deviazione s tandard e l'afscissa del pynto di flesso
della curva di distribuzione .
·--?
n 1ne lo scarto probabile rappresenta l'ascissa corri-
spondente all'ordinata che taglia a meta l'area racchiusa dal-

-
1 a c urv_g_,_
\)'--.

5"'i:liìì:l:71- Sig~ificato della deviazione standard e sua determi-


~
\; ~~
nazione

Nella sezione precedente e' stato m~trato come la cono-


scenza della deviazione standard Rer una distribuzione normale
p er me t t a di ca 1co1 a 1 e U'..Q.h~a.h.il.it ci c,he ":a ",,a; ~aat:-;I~~cr,:~U,:~
st ribuisca attorno alla me 1a .
.....;~;...;.;.;_,;;.;..,.,.;;........----.~_._..------------
Nel caso di altre distribuzioni, [ la deviazione standardJ
mantiene un significato molto importante. Cio é mostrato da un
teorema noto come disuguagl ~l!!!:_!. a __!f.j Tchebxchev Esso stabili-
sce che per una quals l. asi distribuzione con media e varianza
finite, la probab_ilita' che la variabile assum_a un valore com-\)

- ; eso fr~rm-;:-JW1e Lm~-:~I c,~ n intero-~' 1 - ~2). Cio' significa


che la probabilità che la variabile assuma valori che scartano
-~~~...;i~~i.:;ah per ± 2cr é pari a O. 75, che scartino per ± 3cr e'
0 . 889, etc.)
Resta infine da osservare che talvolta si sa o si suppone
che una . data variabile casuale X sia distribuita con una cer t,..~,
le ; ma le
"n f_~;;;~io~ i"§j)_erJiinentali re lifu--;--ad-e-;;~~ o
limitate. In questi casi, dai valori sperimentali si puo r 1 ca::-
~r e sol7 una stima dei parametri caratteristici della distri-,,-
buzione . Per es. se si s-i:lppone- che la variabile X sia distr · -
buita normalmente e si conoscono n suoi va ori, lo scarto
questi n va or1 a a oro media
a varianza :

C37)

Meglio, si può dimostrare che la miglior stima della va -


rianza i data dalla quantita'

M. Re rt o lotti - T . Papa - D. Sette - Metodi d ' osser v azione e misu ra Disp . 10

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- 74 -

~ ~-~~ì
,'"P · o-' \ ( 38)

~ ___J
Si osservi per valor 1 di n gia'. non molto elevati l'errore.
che si commette prendendo n al denominatore invece che 11 - 1 e'
mqlto piccolo :J Le due espr ~S"""s foni ( 37) e (38) sono quindi nu-
mericamente equivalenti .

L ~- ~Applicazione tielle tecniche del calcolo delle probabi ··


lità alla trattazione degli errori

Ne 1 c api t o 1o I I ab b i amo v i s t o che s e s 1 o per a 1 n c on di... -


z1on1 o ortun.e.. _ co ;:;:-:;tr;me ~ t.i adatti i valori numerici di mi-
~ ure ri -~-l'....ute di una stessa g~an de ;;,; · fis i~- ~.es-eguite per qu '?.i:r1 -·
~-possibile -iìl con<lizion·i sempre uguali, sono in genere li >}-
--;;;; e nt ~~ ij fe_renti fra- Ioro (le singole misu're cioe' resentano
_,llll9 ssartG è-al 1 oro valer me ~o . uesta .lQ.r i
numerici ottenuti e' stata inCiividu'ata nell'esistenza di errori ~,o.{
che si compiono nel l' ese ~.i!. ~_llt [lli.§1!.i-a e-
cfie dan n o où_gine_3-
_gli scarti. - ·.
Una grossolana distinzione e' stata fatta degli errori in
errori sistematici ed errori casuali e si e
detto che mentre i
•. primi, un~lta individuati con te7i-iiche opportune possono es-
sere eliminati, j.. secondi non possono essere ~~- ·nati . In
quella sede anticipammo che nonostante la presenza degli erro-
ri casuali, grazie al loro carattere statistico che si riper-
cuote anche sulla distribuzione degli scarti, e' possibile ela-
borare i risultati della misura in modo da dare un unico nume-
_re come valore di essa ed un alt ~ o numero pe~ i n \ c a re-·il gra-
do di -affida il i t
..-- a
che S1 p uò dare· ~ . q uest-o primo -
- num ero .
- - - Ne( segue·nte · paragr8:{o fareri:o ved.ere come, ut il ( tz an o quei
pochi concetti di calcolo delle probabilita, esposti nel para-
grafo precedente sia possibile estrarre questi numeri dai ri-
sultati sperimentali. E' tuttavia necessario prima premettere :d
legame fra _probabilita' matematica e frequenza (che e' la quan-
tita'. misura d -e-sp-erl:mé1rt:-a· rmente)- c"ne come abbiamo gia' antici-
pato e costituito dalla legge dei grandi numeri . Il cosiddetto
teorema del limite centrale (Liapounoff) sara' inoltre necessa-
rio per prevedere il tipo di distribuzione (gaussiano) che e
lecito attendersi 1n genere per g li scarti di una misura fisi-
ca dal loro valor medio .

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- 75 -

-
~~
..:..~-----,_
111.2.1
1
- La legge dei grandi numeri

Abbiamo visto che una delle definizioni della probabili-


ta si identifica con il valore a cui la frequenza tende per un
g ran numero di prove . In pratica quando il numero di e rove e'
m?__l t3 g r and~_ §_.L puo' s. i;~~ 'i_àzt j o__·--'(fjè n .' tiTi/ ar e " l a _j /~ qne n ~~
la probabi lita'. ~ La ~Jj.i.~~a' di ~ t_~!$.. ~~sunzione é veriJis_a-
ta, co~e -~bbiamo visto, sper1rn é ntalmente : in essa consiste es-
----------···- ' -
La sua essenza puo essere chiarita facendo uso di alcuni
--
~en zialmente la co ;{'d.'~f;t't' ~:.~.Ù-gge ~eJ;P~i7i"è'a 'd;i grandi numeri .
. ""' ~ .. .
teoremi di teoria delle probabilita'. Nel caso che a noi inte-
ressa<!) il teorema da considerare e' quello di Bernouilli . Si
ponga attenzione ad un particolare evento rf1- caratterizzato da
una probabilità costante p e si considerino N prove fra le qua-
li siano n quelle in cui c:L si verifica .
Il teorema di Bern-oui l li asserisce che _fis_s.a.t un niamero

...e,ositivo e:_,..S.~~~~ J?~C~-~~~ ) ?.: _E.!:.~babil i_ta' P{I ~ - I< e:} che
p

I !2_N _ p I
ad infinità:
sia inferiore ad e: tende alla certezza per N che tende

f
- ~ ·~

f
\
li m 'R{ I(~
N-<» ) \i) - I e: } ('---'1
p < (1)

"-----__/
s· noti c e tale teorema non asserisce che e er un ,!!.!1 me,;c.Q
Jii. proye, moito grande la frequen'~ a tenct~-;rla probabilita.Quel-
lo che accad~- e' ·che il valore nu ~.l~ o ctè"H
attorno ----------- -recfuenzatIUt tua
ore numerico -della prÒoàl:i"ì't"it·a e · c e al crescere .
' --
del numero delle prove, ampiezza _ -1 _qu,!!ste Iuttuaz.1on1 va
in ..!!!~ di a dec :r;_~ ,do 1:_~~~ d-endosi con questa frase che la pro-
babili ta' IEJ che la frequenza scarti dalla p per pili che un cer-
to valore va decrescendo per N -oro.
L'asserto di questo teorema non coincide con l'espressio-
ne d~lla leg,ge dei gr ci n'2T -numeri ; esso e - iin t~~·ema matemati~ o
il uale__ puo' co.rl s ~~~r e solo i; r~b .abilità. Ess o" pé r~i~en de
p ausibile la legge fa c endò- v-e dere --c-ne ·a postulato di origine
sperimentale in essa contenuto altro non significa che si pos-
sa . r_i.l_ç er_~-P.LU.t.icamente coincidente con la certezza una pro 7
~-·- ___
babilita' che possa divenire, aumentando il numero delle prove
,,,_..,,.,,~-~~---..- ,--:---,...--...,_._.;___.,_).

.(_!YJ_,_ Lan-to- p.11.oss.ima .. a~d pn_Q uan LQ...J.i~ uo _le \ Cio' inf at t 1 porta
di conseguenza dalla (1) che
n
- .~ p ( 2)
N

(1) Eventi che hanno una probabilita costante durante l'esperienza .

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- 76 -

Consideriamo ora brevemente il significato di questo teo-


rema. ~,,_deve essere considerato l'importante legame fra la
~-
teoria e ._,..
l'esp_eri'.enza prati.ca. \ Da un lato- v ie ' una probabilita'
teorica p perche' un certo evento avvenga in una prova e dal -
. n .
l'altro c'é il rapporto empirico 'iv/
~ - .!Jn gran num.e-F-e-.di - p-P-0-

ve. Queste due quantita enericamente distinte si approssimano


nel limite espresso ] dall~_ <U1. Va inolt.re osservato che non so-
lo si puo' dire che la frequenza tende alla probabilita', ma si
uo e ·ire cne- · 1 va lor medio tr'ova ~ i n N ·r0·:;e- t -e nde a
stabilizzarsi ad un certo valore J Questo risulta immediato una
v~ stabilito il teorema di Bernouilli. Se infatti nel limi-
te dei grandi numeri la frequenza f tende alla probabilita p,é
allora chiaro che la quantita :

N
L: 2:. )('
- -'--
i"' 1
AJ
deve tendere al valor medio

Tutti i casi che noi consideriamo possono essere classi-


ficati in due categoriè :
1 - Quando la probabilita teorica per l'evento Sé conosciuta
e si desidera determinare il numero n~ di volte che avvie-
ne questo evento per un numero sufficientemente grande N
di prove dalla eguaglianza ng,= Np.
2 ·· Quando la probabilita' p non é nota ed é dedotta da molte
prove, cioé jn modo puramente empirico da 11 a stessa equa -
zione limite

p
N

111.2.2 - Teorema del limite centrale

Fra tutte le leggi di distribuzione, la distribuzione nor-


male occupa una posizione prominente. La maggior parte delle
variabili casuali incontrate in pratica sono infatti distri-
buite normalmente . E' naturale chiedersi perche' la distribu-
zione normale occtipi questa posizione e cercare di chiarire

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- 77 -

quelle proprietà dei fenomeni casual i che conducono alla di-


stribuzione normale .I Molti tentativi sono stati fatti per ri-
cavare la legge di istribuzione normale e spiegare la sua fre-
quente comparsa . (De Moivre, Laplace, Gauss, Tchebichev , Lia-
pounoff, Lindberg, Levy, Feller e Cramer).
}~i;:_J e nostre con si de_; a z i ~n i_,_sar a' sufficiente. cgn s ider are
il teorema del limite c~n~rale. Esso si enuncia nella seguente
;;mer-a:---s~a ~(ibile- aCe~to-,. ia Y e' la somma di un numero
na
r . ' v..a.n t e i -var:TCib-n i a e aJ_Q.r...~Jl i e_TJ]/..e.n. i e l l o s t es so
~ - --- --- -
ordine di __ gr:.Qildezza , che variano secondo leggi ignote intorno
-- __.,. __._.,....... ...~-. ~ _.,. -~ - ~--
iii rispettivi valori medi, gli !..costamenti di Y ~a J.... pJ...Q.P.rio_ va_-
- --------
a
i~ r medi~·= g'",;o-(i"O'_Jj.__ i-srr-i buzi orieri_~rma- ré_r'< -, .... t.:~·
·-si écome le variabili casuari che si incontrano comunemen-
te, come per es. li scarti dalla media di
rimento ri volte sono i
contributi dovuti

spetto a le__fili::_e __se i


casua i incontrate nella pratica sono normalmente.
Cosi' per esempio se si fa l'ipotesi in ogni lettura
in un processo di misura vi sia un numero molto grande_Jii er-
turbazioni piccolissime (errori) ciascuna delle quali avviene
a caso ed ha valer medio zero e vari~;~-;-f;;It;:--·-;r-p-;d7s7e­
rire sulla base del teorema del limite centrale che la distri-
buzione degli scarti delle ;·i~go-le letture dal lori _valo_~e -~; -
dio e gaussiana { -·-·-···- -----

' I I I. 2. 3 Criteri per giudicare se gli scarti seguono o no 1 a


legge normale

Vogliamo in questo paragrafo esporre alcuni criteri che /


si possono seguire per accertare se li scarti dalla media di
un certo insieme di misure se g uono o no la distribuzione di
Gauss .

gli scarti sian s .-


A questo scopo e' innanzitutto necessario
trici risp..,t;lt_!.o allo zero

ti, etc . lno 1tre si possono es ami nare i val or i dei rapporti o-/9
e / r che per 1una distribuzione normale devono risultare r · -
spe ivamente 1.2533 e 1.4826 . ,2 } r
Se questèp ~ove danno esito p ositivo si ..;;;.,;o..-.-....--....'-""-.-.....=--"-'
ud calcolare - q . m .
~::...:...;;....-
e_
_
'-"..;;...:;:_;;,.=....;...:c...;;..:;'--'>-
_

n
L c2
s i
ed identificarlo col ~ o meglio calcolare s 2
_i_=_t _ _ ed i-
n - 1
dentificarlo col ~ costruire la~ z · one teori c a

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- 78 -

le con parametri e e CT ed infine confrontare 12-__E_(t° ) teorica


cosi' ottenuta con la corrispondente frequenza sperimental<l Se
gli scarti ç seguono la legge normale le differenze p(ç) - f (t)
devono a loro volta essere distribuite casualmente ed in modo
]l.Oilll~.
- -----

Pr opagazione degl i er rori

Vogliamo qui determinare come l'incertezza nella determi -


nazione di un certo numero d i__g_Eande_ z ~,_si ,_riperq1ot_e_~lJ' in-
certezza con cui una grandezza che e' funzione di queste é de-
ermi t.A ~ La legge che stabilisc e come questa incertezza puo'
essere determinata prende comunemente il nome di l egg e di pro-
pagazio n e degli errori .
Consideriamo per prima una grandezza (f) funzione lineare
di due variabili x e y ;

( 3)

in cui a e b sono costanti note .


Siano ç x ,ç y gl{ scarti delle misure di ~
~ Vogliamo di-
mostrare che se tali scarti seguono la le g e normale anche la
distribuz ione degli scarti su fil cf z, risultera'una distribuzio-
ne normale . -------
La probabilita'. che si abbia uno scarto della x compreso
fra ç X e ç X .;. dcf X si a

analogamente si abbia per lo scarto ~


hy -h2ç 2
=--e Ydç
-v:; y
y

In corrispondenza agli scarti e <f y la variabile z avra'


se arti

çZ = aç X + bçJ ( 4)

Si osservi che uno stesso scarto (çz) pud essere realiz-


zato in infiniti modi, cioé per infinite coppie çx e çy che
soddisfano la (4).

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- 79 -

La probabili t a' che si a __r _1;.p._l i z z~t_o P-er una par.t ic.ol_~~-ç_Qp­
pi a x• Sy e dat~ ~al p: odotto _._e ((,.)e(t . n giacche' é la probabi-
3
lita' composta di questi eventi.
Siccome le varie coppie ;x,ç che danno luogo allo stesso
.;,. rappresentano eventi ind ijlen!i~ Lo.r_Q li robabilit '
che si verific_h_· certo~z e' .,ll~.o.mro.~l~ robabi-
1i ta' c h e esso si verifichi per ciascuna coppia ç x ,ç,)'. \ soddisfa-
cente la (4) .

In realta' si tratta di un integrale data la variazione con-


tinua di ç e [Q
( 5)

Tale integrale va esteso all'insieme dei valori ç x e ç Y


per i quali avviene che la combinazione lineare 4) s ia com-
presa fra ç e ç + d
Questi limiti sono facil mente visti mediante una rappre-
sentazione geometrica .
Ri ortando infatti su una coppia di assi or t...ug..on.al i_ i _y_a -
lori èli fx~r , i punti p~ __ j,_ ___g)!_a,__i ç_z_f G..,Ql!JP, reso fra -z~ .
çz + dç z sono quelli compresi fra le d~ e~e ~..:::._:i llele_J
e a.;
_ X
+ bçy = ç Z
+ dç z. \
.•

Per valutare l'integrale operiamo ora una trasformazione di coordina-

Posto :

cp = h
)'
ç)'
l 'int e g rale (5) diventa !

e va esteso nel nuovo piano 1/<p alla stris cia compresa fra le rett~ :

a b a b
- - 71 + - cp =z e - .,, +- - cp= z ·~ dz (6)
h h h% h )'
% )'

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- 8o -

Eseguiamo ora una rotazione degli assi 1)Cfl intorno a ll'ori gi ne in modo
tale che ~ coincida con la normale
u alle rette (6) e cp si disponga 'l
parallelamente alle rette secondo
v, (v.figura 11). Nella rotazione ,
come evidente , ~ 2 +cp 2 muta in u 2 ~v 2
(quadrati delle distanze dello stes-
so punto dall ' origine) e d~dcp rn
dudv- L ' integrale (5) diventa :

P = -1
7T
hr .
e
r.. 2"'v2) dudv ( 7)

In questo integrale possiamo


ora definire facilmente i limiti
d ' integrazione . Infatti u varia tra
8 e 8 + d8 se

z
Fig . 11
a2 b2
- +-
h2 h2
" y

~la distanza dall'origine della prima retta, e v varia tra - oo e +oo

f
Cio posto la (7) si scrive ;

8+ d8 "'m
P =-
1
7T f 8
e
- u2
du
- CX)
e
- v2
dv

Il sec ondo integrale vale ;{;°dunque :

8+d8

f
1 - u
2 1 - 82
P = ,y:;; e du =--e do
8
v;
per la pro b abilità p ( ç z)

av e ndo p osto
1 (8)
h
a2 02
- 2- , . - 2-
hx hy

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- 81 -

ovvero:

Si conclude dunque che la distribuzione degli scarti çz


risulteri ancora gaussiana con modulo di precisione dato da a

~ La varianza ~si ricava immediatamente. Tiisulta (l) .

l~: 2 u~ + b u; 2
7 (9)

L'estensione al caso che la grandezza z sia espressa me-


diante una combinazione lineare di pili variabili segue imme-
diatamente da quanto precede potendosi iterare il procedimento
sostituendo una nuova variabile alla combinazione delle prime
due e cosi' di seguito .
Nel caso in cui la eJ:..and~zz_a ~ ~ ia una _fj.!_nzi ~n~ -g~nerica
di altre grandezze r:iisurabili diret t__~ mente, c-ioé :

per ricavare la distribuzione degli ç z si possono in prima ap-


prossimazione sfruttare i ragionamenti precedenti.Infatti,svi-
luppando la ® in s erie di Ta lor nell ' intorno d el punto
(x1 , :X2 , , .. , 'Xn) corrispondente ai va lori medi del le x e d arre -
standosi al prim'ordine si ottiene :

z L
Il

i=t
(d~)
dx . __
(x · -X ·)
i i
L X . =X.
1 1

. '
c1oe

(z-z)= ç z E (]_ce_\
i=t dx.·) __
(X . - X )
i i
i xi = xi

( 1) Si noti che la relazione (9) pud stabilirsi in modo elementare intro-


ducendo le sole ipotesi che siano nulli i valori medi delle x, y e finite
le varianze, senza imporre nessuna condizione alle leggi delle risp et ti ve
probabilita' .

M.Pertolotti -T.Pap d - P ..'3ette - Metodi d'osservazione e misura lhsp. 11

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- 82 -

con cio si e' ricondotta la çz alla combinazione lineare degli


scarti sulle xi . Evidentemente ricordando la (9) risulta

u
z
=~ :l:
n
i=1
( _(3
__ cp
C3x .
)2 _-
u2
zi
( 10)
t % - =% -
t t

Esempi di applicazione della relazione ( 10) sono i seguen -


ti

z = xy

X
z =-
y

I I 1.2.5 - ~rrore quadratico medio della media

Applicando la precedente teoria di propagazione degli er-


rori si puo ricavare una interessante relazione.
Si s u.pp.on.g..a di far e M ~~ç_i.g.....,s.....,u~n~a~_,,,..._._,,_,,:.:.:.::.!:.:::.:::.....:..~m~i::.::.
s..::u:.::r..:::.
e
di una variabile X in con~izioni sim ~.~
i Al~i--..!e"-'..._........._._....a. media
-(k) d.i ciascuna
~
. d.i queste serie
. d.i misure. · E' natura 1 e aspet-
tarsi. c h e queste me d.ie x k) siano
. .
in -<
genere d.iverse f ra 1 oro .
Il valor medio delle medie delle M serie di misure ~ dato da:

_(1) _(2) _(Il)


x +x + .. . +x
Ci) =-----------
~ M

Se si considerano le x(k) come una nuova variabile casua-


le, si ha che lax("J, somma delle xif"J,segue la legge della di-
stribuzione normale. La varianza di :_qu_est_a _ cii_s_trj _.bJizioJ1e. pu_o'
essere ricavata applicando la legGe di propagazione deg li er-
~ -La variabile di cui si vuole trovare la varianza intorno
a x e
= ,

e quindi risulta
,. ( C3Z ) 2 1
0 .2 = .L:::0-2 -~-,- u.
2
~ -~ Ì 7'v{k) t N2
t- L \. ~i

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- 83 -

Si trova quindi
- ----------·- ~

::J
/:ì
N~
2 1
N'
@
=@
l
l\j
I,[)
D (11)

Gli N/vf valori xi si distribuisconoseguen.d.ola legg_e._ruu-


male con deviazione sta.11.dill o- intorno a x ( v. fig. 12) ; anche
Ìe medie di ciascuna
serie di misure si
distrib uiscono secon-
do una gaussiana cen-
~ tra f1F""in torno alla
me di a delle medie ma
c on un ~· '~;ta'ii"': . JM; delle serie

~~ [I~ l:~~· -: i lix:


ic c~k-
la della vanan
e NM misure na-
urale considerare la
edia delle medie del-
fe M serie di misure
come il valore più
atten are Fig. 12
alla
sura. che sembrerebbe che o-z _, O per N-->( XJ , Cici
tu avia é illusorio in quanto al crescere di N non si puo piu
pensare che tutte le prove siano eseguite nelle stesse condi -
zioni e quindi vengon.o a cadere- Ì -pre-s u ppos.ti .-é-he - h~--;:~- c ~ ii -
d otto alla ( 11 ) . -- . ---- -- -. - ·- -·---. -- -

~~-Significato della deviazione standard per un insieme


~ di misure

Consideriamo ora una particolare esperienza fisica e sup-


poniamo di fare un numero molto grande di misure di una data
grandezza.) Sulla base della legge dei grandi numeri possiamo
aspettarci che il valor medio di queste misure,al crescere ce
numero di esse si stani uzi - a d- "un certovalò' rem: -~Questova­
lore e' quello che n o i pos~ia;,;; p-ren de·r-e co~ - i1 piu' ::i.t tendibi-
le per la nostra grandezza.\ - - - - - - - - - --· --- · - - - - - - · - .
1
- --~Siosserv1 èh~ se fosse in realta' iJossibile es c~ uire un
numero di osserv ~-;;:;J ficie ;temente grand~ - ; --~-~i~ t~ ­
v asse n e lb situazi cn e __9_i pot cr--;;!.P li;;--;-;e i l_S egrerna del limi-

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- 84 -

te centrale, la distribuzione risulterebbe gaussiana e se ne


potrebber~ min~_:~ i parametri ( 1 ).
In pratica tuttavia cid- non ~ - possibile (si pensi che do-
po un certo tempo che si fanno le m{sure le condizioni di mi-
sura inevitabilmente cambia_no).. Di conseguenza la curva di di-
~t ribuzione non é a nostra disposizione. Vogliamo ora mostrare
~._pur con----reì orti -imi azioni eE~!'. enti_ ,sia possibile _ri _
cavar ~ i,_n_f~mazioni attendibili anche . con un numero r -lstret ~
d i determinaziOni :-\ - - - --
Pe ;~t te ;;;;-questi risultati dovremo ancora svolgere al-
cune considerazioni sul caso ipotetico che sia possibile fare,
nello studio di un processo,un numero di determinazioni di una
grandezza molto elevatoj
Supponiamo i ese g uire queste determinazioni nelle stesse
condizioni. Esse si dis _~ribuiscono intorno al valor me~ i_? c ~
d istribuzio !] e_g ~~~ i ~n ~' (v~--la curva-- ay · f-t(~-: -z-)~Suad ~ vid iam:'
ora le misure eseguite in un certo numero di serie, cia _:> cunaj
costituita a a , aeterm""inazi o1li·; __e ~~ e~do N a ii ch ess ~_~ le~ ~
Come gia' detto, la distribu ~_~o~e dei valori med_~_ rel ~tiv ~~1~
misure di ciascuna serie~ anch'essa governata da una curva
gaussiana centrata intorno allo stesso valor medio (m) (fig.
12).
Come si vede dalla figura la curva di distribuzione delle
medie é piu stretta della curva di distribuzione delle misure
considerate sin g olarmente. La deviazione standard di queste me-
~ m (v. sezione III.2.5) risulta

Jc

Ponendo quindi attenzione esclusivamente ad una part ico-


- 1
--
lare serie di N determinazioni, la sua media x ha probabilita'
- (T .
~j~o ':_arsi __!_l eJl ~ inter_vallom ± i '(ii . ~i c:sservi_ per '!_l t E..Q_
1
- J

che le considerazioni finora fatte non consentono di conoscere


o- dalla conoscenza di una sola serie di N misure. Occorrerebbe
considerare assieme tutte le serie di determinazioni.

(1) La conoscenza dei parametri della distribuzione caratterizzer e bbe per-


fetta me nte la misura : il valore piu attendibile per la g ran dezza sarebbe
da t o da l valore me d io (m) mentre la deviazione standard (a) i n di c h er ebbe il
gr ado di precision e , ne l senso che la probabilitd che una nu ov a dete r min a -
z ione della grand ez z a s ia compresa n e i limiti lli ±a~ d e l 6 8%, c he s ia com-
pr e s a n e i limiti ni ± '}a é del 95% e cosi' 'v ia .

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- es -

E' possibile tuttavia f!!_Q.§1.~--.~he u uo' essere stimato


mediante consider:.azion_· SJ!l __par _a metro s (de f i~ i t o- -;;-p;;g-.7 4)--:--.
Se infatti si consi-
dera come i valori di s
relativi a iascuna delle
serie di -N misure si di-
stribuiscono,si trova che
a distribuzione 7 -gaJ,ls-
siana intorn;--ad un valo-
~ a-~-a ( fi g .
deviazione stan-
dard di questa distribu-
1
zione e

(i

Se ne deduce che 1 a Fig. 13


lar ghe zza del lE__çurv_:;i di ,
- e nde- d a-N-_--
S i amo ora in condizioni di vedere come organizzare una mi-
sura gerche' essa abbia l' atten<libilita' desidera ta·--s;- infatti
n--;-i p ossiamo sempli ce~e nte fare un nume ~~ limit a t o di determi-
nazioni, e' come se noi nel ra g ionamento precedente potessimo
trovare solo le N determinazioni di una serie.
Per essa varrebbe

um

Se quindi si usa per u (quale sarebbe possibile trovare


con un numero molto piu' g~--ande di determinazioni) il valore di
~..!-.!?.~- er la~er:_i~delle N mis ure, p commette un errore
che puo' esse re valutato dicendo che la probabilita' che s sia
compreso nell'intervallo u±us e' del 6 83.
Queste consider azio ni possono essere usat e pe r stabilire
il nume ro N di determ ina zioni Ja eseguire i:Je r ottenere i l r i-
sultato con u na rrecisione as sc Gnata. Per dare esempio 0 ratic o
sup poniamo che sia sufficiente che s approssimi u con la pro-

];a bi lita' de li 6"ìWJ.n el1' interva lL:i o· ±__:::_ . In ta l cas o cc c o rrer J


:I O

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- 86 -

fare N misure tali che

O"
O"
s 10
"/2(N - 1)

cioè 2(N - 1) = 100 ; N-1 = 50 ; N = 51.


1
__ _ In queste condizioni se per es. s risulta ari a O. .
~ otremo c!ir:.e che - = 8_ E{__ la__ 'lligJ ior stima del valore de_G
_l!! o_ s_t_r_ a_g.r_~zza ~~ h_e ~~ ~68% ~:Ile proba~ ~l_ita' _c_~-~ q~
sto valore si trovi nell'intervallo m + u
~ - -
=m
,0 . 1 Q
+ - - - = m"' O. 0f5
- - -. ""tl'51]
r.
. . ---
a m-0 . 015 intorno al valore irraggiungibile _!ll ·Ì Si pud equiva-
lentemente affermare che nel fare un'altra serie di 51 misure
della grandezza in condizioni simili a quelle della prova pre-
cedente , la media di questa nuova serie ha il 68% delle pro-
babilità di trovarsi nell'intervallo ±0 . 015 da questa prima me-
dia.

S~ Principio dei minimi quadrati

Va innanzitutto premesso che si intende come residuo pi


del l a misura ~ -Ù§..P-e tto ad un_ certo. valer.e fissa o ~gran
dezza

~
(12)

Il principio dei minimi quadrati stabilito da Le g endre si


pud enunciare nei seguenti due modi equivalenti :
~"La somma dei quadrati dei residui presi rispetto alla me-
dia aritmetica risul a minima possibile"
\2Y 11
Il valore piu' attendibile da attribuire ad una certa gran-
~ dezza è tale da rendere minima la somma dei quadrati dei re-
sidui presi rispetto a quel valore" .

Per dimostrare il primo enunciato consideriamo i residui Pi- dati dal-


la (12).
Quadrando e sommando le (12) si ha:

n
(13)

2:
i= t

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 87

Prendiamo ora i residui rispetto alla media %,eia~ gli scarti; tenen-
do conto della (13) si ha:

n n

E ç~ = L x~ - ni
2
(14)
i=1 t i=1

Sottraendo la (14) dalla (13)

n n

L:
i= 1
·2
p l. - L:
i= 1

Il secondo membro di quest'ultima relazione é ·una quantita' positiva


qualunque sia il valore di 71, se ne deduce che:
n

L:
i= 1

Dimostriamo ora il secondo enunciato. :Si deve avere:

'2::: (x. - 71)


1
2
minimo
i= 1

Per trovare quale é il valore di 71 che soddisfi a questa condizione


basta derivare rispetto ad 71. ·Si ha :

_:!._[ t (x.-71/]=
1
-2 (15)
d71 i= 1

( 16)

Perché si abbia un minimo si deve annullare la derivata prima e la de-


rivata seconda deve essere maggiore di zero . .
La (16) soddisfa la condizione richiesta e la (15) fornisce :
n

L: %.
1
i= t
71 x
n

che dimostra l'~sserto .

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- 88 -

,... ~II. 4]- fttedia pesata

Vogliamo ora applicare il principio dei minimi quadrati Q_er


!ricavare il valore cli ~ !l ~ er_t_p._ g rand~~Z-!! f j.sica facendo_u~_d i
\ un certo nu!Yl ero ___di serie di determinazioni indipendenti del J. a
!grandezza rnedesirna.1. Tale procedimento conduce ad una formula
che prende il nome di media pesata À
In tale procedirné nto si tiene conto della migliore quali-
tà di una serie d i ~isure rispetto ad un'altra eseguita per e-
~(Ù.o____in_c_ondi.zi_on i sperirnen tali Sf !!VQ_reV_()l i e Si t·~ ene c ont
del fatto che la determinazione della grandezza in esame puo 1
èS'Se"re stat-a eseguita da sperimentatori diversi con meta-di di
misura diversi.
Si deve tener presente inoltre che anche se le condizioni
sperimentali sono le medesime du x:_an_te_ le varie determinazioni
_ e le misure vé"ngono eseguite dallo stesso S Qerirnentatore la su-
periorità di una serie di iii"'i §ure r..isQetto ad un'altra serie puo'
consistere sernpl icernente nel fatto che le misure di una se ·
sono mo t o pi u n urne r o s..e~;::,;.;;..::.~~'.f'~~~~~-;--: eri e .
....._ Vogliamo ora a ii"àl...."I a e si possono combinare
le differenti osservazioni e come a ciascuna di esse si possa
attribuire un certo peso .
Consideriamo tre casi fondamentali:

a) media pesata ottenuta te ~::._c ~del numero di_ m_iS JJ.LJ_ _i,n
ogni determinazione ~

Si suppone che in questo caso le condizioni esterne ed il


metodo d i misura rimangano sempre le stesse. Cio' che varia é
il numero di misure per ciascuna serie. Si consideri dunque un
certo sperimentatore che esegua in tempi diversi n 1 misure di
una certa grandezza facendone la media x(t)

nl
----....
\ E X ( 1)
k=1 k
:xr 1, =
..._____/ n

Sedellastessagrandezzaeseguealtre n2, .. , nm serie di mi-

-medi.a-----
sure e fa le corrispondenti medie x( 2 >, . •. , -xrm > ovvia~te
x --·- ___ ____________ --
della totalita delle. misure risulta
nl
....... .. data da
n 2
~

n,.
----
la

2:= xk( 1) + L xk( 2) + • • • • + L xk( m)


k=1 k=1 . k=1
X ( 17)
nl + n2 + •• .·. + n 111

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 89 -

• I
cioe :
m
2:: _fi>
X n Ì
i= 1
x=m
-- ( 18)

En .
i= 1 t
I~
,,,

I numeri ni__La~µ~e~~g~ano i pesi da attribuire a cia~cuna f


serie di mis ra · 0,ni. ---· ~
---i::;Tis) puo' _du_nque essere scritta:

(19)
m
B
i= 1
w .
t

I pesi
si possono mettere in relazione alla deviazione
delle singol~
me ie.
nfatti in ic iamo co fu0 la deviazione
..,....
standard delle•&sin-
.. • -""
gole misure rese ella loro tota li ta ciascuna con peso unita -
rio· riferendosi alla m~dia t~esima si deve ayere:

=--=-- i : 1 -: 2 I .- • • I , ;, ( 20)
- - ' l

Pertanto risulta:

( 21)

b) media pesata ottenuta assumendo pesi arbit.r.ar__t_gE:_ando le con-


a izioni esterne di;i s~ ra· --; a-;:ra-;;;;-;ta una serie a lz~7J

Supponiamo ora che il medesimo sperimentatore esegua una


certa serie di misure e che per ogni serie di misure le condi-
zioni sperimenta! i varino per eff._e.t_t_~ a l_l_~ e e_stern~9_!,Lcon­
' trollabili .\ Si pensi ad esempio alla misura dell ~an golo sotto
cui viene osservata una stella eseguita in notti di verse in o-
gnuna delle quali le condizioni atmosferiche non si siano man-
tenute costanti .

M.Bertolotti - T. Papa - D. Sette - Metodi d'osservazione e Misura Disp. · 12

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 9o -

. h iamo come a 1 so 1 1.to


I n d 1.C . - ( 1 _) ,;i:- (
con\..x
' 2) - ( m~)\
_ . . _x .J
1 e var1.. e
1
medie. · L'osservatore pud eseg:uire una graduat_? ria di que_s_t_e ~.­
rie di misure attribuendo ..J?er_ e ~~mpio q v_alore_ ':..!.__=J _al l.q me L
dia cui corrispondono le condizioni atmosferiche peggiori; il
!.~- ~ 2 = a a l!Jedia cu1. corri s p~nd?_no condiz ~ oni 1 ievem~~~
.~isli_ <:>Ei e c_osi'. via nno al valore a.,= nì - c ui corrispondono
condizioni atmosferiche ottime.
La media pesata s1. scr1.ve come la (21) 1.n cu1. pero il pe-
so w t. é dato da::

i wt. =a t. n.t '1

Per valutare wi consideriamo la media in cui alla (a(:1j


quale corrispondono le condizioni atmosferiche peggiori ed
attribuiamo alle sin6~~l sure ~ h~-;:fetérmi~~ ao:O ues to~peso U­
ni tari o; indicando __con.· ug
.la.corrispondente vari.a.m . :v:ar~an­
aell: i-esima media sara: data
----...., da ~,

\ O"~ '
i 1., 2, •••I m ( 20 I)

-
\_ w i
........... ;

da cui:

~~ (21')
~ dv
Si e' cioe' assunto nello scri vere la (20'') che la media X(i)
cui corrisponde un peso wi sia equivalente . aQ_ una media a cui
corrispondo ~~i--!!!.~_u:r;-e _j(i . f>~~<?- ui!_~_t ari<?.: ... - ·

c) Media pesata ottenuta tenendo conto delle determina_z i_oni _e.f-


,li t_t u.a"i-e d;;--o s·~_e_~va to.r i _ di ; e~r si~

Consideriamo la determinazione del valore di una gran-


dezza fisica tenendo conto delle misure eseguite da diversi os-
servatori che eseguono le misure con metodi uguali oppure di-
vers1..
Supponiamo che gli osservatori abbiamo ottenuto i seguen-
ti risultati dati dalle medie:
-(1} -(2} -(111)
X I X , •• .· I X

e le corrispondenti deviazioni standard

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 91 -

Per calcolare la media pesata assum1.amo,..c.o.me ahb_i.am.o fat-


to piu' sopra. che _le......_nJis e d · certa media ossano ess ey e
,.. ese con peso unitario allora le v~~i e medie .X i''T"-c ~ i " corri-
~3i!ìd oiiCF'fWsL~-s_i'U~p~!!O _eq~i v~leJ.l.ti..3..~ d i_e cuT~r_r i
spendono w . mis 1J. e....ii._ pe ~.u.Jli.ta.r \.d : i_nd t_cand ~ c g n o-~ 1a va-
ij anza iféTJ e misure con pe ;?.<L.!LIÙ.~!l- rio d ~ -~.llie !],_é_:_.
2
2 O-o
O" ·· i 1 , 2, . .. , m ( 20 Il :)
i
W i·

é:

w. ( 21 " ;)
i

~..z a.
In definitiva, per tutti i cas1. considerati , la media e-
sata si può scriver~!

(22)
2

~~
m ( 1 )
L - - -- - - i _ _ _ ___.

Va sottolineato infine che .,.P.er cal_c_o..lar_e__i,J valore .di x


dato dalla (22) occorre s-~ m.pJi.c_e.m.!;!, nte la conoscenza delle de-
viazioni standard o-i:J
La varianza di cui è affetta la (22) si uò calcolare r1.-
-...~..,----;-:;-;:~-:-~-;:~"-:-:-~~~~-~~~-
cardando la ( 10) de 1 § sulla pro paga z ione deg 1 i e r rru::..i-s ..i--ha :

2
2 Lo-~
m (
0 x_
__ -. - )
O"- =
;e
i=t i o-x<iJ
.
C1.oe :
.
2 1
O"'j; (23)
m
1
.8
i= 1

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 92 -

Capitolo IV

INTERPRETAZIONE ED ELABORAZIONE DELLE LETTURE SPERI MENT-A-H -

ç:±:" ~1 - l!!J_t roduzione · .._


Lo scopo che ora ci
ciano interQretati i
~ come occor e
de 1 lJl misura.
Nella pratica di laboratorio é di solito possibile elimi-
nare il confronto diretto delle gr-andezz-;-- in misura con cam -'·
pioni facend-;;- is ;-esclusi 'Y_2.'!len t~ di ,"_g p p,.aLecchj_ ta_r a t i . Cosi' i
metri, 1. calib ri , g i - ; ; ;logi, i termériietri , gli amperometri , i

-
wattmetri, etc. sono apparecchi tarati t La taratura è a volte
----. ~ - ---- -
compiuta dal cos fr u t:E ore dell'apparecchio me iante una misura
---- ---..
rela-ti v a· o 'ancne a ssoluta ; ma spesso deve esse ~ e -fatta od in
6 ni mo d o contro 1'1 a eh fan o ip ~ t ~ nto allo spper&i-m~!l-.t..fil,.gE.,e~
uan o si usa un _a ee_~ r ~_ss~~ o t .. a~ ~t_? si deve l ~_(L~-~_la .2
s i zio n e che assumono opportuni indici --~-.....SC:..~~s p.,9 ndent i se al.:_\
raduate. Gli in ici sono otati o di mo v imento tr a slatorio er
1
s. i menisco di mercurio in un termometro o rotatorio intor -
~ ad_ un _asse per es . a~tedi--;;~o ~io r:E sa~inerem o " o r a
i vari metodi per determinare la posizione de g li indici .

La precisione e la facilita' con cui si pos s ono co mp i e r e


letture di ind i ci su scale sono m6 lio grandi e pe r q uesta r a -
gi one si cerca d i solito di ricondurre - og ni misur a zione all a
OS'servaiio-n e della posizione di indi é i su scal e . \ Cio' si o tti e -
ne con g li artifizi p iu' d ì,__~p '!r ~tl.- ~ Le rare iii-i s urazioni ch e n o n
s i r i c o nducono a qu e sto tipo generale (per es . le misuraz i oni
fo to metriche SO GGettive) sono tra le piu' diffi c ili ~o- pre__::
cise d e lla _f_i_§ica .
i re g ol a dunque, ese g uire u na mis u ra z ion e si g n if ica fa r e
l e t tu re x 1 , x 2 , . •. , xn de l] a posizione di indici su appo si te sc a -
le. Que ste let t ur e possono dare dir e tt ame nt e i l valo r e d e l l a
Gran d e z za fisi ca c h e si misura : lun g hezz a s u sc ale r e ttilinee ,
--------- ~ cJ.r c o l a ri e s u s cale t a r at e, temperature (tcr -
a n 5 ol i s 11 scale

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 93 -

\
I mometri), tempi (orologi), intensi ta di corrente ( amperometr_i_~j
- etc ~
1--- Nella fig.l e' mostrata una scala graduata e un indice,nel -
la di s posizione piu' semplic e .\ Se i ,
tratti sono "molto fin 1 e si usa una/
T~ te a5
_i__ng_ran_d imento .si puo' st~--r
bilire la coincidenza con l'appros- j
s-im~iorie -di circa O, 02 mm.'
20 30
(,
I I 1 Il I I 1 Il I I 1

Le dl. spos iz ion i -cfel 1 a f ig. 2 so- I I


no ancora piu' ' f ~ r ~o ~ i :_ \ Se il filo
teso fra e fosse molto sottile e
-b;n ade r ente alla graduazione in modo Fig . 1
da permettere l'osservazione contem-
poranea della graduazione e del filo mediante un microscopio s1
a prezzerebbe la coincidenza entro alcune decine di micron ,! ut-
tavia questo limite non si puo' raggiungere e di solito non si

m
~
a) b)
Fig . 2

riesce a porre allo stesso tempo a fuoco il filo e la gradua-


zione .
~l'indice é discosto dal p_~ano della scala si ma_nife__sta
0
inoltre un errore di parallasse dovuto al fatto che -la sua po- ~
~ ~_izione si proietta in punti di -j
~_versi _ della scala secondo la po- 1
'si zi one dell'occhio dell'osserva- \
1
t ore.Si pud ridurre l '-errore ter-
- minand; -1' indice con una laminet-
...!_~~_g t t iTe : -no ~-;~Te __~T piano del-
la scala (indice a colte !J._g_,__v_.
fi g. ~TT Si ~~g~~ lii J e ~ tura os-
servando la laminetta di taglio.
Si migliora ancor a la l e ttu-
Fig. 3 ra ponendo uno specchio s otto l' in-
dice. L'errore di para l lasse vie-
~31~ l at o se si fa la lettttr o mentr ~_ l _:_g_ç_ç h.i_o __ i _ ~U~n eato
con l'indice ~ ~ \~? ~~'!l_i:.g i ne ~~!~.Èa!)Q_ ~Ee.~chi_~J
Altri metodi [)E r elimina r -:' c li inconvenien t i accennati sono
indi ~~ i !".! 7egmt,o-.\·-·-- - - · -- - - -- - -- - -
La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)
- 94 -

à' - i n d i e e o t t i e~ \

Si puo' sostituire all'indice sulla scala graduata un m1-


croscop10 o un cannocchiale (a seconda che la scala sia ~~ na
-01~~t. ana) 111~Lù_ ~ i r~~ ico_10 e de_s ~inati a p-qntar~ s _u i_ ___!<_~i
~ 11 ~ _g_E ada~i?E_e ; j
Il reticolo ~ un incrocio di fili sottilissimi montati su
apposito supeorto (v. fig.4)(l) che viene disposto norm.alment.e
aTI ~;-ci;ù-~ -st r~;ento in modo ch~iLp_i an~ ·-d ~l_E~t ic__olo_ en-

Fig . 4

ga a coincidere con il piano in cui l'obiettivo forma l'imma -


__:_,-------------------·-·· - - - ---- .
g_i..ne __ reale de gl i __ ogge_t ti da <?:; servare. \
L'osservatore con l ' occhio all'oculare vede l ' immagine de-
gli o gge tti attraversata dai fili del reticolo e puo' stabilire
---- . . ,. . .--:: --- ----- ·- -
con g rande esattezza ual ep~~to --del - campo é coperto da U 'in-
~-
c r oc 1 o ei fi liJ Si riesce ad apprezzare la coincidenza del -
- - - 4-
r'-1ncr. ocio dei fili con un tratto ben sottile della graduazi o -
~~-- ~-nt.ro circa 10 -s ~-~i - --

b - {2e ve ottiche }

Se l'indice che deve scorrere sulla graduazione é dotato


di movimento rotatorio intorno ad un asse (es. amperometro, ga l-
vanometro) l'indice meccanico puo essere sostituito con un in-
dice detto a le va otti
----.-i-:-,------ c a .\-
_....____ .l>
Vi sono due modi di usare le leve ottiche che prendono il
nome di metodo di Kelyi!!... . e metodo di Po_g.g.endorH-;-r1s e t .tiva·-
men te.

( 1) P,,ssono servire anch e sottilissime incisioni fAtte col diamante su una


lastra di vetro.

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- 95 -

1 - metodo di Lord Kelvin


Questo metodo~ illustrato nella fig.5. Uno specchio S ~
girevole att.2,!E o al ,!._' a_~s_!:! Q p~rp_~nd~colare al pia!1o ~ ell ~r-1:
gura. F e' una sorgente luminosa i cui raggi da S sono riflessi
~~e ·drsp osto lo schermo graduato c:t
Se lo specchio S ruota di un angolo cp attorno al centro
O l'i mma g ine sì
sposta i n F ~ ·\ Inoltre . dalla figura s i rf:

' I
\ I
\ I
\ I
\ I
\ I ,,. ,,.
\
\
I ,,. ,,.
/
\ I
,,. ,,.
/
' I
\ <f I /
ri
\ I
/
/

/
\ /
__..__,'71'- o

iI
Fig. 5

cava:
A A
F'OB 1 = B 1 0F 1

F I OB 2 = B 20F 2
dunque
1
F 0B 2
"'
= F , OB
......
1 + cp

1
FJJF2 =B20F2 -B10F1 +B20B1 =F'OB2 -F 0B1 +cp

= cp + cp = 2cp

Il dispositivo consta _9 i __ .!1~._i:iicco!_q_. proJ.!!tto_re contenen-


te la sor g ente . luminosa__e_ una scala P.Ortati su un uniço__so-_
ste :7 no ~

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 96 -

In questo caso la s '?...r~ente


~ a grad1,1_€i 1;~-ii l li rnin a ­
ta da una luce diffusa
luminosa _
-- ._.
e' costituita _
... dalla
. _
ed il f a:;è'"io- rifle ~ s_.Q.....
viene raccolto da un c an-
nocch iale fornito di re-
.
:'/i
:

ticolo (v ."=t a J r-:b ) . Al


~
: .
ruotare dello sp~ chio : :
muta il tratt7~ ll~ gra­ ...· '.
~ i nes he_com are çQ..in_-
ciden _!;~ c_on il re .t -i e-0-1--0
--5kL.s .a fl!l.2 ç c h.i-a 1-e •
Anche in questo ca-
so una rotazione <p del -
lo specchio produce una
rotazione apparente del-
la scala atto no a ~Q.. sii
un angolo 2cp . Fig. 6

P iù s pe sso a c cad e di <lov e r st a bilir e la p osi zi one di un


ind i ce su d i una s cala qu a ndo l'indice non coincide c o n u no dei
tra t ti d e lla g raduazione.
S i ·rno~~ llora a pp rez z are a occhio l a frazion e d i inter-
va 11 o M g r a d-;;;i~-ne . -
Convi e ne pe~d cercare di ricondurre q uesto c as o a que 11 o
de ll a co incidenza a e ll'indice con un tratto della gr a d uazio ILe .
Questo puo'--r nere f at ~~l1.do
un no~i q. n ·· ~on io ;,; .~sti !-_uito
grt1.dua zi cn~ a a un regolo gradu a to che f) UO
410 "s -2.f.9.P::~re lung~ la ed .é~
I I
in modo che N division~
nomo
. viso ~

intere del nonio corris andar~


a 1 -1 divisioni della scala (v.
a fig. 7 ). Sed e' la lun!5hezza
Fig . 7 .di una de lle divisioni della sca-
l fY -l la, ciascuna divi s ione del no -
nio sarà lun g a ~ d l:!.__~-~~i_erenza fra una division e del no-

n~<? ~~de ~Ji;i . ~~a a .!'._a_ra':J ..

N -1 d
d---·d=-
l\' N

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 97

Se lo zero del nonio, che costituisce l'indice della g ra-


duazione, coincide con una divisione della scala, le altre di-
visioni del nonio segnate con 1 , 2 , 3, .. . resteranno indietro di
d 2d 3d
N,N N , .. .
rispetto alle corrispondenti graduazioni del-

la scala.
Se si vuol far coincidere la divisione 1 , 2 , 3 , .... etc. con
la corrispondente g ra ~ azione della scala ~ quindi necessario
--- d 2d 3d
fare avanzare lo zero del nonio di etc . Se ora
N' N N
supponiamo che in una misura una tale coincidenza avven g a p e r
la settima divisione del nonio, q uesto significa che lo zero
d e l nonio, che é p oi l'indice del 1 a scala, ha oltrepassato di
7d
- una divisione intera di essa e pertanto questa frazione va
N
a gg iunta alla lettura per difetto fatta sulla scala.
Da q uanto detto sembrerebbe che,pur di usare un nonio con

----
un numero stifficientemente elevato di divi.s ( o-ni , - s i ;- p o~~ i b i le
-
ra gg iun g ere una p r ecisio ne elevata quanto si vuole.\ In effetti
1 a- m;ssima ~ pre c i s ione ra g giungibi 1 e con un nonio è deter minata
-"

dalla g rossezza e dalla re g olarita d e i tratti del nonio e del-


. a sca a pe;q~ e-;,ta-ragio"iie u n no~io ·; on supera la p 7 ecisi ;;; e
d i · un o o cl u e ce n t e s imi d_i ~ m .J
In g enere si usano noni d ivisi in dieci parti (decimali)
c h e apprezzano i decimi di divisione o divisi in venti parti
(ventesimali) che apprezzano la ventesima parte di divisio n ~.

~' - cu:at_~ eristiche di un apparecchio di misura


v..
Le caratteristiche principali di un qualunque ap p arecchio
d i misura sono : l ' intervallo :!-_i __ mi_:_ura, pron_tez za,_ la s en - )_L? .
sib ilit a' e la prèCTSì. 0 1:!.J ·-·-

a - intervallo di misura

L ' inter v all o di mi s ura è ~ el_i.n_i _to dai valori estre mi mi-
~----- .
su r ab il i a mezzo a e ll'O - strumento Quando uno di questi valori
~ si usa- i ncirca~ -- sola mente l ' altro estremo e s i ..parla
èrl[Jo--;t"~t;" a~
.;:::::::::1::=:::::::::>ooo=:::=:>o
m
-;;;;;;
___......... ··- -
- --- -- - -

M.Berto lot ti - T . Papa - O.Sett e - Met odi d'os s ervazione e ll! 1sura Dis p. : 1 3

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 98 ..

~:llà\
La prontez za é data dalla rapidità con cui. l'apparecchio
e capace di mettersi in equilibrio con il sistema in misura e
<li seguire e misurare le variazioni della g randezza in studio .

--
........_----
c - sensibilita' \
~· -~

--..
Allo scopo di dedinire correttament ~ le sensibi lita'di ~ ­
tura del lo strumento é necessario fare una breve parentesi su
come si ~uo no-1 e m i .sure.
---·-Nercaso-~api) are è-él11 ad indice la m1sura consiste nel
le ~g ere la posizione assunta dall'indice . di fronte ad una sca-
la Graduata. Per rassare da questa lettura al valore della gran-
" dezza occorre far uso della cosiddetta curva di taratura dello
strumento. Punti d i tale curv·a si ~t tengonoa pplicand9- .i! LlE
strumento gra nd ezze campione 1.- va ore .noto e a~·;i ~ ando le
corrispondenti deviazioni dell ~ indi ce i ) fa...,.7Ur'Yi'Zonti~'"7.i a "'èi3"p o i
ottenuta per interpolazione. La fig. 8 mostra una curva di ta-
ratura pe~ due voltmetri uno a scala lineare e l' a l tro a-S cala
qti"adratica. - -~---

. ''-1 "

15
1'1
13
12
I{
IO

~ 9
....... ,J) V
~ 8 '
7
6•
5
4
g
2
j

o 20 40 GO 80 {0() 120 140 fGo


G!'advaz/oni della .rea.la.
Fig . 8

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 99 -

Va avvertito che per gli strumenti di uso comune in un intervallo de-


finito della grandezza da misurare i costruttori usan o corred ; re la gra ~
d~ azione delle ..i ndicazioni che _ si otterrebbero dalla curva di tara.tura :l o
-~t ;;;-m~ -si dice allora . a - lettura diretta giacché · 1a lettura della gra-
d';;&zione f o rnisce il valore della grandezza in misura . ·

La sensibilitd di uno strumento vuole indicare _la raeidi-


tél con cui l ' indice _s1 . sposta dav;nti alla graduazione a l V,2. -
ria andezza in esame : essa è quindi rapprese.n tata .Pun-
to .en.de,r.1.,.z, G .r V;_g _gi 1'aratu-ra.Se la cu.r :_
va

,.
'l u = f ( x) j
------·
dove u é la graduazione letta sullo strumento e x il valore
della grandezza misurata, la sensibilit.a' e' data da

s =
du d fe.&-J (~ · ~ ', e: I,~)
dx _I é(k
Per valori di S non troppo rapidamente variabili come di
solito ~vviepe si _ pud dire che la sensibilit~ ~ data dal rap-
__p orto

delle divisioni di cui si sposta l'indice dello strumento (6u)


ed il valore numerico della grandezza che - ha provoca to lo spo-
~s .i~m ~to (tsx ) , oppure -ctit-1TiJi"t'piccò l~ èlevi ii~ - cl~I a ran-
dezza rilevabile dall'indice dello st rume nto el caso di
men i Rer cu a c rva ~a una
1 a x (per es. dinamometri, amperometri a
la sensibÌlita' risulta costan-te . ~
E' bene avvertire che a val te si usa invece di S i 1 suo
inverso .

1
d - p re e i s i o n~Ì
---
Oltre agli e rrori connessi con la lettura degli strumenti
la misura pud essere affetta da altri tipi di errori strumen -
tali, per es. difetti di costruzione della scala, diffetti di
pu nta mento, etc. \ La precisione del risultato é
som;; TJ dei val ori asso u i i utti g i scarti
questi err o r i strument,li o meglio dalla radice a
somma dei quadrati di tali scarti .
-
E,\
La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)
" 1 oo ..

E' bene avvertire che a volte é anche usato come preci -


sione il valore 1 / ~ .

~ , IV . <1 . .. Interpretazioni delle letture strumentali

; _ J. " e~;> di molte letture]

La teoria matematica de ij l i errori esposta nel capitolo pre-


cedente e le formule fondamentali che si sono rica v ate si ap -
plicano per l ' ela borazione d e lle misure } i el ~ vata precisio_ne,.
ese g uite.. ._ con sj:; ~i a_lta_ se ns_ibil i_!_~ (in o g ni caso tal e

--:---
da non mascherare g li errori casuali) una volta che in tali mi -
sure si ano eliminati ( res_i _ t r.ascurab i 1 i fg lY-~ rrori si stem ;t i ·
Cl.
-- - _.. _,,..

Quando tutte queste condizioni sono soddisfatt e di solito


si ese g ue un g ran numero di misure N della grand e zza in esam e
e come risultato finale si prende la media delle misure fatte ;
come indicazione dell'errore comme~;:o _s i"r-{po-;-t ~ l ~ ·q~ antita'. s
(v. p·a g . 74L div i~:a.. pe :r:_ 1[N' cio-r la mig_lior st i ma della vari ~n'­
~ eJl.Lf.l}~di
Il risultato finale si presenta scrivendo

s
I X= X ±
VN I t
l
Questa scrittura tuttavia, come già chiarito, non vuole
- s s
significare che x e' uguale a x + ~ o a x - '{ii , ne' che é com-
s s
preso sicuramente x - ---=:-e fra + x
Vuole solo signifi-
-\' N ~
~i_§._ure o.t ~ enute,. ~
da noi stimata come
~------ .
s
il _____
care che fiJ.é la media aritmetica delle
valore piu
. ... attend .-
if)i le da dare alla
che
gran-

dezza in misura e - - è la miglior stima della v arianza della


----- ~
distribuzione delle medie}. In altri t e rmini noi re putiamo che
~i'~- "i T '"6-8 % d. éne ·p; ;babi fl.t a'. c h e :X s ~d:a::t.I rn-ecti- :di:lf e

) d :.;- h s s p e s so ·1 . s .
..:,m;,;,,e;;.:;:
-
( .:;..:~::1
d i..:e;...,...:..m :::
m:e:;:n::o::::::
c:=e::::::
'fi
± ~~-- , etc .
- - . ·- ,,.N -
1 te rm 1 ne ,,.r.;- v 1 e ne

impropriamente chiamato col termine di errore s tandard .

Circa il significato del valore piu attendibile da dare alla grandez-


za in misura vogliamo svolgere ancora alcune considerazioni . -E' innanzitut-

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


101

to necessario osservare che gli errori che si possono produrre nell ' ése -
guire una data misura , dipendono da come tale misura viene esegu_ita -~ al -·
lo strumento .
Supponiamo per semplicitd ~i voler misurare la lunghezza di un corto
perno d ' acciaio
. . . usan d o un compasso micrometrico
. . (1) : p er f ar questo si. apra

il compasso in modo da far coincidere le punte il pid ~ccuratamente passi ··


bile con gli estremi del perno e poi si legga la distanza fra gli estremi
del compasso confrontando su una scala separata .
Se vogliamo eseguire la misura con la massima precisione possibile pos -
siamo andare a confrontare la distanza fra gli estremi del compasso su una
scala contenente un gran numero di divisioni con l ' ausilio di una lente .
Ma allora sorge la difficolta' ~he gli estremi del compasso non possono piu'
essere considerati punti sulla scala ma piuttosto segmenti estesi e la stes-
sa cosa succede per i tratti della graduazione sulla scala .
Quindi ogni misura separata é in essenza una quantita' espressa da un
segmento indefinito con terminali che non sono punti ma piuttosto macchie
o intervalli in cui la misura non é piu' possibile . La precisione della mi-
sura non pud ~igliorare.
Per ottenere una misura piu' precisa é ·necessario usare uno strumento
piu perfetto. ·Non vi é ~ltro modo per migliorare la precisione delle misu -
re. ·E' · inutile aumentare il numero delle misure a questo scopo , un fatto
che é ·a vvio per ogni sperimentale .
Se ora si prende uno strumento piu' perfetto si puo ·ridurre l ' incer -·
tezza (errore) sulla misura che si sta eseguendo solo fino ad un certo li -
mite . •Viene un momento infatti in cui la definizione stessa della grandez -
za che si vuole misurare viene a mancare, :Si pensi ad es . al la lunghezza
del perno di prima . ·Se si va ad ingrandire molto il perno si trova che la
lunghezza del perno non ·é ~na quantiia' ben determinata , Per una varieia' di
ragioni le superfici estreme non sono lisce e neppure perfettamente paral-
lele fra loro .
Quindi anche con uno strumento di misura estremamente preciso il va-
lore della misura varia secondo i punti che si scelgono per eseguire la
misura stessa . ·Eseguendo una misura in queste condizioni non si misura piu'
la lunghezza del perno, che non é ·piu ùna gra.udezza definita, ma come le
varie possibili lunghezze che si possono determinare si distribuiscono.
E' ·chiaro che l ' tlso di uno strumento cosr preciso che la grandezza in
esame non sia pid definita non ha piu sensb .
Lo sperimentatore deve scegliere lo strumento il pid preciso possibi -
le compatibilmente con la precisione con cui ha senso misurare la grandez -
za in esame.

( 1) Il compasso micrometrico e' simile ad un comune compasso con la di-


stanza fra le due punte regolabile mediante una vite micrometrica (v .
piu' avanti) .

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 102 -

~ ~-·:s·;~!i'" ~'J ·_·:p;~·h·;'~~;;~


Nalla pratica di laboratorio, gli strumenti che s1 adope-
an..2...~2-cl, ~JJme s~a~e. e de_gJ i i...f!d,ic.i costruiti i i:_ ~ do tale
~2E.-s i...y_u9)~ r tç prrere a delle interpola z'l oni~ista i
che risultano sempre soggett_iv ~, __ le_ letture possono e~~e_: e -~ :~ 1 1

~
se g uite con la approssimazione di una divisione · intera o di mez - · ·
za-di-visi~ne de Ì la sc a l a -'i \
a 1 apprezzamenti. masch ~a no in g~n~r.ale, gl i e Lr .or.i ca -
sual i e ~~.seguono piu ~ isure_, i~ - ge~_re _s1 o~-·
alori co1nc1 enti. n tal caso e 1nut1 e eseguire
- -· rat1c ~ ne fa una soÌ - -_
....
rande z z a de 11' errore nrobabi l!Jlen te c..Q.mm~- .s so_ la se~sib i 1 i t a' di
ttura ..dello st r.ume.ntQ.\. Per gli apparecchi tarati s1 tende a
stabilire che la sensibilita' sia determinata da un intero in-
tervallo di ~mg a 'es"'èììipìo"S'i d u a "termoniet r-ò"' a -- ,
00
c
quando la scala 2 d1v1sa in intervalli di 0 ,1°C anche se asti-
~.p_uo' e.g.g.er a_Q 05 °C Nel caso di misurazio~i -{nfu;t'.
' te , quando la grandezza fisica in esame édel tipo z=z(x 1 , x 2 • • . xn) ,
l 'i ncertezza sulla grandezza z e data , in prima approssimazio-
ne, dalla formula già vista :

Sostituendo in questa, ancora piu approssimativamente, al


posto degli scarti le corrispondenti sensibilita 1 lettura- de-
gli strumenti .=!:~.~~~~UE_.a~..? !~. grandezze. x i ,sj. _q.ttiep.e una . sti, -
mn ~~J la ince~tezza ~on cui ~ misurata la gr andezza z che vie-
r{~ --di solito indicata con il t ermine 'di er ro /; ; /soluto massT-
"~;:Tc;7'C~-;ofte~~~.~c n~- -~ h_i am P.t . o__.__s_efl.S jJù.1 i.t :i»: _ a
m.i.S.if..,E a,
f er Ia g randezza i :

( 2)

Tale incertezza risulta quindi pari alla somma dei con-


tr ib uti tutti ositivi delle varie misure · ciò e' dovuto a l fatto
che l'errore massimo si puo ver1 1carenelle condiz ioni p iu' sfa-
vorevoli quando cioé tutti g li errori parziali d iano un contri-
buto dello stesso segno. E'chiaro che un criterio per g iudica-

(1) Si noti il si g nifi c ato ora dato al ter mi n e errore , come stima della in -
certe zza di una misura e la differenza dal significato di cui a lla pag . 31

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 1o3 -

re la honta' di una determinazione ~ quello che si verifichi la


circostanza che i vari addendi nella (2) siano dello stesso or -
dine di grandezza.
Ad esempio se la grandezza da misurare una lunghezza e
data dall'intervallo -ira due lungheùe Z1 e z2 : ··~
\

l'errore assoluto ma~simo a priori 6Z della grandezza l e dato


da :

Se per la misura si adopera un regolo la cu1 sensibilita'


di lettura e di 0,1 mm si avra' :

L6~~~ ?,,-1 i: IO,1 I =O , 2 m


:;j
Si noti che l'applicazione della formula che Cl. da' la va -
r1anza, cioe' d ~
2

CT
2
= ~ CTi
2 oz
--
( )
t Òx i " _=%
t

ci avrebbe condotto, ponendo al posto del le ,_ v arian.z

----
s1bilita' di lettura, ai risultato· . - -

0 . 14 mm

che ~leg ge rmente inferiore al precedente.


~n
que ste condi zioni si puo' giudicare quali cautele deb -
bono essere prè's'e n e a"-in i sura z ion ;- di un'; ce.rta grande-zza z
e qua 1 i E; SS ib i 1 1 -er r ori) Òssono e-s-ser~ -COiiìméSST"7~ si d iSP,2ll.~
èh certi ti p i di appare s_~h.Lsli..~ ura . Cosi' ad esempio se si
vuole preparare una certa soluzione . all ' 1% la cui concentrazio -
ne e' data da :

p
e
Po

in cuifil e' il peso del soluto e il peso del solvente, il lP:}


corrispondente e rrore assoluto mass1mo a priori ( 6c ) di cui è
affetta la concentrazione e' :

6
6c =II 6P
Po
I+ I_!__
Po
P
Po
0
I= I 6P
1 Po
I+!_
Po
I 6Po
Po
I
La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)
- 104 -

p 1
Poiché é chiaro che, perché i due termini sia-
100 Po
no dello stesso ordine di grandezza 6.P dev'essere notevolmen-
te pili piccolo di 6.P 0
100
.J_)
cioé la determinazione del peso
( ·"'

del soluto deve essere fatta con una bilancia che consente una
precisione determinata dal 6c che si vuole ottenere, mentre la
determinazione del peso del solvente puo' essere fatta con bi-
lancia meno precisa.
Pili significativo é l'errore relativo massimo a priori
Esso si ottiene dividendo la (2) per z. Si ottiene
z

Anche in questo caso ovviamente l'ordine di grandezza di


ciascun termine dev'essere lo stesso .
Cosr ad esempio se si vuole misurare il modulo di Young E
con un errore relativo dell' 1%,misurando l'allungamento 8l che
un filo, di lunghezza iniziale lo di diametro ~ subisce quando
é sottoposto ad un carico F =mg, dalla formula

F lo
E
( Sfu 92
' 4
C)
s1 ottiene r (, 003
' I

~_,

.... ,
/
f,
~
E
='I !:!_I
F
+ I~ 1
lo
· 1
6 8
( l) I
8l
+ + 2 I 6(j)
çJ
I

Il primo termine de)_La._. pi::__e_ç_ed_en t~--~ spr ~ s§ i9n_e si c ons i.de -


ra uU g__ p_~!'_cb_e' _ le ..masse con cu_i__~ i ~n~ __ç_aJ:icato il filo sono
tarate con gra~_p.!:_~s.i.one - d;l___~.o~ !:..DA.t t_QI_e_.J ------
Gli altri tre termini debbono essere tali che_ _?.f3: nuno di
essi dia un contrib u""t-;- d-i - circa ~O, 00 3' .-
. Passiamo ad esaminarli sep;ratamente :
6l .
a) ;· - - ~ O, 003 \
1 0
~to. - -
se l 0 = 1 m ; 6l 0 ~0 , 003 m= 3 mm
Per misurare lo e' sufficiente un nastro graduato al mil -
mimetro.

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- 105 -

6(8 l)
b) "' 0,003
ol
se ol, er un filo~.'._~cci_ aio e pe_r carichi di 1 Kg di peso, _j
~ rdine di O, 5 mm ! risulta :.,

6.(o l) . ~ O, 0015 mm= 1, 5 µ

L'allungamento si deve misurare con uno strumento che ab-


~ 1-a-·serisl.JiiJ..i.~~- di" le~tura di circa 1 µ:.

c) 2-~
t1iJ 0,003
~

se il diametro del filo é1[ò-;Q . .,


O, 003·0,5
"'------ O, 00075 mm= O, 75 µ
2

Il diametro del filo va misurato con uno strumento che ab-


bia una sensibilita di lettura migliore del micr~.!!M
Dall ' esempio si vede come nelle misure relative ai punti
b) e c) si debbano usare le cautele migliori scegliendo oppor-
tunamente gli strumenti di misura.
E' interessante osservare che il 6z / z si pud interpretare
come ì1 i erenzia e ~ cioe1

6z
6.(lg z)
z

Questo permette di ricavare l'errore massimo a priori in


modo assai semplice quando la grandezza ~ del tipd :

con ~ 1 , . . • • ~n
relativi qualsiasi.
In tal caso risulta immediatamente :

Considerando la dispersione relativa, sempre nel caso che


ctl ct2 ctn
z=x 1 x 2 •. • xn si ha invece

M.Bertolotti - T . Papa - O.Sette - Metodi d'osservazione e mi.sura Disp . . 14

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- 1 06 -

. +cx.
2
n
(crxn)
---
X
n

che si ottiene ricordando la (9) di pag.81.

Abbiamo detto che l'indicazione de 11 'incertezza con cui


una misura e stata eseguita - ~ve_ semp reaccorÌÌpagn-;;-; ·;r ; al -;- -
re--cl e - a gran ezza -misurata. ------· · - -- - -- -
-Sé -t;;'" vo ·r:aTl ~~fie esprime il risultato di misure
sperimentali. non é accompagnato dal]._' in i .cazione dell'errore
~commesso ~2), ci?_ deriva da l _l a ~ ~~~zione di ri-Rort are ~12..J. ~
çiTr é .che si ___ossono garantire come esatte .
--- {)uanché incert ezza puo' ancora sussistere per l'ultima ci -
fra , che percid viene spe~~_o scrì ta in carattere
o t~a parentesi.
iccolo
-
- ·- Quindi si tenga ben presente che ad esempio 58 me 58,0 m
non sono valori equivalenti, il primo indica misura preci -
sa fino al metro , il secondo-i~dìca una misura precisa fino a
--f,·1 m . --~ . -- --~ -=---...

i conseguenza nel dare j,__~ isultati di una misura si dan -


l n~ _s.q ~~-cif! e _che hanno __~i niJj.-~at_o ··e che sono- c niamate ---ci ..
i J re significative ~
' Per es. 66 , 9 28±0,001 é un dato in cui ci sono 5 cifre si -
g nificative e l'ultima é in dubbio per una unità (± 0 . 001).
A volte pud darsi che la misura sia 8 , 306 ± 0 . 010. In que-
sto caso si arrotonda come 8 . 31±O. 01 usando la regola che se
i l valore della cifra scartata é > 5 si arrotonda a 10 altri..:._,
~nti si cancella~ E' chiaro anch e che l ' ammontare d ell' errore
commesso su ogni quantità misurata o c a lcolata det e rmina il nu-
mero di cifre si gnificative con cui deve essere d ato il valore
di quella quantità. Per esempio se i valori ottenuti sono 5, 0 24 ,
1 , 135 e 9 , 807 e lo scarto relativo e dell'l % (scarto assolu-
to rispettivamente O, 05 , O, 01 , O, 1), i valori con l 'indicazio-
ne della loro precisione si scrivono :

5,02±0 , 05
1,14±0,01
9,8 ±0,1

(1) Useremo da ora in avanti il termine errore come abbreviazione di erro-


re massimo a priori o dispersione. :

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- 107

E' inutile quindi riportare nei risultati di misure tutte


le cifre decimali che si ottengono , per esempio effettuando i
calcoli necessari per ottenere il valore della grandezza in
questione.
Nella pratica di laboratorio~ sufficiente sovente un ' ap -
pross i mazion;-1imi'I~ e 'ì'.?Q
" -·· - - - . .
er ottenere sicuramente tale approssimazione ba ?,ta 9_p e-
rare con numeri di quattro cifre contate a partire dalla p ima
~ ~ ~ 11.l~~ ~--
-
significativa .

· --M., . -.. . . . . .
.,,_...,.~....---~

·-~E,::·:-sµn ~:ici ~.nt. e il} ~ ~ al _caso eseguire i c~Jççili_s_on 1;!2_!..e -


gol é alcolatore di 25 centimetri.

~/--T ..-::1
~ ~ ~- Attendibilitd di una misura. Rifiuto dei dati

Se si eseguono molte misure di una certa grandezza fisica


i valori I ilev_C!.,.~ d ~_mç~- {a.. e-.~iù:i: oco J..r a dì ~l Qii 7
i; ero' puo' capitare c h_t,.,.S~~} che valore <;!,illeri ~ _di.._~ l.~ o dag li.
~ !!1~~.La.; .\ -
Queste misure non si considerano se risultano rovocate da
qualche disturbo noto , cam.e-p.ex
..0- I. e• •-.-.
__ ~. ~em
........
pi_6_ una vibrazione improv -
. ... _.._.._, 1:- ~-

v1sa--"6"-im rovvise fluttuazioni nella tensione elettrica di a -


].i;~ tazion~~l~ - ~pp;~e~chiature 1 Quando queste cause~ on ~o ­
'ì-io- individuate si é spesso tentati di scartare tali valori con
la vaga ipotesi ~ he si deve ·avere c.omme~~ o UI; ·.;;;;o re -;e l la l ~ t -
t ura degl i-~t r-ùmeritì :-" Tutt av ia i 1 -- r i-gettare___deC-à -a t i su.- b a-si
cosi' inadeguate, tende a far apparire i dati rimanenti troppo
ottimistici .
Applicando la legge degli error1 s1 hanno le basi logiche
er accettare o rifiutare tali dati.
Basta infatti calcolare la probabilità di commettere un
- scarto e r1 et t..a..u:L.1..l d ato s er1mentJi1-e--a-tfet--t .

71 che .-1.si probabili-ta' 1 commettere uno scarto super10 ·


re a (~i o G-;/ffiè solo 1 de~ 3° /oo, pertanto t~tt~
le misure che
scartano dafla media piu d1 tre volte la deviazione standard ~
~~on o esse ~:i:_ g!e_!:_!-, ~~-e . ~i-'La.l ori-.de.v~cmo_ e ss e r.e.-r-i-g-e-t-t.a.t_i
comp fètame-;-te , nel senso che l ' i ntero calcolo del v alore medio e
dello scarto quadratico medio deve ess e re rifatto di nuovo co -
~r-~~_:~~~t ~9fi-'::>i~
/""\

H ':J.J Gr a fici

Nel presentare i risultati sperimentali molte volte è op ·


portuno esegu1re un grafico che rappresenta l 'a ndam e n to di una

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


.. 1o8 -

certa grandezza fisica in funzione di un ' altra.


Nel tracciare tale grafico bisogna tener conto di alcune
norme generali. Anzi tutto le curve vanno disegnate su carta mil-
limetrata che rappresenta un piano cartesiano . Fissate sugli as -
si le unita di misura opportune (non necessariamente uguali)si
segna con un punto nel piano il valore della grandezza in esa-
me in corrispondenza a ogni valore della grandezza presa come
variabile indipendente. Ottenuti cosi' una serie di punti que-
sti vanno opportunamente raccordati tra loro mediante una li-
nea continua.
Si f! detto opportunamente perche' non bisogna dimenticare

IO

I 2 s
Fig. 9

il fatto fondamentale che le misure eseguite sono sempre affet-


te da errori.
Gli scarti derivanti da questi errori vanno rappresentati
sul grafico riportando, con centro nel punto due segmentini uno
orizzontale e l'altro verticale di lunghezza pari al doppio
dell ' errore commesso (2u , 2s o due volte le sensibilita' di mi-

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 1o9 ..

sura o di lettura, etc . . . ) sulle grandezze rappresentate in a --


scisse e in ordinateJ. Q_at_a 'l a continuitadei fenom_eni fisici si
pud ammettere che il legame fra la grandezza in _ç sci1?se e quel ~
a 1n ordin ;~sia -f;;-gen~re rappresentabile mediante una cur -
va continua : a rappresentare i risultati si scegliera:' quindi
una curva che passi all'interno delle regioni individuate dai
segmenti suddetti intorno ai punti rappresentativi delle misu -
re.
Nella figura 9 le curve piene danno un criterio per trac-
ciare llìla'"ctù va sperimentale , mentre la curva tratteggiata e'
priva di si gn ifi-èa to. \ Si noti inoltre che e' possibile traccia ··
re-,- come-s1-r iìeV' a" dalia figura, diverse rette ciascuna con pen -
a·e nzatale-d.a--e.sSe~~-- se-; pre compresa ne i limiti deg 1 -er rori .
Naturàlmen tee'l. mpossibi le assegnare dei criteri preci si con
cui vanno disegnate le curve perché i casi che possono presen -
tarsi sono innumerevoli ; si deve tener presente, pero', che la
conoscenza , in sede teorica, di una relazione tra le g randezze
in esame é determinante per stabilire 1 ' andamento della curva
isperimenta e. j i n ogni caso é indispensabile una buona pratica
.J__ - ----·- ' • --~- -- ----
(_di laboratorio ~: r i~: i_dere qual ' e l'and_amentopiU:pr çi_ba?ile di
-una curva tracciata in mezzo ad una serie di dati sperimenta-
~ i_:

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- 11 o -

Capi tolo (V

MISURE DELLE GRANDEZZE FONDAMENTALI DELLA MECCANICA

Vogliamo ora esaminare i vari strumenti e gli accorgimen-


ti impiegati per eseguire una misura fisica. Inizieremo con le
misure delle grandezze che compaiono nei fenomeni meccanici con-
siderando separatamente le misure delle grandezze scelte come
fondamentali nel sistema internazionale (SI){lunghezza, massa,
tempo, temperatura e · nsita luminos.~) \ da quene delle g?'an:
dezze derivate (forza, pressione, moduli di elasticita etc ... ;
di quest'ultime ovviamente non sara dato un elenco completo) .

...?.- ~- Misura di lunghezze

V. I. I Introduzione
ç,-j. ----~.
La lunghezza é una delle grandezze fondamenta · --~n ti
i sistemi di trfft'f'à'Cri misura. Cè~iifisurea i unghezza sono quin-
èh molto impo rtanti e~~ venire eseguite con grandissime
precisioni. I campioni di lunghezza oggi usati saranno ora de-
scritti.

s;:JS t ·-. 2""' - ea m p i on i di 1u n g h e z z a

La XI Conferenza Generale dei Pesi e Misure (Parigi 11-20


ottobre 1960) ha stabilito di prendere come unita di lunghezza
per il sistema internazionale ' (SI) il metro de finito come
1 650 . 763,73 lunghezze d' Q!l.d.a___nel vuo't"o;-creìl""à"r1l_; azj one G:.
r ancio) corrisgondeJict, ~a :.a~ io .~ . livelli 2 1 0 e
5d 5 "'d el! isotopo di massa 86 del Krypton .~
'-----F-i'110ii' pochi anni or sono si usava una defini ~,9.IJ ~.iver­
sa del metro, che è imgortante pe t che tutt' o ra molto usata per
a costruzion~ di campioni graticil, . Il metro veniva definito
come la distanza fra due tratti molto sottili , tracciati sopra
una sbarra, costruita con cure particolari per g arantirne la
buona conservazione, depositata al Bureau International des Poids
et Mesures al Pavillon de Breteuil a S~vres.
La sbarra e' fatta con una lega del 90% di platino e 10%
di iridio ed ha la forma mostrata nella fig.l.

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- 111 -

La precisione nella definizione del metro dipende ovvia -


rne n te ~a 11 a Q.r e c :..~ ·~Q.ne ,., S. ..Q.!L.b .. ~ é!.l ~--~.•L .~~.t~~i::wj~n a i:,~. 1 ~po -·
sizione dei tratti incisi. L ' incertezza della definizione n ;7"1 -
ra posizione dei tratti 'é' cren or eme-
ecimo · cri -;;ic~ on
"CtO~ mm) r f{i~ u·l-;;-che per -;}u~7ta ragione e possi bi.1-e e ermi -
~lalU-~ gh~-~-z ~~· d ì'"'-~ri' me~t 'r oper quest ~v ia conuna rec isi-; -
ne i un a · pa r fe ' su·-a~c ~i f ioni .,,.,...---..c·-----'- - ~---·..._,,
------~-~---,,..,._.,,.._.u.c_,.~--..--~J

a) b)
Fig . 1

Poiche' la distanza fra i tratti cambia i!_l. coq·ispond~nza


d i variazioni della tempera tura _:'._~t~ t_i°..E,i.s_~s~-~j._e>_ ! i ~s .a _r~J a
~ ratura a l la quale va fatta la misura ; essa e' Q ~ C Siccome
i le'Oe"'f iciente i~-d-IT ~t azion~ lineare .dél f a ie g a platino - irri -
dio e' dell'ordine di v O-~f..::.~J se si desidera s_..h e la__y aria-
zione di lun_ghezza de c ~Tei?.~: si ~f~Q.LE1..,..a... J..0 ~ .,o,.ç_.c o.u.,e
7

che la temperatura ven g a tencq,ta- c 6".$,.t-,,ant,e.~IJ tLQ.......i.L.~ .t,1!1-~,.g_di


g rado .
....,...._, a _9.i~ t ~ nz.~ dei due tratti potrebbe v ~:r- ia.!'~_iE:.g ltre a cau-
~~~U...L..U...~..n i .Jtli.i:.. fa-~l:>~a i;:, r_a_p;uo~ .s.ubi~e ...pogg..ianclol.a .§.!LÌ .§J!.t>-
. orti . Costruendo la sbarra come nella figura 1 la flessione
è contenuta entro Ii;it1-;;;;it-~ -- p1 c~ o i' C~ ci . e' poss161 I e - t-;;;;;_
rarne gfi-~· :rret ti'·: : ·· -·~1'"·'"•••"-'.-- - _,, ~·"---·=~'-" ~~~-~---

.............__t a-a e fì'Il-i z ~ne de 1 metro data dal 1 a Conferenza Generale dei
Pesi e Misure in funzione della lunghezza d'onda della luce a -
rancio emessa dall'isotopo 86 del gas krypton , permette una as-
sai ma ggior precisione e stabilita'.- Infatti la lung hezza puo
essere misurata in termini di questa lunghezza d'onda meglio
.2_! 1 parte su 100 . ~.:. ?22dl Va osservato che la legislazione i-
t a liana 'f-a a'fi c or -lf""u·s o del metro definì to mediante il campione
di Sèvres ,,..--ed.. é. ca~p1 one ega "e f a.. .cop_?. a n. l ,_di tal.e
- -· .pro
- .
Eò .r-i"P·o-.
.

La copia italiana e' conservata all'Ufficio Centrale Metrico di


Roma .

~-Metodi di misura delle lunghezze

Nella Tab. I sono indicati ~e.n.t.i...t,i.pi.....dj.....J!IÌ.~u,n ­


~h .i;;,z z ~ . N_~_! 1~-- t_a L_': 11 a __so no__ i:_r:_: h e _'I!. ~ P..21'.S. .~ t ~-.k. e s ~r · ~n.~!L,_ç;.h,e

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- 112 -

TABELLA I

Misure Grandissime
di e Medi.e Picco le Piccolissime
lunghezze grandi

Intervallo > 100 metri 100 m+1 m 1 m+ 10- 3 m 10- 3 ~ 10- 7 m

Metodi e Metodo del pa- nastri, a- regoli gra- palmer


strumenti rallasse s te , re go- duati sferometro
usati più Triangolazione li gradua- calibro microscopio
frequen- geodetica ti catetometro spettroscopio
temente Metodo degli e- comparatore interferome-
chi tr i

Esperien ~ 1 -
strumenti 1 - microsco-
ze nelle semplic i pio
quali si 2 - fuoco di 2 - spettro-
effettua- una lente scopio
no misure 3 - elastici- 3 - inter fe-
di lun- t a' renza
ghezza

d_urante il corso rel 2_);ive a mi-sixr-e s Ucl.,...-6..!:.


r.;a!-!n~-

brevemente in rassegna i vari meto-


ne 11 a tabe 11 a. · -· · · -- ----

------
--------~--

A - MISURE D} DISTANZE GRif'{l)ISSIMÈ. E GRANDI/

0- ;:
Me t od o de l par a l l a s s e
Questo metodo é usato per misurare distanze grandi del-
l'ordine delle distanze stellari. L'angolo compreso
rezione sotto ~ guale si vede una st,el l v.Lc i n_. _n di-
rez ~ Essa'"'ne ri~ ~p·~~T~:.Ltj!i. _J>. uo' ess~re per e ~. · una stella
D molto piU' - lontana) 1risulta ~}:_,-y ~r.so ual~...) o si mis_u i in
è orrispondenza a d ue posìzio n i o ost~ dt) ) a ter u l la sua
or bi t a v_. 1 a hg . ~1· ·.
Nota la differenza fra questi due an g oli e la distanza fra
le due posizioni della terra si ricava la distanza della stel-
la . Gli angoli in gioco, anche per le stelle piu vicine sono

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- 113 -

Fig. 2

piccoli (secondi d'arco), e solo poche stelle sono cosr vicine


alla terra d a poterne misurar e ' - a -istanza con questo m è~
mete i sono usati per :r;-;te-r e 2 i u' lon taiì"e c he s i ba"";;;_
~---- ..--
partico r ari fenomeni fisic ' .
......

e(\ '_T_r:..~$~l~};.T;è-:g-;Q;j~~
Questo metodo è usato per misurare distanze da qualche cen-
tinaia di metri in su. Si supponga
(v.fig.3) di voler misurare la di-
stanza fra due punti P e X. E'pos -
sibile misurare questa distanza con-
siderando due altri punti A e B dai
quali e' possi l."'I è " ve ere 11 pun t o A
-X e c h e si trov in o aiTin eati con
P . Se AeB sono sce . ti..... in mo èl·oc1ie
- i l segmento AB risulti ortogonale
a - - e a'--in CQil .~oppo rtuno stru-
I
'f e )C; .~ - ::.:r> ~. • .• , ·~

M. Bertolo tti -T.Papa - D , Sette - Metodi d ' osservazione e misure Disp. · 15

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- 114 -

"" e in B l'angolo_
mento (teodolite) si misura l'angolo cx= BAX =
A ""°-·
=ABX ed inoltre si misura con un na-stro la distanza AB - (base)
.re ~mente pi-eco-la (qu~~che decina ~i met r_: i ~ I:! possibile con
metodi puramente trigonometrici misurare l'altezza PX del t .rian.-
..:::::::..
go l o ABX :\

AB
PX
1 1
---+---
t g cx t g i;

Qualora la distanza PX sia' cosi' grande (v. fig.4) da non


poter essere misura-
ta partendo da una
base piccola, ma oc-
corre una base CD piu
lunga, si scelgono due
punti AB che servono
da prima base per mi-
surare la distanza CD
e nota da questa trian-
golazione iniziale la
base CD,, si misura
nello stesso modo la
distanza PX . Fig. 4
1

:..--"..:_, -'....__.._.., ~-.-..--- e eh i (


Si supponga di lanciare un segnale acustico o elettroma-
et 1 co c ò n.tr:o n o stacoJ o. f Q!:t~to ost ~_co ~riTiette una par-te
dell'energia incidente_ ~ si ottiene _un'e_co u~ ll a __posizi ~e di
osservazione. \ Conoscendo la velo c ita di propaga ~~one delle on-
de c e costituiscono il se gnale e misurando il tempo interçor-
so tra 1a part e nza del segnale e l'arrivo de_l_l' eco si puo' cal-
col ~ e la distanza fra il punto d' osserv.azi,o_ne e . l' ostac~~ "
---- Oggi 1[ possibile con vari sistemi elettronici misurare in-
tervalli di tempo con precisi~C1i~o -;;; ~ 10- 8 +- 1 0·- 9--;ec .. Se i
segnali sono elettromagnetici~, in intervalli d{ t'è~p~ di que-
st'ordine, essi compiono percorsi 4i cir c;_a ~3.0_c mJ sicché la pre-
cisione con cui si possono determinare distanze con ta i meto-
__, _::.i"e de T 'o rdì ne 1-·15 cm . Ou e-sto sistema è q uello usato p ~
e s. *ilei radar. . ., ..,._ ""·-- - ~
- -17-uso-de-i s eg na 1 i sonori e' analo g o ed è impi ega to er es.
_ e r la misura del le profondità marine (s,onar). Co n Ì a stessa

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- 115 -

precisione nella misura del tempo (10- 9 sec) un fascio sonoro


percorre solo circa 1.5 x 10- 6 m (poiche' la v«:;lo_c \ t _a_ del suono
nell'acqua é di 1500 m/ sec). Sarebbe quindi teoricament è pos -
s .ibile misurar.e distanze con precisione del micron. Questo in
rea 1 ta' non si ottiene poiche' ~~f!l~oge)l~.i ~. a'... !ld l i qui.do .,.ç: pr~r~en..;;
ti , etc . in t r od ~.<?.~~!.! g,r i _ a §..§,!Ù.~,.m..a.g g.io r i.
------.. -.eoo1-·__..,.
Per misurare distanze medie (dell'ordine di .) .QQ _.:., __t .m),
si usano in genere: 1) aste graduate, formate da supporti ri-
gidi con incise sopra Ìè"d1v1sioni:-s"Olitamente separate una dal-
1' altra da 10, 1, 0,5 cm ; 2) nastri costruiti in modo analogo,
solo che il materiale é fles si6 1'n - (nas ro i stoffa o sottile
nastro d'acciaio pi~ghevolè), etc. La precisione con cui --;r-p;-~· ­
soiìò" e ·se·gu'i.re 'riìi sure ùi - questa maniera non e' ma i superiore al
mezzo centimetro (cioe la più piccola divisione della scala
graduata).

Gli strumenti piu comunemente utilizzati per eseguire mi-


sure dell ' intervallo fra 1 metro e qualche micron (distanze pic-
cole) sono qui sotto elencati :

·' \
1 - Calibro
I calibri (v. fig.5) sono gli strumenti usati ~ ai mecca -
!-1-i ci per le misure delle dimensioni di piccoli cor f!.! 1 ~.o..::
no essenzialmente costituiti da aste , una fissa ad una sc;..orre~
vole rispetto alla prima , munite di ganasce fra cui viene ser-
rato il corpo in misura . L ' asta fissa porta una graduazione in
mm e l ' altra l'indice per la misura . I calibri hanno di solito
un nonio ventesimale che consente misure con precisioni fino a
5
- - - = 0 . 05 mm · e che si trova inciso sulla ganascia mobile A.
100 • '
Qg.e~t__'._ultim.a_gJ.J ò s correr e _ l u IJ.g.o_
' a_ t_ p.r...e mendo i 1 t a s t o. T J
che ne libera il movimento. La misura della posizione della ga-
nascia mobile A, mediante il nonio, rispetto a C pe rmet te di
misurare lo spessore di un co rpo P.
Il diametro interno di un tubo DD é misurato a me zzo de l -
le due ap pen dici E, F di cui E ~ sol ida le con la g anascia A ed
F é so l idale con B. Lo zero del non i o co sti tuis ce l'indice in
corrispond enza al quale va fatt a la lettura sulla graduazione

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- 116 -

incisa sull'asta fissa e


pertanto si trova sullo ze -
ro di questa scala quando
le g anasce sono serrate.
La profondita' di un
foro G si misura con la par -
te H dell ' asta mobile. An -
che in questo caso la po-
sizione in cui l'asta é to -
talmente retratta nel ca -
1 ibro corrisponde allo ze-
ro.
La lunghezza del ca ·-
1 ibro e quindi la lunghez -
za massima misurabile con
esso non supera in genere
--
-;: una ventina di centimetri.
-=- I calibri fissi Jo -
- --
-:: hansson) sono costituiti da
-=- bl~c~ ti rismatici di
-= acciaio lavorati --con-p;r:-
-=-= ticolare accuratezza af -
- -
-= finché due facce opposte
- risultino piane e paralle-
--=- le fra loro : la distanza di
--=- queste due facce é nota con
-=
- -= un errore dell'ordine di
- O 27 0 . 3 micron. I calibri
-=- Johansson vengono costrui-
--
-=-= ti in modo da formare del-
le serie che permettono,
-
- -- con la opportuna sovrappo-
- sizione di pili pezzi, di
-
- -=-::: ottenere qualsiasi spesso -
-=-::: re dell'ordine di qualche
decina di centimetri rego-
- labile a piacere mediant e
e opportuna combinazione dei
@ @
blocchetti (v . fi g . 6 ).L'er-
rore di queste combinazio-
ni non _ 3 up ~ 2.- di _sol i-to__il
micron .
~Nella me~ca _r_i ic a _di a 1-
ta prec i_sione sono spesso
adoperati i calibri di tol -
Fig . 5 , leranza che pos so no essere

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- 11 7 -

costruiti per misure interne e per misure esterne. Un esempio


e' mostrato nella fig. 7. :_Le due.
ganascie S i, e S 2 stabiliscono
u na certa "m.e.ns,i ne:. UQa ap_-
-·p rossimata er difetto (Sl. =
·o- - un-. ui
A"'. ) - - - ,...-......-
mm . e 1 altra per
____..,..__ .....;::~ ~ ~

__e_c..c.e.as.o.. -.S2~...._ ;3.0....±~O~.JìJ,...~m.m . ·

I
I
I

Fig. 6 Fig. 7

12 § t ~t'~!i:!Itil
Il catetometro é un a_ppa,n~cchio che serve
.,,. •• ~- ... -~ .. ....., • .,..,. o-:i.f - • • c;i
a misurar.e
_..,,,,.,cs.,.. .._._..,",_,
• _ _._
~ :-:--- ~,._._ _,.,,__~~

d i s t a n z a · ve r t i c a 1 e t r_ ue p uu.t~ · o !lle.gli.Q.-la~di.s.t..an z..a-.t r,,a,.i_ p,ia.-


ni onzzontal i ;he l i contengo..n o 1!,I lche se.,~..Lf! u p....t..i norn . ,.,-
vano sulla stessa verticale. Il cate-
tometro i costituito (v.fig .8 ) da una
_c:_c:_!:_onna ~rticale che p_~!_a in~~un a
scala graduata lungo la quale puo' scor-
~rere una slitta munita di nonio (in
'gèn-e-r· entesimale) e che sos · ene-- un
cannocchiale. Il cannocchiale e la sca-
la possono ruotare di ,~~~<;?_~~ -­
la colonna. I punti fra cui si vuole
~---
rilevare a guota vengono ...~.--- -·~--------
osservat i_
co cannocch fii°le~ ni to d i ~;tf~ ol~ .
La differenza delle letture corrispon -
denti al centraggio dei due punti dà
direttar:1ente la loro distanza verti-
cai e-·:-~--~·~~~-~-- ~ ~ -- .... - - . I

- Per eseguire le misure è neces-


sario che il cannocchiale si e esatta-
mente per p endicolare alla col on na e
che questa sia e satt amente verticale.
Una livella posta s o pra al cEn no cchia-

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- 118 ~

le permette di verificare queste condizioni.

'Ci)- Comparatore{
Il comparatore (v. fig.9) é uno strumento che permette di
misurare la lun :_;hezza di se~menti. Per traguardare i du~ est<_re-
~_l segmento che si de \ - -
sidera misurare si usano di
solito uno o due microsco-
-·- p i M e M mun iT i C. 1. mi'"Cr()"':
metro oculare - ;~r ~ev ;f"e
} ung o un 'à st a g;;du at:"; : g l r
~ 4. . . . . . - - - ...

.!!.§_SÌ j ei microsc.2.i:~ i ~o.


orto c onaliall'asta.Ladif- p
ferenz:i nell ~ due letture
delle posizioni dei micro- Fig. 9
scopi sulla scala da' diret-
ta~~nt~ la lunghezza cercata. La
LQ.; Q001 mm.j

~J - Vite micrometrica
Uolti apparecchi usati per misurare piccole lunghezze sfrut-
tano l'avanzamento di viti molto precise, dette viti ~ rome ;
triche.
Una vite micrometrica e' una vite filettata con estrema
r e cisione co ~ pas3o per es.,_ 0 ;·5 mm. \ La tes t~ d e'll ~--:~5 te por;
~ u~ piatto od . un tamburo graduato diviso,per es. in SOlJ par-
.,.0:..:_ Quando la vi_t .e ruota .a.Y~nza 1/2 mm per ogni gJ.ro Quindi
ogni -divisicp 1e del piat_to corrisponde - ad un avanzamento 1.
1
Laaa mm· -
-· -- La precisione di una misura fatta con tale dispositivo di-
pende dalla precisione con cui la vj~e é realizzata cioé dalla
costanza del passo della vite. ~ - - - -·- - . - - - - - · - - -
~ --- rn · tutti'{fri apparec'è hi che utilizzano una vite microme-
trica si deve lasciare un certo gioco fra le parti fisse e quel-
le mobili perché gli spostamenti avvengano senza attrito esa-
gerato. Ne risulta che quando si cambia il senso di rotazione
d e lla vite bisogna riguadagnare questo gioco prima che lo
spostamento del pezzo iniii nell'altro senso.Questo ritardo si
~ .___.__
puo tradurre in un errore sulla misura se non s i ha l'accor-
--- - -
tez- z a di -far- avvenire g.!._i _ S ~~i__sem nello te..,SS
~s.o.

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- 119 -

5 - Palmer
Il palmer é uno strumento costituito da una vite microm,e-
trica che gi~a nella - s~a ~adrevite " e serve per misurare picco -
§~ · ~o é mos't'i='at ;-n;i ~ a fig.10. ~L?_~_p-~re d a mi :
surare viene posto fra la base~ta e e la
unta B de a vit e miCrom-etr:'ìCà: Le -~
est~;;;rt'i[i -;G~ ;n ~ l ~ v o ~ at"; p_. ;;-e p a -~ _
rallele fra loro. ) La punta B della vite
m1 crometrica viene fatta avanzare giran.
do la testa A.
Il fermo T nella posizione V lascia
avanzare la vite,mentre spinto nella po-
sizione V' la blocca.
V'
Quando ci si accinge ad eseguire una
misur i"'° per pr'"'~ ~ co~~~ c-orre ve ;Tfi~
T..f>y
To "-~w~..E-9....~~fl; strume nto ~Per q~est7;··~'"i fa
avanzare B fino a giungere in prossimita
<ITC guan o i i man icot o . Successiv~
~-tesì" seguita a fare avanzare la vite
girando non piu' il manicotto A ma la fri-
zione F . La frizione e'un dispositivo co- A
struito in man i-e z:..a_t .e ·~he - u-a-nd-;; la
rre 's sione sull'oggetto da- misurare supe-
~~~~~--,,...-~~.--~~,.-.~---~~~~..-.·------~
ra un certo va ore isinnesca av w_z S! -
mento e a E~~..fl. ~ In questo modo ci si r
assicura che la pr ~si.o~~~~-fil-G..9-.!tt<..a.t..t e-
sercitata dalla punt ';i B non superi ~ c,e .,
"!"""..........,......._.......__......,.._ ,_....
to va ore. Fig. ;10
In genere la graduazione che si leg-
-····· - -
ge sul tamburo N non sara lo zero ~ l valore trovato dovra quin
ai essere sottratto a!Ia lettur~_Qt.te.J1 Uta uan O si esegua
misura interEonendo l'oggetto X di cui si vuole eterminare lo_
·S 'essere fra la pu·;t a B e l~ base -C.. """" . - '
~ .#· ... • ~ r.' , '
-"-I-1 passo della vite puo essere per es. O. 5 mm e se il tam-
buro e diviso in 50 parti si potra' apprezzare la frazione o. 5/50=
=O . 01 mm. Si comprende come scendendo a V-alori cosi' bassi di
spessori sia necessario e h.e la" Rress-ione su, '13 l~
stessa, l' ~so della .
' f'ri.~ione.'
r.•-----:- _,

'8- Sferometro

- --· -
Lo sferometro ( v . fig.11) é uno strumen.t.Q.. che 2 uo'.
, us ~~-~-1?~! ~~isurare spessori o a ne he ~ a_gg_i di _ <;.l!r.X........t.,.....,._"".....,....,_...::;:.:,,,,.
.._,_
perficie sferiche.
- -E s~é',.,cost1t l!1 t o da un ~~_eppiede (T) i cui piedini si tro-

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- 120 -

v~no ai. vert~ci Ai un. tria~~ o ~ o _eq~iJ atero ::. Al ~entro del tre P.J
piede si avvita una vite micrometrica V la cui testa A scorre
lungo u ~asta g_!'. a~d_uata B, che serve a contare i numeri di gir 1:.
cI:e_ comp ~:.__l ~_v_~te. \

a)
b)
Fig . 11

Anche i E questo caso é necessario che 1 a pressione del 1


[>Unta della vite sia sempre la stessa.I Una frizio ~; F s ~ rve a
garantire questo.
In alcuni sferometri invece di adoperare la frizione si
adopera un altro metodo. Attraverso 1 a vi te micrometrica, 1 un-
go il suo asse, viene fatta passa-
1
re una sottile punta aa collegata
superiormente con un sistema di le- L
ve amplificatrici L (v.fig.12).Ap-
pena la punta della vite microme -
trica tocca il piano, l'anima che
scorre nel corpo della vite stes-
sa viene spinta in alto e aziona
il sistema di leve che denuncia il
contatto tra punta e piano .
Tipicamente la vite ha un pas-
so di 0.5 mm: ogni divisione sulla
scala B e' fatta di solito corri-
spondere a due giri del 1 a vite e
corrisponde quindi ad uno spessore Fig. 12
di 1 mm. Inoltre la testa A é di-
visa in 250 parti cosicché si possono apprezzare dislivelli di
0.5
- - = O. 002 mm.
25 0
Lo strumento é usato per misurare piccoli spessori (v.fi-

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121 -

gura llb) ; in tal caso va innanzitutto verificata la posizione


~eL p_onendo_~ s ~ ometro su u a su er icie iana ·J..'._og.=..
getto viene. in seguito inserito - t r a fa superficie stessa (su
~ ui seguitano ad a pp ogg i ar"e i tre piedini e · suppor~ ) eM.'l a
punta della vite. La differenza fra le due letture da diretta-
mente lo spessore.

D - MISURA DELLE DISTANZE PICCOLISSIME


·-- .... _._..
Distanze picco! issime dell'ordine di qualche micron od an-
che inferiori possono essere misurate con metodi ottici.

Prima di illustrare i dispositivi che permettono queste misure pre-


metteremo alcuni richiami sui sistemi ottici e sulle definizioni di alcune
grandezze fondamentali che caratterizzano i vari sistemi (fuochi , punti prin-
cipali, ingrandimento lineare, . ingrandimento angolare, · etc.).çid ~aid fat-
to senza alcuna pretesa di completezza perché una trattazione esauriente si
pud ~rovare in dgni trattato d'cittica .

~Diottro sferico
Il diottro sferico e 'c ostituito da due mezzi omogenei trasparenti ed
isotropi di indice di r~frazione )!Yl ~ \n2) rispettivamente, separati da una
calotta sferica di rag~~~ r_ (v , J.~~·...: _J. L

Fig. 13

L'asse passante per il centro di curvatura Ce per il vertice O della


calotta si chiama asse principale del diottro .

M.Bertolotti - T.Papa - O.Sette - Metodi d'osservazione e misure Disp. 16

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122

Si dimostra che , entro i limi ti dell'approssimazione di ~ ss cioé_ pe.r


raggi poco inclinati ris etto all ' asse, il diottro trasform~fascio o-
mocentrico uscente-da un punto P1 del primo mezzo in un fas c:i.2....2!.!!.2.~entrico
~ssante per un punto P2 del secondo mezzo , ·e viceversa. ·Si ricorda che un
fascio di luce si dice omocentrico quando a superfi Cie è!' onda e' ·sferic f
cioe' il fascio dei raggi passa .Pe r il centro dell-;; sfera2_: 1 e 2 si chia -
mano punti coniuga ti. Un tale sistema si dice anche stigmatico .
"TìAf n t i de Ì primo mezzo (spazio-oggetti) ed i punti del secondo mezzo
(spazio-immagini2_)vengono riferiti a ue sistemi di assi cartesiani con la
origine in comune nel punto O, vertice della calotta (fig . 13) ; l ' asse del-
le ascisse per lo spazio-oggetti ·é diretto verso sinistra --~~:i,}..,:.!1 entre q,!!Sl-
lo per lo spazio-· ini é diretto verso destra • ·Si dimostra che tr
le coordinate p 1 e p 2 dei punti coniugati vale la relazione fondamentalè:

nl n2 n2 - nl
--+-- = - - - - (1)
Pl P2 r

dove r é "p ositivo o negativo a seconda che J.;i calotta presenti la conves-
sita o l a_concavita' risg_~tto a • ~~.ella luce incidente.
Dalla (1) si ottengono le asciss i;_j ed J. dei fuochi F
una volta p 2 = oo ed una volta p 1 = <x>. :Si considerano cioe'ra i al-
1 ' asse e provenienti da punti P1-_:;__!.~ _P.~! ~-~~ dista~za in!ie.ita .
Si ottienè:

(2)

=---- r

Introducendo le (2) nella (1), quest'ùltima diventa:

f1 f2
-+-= t (3)
Pl P2

~e "i~ la formula di ) Hux !iliiiiJ Se le ascisse 1.s dei punti P1 e P2 si riferi-


scono a due sistemi d~ina.te çon orig~ne ne i fM{;h. ed assi orien t,a-
ti come prima specificato si ha: 1 =.s1+ ~;. ~ P:, ;: .s 2 + [ 2 e la (3) divent.p :

(4)

che prende il nome di formula di Newton .


La costruzione dell'immagine si fa come illustrato nella fig . 14 .
Nella figura si é ~ostituita la calotta sferica con il piano tangente
alla calotta il che e' l e cito entro i li mit i delle approssimazi oni fatte.

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- 123 -

Si definisce iJ,lg.r..andimento lineare G del diottro i I rapporta tra le


_iimens inni )j ne a.ci_y..2 _del t immagj ne e qtte fie y 1 de 11' ciggett ò.·

( 5)

Dalla figura 14, .E.2iiiliè l tr.i.aAg.oli t.ratteggiati sono a due a à~-

Fig. · 14

mili, si ricava:

Gy (t1" tpz!F}=!!._ =
Gl (6)
p1 - f1 f2 x1 f2

Infine poich~ ~ntro l'approssimazione di Gauss si ha:

e P2 sin i2 = Y2
risulta anche:

G = ..:'.:.. = ~\ n1. ( 7)
y
Y1 P1 n2 \

Si definisce ingrandimento angolare Gw il rapporto : (fig.14):

@ --
1

Poiché entro i limiti dell'approssimazione di Gauss

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124 -

e poiché inoltre risulta (fi~.14) :

t g "'2 P1
t g "'1 P2

l ' ingrandimento angolare per la (7), si pud ~criveré :

(8)

~ Sistema ottico centrato.


Un sistema ottico centrato é costituito da una successione di mezzi
trasparenti di indici di rifrazione n,n 1 ,n2,· · ,, n' separati d.a su 2erfi.ci
sferiche, i cui c~~,c!,~ . ~~vaps_ura . giacc ' ono ...§Jl...~'\!na _~ ~~~Ma ~J:c~tt_
chiama asse ottico del sistema (fi .15).

J('

A E

r F'

Fig . 15

In particolare qual c he s_:gerficj s~ .,e iana e normale all ' a.s ·-

Per un sistema siffatto valgono le consid e razioni fatte er i diot-


tro sferico purchi ci si tro v i sempre entro ~pprossimazione i Gau
-.,,,__ · 11, I~- ... ""'... J~i"WlOO""
a1' - AF»mijlllll:-.:;if

In tal caso il sist"'ema va studiato come se si trattasse di un sistema


di diottri J le cui immagini fornite dal ~~?. ~ o,.stituj. sc,:?JUi! g_ R!U;..
11 secondo e ~ osi' 'vi ~'J I~ ~i~; i te ;;;;~ si applicano a ciascuna superficie
rifrangente tutte le formule stabilite per il diottro semplice ,
Tale procedimento risulta notevol mente complesso . E ' ~ossibile perd far
vede re com ~-Il~! ~!l divid u,.a_r ~.....<.>tt j.c;;_am.e ~ te _il sistema , sia sufficiente sta-
.hlJ. i -i:.e la posizione dei fuochi e dei cos:l detti punti pricipali--;.,

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125

Per determinare la posizione dei fuochi F e F1 consideriamo un raggio


~noso AB pro:v:e_niente da sinistra e parallelo all ' àsse ottico ~ -
Questo verra· i:ifiatto secondo un raggio che interseca l ' asse del si
sterna ottico in F' ; analogamente un raggio proveniente da destra e paral -
lelo all ' àsse verr~ rifratto ed intersecher~ l ' asse ottico in F. -I punti Q
1
e Q determinati dall ' intersezione dei raggi rifratti con le direzioni dei
raggi incidenti risultano coniugati perch~ ~ttenuti dall ' incrocio di raggi
coniugati FQ, AQ e BQ7, F ' Q' . ·Con considerazioni analoghe si vede che esi -
1 1
stono due piani 7T e 7T ortogonali all ' asse ottico e passanti per Q e Q i
quali godono della proprieti ~he una qualunque parallela all ' àsse interse -
ca su di essi punti che sono coniugati . :Tali piani sono chiamati piani prin-
cipali del sistema. I punti O ed O' determinati dall ' intersezione dei pia -
ni principali con l ' asse ottico si chiamano punti principali del sistema .
1
Si osservi che in conseguenza del fatto che 7T e 7T sono coniugati , la
1
immagine degli oggetti in 7T si forma in 7T e viceversa ; tali immagini ri -
sultano di dimensioni uguali <lo'Q l·=·loQI)
1
e disposte nello stesso verso
degli oggetti.
Il sistema risulta perfettamente definito una volta nota la posizione
dei fuochi F, F ' e dei punti principali O e O' . Infatti tutte le formule
date per il diottro valgono ancora purché si prendano come origine ~egli
assi di riferimento i punti princi ali e o' p~ o a-
zio oggetti e per lo spazio immagi~on..v~.-~o,,.n =e-...:;==..,.."""=""-"
assi resta immutata .
La costruzione delle immagini va fatta come indicato in fig.16.
~s ~.Ùyi "Ch'e,J!;'i~C'àS"07rti~"E:,~~ lto ft e ~~ i )}-- rl!tica ,
che il primo e l ' ultimo mezzo siano uguali,le distanze focali risultano u ··
... _ ............ ...::::::::::::~~-=:::::::::::::

guali. · Infatti consideriamo i triangoli simili BQf, ~ DQ' B' , O' Q' F ' (fi -

!J J'( J('
n
11'

B R Q'
------
y
./1'
A o
y'

cx:__
~ _y_ ~ .Il p'
~e --------- y y'
? ;' -f 'I
D i
:~o - L __y__ Fig. 16

I
' è '".:;
/
La cultura l { '/
un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)
- 126

gura 16) si ottiene:


___.--.
f y f, --y - t' I
G~~~~-j
I - -,-
y + y p

L ' ingrandimento lineare diventa allora :

I
y' f p
G =-
y
y t' p

Ricordando la (7) si deve avere:

f n
--=--
!' n' ,

= 1
e per n n deve risultare f f • . = 1

In tal c aso le varie formule date si semplificano notevolmente.


In particolare la formula di Huyghens (3) diventa:

1 1 1
-+--=- (3a)
p p' f

c) Sistemi compos t i

Due sistemi ot t ici centrati coassiali formano un unico sistema cen ··


trato composto . Il sistema c omposto r is u lterd ~erfettamente individuato se
si determinano le posizioni dei pu n ti principali 00 e dei fuoc~i FF' . ·
1

J[ J 112 J{'
~

--LI-+
Y1 ?12
.Xj :r:' ~2
- ~.2
~
-
Jf 0.1 O'i F..'
i O,i 0,2 ir_z-
,wyj Y,2
~

d -
Fig . 17

Ne lla figura 17 sono rappr esent ati i due sistemi centrati coassiali .
Si assumono come assi di riferimento quelli con orig ine nei fuochi (x~x1),
(xi.y~), (x 2,y2). (x~,y~); 6. (> O) fl chiamato intervallo ottico del sistema e
v iene contato sull' asse x~.

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- 127

Le coordinate x 1 f e x~F• dei fuochi Fed F 'sugli assi x 1 e x~


1
si ot -
tengono applicando la {4) (fig.18)

f lf~
= - - -·
- I
X2F
I
(9)
6
1
. Per ottenere le coordinate f ed J' dei fuochi F,F rispetto a riferi-
1
menti con l' òrigine in O e 0 (punti principali) si consideri la fig . 18a
relativa alla costruzione dei raggi rifratti dai due sistemi per un raggio
incidente opportunamente scelto. :

1('
A .E ~

(j
lj

d
Ìt\ I !'.)
-------
V\_ f '- Fig. 18 al

B' A'

Fig . 18 b)

Un raggio AB, parallelo all' àsse otti c o, a distanza h da esso e d in-


cidente sul primo sistema viene ri f ratto da questo nel raggi o CF 1 che pas-
sa per il secondo fuoco del primo sistema (F~ ) e raggiunge il piano pr l.1-
cipale del s e condo sistema in E. :Ess o sar i rifratt o dal sec ondo sistema in

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128

un raggio che passa per E.' . ·Allo determinare la inclinazione di


·- - -.S..C.Of>G-
. =---- -
~ raggio rifr-;t°to per E' · ·c w..ti..dru'..il..1!1 0 il rag.f!:Ìo F2D parallelo a 'CF[ :
~tram~~..M i r g.g i-·-i-nà.A.g~Lm~,!1~- s.~~5,ell)~-:;~_;~~~iin rag--
gìe"li"'e si incontrano in un ~~Q.Jle
secondo piano focale del secondo si -
stema • . ~ le quindi ,.,determinare
- ,- . ~-·- __
tale unto ,..,1r e -...-...,.....
gio E H uscente dal secondo sistema coniu ato del
'1 conseguenza i 1 r ag -
. ~ _
...:.-.........-.....
· AB che e t.t:a-ne l
~-

1
primo sistema ; esso incont r a l ' asse del sistema ot t ico in F , secondo fuo-
c o del sistema composto e determina la posizione del secondo piano princi -
pale w' del sistema composto giacch~ la sua intersezione con esso deve di-
stare dall ' asse di una quantita' 'h pari alla distanza di AB dallo stesso as-
se . ·Un ' analoga costruzione va effettuata per trovare il pri mo fuoco F (fi-
gura 18b) .
~~~~__d.u.e_t_r ;i.~~-g~ lj._ s_im.Ui._:.~ tt.eggiati in figura 18a s ~_~:

h' A li' !~
=-,-; =--
h /1 h !'
da cui:

!~!~
t' ---- (10)
6

ed analogamente dalla fig . 18b S1 ha:

/1/2
f ---- ( 11)
6

I segni negati v i s ono d ovu t i alle assunzi on i fatt e s ui ve rsi degl i as -


si .
Se al po sto di 6 si i nt r oduce la d i stanza d t r a O~ e O~, essendo 6 =
= d - f~ - / 2 , si ottiene :

!~ f~
f t' (12)
!~ + f 2 .. d

d ) Lente spessa

La lente spessft é un si flte ma ott ic o costrui t o dalla succ e s si one di due


diottri semplici (f i g . 19) .
Le distanze focali sono determinate dall e (2) e valgono :

!~

pe r i l primo diottro , e

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129

n2 n3
f2 r:2 i !~ r2 (13)
n3 - n2 n3 - n2

per il secondo diottro . -.a,


(T
t- ~

n1 112 n3

I f .r.e

1_ _ _ Fig . • 19

La lente spessa può essere pensata come un sistema composto per il qua-
le si possono trovare le distanze focali F F' e la posizione dei punti prin-
cipali o,o' applicando le (10)' ( 11)' oppure la (12) .

r
~nte sottile
Quando d é ·trascurabile la lente si chiama sottile ed in tal caso si
-=:_\ pud assimilare ad un piano in cui coincidono praticamente ..__i piani princi-
1
/ pali del sistema risultante. · I punti principali coincidono con il centro
della lente.
Se, come al solito, chiamiamo con fi , ff; [g 2 J ' l_Ll is ~ ze focal ~ i
due diottr~~tuenti !!.. lenJ; e, n l' ìndi.,.S!L di rifra ~e d.el_ma.te..:~e
di cui é fatta la lente , no quello del mezzo rn cui é i.1!1.Ner__s~ , dalle (10)
e (11), (13) si ha: · - ·-·- -~---·

1 (E) -(!~ + f2) n3 - n2 1 n2 - nl 1


- =- =- --+
f 1}!3,) fi/2 nl r2 nl r1

1 6 n3 - n2 1 n2 - nl 1
--= - - - = --+
f f~f 2 ns r2 ns r1

Se il primo e l'ultimo mezzo hanno lo stesso indice di rifrazione ns=


=n1=no, n 2 =n, si ottiene :

M. Bertolotti -T . Papa -O.Sette - Metodi d'osservazione e misura Disp . 17

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- 130

l enf/ convergenf/
a)

I[(
Fig . 20

I raggi di curvatura r ed r 2 vanno presi positivi o negativi a se-


conda che la calotta sferica co rrispondente presenta la convessita' o la
concravita rl.Spetto al verso del fa --luc e inc-ide~t-; (f'ig:2(i)':-:"~ la distan-
....___ . . . . -.-.-: ...
za focale e maggiore di zero si dice che la lente é converg.ente se e ne-
' .
~ati·;~1·; T~-~t;; é dtv-;·;;;;"ie:;) Dir~~7h~ 1 ;-d" i--;t;;;;;T~ a"i;--1-;;g;;;.-;.;;-;;_
gnifica che il primo fuoco invece di essere a sinistra é ·a destra ed il
secondo fuoco a sinistra. · Per le lenti sottili valgono ovviamente tutte
le formule date per il diottro . · Le costruzioni delle immagini si eseguo-
no alla solita maniera . In figura 21 sono date le costruzioni grafiche

!h

a)

Lente convergente Lente convergenTe

d)
Lente di'vergent"e Fig .2 1

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


131

dell e imma g ini date da una lente conve r ge nte e da una lente divergente nel
caso in cui l ' oggett o sia posto ad una distanza dalla l e nte maggiore della
distanza focale (fi g . 21 a) e b)] e nel caso in cui l ' oggetto sia posto tra
il fuoco e la lente (fig . 21, c) e d)] . Nel caso a) la lente fornisce una
immagine reale e capovolta ; negli altri casi le immagini sono virtuali e
diritte.

6\D et ermi nazi o-~ e del l ~!i s t ~~ z a- f -;, ;_al ~- ~d~-l~~; ·~__ le_::, ti___ \
1) Lenti sottili
La determinazione della distanza foc~le di una lente sottil e puo' es··
sere fatta con i se ~~:!.~.U.!L~~ odi sem ili,ljj
1) Misurando i raggi r 1 e r 2 di cu_~.!!!:!1 delle _ç..!! l ?.!l.~~2.f.ciche JJ.~n -
te con lo sferometro e a ~eJ.I ca ~~!.c;.rmul~ J

, Per questo occor:_:_ ~~~i:,:__:::. ~ valore dell ' i_n_i:i,.ce ,...iF ..r ifr ~zio r_i_ e_. !1 del -
la lente .
2) Misurando le distanze p dell ' oggetto e p' dell ' immagine dalla lente e
applicando la formula di Huyghens

3) Misurando l'ingrandimento lineare G di un oggetto posto a distanza p


1
dalla lente ed applicando la relazione

f
Gy + 1

~ Sistema di lenti sottili .


Sia dato un sistema di lenti L 1 ed L 2 sottili coassiali poste a di -
stanza d, immerse in aria, di distanze focali f 1 ed f 2 rispettivamente (v .
fig.22).
Dalle (10) e (11) si ricava la distanza focale del sistema in un ri --
ferimento la cui origine é posta nei punti principali del sistema. Essa e'
data da :

(15)

La (15) si puo scrivere anche :

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- 132

1 1 1 d
+-
1'2
Talvolta invece della distanza f dei fuochi del sistema dai rispetti -
vi piani prin cipali interessa conoscere l e distanze ~ e ~ ' dei fuochi F ed
F' dal centro delle lenti L l. ed L 2 •

D .D'
iJ
----~
' '-..._
r ~ r; P'
.r,"'I·..
1 ..... . 12

L1 / L2

d 4>'

Fig . 22

Dalla figura 22 . tenendo presenti la (9) e la (15),si ricavano i valo -


1
ri delle distanze De D :

f, _d
D D'

con le solite con ve nz ioni sui versi degli assi .


Si ha quindi ;

f i.!2 - f i. d
f 1-{>f2 · d

fd2 - f '2 d
f1 + f2 . d

Passiamo ora ad esaminare alcuni strumenti e metodi per


misure di piccole distanze .

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y
- 133 -
--
73 Lente d; ;ngcand;meoto

E' noto come per osservare piccoli oggetti s1 adoperano


le lenti d'ingrandimento o sistemi più complessi, corretti per
le principali aberrazioni, che servono ad ingrandire le imma -
gini osservate dall'occhio (microscopio semplice). Si ricordi,
a questo punto, che nell'occhio umano gli enti che danno la sen-
sazione delle immagini sono i coni e 1 i bastoncelli della reti-
na. Un oggetto apparira tanto pili ingrandito quanto pili grande
e l'immagine reale formata dal cristallino sulla retina ossia
quanto piu' alta e
la proporzione sensibile della retina inte-
ressata. · Per tale motivo un oggetto via via che si avvicina al-
1' occhio apparira sempre pi~ grande (v. fig. 23)- Si capisce a

Fig . 23

questo punto come la grandezza che caratterizza l'ingrandimen-


to sia l'angolo sotto cu1 viene -visto l'oggetto dall'occhio.
Tenuto conto che il potere di accomodamento del cristallino é
tale che la distanza pili opportuna per osservare un oggetto sen-
za che l'occhio si affatichi sensibilmente e' di 25 cm, si de-
finisce ingrandimento visuale M il rapporto t ra l'angolo e' . sot-
to cui e vu~ta · ,llgi.!!.e p,rJD.,.a,.ta ....d~ l lente d; 1n ra@i"'m ento1
e l'angolo e sotto cui si vedrebbe l'oggetto ad occhio riuao 1-
a istanza della_ vi_sione_,distint. !i.oJ.25-a-m}&

e' .
M
e
Per una lente sottile di focale f, dalla figura 24,risul-
ta facilmente:

e' y' do
(16)
M
e p' + 6 y

in cui y e y ' sono le dimensioni lineari dell'oggetto e della


immagine (virtuale) che di esso forma la lente L , 6 e la di-
stanza tra il cristallino e la lente.
Ricordando le relazioni

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- 134 -

y ' p
,
y p

Si ottiene sostituendo nella (16)

M ==-=
e' do (f + p I )
(17)
(} f(p ' +6)

In genere l'occhio si pone vicino alla lente per cu1 ri-


sulta 6<< p' e s1 puo' trascurare.

Cristalli'no

g'
-~~·~-·----
......... --
--.. . . . __">...;.:-·- ...
y --- ...
f! . - -
··-
"@"i··· ----- .•
F r --
.........
.........
-- ---/
/
/
,.._____ LI----"-~-~ /

Fig. 24

Poiche' l'occhio si accomoda senza fatica dall'infinito fi-


no a d 0 , l ' ingrandimento visuale varia tra i valori dati dalla
9 0
(17) 1n corrispondenza di p =w e p == d 0 • In questi due cas1
si ha :

M
/l

M = e(} ' 11do.__./ t


=1f + 1 i (p ' - do)

L' ingrandimento visuale


L---J
e
percio' piu grande se l ' immagine
s1 forma alla distanza della visione distinta . Consideriamo co-

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.. 135 -

me esempio una lente di distanza focale f = 2, 5 cm . Per i due


casi estremi contemplati sopra si ha:

25 I
M = - - = 10 (p = oo)
2,5

25 I
M =--+ 1 11 (p =do)
2,5

Poichè le lenti d'ingrandimento generalmente usate hanno


distanze focali piccole e pere .i o' danno approssimativamente lo
stesso ingrandimento per distanze comprese tra 25 cm e l'infi-

nito, la più semplice espressione ~è comunemente usata per


1
f
indicare 1 ingrandimento. Di conseguenza una lente di ingran-
dimento con una focale di 2,5 cm viene marcata M= 10 (abitual-
mente M si esprime in diametri e si usa il simbolo 10X).
(~-.

U) - Microscopio
Per eseguire misure di lunghezze molto piccole fra circa
1/ 10 mm e 1 µ si pud usare il microscopio .
Un microscopio è costituito da un sistema di lenti chia-
~to obiet~, atto a fornire un'immagine E. .e ale dell~irnetto,
.:_oassiale con un altro sist «;_,rn,é!., d i lenti, oculare, che della ri-
ma immagine da una secon d a immagin7""°vl.~rt ua ~izione
pi Ù adatta per 1 'osserv az i ~~ e ; cioè ·-ad ·- . \rna~O.i stan za--· all ' oc-
chio molto grande (occhio in riposo) o a circa 25 cm (distanza
della visione distinta).
L'obiettivo pud esser e__r:_e_~zato con una semplice lente
convergente : in questo caso perd le aberrazioni sono n Q...~ e y olì ;
per ridurre le aberrazion ~ si usano coriie obiettivi sistemi con-
"Ver g enti formati o
a piJ lenti. Analo~mente l ' oculare puo' es-
sere realizzato da una o QiÙ lenti e viene disposto in modo ta-·
~ a istanza d fra i l s~-ndo fuoc:o F 12 dell'obiettivo e
il lrimo fuoco F' 21 delT 'OClrhn-e--(-}ttn·glre a o ica del mii::rosco :
Qio) sia pari a ~ ~L'oculare e l'obiettivo vengono monta-
ti alle estremita di un tubo che pud essere, mediante movimen -
ti micrometrici, avvicinato o allontanato dall'oggetto che si
vuole osservare.
Le distanze focali degli obiettivi sono comprese a seco~­
do dell'in g randimento (v~ la (1), pi~ avanti) tra qualche mm e
~ er g iocu ar i- risultano invec e -cl-i qualche ;;;;; _
timetro .
L'o gg etto AB da guardare viene posto molto vicino al pri-

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 13 6 -

mo f uoco dell'obiet t i v o , in modo che questo ne fo r mi u n imm a -


g ine r e a le ing rand i ta capovolta AJ)3 1 nel p r imo p ~.!!.Q..i9,.ç,.ale~
l ' oculare ( v . fi g~ts"a) . ) __g~a .J.' ocu l a r.~ . f o rma un.a--n l!_'?~_irn -
~g i ~~':?B O:.. ':_ir~e d irit : : ris pe_~ a.cl _ A 1 B 1 a.l}'_in f iJJ,.i t:°_ e
d estin a ta a il e s.e.r..e ~a t acfalì o cc li"'Co" . Un lieve avv l.cin a-
~ o d el tubo a ll ' ogg etto da os se iVare -"fa si' c h e l 'immagi ne
A B 1 ~ a- tr a F ed ·; i · p ~d~~sT°~ he Ì1imm a i ne 2 o7 i;B
p on c ada piu' all '..i ....n.J..i_nit_o r.t1~ ~~j_f2 rmi ~ i ~ n ~.fL d..i;J l a n-
Sione d istante U,ig. 25b) .
Vo g liamo ora calcolare l ' in g r a ndi mento visu a l e M fornito
122 --~~~~~~~-

\
\
\
\
Ocv/ara
\ I
I
~
\ \ II
I \
...
\ 12 1 \ I \
i,..
\
\ B1
,,
\ I I
~
Il

"""()
A, \ ' i\
bi \ I \ I
\ lii \ I
\ \ I
\ \ I
I \
\
\ \
\ I

ct I \
d \I

.x'"i l
\
\
.x''i \\
,,
\
l \
\
~f2~ \
\ Ii2
\ Ohiett/v(}
\
\
\
\
\
\
xi \
\
\
A A

a.) IB~ Fig. 25


\Aoo b)

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- 13 7 -

dal microscopio.
Come s' é gia detto l'ingrandimento visuale rè il rapporto
fra l'an g olo e2 sotto cui si vede attraverso il microscopio la
immagine virtuale A2 B 2 e l'angolo 11 1 , sotto cui si-vé'Cle ,a _ oc.;
chio nudo l'oggetto ~ alla distanza d~] l ~ :V i- sio i:e distin -
ta.
Poiche' la distanza per la visione distinta é do= 25 cm ,

oggetto di imensiorri~ tl.near 1 _ii_: ~- ---~ ·~·s


l'angolo sotto cui si puo' vedere nitidamente ad oc é lii'o 'nì.iCi ò 'lP
ii -- . -
--r
\@; QY \
do
H
y,
L'angolo e2 so·tto
m1croscop10 e:
CUl _________ -
L.'...o..g.getto -· __
.......-
- ............. viene visto . attraverso,,,,
il

fl.icordando che l'ingrandimento 1 ineare dell'obiettivo Gy


è dato da:
,
Y2 X1
=-- =--

e che, essendo l'oggetto posto vicino al fuoco,


sere scritto:
"---'~.~~~~~~

r ~
I
Y2 X1
Gy ~--
Y1 f1
L -
&2 risulta :
I
Y1 X1
&2
f2 fi
quindi :

(18)

nome di ingrandimento dell'o-

nome di ingrandimento dell'obiet-

M. Bertol o tti - T . PaF a - O. Sette - Metodi d ' òsservazione e misura Disp . 18

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- 138 -

tivo. L' ingrandimento visuale dato dalla ( 18 ) coincide pratica-


mente con l'ingrandimento lineare quando l ' immagine osservata
si forma alla distanza della visione distinta. Esso s i misura
convenzionalmente in diametri .
In un microscopio si notano le seguenti parti (v . fig . 26 ) :
a - un tubo che porta l'obiet-
tivo e l'oculare.
b - uno stativo che regge il
tubo. ·
c - un piatto destinato all' ap-
poggio del preparato. Il
piatto é dotat~ di sposta-
menti lineari mutuamente
ortogonali.
d - un sistema di illuminazio-
ne del preparato da osser-
vare.
In un microscopio sono im-
portanti :
a - la luminositd dell'immagi-
ne ottenuta con un ' effi-
ciente sistema di illumi -
nazione del preparato.
b - l'ingrandimento.Esso ~da­
to dalla (18) e pud essere
variato cambiando oculari Fig . :26
ed obiettivi . Si possono ot-
tenere comunemente ingrandimenti di
e - la profondita' di fuoco cioé la dis '_a_n_z_a_,lungo la quale si
vedono simultaneamente e sufficientemente dis t inti i punti
dell ' oggetto appartenenti a piani che si tro v ano a d i ffe -
renti distanze dall'obiettivo . Questa dis ta nz a é funzione
de ll ' ingrandimento diminuendo all ' aumentar e di questo .
d - il potere risolvente o potere separatore. Se a ~ la mini ma
distanza tra due punti luminosi dell ' oggetto c he a l micr o -
scopio appaiono ancora distinti , esso v ie ne d e fin i to da ll a
1
quantita ~. Per valutare come varia il p oter e risolv e n te
a
con l'ingrandimento si possono fare le se g uen t i c o nsider a -
zioni :
Due punti si vedono distinti ad occ h io nud o se J ~ an go.l..o
-------- -- . 1
sotto cui sono visti e' ma g giore o u g ual e a 1 1 (circ a - - rad.).
- --·-· 34 00
Alla distanza della vis i on e distint a i due pun ti d evo no e ss e r e ,

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'•
r;
- 13 9 - L·~

,, .
-- ~·"

a, ~

-i I
i

distanti di una quantità (:: ' data da: :

6
a = do • l::ia.

Se per sicurezza si prende l::ia.~2


1
risulta

i
2
a = - - · 0,25"-0,15 · 10- 3 m
3400

La distanza a ' é legata ad a dalla relazione

8
a =Ma

Quindi
I
a
a
M

Per esempio per M= 1000 ; a~0 . 15 · 10- 6 m.


Sembrerebbe quind i cheJ;;'; ti a~m;;:{ta re l'ingrandimento R.er
aumentare a iacere il otere s~p_é!rato·re:=a i_JJ.!L.Jll icrosco io In
~ltà "quest~ non è vero perche' la teoria geometrica che abbia -
~ mo fin qui uti h zza t o e so o una pr im a a ppross 'i maz ì'OneC:i e ot -
tica on d u la t oria. ----- · -~-----~
La teoria, fatta tenendo conto dell a natu :- a ondulatoria
della luce,porta al risultato che il poter e s ep aratore di un
microscopio risulta al ma ssimo

1 2n sin /:J
a À.

dov e n e' l ' indic e di rifrazione del mezzo in cui e immerso l 'og-
g etto che si esa mina, p e
l'an g olo che formano con l ' asse del-
l 'ob iettivo i ra [;g i piu' inclinati che provenendo dall ' o g getto
son o a ncora raccolti dall'obiettivo e À. e' la lunghezza d'onda
della luce che serve all ' illuminamento. La quantità n sin p
prende il nome di apertura numerica dell'obiettivo e in genere
non su pera 1 . 6 . Cosi' osservando con luce verde ( À. = 5600 10 che
e' qu e lla per la quale l'occhio~ pi~ sensibile, si rag g iunge al
massimo per il valore di d :

a~0,2µ

In pratica g ia quando le lunghezze da misurare scendono


sotto il micron i microscopi ottici non possono più essere u -
sati . A seconda del tipo di misura che deve essere fatto si u-

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- 140 -

sano allora tecniche diverse. Per esemp10 il microscopio elet-


tronico permette di scendere a risoluzione dell'ordine di 10 A.

(i)_ Spettroscopi

Gli spettroscopi a r1gore li


strumenti che se o o_a__m.is_ur. ezze nel senso usuale 2 n-
teso come con~ronto _ir..a-se.gnu ti. issj S <?_~o strumen_t;_i che uti-
lizzano i fenomeni della dispersione o della diffrazione della
luce per il confronto e la misura delle lung hezze d ' onda.
Vi sono sostanzialmente due tipi di spettroscopi:

0 Spettroscopi a prisma
Gli spettroscopi a prisma sono basati sul fe.no.m.en dee.il.a
g_ispersione_. E' ben noto infatti che l'indice di rifrazione n
di una qualunque sostanza varia al variare della lunghezza di
onda della radiazione elettromagnetica che incide su di essa.
Per esempio l'indice di rifrazione di una sostanza trasparente
nel visibile ha di regola l'andamento che é qualitativamente
indicato nella fig.27.

1't -- - - - - - - - - - - -/~--~,
- - - - - -t'-~-
- - - /:~
I
I
' '
I
I .,..,.
'
J

{ ''; /- . ~ : \ .... ,''


i i------.:c~J ~t 'c.\__=/- ----------------- --------
(raggi X (vftrav1òlefto)(v1sibile)(/11frarosso) (onde herh,.ane)

Fig. 27

In questa figura le parti tratteggiate della curva corr1-


spondono a lunghezze d'onda per le qual i la sostanza e' forte-
mente assorbente. Come si vede, in queste reg1on1 n cresce con
À mentre nelle regioni in cui la sostanza é trasparente, n de-
cresce al crescere di À.
Negli spettroscopi, naturalmente, si utilizzano le regio-
ni in cui la sostanza é trasparente. Le sostanze di solito u-
sate per gli spettroscopi a prisma sono il vetro (specialmente
della qualita detta flind, il quarzo, il salgemma (NaCl), l.a

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141 "

silvina (KCZ) e il bromuro di potassio (KBr). Curve di disper ·


s1one di queste sostanze per l ·e lunghezze d ' onda per cui sono
usate sono date nella fig.28.

1.68
\/\
I.oh
{.64
' \.Flint
f.62
Uo -· I "'-I
\ I
\' Quarzo
"-l
.I~
'"ti 1.52
_...,
~
\l

..:;
1.50

l.'18 \
-
'--..Crown

........... ,......
.!:i"! vi"na.
-..........
......

l.116 - ~ i'..P!uol"ife
1.44 ,.._
l.4t i
Ho
O 0.2 O..Y 0.6 0.8 i.O 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 ..2•.2 2.4 2.6 2.8 3.0
L11nghe~ze d'onda. 111 fa

Fi g. 2 8

Consideriamo adesso un prisma triangolare la cui sezione


retta é mostrata nella fig 29 . Su una . faccia del prisma , in A in ·
cida un ra gg io lu minoso monocromatico che forma con la normale
alla faccia del prisma un angolo i 1 .
()uesto ra gg io dopo aver attraversa ·- V
to il prisma esce da B formando con
la normale ~n angolo i l
Detto n l ' indice di rifrazione
del pr is ma si ha, per le leggi del -
la rifrazione

(1)

( 2)
Fig. 29
Il ra gg io che esce dal prisma
forma con l a direzione del raggio incidente un angolo o .de tto
angolo di deviazione,che e ssendo un angolo esterno al triango -
.L:>..
lo ABC risulteri ·

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.. 142 -·

..::::::,,,.
Inoltre considerando il triangolo Afffi si ha

cx = i 2 ~· i ~ (3)

Sostituendo nell espressione di 8 si ottiene

Da questa relazione si riconosce che 8 e' funzione di t 1 .


Il suo andamento e' del tipo
mostrato nella fig. 30. Si
b
noti che nella ( 4) t1 . ' e' an-
ch ' esso funzione di i 1 •
Ha interesse, come si
vedra ' ne 1 seguito , calcola ··
bmin
re per quale an go lo t 1 ' 8
assume il valore minimo 8min"
Per trovare tale valore si J( i~
differenziano le (1)' ( 2) ' z
l 3) e ( 4) : Fig. 30

di1 cos t1 = n di2 cos ( 5)

. I
I di; cos t1 n di~ cos i~ ( 6)

o = di~ + di2 (7 )

d8 = di1 + di~ (8 )

Sostituendo nella (6) il valore di~ fornito dalla (7) si


ha :

• J . I
di; cos t 1 -n di 2 cos t2 ( 9)

Dividendo la ( 5) per la (9)

di1 cos t1 n di2 cos i2


. I . I
,
di{ cos t 1 n di2 cos t2

si ricava :

cos il cos .'


t2
d t1
.I
. I di1
cos t 1 cos t2

Sostituendo questo valore nella ( 8) ;

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- 143

di1 ( 1 - 1
cos il
. r1 .
cos ~~ )
cos i l cos l. 2

quindi: Ì/ I

f"'
____,.,/

o e . .,
1:_2 _: .. -~.~/
"'
Calcolando la derivata seconda si verifica che per questi
valori 8 é effettivamente un minimo. Il valore del minimo di 8
si calcola dalla (4) e risulta

Esso rappresenta la minima deviazione che un raggio puo'


subire passando attraverso il prisma.
L'angolo di incidenza per cui di ha la deviazione minima e'

Il corrispondente angolo di rifrazione i; si ottiene dalla


( 3)

__
~,rè:1]

..
• sin
sin i 1 2
n =
sin i 2 . Cl.
sin-
2

formula spesso usata per la misura dell'indice di rifrazione


di una sostanza . Dalle (1), (2), (3), (4) si vede che 8 è funzio -
ne , oltre che di i e a. anche di n ; quindi é funzione di À. Se
si fa incidere su un prisma una radiazione policromatica, que -
s t a ne emergera decomposta nelle varie componenti monocromati -
che .
Ne ll'u so dello spettroscopio occorre aver cura che il ri -
sma sia in ves t i to da un fascio d i ra gg i paralleli j Se la so_r -
~ge n te luminosa é punt iform e si cerca d i ott e ner cio ponendo l a
sor ge n te nel fuoco di u n.a..J_ e convergente _:l In tale caso il
sistema risulterebbe stigmatico. --
. ~·--· -- - ---- ·-

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- 144 -

Poiché in pratica non si riesce mai a realizz a re con pre-


cisione le condizioni ora dette ed il fasc i o di luce incidente
~ ul ~risma é ~.~_eillle,n_t_e -~i v.erge~t~ o . leg~.er_:E1en ~ e__ ,~ 9_!1V~ rg~ n ~ e ~I
conviene mettersi aempI_e__l.n.-Cllll! zioni di deviazione minima
giacché , come e' ~J,,~_v_edere,in tali condizioni l ' influe-n '-
-ia delle aber zi.oni_ astigmatism9__ ~ __ 11!!!!!.<!.gine }_ is_ t '!_ mi
ima.
~ A rigore, come si é visto precedentemente, la condizione
di deviazione minima dipende dalla lunghezza d'onda e solarne ·-
't e come prima a pprossim àZiOile""- s ì puo ritenere di e oter ~;a. di­
sfare tale condizione in un intervallo limitato di lunghezza
d'onda come q~ello dello s ettro visibile
sistono numerosi tipi di spettroscopi. Il più semplice é
quello di Bunsen , il cui principio di funzionamento é mostrato
in fig. 31. ·
La luce proveniente dalla fenditura F passa attraverso un
collimatore e che in figura é schematizzato mediante una sem-

Fig. 31

plice lente convergente. Se la fenditura si trova nel piano fo-


cale di e i raggi ne emergono paralleli.
Dopo essere stati deviati dal prisma vengono raccolti dal-
1' obiettivo O e fatti convergere nel piano L dove si puo' os-
servare lo spettro.
Un tipo pid moderno di spettroscopio é quello a deviazio-
ne costante che sostituisce ormai del tutto il vecchio spettro-
scopio di Bunsen.
Esso utilizza un prisma a deviazione costante detto di Pel-
1 in-Broca.
Qde a to prisma é mostrato in fig.32.
Esso puo' considerarsi come costituito da due prismi i cui
triangoli MSR e MNT determinati dall'inter s ezione d el piano del-

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.. 14 5 ·-

la figura col prisma sono simili.


Essi sono a c coppia t i · con un prisma a riflessione tota -
~

le SRN che ha la sola funzione di far deviare il raggio lumi -


noso di 90° .
s

.......
'

Fig . 32

Si consideri il raggio , OQ~ che in seguito alla rifrazione


in O risulti parallelo ad ~
Tale raggio incide sulla faccia MT con un angolo r 2 ri -
spetto alla normale uguale ad ~ di conseguenza i 1 = i 2 • Si e'
cioè in condizioni di deviazione minima .
Tale deviazione risulta :

Se AO e' un raggio di luce policromatica incidente sotto


l ' angolo i 1 la rad ~ne 'A. 0 p ercui l ' indice di rifrazione ~l:_
prisma n('A. 0 ) soddis ~~ alla relazione :

sen t1
n('Ao) (10)

~ l a radiazione che viene deviata di 90° ed è nelle condizioni


M. Bertolotti - T.Papa - D. Sette - Metodi d ' osservazione e misura Disp . 19

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- 146 -

di deviazione m1n1ma.
Si faccia ora ruotare il prisma attorno ad un asse norma-
le al Diano della fi-
gura.Se i l cresce, cre-
sce il va ore i n che
soddisf~--;lTa TfOT.
Poiche' normalm"ente il(f....)
cresce col diminuire
di _ _0...1 __ al crescere d i
----
i1 emergono successi- ---.-
v amente nella direzio -
ne PA ' tutt·i i~ l~ i
dello spettro, dal ros -
so al violett CJ;"-- -
La deviazione su -
bita dalle varie com -
Ocv/are ponenti dello spettro
che si tro v ano v ia vi a
Fig . 33 in condizione d i de -
. . . . .
v1az1one m1n1ma rima -
(8=90 ° ) .
a deviazione costante ~ schematizza t o in

~ costituito da un nume r o mol -


di feJLd-i-tlITe -sott7iLi_ eq~1ij. i..§..t_éln · u-~u:cr:h ----
puo' essere ottenuto per esempio prati c ando num e rose
incisioni parallele ed equidistanti sulla metallizzazion e d e -
posta in precedenza su una lastrina di vetro .
I reticoli cosr ottenuti vengono usati per traspar e nza . Si
utilizzano spesso reticoli per riflessione ottenuti tracciando
sopra una superficie metallica, piana e speculare, dei tratti
opachi, paralleli ed equidistanti. Questi reticoli lavorano in
lucè riflessa.
Si chiama passo p del reticolo (o costante del reticolo)
la somma dello spessore di un tratto trasparente e di un trat-
to opaco. ·
Il passo del reticolo é in genere dell'ordine di mÀ. con
m=(2+4).
Non si riportera' in questa sede la teoria del reticolo per
la quale rimandiamo ai trattati di ottica. Descriveremo tutta-
via in maniera qualitativa come il reticolo possa servire per
analizzare radiazioni comprendenti varie lunghezze <l'onda.
Consideriamo un reticolo per trasparenza investito da una
onda piana che per semµlicita' immaginiamo propagantesi in di-

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- l 47 -

direzione ~erpendicolare al piano del reticolo, ed esaminiamo


come la radiazione si distribuisce su uno schermo parallelo al
reticolo ed a distanza da ess o molto grande rispetto a p .
La disposizio-
ne sperimentale é S'
mostrata in fig.34. I J?
Una sorgente S I
I
illumina una fendi- I

ò ~o
tura F po-s t a- nel p ia-
~ocale aer ra fon- $
te L1 : questa di l'uo- •
go ad una onda pia-
na che investe i 1
reticolo R. La dif-
frazione ér odot ta
dal r ; ticolo in_ u';°a
certa di i7z°~ee
rispetto alla nor ·- Fig. 34
ma le al reticolo si
osserva all'infinito ovvero sullo schermo S posto nel secondo
piano focale della lente L2.
Prendiamo in esame due f en diture co ntigue (v. fig. 35) ed
in esse due punti P e P ' scelti a distanza p uguale al passo
del reticolo.
Tali punti per il principio
R di Huyg:hens s1 p ossono conside-
rare come sorgenti di onde ele-
m ve ti tutte

mante un ango o
ai ret1colo si abbia un massimo
a1 intens1ta luminosa occo r re~ a'

} ·~-~---~-~-........-
- che 1e rad i azioni
e
~ ---
L'Le.rie.Jl...t · .da
si sov_!: a.ppo ugq no in _ f s_~,
·CT~-T~ h el a d ifferen..z.a- t -F-a- -i- lo -
ro cammini ottici, p sen e , sia
par i ad un n ~m~.Q_:_I. nt er O tl 1
.

-Il-=-
Fig. 35 g ezze d onda

psen e =kÀ. (k=0,1,2 , . . . ) ( 1)

me ntre si avra oscurita' se la differenza tra i cammini ottici


r i sulta un multiplo dispari di mezze lun ghe zze d'onda .
Cio n a turalmente sara'. vero per o gni co pp ia di punti cor-

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- 148 -

rispondenti e posti a distanza p nelle due fessure considera-


te. ·
) 1 fatto eh.e vi si a.uo...J.! n gra l!_ numero di fenditu ·; e , ognuna
delle quali dà luogo con la fenditura adiacente aT-fenomeno di
- diffrazione descritto, ha come conseguenza c n e l r ce . va o-
e
ri di i massimi d l" in""t";;sità di illum i naz"~n e sono r moir:o ·ifiu'
iccol i rispetto al caso aetTIF: en "r't ura a semp li ce ( v. tes ti cti·
o ica ,,_men_tr,e er g - i a tri valori di ~~ tumi: no S1:!
JL_g.raticamente nul a.
Consi d eriamo in fa tti tutto l'insieme delle fenditure e
prendiamo in considerazione una certa direzione e.
À.
Sia k "A.. + - - ,con n intero positivo , la differenza di cammino
2n .
ottico tra i raggi proven.i~ nti da due fenditure contigue.
Se nel reticolo sono praticate 2n fenditure e' chiaro
che la radiazione emessa d~l punto P* corrispondente a P nella
(n+1)-esima fenditura presenterà una differenza di cammino ot-
tico rispetto alla radiazione emessa da P, data da :

À.
nkÀ. -t-
2

pari cioè ad un numero dispari di mezze lunghezze d'onda. Le


radiazioni emesse da P e P* risultano allora in opposizione di
fase e si annullano per interferenza.
Ihpetendo il ragionamento per le altre fenditur e nell a
stessa direzione si trova che le radiazioni di. f f ~; tt e- si di-
struggono a due a due. '~----
Cio' che si osserva sullo schermo S :!.i J? UO cosi' descrive -
re ·.
~- Consideriamo per prima una radiazione monocromatica : per
e= O si ha un massimo di intensità corrispondente a k =O ; s ul-
lo schermo si osserva una riga luminosa, immagin e d e ll a fendi-
tura F.
All'aumentare di & si osserva oscurità fino al valore &1 ,
corrispondente a -~_'.'._-i_J)er cui si ha \

La riga che si osserva é detta riga de 114.f; imo or d ine D


Se si fa crescere e
si osserva oscurita fino al v a loro &2
corrispondente a k = 2 per cui si ha :

p sen f:J 2 = 2"A..

La riga che s1 os se rva si chiama ri ga del s ec o nd o o rd in e

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- 149 -

e COSI
.. .
via.
Se la luce adoperata non é monocromatica, per ciascun or -
dine si osse r vano tante ri g he quante sono e componerit1 mono -
-C romatiche d el l a radiazione incidente.
i a osservare in ine c ie,no t o il passo del reti c olo , si
puo' -;;, eguire una misura a §.§ o l li ta deiTI g-he :nrd ~- e.a'i.::a n--
·. \ -rela sem p lice misura dell'an g olo secondo cui la luce viene dif-
fratta. Lo strumento é aunqu;-
piu' vant aggios o - Cl.e lla ~ spe ~-
1 --scop-ì"o a prisma che inv~ce deve essere tarato per me zzo delle
rig he sp~ttra~i di un~ sorgente luminosa not . ~
·f---'-- - - - - -

Caratteristiche molto importanti degli spettroscopi sia a


p risma che a reticolo sono il potere dis pers.) vo o dis& e,,r;. s.i one..,
ed il potere risolutivo che p:; ssiamo a definire.

c o nside razioni
minima 18,=l8- =f2i ~ d i-
~t t__mJ ,_ ·~ -
cx.
noltre : sen i n sen Si ha quindi :
2
.----- ....

V\~ ..(
-----2' d8
dn dn sen i

Se il fascio di luce riempie tutto il prisma di base B,


indicando con b l'apertura lineare del fascio eme r ge nt e , é im-
med iato v e rificare dalla fi g . 3 6 ch e:

z
-:r-

Fi g . 36

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- 15 o -
_........

}~ /~!±]
'B
/ dn I I b
~-'
In conclusione, quindi :

~"r B-dg
df... .b df...
( 2)

:--
~ -
f;
Il fattore n ~ una proprietà caratteristica del mate-
df...
. 1 e d. i. cui. e' f -éftt'bI il prisma.
ria

) Potere risolutivo di un prisma


Se il fascio parallelo incidente sul prisma p ot e sse essere
fatto convergere esattamente in un unto (secondo le approssi-
~
m~a~z~i~
·o
-=-n~i~ye
_..:l~l~'~o.:...:..
t ~t~i-c~a"-~
g~~-0-m~~
---t-r~i-c-a-'\)7,~~d~a~l~l~a-'-~f~o-r~m
.-u
~l~a~t-r
.:;_o~v~a~t~a.!i..~ il
----
otere -ispersivo si vede che due lunghezze di onda che diffe-
--- -- - '

rì scano--per .. "un-Tnt erv.~ 11 ~ .J'.~r... · comunque picco 10- m


-a f ì ni to, s areb -
-·- ·- ... --.· B dn
be:_~!!_::._:_~ t ~~e~~t e,!:~i :.:.:__.~ ~- un a.. qu :_~ t i,.:_a' .@.~r b df... [fil p ic -
cola ma finita, e quindi sarebbero osservate come due punti di-
~
s-::
t~i~n
~t~i-.--------------·---~ - --- - - - -
..,.... Si d."'i mostra invece in teoria della diffrazione che il fa-
~.:_i_~c!,_i, _lu_ç e J i.lJl i_~.a~g~ J:l~ lle dim~p ~i-~n i- l ~_!! eari .~ b ~ el .2!:i.~ma in
direzione normale al fascio non si puo' fa i::_s<?E_;:erg~.r..ILJ~s.S.U a-
~.mente in !1n pun tQ;""ma, piuttosto, ~u un a-zc;'n a i dimensioni fi-
. . • ..,_ À.
~çorri..§.p_~d_,:~ ti ad una apertu.:.:_:_~ lare (V "
La minima differenza 6ì... che pud essere risolta é allora
quella che da' luogo ad una differenza di deviazione (~ Ò )* alme-
no pari a questa apertura angolare . Si ha allor~ :

(~8) *

z.vo de l P[ isma, la quantità:

( 3)

Si noti che il ra p porto fra il otere risolutiv o



p otere disper s i v o
df...

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- 151 -

del fascio emergente. Dalle (2), (3) s1 ha infatti :


b - (4)
d À.

Q -
Potere dispersivo di un retico l_::_- .,A. . ff.çr.>-·
Dalla formula:: p sen e = kt- si ha immediatamente :
~~~·

d.H f ~) ò -=- ycj"'


J
J 6.e k
~-p cos e
6\ 6- \((
__ -
.,.,~ Potere
, ~

..... ;,,,./
risolutivo di un reticolo (\ À ee
Facendo la convenzione che due righe di lunghezza d'onda
r-:-----~'"'\
+!:::J... sono a pena risolte quando l'una da~_un m ~ ssimo di i n -
tensit a: nella direzione in cui altra d' min-imo t c fi teri-&
d1 llayleigh) e ricordando le co ii"Cf1z1oni stabi i _te pe ;i mass..:i-
m1 ed i mini;T"Tinterfere i'il~ ne=l l ~o.n ~ _d,e.1- e-t;,,i-€°'.o-.lo
Sl ha : .

minimo per À. in direzione 8: À = p s en e


mas simo per Q;; 'M in direzione O· k ( t- +!:::J... ) = p sen e
Il potere risolutivo si ricava d a lle precedenti ;

( 5)

Si noti che, essendo b =[in p cos 1!J la dimensione lin e are


del fascio em ergente dal reticolo, tra pote re._E isolutivo e po -
1
tere dispersivo i ntercorre anco..r...a r...e..l.a-z-i-Gn<'__{, 4 )-st, a b i lit a
nel caso del prisrrta :

k
2np c o s e - - - - 2nk
p cose

e) Con fronto tra prisma e reticolo


Per confrontare il potere risolutivo di un reticolo con
q uello di un pri~ma,vedi àiiiO:J! uante te n it un e-
1
~c-°2_ o ~; r __separare due 1unghezze d'onda che _d~JLe :_~ scono di , O
1

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- 152 -

di Ao (M = 10- 1 A)
o
e situate per esempio al centro d ella regio-
ne visibile dello spettro (À"-'5500 A). Considerando i l secondo
ordine (k = 2) per conservare sufficiente luminosità, il numero
minimo di fenditure dalla (5) risulta :

À
2n 27 . 500
Mk

Se vi sono 1000 linee/mm, la dimensione del reticolo


non supererebbe i 3 cm .
Se un prisma dovesse avere la stessa risoluzione,assumen-
dn o
do - . ~ 1000 cm-
1
(per À_= 5500 A, nel caso di pesante vetro
dÀ.
flint), esso dovrebbe avere una base B pari a :

dÀ.
B ·55 cm
dn

/
/
'-1 '·-}
,
.J / ed il. fascio di luce dimensioni tali da riempire tutto il pri -
~
-------
n -
sma.

i=-;nomen i di i nterterenza

\r ) \1 E' noto dal corso di Fisica II che i fenomeni di interfe-


~' · :J ~ renza risultano dal la sovrapposizione di due o piu onde lumi-
nose provenienti da sorgenti coerenti. La maniera piu semplice
per ottenere due sorgenti coerenti è quell a di partire da una
unica sorgente primaria ; i raggi emessi da essa percorrono dei
cammini ottici differenti e sono 1n seguito portati a sovrap-
porsi. Nel punto di sovrapposizione i rag g i, avendo percorso
cammini ottici differenti,hanno fase diversa e, a seconda del-
la differenza di fase si ha una diversa illuminazione da luo~o
a luogo, con massimi e min1m1 di luce caratteristici (fran ge
d'interferenza).
Le fran ge che s1 osservano nei differenti ft:onomeni d' in-
terferenza pos sono classificarsi in tre categorie :
a - Frange non localizzate che si osservano in qu alsiasi r e -
g io n e de llo spazio ove i due fasci sono sovrap po sti .
b - Fran ge con n 15 uale inclinazione o frange localizzate all' in-
finito.
c - Frange d ' u gu ale spessore o frange localizzate sulle lamine
di spessore variabile.

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- 153 -

ca - !..!:. ange non localizz-;, !J!


Un esempio di frange non localizzate si ha nel dispositi -
vo di Young (v. fig.37).
Consideriamo in -
fatti due fori iden-
tici molto piccoli Ai
e A2 praticati in uno
schermo opaco ed equi-
distanti da una sor- --
gente luminosa punti-
forme e monocromatica
S Se si ragionasse in
base all ' ottica geo -
metrica si avrebbero
solo due macchie lu- "'
- .n..z -- -
minose in A ~ e A ~ . In
real ta' invece_ ogn W - - p
pert ura di f frang &,,J a
""ì trce 'ìn iln co ri. o d ' an -
~ ~ anto p H )..~~jite Fig. 37
~ <.ll.1 anto ]2, i u' Ì' aperty_r_a
_ch~ lo origina e' piccola. ~e radiazioni emesse da Ai e A 2 sono
coerenti (percli ~ pr6vengono dalla stessa sorgente S). Esse ri-
sultano in fase se SA 1 = SA 2 ; se S.4i I SA 2 le due aperture Ai e
A 2 emettono della radiazioni che non sono e iu' in fase. Wi! §.QIJ P
sempre coerenti . In ambedue i"""'"casi le radiazioni emesse da A1
e A2 sono suscettibili d'int e rferire nelle regioni dove si so -
vrappongono. (Per esempio nella regione tratteggiata di fig. 37).
f>onendo uno schermo P si osservano le frange di interf c:c enza
nel la regione compresa tra Mi e M2 • L'aspetto delle frunge è
mostrato nella fig . 38.
In un punto M dello schermo (v. fig. 39) la differenza di
fase cp dovuta alla differenza di percorso 8 fra le radiazioni

Fi g. 38

M. 13ertolotti - T.Papa - D. Sette - Metodi d'osservazione e misura Di s p . 20

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- 154 -

uscenti da A 1 e A 2 e' (supponendo che i raggi viaggino in aria


p

~:r=-----~:::==::::::::=JH
eE:::--....:...+--+----=--=--------; o 1y
.D

Fig. 39

cosicche' l'indice di rifrazione n ~ 1) :

2170 21T(A 2 M-A 1 M)


Cf> = -- = -------
À. À.

La differenza di fase Cf> è costante sulle superfici A 2 M-A 1 M=


cost che sono de g li iperboloidi di rivoluzione con A1 e A 2
come fuochi. Le f r ange che si osservano nel p iano P sono quin-
di le intersezioni degli iperboloidi con questo piano.
Il loro aspetto è mostrato nella fi-
gura 40 . La fran g ia centrale si trova nel
piano perpendi c olare alla con g iungente
A1 A2 della fig. 39 condotto per il centro
C . Essa e' dunque una retta. In effetti
poi.che' il fenomeno é semi.Jre osservato su
una piccola r egione ciascuna iperbole si
confonde con la sua tangente e le frange
appaiono rettilinee.
Risulta inoltre che

e poiché {y ±a)« 1J Fig . 40

2ay
[J

Le frange luminose si avranno quindi per

0
= 2ay
kA.
1J
ovvero

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- 155 -

À.})
y k-
2a

dove k e un numero intero (k = O, 1, 2, 3, . .. ) e quelle scure per

y = (k +·.i:_)
2
~
2a

Le frange sono equidistanti e la distanza fra due frange


scure consecutive M / 2a. e
Il rapporto Ò /~. uguale al numero intero k per le frange
luminose, si chiama ordine dell'interferenza.

}J

J 1

Fig. 41

so direttamente in 1 dalla superficie di ingresso, l'altro be


riflesso in J dalla seconda superficie di separazione lamina-
a ria . La differenza di cammino ottico e

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- 15 6 -

& = n(IJ +JK) -lfl

Per ottenere la differenza di fase fra i due raggi rifles-


~ i o~g_i ungere la d ~ ffer ~cammino ol t ì c? B.a:r1 a
ì\"l"Tche ~i_ produce nella r1fless1one d1 un r aggio da un mezzo
~j;· ang~-~te ~u _ di _u n mezzo piJ rifran ee nte ra ggi o a). S i
ha quindi: - · -·· - ----

À À
8=n(IJ+IK) - IH + - = 2n IJ - IH + -
2 2
( 1)
h À À
2n - 2h sin i tg r + - = 2nh cos r +--
cos r 2 2

I raggi a e b sono paralleli e producono una figura di in-


terferenza a distanza infinita (frange localizzate all ' infini-
to). Per poterle osservare a distanza ravvicinata si puo' di-
sporre una lente e in tal caso la figura di interferenza si os-
serva nel piano focale della lente. Sullo schermo si osserva
luce per una direzione dei raggi riflessi legati ad un angolo
di rifrazione r per cui

& = ( 2n· h cos r + ~ ~ = k\. (k=0 ,1,2, ... ) ( 2)

ed oscurità quando

( 3)

Si osservi che l'angolo re quindi i ~determinato esclu-


sivamente dalla posizione di P nel piano focale della lente
cosr che 8 risulta indipendente dalla posizione della sorgente
S . Le frange di interferenza risultano visibili sia per una sor-
gente puntiforme che per una sor gente estesa .
Se le frange sono osservate in direzione normale a lla la-
stra, esse hanno la forma di anelli circolari concentrici al-
ternativament e chiari e scuri. Se si fissa l' attenzione sulle
frange chiare o su quel le scure si osserva che 1 a loro posi-
zione sullo schermo dipende dal valore dello ' sp es s ore h . Misu-
re accurate di lun ghe zze per esempio possono es sere effettuate
osservando lo spostamento delle f ran ge dovuto allo spessore di
aria contenuto tra due supe rfici para llele e p arzialment e ri-
flett e nti , quando una d e lle du e e porta ta si.iccessivar.-; en te in
coin c id e nza con i punti d i cui si vu ol determinare] a c:iistanza .

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- 157 -

Se la luce usata é policromatica,ogni componente monocro-


matica da' luogo ad un sistem a ui frange, ma la loro posizione
é diversa per le varie componenti, dipendendo essa dalla lun-
ghezza d'onda.
Tale proprieta' é sfruttata p e r il confronto di lun g hezze
d'onda nell'interferometro di Fa-
bry-Perot. Esso e' costituito (v.
fi·g . 42) da due lastre di vetro
mantenute parallele a distanza di
qualche millimetro. Le superfici
interne delle lastre sono lavora-
te piane a meno di una piccola fra- R
zione di À e metallizzate in modo
da avere un certo coefficiente di
riflessione pur restando parzial - Fig . 42
mente trasparenti .
Se si fa cadere con incidenza quasi normale un ra gg io lu -
minoso, esso si riflette successivamente come mostra la figura
e ad ogni riflessione una piccola parte della luce si rifrange
ed esce attraverso il vetro. Se s1 illumina l'interferometro
con luce proveniente da una sorgente estesa e si racco g lie la
luce che esce dallo strumento con una lente convergente di di -
stanza focale f, nel piano focale della lente , s1 formano le
figure di interferenza che si presentano come sottili cerchi
luminosi concentrici. Esse corrispondono a quelle direzioni p er
cui la intensità é massima cioé per cui la differenza d i cam-
mino ottico fra due ra ggi riflessi successivam e nte , é un nume-
ro intero di lunghezza d ' onda :

2n h cos i kÀ
À
dov e s1 e' omesso, rispetto alla (1) il termine essend oci ,

nella attuale disposizione , <lue riflessioni aria-vetro .
·2
t
Per i ~O "' si ha cos i - ~ 1 e quindi (n ~ 1) :
2
2
2h - i h = kÀ

a vendo ind icato con H il ra gg io della k-esima fr a n g ia lumino -


sa .
Si vede quindi che i qu ad rati dei ra gg i dei va ri c e r ch i
sono in pro g ressi on e aritmetica ; la distanza fra un cerchio e d

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- 15 8 -

il successivo a1viene sempre piJ piccola al diminuire di k,cioé


all'allontanarsi dal centro della figura.
L'interferometro di Fabry-Perot usato come spettrosco p io
per il confronto di lunghezze d'onda, ha un potere risolutivo
maggiore dei normali spettroscopi a prisma o a reticolo .
Esso può inoltre essere usato, nel modo precedentemente
descritto, per la misura accurata di lunghezze
Con un apparecchio di questo tipo Benoit, Fabry e Perot
nel 1905 confrontarono la lunghezza d'onda della riga rossa del
Cd (in aria secca a 15°C e 760 mmHg) con il metro campion e ot-
tenendo un rapporto di 6438·4696·10 - 10 .L'errore nelle misure ef-
. 7
fettuate era di una parte su 10

c - Frange di uguale spessore


Consideriamo il caso in cui i vari raggi luminosi inter-
feriscono su una lamina a facce leggermente divergenti.Le fran-
ge risultano localizzate sulla superficie di ingresso.
In fig.43 ~mostrata la disposizione sperimentale.La len -
te l è sistemata in modo tale da formare l'immagine del piano
della lamina sullo schermo S ; oppure senza ricorrere alla len-
te le fran ge possono essere osservate ac comodando l 'oc chio sul
piano della lamina .
Consideriamo i raggi A1 B1 ed A1 D1 coerenti pe rché prove-
nienti da una sorgente luminosa puntiforme.
Essi interferiranno in D1 dando luce o buio a seconda che

\
\
\

'
'
Fi g.43

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- 15 9 -

la differenza di cammino ottico :

Ì\.
+-
2

si a u gu a 1 e a k Ì\. o ( k +. -i) Ì\. .


La figura di interferenzapuo'essere raccolta sullo scher-
mo, come s'é detto, mediante la lente l . Lo stesso ragionamen -
to si puo ripetere per i raggi che provenienti da A 1 incidono
in qualsiasi punto della lamina, per esempio in B 2 ; essi in-
terferiranno con i 1 raggio che incide in D2 dove si avra' 1 uce
od oscurità, come detto sopra, in dipendenza della differenza
di cammino ottico dei due raggi considerati. In definitiva le
frange luminose (oppure scure) corrispondono a curve di uguale

Fig. 44

spessore della lamina e nel loro complesso equivalgono ad una


specie di carta topografica (fig.44).Le frange scure per esem -
pio ricordando la (3), corrispondono agli spessori

k Ì\.
h =
2n cos r
Se l'incidenza é normale, cos r ~ 1 ; ed

k 'A.
h
2n

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- 16 o

Quando s1 passa alla frangia susseguente lo spessore del-


la lamina aumenta di

2n

Per es. con una lamina d'aria (n . ~ 1) compresa fra lamine


di vetro, illuminata da una radiazione di 'A. = 0 . 6 µsi ha

À.
0. 3 µ
2n

Se la sorgente non e' monocromatica il fenomeno osservato


risulta la somma dei fenomeni corrispondenti alle differenti
radiazioni monocromatiche componenti la sorgente . L'intervallo
tra le frange non é lo stesso per tutte le radiazioni e quindi
la sovrapposizione di tutti questi sistemi d i frange f a dimi -
nuire la nitidezza del fenomeno .
Si osservi che i ragionamenti fatti per una sor g ente pun-
tiforme valgono con buona approssimazione anche per una sor -
g e nte che abbia una estensione peraltro non eccessiva , difatti
al mutare dell'inclinazione dei raggi che giungono in un punto
della lamina dai vari punti A1A 2 .; ~ . della sorgente estesa l a
differenza di cammino ottico per i raggi che determinano l ' in -
terferenza non varia sensibilmente a causa del piccolissimo spes -
sore della lamina, pertanto in D1, D2,·· etc. · si avra sempre lo
s t esso stato di interferenza ottenuto considerando una sorg en-
te puntiforme. Nel caso che la sorgente abbia una estensione
grande le frange sono in genere ancora visibili,ma la loro v1-
sibilita migliora diaframmando opportunamente la lente.
Sfruttando questo dipo di in-
terferenza s1 possono osservare co -
me s'è detto, per es . le fr a nge di
una lamina sottile a spessore non
costante di valore medio dell' ordi-
ne del micron osservando in luce mo-
nocromatica ad occhio nudo.
Per l'osservazione del le fran-
ge d'interferen z a s1 può utilizza-
re il sistema mostrato nella figu-
ra 45. Una sorgente S illumina u-
no schermo diffusore bianco K con un
Fig . 45 f o r o T a t t r ave r so i 1 qua 1 e 1 ' oc chi o
O gua rda l a s up erficie della lami-
na sottil e s o tt o l ' inciden z a normale .

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- 16 1

Per osservare in luce monocromatica frange molto fini e


fitte, si pué utilizzare un microscopio ~
e una lastrina G semitrasparente come iL+.Ji
mostrato in fig.46.

Misure di aree

Dall ' equazicne dimensionale : Area =


2
=[1 ] si vede come l'unitàdi misura del-
le aree nel Sistema Internazionale sia
il metro quadrato. La determinazione del -
le aree i di solito ricondotta a misure
delle lunghezze che definiscono la for-
(ì_ a .
'0 --~- -
ma geometrica della superficie in og -
getto.
Vogliamo aggiungere qualcosa per il
caso molto comune che si desideri de-
terminare l'area racchiusa da una curva
molto irregolare sul foglio di un dise-
gno. Se la curva chiusa e disegnata su Fi g. 46
carta millimetrata si può, in prima ap-
prossimazione , contare i quadratini contenuti nella curva chiu-
sa. Oppure si pud disegnare il contorno della superficie su un
cartoncino o un foglio metallico sottile di spessore costante
e di cui .si conosce la densità e lo spessore . Pesando il car -
toncino o il foglio, si risale cosf all'area racchiusa.
Per ottenere misure piJ accurate si usano opportuni stru -
menti di cui il pid 'comune é il planimetro .
La fig.47 mostra un planimetro del tipo detto polare . Es -
so e' formato da due bracci TG e CF incernierati lungo l ' asse
c;-1 passante per C . All'estremo T si ha un blocco pesante che
resta fermo sul piano su cui é disegnata la curva che racchiu-
de l'area da misurare.

Fig . 47
M. Per tolo tti -T.Papa -O.Sett e - Met odi d ' os s ervaz io ne e misu r a Disp. 2l

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- 162 -

Il braccio TC puo pero ruotare attorno all ' asse ç 0 per T


e parallelo a t i. L ' a-
sta CF e' 1 ibera di ruo -
tare intorno a e e re-
ca alla sua estremita'
una puntaFcon la qua-
le si deve seguire la
linea.All'altro estre-
mo si trova una rotel-
la R con una scala gra-
duata ed un nonio per
misurare i 1 numero di
giri compiuti dalla ro-
tella durante il suo
moto.
Supponi amo ora che
la punta F nel seguire
la 1 inea di contorno
de 11 ' a r e a in mi su r a F ig . .4 8
passi dal punto P al
punto P1 (v, fig.48). Il braccio CF subisce uno spostamento che
pué essere scomposto in una pura traslazione in cui CF si muo-
ve parallelamente a se stesso e che sposta C nella posizione C 1
e P in P' ed in una rotazione attorno a C1 che porti l'estremo
P da P , a P1 .
Supponiamo di seguire con la punta Fil perimetro di un'a-
rea (v. fig.49) . Il movimento dello strumento pud essere imma-
ginato costituito da due tipi di moto che si susseguono alter-
nativamente : nel primo il braccio CF ruota intorno a C che re-
sta fisso, nel secondo CF si sposta per traslazione . Nella fi-
gura i movimenti del primo tipo sono P1P 2 , P 3 P4 , P 5 P6 · e quel-
1 i de 1 secondo tipo (traslatori) P2P3 , P 4 P 5 • . . •.
Si osservi che ad
una traslazione di CF
corrisponòe una rota -
zione di OC . Le aree
descritte da CF vanno
considerate positive
o negative seconda il
o senso scelto come po-
sitivo per le rotazio-
ni di CF e OC
L'area descritta
dal br a ccio CF risul -
ta so r:1m a di settori
Fig . 49 c ire o 1 ari infinitesimi

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- 16 3 -

(dSr) e di parallelogrammi infinitesimi ( dS t)

S = f dSr +fdSt
essendo gli integrali estesi a tutto il perimetro dell'area
ln misura.
Se si indica con dq>r e dq>t gli · angoli di cui ruota la ro -
tella R in corrispondenza a dSr e dSt si ha per l'an g olo tota -
le di rotazione

Si osservi che poiché il perimetro e' una linea chiusa e


il braccio CF riprende la posizione in~ziali al termine della
operazione

Si osservi ancora che per una traslazione del braccio (v.


fig. 50) la rotazione della ro-
tella e' proporzionale a C C" : e
quindi all'area dSt cio~ si pud
porre

dSt = k d q>t

Risulta percio'

(!" C'

La superficie cercata é per- Fig. 5 O


tanto proporzionale all'angolo
q> di cui la rotella ha ruotato mentre 1 a punta F descrive i 1
perimetro.
La costante di proporzionalità dipende da l rag g io de lla
rotella Re dalla lun g hezza del braccio CF . La lun ghezza del
braccio viene re g olata in modo ch e il numero misurante k s ia
un numero semplic e, per e s. 10. Un controllo puo'effettuarsi su
una a re a di valore noto, pe r es. un qu adrato o un cerchio. Con
q uesto metodo si p ossono misurare a r ee del valore d i qua lch e
decina di cm 2 con un errore relativo del 1°/oo.

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16 4

N J~- {Vol"m;
3
Dall'equazione dimensionale : Volume "" [z ] si ricava ch e
l'unita' di misura del volume del Sistema Internazionale e' il
metro cubo .
Si puo' calcolare il volume di un corpo utilizzando una bi-
lancia. Infatti se si conosce la densita' del materiale si può
misurare le spinta di Archimede e risalire al volume .
Nel caso di 1 iquidi le misure si eseguono correntemente
con recipienti tarati (campioni di volume) e per i solidi si
misura lo spostamento del liquido in cilindri tarati quando il
solido viene completamente immerso nel liquido :, l ' aumento del
volume del liquido per l'immersione del solido dà il volume di
quest ' ultimo. La precisione di questi metodi non e' mai molto
grande · anche se la cura presa nel le produzioni dei recipienti
(v. fig.51) puo' essere assai spinta.

e.e.
.,.
I
f
r

so
e.e.

Fig . 51
'I r ~---
.J ) ""\ • V• I • 6 - An g o I i
.. J ' iL----·
1~ Vi· sono vari. d ispositivi per misurare angoli. In questi
strumenti, le scale, in gradi
o mezzi gradi , sono circolari
e con finezza piu' o meno gran-
de a seconda la sensibilità
che si desidera. Come per le
scale lineari, q ueste circola-
ri possono essere munite di
indici con noni circolari che
consentono ap t)I"O ss ima z ioni di - Fi g. 52

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- 16 5

verse. · Ad esempio é possibile apprezzare i primi di grado, se


come nella figura 52 il nonio comprende 14° e mezzo, o 29 mez -
zi gradi, ed e
diviso in 30 parti. Si possono con questo meto -
do, apprezzare fino ai centesimi di grado .
Per consentire maggiore precisione nella misura ,'la scala
puo' essere dotata di un microscopio con eventuale oculare mi -
crometrico.
Ricordiamo ora alcuni strumenti.

a) Goniometro di applicazione
Questo apparecchio (v.fig.53)
serve a misurare angoli diedri a
tra facce piane. Esso é di uso
molto semplice ma poco preciso.
Fig . 53
b) Livella
La livella a bolla d'aria serve a misurare angoli rispet -
to al piano dell'orizzonte, in g enere piccolissimi, ottenuti
per rotazione di una retta in un piano verticale. Essa consi-
ste di un tubo di vetro qua -
si completamente pieno di un
liquido dotato di grande mo-
bilita' (per es.etere) e chiu-
so ermeticamente in maniera
tale che rimanga ne 1 tubo
A B
una "bolla d ' aria" DD (v.
Fig . 54 fig. 54) . Il tubo é lieve-
mente curvo ed e montato in
una opportuna custodia che consente di mantenere il tubo nella
posizione richiesta. Sul tubo ~ segnata una graduazione G che
serve a stabilire la posizione della bolla d'aria ed in parti -
colare a decidere quando e' centrata .
In questo modo é possibil e verificare se un p iano e oriz-
zontale ~ Infatti se il pia-
no e' orizzontale la bolla
risulta centrata, mentre se
il piano e' inclinato la bol-
la si sposta .
Prima di ese g uire i 1
controllo dell 'o rizzontali -
ta' di un piano occorre ve -
rificare se la livella f! g iu-
sta, cioe che la bolla sia
centrata tra i se e ni di ri-
ferimento quando la base AB
d e l la custodia po Gb i su un Fig . 55

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- 166 ..

piano che sia orizzontale.


Per aggiustare eventualmente la livella si pone questa su
un piano munito di 3 appoggi regolabili (fig.55) parallelamen -
te a due di questi appoggi, per es . AB . si regolano questi in
maniera da portare la bolla al centro, indi si ruota la livel -
la di 180°. In genere avverra' che la bolla non sara' piu cen ·-
trata ; si porta a centro agendo per meta sugli appoggi regola-
bili del piano e per meta' sulla vite V di registro di cui è
munita la bolla. Si ripeta l ' operazione varie volte finch~ la
bolla non rimanga al centro . La livella é giusta. Se si vuole
rendere orizzontale il piano basterà disporre la livella in po -
sizione normale ad AB ed agire sulla vite dell ' appoggio C . Il
piano é sicuramente orizzontale .

c) Teodolite universale
Questo strumento (v. fig . 56) serve a misurare angoli die-
dri ed angoli piani quando tali angoli sono determinati da li-
nee cl1e contengono punti molto distanti. Esso é uno strumento
di uso corrente per rilievi topo -
grafici e triangolazioni. Il teo-
dolite é formato da un cannocchia-
le e con reticolo che individua la
linea di mira. Il cannocchiale puo
ruotare intorno a due assi mutua-
mente perpendicolari z e x . Le ro -
tazioni sono misurate a mezzo di
cerchi graduati che sono forniti di
due microscopi micrometrici diame-
tralmente opposti . Una "lettura"
risulta dalla media delle due let -
ture ai due microscopi opposti ; si
elimina cosr l'errore di eccentri-
cita della graduazione, dovuto al
fatto che il centro della gradua -
zione non giace esattamente sul-
1' asse di rotazione.La misura del-
l ' angolo che interessa viene fatta
dirigendo successivamente il can-
Fig . 56 nocchiale nelle due direzioni che
formano l'angolo e facendo la differenza delle letture corri-
spondenti.
Per i 1 buon funzionamento dello strumento e' necess a rio
che ;
1) l ' asse di rotazion e x sia perpendicol,ne sia all'asse ot-
tico del cannocchiale che all'asse di rotazione z .

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- 167 -

2) l ' asse di rotazione z sia verticale.


La prima condizione e' assicurata dal costruttore . Per il
realizzarsi della seconda occorre fare la regolazione dell ' as
se verticale al momento dell ' osservazione . Questa regolazione
viene fatta, con lo stesso procedimento descritto a proposito
della verifica dell'orizzontalita di un piano descritto prima ,
a mezzo di viti calanti alla base del teodolite con l ' ausilio
di una livella a bolla.

d) Goniometro a riflessione
Questo strumento serve a misurare l'angolo diedro <p tra
due facce piane riflettenti (per es . facce di un prisma, facce
di un cristallo, ecc.).
Esso (v. fig.57) .e costituito da un piatto orizzontale P
girevole attorno all'asse O, normale al piano del fo g lio. Un
indice I solidale con P scor-
~ nz
re sopra un cerchio graduato
G. Un collimatore D ed un can-
nocchiale E con l'asse ottico
parallelo al piano del cerchio
graduato,girevoli attorno al-
1' asse O, completano l' appa-
recchiatura.
La misura dell'angolo si
esegue ponendo sul piatto P
i 1 corpo. Se per es. l'angolo
<p che si vuol misurare é quel-
1 o fra 1 e fa cc e AB e CE si
porrà il corpo in modo tale
che lo spigolo B del diedro
sia parallelo all'asse O. Me-
diante una sorgente luminosa
S ed un sistema di lenti N si
concentrano dei raggi lumino -
si sulla fenditura F del col-
limatore. I raggi luminosi che
passano attraverso F incontra-
no la lente L la quale po- e Fig . 57
sta in modo che il suo piano
focale passi p e r F sicche' i
ra gg i emergenti risultano pa-
ralleli.
Dopo la rifl e ssione su AB i rag g i attrav e rsano l'obietti -
vo E d el cannocchiale. Guardando in questo si pu~ cosr vedere,
s e lo strumento e' b ene a gg iustato, l ' imma 0 ine della fenditura
sovrapposta ad un reticolo di riferimento.Se si ruota P eq uin -

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


16 8

di il corpo, l ' immagine della fenditura si sposta sul reticolo


di rifèrimento. E ' quindi possibile centrarla esattamente e le g -
gere la posizione J 1 dell ' indice sulla scala graduata . Si ruo -
ti ora P e si ripeta l'operazione precedente per riflessione
su 11 a fa c c i a CB ~ s i a I 2 1 a n u o v a po s i z i on e de 11 ' in d i c e . E ' c h i a ·-
r o che I 2 - 1 1 misura l'angolo tra le due normali n 1 e n 2 e quin -
di e il supplementare 180° - ~ dell'angolo~·
Nella fig . 58 e
mostrata una realizzazione pratica del di -
spositivo. ·
Con strumenti molto buoni si pud raggiungere la precisio-
ne di circa l '. :.

E o

Fig. 58

e) Sestante
Questo strumento serve a misurare l'altezza di un corpo
celeste sull'orizzonte. Esso e' mostrato nella fig.59. Un pic-
colo cannocchiale le' solidale con un settore su cui e' incisa
una graduazione che si estende su circa 60° (ossia un sesto di
cerchio, donde il nome dello strumento). Il cannocchiale serve
a vedere direttamente l'orizzonte attraverso M, solidale anche
esso col settore che per meta' é trasparente e per meta' argen-
tato e contemporaneamente serve a osservare le stelle, g razie

11

Fig . 59

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 169 -

1
a due riflessioni successive sugli specchi piani M e M Lo
specchio M' e' montato su un braccio A, munito di un indice , mo -
bile sulla graduazione del settore. Si pud cos ~ misurare l ' an -
g olo di cui si fa ruotare lo specchio durante l ' osservazione .
Lo scopo dell'osservatore consiste nel far coincid e r e nel
cannocchiale l'immagine della stella e quella dell ' orizzonte .
L ' apparecchio è regolato in modo tale che il suo indic e sia
sullo zero quando i due specchi sono paralleli (M' in M~ ).
Se ora per far coincidere l ' immagine del 1astel1 a con quel -
la dell ' orizzonte si deve far girare lo specchio mobile di un
an g olo a, come abbiamo già avuto modo di osservare (Ca p . IV),
l'altezza della stella è 2a. La graduazione del settore ri por -
ta direttamente quest ' ultimo valore.
Il sestante ~ud essere tenuto in mano. I movimenti di un a
nave sono senza effetto sulla coincidenza delle immagini, per -
tanto esso era largamente usato per determinare la latitudine
della posizione delle navi.

l / ........\

y~: V~...v - Misure di tempo

- f' V.2.l f - Camp ,ioni di tempo


::> .......
Per le misure di intervalli di tempo è necessario far ri-
corso alla dur ~~~~E.QJ.11.~.!! 0 eriodico.Si osservi e eraltr Q...
sli e ..J.").e r stabj)jr;,e-Goh . P..ro · p.e rio d ico sarebbe neces-
sar
...,;
' o avere
~~.,.~~
gia stabilito un
...,,..,,,._,.,._, --·---- ·- ..• _........
metodo
. ~ .,..._.---..;:.
er misurare intervalli di
~~ ~~ ..._,.___.......-..,;;.,;;..;-_;o.-;;;.;;.
tempo. Questo fatto porta come conse g uenza che per giungere a
fissare un campione per l ' intervallo di tempo si deve prima in-
dividuare un evento che sembri avere delle caratteristiche di
p eriodicitnp;;-~-p-; ssa gg'°l o e fSole a u~ idiano ter-
restre) ~ po i definire un cam pi one b.as_an.d_o · s g:.u,e..s t~u-e.v-ent.o ..
L_' evento st e sso dive~Tn qu esto modo ri g orosam ~~ riodico
E.!:. r definizioneJ S pesso ·-;cegl i e ndo campioni sta b iliti con ri-
ferimento a processi diversi e confrontandoli fra loro si tro-
va c h e in r e alta' i processi stessi non p ossono essere assunti
tu t ti contemporan e amente come rigorosamente periodici.
0 uesta difficoltà nella d ~te,J;,111Ì.n,azLolloe ciunp · un e ge
~ nte""i--~~ l ~.Qj:te_mp2__h_a _ f ~.t_J;_g__~~-c)2~ _:-:.ari ...:_~m ­
p ioni siano stativ o lta a volta sçelti con l' aument_a-1'.L dell~
p recision?cl. e1 metodi di misura t
-;;t"-C p.eri odic i ut i I i z z~ t i sono stati de i fenomeni nat u -
ral i q uali la rot a zione della terra intorno a se stessa e d in-
torno al sole . Poiché tali moti sono alquant O co mplicati , é be-

M.Rertolotti - T.Papa - O . Sette - Metodi d ' osservazione e misura Disp . 22

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


17 o

ne fermarsi un momento per chiarire il significato dei diversi


i n tervalli di tempo che vengono .considerati .
Si chiama giorno sidereo l ' intervallo che intercorre tra
------,..__.._ --------
due passaggi successivi di una stella fissa attraverso aI me ·-
-
::!.L'"ian o di -u-n éla"t"o l""u ogo .-E;so e' divisoi"n 24 ore sideree , c i; -.
scuna form~cIT-€0-m {n~ti primi siderei ciascuno diviso in 60
secondi siderei. Questo intervallo di tempo viene di solito u
sato in astronomia . Il tempo necessario per una rivoluzione del -
la a intorno tl--s.o~ , . computato quando il sole e Ia terra
tornano a trovarsi allineati con una-stessa s elìà
ann_o s içle.reo--eèfe'-fatt~i 366~2-S-6~1 orni-S1a.,..e_r_e..,.i-.-------
Il giorno solare e' definito in m ;~ come l ' inter ·
~ o di t~~mp_._o_t,L.L <!.\1.. e ~_ uc. cesp .i..Y i ....P,,MÉ?J!gg_1_ q ~I s_ol _
e _ a t traverso
al meridiano .\ Poiche' la terra gira intorno al sole i~~;---c on ­
c orde CO ers o di rotazione della terra intorno al SUO asse ,
in un anno sidereo sono contenuti 365 ,2 56 giorni solari {anno
solare) . Poiche' inoltre il moto di rivoluzione non e' esatta -
mente ne ' circolare ne' unifoFme il giorno solare , · piu ' lungo del
giorno sidereo , non ~costante .
Per gli usi puramente astronomici basterebbe servirsi del
tempo siderale . Per gli usi civili occorre necessariamente ser ··
virsi del tempo solare , ma poi che' l ' intervallo di tempo che im -
piega il sole per tornare al meridiano non e' sempre il medesi -·
mo nel corso dell ' anno nessun orologio potrebbe misurare esat ··
tamente il tempo solare Ne segue che ~opportuno riferirsi al -
la durata media del giorno solare {giorno solare medio) .
Tuttavia neanche l ' anno solare ~ costante . L ' asse polare
non ha direzione invariabile rispetto alle stelle fisse , ma ruo -
ta lentamente descrivendo un cono (moto di precessione) . Quin -
di , dopo un anno la terra non si trova al termine della sua or ..
bita ellittica con invariata inclinazione del suo asse polare .
Diviene evidente che una precisazione del campione di tempo ri -·
chiede uno studio accurato dei moti del sistema solare . Questo
e' stato fatto e non puo' essere presentato se non facendo con -
siderazioni dettagliate . Allo scopo del presente corso sara' suf ·
ficiente dire che i risultati si concretano in alcune norme di
definizione del secondo stabilite da accordi intern azi onali con
riferimento ad osservazioni della posizione della terra rispet
to al sole o , piu' semplicemente della luna rispetto alla terr a
{tempo delle effemeridi) . In accordo alla definizione adottata
nel Sistema Internazionale (SI) il secondo e' definito come la
frazione 1 /3 1.556 . 925 , 9747 dell 'a nno tropico(!) per gennaio

(1) Anno t ropico ~ l ' intervallo di tempo che impiega il sole a passare fra
due successivi equinozi di primavera .

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- 171 -

O, 190 O al le or e 1 2 de l tempo de l le effemeridi ( 1 ) .


Recentemente si e' andata stabilendo per realizzare un cam ·
' ~ d :---- ___ ~ -- d' ' l. l f ~·
pione i ~ . .., za i 11 t1 l z za r,J) e r e q . . enz C~·

teristiche di molecole od atomi le quali o la propri ~. ' gi


' esser e mo 1't o ";"ta"'b:iì'i ~-Qìì èst'i"7è a "";°~ di tempo e' pi u' a ;~·;;s i bi Ì e
di quella astronomie ~ . : n questo caso s i fìa a "'Cfie'": are con q U-et ~
lo che puo' essere del'ìni to pi u' p ropriamen~ n campione ;!J_j,.!:.!. ·
quenza cio_e' dis o 'tivo (1rrOTO- io atomico} che com Ìe uncer
to numero di oscillazioni al secondo Il campione atomico ~~ he
oggi ~p.Lu'-c o~u,;;-Ji~u7;to. -;.- h as.ato sulla ~della._r--;: ·
0

ct i azione emessa nell.a transizione i erfina dell ' atomo di cesi-o


T 33 e p ~is~;e'nt~ nella t7ansi~ one fra i ~ lli F ,, 4 mF ~' O e
F ~ 3 mF ~ O dello stato fondamentale SYi dell ' atomo di cesio non
2

perturh to da campi esterni < > 2 La frequenza di tale transi ·


zione e' 9 . 192 . 63 . 770 Hz . Qu..e.§to campione e' riproducibile e~
sua messa in opera non richiede alcun confronto con un camp_i,o -·
ne pr.i maria.,. 1 lahoratori cto t a ti. eh campioni di tempo confron -
tano in continuazione i propri campioni mediante trasmissioni
radio a frequenze controllate dai campioni stessi .

Orologi

Gli strumenti che si usano in pratica per la misura degli


intervalli di tempo sono gli orologi . Le misure piu' rigorose si
hanno negli osservatori astronomici con i cosidetti orologi a -
stronomici che basano il loro funzionamento s ull ' [socronismo
d elle oscillazioni di "Ull'-Pè n o D-
-~··=~ .-
Va tenuto conto cfìe vari - fa ttori possono modificare la ve ..
lecita' di marcia ài un simile orologio e precisamente le va -
riazioni di tem eratura , -le vari.azioni di p ; ess:Cone atmosferÌ ··
c-a- ~e variazioni di attri t-;- delle ~ v.;:~ ie · ruot-;- dell ' orologio .
Si riesce o g gi a c-ostrii ire oro lo gi cne·,- usa t ( -a --teiiipe r atura . ; d
a pressione costante , vanno d ' ac cordo con il giorno siderale
con un errore massimo di qualche mi llesimo di secondo al gior ~
"'---- --

A fianco degli orologi astronomici altri misuratori di du -

( 1) L'anno tropico alla data di 12 ore , gennaio O, cioe' al mezzo g iorno del
1° gennaio, 1900 ~ la lunghezza che l ' anno tropico avrebbe se il sole con -
tinuasse a muoversi alla sua velocita apparente istantanea,corretta per la
eccentricita orbitale e la precessione dell ' asse terrestre .

(2) La lettera F indica il vettore momento angolare totale somma del mo -


mento angolare atomico J pi~ il momento angolare del nucleo I ; mF ~la pro ·
iezione di tale vettore F lungo una direzione di riferimento .

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- 1 7 2 ..

rata sono i cronometri che sono stati costruiti essenzialmente


per gli usi della navigazione . Essi basano il loro funzionamen ·
to sull ' isocronismo delle oscillazioni di un bilancere ed han -
no una precisione di marcia dell ' ordine del decimo di secondo
Per gli usi di laboratorio si usano anche , specie per ot
tenere campioni di brevi intervalli di tempo , i diapason ed o -
scillatori controllati da lamine piezoelettricfre'\: quarzo)____
Ques ult i mi possono c61rn-e"ll· tiTe~ pT-e·ci-s-i-u-n-t-- · i una par te
su dieci milioni .

~JJ ~ - O,rologi atomici

Gli atomi che al presente sono utilizzati per costruire


dei campioni di frequenza sono l ' idrogeno , il cesio ed il ru -
bidio , tutti con un singolo elettrone di valenza . La transizio -
ne che interessa nasce dall ' interazione magnetica del momento
di dipolo di spin magnetico e quello di spin nucleare .
In assenza di un campo magnetico esterno,nel livello fon-
damentale dell ' atomo , lo spin elettronico si trova nel campo
generato dal momento magnetico di spin nucleare ed ha due pos -
sibili orientazioni che danno due diversi li~elli d ' energia .
La radiazione emessa in transizioni che implicano questi livel -·
li presenta linee spettros..éopiche molto vicine {struttura iper ·
f i na ) -<------ -- ----.:._--::::;--,,.,.
TIJBO /IL CESIO

Filo
cale/o

Elettrodo

Enttzta. della. rad/0 fre'lvenzo..


Fi g. 6 O

Il campione di frequenza di cesio e ' mostrato nella fig . 60


Gli atomi di cesio diffondono da una sorgente e sono collimati
mediante opportune fenditure Il fascio poi passa attraverso un
campo magnetico inomogeneo . La forza che si esercita su un sin-
go lo atomo consiste essenzialmente nella forza che si esercita
sul momento ma gnetico dell ' elettrone di valenza essd <li pende
dal g r adie nte del campo ma g netico ed ~ diversa a seconda del-
1 ' o r ienta zione del momento llio.gnetico dell ' elettrone di valen-
za ci oe' secorido l ' energia dello stato occup ato Gli atomi che

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- 17 3 ..

si trovano nello stato F •4 MF ·O sono deflessi in una ca v ita a


microonde . Entro questa cavi ta' essi interagiscono col campo ma ··
gnetico di un ' onda elettromagnetica proveniente da una sor6en
te esterna . Se la freque~za della sorgente esterna corrisponde
alla frequenza di transizione del cesio cioe 9192 MHz l ' atomo
si diseccita e passa nello stato con energia piu' Lassa (F ,., 3
MF ~~ O) . Dopo l ' interazione con la razione il fascio passa attra ··
verso un secondo campo magnetico che separa ancora una v olta
gli atomi che stanno nei due stati di energia Un opportuno ri ..
velatore raccoglie gli atomi che si trovano sul livello di e ··
nergia minore . Questo rivelatore dcostituito da un filo caldo
Gli atomi che lo colpiscono si ionizzano e sono quindi attrat
ti da un elettrodo caricato . La corrente in uscita e' propor
zionale quindi aì numero di dtomi che sono stati diseccitati .
Se si varia la frequenza del campo esterno si ha una cur -
va come quella di fig . 61. Tale curva rap ·· 1
8
presenta anche l ' andamento del! ' energia
assorbita dal gas (o del coefficiente di
assorbimento y) qualora esso sia inve -
stito da un ' onda elettromagnetica di am-
piezza costante e la cui frequenza viene
variata dell ' intorno della risonanza (v 0 ).
Questa esperienza mostra come le
V
transizioni del cesio possano essere u -
sa te per determinare con precisione il Fig . 6 1
valore della frequenza dell'onda elet -·
tromagnetica nella cavi ta' in corrispondenza al massimo dell ' as -·
sorbimento .
Gli schemi realizzati allo scopo sono abbastanza compli -
cati e non li descriveremo ; vogliamo peraltro accennare che in
essi si utilizzano , allo scopo di controllare la frequenza di
un oscillatore , non solo le variazioni di ampiezza in un riso -

n=i V

Fig . 62

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- 174 -

natore del tipo su descritto , ma anche le variazioni della ve -


loci ta' di propagazione della radiazione elettromagnetica della
cavita' intorno a v. 0 . Si ricordi che in un processo di risonan '"
za la velocita' e l ' assorbimento sono date da funzioni del tipo
indicato nella fig . 62 : la curva della velocita' (indice di ri -
frazione) ha una pendenza elevata per v '~ v 0 e si presta quindi
alla realizzazione di dispositivi di controllo molto sensibili .

i-
v. 2.4- - Misure di interval 1 i di tempo
----- ---l
Dovendo eseguire misure di intervalli di tempo , oltre ai
normali orologi si possono usare varie tecniche . Per es . nel ca -
so delle misure del periodo di un pendolo , si pud comparare con
questo l ' oscillazione di un secondo pendolo .
Supponiamo di fare oscillare intorno allo stesso asse i
due pendoli e si supponga di aver 1 i muniti di indie i che pos -
sano essere osservati all ' istante in cui transitano attraverso
una linea di mira prefissata .
Supponiamo che all ' istante zero si vedano i due indici
transitare contemporaneamente attraverso il traguardo : si dice
allora che all ' istante zero si ~avuta una coincidenza .
Se i periodi dei due pendoli non sono ugual i , al succes-
sivo passaggio la coincidenza non avra' piu' luogo e l ' indice del
pendolo che va piu' svelto transitera' per primo. Ai successivi
passaggi . questo pendolo continuera'a guadagnare sull'altro iin -
che' dopo N oscillazioni esso avra' guadagnato un intero periodo
e avr~ luogo di nuovo una coincidenza .
Cio' significa che N oscillazioni del pendolo piu' lento han -
no esattamente la stessa durata di N+1 oscillazioni del pendo-
lo pi~ veloce e pertanto se T 1 ,T 2 sono i loro periodi

N 1
1 ---
N+1 N+1

Quando si tratta invece di confrontare tra loro due feno -


meni periodici di fre 1~uenza abbas t a nza elevata si ricorre spes -
so al metodo dei battimenti ben noto in acustica . Per es . se
si deve determinare l a fre4uenza di una nota musicale si puo'
usare un diapason caliorato ài frequenza molto prossima a y uel -
la da misurare e studiare i battimenti tr a il suo n o della nota
e quello del diapason .
Se si devono misurare intervalli di tempo associa ti a fe -
n o~ eni non periodici , si usa in ge nere un opportuno dispositi -

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- 17 5 -

vo che pu d compiere oscillazioni p e riodiche di f r e q uenz a molto


superiore alla durata del processo e che viene messo in mo to
all ' inizio del fenomeno di .cui si vuol misurare la durata ea r ··
restato al suo termine . Misurando il numero di oscillazioni com -
piute dal dispositivo si puo' misurare l ' intervallo di tempo .

V. 3 - Misure di massa

V. 3. I ~ Campioni di massa

Il campione internazionale di massa e' il chi logrammo - mas -


-----.-~-- ~~...,....•".'#lr-~
sa - o bes , realizzato da un certo blocco di platino - iridio de -
positato nel laboratorio di Pesi e Misure du Sevres . Le dimen -
sioni di questo blocco vennero scelte in modo ..........
che la massa co_..,-
incidesse con Quella di_J O..:.L.__m) di acqua distillata a 4 e
~~ ""'°'""'°"".~r.nlN>T'l·•.,.-~o

In
realta' a .causa di im erfezioni cli ~c~oS"t'T'UTI"o e -qué'S'ta'"'."c1 r c o s t an -
z a non si e' es :1 t ~ amen t ~ =~e ~_f i ~;-~.JL~~"à:SSa· e -TOc'co·-·@:rt-
t 1 e superiore 1 2 m1 l 1 rammi - massa ·tre-1.-la- E.revi s a . e
3
risulta che (0 . 1 m) di acqua d istillata a 4 °C hanno una mass a
di O.'1)'9'J97 3 K . ma s ; a . - - - --- ---~ ··- ..-~ -----~~-
m -·-~ - --· -

E'campione l e gale in Italia la copia numero .S del chilo -


g rammo primario . Questa cop i a e ,--CailSér v ata a -IT' UfJ'l c ì o C:è ntr-,r-
le Metrico di Roma .

V.3.2 - Misure di massa

In base alla legge fondame n tal e della dinamica , noi pos -


siamo misurare la massa di un corpo q ua~i_~_!:2..P-.2!!..end~.!2_~d
una f orza nota e d e J'-1.IL. n ~v_c!.Q__ ,la .._cor :f.G~P.O,!l.~ ~E,l e ace e le r a zione .
Si misura cosi' la massa ~~..!:_~-1:.,~J. ~•..J.~.L cor__ ~ ~~,.::f~T~QI:~~,.
a do p erare anche l a forza di gravi ta'.1 Poi che' massa inerziale e
mas s a g ravit a zion a le cÒÌ-;cid;;;-;-;· 1e fo r ze pc so a cui ven gono
sottoposti c orpi diversi in ùn.--determi nato- l uÒgo"-èl. i p;;;éf~-;; o s'o -
-toc a e
"or-cim a sse. \)u es t"o- pé r m-e fte-ai --mìs'ur'are-- lè~"màss"éme ­
a i ante s trume ii-t i- ( b-i'l ~~~ · ) ~ he.. ·i ~ ~{f ~ù e-e o n fr'o~ ·t·~-no··· '' { or ~ e
peso .

V. 3 . 3 - Bilancia analitica

V. 3 . 3 . 1 - Generalita'sulla bil a ncia an a litica

La bil a ncia analitica (v . Fig . 63) e' costituita es s enzial -


me n te d a un a leva di primo g enere L ( g io g o) che puo' ruot a r e in ·

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- 176 -

torno ad un asse orizzontale F (fulcro) ortogonale al piano del -


la figura .
L ' a s s e F e' s c e l t o i n
modo tale che non passi
per il baricentro del g io -·
go La sua distanza dal
baricentro pero' e tale
che il periodo delle o
scillazioni del g io g o ri ···
sul ti ragionevolmente lun -
go .
I
Soliddle con il 15 io -
go Vl e' Un indice [ ch e
scorre su un a scala S la
cui graduazione e' arbi -
traria .
Per ottenere che il
gio g o de 11 a bi l a ne i a po s ··
Fig. 63 sa ruotare in torno al ful -
ero con il minor attrito
possibile si realizza l ' asse di rotazione sfruttando lo spi ~ o ­
lo di un prisma a sezione triangolare di acciaio che po gs ia su
un piano molto duro , per es . agata . Con tale disposizione si
puo' in genere ammettere che per piccole rotazioni la rotazione
stessa avvenga s enza attrito . Il giogo , simmetrico rispetto ad
un piano verticale passante per l ' asse di rotazione , e' c ostrui -
to in modo da possedere insieme le doti di massima le ggerez za
e di massima rigidita ~ Agli estre mi del giog o , per mezzo di al -
tri coltelli C 1 e C 2 , che poggiano anche essi su piani di aga -
ta , sono appesi i piatti ,
Le bilance di precisione sono munite di un dispositivo di
blocco che solleva contemporaneamente il coltello del g io go dal
suo piano di appoggio ed i coltelli dei piatti dai rispettivi
piani di agata . Il blocco consente non s olo di poter mettere o
togliere senza danno pesi ed oggetti sta pi atti , ma anche di
alleggerire tutte le parti delicate della bilancia dai rispet -
tivi carichi quando l ' apparecchio non e ' in uso .
Quando la bilancia oscilla i due piatti si muovono in di -
rezione pressoche' verticale e l ' e stremo d e ll ' indi ce osc illa in -
torno ad una certa posizione sopra la s ca l a g r ad u ata S . ~ u c~ t c
o s e i 11 d z i on i i n al e un e b i l a n ce v e n g o n o s mo r z a t e i n mo ct 1) mo l t o
energico con degli smorzatori ad aria costituiti da due c amp a -
ne rovesciate l ' una dentro l ' altra , una delle .1 u.-di e' fi ssa a l-
la base dello strumento, l ' altra inv e ce si muove s o li -.;"' l •nent.e
co l pi at to della bilancia .
Nel costruire la bil a ncia s1 pone 5ran cura nell ' ottenerc

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.. 177 -

che gli spigoli dei tre coltelli siano paralleli e che le di-
stanze fra l'asse di rotazione del giogo ed i due coltelli che
portano i piatti siano uguali.
Nonostante si prendano i migliori accorgimenti per rea-
lizzare cio', in una costruzione meccanica non si possono otte -
nere le precisioni che sono richieste per le bilance analitiche
molto sensibili (- 10- 5 g).
Si deve dunque, nell'eseguire una pesata, operare con op-
portuni accorgimenti.
Si deve ricordare innanzi tutto che, come qualsias{ altro
apparecchio di misura, la bilancia deve essere precisa (o fede -
le), cioe' deve riportarsi nella medesi~a posizione di equili -
brio ogni volta che sui suoi piattelli ~engono posti gli stes-
si carichi.
E' facile vedere che questa condizione si realizza automa-
ticamente se gli spigoli dei coltelli, del fulcro e dei piat-
telli sono perfettamente pa-
ralleli per qualunque pos1-
z1one del carico sui piat-
telli.
Difatti il momento del-
la forza peso P in tal caso
é indipendente dalla congiun- F
gente AB gli spigoli dei due
coltelli e quindi dalla po-
sizione dei carichi sui piat-
telli (v.fig.64).
Se gli spigoli dei col-
telli sono- leggermente sghem- p-+
bi il valore del momento del-
la forza peso evidentemente Fig . 64
dipendera' dalla distanza AB
e pertanto dalla posizione dei pesi sul piattello della bilan-
cia . E' bu~na norma dunque nell'eseguire una pesata porre sem-
pre le masse nelia stessa posizione, per esempio al centro dei
piattelli .
Valutiamo ora l'ordine di grandezza entro cui si deve man -
tenere il parallelismo tra i coltelli. Supponiamo di disporre
di un a b i 1 a n c i a 1 a c u i s e n s i b il i t a' s i a p e r e se mp i o di O, 1 mg
ed il cui carico massimo sia di 200 g . Evidentemente perch~ la
fedelta'della bil ància sia confrontabile con la sua sensibili -
ta' occorre che lo spostamento in una posizione qualunqu e sul
piattello del carico di 200 grammi non introduca errori supe-
riori a 0,1 mg.

M. Bertolotti - T.Papa - O. Sette - Metodi d'osservazione e misura Disp . 23

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- 178 ..

Indicando con t:iM il sovraccarico di 0, 1 mg e con 6(AB) la


variazione del braccio della bilancia si deve avere

M6 (AB) :::, AB · 6M :
- - 6M
6(AB) ~AB M
Se AB= 10 cm :
1o·1o- 4
6(AB) ~ cm
200
. '
cioe
6(AB)~0 , 05 µ.

Cid significa, ammettendo che lo spostamento s della mas -


sa sul piattello possa essere di 1 cm, che l'angolo fra i due
coltelli deve essere '.

6(AB) 5·10 - 6
5 · 10- 6 radianti - 1"
s 1

Evidentemente é impossibile realizzare meccanicamente ta-


l i condizioni.
Analoghe considerazioni si possono fare a proposito del-
1 ' uguaglianza dei bracci. Si conclude che meccanicamente non é
realizzabile una uguaglianza tra i bracci che non introduca er-
rori superiori alla sensibilit~ della bilancia.
Per ovviare a quest'ultimo inconveniente le pesate di pre-
cisione si debbono eseguire con i metodi che passiamo ad elen-
care.

V. 3 . 3 . 2 - Metodi di pesat~

a) Metodo della doppia pesata


Schematizziamo i 1 giogo con un segmento C1 C 2 con fulcro
in F (v . Fig.65). In C1 e C2 sono i coltelli su cui poggiano i
piatti.
Quando la bilancia e
scarica in C 1 e C 2 sono applicati so-
lo i pesi p 1 e p 2 propri dei piattelli. Il peso µ del giogo a-
gisce come se tutta la massa di questo fosse concentrata nel
suo centro di gravità G. Poniamo :

FG 9 =s FC~ q2

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l '7 9 .

Fi g. 6 5

La bilancia scarica sara' in equilibrio , nella posizione


caratterizzata dall ' angolo a, formato dalla FG con la vertica-
le per F, yuando , per quel la posizione , la somma algebrica dei
momenti delle forze applicate rispetto ad F sarà nulla , cioe'
yuando

P 1q 1 - p ?q 2 + µ,s =O ( 1)

Poniamo ora il corpo di cui si vuol determinare il peso P


sul piattello II e sul piattello I poniamo un certo numero di
pesi P1 tale che la bilancia ritorni alla posizione caratteriz-
zata dal 1 ' angolo a ; sara:':

( 2)

Poniamo ora il corpo sul piattello I e sul piattello II


poniamo tanti pesi P 2 , finche ' la bilancia ritorni alla prece -
dente posizione , allora sara':

( 3)

Sottraendo 1 a ( l ) e.i a ll a ( 2 ) e da 11 a ( 3 ) r i s p et ti va mente si


ha :

e ( 4)

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18 o ..

Dividendo membro a membro queste due equaz1on1:

donde

. '
c1oe:

Il peso cercato puo' dunque ottenersi dalle due operazioni


descritte (doppia pesata) prendendo la media geometrica dei due
valori P 1 e P2.

b) Metodo della tara {o di Borda)

In questo metodo il corpo di cui si vuole determinare il


peso viene posto su un piattello. Sull'altro si mette una tara
(per es . pallini di piombo) che faccia equilibrio al corpo . Poi
si toglie il corpo dal piattello e si sostituisce con pesi in
modo da riportare la bilancia nella precedente posizione d 'e -
quilibrio . La somma dei pesi messi sul piattello rappresenta
evidentemente il peso del corpo .. Il metodo e' completamente de-
scritto in appendice . Tutte le volte che si vuole eseguire una
serie di pesate in modo che la bilancia conservi sempre la stes-
sa sensibilita ~ si sceglie la tara in modo da essere superiore
al piu' grande dei pesi incogniti. In questo modo il carico del-
la bilancia resta costante e la sensibilita' non varia .

V. 3.3.3 - Sensibilita'della bilancia

Una quantita' che e' importante considerare e' la sensibili-


ta ' della bilancia . Essa e' definita come il sovraccarico che po-
sto su uno dei piatti della bilancia provoca lo spostamento di
una divisione dell ' indice I sulla scala S .
In modo piu ' corretto si puo' definire la sensibilita' u co ·-
me il rapporto fra l ' angolo~ di cui il giogo della bilancia
ruota per effetto di un determinato sovraccarico 6m , ed il so -
vraccarico medesimo:

cr radianti / grammo ( s)

Per esaminare come u dipenda dalle caratteristiche costrut -


tive della bilancia e dalle condizioni di uso , cominciamo con
il supporre che i due bracci non risultino allineati (per esem ·-
pio per effetto del carico) , ma formino un an 5 olo 2 qi poco di ·
verso da 180 ° lLFig , 66 ). Supponiamo inoltre di aver disposti

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.. 181 -

t2
C'2
F

......
-- ~

t;
e1

111j 112j fof


I
I fJ 1119
I
I
I
{l11+l12) f
a)
b)
Fi g . 6 6

sui piatti d u e corpi di massa M1 , M2 tal i che la bilancia si


tr o vi in equi l ibrio quando il baricentro del gi o g o G sta sulla
verticale che passa per F (Fig . 66a) . · I n q u este c ondizi o ni la
risulta n te delle due fo r ze M1 g e M2 g sara' app l icata al punto
L . Se si aggiunge su u n o dei piatti il s o vraccaric o &Il , la bi -
lancia assumerà una nuova posizione d ' eq u ilibrio (Fig . 66 b) , in
cu i l ' asse FG far~ con la verticale un angolo a diverso da ze-
ro. ·
Per l ' equilibri o si deve avere che l a somma dei momenti
delle forze applicate rispetto a F e ' n u lla:

(M 1 +M 2 ) g o sin a +µgd sin a- &ngl 1 sin (<p-a) =O ( 6)

dove

o = FL d =FG C1 F = l 1

7T
Poiche' a e 6m sono quantita' molto piccole e cp -~- si puo'
porre:
2

sin a ~a sin(cp-a)~cos a ~1.

Lallù (6) si ricava :

cx
6m.

o anche , essendo approssimativamente

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182 -

( 7)
µJ. -:- 2 o,\/

Come si vede da qu e sLa formula la sensibilita' dipende , fra


l ' altro , dal prodotto tlell ' abbassamento del giogo per il ca - o
rico total e 2.l/ . Pertanto solo se questo abbassamento e ' nullo ,
cioe' se i coltelli sono perfettamente allineati, la sensibili -
ta' e' int.lipendente dal carico . In pratica i gioghi delle bilan ··
ce si flettono un pd per effetto del carico e quindi la sensi -
bilita' varia in funzione del cJ rico Le bilance normali sono di
solito costruite in mJdo che a piatti scarichi sia negativo . o
Al crescere del carico o diminuisce e la sensibilit a' aumenta ,
raggiungendo un massimo per o=(l per poi diminuire nuovamente
In ogni caso la sensiLilita' dipende dalla distanza d tra il ful ..
ero ed il baricentro del giogo .
l
Per ò=O e d costante, ò cresce col rapporto ~- . Potrebbe
µ,
sembrare a prima vista che la sensibil ita' aumenti con l ' aumen-
tare di Z. E' chiaro pero' che tanto piu' il giogo e' lungo tanto
pi~ deve essere spesso per mantenere le caratteristiche di ri -
gidita' richieste . ()uindi µ, cresce piu' rapidamente di l (per
bracci geometricamente simili , con Z3) e di conseguenza la sen-
sibilita' risulta tanto piu' grande quanto piu' piccola e' la lun -
ghezza dei bracci ,

V. 3 . 3.4 - Esecuzione della resata


Le masse campioni che ven g ono usate con bilance di preci-
sione sono di solito riunite in pesiere . J·;s se sono scelte in
modo da potere , attraverso semplici combinazioni , ottenere tut -
ti i multipE della piu' piccola massa campione fino al doppio
della ~1iu ' grande . Le pesie re s o no di solito costituite dai cam -
pioni di masse corrisponuenti a1 seguenti valori:

10 mg 1 () mg 20 m.g 50 mg
100 mg 100 mg :i on mg 500 mg
1 g 1 "
o 2 ,,JJ 5 g
10 g ..
1 r, g 2 () g 50 bCl'

100 gr

vuando Sl devono eseguire pesate di g randissima prec1s10 -


ne occorre garantirsi che l e v;,;r1e masse campione abbiano ef-

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183

fettivamente il valore che a loro si attribuisce . Questo puo'


essere fatto con operazioni che qui non descriveremo disponen -
do di una sola massa campione nota almeno con la precisione che
si vuol rag g iungere .
Nell ' ese g uire la pesata vanno prese alcune precauzioni : i
pesi vanno caricati e tolti dal p iatto solo quando il giogo e·
r es o immobile con il dispositivo di bloccaggio . Essi devono es ·
se re s empre prel e vati con una pinza perche' l '. umidita· delle ma .,
ni ad e r endo ai pesi ne altererebbe il valore . In genere i cam -
pioni sono ricoperti da un sottile strato di platino o d ' oro
deposto elettroliticamente onde evitare le possibili altera -
zioni provocabili dall ' aria .
Per le masse inferiori a 10 mg si usa comunemente il cosi '
detto cavalierino di Berzelius , che e ' un piccolo peso (di so -
l i to 10 mg) a forma di forchetta che puo' essere posto su uno
dei bracci della bilancia la cui lunghezza e ' stata suddivisa
in un certo numero di divisioni (in genere 100) (v . Fig . 63) ,
E ' chiaro allora che se il cavalierino viene posto nella
centesima divisione , cioe' in corrispondenza al coltell~ che reg -
ge il piatto , esso equivale ad un peso di 10 . mg posto sul piat -
to stesso . Se viene collocato invece , sulla divisione n ·- esima
n
esso equivale ad un peso di 10 mg posto sul piatto . Col ca -
100
valierino si possono quindi realizzare pesi variabili da 10 mg
a 0,1 mg a intervalli di 0,1 mg ciascuno .
Nell ' eseguire una pesata non e' necessario ne' consigliabi -
le aspettare che la bilancia raggiunga la posizione di riposo
per individuare la posizione di equilibrio , In questo modo la
posizione d ' equilibrio potrebbe essere falsata a causa del -
l ' attrito dei coltelli ,. Si se -
gue per determinarla il metodo
delle oscillazioni . Per questo
si osserva il val or massimo (d t. )
di un certo numero (per es . 5)
(vedi fig . 67) di elongazioni d1
dell ' indice , prendendo per esem - ds
pio positive quelle che sono a
destra della divisione centrale
della scala e negative quel -
le che stanno a sinistra . Si
fa la media delle letture di d e -
strn la media d e l.le letture di
sinistra e poi i a me d ia dell e Fi g. 67
due medie. Il v .:.lore cosi' otterrnto rappresenta la posizione
d'equilibrio dell a bilancia . E : nece s sario come s e~ visto de -
1

scri vendo i vari "letodi di pes a t a , riuscire a ritorn a re , quan ··

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18 4 -

do si eseguono pesate diverse , alla medesima posizione do di


equilibrio . Per riportare il sistema in tale posizione pero' non
e' necessario procedere per tentati vi ma basta che l ' equilibrio
sia raggiunto per una posizione di qualunque dell ' indice sulla
scala . Infatti basta determinare la sensibiliti della bilan - o
1
eia nelle condizioni di carico assegnate . Poi che' """"8" rappresen -

ta il carico da aggiungere su uno dei piatti della bilancia per


far spostare l'indice di una divisione la massa che bisogna ag-
giungere o togliere per riportare l'indice dalla posizione di
alla posizione d 0 e ' data evidentemente da :

Nell'eseguire una pesata di grande precisione con uno qual-


siasi dei metodi su esposti o con altri ~necessario , a volte,
tener conto della spinta di Archimede esercitata dall'aria sui
corpi in esame . Per es. nel pesa re un corpo di 100 gr . si puo'
facilmente per questa causa commettere un errore di alcune de-
cine di milligrammi , cioe' di qualche parte in 10- 4 mentre la
precisione in una pesata puo' raggiungere una parte in 10- 6 . La
correzione da introdurre si calcola immediatamente consideran-
do che se il corpo ha peso P e volume V mentre i pesi che lo
equilibrano hanno peso p e volume v ~:

P - o~ Vg = p - oa vg
dove Da e'la densita'dell'aria.Si ricava cosi' il peso del cor-
po

(Juesta relazione puo' scriversi in altra forma osservando


che se òc e' la densita' del corpo di massa M e op quella <lei pe-
si di massa m vale
M m
oe =- e òp = -
V V

quindi

p
p (1 --0:) ò

òa
1
òe

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18 5 -

Moltiplioando e dividendo pe< (i •:: ) si ha

( j --i,}jr: ·i
?) ?) )

p =p

j -(::)

?) 8a
a
In pratica - - << 1 e cos l
., ure - - << 1. Si pud quindi ap-
P op
oe
prossimare:

~)
1
p =p [ 1 + 8a (?)- - o J
e p

Come noto la densita' dell ' aria non e costante ma dipende


dalla temperatura t e dalla pressione H(mm 81 ). Si pud usare la
relazione

H 3
oa =O, 001293 gr/cm
760(1 + a.t)

in CUl O. e il coefficiente di dilatazione termica.

~~E~ - ~lisure di temperatura

J 1 ~ 1J..J) - Introduzione

Nel confronto dello stato termico di due corpi noi diremo


a temperatura ma ggi ore quello che ci sembra piu' caldo. Qualora
si vo g lia migliorare questa valutazione ed estenderla al di la'
del c amp o accessibile direttamente a1 nostri sensi e renderla
ciuantitativa, occorre sostituire i nostri sensi con opportuni
u ispositivi.
Vanno innanzi tutto notate alcune caratteristiche peculia-
ri del confronto fra gli stati termici dei corpi. Se due corpi
che ci danno sensazioHi diverse (uno piu' caldo dell'altro) ven-

M. Bertolotti - T.Papa • D.Sette - Meto<ii d'osservazione e misura Disp. 24

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186

gono lasciati a contatto per un tempo sufficiente me nt e lun g o


essi finiscono per darci la stessa sens a zione ch e e' i Ht er;ne di a
fr a quelle date dai corpi prima del contatto ; si cli c <: c h e i du e
corpi hanno raggiunto 1 · equilibrio termico ed a q..1 e st · u l timo
dovra' corrispondere una temperatura intermedia tr a q u e l l e c h e
i corpi hanno separatamente prima del contatto. I n con se~u en z a
di questa circostanza occorre che l ' ap p a r ecchio p e r l a mis u r a
della temperatura di un corpo abbia caratteristic he t a l i per c ui
quando venga posto a contatto del corpo in misur a n on n e a l te
ri apprezzabilmente lo stato termico : occorre 1n a l tr i t e r :·1i
ni , che la capacita' termica del dispositivo si a tr a s curab il e
rispetto a quella del corpo in misura .
Va in secondo luogo , osservato che , a l v a ri a r e de ll o s t a -
to termico di un corpo , si alterano i valori di al c une g r a nd e z -
ze caratteristiche ; lunghezza , volume , resistenza elettri ca , co ..
lore , etc .; si puo ' pensare percio' di realizzare un rivel a t or e
di variazione di temperatura scegliendo una sos t anz a p a rti c o ··
lare e ponendo attenzione ad una sua parti c olare propri e t a'; p e r
esempio si puo' porre una quantit a' di liquido in un b ul b o mun ì ·
to di capillare ed osservare la vari a zi o ne dell 'a lt e zz a r ag -·
giunta da esso nel capillare ; oppure si puo' pre n d e re un f i lo
per es . di platino ed osservare l a variazione della su a resi --
s tenza .
Si ottengono cosi' dei termoscopi . S i puo' g iun g er e a d un a
definizione di temperatura scegliendo un termoscopio re alizz a ·
to con una certa sostanza nel quale si osserva una certa p ro ..
prieta' termometrica fissando in ma niera a rbitrari a il tipo di
relazione analitica fra variazione della gr andezza ter mometri -
ca e temperatura . Un termoscopio in cui la relazione fr a v a ri a -
zione della proprieta' termometric a e temp e ratura s i a r e sa q u a n -
titativa prende il nome di termometro .
Per esempio prendendo un termoscopi o che conten ga me r c µ :-
rio . in un bulbo con tapillare e p one ndo a ttenzione a ll ' a ltez za
h raggiunta dal mercurio nel capillar e si puo' definire l a t e m ·
peratura t medi a nte la relazione :

t=t 0 + c(h -- h 0 ) ( 1)

essendo ho l ' alt e zza in corrispondenza ad uno st a t o Le r mi c o cor --


rispondente alla temperatura t 0 e e una cost a nte Op e r a n do in
questa maniera , la temperatura risul ta le ga ta a ll a par ti c ol a r e
sostanza scelt a ed all a p a rticoL1r e pro pr iet a' t e r mo me tri ca . e
p o ssibj le ved e re che se s i cambi a s ostanza o p ropri et <'I', l e i n -
dicazioni , ottenibili con il proc e dimento ac c enn a t o . p e r l e t em ··
p er a tur e degli st e ssi c orpi , in g en ere n on c o i n c i d r1:10 ; c 1 0 s i -
g n i fic a ch e l e rela zinni fra var i a z i o ni de ll e p r oprieta' terr;o

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18 7 •

metriche e temperature non sono tutte dello stesso tipo e non


possono essere poste contemporaneamente lineari .
L ' esame delle proprieta' dei vari sistemi fa peraltro ve-
dere che se si considerano come sostanze termometriche gas e
come propri eta' termometriche il volume occupato a pressione co -
stante o la pressione a volume costante le differenze riscon -
trabili , usando vari termoscopi e relazioni lineari fra gran -
dezza termometrica e temperatura (del tipo della (l)) , sono mi -
nori <li yuelle che si hanno ira termoscopi di altro genere ed
inoltre esse si vanno riducendo man mano che la rarefazione del
g as aumenta , man mano , cioe' che il comportamento del gas ap -
prossima quello di gas perfetto . Cio' indica che le proprieta'
dei gas molto raref a tti sono indipendenti dal tipo di g as e so-
no le g ate in maniera semplice allo stato termico . Appare percio'
utile introdurre la tempera tura ponendo lineare la relazione
tra la variazio:ie di temperatura e la variazione di volume a
pressione costante di un gas molto rarefatto ola variazione di
pressione di un volume costante di gas molto rarefatto :

p - po
t - t o = <X
Po
(2)
V - V O
t - t o = <X
li .o

Per giungere ad una valutazione numerica occorre specifi-


care i val ori delle due costanti <X e t 0 che compaiono nelle
(2) . Cio' puo' essere fatto scegliendo arbitrariamente i valori
della temperatura in corrispondenza a due stati termici . Come
e' noto occorre scegliere due stati termici che diano garanzia
di invariaLilit~ e di facile riproducibilita~ queste sono le
temperature di e 4 uilibrio termico fra fasi diverse di sostanze
semplici .
Nella scala centigrada ::.i pongono uguali a zero e 100 le
temperature in corrispondenza agli equilibri acqua-ghia c cio ed
acyua bollente entrambi alla pressione di 760mmdi Hg ; lasca -
la e' poi estesa n l di sopra ed al di sotto di questa tempera-
tura facendo uso della (2) mediante l ' impiego di un t~rmometro
a gas rarefatto . Nella letteratura si trovano le in J icazioni
dei valori in qu e sla scala di molti altri punti fissi , In q 11c -
sLa scula,per i ~ as molto rarefatti si possono scrivere le due
le f'!f:6 :
p =p 0 [1 + a..(t - t 0 )]

v = v 0 [1.;. u (t - to)J

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188

1
Il valore limite di a per pressioni molto basse ~ Ap -
273 , 15 .
pare utile introdurre una nuova scala delle temperature ponen -
do :

T = t+273,15

che consente di e s primere le leggi dei gas in maniera partico -


larmente semplice ; questa scala si chiama scala delle tempera -
ture assolute . Si osservi che questa scala e' sostanzialmente la
stessa di quella centigrada alterando semplicemente i valori
numeri c1 che corri sp on dono agli stati termici J i r i 1 eri mento
(ghiaccio fondente , acqua bollente) ma lasciando ancora diviso
in 100 parti il loro intervallo .
Su questa scala lo zero si trova a -273,15 rispetto allo
zero centigrado, ma com' e' noto non e' possibile dare un si g ni-
ficato allo zero assoluto finche' la temperatura, come fin ' ora
abbiamo fatto, e' legata alla proprieta' di quella particolare
c 1 a s s e d i s o s t a n z e c h e s on o i g a s . Mo l t o p r ima d i r a g g i un ge re
lo zero della scala assoluta le sostanze non sono p1u g assose
e quindi la definizioni:'! di temperatura tramite la (2) viene a
mancare .
E ' possibile in termodinamica, utilizzando le propriet~ del
ciclo di Carnot il cui rendimento non dipende dalla sostanza im -
piegata , definire una scala della temperatura t e rmodinamica che
con una opportuna scelta <li parametri arbitrari pu o essere pre -
sa coincidente con la scala assoluta . Nella scala termodinami -
ca la temperatura dello zero e' una temperatura limite che non
puo' essere raggiunta con un numero finito Ji operazioni ma al-
la quale ci si puo' approssimare indefinitivamente . La tempera-
tura dello zero assoluto puo' essere definita come'-Juella tempe -
ratura alla quale un processo isotermo potrebbe avvenire senza
scambio di calore con l ' esterno ; esso sarebbe cio~ contempora-
neamente adiabatico . Nel la scala del le tempera ture termodina -
miche i valori vengono misurati in gradi Kelvin (°K).
Siccome gli stessi valori indicano le temperature nella
scala assoluta anche queste sono espresse in gradi Kelvin .

t ' --n -
~ ~-f Te r mo me t r o a gas

La temperatura assoluta, come si e' visto in precedenz a,


viene definita facendo riferimento alle proprieta' dei gas per ··
fetti ed andrebbe misurata con un termometro che usi un tale
gas . In real ta' nei termometri a gas vengono posti gas reali ;
sicche' occorre considerare alcune correzioni da apnortare alle
in d icazioni fornite da tali strumenti .

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18 9 '"

La misura della temperatura puo' essere fatta tenendo co -


stante la pressione del gas , osservando la sua variazione di
volume ed utilizzando la ben nota legge:

pv = P.01'0(1 + d.ot) (1)

che per questo caso fornisce:

oppure tenendo costante il volume e misurando la differenza di


pressione. Ualla (1) si ricava allora:

P - Po
t ( 2)
d. o Po

La temperatura t che compare nelle relazioni precedenti ~


la temperatura di un termometro a gas perfetto misurata in gra-
di Celsius . Utilizzando la temper a tura assoluta la (1) si scri-
ve, come noto:

pv p o1l o
--=--- ( 3)
T T0

dove T 0 e' la tempera tura di 2 73 . 16 °K .


Concettualmente i due metodi
di misura della temperatura a pres-
sione o volume costante sono iden-
tici . Nella pratica~ molto piJ fa-
cile misur a re variazioni di pres -
sione piuttosto che variazio n i di
v olu me . ·
Un t e rmometro basato su 4. u e - H
s to conc e tto e' q uello di Chappuis
mostrato nell a Fi g . 68 a . Esso con -
sist e es s e nzialm e nte in un tubo ba - !.'.L.s
ro me t r i c o riempito c on mercurio , la
c ui p a rt e inf e ri o re S e' in comuni -
ca zion e at t r a ver s o un sottile ca -
p ill a r e C co n l ' am poll a G c he con -
t ie n e il ga s In f i g . 68b ~ mo s t ra -
t o i l de t tag l io dd l ' a pp a r ecc h i o i n
corrisponde n za ad S . La punta P s er·
ve da rifer im e n to in r.io do che , q u a n ·· Fig . 68 a

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190

do il menisco del mercurio sfiora la


punta il volume dell ' ampolla c he con ··
tiene il gas risulti esattamente cali
brato Il volume del capillare e dello
spazio lib ero sopra il menisco del mer ·-
c u r i o e' t r a s c u r a bi 1 e i 11 c o 11 f r on t o a 1
v o 1 um e d i G ( c i r c a 5 O c m :i ) . I no1 t r e
1 ' a 1 t e z z a d e 1 me r c u r i o r i s p e t t o a P p u o'
essere aggiustata manovrando il serba -
toio R. Il dislivello h tra S e B da'
la pressione del gas in mm di Hg : h 0
d~ la pressione atmosferica .
L ' ampolla G di solito e' riempita
A con idro ge no che ha una tempe ra tura di
Fig . 68 b
liquefazione molto bassa .
Perche' valga la (2) , che e' basata sulla le gge de i gas per -
fetti , occorrerebbe eseguire la misura a pressioni del g as p
mo 1 t o b a s s e . I n t a l ca s o p e r o' 1 e 1 et tu re s a re b ber o a f f et t e da
un errore relativo molto alto . Si preferisce lavorare a pres -
sioni di circa 1000 mm di Hg cosicch~ l ' errore relativo risul-
ta inferiore a 10 - 3 _
Alle letture cosi' eseguite occorre apportare due tipi di
correzioni .
a) Correzione dovuta alla dilatazione dell'ampolla conte-
nente il gas .
b) Correzione dovuta al fatto che si adopera un gas real e
a pressione considerevole .
Il primo tipo di correzione si puo' eseguire facilmente .
Poiche ' il volume effettivo del bulbo puo' essere calcolato solo
conoscendo la temperatura a cui esso si trova si us a un proces -
so di approssimazioni successive . Inizialmente si suppone che
il bulbo non si dilati . Applicando la (3) si ottiene cosi ' un
valore approssimato di T (che viene chiamato valere approssi-
mato di ordine zero ed e' indicato con T(O)). L>a questo valore
approssimato di T si calcola il valore che avrebbe il volume
del bulbo (applicando la legge di dilatazione termica dei so -
lidi) se la temperatura fosse proprio y ro J_ Sostituendo questo
nuovo valore del volume nella (3) s i ricava un nuovo valore di
T me g lio approssimato del precedente {vulore T(t) a pprossimato
di ordine uno) . Si procede in questo modo finch e' il valore di
T approssimi un valore costante che e' il valore cercato . Le e -
spressioni per le temperature nelle var ie approssimazioni ri ·
sultano :
1) Approssimazione di ordine zero :

p 1) , p
1 o-- (v "' cos t11 nte)
Po
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- 191 -

2) appross1maz1one di ordine un ci ;

T(t) =To pv(TfOJ) pva(1 + A_T( O))


To
.Patio povo

n) approssimazione di ordine n :
P v (T ( n - 1
) ) pv o ( 1 + A.T ( n .. 1
~)
T( n) = To - To .
Po V o povo
dove A. é il coefficiente di dilatazione termica del materiale
con cui è costruita l'ampolla. In questa correzione non si é
tenuto conto che il gas contenuto nel capillare si trova a tem-
peratura di versa da quello contenuto nell'ampolla.Tuttavia poi-
ché il suo valore ~trascurabile, cosr facendo non si introdu-
cono errori superiori alla sensibiliti del sistema.
La seconda correzione da effettuare é dovuta al fatto che
il coefficiente a per i gas reali dipende dalla pressione. Es -
so risulta tanto piu vicin~ al valore dei gas perfetti (a 0 =
1
) quan t o più bassa é la pressione a cui si opera . Poi -
273 1 16
ché non e possibile operare a pressioni molto basse per i mo-
tivi pili sopra ac~ennati occorre introdurre una correzione . A
tal fine si prendono in considerazione le isoterme del gas rea-
le che si adopera come fluido termometrico.
Per l'idrogeno le isoterme ot-
tenute riportando il prodotto pv in pv I
I
funzione di p sono rappresentate in / 11ioo
fig . 69 . Esse sarebbero delle rette H1oob:::::i-J-=:E~7t1t:::::=:.
orizzontali se il gas fosse perfetto . tf 1 I
I/
In tale ra~presentazione i vari
stati del gas termometrico, operando
Ho
a volume costante v 0 , (pari al volume
del g as a T 0 = 273,16 e . p = p 0 ) sono
rappresentati da una retta passante
per l'origine con inclinazione v 0 .
Sian o N0 M0 ed N1 0 0 M1 0 0 tra t t i
delle isoterme corrispondenti a 0°C
e a 100°C ; .NM .un tratto di i&oterma o 111 =Po p
alla temperatura intermedia t. Fig. 69
Il valore di questa temperatura
valutata sulla sc a la definita dal termometro considerato (ossia
considerando costante il coefficiente termometrico a ) e dato da .

p-po pvo-povo mM ' -mM 0


t = 100 100 100 100 (4)

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- 19 2 ..

Il coefficiente termometrico corris p ondente risulta: :


1 P100-Po 1 P100Vo - P0V o 1 M oM ~oo
et ( 5)
100 Po 100 povo 100 mMo
Si pensi ora di considerare una serie di ter mometri ad i -
drogeno corrispondenti ,i~ valori differenti del volu me v ' 0 : a cia -
scuno di essi corrisponde una retta per l ' origine diversa e quin-
di una sua diversa intersezione M ~ con la isoterma corrispon-
dente a 0°C. Sulla figura e' segnata in tratteggio un a tale ret -
ta per un valore del volume iniziale maggiore di q uello p rima
considerato. A temperature elevate,alle quali cioè le isoterme
risultano parallele,si vede che il rapporto dei s egmenti quali
M0M'/ M0 M1' 00 si mantiene indipendente dalla posizione del p unto
M0 (e quindi da v 0 ) . La scala delle temperature risulta u g ual e
per tutti i termometri considerati. Cio non è più verificato a
bassa temperatura dove le isoterme,come ad esempio la N 1 M1 ,non
sono più rettilinee. nisulta quindi che il coefficiente et , de-
finito nella (5) non é una quantita' costante ma varia al varia-
re di v 0 . Si trova che esso tende,al diminuire di v 0 , verso un
limite o. 0 ben preciso, che coincide con quello valido per un
gas perfetto. Lo stesso accade per la temperatura definita dal-
la (4). Detti limiti sono dati da :
1 N0N 100 N 0N
=-- t=100---
1 OO ON o N 0 N1 o o
- -
ON = ON 0 + N 0 N =ON 0 ( 1+ o. 0 t ) = r T
avendo posto :
1
+ t =T e
eto
E ' importante sottolineare che i valori di o. e di T, cosi'
ottenuti: risultano indipendenti dalla natura del gas , il cu1
comportamento al limite é quello di un gas perfetto .
Si puci concludere ' quindi che l'ordinata all'ori g ine di un a
isoterma di un gas qualsiasi é proporzionale alla tem p eratura
assoluta definita dalla relazione lim (pv) = rT e qu e sta tem p e-
ratura si deve identificare con la {;~peratura della scala ter-
modinamica assoluta .

~JJ ~)- Scala internazionale delle t ,emperature

Nel paragrafo V.4 . 1 abbiamo a ccennato alle scal e delle t e m-


perature centi g rade, assolute e termo d inamiche . Per avere i va-
lori della temperatura assoluta (o centi g rada) di un corpo oc-
correrebbe effettuare la misura mediante un t e r mometro a g as

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• 19 3 •

molto rarefatto . Tali termometri sono di uso de licato e risul -


tano poco maneggevoli.
Riesce percio' utile la o sse r va zione che , nel caso in cui
si debban o misurare variazioni di temperatura in un campo li-
mitato, le differenze delle indica z i oni ottenibili con un ter-
mometro a g as e con un termometro realizzato con una sostanza
termometrica diversa dal gas , con proprietà termodinamiche op -
portune , sono in genere piccole e possono essere tenute in con-
to da opportuni termini correttivi .
Si sono percio' stabiliti ,m ediante conven zi oni internazio-
nali , i va lori numerici di un certo numero di punti f issi fa -
cilmente realizzabili,ottenuti in laboratorio mediante l ' usodi
un termometro a gas e si sono contemporaneamente specificati
quali termometri debbono essere usati nei vari campi e quali
le correzioni da apportare alle letture . Si individua cosi ' una
scala che si e' cercato di rendere il piu' possibile vicino alla
scala assoluta nel campo da -182 , 970 °C , a +1063°C (campo di tem-
perature fino alcuni anni fa di interesse industriale) : tale
scala~ indicat a con il nome di scala internazionale delle tem-
perature ..
I principali punti fissi sono elencati qui sotto . I valo -
ri si riferiscono alla pressione di 760 mmHg "
a) temperatura di e4uilibrio fra l'ossigeno liquido e gassoso
(-182. 970°C).
b) temperatura di equilibrio tra ghiaccio e acqua (0 . 000 °C).
c) temperatura di equilibrio tra l ' acqua liquida ed il suo va-
pore (100 . 000°C) all'ebollizione .
d) temperatura di equilibrio tra lo zolfo liquido ed il suo va-
pore (444.60°C) all'ebollizione .
e ) temperatura di ec.iuilibrio tra l ' argento solido e liquido
(960,5°C) alla fusione .
f ) t e mp e r a tu r a di e q u i l i b r i o t r a l ' o r o s o l i do e l i q u i do ( 1 O6 3 °C )
alla fusione.
Gli strumenti che vengono usati per misurare queste tem-
pe rature e tutte le altre sono il termometro a resistenza elet-
trica di platino e , ad alte temperature (>600°C),le termocop-
p te ed i p i r ome t r i.
La Scala Internazionale e ' divisa in tre regioni:
1 - La regione da -182 . .970ciC a 660°C in cui la temperatura si
misura con un termometro a resistenza di platino utiliz-
zando per la interpolazione le formule di Callendar e Cal-
lendar-van Dusen che saranno viste parlando di questo ter-
mometro.

M.Bertolotti ~ T.Papa 0
O.Sette .- Metodi d ' osservazione e misura Di sp . · 2 5

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194 ~

2 - La regione da 660 °C a 1063 °C in cui la temperatura si mi -


sura con una termocoppia plat i no ~ plat i no rodi a to (10 % di
rodio) .
3 - La regione sopra 1063 °C in cui la temperatura si misura con
un pirometro ottico .
Si osservi che la scala internazionale e' definì ta a par-·
tire dalla temperatura di - 182 . 970 °C; per temper a ture piu' bas -
se , che oggi si incontrano di frequente,si possono e stendere i
concetti illustrati precedentem ente e fare uso dei se guenti pun ~
ti di riferimento :
Punto di ebollizione dell ' ossigeno 90 _18°K ( · 182 . 970 °C)
Punto di ebollizione dell ' azoto 77 . 36 °K
Punto triplo dell ' ossigeno 54 . 36 3 °K
Punto di ebollizion e dell ' idrogeno
normale (7 S% orto +25% par a idro geno) 20 . 39o °K
Punto di ebollizione dell ' idrogeno
in equilibrio (solo paraidrogeno) 20 . 37 3 °K
Punto triplo dell ' idrogeno normale 13 . 95 7 °K
Punto triplo dell ' idrogeno in equi -
librio 13 . 81 3 °K
Punto di ebollizione dell ' elio 4 . 214 3 °K
Punto À dell ' elio 2. 173 5 °K
Al posto del punto di fusione del ghiaccio (0 °C ) conviene
prendere la temperatura corrispondente al punto tri p l o dell ' ac ~
qua in cui si ha l ' e~uilibrio fra le tre fasi solide , liquida ,
vapore , dell ' acqua in assenza dell ' atmosfera . La temperatura
del punto triplo dell ' acqua non coincide con la t e mper a tura del
ghiaccio fondente alla pressione di 1 atm . (7GO mm Hg) , perch e'
al punto triplo , le tre fasi in equilibrio sono a lla pressione
del vapore saturo dell ' acqua (4,56 mm 8 g) . La temperatura del
punto triplo risulta 0 , 0100°C e puo essere riprodotta entro
±0. 0001°C (circa 10 volte meglio del classico punLo del ghiac-
cio fondente) .

Oltre alle scale Celsius e Kelvin, sono in uso le altr e seguenti sca -
le:
a) scala Fahrenheit, usata spesso nei paesi anglos a ssoni. In questa
scala l ' intervallo fra 0°C e 100°C e' diviso in 180 grani Fa t· renheit (°F).
Alla temperatura del ghiaccio fondente (0 °C) corrispond e su l. la scala Fah-
renheit il valore 32°F. La relazione · fra temperatura in g ra di Ce lsius te e
temperatura in gradi Fa h renh ei t t f é

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19 5 -

.9
tt '' - t -t-3 2
5 e

b) Scala Reaumour, usata spesso in Francia . In questa scala l ' i nter -


vallo fra 0°C e i00°C é diviso in 80 gradi Reaumour ( 0 R ) . Gli zeri delle
due scale coincidono . Fra le tempera ture in gradi Cels i us te e tempera ture
in gradi Reaumour t r esistono le relazioni

100 5
te 80 t r =4 t r

4
t =-t
r 5 e

'' l -
f

!_;~ Cara t te r i s t i che d e i termo me t r i

Le caratteristiche di un buon termometro possono essere


cosi ' elencate:
1 - le parti sensibili termicamente devono avere minimo ingom -
bro per poter arrivare facilmente nel punto dove si deve
misurare la temperatura ;
2 la parte termometrica deve avere minima capacita' termica
per non alterare lo stato del sistema in misura ;
3 - il termometro deve avere una sensibilita' adeguata all ' im-
piego ;
4 - il termometro deve essere sufficientemente preciso ;
5 - i opportuno che il termometro si porti all'equilibrio ter-
mico col sistema da misurare nel minor tempo possibile .· Si
dice che esso deve avere una elevata prontezza .
Per v a lutare la prontezza , osserviamo anzitutto che se e
i la temperatura di un corpo posto a contatto con un termosta-
to a temperatura T la temperatura del corpo varia nel tempo se-
guendo la legge

dove t e' il tempo contato a partire dall ' istante in cui i due
corpi sono posti in contatto , T e' una costante che ha la dimen -
sione di un tempo e eo
e ' la temperatura del corpo all ' istante
iniziale.

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196 -

Si vede che nei limiti in cui e' valida l a (1) lo scarto


fra e(t) e T non si annulla mai . Non ha senso quindi definire
un tempo di risposta preciso , che teoricamente sarebbe infini -
to . In pratica si vede che l ' equilibrio è raggiunto dopo un tem -
1
po t dell ' ordine di tre o quattro volte T e la quantita' - puo'
T
essere presa a rappresentare la prontezza del termometro .
La lettura del termometro evidentemente va fatta dopo che
il termometro si e ' portato all ' equilibrio e si chiama tempo di
risposta di un termometro l ' intervallo di tempo necessario per
realizzare questa condizione .
Se il termometro viene usato per misurare una temperatura
variabile nel tempo e' necessario che il tempo di rispo s ta sia
sufficientemente piccolo in modo che la temperatura da misura -
re vari di una quantita' trascurabile in un intervallo di tempo
corrispondente al tempo di risposta stesso . Va osservato che il
tempo di risposta , funzione di T dipende dal modo con cui si
verificano i tre processi di trasmissione del calore : condu-
zione, convezione , irraggiamento, ed inoltre da vari fattori
elencati qui di seguito:

1) Fattori dipendenti dal mezzo ove si effettua la misura :


a) natura del mezzo - conducibilita' termica del mez z o .. Per es .
un mezzo gassoso provoca un tempo di risposta più lungo di
uno liquido;
b) grado di agitazione del mezzo: le correnti di convenzione
naturali o forzate diminuiscono il tempo di risposta . Il tem -
po di risposta in genere cresce con la viscosita' del fluido .
c) temperatura del mezzd : a temperatura su f ficientemente ele -
vata , il tempo di risposta puo' essere considerevolmente ri -
dotto a causa dei fenomeni di irraggiamento da parte del
mezzo .

2) Fattori dipendenti dal rivelatore:


a) dimensioni del termometro . Il tempo di rispost a e' tanto piu'
Massa
breve quanto piu' il r a p p o r t o - - - - - - - - - - - - d e l ter -
superficie est er na
mometro e' piccolo .
b) resistenze termiche fra mezzo e rivelatore : g uaine di pro -
tezione interpost.e fra il mezzo e l ' elemento se n si b il e del
termometro costituiscono un ostacolo al pass agg i o d e l c a lo -
re e fanno aumentare T .
Consideriamo ora in dettaglio alcuni tipi d i te rmomet r i .

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197 ..

V. ll.5 - Termometri a 1 i11uido

Come noto il volume di un liquido e' funzione dell a tempe-


ra tura , La legge di dilatazione puo' essere espressa in serie
di potenze della temperatur~ :

2 3
V(t) = VoLt + a.(t - t 0 ) +/3 (t - t 0 ) + y(t - t 0 ) + .. ]

dove V0 e ' il volume alla temperatura iniziale t 0 e a. , fj , y , etc . ,


sono dei coefficienti di dilatazione di volume .
In genere la conoscenza dei primi tre coefficienti ·a. ,fj , y
e' sufficiente per descrivere abbastanza bene le variazioni di
volume di un liquido .
Nella Tab.III sono riportati i valori di questi coefficien -
ti per alcuni liquidi. Si vede come per il mercurio pratica -
mente i termini fj e y siano trascurabili . La legge di dilata-
zione e' quindi lineare con un ' approssimazione dell ' ordine di
qualche parte per milione : Questo fa si che molto spesso si
scelga questa sostanza come liquido termometrico .
Il tipo piu ' semplice di termometro a liquido consiste (ve-
di fig . 70) di un bulbo R saldato alla fine di un tubo capilla-
re edi vetro . Il liquido termometrico , e' introdotto scaldando

TABELLA III

intervallo
Liquido a.X 104 fj X 10 5 yx 10e di tempera- (/j/ a.) X 10
2
(y/a.) X 10
4

tura oc

Alcool
etili CO 10. 414 0.784 1. 716 oo . 80° o. 07 5 O, 165

acqua -0.643 8.505 6.798 oo. 33 ° ., 13 . 2 .. 10 . 4

soluzione
1, 63 di 0.213 10.462 .. .. . . -- --- .. - 49 .. ~ -- -
NaCl

benz ene 11. 7 6 1. 28 0.806 10° - 80 ° 0 . 109 0 . 609

glic e rina 4. 8 5 o. 4895 -- -~· .. .... ~-


0 . 101 -.. -- "'

mercurio 1 . 8182 0. 00078 0 . 0000 20 ° .. 300 ° 0 , 0 0043 0 . 0000

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198 ..

il termometro finch~ tutta l ' aria i stata espulsa


ed il liquido termometrico ha riempito tutto il ca -
pillare , Col liquido termometrico ancora caldo e oc -
cupante tutto il bulbo ed il capillare , si salda l ' e -
stremita' superiore del capillare . Quando il termo -
metro ~ freddo il liquido termometrico si contrae e
il capillare viene tagliato opportunamente .
Quando il bulbo R viene portato alla tempera -
tura t da misurare , il liquido si dilata e sale lun -
go il capillare . Dalla altezza 6.L di cui si e' spo -
stato il menisco del liquido si puo' cosi' risalire
alla temperatura , Si costruiscono diversi tipi di
termometri a liquido . Ne descriviamo alcuni:
R
a) Termometri a mercurio
I termometri a mercurio sono molto pratici in
quanto di uso comune . Essi coprono un intervallo di
temperatura che va da circa -20 ° C a300°C , inoltre Fig . ·70
presentano il vantaggio che la legge di dilatazione
del volume del liquido ha un andamento essenzialmente lineare
nell ' intervallo di temperatura su detto . Per essi lo spostamen-
to 6.Z del menisco del mercurio ~dato da:

V
6.l =a - 6.t
s
dove V e' il volume del liquido (praticamente il volume ùel bul-
bo) S ~ la sezione interna del capillare e 6.t la variazione di
tempera tura.
Sebbene in teoria , · conoscendo esattamente la legge di di-
latazione del liquido , si possa prevedere la differenza di al-
tezza 6.Z di cui sale il liquido , nella pratica si preferisce
tarare direttamente il termometro .
L'operazione di taratura viene eseguita ponendo il termo -
metro a contatto di alcuni corpi di cui si conosce esattamente
la temperatura .
L ' operazione deve essere periodicamente rieseguita perch ~
varie cause concorrono a modificare il volume del bul Lo termo ··
metrico .
Variazioni di 1 parte su 100 . 000 nel volume del bulbo so ·
no gia' capaci di far variare la temperatur a segnata dal t e rmo -
metro di circa O 0 5 °C Tra i fenomeni che possono concorr e re a
far variare il volume del bulbo elenchiamo :
1 - Le variazioni dovute al fatto che il vetro si comporta co -
me un liquid o molto viscoso . Tal i variazioni possono es se -

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199 -

re notevoli ad alta temperatura ; esse po s sono essere tenu-


te entro l imit i pi~ ristretti usando . vetri stagionati .
2 ~ Le variazioni do v ute a fenomeni d ' isteresi nel ciclo di ri -
scaldamento del vetro .
3 - Le variazioni dovute ai fenomeni di ·ricottura che si pre -
sentano se il termometro ~scaldato a temperature molto e -
levate ,
4 - Le variazioni dovute alle differenze fra la pressione at -
mosferica esterna e quella interna al bulbo .
La taratura del termometro si esegue in genere control -
l a ndo almeno due punti della scala internazionale ed interpo -
lando linearmente fra essi . Molto spesso i due punti scelti so-
no 0 ° C e 100 °C . In questo caso il termomet ro viene prima im-
merso in un vaso contenente ghiaccio fondente ben triturato ,
lasciando che della colonna di mercurio sporga dal ghiaccio so -
lo quel tanto che basta per fare la lettura ; la posizione del
menisco si legge dopo una ventina di minuti dall ' immersione . Si
determina in questo modo il valore t 0 che il termomet ro segna
a 0 °C. Questa temperatura dovrebbe essere zero se il termome -
tro fosse perfetto . In genere non e' cosi' ed i l valore che si
legge prende il nome di spostamento dello zero o slittamento
dello zero .
Determinata t 0 si porta il termometro a conta tto con va-
pori d 'acq ua a 100 °C , Per questo si crea una disposizione come
quella illustrata nella fig . 71 ,
7'
A ~un recipiente pieno d ' acqua che
viene portata all ' ebollizione , I vapori
salgono per la colonna B circondando il '' -. .,-
termometro T , che e fissato mediante il È'
coperchio e, salgono fino a questo e ri -
discendono nella regione D uscendo dalla
apertura E.
In questo modo i vapori a contatto
con il termometro· sono in equilibrio con
1 ' acqua bollente e quindi a 100 °C se la
pressione atmosferica e ' 760 mmH , altri -
* g
menti alla temperatura tE che si ricava
da ap posite tavole .
Anche in questo caso dal coperchio
e il termometro deve sporgere solo quel
tanto che basta a Lire la lettu ra . La tem -
peratura tE viene letta s ul termometro
dopo c irca una ventina di minuti c h e l ' ac - Fi g . ·7 1
q u a bolle .

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.. 2 oo •

Ogni divisione della scala corrisponde quindi a :

gradi Celsius .
Di conseguenza, se facendo una lettura di una temperatu -
ra , si trova il valore t sul termometro cosi' tarato , la tempe -
ra tura vera t * e' data da

t
.. (t - t 0 ).
t E - to

Inoltre talvolta e' necessario correggere la scala del ter-


mometro per:
1 l ' errore proveniente dal fatto che il cannello pud non es -
sere perfettamente calibrato .
2 - l ' errore proveniente dalla sporgenza di parte del cannello
dall ' ambiente di cui si determina la temperatura .
La correzione di cui al punto 1 va fatta confrontando la
scala del termometro con quella di un termometro campione .
La correzione di cui al punto 2
si rende necessari a tutte le volte
che la tempera tura del bulbo sia mo 1 -
to diversa dalla temperatura dell ' am --
biente nel quale si trova immersa la
~00 200 (00
colonna termometrica . Quando una par -
te della colonna termometrica sporge
dalla zona dove si trova il bulbo e '
necessario correggere per il fatto
che il capillare non si e' dilatato .
Se y e' la differenza fra il coeffi -·
ciente di dilatazione del liquido ter -
mometrico e quello del vetro del ca -
pillare , n il numero di di vis ioni del ··
la scala (gradi) che sporgono , t la
temperatura da misurare e te la tem-
100
pera tura media della colonna spor -
ge n te . a 11 a t em p era t. u r a 1 et t a su 11 a
scala bisogna ag5iungere la quantita' o o o

Per gli usi pratici si puo' pr e n - Fig. 7 2

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201 -

dere Y"'0 . 00016 . Quando sia necessario utilizzare i termometri


a mercurio · in intervalli differenti di temperatura e con la
stessa sensibilita' si possono realizzare delle sacche interme-
die nel capillare per mantenere il termometro di dimensioni ra-
gionevoli (v . fig . 72) .

b) Termometro di Beckmann

Questo termometro e' uno strumento sensibile a scala ri-


dotta (non abbraccia pi~ di .5° o 6°C) e divisa in centesimi di
grado . · Esso d mostrato nella fig . 73.
Il termometro e' costru .i to in modo da poter funzionare in
ampi intervalli di temperatura permettendo la lettura di va-
riazioni piccolissime (fino al centesimo di gra -
do) di temperatura.
Infatti il capillare del termometro finisce
superiormente in un serbatoio Scontenente del mer-
curio di riserva . Volendo usare il termometro a una
certa temperatura basta scaldare il suo bulbo ad
una temperatura di pochi gradi superiore . Il mer -
curio dilatandosi sale allora lungo il capillare e
si riversa nel serbatpio S . Quando il termometro d
portato alla temperatura d ' operazione (inferiore
alla precedente~ l ' estremita' della colonna di mer -
curio si trova nel capillare nella zona marcata con
le graduazioni . Volendo cambiare la regione di tem-
peratura d ' operazione basta far passare il mercu-
rio dal serbatoio S nel bulbo e riaggiustare le con-
dizioni per la nuova temperatura .
Un termometro siffatto e' usato per es . in ca -
lorimetria ove occorre misurare con . grande preci -
sione piccole variazioni di temperatura , in crio -
s copia , etc .

c) termometro clinico

E ' questo (v . fig . 74) un particolare tipo di


termometro costruito per misurare variazioni di tem - Fig .. ·7 3
peratura fra circa 35°C e 42 ° C con una sensibilit~
di 0 . 1°C Esso e ' costruito praticando a lla base del capillare
una forte strozzatura che la sc i a passare il mercurio che si di -

e )f?i€___,_._'._,._"'~T-'"_""_u•1_"''_r_•r•_"'_...._ru_1"_"1_•"'_'111_'1'_1'_"'_ _ _ _ _) Fig . 7 4

lata ; ma s1 oppone alla discesa del medesimo quando la tempe --

M Bertolotti • T . Pa pa · O. Sette -- Metodi d ' osservazione e misu ;: a Di sp , 26

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o 2 o 2 ..

ratura si abbassa , a meno che non si intervenga dall ' esterno a -


gitando il termometro , In questo modo il mercurio salito nel
capillare resta ad indicare il va ·--
lore massimo raggiunto dalla tempe 0

ratura ,

d) termometro di massima e minima

Questi termometri sono spesso


usati in metereologia . La fig , 75 mo ~
-2.5
stra uno di tali strumenti . Il li -
quido termometrico e' solitamente al - -20
cool ed e' contenuto nel bulbo B e -IS
nel braccio A
La canna del termometro e ' ri - IO
piegata ad U e contiene del mercu - 5
rio insieme a due piccoli galleg -
gianti di ferro D 1 e D2 .Questi gal - o
leggianti si muovono a frizione den - -s
tro la canna lasciando che l ' alcool
passi liberamente intorno ad essi ,
ma sono spinti dal menisco del mer -
curio su cui galleggiano . Di conse -
guenza la posizione dei due galleg-
gianti risulta legata alla posizio -
ne raggiunta dal menisco del mer c u -
rio nei due bracci del termometro ,
I galleggianti possono poi essere
riportati in contatto col mercurio
spostandoli con una calamita .
Fig. 7 5

V.~.6 - Termometri che sfruttano la d i latazione dei solidi

Si pud utilizzare anche la dilatazione termica dei solidi


per eseguire misure di temperatura .
Come noto , la lunghezza di una sbarra puo ' essere espressa
in funzione della temperatura da un ' espressione del tipo

(1)

dove l(t) e ' la lunghezza alla temp erat ura t , l(t 0 ) quella alla
temperatura di rif erimento t 0 , e À , À 1 , , , . etc ,, deg li opportu-
ni coefficienti .
L 'esperienza mostra che per val ori no n troppo elevati di
(t - t 0 ) i termini di grado supe riore al pri mo sono trascur a bili

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203 -

e la (1) puo' essere scritta: :

l ( t ) "' l ( t . () ) • [1 + À ( t - t o)] ( 2)

La costante À prende il nome di coefficiente di dilata -


zione lineare del solido in esame . Essa ha le dimensioni del -
l ' inverso di una temperatura .
Le variazioni della lunghezza di una sbarra con la tempe -
ratura possono essere apprezzate con grande precisione per es .
con un comparatore .
E ' possibile quindi costruire termometri sfruttando questa
dilatazione , ma risultano ingombranti e poco pratici .

Termometro a lamina bimetallica

Per aumentare gli spostamenti di sbarre riscaldate s1 ricorre all'ar -


tificio di sovrapporre due lamine metalliche con coefficienti di dilata ·
zione diversi come nella fig. 76 saldandole lungo una faccia (lamina bime-
tallica) .

/
/
/ I

/ "\.e_J
/ I
/ I
/ I
/ I
/ I
/
R / I
/ I
/ I
/
/
/
/
/
/
/
/

~I~--~±-~~~~~~~~=-="-~=-t-~~,
f--~~·~~~~~~~~~~~~~~-=---ftg
[,

Fig . 7'J

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2 o 4 ..

Variando la temperatura i singoli strati di ciascuna lamina com1nc1a ..


no a dilatarsi e a deformarsi a causa del! ' azione che ciascuna lamina e ·
sercita sull ' altra . Come risultato la lamina bimetallic a s i incurva in mo ·
do tale che lo strato mediano di ciascuna lamina assume una lunghezza ugua ..
le a quella che gli competerebbe se essa subisse solo l ' effetto di dilata ·
zione termica.
Se si indica con S lo spessore, suppostd ·ugùale ; di ciascuna delle due
lamine . con À. 1 e >-.. 2 i loro coefficienti di dilatazione , con L la loro co ·
mune lunghezza e con R il raggio di curvatura , si ha

Re = L ( t + À16t)
(R + S) e= L ( 1 -r À 2 6t)

Sottraendo membro a membro

poich~ in prima approssimazione

L
e . ~-
R

Risulta

Lo scostamento S dell'estremod.e lla lamina bimetallica puo essere cal··


colato da
2 2
e L
S=R(t~cos 8)~R-=--
2 2R
s

da cui si ricava 6t.


In pratica si usano lamine bimetalliche avvolte
a spi r ale Cv . figura 77) per ridurre l ' ingombro. In
genere la scala viene tarata per mezzo di un al tro
termometro .

i
•!b v.~ . 7- Termometri a tensione di vapore

La pressione di vapore di un liquido e


una funzione rapidamente variabile della tem ·· Fig 77

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2 o5 •

peratura e quindi pud essere utilizzata convenientemente per


costruire un termometro . Le pressioni di vapore dei liquid i u-
sat i c omunemente sono state misurate e tabulate in funzione del -
la temperatura assoluta .
Teori ca mente la pressione di v apore di un liquido pud es -
sere ottenuta integrando la equazione di Clapeyrort :

__ ___
dp ,,, q
dT TLW

dove 6.V e' il cambiamento in volume nella vaporizzazione e q e'


il ca lore latente di vaporizza z ione .
Se q e' costante e considerando in prima approssimazione
i l vapore come un gas perfetto s1 ottiene

A
ln p ==- + B
T

In particolare se q ~ una funzione lineare della tempera -


tura

q "'cfo +aT

Sl ha

A
ln p =--+ B ln T + e
T

Sebbene questa equazione renda conto assai bene de i valo -


ri della pressione di vapore , ai
fini pratici si adoperano tabel-
Pt'tcclo tubo
1 e che danno p in funzione di T .
Il termometro puo' essere
schematizzato in un bulbo che
conti ene il liquido in equili -
brio col suo vapore ed un dispo-
sitivo per misur a re l a pressio -
'Regione
ne di questo . Quest ' ultimo puo' a. ha.ssa
essere un manometro a mercuri o temperatura.
o a d olio (v . fi g. 7 8) .
Questi tipi d ) termometri
sono usa ti molto s pe sso per 1 a
mi s ur a di ba sse te mp erature , per
es emp i o in region i in cui so no Lt"9u,-do nel hvlho del
contenuti gas liqu ef atti . In tal termometro
c a so basta misura re la tensione Fig . ·7 8

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- 2 o6 •

di vapore del gas liquefatto stesso mediante un opportuno ma - ·


n o metro . Cosi' si poss o no ricavare valori della temperatura :
1) fra 1°K e 4.2°K misurando la pressione di vapore dell ' elio
liquid o
2) fra 14°K e 20°K mis u rando la pressione di vapore dell'idro -
gen o 1 i qu i do
3) fra 55°K e 90°K misurando la pressione di vapore del! ' ossi-
geno l iquid o
4) fra 63°K e 77°K misurand o la pressione di va pore dell ' azo-
to liquido .
I val o ri di p in funz i on e di T per questi gas sono ripor -
tati in una tabella in fondo al testo .

'}.j.) V.~ .8 - Te rm om etri a re s i s te nza

E ' noto che in u n metallo gli elettroni liberi responsabi -


l ·i per la conduzione elettrica sono o stacolati nel loro moto da
urti con imperfezioni nel reticolo cristallino e per il moto
di agitazi o ne termica degli atomi del reticolo . Questi proces -
si limitano la conducibilit~ determinando una resistivita ' p la
quale puo' essere scritta come somma di due termini

dove p i rappresenta que l la parte della resisti vita' che e' dovu -
ta alle imperfezioni esistenti nel reticolo e che non dipende
dalla temperatura , e Pt rappresenta quella parte della resi ··
stivita' che dipende dal moto di ag itazione termica degli atomi
e dipende evidentemente dalla temperatura . La dipendenza di Pt
dalla temperatura ~complicata , ma ai fini pratici ~ sempre e -
sprimibile c ome uno sviluppo in serie del tipo

( 2)

S u l la base di queste considerazioni si c omprende co me sia


p ossibile uti l izzare le variazioni di resistivita' e lettrica di
un conduttore metallico con la temperatur a per c ost r uire un ter-
mometro . L 'e lemento metallico ideale per questa app li caz ione
dovrebbe avere le seguenti proprj eta':
1) Un a resisti v ita' Ptche ad alta t e mpe ratura Vdr i con t s e -
condo una l egge che possa ess ere con buona app ros s imazione
lineare .
Questo semplifica notevolmente il processo d ' interpolazio -
ne .

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207 -

2) Se deve essere utilizzato a basse temperature la temperatu -


ra di Debye caratteristica del metallo eD de v e essere la piu'
bassa possibile cosi ' da ottenere variazioni sensibili di re-
sisti vita ' (v . D. Sette 1 Lezioni di Fisica II)
3) L ' elemento dev.e potersi ottenere con un alto grado di pu -
rezza cosicche' p·i sia il piu' basso possibile .
4) Il metallo dovre bb e essere chimicamente inerte e la sua re -
sistivi ta' essere molto stabile cosicche' la sua calibrazione
possa essere mantenuta per lungo tempo e non sia influenza -
ta da cicli termici .
5) Il metallo deve essere lavorato meccanicamente cioe' tirabi-
le in fili e configurabile nelle forme richieste .
Descriviamo ora alcuni termometri a resistenza .

a - Termometri a platino

Il platino soddisfa molto bene alle caratteristiche ri -


chies t e per la costruzione · di un t ermometro a resistenza . Si
e' gia' accennato inoltre · che · un tale termometro viene usato in
sostituzione del termometro a gas nel! ' intervallo definito dal -
la scala internazionale · delle temperature . Si capisce percio'
come questo termometro meri ti di essere trattato con un certo
detta g lio . Se si suppone che la variazione di resistenza elet-
trica sia lineare con la temperatura evidentemente risulta :

in cui A e' una costante che va determinata misurando la resi-


stenza in corrispondenza a due punti fissi ; per esempio a 0°C
e a 1 OO°C ; R t e cl R 0 han n o i l s o l i t o s i gn i f i c a t o . I n t a l ca s o
si ha:

Rt - Ro
t =100---- (1)
R100-Ro

La (l) tuttavia non fornisce valori di t coincidenti con


la scala internazionale delle temperature, essenzialmente per
il fatto che per ri ca vare la (1) nello sviluppo in serie ci si
e' fermati a consider ar e solo i termini lineari nella tempera-
tura.
Evidentemente si possono considerare altri termini ; q ua -
dra tic i, cuLici , etc . ed ottenere approssimazioni sempre pi u'
elevate .
Tale metodo t~ttavia non risulta agevole in pratica per -

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- 2 o8 -

eh~ occorre determinare i coefficienti dello sviluppo ese g uen -


do misure di Rt in corrispondenza a particolari punti fissi
della scala delle temperature e poi ricavare la temperatur a c he
risulta data risolvendo una equazione di ordine n ; se n e' il
grado di approssimazione c onsiderato .
Si considerano pertanto delle formule empiriche che es -
senzialmente corrispondono agli sviluppi in serie suddetti , ma
che risultano molto pi~ maneggevoli in pratica .
Cosi' nell ' intervallo tra 0°C e 660 °C la temperatura ri -
sulta con ottima approssimazione espressa dalla seguente rela -
zione (formula di Callendar)

( 2)

mentre nell ' intervallo tra - 190°C e 0°C ~ data da (formula di


Callendar-van Dunsen)

Le costanti R 0 , Rici o, ~. µ , vengono determinate misurando


la resistenza Rt a 0°C, 100°C, al punto di fusione dello zolfo
ed al punto di ebollizione dell'ossigeno, rispettivamente .
Note le costanti , la temperatura va ricavata. per appros -
. . . .
s1maz1on1 successive .
Si misura il valore di Rt e si ricava un valore di t dal-
la (1). Tale valore a seconda del campo di misura , va sosti -
tuito nel 2° termine della (2)onel 2° e 3° termine della (3) .
Si ottiene cosi' un valore di t di prima approssim a zione.
Per ottenere i valori di seconda, terza , n-csima approssimazio-
ne, basta operare co:ne detto prima sostituendo nei t<:rmini cor-
rettivi, nella (2) e nella (3), il valore di t ottenuto con
l'approssimazione (1<-1)-esima . In genere basta procedere f ino
all'approssimazione del 3° ordine circa , poiche' le differenze
tra i valori di t ottenuti diminuiscono molto rapidamente fino
ad annullarsi.

Va notato· che se la resistenza Rt del termo metro a platino viene e-


spressa come detto prima me d iante uno sviluppo in serie di t

per 0°C < t < 66n°c

per - 1 .f: QO(: < t < n°c

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2 o9 •

i coefficienti A , B e C risultano legati alle costanti che compaiono nelle


(2) e (3) dalle relazioni :

A
= 1~0 C;: 0

00 + 1~0)
B s --- -
----
1003
eiòo Ra
1)

e ~ ~R1òo
- 100 3 ~-
10
La misura della resistenza deve essere fatta con grande
precisione . Si puo' per questo usare un · ponte di Wheatstone che
permette di misurare variazioni del-
la resistenza di una parte su 10 mi -
lioni , connesso come nella fig . 79 ..
Si osservi tuttavia che per misurare
variazioni di quest ' ordine di gran •
dezza che siano riproducibili nel
tempo occorre adoperare un ponte co -
struito con particolari accorgimen-
ti . Per evit a re l ' influenza delle va -
riazioni della ternµeratura ambiente
le resistenze dei rami del ponte van-
no termostatate. Poicne' inoltre l ' ele -
mento termometrico va collegato me -
diante fili ad un r a mo del ponte oc -
corre inserire nel ramo adiacente una
resistenza R 1 , approssimativamente u - Fig . 79
guale alla resistenza del termometro
. .
in serie a due fili di dimensioni , posizioni e resistenze iden-
tici a quelli che connettono il ter-
mometro al ponte. In questo modo la
Il vari a zione di resistenza dei fili di
coll e gamento dovute alle variazioni
di t e mperatura ambiente risultano e-
satt am ente compensate .
Inoltre si deve tenere presente
che una certa corrente passa sempre
nel termometro e questa fa aument a re
J
la su a temper a tura . Per determin a re
Fi g . BO la 1 e s istenza con corrente z e ro . s1

M.I3ertol o ttj - T . Papa - D. Sette ·· Metodi d ' osservazione e misura Disp . 27

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21 o ..

introduce un amperometro A nel circuito della batteria e si fa


un grafico · della resistenza misurata R , in funzione della cor -
rente I . Questa curva viene estrapolata a zero come mostrato
nella fig . 80 , ottenendo cosi ' la resistenza R a corrente zero ,

b - Altri termometri a resistenza metallica

Cu , Ag , Au hanno temperature di Debye eD relativamente bas ··


se (200 + 300 ° K) , alta duttilita', riproducibilita', inattivita'
chimica e possono essere ottenuti con alto grado di purezza .

c ·- Termometri a resistenza di leghe


Alcune leghe mostrano resistivita' che sono insensibili al -
la temperatura a temperatura ambiente,ma che diminuiscono mar -
catamente sotto circa 200°K .
Fra queste la manganina e la costantana .
Tali resistenze sono usate per costruire termometri da u -
sarsi alle basse temperature . La variazione della resistenza di
campioni di manganina e costantana e ' mostrata nella fig . 81.

,''
.~
CONSTA/'/Tllr/A
140 ,, "' "'
/
/ "

{30

f2o

Ilo ,__.._~~~_._~__,'--.._..._~_.__..___.__,.__,__..__.__,
o 50 {00 -IS"o
TemperaTvra.
Fi g. 8 l

d - Termometr i a semiconduttor i

Come noto l a resistivita' de i semiconduttori diminuisce al -


l ' aumentare della t e mper at u ra
Si possono quindi us are q u esti p e r co struire d e i disp o si -

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- 2 11 -

tivi termometrici. Particolare interesse presentano i termi-


stori la cui resistenza R ha una dipendenza dalla temperatura
del tipo

dove a e b sono costanti . I termistori generalmente sono.costi-


tuiti da una piccola sbarra di materiale semiconduttore . Valo -
ri tipici per la resistenza di queste sbarrette possono essere
1000 Da 0°C e 30 Da 100°C,o 100 . 000 Da 0 °C e 100 Da 300°C.

e - Termometri a resistenza a carbone

La maggior parte dei termometri a carbone hanno una resi-


stenza che aumenta al diminuire della temperatura secondo una
relazione del tipo

A
lg R = - -
T

Questi termometri hanno alta sensibilita' anche alle basse


temperature e piccola capacita' termica .· Mostrano tuttavia ef-
fetti d ' isteresi se scaldati fino a temperatura ambiente e poi
raffreddati ; Vanno quindi calibrati in ogni misura di basse
tempera ture.

\,/\) )V.~.9 - Termocoppie

E'ben noto che se si considera un circuito costituito d a


due differenti metalli (v . fig . 82), le forze elettromotrici E 1
e E2 di contatto alle g iunzioni fra i due metalli , si bilancia-
no esattamente se le giunzioni sono alla
meta.Ilo;'
stessa t e mperatura .
Se una delle giunzioni i ri scaldata
o raffreddata , mentre l ' altra i mantenu -
ta a lla tem per at ura fissa t 0 , i l bilan -
cio ~ distrutto e passa una corre nte .
L a forza el e ttromotrice c orrispon- mefa!lo ,Z.
dente che e' presente nel circuito e ' chia - Fi g . 8 2
mata for z a elettr om otrice termoelettrica
e dipende dai metalli usati e da lle temperature delle cue giun-
zioni . Essa e ' data da un ' equazione del tipo :

li= a(t - t 0 )+ b(t - t 0 ) ?.

dove a,b s ono deJJ.e costanti determin a bili mi s urando la forz fl

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-· 212 -

termoelettrica E in corrispondenza a punti fissi della scala


di temperature.
Nella fig.83,viene riportata E 1n funzione della diffe-

A
.....
1!
:::;
-~

~ j
t
'.Ì
~

10 100 200 300 J,00


I
JJ1/fert11.za. d/ tempendilr4- 0&

Fig . 83

renza di temperatura, per una termocoppia ferro-rame, tenendo


una giunzione alla temperatura costante di 0 ° C e scaldando l' al-
tra . Si ottiene un andamento parabolico caratterizzato da un
/1a/da ture.. a/14- !1efallo A Saldatura, alla
te'!'faera tvra da 9', ~ tem!'erafvra di
m1st.Jrare , , ,,,,__,,... r1/erimentc>
'' /

" ., /
/

\ f1ef,,_f/o B /
1
\J/ ""'
\ I
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m1.sora.
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n11.sura.
1 I
·------'-~e_ta_l_lv_A_ _...;-_...c,. . _. ~ ________ __j I
1 °'>R~me ·
\ -- -- -.. -- - -- --~if,;,//o .B - _I _ _ J' .- .J_ .- .- .L -- . - . _I
""- Te .,.,1f er;;. fi.;rJ.- I Tempera ,rur4 dii
da m;.svr.ire I ri ferimen1tJ 1
L_'.__....:. ___ J
Fig . 84

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2 1 3 ..

punto massimo A e da un punto B (punto di inversione) oltre il


quale , per temperature piu' alte , la f.e , m. cambia di verso . La
curva v iene ott e nuta con una disposizione sperimentale quale
quella illustrata nella fig . 84 .
Se la giunzione a temperatura costante fosse ad una tem -
peratura diversa , per es . 100 °C , la parabola risultante avreb -
be semplicemente gli assi spostati come indicato nella fig . 83
dalle linee tratteggiate . Il punto di massimo della parabola
resta lo stesso ; il punto di inversione si ottiene per una dif ··
ferenza di temperatura fra le giunzioni piu' piccola . · La pen-
denza di questa curva ad ogni temperatura prende il nome di po -
tere termoelettrico della coppia e misura l ' aumento della f. e . m.
per grado .
Le f . e . m. , che risultano dell ' ordine dei millivolt , vanno
misurate con metodi potenziometrici . ·
Le coppie termoelettriche sono estremamente sensibili e
possono essere usate da temp e rature molto basse ("' 1° K) fino a
temperature molto alte ("'1500°K) . Esse devono essere calibra-
te . Si usano punti fissi (ghiaccio , acqua bollente , zolfo fu -
so) o si calibrano per confronto diretto con un opportuno ter -
mometro , Esse presentano inoltre il vantaggio di poter essere
adoperate sotto forma di fili molto sottili .
Si ricordi che le termocoppie,nell ' intervallo di tempera -
ture intorno ai 1000 °C,sono adoperate in sostituzione del ter-
mometro a ga s . In tal caso particolari cure debbono essere pre -
se per la costruzione della giunzione , il trattamento meccani-
co dei fili e la scelta dei materiali . Dato il particolare in -
tervallo di temperatura,come materiali standard vengono presi
fili di platino e platino al 10% di rodio .

I~ .j V• ~• IO - P i r o me t r i

I pirometri sono strumenti che permettono la misura di al-


te temperature (oltre 1000°C) , sfruttando l ' energia raggiante
emessa da .una sor g ente termica ad alta temperatura(l) I piro -
metri vengono distinti in due categorie:
a - pirometri a radiazione totale basati sulla legge di Stefan
b - pirometri ottici , basati sulla legge di Wien-Planck .

(]) Per esempio un forno. Questi pué essere considerato con ottima appros-
simazione un corpo nero e se si considera un piccolo foro praticato in es -
so si pué dire che at t raverso questo viene emessa l ' energia ra gg iante esi -
stente all'interno de l forno. Questa radiazi one e' costituita da radiazioni
visibili (lu ce ) e inv is ibili (radi az ioni infraro s se, ultraviol e tte ).

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- 2 14 <o

Al primo tipo appartiene il pirometro di Fery a radiazio -


ne totale . In questo pirometro (v . fig . 85) uno specchio concavo
S focalizza la radiazione incidente su
un assorbi tore N in contatto termico
con la saldatura di una termocoppia ; r"
1 ' a 1 t r a g i un z i on e d e 11 a termo c op p i a e '
posta a t~mperatura di riferimento , per
.I'
.
esempio su M. La sorgente termica ~ os -
servata con un cannocchiale E e , quan- Fi g . ·8 5
do S . e ' stato aggiustato correttamente,,
in N viene a formarsi l ' immagine della sorgente , La termocop -
pia e' di solito calibrata ponendosi a distanza fissa e utiliz -
zando sorgenti la cui temperatura e' nota tramite altra misura
diretta . Ricordando la legge di Stefan che da' l 'e nergia W che
un corpo nero alla temperatura assoluta T2 irradia , se lo spa -
zio intorno ad esso ~a temperatura T 1 :

. 4 4
W =cr(T 2 - Ti),

e assumendo che la f . e . m. E della termocoppia sia proporziona -


le all ' energia W si ha :

E = a (T; - T~) (1 )

dove cr ed a sono costanti opportune .


Di solito in questi pirometri lo strumento che misura la
f.e . m. della termocoppia e' tarato direttamente in gradi .
Al secondo tipo appartengono i pirometri ottici .
Siano 1 1 e 1 2 le intensit~ d i emissione alla lun ghezza di
onda À.. di una sorgente termica alla temp era tura T 1 e di un a
lampada elettrica campione alla tempe rat ura T2 • Ass umendo c h e
entrambi eme tta no come un corpo nero si h a :

'"' c ,_ Ì\. - s (e c2/À.. T1 .1)-1 "'


, e ~-(.,_ '~ s Ge 2 / Ì\. T2 _ 1) ~ .·-v

do ve c 1 e c 2 sono costant i o ppo rtun e


Da lle p recede nti si ottiene :

( 2)

La (2) fornis ce un ~etodo per c u i , dal confro nto tr a 1 1 e

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- 215 -

1 2 e J. alla conoscenza d i una temt1eratura e' po s sibile ricavare


l'altr a t empe ratura. Le cose risultano notevolmente semplifi -
cate usando il dispositivo di
fi g .86 (piro ~ etro a filamento
evanescente).
L' imr:1agine del la sor c; ente
s di cu1 si vuol misurare la
tem peratura e formata' mediante
opportune lenti,nel piano del Fig 36
filamento F di una lampada e-
1e t t r i e a c ampi on e ed e' o s s e r va t a c on un c anno c c h i a 1e E s o v r a r f1 o -
sta al filamento.rJediante un filtro FI. (di solito un filtro ros-
so) s1 isola una piccola re g 1one di lun g hezza <l 'onda d e llo
S[1 ettro.
Se la temperatura del filamento ~ fatta variare, variando
i1er mezzo di una resistenza variabile la corrente c!1e lrnssa 1n
esso, quando la temperatura del filamento ~ inferiore a qu e lla
della sor Gente il filamento apl)are scuro sullo sfondo. Guan d o
la temperatura d e l filamento e' maggiore esso risulta piu' bril-
lant e , mentre esso scompare sul lo sfondo quando 1 a sua tet'lt> e -
ratura f! la stessa della sorgente . In tal caso risult a UGuale
la brillanza (v. misure fotometriche) delle due sorgenti. Poi-
ch~ le sorgenti sono alla stessa distanza dall'oculare debbono
inoltre risultare uguali anche le intensita' 1 1 ed J 2 e per la
(2) u g uali le te mperature .
Il i)irometro va tarato con sorgenti a temperatura nota e
la corrente dell'amperometro va ~essa in diretta relazione con
la temi1eratura .
Ci~ i possibile,per te mperature inferiori al punto di fu -
sione dell'oro, 0er esempio mediante l'uso di una termocoppia.
Per la taratura <lel pirc n etro ottico, al di sopra della tempe-
ratura di fusion e dell'oro (TAu = 1063°C), si opera nel se g uen-
te modo . Trovato il valore iAu della corrente che rende evane-
scente il filamento con una radiazione a temperatura TAu, s1
1nv1a nel pirometro una radiazione a temperatura 'f> 1'Au, men-
tre il filo e' ancora attraversato dalla corrente iAu. Il filo
ap[) arira' ora scuro sull' imma u ine luminosa della soq~ente. In-
terl)onendo tra l1irometro e sorgente un <iisco opaco rapidamen-
te rotante, con un'apertura a forma di settore circolare di an-
tJ
~ olo ,'-! , solo la frazione - - dell' intensi tu' délla radiazione a
'271
t e mperatura T vie n e raccolta dal µiro metro. Agg iustanlÌo il va-
lore d i ti per c11i il filamento diviene evanescente, s1 r1cava
T dalla relazion ~ ·

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- 2 16 ..

tJ
277 c2 C2
Ìl.T. Ìl.TA-
e - 1 e u - 1

Togliendo poi il disco e variando la corrente finche' il


filamento diviene evanescente, il pirometro risulta tarato al-
la temperatura T e cosr via.

lJ Ù~~ - Fotometria

V.5.1 - Introduzione
l....Ì
La fotometria pud esse·re definita come la misura del la
1uce pe ~.Z..
~
un_.c._or.i-fr_o~n~t_, Y-i.s.u_ale .9--·~~ d.i a.i:i te_ qu a l_çJi~_C!.,l -
--
tro-metc:ido_ c:_~e . p._1.:1_~__:fgrQi,sc.a. .lo .§. t .e§s_o_ r · &.ul.t...ilR·
a innanzi tutto ricordato che la valutazione delle sen-
sazioni non puo essere fatta per mezzo di 15 randezze fisiche .
La definizione operativa infatti di una ''r~ ndezza fisica, ri-
e ie e e ie vengano hssat1 i ~~i,era , 1n~,g ui x oca6 1!L.:_~ 1
per l'uguaglianza e !a somma degli enti c_onsiderati e che si
fissi l'unita' ~ isura ; nel cas o de ~ se ~ zioni e' ossibi-
le, con determinazioni s ogget tive, stabil ·r solo ual ~cri­
t;;:'iQdi uguaglianza (o equi va e;;~ ) e=;~n certo ue~;;-:
ma.Tuttavia è possibile gi~ ng e ré -~;-;-=v~ azio~ delle :;e"7i -
iazioni utili nella trattazione di molti pro b le mi.
Nel caso delle sensazioni luminose si deve ricordare che
esse sono rodette dalle onde elettromagnetiche di lunehezza
do~~compre ;;-;;-a circ_F_j~ÒQ(Le . 8.fJ.DQ_j~ - --- ··-=-· - ~
- 1 -può! acT lmente constatare, in accordo a quanto detto
preced e ntemente che la grandezza fisic~ energia trasportata al
s econ d o Ja un ascio i r a ai azione ~-:-o·cromatica, q ua te" ~iuò es-
s e r e mi s u r a t a ( i n w a t t ) -d~ u·; - ~ i~ u r a t o r--~~---:i~,n_t_ e_g_r_a_:,.I_e_.:.n_ o_n__p....u-o.,.,-..,f,...o-r- -
n i r ci un g iudizio sull'attitudine......__ del.. fascio
,

zi .n.e. l.1imÌI!_q_~ J\d esempio un fascio che trasporta un joule , sec


___ ___
., ..... a dare la .. sens a-
.. _._.,_ -- --
di energia ra gg iante, ultravioletta o infrarossa, non imtJres-
siona la retina, mentre lo stesso flusso di ' energia per onde
. ad esemp_i .o - di--è-...::.....5_8}l_O A emessa da un.a l.~J.!!p_aJi~ a sod~ produ-
S~ un(! .intensa sensazione luminosa.E' quindi evidente che se i
~~ disporre .dC_e-l ementÌ di. gj.~dizi.9,___§~)_~sazioni lumi-
nose prodotte Ja fasci di energia r g ggiau.te bisog.n.era' · t.r..o~dru;:_­
re in m ~ a o ~ >or~na ·-d.e~Ù ; ~ qu-anti-ta che portano in ~~
J?/o·P..~ ii~ .ef de )J 'o~1 i.? · Sono queste le cosiddette ::.g_ rande ; ze t2-·

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


- 217 -


Cerchiamo di chiarire il criterio con il quale si intro-
ducono tali grandezze. Nel confronto di fasci di luce diversa,
se la differenza di colore non e' troppo grande, l'occhio puo'
dare un giudizio di equivalenza delle sensazioni prodotte : si
trova che questo giudizio e abbastanza indipendente dall' os-
servatore, per osservatori che non abbiano marcate anomalie nel-
la visione dei colori. Si può quindi giungere a stabilire il
rapporto [{(t-.) tra il flu ~~s_.o !.(.).Y- ç..e.s., resso_.:._i:_n _lumen ;
~ .avanti) che produce la sensazione luminosa ad una certa
lunghezza d'onda · À ed il flusso energetico alla stessa lunghez-
za d'onda W(t-.) (espresso in Watt).
iP(À)
Il rapporto K(À) = - --·-·- esprime i lumen per watt convo-
. W(t-.)
gliati dal fascio monocromatico e viene chiamato coefficiente
di visibiliti per . la lunghezza d'onda À. K(t-.) ividentemente ~
nullo per radiazioni infrarosse e ultraviolette , risulta massimo
" lumen
per À = 5550 A (verde); [( = (670 ± 10) -watt
- -- - .
max
E'conveniente introdurre nella pratica una grandezza adi -
mensionale V(t-.) definita da :

K(t-.)
V(t-.)
Kmax

T a le grandezza prenJe il nome di fattore di visibilita re-


lativo ed ha un andamento ciie e' most~ai:' i1;ura 87. Esso
assume il valore 1 quando K(t-.) =Kmax(l)

(1) La misura di V(,\ ) puo esse.re fatta _sperimentalmente in vari modi. Uno
di questi consiste nel prendere un certo numero di sorgenti luminose m~no­
cromatiche e porle a due a du e alla stessa distanza dalla schermo (testa)
di un fotometro (v . più avanti) . L'energia raggiante delle due sorgenti puo
essere misurata per mezzo di un rivelatore integrale .
Si varia l'energia raggiante W(A. 1 ) e W(Ìl. 2 ) emessa dalle due sorgenti
di lunghezza d'onda A. 1 e Ìl. 2 rispettivamente, finch~ le sensazioni prodotte
sull'occhio non sia110 giudicate equivalenti .
Si ha in tal caso :

W(Ì\.i) V(~)

W(~) V(i\)
(segue)

M.11ertolotti - T . Papa - O. Sette - Metodi d'osservazione e misura Disp. 28

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- 2 18

Se c ondo l e co n s i der a zion i ora svo lt e K ( A. ) e V(A.) sar ~bbc­


r o ind i pende n t i dal Gr ado d i sensaz i on e p r od ot t o ne l l ' occ L i o ;
i n r ea lt d e sse d i pe n do n o da q u e st o g rad o.

l / ' A """"~
I /v Ì\ \
O·f I I \ \
I I \ \a
I i ' \b \
0·01
I I \ \
V(f\) I \ \
II \ \
O·OOJ II \ \
I \
\ \
0·000! \ \
\ \
'
\
0·4 O·S 0·6 ' 0·7
lv11ghezztt d'onda. A ,"i, micron

Fi g. 8 7

da c u i .

Uperanrlo nel l o stesso 11101.! o cort sorgenti ·~i va ri e lungh ez z e d ' ouJ a s 1
o ttiene una c u r v a di I'( A) in funzion e di À. .

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. 219 -

Per
o
sensaz1on1 intense il massimo di V(ì-..) cade v1c1no a
5550 A ; ( v. la curva a nella fig . 87 ) . Per sensazioni gradatamen --
te meno intense la curva mantiene la sua forma ma si sposta ver -
so la 0 parte violetta dello spettro ; il massimo si sposta a
5070 A per sensazioni molto deboli (v . la curva b della fig . 87) .
Questo fenomeno prende il nome di ~o Purkinie . La cono -
scenza della funzione V(ì-..) consente di introdurre in maniera
semplice le grandezze fotometriche legandole alle grandezze e -
nergetiche dei fasci di luce (definite cioe' indipendentemente
ùa lle. propri eta' dell ' occhio) .
Consideriamo il caso del flusso luminoso .che caratterizza
la capacìl:ac h un a-S'"c ·o cti- raCi iaz i'~n~· a produrre la ·s-e~i;:.
~ P-eF-Un so rgente di ra~d-iaz~iOh"""e- 1 Iung eTi a d ' onda
Ì\. che emette la potenza W(ì-..) ;i__~e.f~~i s ~ndi Jl usso lumi -
- emesso. ,il. ,e r a..<!.~
\
<.P \ Kmax W(Ì\.) V(.\)r '

risulta espresso in un ' uni·~-a' detta ~


<.P
La definizione di ·<_psi estende subito ad una sorgente non
monocromatica di distribuzione spettrale W(.\) : il flusso lumi -
noso di lunghezza d ' onda fra Ì\. e Ì\. + dÌ\. e ' infatti V(.\) W(.\)d.\ e
quindi il flusso totale risulta

)j Ìv
L:.: ~
5.2 ;- Grandezze fotometriche

Le principali gra ndezz e foto met ric he sono qui elencate .·


Le definizioni forma l i sono qu e lle accettate i n t ernaz ionalmen -
te e pubblicate dalla Commi s sio ne Int er naz ionale d e l ' Eclai ·
rage . Viene in cl uso per compl e t ezza anche il flusso lumin os o
c h e e' stato i nt r odot.to ~el pre c_ed_<:. n te p_ar ag r a_f_o .

( --;)'; Flusso lumi nos o ~ e ' qu e lla quantita' caratteristica del


flus ~<TI""-~ er gia rag giante ,>-~ es12rim e la su e___f.~.ll. a c i ~ di
produrre sensaz io ni visuali ' va lutato s e c ondo i v alori dell ·;{-.
1 c 1en z a Umì nosà r e l ; t ivaer:-1 ' occhio a d a ttato al la lu ce >
-· -
b) Intensita ' l ~ inosa I tin una data direzione ) e' de f i

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220

nibile come il rapporto del flusso luminoso d~' emesso da una


sorgente in un cono infinitesimo contenente questa d irezion ~
l ' angolo solido dD di questo cono

d~
I =-
dD.

Q lntensita' di illuminazione o illuminamento E - e' defi -


nita come la densita' di flusso luminoso ricevuto , ci9e' il fl us -
so d~ per unit~ d ' area (dS) di una superficie illuminata

di!>
E=-
dS

d) t Brillanza o luminanza - si definisce brillanza in una


data d :i'r ezione in un punto di una superficie il rapporto fra
l ' intensita' luminosa dl in quella direzione di un elemento in -
finitesimo di superficie contenente il punto e l ' area della
proiezione ~na1e i {i"uest;- el è mento su un pi a no perpendi-
colare al la direzione considerata dSapp (area apparente)

dl
L
dS ap p

}JO CV-:~: 3 - Unita' di misura

Nel sistema internazionale per trattare questioni fotome -


triche si sceglie come grandezza fotometrica l ' intensita' lumi-
nosa come grandezza fondamentale aggiunta. · Accanto ad essa si
considerano le grandezze fisiche : lunghezza , massa , tempo,inten-
sitàdi corrente e temperatura.L ' unita' di misura e' la candela (cd) .
La candela e' fissata esattamente in 1 / 60 dell ' intensita'
luminosa emessa dal radiatore integrale (corpo nero) alla tem-
peratura di solidificazione del platino (2046 °K) in direzione
normale al foro di uscita della radiazione del corpo nero , quan-
do l ' area di uscita sia di un centimetro quadr a to .
E ' campione legale in Italia, l ' intensita' luminosa del ra-
diatore integrale (corpo nero) dell ' Istituto Elettrotecnico Na -
zionale Galileo Ferraris a Torino .
Le varie grandezze fotometriche ven g ono y ui n di misurate
con le seguenti unita'.
Intensita lumino sa.: unita' la c a ndela definita c ome sopra .
Flu sso: unita' il l.n~~<~n definito come il fl uss o ìu rninoso eme:,;so

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- 221 -

da una sorgente isotropa di dimensioni trascurabili e di in -


tensit à luminosa di 1 candela nell'angolo solido di 1 stera -
diante avente vertice nella sorgente. Quindi una sorgente lu -
minosa puntiforme di intensit~ 1 candela emette 4n lumen.

1 lumen= 1 candela x 1 steradiante .


2
Intensita' di illuminazione : Unita' il lumen / m
2
Il lumen / m prende anche il nome di lux ed é quindi l'il -
luminamento di una superficie . di area 1 m2 posta alla distanza
di 1 m da una sorgente puntiforme di intensità luminosa di 1
candela.
5
In pieno sole si hanno circa 10 lux ; la luce ordinaria del
giorno é circa 5000 lux fuori e circa 500 lux in casa. Sotto 20
lu x la lettura diventa difficoltosa . La luce della luna piena
é circa solo 0 . 2 lux .
2
Brillanza . Unità la candela / m •

Nella Tabella IV sono riportate le varie grandezze consi -


derate e le loro unita' di misura .
Volendo passare dalle intensita fotometriche ai watt , oc -
corre usare la curva di o visibilita' . Il massimo della funzione
V(A) si ha a circa 5550 A.

TABELLA IV

de fini-
g randezza simbolo unita di misura
zione

flusso if! - lumen= cande la x steradiante

intensita' dif
luminosa I --
d0
candela

intensità di
illuminazio- dif! 2
ne o .illumi - E -- lumen / m = lux
dS
namento

brillanza o dI 2
1 uminan za l -- candela / m
dSapp

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- 2 2 2 ..

A questa lunghezza d'onda

1 lumen= O. 0014.96 watt


1watt=668 lumen

Hicordiamo infine che nelle lampade, in ge nere, la poten -


za riportata si riferisce alla potenza dissipata dalla lampada
(potenza elettrica) e non a quella resa sotto forma di radia-
zioni visibili . Per esempio una lampada ad inca d escenza da 40 w
assorbe 40 watt ma il flusso luminoso da essa emesso e' solo cir-
ca 400.lumen ei a! 0,5 watt.

)J V. 5. ~ - Fotometri

I fotometri misurano l 'intensita' luminosa di sorgenti di


luce .
Vuesti strumenti sono basati sul confronto dell a b rillan -
za di due sup e rfici su cui in c idono due fasci di luce prove-
ni e nti da due sorgenti S 1 ed S 2 una delle •111ali e' nota .
Descriviamo uno dei piu'
semplici di tali strumenti:
il fotometro dt Bunsen .
Questo fotometro e' illu-
strato schematicam e nte nella
f i g . 88 . .51 ma~Ghia.
~sso con s iste essenzial -
mente di uno schermo di car-
toncino opaco con una macchia
di grasso al centro .. IJue sor- Fi g. 38
ge nti di luce S 1 e S 2 sono po -
ste su ll 'a ss e dello schermo e possono e ss ere spostate opportu -
namente lungo q u es to .
Quando lo scher mo e' illuminato dalle due sor genti si ve -
rifi c a in ge nere che la mac c hi a d i g rasso si delinea n e tt amen -
te sullo sfon do bi a nco del cartoncino - So l o n el caso in cui gli
illuminamenti so no ugu a li scomp are ogni contrast0 tra la p a rte
g rassa e que ll a cir c ostante , L ' occh io e capace di a ppr ezzare
con notevole prf::cisio n e l'uguaglianza del le brillanze dei due
l ati del cartoncino . All ' ugua g li anz a dell e brill a nze si ha

Ja cu i s i deduce :

(2)
?.
r ?.

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.. 223 -

dove I 1 e I 2 sono le intensita' luminose delle due sorgenti ,


Se per esempio I 2 e' l ' intensita' luminosa di una lampada
ca mp i on e , e' fa c il e d a 11 a (1 ) speceh/
ricavare la intensita' lumino ··
sa I 1 incognita .
Poiche' e' preferibile os -
servare entrambe i lati dello
schermo s imul taneamen te si usa
una disposizione come quella
della fig . 89 in cui due spec -
chi piani inclinati simmetri -
camente rispetto allo schermo
permettono di effettuare una
piu' comoda misura . Fi g . ·8 9

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- 224 -

Capitolo VI

MISURE DI ALCUNE GRANDEZZE DERIVATE DALLA MECCANICA

(}J) VI. 1 - IntroJuzione

Fra le molte grandezze derivate la cui misura ~di impor-


tanza in fisica, ne abbiamo scelte alcune che saranno descrit-
te nel seguito insieme ai metodi usati per misurarle.
E'chiaro che non vi e' alcuna pretesa di completezza nel-
1 ' elenco che segue.

~, 11 ...) VI. 2 - ~lisura dell'accelerazione di gravita'

Il valore della accelerazione di gravit~ g puo essere mi -


surato mediante lo studio di un sistema dinamico soggetto alla
forza di gravita' .. Sistemi di questo genere sono il pendolo sem -
plice ed il pendolo composto.
Il pendolo semplice , che si pud pensare realizzato da una
massa pesante a simmetria sferica sospesa ad un filo , consente
una misura semplice ma non molto precisa di g. Conoscendo la
sua lunghezza l , il periodo d'oscillazione T e' dato dalla nota
formula

(l)

Se si desidera per esempio misurare le variazioni di g do-


vute ad inomogeneita' del sottosuolo , per prospezioni geologi-
che od altro , le misure devono essere fatte con la precisione
di una parte su un milione . Un pendolo semplice non permette
tali precisioni perche'
1) la massa del filo di sostegno dovrebbe essere assol11tam e nte
trascurabile rispetto alla massa oscillante .
2) il filo dovrebbe essere perfettamente flessi b ile ed inesten-
sibile .
Le due condizioni non possono essere cont e mporaneamente
realizzate in mocio soddisfacente .
(,Q nviene r.: ercir/ studiare il co mp or t :im ent o di un siste ma

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.. 2 2 5 "

ri g ido tale da poter essere facilmente realizzato in pratica .


Questo e' il pendolo composto . Esso consiste in · un corpo
rigido di forma qualsiasi libero di oscil -
lare intorno ad un asse fisso orizzontale
(v . fi g . l) .
Sia
M la sua massa
G la posizione del suo ba r icentro
G
P = Mg il suo peso
e la traccia dell ' asse di oscillazione
I il suo momento d ' inerzia riferito al -
1 ' asse per C.
Se il corpo rigido e' ruotato di un an -
g olo a. dalla posizione di 'equilibrio il pe -
so P , applicato nel baricentro G, richiama p--+
il pendolo verso tale posizione . Per pic -
coli angoli il momento di P rispetto al -
1 ' asse per C e'vlt',= -Pd 0 sina.~ - Pd 0 a. ; il se-
gno meno corrisponde al fatto che il mo -
mento e' diretto in senso tale da produrre
una rotazione opposta ad a..
L'equazione del moto, quando sono sod-
disfatte le condizioni che il corpo sia ri -
g ido e ci sia assen~a d'attrito al vincolo Fig . 1
e di resistenza del mezzo,e~

(2)

. '
cioe

che~ l ' equazione di un moto armonico ed ha soluzioni del tipo

a. li 0 sinwt

dove w =
-vr-·
{ifid;;

M.f'ertolotti - T . Papa - '.),Sette - Metodi <l ' osservazione e misura Di sp . 29

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.. 2 21) -

Le oscillazioni sono ancora isocrone ed hanno periodo da -


to da

( 3)

Confrontando la (1) con la (3) s1 vede che le due formule


risultano uguali purche' si ponga:

I
l = le

Il significato di le, che ha le dimensioni di una lunghez-


za, e' evidente: esso rappresenta la lunghezza
di un pendolo semplice avente lo stesso perio -
do del pendolo composto e si chiama lunghezza
equivalente del pendolo composto .
Per conoscere il valore della lunghezza
equivalente occorrerebbe determinare I,M,J 0 ; si
puo' tuttavia evitare di fare tali determina -
zioni con un particolare accorgimento , real iz-
za to mediante il pendolo reversibile.
Supponiamo infatti di poter fare oscilla-
re il pendolo alternativamente intorno all'as-
se orizzontale per ~ 1 od intorno all ' asse pas-
sante per C 2 (v . fig.2) capovolgendolo . Si tro-
va che per una opportuna scelta di C 2 il pe -
riodo d ' oscillazione ilo stesso nelle due con -
dizioni .
Sara' percio'
Fi g. 2

( 4)

dove 1 1 e 1 2 sono i momenti di inerzia riferiti rispettivamen-


te agli assi orizzontali per C 1 e C 2 e d 1 e d 2 le relative di -
stanze da G.
Indicando con 1 0 il momento di inerzia uel pendolo rela-
tivo ad un asse orizzontale passante per G, si ha

1 1 "'I o +Md i
( 5)

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- 227 -

Si puo' percio' scrivere la ( 4) come :

I 0 +Md~
2
I 0 +Md 1
le (Sa)
Md 1 Md 2

da CUI

La distanza h=d 1 +d 2 fra gli assi paralleli per C1 e C2 sa-


ra' percio' data da

Io
+---=
Md 1

e risulta uguale alla lunghezza equivalente.


Il pendolo reversibile e' il solo metodo usato in una m1-
sura precisa di g. ·
Un modello di pendolo reversibile per rilievi gravimetri -
ci e rappresentato nella fig . 3. Come si vede que -
sto pendolo nonostante la distribuzione interna
asimmetrica delle masse ha una forma esterna per -
fettamente simmetrica ; c10 consente di poter eli -
minare una correzione dipendente dalla resistenza
dell ' aria sul moto del pendolo . Un'altra precau -
zione da prendere e' quella di evitare vibrazioni
nel sostegno del pendolo . Quest ' ultimo infatti
vien fatto oscillare intorno al taglio di un col -
tello appoggiato sopra un · piano d ' agata ; questo
piano d ' agata e' sostenuto da una robusta colon -
na .
In genere la posizione dell ' asse di sospen-
sione e' data misurando la distanza l di da un $ e
estremo del pendolo invece che dal baricentro G 0! ~-'----'~
(v.fig . 4). Se le distanze l 1 ,l 2 e la distanza D .11
2
(che fissa la po:;izione del baricentro) sono mi --
surate a partire j,·. Jl'estrer,10 A del pendolo s1
ha : Fig . 3

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- 2 28 -

( 7)

L ' equazione per il periodo diventa allora

t\~
2 2
I o +Md 1 I 0 + ;\f(D - l 1 )
T = 2rr = 2TT 277 ( 8)
Md1g Mg (D - l 1)
" g

La (R) e ' mostrata g r aficamente nella fig . 5 . Vuando Te' ri -


portato in funzione di l si otten ~ o - A
no le due curve simmetriche SPO e
S'PqO~ ,

Cominciando da A, spostandol ' as -


~\!
se di oscillazione verso B, il pe -
riodo diminuisce , raggiunge un mini- ])
mo a P e poi aumenta avvicinandosi a
G. Le due curve sono asintotiche: il
periodo diventando infinitamente gran - l,z
de se il pendolo oscilla attorno a d
un asse passante per il baricentro .
Spostandosi ancora il periodo
diminuisce di nuovo fino al secondo (j
'
minimo P 1 e poi ricresce,
La linea orizzontale SS' corri-
sponde ad un valore prescelto di T .
Essa incrocia il grafico in 4 punti ,
indicando che ci sono quattro posi -
z ioni degli assi, due da ciascuna par -
te del baricentro per cui i periodi
sono gli stessi . Queste posizioni so-
no simmetriche rispetto a G. ' '
Cosi' per ogni asse di sospen - C2 6
sione scelto c ' e' un punto coniugato
dal lato opposto del baricentro per
cui il periodo è uguale cosi ' che il
pendolo può essere invertito senza Fig. 4
ch e se ne alteri il periodo . Si os -
servi pero' che invertendo il pendolo e' difficile trovare la po -
sizione del colt e llo per cui il periodo rimane uguale . Convie-
ne cercare due posizioni del coltello per cui per un a il p e -
riodo sia un po? piu' grande T 3 e per l'altra un po' piu' pic c ol o
T " (v . fig . 6).
Allora il tratto della curva di inter e ssa

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.. 229 "

t Q1!•Q'
,'I'..
I I

I' I

I
I I
"~I'
I I ' I I
~ - - - - le-.,-,-1-~
I I ' \ I
'4---'11--,..i. \
I 01 - ~ M'

----D

A a B
_I -·--------·-8~1_.______.___.1
Fig. 5

essere approssimato con una retta (v . fig . 6) . Fissato quindi il


valore T del periodo che corrispondeva all ' altra posizione co
niugata, si puo' ricavare graficamente il valore di l 2 • Dai dm::
valori l" e t ' si ha :
ze ·=z". -z'
T

~'
.1

I
I
I
- - - - - - _ _ _ _J _ _ _ _ _
T'' I
I
I

t'
Fi Il· 6

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230

e sostituendo alla (8)

2
g = 4TT

Volendo ese guire la misura con errore relativo di qualche


unita' per mille e ' necessario eseguire le misure di lunghezza
al decimo di mm e le misure di tempo a l{Ualche unita' per die --
cimila .
Si puo' anche costruire un pendolo in cui i due centri di
oscillazione sono fissi e una o due masse sono spo~tabili lun -
go l ' asse (pendolo di Kater) . Il modo di aùoprare tale pendolo
e ' descritto nell ' appendice .
Per una certa posizione delle masse i periodi di oscilla -
zione del pendolo corrispondenti ai due centri d ' oscillazione
sono uguali e la distanza fra i due coltelli da ' direttamente
la lunghezza eL{uivalente del pendolo da sostituirsi nella equa -
zione del periodo:

T = 2rr
0.
v-;-
\ \; VI. 3 - ii'lisure di forze

Vl.3.1 - Introduzione
.J.)
Nel Sistema Internazionale la forza non e' una grandezza
fondamentale . Essa ha le dimensioni ricavate dall'equazione

F = ma

e l ' unita' di misura e' il newton definì to come quella forza che
applicata alla massa di 1 Kg le imprime l ' accelerttzione di 1
2
m/ sec •
La mi s u r a d i u n a f o r z a p u o' fa r s i o s t 11 t i e a me n t e o d i n a mi -
cnmente .
Per misurare sta tic amen te una forza si puo' sfruttare la
circostanza che se questa viene applicata ad un corpo produce
una deformazione elastica ed e' e•1uilibrata dalla forza elasti -
ca che si genera . Si hanno in c1uesto 1n0Jo i ciinam.ometri, o bi -

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.. 2 31

lance a molla e le bilance di torsione .. Un altro metodo e' quel ·


lo nel quale la forza da misurare ~ equilibrata da forze peso
messe in posizione opportuna : tale metodo e' usato nelle bilan ·
ce .
Nella misura dinamica si misura la forza mediante la de ·
terminazione della accelerazione che essa produce , quando agi -
sce su un corpo di massa nota ,

~ Vf.3.2 - Dinamometri

Il tipo piu' semplice di dinamometro f! costituito da una

o
molla ad elica il cui asse viene disposto nella direzione del -
le forze da misurare . Se si us ano buone molle la
legge di Hooke e' rispettata con ottima precisione
nei limi ti di impiego di ciascun strumento e la
scala e' lineare . Applicando la forza ad un estremo '
della molla e tenendo fisso l ' altro estremo , la mol -
la si tende allungandosi di una 4uantita' che e' di -- ~
rettamente proporzionale all ' intensit~ della forza
applicata . Nella fi g . 7 e' mostrato un dinamometro .
La sua scala e' gia' tarata in Kgp.

\lJJ VI. 4 - Misure di pressione

V I. ti. I - Introduzione

La pressione e ' una grandezza scalare definita


come il rapporto fra la intensita' dell~ forza ap -
plicata perpendicolarmente ad una superficie e l ' a -
rea di questa .
'-- 0. 6
Le dimensioni della pressione p sono quindi
,_ 0.4
,_ 0.21)

ò
Nel Sistema Internazionale l ' unita' di misura Fig . 7
2
della pressione e' il newton/m .
Altre unit~ u &~te sovente sono :
2 4 2
1 Kgpeso / cm = G, 81x10 neu;ton/m
newton
1atmosfera. =7G (l mmH => 1{)1 . 325,0
g 2
lii

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232 -

5 newton
1 bar 750 torr ""' 10 ----
'2
m
'2
1 mmHg = 1 torr = 133 , 322 newton/m
3 - 3
1 m ic ronH g =HT mm Hg = 1 O torr

Nel caso molto comune che la pressione da misurare sia


quella esercitata da un fluido,gli apparecchi che misurano di-
rettamente la pressione vanno sotto il nome generico Ji mano -
metri . .
Essi possono distinguersi in manometri assoluti e manome -
tri differenziali . Vuesti ultimi danno la differenza tra la
pressione in due punti o in due dmbienti .
Possiamo dividere gli strumenti per la misura della pres -
sione in un fluido in
a - strumenti per alte pressioni , cioe' per pressioni notevol-
mente superiori d quella atmosferica ;
b - strumenti per misurare pressioni dell ' ordine di q uella at-
mosferica ;
c - strumenti per misurare basse pressioni .

Vì: -1r:·2-.- Ma. n o me t r i a s so 1 u t i - 8 a rom e t r i


.) :......-----)
Fra gli strumenti per misurare pressioni dell ' ordine di
quella atmosferica considereremo innanzi tutto i barometri che
servono a misurare la pressione atmosferica .
Esistono diversi tipi di ba -
rometri .
Il piu' semplice è mostrato
nella fig . 8 (tubo barometrico) . La
pressione a tmos fer ica e' equilibra -
ta dalla pressione idrostatica del -
la colonna di mercurio nella can -
na barometrica . E '

dove p e ' la densi ta' del mercurio, Fig. 8


ehl ' altezza della colonnadimer -
cur10 .
Il fatto che la pressione risulti direttamente proporzio -
nale al l ' altezza della colonna <li mercurio e' all ' origine del -
l ' uso aLbastanza diffuso di misurare la pressione in mm di Hg .
Si o s s e r v i e: h e p e r c h e' l a r r es s i on e s i a d e t e r mi n a t a mi s u ··

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- 2 33 -

rando l ' altezza h, occorre che siano noti i valori di g (che


puo' variare da posto a posto) e di p (che dipende dalla tempe ·
ratura) .
Se h 0 e' l ' altezza che la colonna di mercurio avrebbe a 0°C
al livello del mare a 45° di latitudine eh e' l ' altezza che in ~
vece si o~serva si puo' scrivere

h0 =h ( 1 - a. e os 2À. - (:3H - Yt)

3 7
dove a.=2,65 X10- , À. e' la latitudine, (:3= 2 . 10 - , 11 e' l ' altez -
za in metri del barometro sopra il livello del mare , y ~ il co -
efficiente di espansione del mercurio "' 1, 82 x 10- 4 /°C e t la
temperatura in °C .
Una correzione addiziDnale va applicata per la depressio -
ne del mercurio nel capillare . Questa varia col diametro del
capillare ed e' data da apposite tavole .
Un · tipo di barometro di precisione e
mostrato nella fig . 9 . Questa struttura con - V
sente di compensare gli effetti della ca-
pillarita~ Infatti le due superfici libere
del mercurio si trovano in tubi dello stes -
so raggio . Inoltre la misura del dislivel -
lo avviene fra punti che si trovano sulla
stessa verticale e puo' essere fatta con un

catetometro (precisione dell 'ordinedi 0.05


h
mm) .·
Un barometro costruito in modo da ren - ,, ,,
derne possibile il trasporto senza il pe - ,,
ricolo che l ' ari a rientri nella canna ba -
rometrica é quello di Fortin (v . fig . 10) .
Questo consiste di un tubo barometrico di
vetro immerso in un serbatoio M la cui par -
te inferiore é flessibile ed usualmente rea -
lizzata in pelle di daino che puo' essere
alzata ed abbassata mediante la vite V2 ,
La comunicazione fra la camera Ce l ' atmo -
sfera avviene attraverso una guarnizione,
pure di pelle di daino,che épermeabile al -
l'aria ma non al mercurio . · Fig . 9
L'apparecchio p11dessere spostato spin -
g endo in alto a mez!o della vite V2 il fondo della bacinella M
fin tanto che il mercurio abbia riempito tutta la canna baro ·
metrica e la camera C. Cio' fatto il barometro puo' anche e ssere
rovesciato senza pericolo .

~1. Pertolotti. - T. Pap3 • n. Sette ·· Me torli d ' osservazione e misura Di s µ . :io

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234 .

Per eseguire la misura si porta il livello


del mercurio in M fino a sfiorare una punta di
riferimento P ivi situata/ mediante la vite V2 ,
poi si fa la lettura , usando un nomi o D che scor -
re su una scala incisa sulla canna barometrica .
Per evitare errori di parallasse si mette
in coincidenza lo zero del nonio col menisco del
mercurio con l ' aiuto di uno specchio disposto
posteriormente E ' importante che il barometro
sia installato con cura in modo che la scalari ··
sul ti ben verticale .· Per eseguire correttamente
la misura bisogna tener contoJoltre alle corre -
zioni gia' discusse (per le variazioni di g , p e
per la convessita' del mercurio) , anche del fat ·
to che al variare della temperatura si altera la
scala graduata usata per leggere il valore di h ,
Si osservi che l ' effetto di questa variazione
e ' opposto a quello della variazione <li p : infatti
al crescere della temperatura la dilatazione del
mercurio tende a far assumere un valore maggio -
re al l '. altezza della colonna di mercurio letta
sulla scala . Invece la dilatazione subita dalla
scala tende a fare sembrare la colonna piu' cor ·· P
ta .
Si corregge quindi la lettura fatta alla
temperatura t(°C) portandola alla lettura a 0°C
(tempera tura per cui e ' tarata la scala) medi an ··
te la formula

h =h(t) [1 - t(p- a.)]


1 + /jt

dove h ~ la lettura a 0°C


h(t) e ' la lettura a t°C
Fi g. 1 O
fj e ' il coefficiente di dilatazione lineare
del mercurio .
ad il coefficiente di dilatazione della scala .
In pratica molto spesso si usa misurare la p1·essione at -
mosferica mediante barometri che equilibrano la pressione at -
mosferica con una forza elastica . Tali strumenti sono assai ma -
neggevoli e facilmente trasportabili .
Il tipo piu' corrente <li tali barometri e' il barometro ane-
roide (v . fig . 11) . Esso consiste di una s catola S di metallo
flessibile in cui e' praticato il vuoto e che ha la forma di un

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. 235

cor t o cilindro di larga area di base . Le pareti di questa sca -


tola sono ondulate per au -
ment a re la loro superficie
e di piccolo spessore (10+
15 µ) .
Una robusta molla R
connessa col cilindro evi -
ta che questo si schiacci
p e r effetto della pressio -
ne atmosfe r ica . Una base
della scatola S e' fissata
al supporto dello strumen -
to . Ogni variazione della
pressione atmosferica pro -
voca un ' espansione o .con --
trazione del cilindro e a
causa delle proprieti ela - Fig . l la
stiche del metallo con cui
questa d formata il movimento del cilindro segue i cambiamenti
della pressione . La distanza CA risulta quindi variare al va -
riare della pressione .

A
Fig. ll b

Un sistema opportuno di leve amplifica le piccole varia -


zioni di questa distanza (fino a 250 + 500 volte) e le riprodu -
ce come rotazioni di un indice su una scala .
Lo strumento va tarato mediante confronto con un barome -
tro di fortin ponendo ambedue i barometri sotto una campana da
vuoto in cui si varia la pressione con una pompa . La sensi -
bili ta' puo' raggiungere 0 . 1 mm Hg· La precisione raramente rag ·"
giunge 1 mmHg·
I barometri possono anche servire per misurare l ' altezza
sul livello del mare (altimetri) poichd come noto la pressione
atmosferica varia con l'altezza .
Infine e' possibile realizzare barometri che registrino la
pressione atmosferica in funzione del tempo ; essi prendono il

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236

nome di barografi . I barografi sono in genere dei barometri me ·-


tallici muniti di registratore .

Vl.L+.3 - Manometri differenziali

Un esempio di manometro differenzi a le e il manometro ad


aria libera .
Esso (v . fig . 12) misura la dif - 11res.sione atmosferi.e.a,
ferenza di pressione fra un determi -
nato ambiente e l ' atmosfera , esche - P
maticamente puo rap p resentarsi come
un tubo ad U riempito di un liquido
barometrico (ad es . mercurio) i cui
estremi sono uno in comunicazione con
l ' ambiente a pressione incognita e
---f
l ' altro con l ' aria . Il dislivello del h
liquido fra i due rami da' la pres -
sione cercata .· L__
Manometri di questo genere del
tipo metallico sono analoghi ai ba -
rometri aneroidi . Nell ' interno della
scatola metallica si fa ora entrare
il gas a pressione incognita , mentre
all ' esterno seguita ad agire la pres -
sione atmosferica . Fi g . 12
I manometri metallici sono ta -
rati per confronto con un manometro ad aria libera. · Se ne co -
9 2
struiscono tipi per misure fino a 10 newton / m • La loro pr e -
cisione relativa ~in genere dell'l %.

~ Vl.ll.~ - Misura di basse pressioni

Gli strumenti che misurano basse pressioni (inferiori a


quella atmosferica) hanno nome vacuometri . · I vacuometri deter -
minano la pressione mediante la misura di alcune proprieta ' fi -
siche dei gas residui nel recipiente in cui dpraticato il vuo -
to , come la viscosita', la conducibilita' elettrica , o mediante
l ' applicazione della equazione caratteristica dei ga s . Alcune
proprieta' legate a lla produzione di bass e pressioni sono de -
scritte nella tabella I .
La misura e' ovviamente tanto piu' delicata tanto piu' il gas
e' rarefatto e al di sotto di una certa pr e ssione limite ( c he e'
c aratt e ristica per un dato vacuometro) l ' apparecchio non da' in ··
dic a zioni diverse da y uelle che darebbe se il vuoto foss e per -
f et to . I limiti cara t t e ristici per a lcuni vac uometri sono e l e n -

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TABELLA I

Vuoto ordinario vuo t o med i o vuoto spint o vuoto ultr aspinto

p r essione i n mrn Hg da 76n a 1 Ja 1 a 1W 3 da 10- 3 d 10- e da 1 o- 6


a 1o - 11 -

num ero di mo l ecole di da 1019 a 101 a da 1 01 a a 1013 da 1013 a 1010 da 10 10 a 1 0 5


g a s p er cm 3

Nl
w
p er c or s o libe r o medi o in genere minore in . . ...J
genere minore in ge nere magg i o- maggi or e de ll e di-
I
I de ll e dimens i oni o pari alle di - re de ll e di me n - mensio ni l ineari
I lineari dei re ci - mensioni li n eari si oni lineari d e l de l recipiente .
I pi enti in cui si del recipiente in rec i piente ,
fa il v uot o . c u i si fa i l vuo -
to .

Con,Lucibi l ita' termica indipendente dal - <li pendente dalla pr op orzi ona le al - pratica mente n u l -
l a pressi one pressione la pressi one la
I
- 2 38 -

TABELLA I I

vacuometro pressione mm Hg tipo osservazioni

(J_ o------)
\
7 1
ionizzazione 10- - empirico deve essere cali-
bra to per ogni gas
.---
Mc Le od 10- 5 .- 10 assoluto calibrazione indi-
- )
pendente dal gas

Pirani I 10- 4 - 1 empirico idem


\.______
\

1 o-
I
2
Tesla - 10 empirico molto approssimato

catinella tab . II .
Descriviamo ora alcuni tipi di vacuometri .

a) Vacuometro a scarica

Un metodo molto approssimativo per stimare la pressione


di un gas pud essere quello di esaminare la forma ed il colore
di una scarica prodotta attraverso il gas nel recipiente in mi-
sura nelle vicinanze di una parete trasparente.A tale scopo si
usa una bobina di Tesla , che e' una bobina con- un numero note -
vole di spire accoppiata ad una bobina primaria nella quale la
corrente fornita da un generatore viene ritmicamente interrot-
ta . In maniera analoga a quanto accade in •_in rocchetto di Huhm -
korff , ai capi della bobina di tesla si hanno delle tensioni
impulsive di valore elevato (10 . 000 Volt) e di alta frequenza .
Uno dei capi e ' messo a massa , l ' altro e ' connesso con una punta
P (fig . 13) che viene disposta vi c ino alla parete trasparente .
Il campo elettrico nel ga s rarefatto produce l a scarica .

Fi g. 1 3

La sca ric a ge nerat a nel gas nel recipient e in misura,dipen -


d è dalla pressione nella maniera indicata nella t a bella III .

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" 2 3 9 ..

TABELLA I II

Aspetto della scarica Pressione approssimata (mm Hg)

Non si ha scarica > 20

Scarica a forma di sotti-


li filamenti luminosi che
si allargano al diminuire 1 - 20
della pressione

La scarica riempie la: se -


zione del tubo < 1

La scarica diventa sempre


piu' debole e si ha fluo-
res cenz a alle pareti del 10 - 1
tubo

Non si ha scarica < 1 o- 3

0) Vacuometri di Mc Leod

Il vacuometro di Mc Leod (v . la fig . 14) , viene in genere


adoper a to per la misura assoluta di basse pressioni . Il prin -
cipio di funzionamento dell ' apparecchio d molto semplice : esso
si basa essenzialmente sulla compressione isoterma di un certo
volume di gas che da una pressione p 1 ed un volume V1 iniziali
passa ad una pressione p 2 ed un volume V2 finali. Dalla cono-
scenz a della pressione final e e dei volumi in gioco e ' possibi-
le ricavare , mediante la le gbe di Boyle , la pressione incogni-
ta .
Il sistema e' costruito in vetro e si biforca in Af in due
rami . Di •1uesti uno porta un bulbo V, ùi volume noto , a cui e'
s aldato un capillare K di sezione costante chiuso alla sommi -
ta'. L'altro ramo e' costituito da un tubo C che comuni c a attra ··
v erso ncol recipiente nel quale si vuole misurare la pressio -
n e. Al tu b o C e' saldato in parallelo un capillare A a f fiancato
a l primo (K) di u g uale diametro per compensare nella lettura
(vedi piu ' avanti) gli effetti di differenza di pressione che
insorgono alla superficie di un liquido per effetto Jella ca -
p illari t a'.
La parte al di sotto di M ~colle g ata , per mezzo Ji un tu-

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- 2 40 '

bo flessibile T~ad un recipiente G contenente


mercurio ,
Se ora si vuole eseguire una misura di
pressione si procede come segue : inizialmente
il recipiente G e' abbassato in modo che il
mercurio sia al di sotto di M. L ' altezza Be '
circa 760 mmH g · Il gas in Ve ' alla stessa pres -
sione del recipiente in cui si vuole misurare K
la pressione .
Il livello del recipiente G viene poi al -
zato . In tal modo il mercurio sale, supera il
punto M e invade i due rami isolando il g as
che si trovava in V .
Si seguita ad alzare G finche ' il mercu -
rio non abbia invaso tutto il volume V e non
sia salito parzialmente anche nel capillare K
comprimendo in esso il gas .
A questo punto l a pressione del gas nel
capillare K e' sufficientemente elevata per
produrre una sensibile differenza di altezza
fra i due menischi di mercurio nei due capil -
1 ari A e K .
La diminuzione di volume del gas da V al
volume del capillare ~ di solito dell ' ordine
5
di 10 volte con un aumento corrispondente di
pressione nel capillare .
Si puo ' ora procedere alla misura in due
T
mo cl i cl iv e r si .
1) Si alza G fino a che il mercurio sal-
ga in K fino ad un livello L prestabilito (v.
fig.lSa) . Applicando la legge di Boyle se p 1 Fig . ·14
e V1 sono rispettivamente la pressione ini-
ziale del gas in V (che e' anche la pressione che si vuol mi-
surare) ed il volume di questo e del capillare e p 2 e V 2 sono
la pressione ed il volume finali si ha

P 1V1 = P2 V '2

La pressione P2 e'

dove H e ' il dislivello fra le altezze del mercurio nei capil -


lari A e K. (Ad H si aggiunge P1 per che ' il mercurio in A non
ha sopra di se ' il vuoto ma gas a pressione p 1). Il vol urne V2
se h e' 1 ' a 1 te z za del capillare K non invasa dal mercurio e CT

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2 41 -

la sua sezione e '

V2 =ho-

Poiche' p 1 <<!f, s1 puo' inoltre porre:

Risulta quindi

/lha-
( 9)

2) Il secondo metodo per eseguire la misura consiste nel-


1 'alzare G fino a che il mercurio salga
in A al livello che corrisponde all'e-
stremo superiore del capillare K (v. fig.
15b). Si misura quindi il valore H della
differenza di altezza fra i due menischi.
Applicando ancora la legge di Boyle

p1 V1 = Ha- ( p 1 + H )
se
b)

s1 ottiene:
a)
(10)
Fig. 1 5

Se il vacuometro viene usato nel primo modo la pressione ,


come si vede facilmente dalla (19),ha un andamento lineare con
H, mentre se il vacuometro viene usato nel secondo modo ha un
andamento 4uadratico con H; la s'cala risulta notevolmente al-
largata alle basse pressioni. In questo caso risulta chiara-
mente piu' conveniente adoperare il vacuometro nel secondo mo-
do.
In entrambi i casi a-/V 1 e' il fattore da cui dipende l 'in-
tervallo di pressioni entro cui il dispositivo puo' eseguire mi-
3
sure. La massima dimensione di V e' circa 500 cm ed il diame-
tro dei capillari A e K e'~ 0.5 mm.
Il vacuometro di Mc Leod e' uno strumento assoluto.
Esso presenta alcuni difetti:

M. E!ertolotti - T.Papa - O.Sette - Metodi d'osservazione e misura Disp. · 31

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- 2 42 -

1) nel recipiente in cui si vuol misurare la pressione


vengono mandati vapori
di mercurio la c ui pres -·
sione puo' fals are la mi
sura ;
2) i 1 vacuometro
non misura correttamen
te la pression e dei va ·
pori , che non obbedisco ··
no alla legge Ji Boyle
Nell'uso di questo
vacuometro occorre pre -
stare particolare at ·
tenzione a non alzare G
troppo in fretta
In caso contrario
la trasformazione non e'
pi~ isoterma ed inoltre
il mercurio puo= causare
la rottura del bulbo .
Si deve evitare di Fig. 16a
introdurre aria nel si-
stema da vuoto se il
mercurio non e' comple -
tamente uscito da V:
l'introduzione di aria
avrebbe lo stesso ri-
sultato di un troppo .8
brusco innalzamento del
serbatoio .
Un tipo di vacuo -
metro di Mc Leod {va -
cus tat) di uso assai
semplice e' mostrato nel -
la fig . 16 .

w
La comunicazione
con il recipiente in cui
si vuole misurare la é
pressione e' fatta at -
traverso il tubo T . Il
vacuometro pud essere
fatto ruotare attorno
ad un asse norma le a 1
piano del foglio . Quan-
do il vacuometro e' oriz-
zontale i capillari A e Fig. ·16b

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2 43 -

F ~ono in comunicazione con il recipiente (v ~ fig.16a). · Girando


di 90° il vacuometro (v.fig.16L) il mercurio comprime il g as
esistente in e
nel capillare Il. . . Il funzionamento e' quindi ana-
lo g o al Mc Leod adoperato con il secondo metodo, eccetto per
il fatto che sopra al mercurio nel pozzetto R non c'e' la pres-
sione atmosferica ma la stessa pressione del recipiente . Di
conseguenza il mercurio in R ed in F e' allo stesso livello e
non esiste,come nei normali Mc Leod,un dislivello di circa 760
mmllg fra l o ro .·

c) Vacuometro di P i rani

I risultati ottenuti medi a nte la applicazione della teo-


ria c inetica dei ga s mostrano che la conducibilita' termica K
dei ga s a p ressioni superiori a circa 1 mm di Hg e ' indipenden ·-
t e dalla pressione del ga s . Essa i data da :

in cui: [( e' la conducibilita· termicaespressa inll'att·cm -='-- ·0 c- 1

8 e' un coefficiente compreso t ra 1 e 1 , 25 caratteri -


stico del gas
Cv e' il calore specifico a volume costante
7) e' il coefficiente d i viscosita'.
Quando la pressione del gas e' inferiore ad 1 mm di Hg (com-
presa in un intervallo che va d a 1 a 10- 4 mm di Hg) si trova
che la conducibil ita' t ermica diminuisce linearmente con la p res -
sione In 4ueste condizioni Khudsen ha trovato una espressione
2
che da; la ·:juant:ita' di calore W espressa in Watt) cm che passa
per conduzione attraverso un gas a pressione p posto tra due
super f ici unitarie a temperatur.a T 2 ,e T 1 rispettivamente,
(T 2 >Ti):

(11)

dov e: y = Cp / CV
cp ~il calore specifico del g as a pressione co stante
Cv e' il c a lore specifico del g as a vo lume costante
R ~ la costante dei gas
M e' ì l pe s o mo lecolare deì gas
cx e' una cost an te che dip en de dalla g eomet ri a del s i-
stema.

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2 44 -

Dalla relazione precedente si rileva come le perdite di


calore per convezione nel gas dipendano dalla pressione e dal -
la natura del gas .·
Questa circostanza permette di costruire vacuometri in cui
la variazione di una certa grandezza , per esempio elettrica ,
legata alla conducibilit~ termica del gas , pud essere correla -
ta alla variazione di pressione .
Il vacuometro di Pirani e' costituito da una ampolla , in
genere di vetro , foggiata in modo che possa essere collegata
al sistema in cui si vuole misurare la pressione , contenente
un filamento di platino o di tungsteno o altro metallo avente
un elevato coefficiente di temperatura per la resistenza .·
Il filamento e· attraversato da una corrente opportuna e si
scalda per effetto Joule , ma non ~ portato all ' incandescenza
per mantenere trascurabili le perdite di calore per irraggia -
mento .
Naturalmente la temperatura di regime del filamento e quin-
di la sua resistenza elettrica dipendono dalle perdite di c a -
lore del filamento . Trascurando l ' irraggiamento , queste avven-
gono attraverso i conduttori che effettuano il collegamento e-
lettrico e attraverso il gas . Le prime possono essere rese tra-
scurabili se i conduttori sono abbastanza sottili, sicche' la
temperatura del filamento dipende essenzialmente dalla quanti-
ta' di calore che passa attraverso il gas (eq . 11) . La misura del-
la pressione e ' connessa al-
lora alla misura della va- Ili recipiente
B
riazione di resistenza elet -
trica del filamento .
Per queste misure ri -
sultano adatti i ponti di
tipo Wheatstone . Il vacuo-
metro di Pirani inserito in
tali ponti pud essere usato A e
nei seguenti due modi :
1) nel primo si fa passare
nel filamento una corren -·
te costante ;
2) nel secondo si mantiene
costante la resistenza
IJ
del filamento.
La figura 17 mostra lo , , , , , ~---J·V\l\"1'1.flr----'
schema di montaggio del Pi- I
rani nel primo modo.
Esso e' inserito in un Fig . -I 7
ramo AB di un ponte di Wheat-
stone . Nel ramo adiacente BC. viene montata una ampolla identi-

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- 2 45 -

a pressione bassissima (~ 10-


5
ca chiusa in precedenza mm 8 g ).
Lo scopo di questa seconda ampolla è quello di ottenere, a ba s se
pressioni, resistenze approssimativamente uguali nei rami a dia-
centi AB e BC del ponte in modo che questo lavori in condizio-
ni di massima sensibilit~. La resistenza variabile nel ramo AD
serve all'azzeramento del ponte .
Una volta che il ponte èstato azzerato ad una certa pres-
sione , per esempio molto bassa (~ 10- torr) , con l ' aumenta-
5

della pressione la resistenza del filamento diminuisce.


In queste condizioni il galvanometro segnera" una certa
corrente ài sbilanciamento . Avendo cura di mantenere costante
la corrente che circola nel filamento del Pirani mediante la
resistenza variabile R 2 , la deviazione del galvanometro risul-
ter~ univocamente legata alla variazione di resistenza del fi-
lamento per effetto della variazione di pressione.
Con questo procedimento si puo' tarare direttamente la sca-
la del galvanometro in torr adoperando per confronto il v acuo-
metro di Mc Leod.
A

Fig . ·18

Il modo d'impiego nel caso 2) e' illustrato nella fig.18 .


R 1 , R 2 , R 3 sono tre resistenze il cui valore non varia sensi-
b ilm e nte al variare della corrente che le attraversa , la quale
p eraltro e' sempre dell'ordine di alcune decine di milliampere.
Una di esse, per esempio R 2 , consente di azzerare il ponte in
corrispondenza ad una opportuna condizione d i riferi mento e in
seguito non va pid variata.
Mediante il potenziometro Il si puo' va riare la d . d . p . ap -
plic a ta al pont e in modo che la temperatura del filamento d el
Pirani e qui ndi l a sua resi s tenza,si ma nt e nga sempr e cos t ant e .

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- 2 46 ~

Questa condizione si puo' controllare verificando l 'azze~


ramento del ponte mediante il galvanometro G. Se l'equilibrio
del ponte si verifica in corrispondenza ad una certa pressione
p del gas e ad un certo valore della d. d. p. letta sul vol tme-
tro V, l'energia P dissipata nell'unita' di tempo nel filamento
del Pirani e' data da:
2
P =a V = bT + cp (12)

in cui a,b,c sono costanti opportune.


Il termine bT tiene conto dell'energia dissipata nell ' u-
nita' di tempo dal filamento a temperatura T attraverso i col-
legamenti elettrici .
Supponendo ora di azzerare il ponte, agendo su R , a pres-
sione estremamente bassa per cui il termine cp sia trascurabi-
le, l'energia dissipata risulta:
2
Po=aV 0 =bT (13)

Combinando le (12) e (13) si ottiene:

V~
2
V - cp
----=-""
2 bT
Cp
Va

2 2
V - Va
Cioe' il rapporto----, nei limiti di pressione indica-
2
Va
ti precedentemente, risulta una funzione lineare di p .
Anche in questo caso il Pirani va calibrato con un Mc Leod.
Il vacuometro di Pirani presenta mol_ti vantaggi tra cui la
leggerezza e la praticita' di impiego; pero' va tarato per. ogni
gas e la sua precisione in genere · non e' superiore al 5%.
Si osservi infine che,nello stabilire l .e modalita' di fun-
zionamento del Pirani , non sono state considerate perdite di
potenza per irraggiamento ; queste diverrebbero notevoli a pres-
sioni inferiori a 10- 3 mm di Hg . Si rendono trascurabili pero'
mantenendo bassa la temperatura del filamento (- 100°C) . .

d) Vacuometri a ionizzazione

I vacuometri a ionizzazione sono costruiti basandosi sul


fatto che se un gas viene opportunamente ionizzato, i l numero
di ioni positivi prodotti nel gas dipende dal numero d i mole-
c o le p resenti e quindi dalla pressione del gas c onsiderato .
Un tipo di vacuometro a ionizzazionedmost ra to in fig. 19.
Es so e' costituito da un'ampolla di vetro, . che s1 p uo' opportu-

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- 24 7 -

namente collegare al recipiente in cui si deve misurare la pres-


sione, entro la quale sono sistemati tre elettrodi: un fila-
mento, il collettore di ioni ed il collettore di elettroni.

a) b)
Fig . 19

L'agente ionizzante in tal caso e' costituito dagli elet -


troni emessi dal filamento incandescente ed accelerati verso
il corris pondente elettrodo collettore (anodo) sotto l'azione
di una differenza di potenziale opportuna.Alcuni elettroni ur ·
tana le molecole del gas e, se hanno energia sufficiente< l),
le ionizzano ; cosi' f! possibile raccogliere gli ioni positivi
prodotti sul collettore di ioni polarizzato ne g ativamente .
La corrente misurata nel circuito di questo ultimo elet -
trodo é proporzionale al numero di molecole presenti per unità
di volume, cio~ alla pressione nel recipiente.
Vi sono due metodi per eseguire la misura della pressione
schematizzati in fig.19 a) e b).
Nel primo la griglia ~ resa negativa rispetto al catodo e
l'anodo é ad un potenziale positivo.
Nel secondo le polarita; della griglia e dell ' anodo sono
invertite.
Nel primo caso la pressione p risulta data dalla seguente
formula empirica :

ig
p = Kc - -
ia

dove : K é una costante che dipende dalla forma dell'ampolla,


e é una costante che dipende dalla probabili ta' di io-
nizzazione del gas.
ig é la corrente di griglia.
ia é la corrente anodica.

(1) L'energia degli elettroni viene regolata scegliendo opportunamente la


differenza di potenziale fra catodo emettitore ed elettrodo acceleratore.

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- 248 -

Nel secondo caso

p = Kc
ig

Misurando le correnti ia e ig si puo' quindi risalire alla


pressione.
Si definisce sensibiliti del vacuometro la quantiti

ig
s =--- nel primo caso
pia
o
ia
s = -- nel secondo caso.
pig

S ha le dimensioni del reciproco di una pressione .


I vacuometri a ionizzazione non possono essere usati tut -
te le volte che i gas di cui si vuol misurare la pressione at -
taccano chimicamente il catodo.
L'intervallo normale di funzionamento~ fra 10 · 3 e 10- 6 mm
di Hg .
A pressioni superiori a 10- 3 mm Hg la corrente ionica pra -
ticame nte non varia pid con la pressione .
Questo comportamento e' dovuto a diversi effetti . Per es .
a pressioni elevate (10 3 mm Hg) il numero degli elettroni che
prende parte alla ionizzazione aumenta · un elettrone puo io -
nizzare piJ volte ; la corrente di placca aumenta sensibilmente
e non e pid proporzionale alla pressione .
Il limite inferiore di impiego di un v.acuometro a ioniz-
zazi one é posto dalle difficolta di poter e determinar e con pre
cisione basse correnti ioniche : infatti al diminuire della pres-
sione sotto 10 "6 mm di Hg la probabilita' di un elettrone di col-
lidere con una molècola durante il suo passaggio dal fil amento
all'anodo diventa molto bassa e la corrente diviene sempre pili
piccola .
A pressioni inferiori a 10- 9 mm di Hg si nota una corren-
te residua al collettore degli ioni che · e' com pletamente indi-
pendente dalla pressione.
Questa corrente e causata da fotoelettroni emessi dal col-
lettore degli ioni per effetto dell'arrivo di raggi X molli
prodotti dagli elettroni del catodo che colpiscono l'anodo . La
corrente prodotta nel circuito di raccolta dai fotoelettroni e-
me s s i d a 1 c o ll et t o re de g li i on i h a 1 o s te s so se gn o di q u e l 1 a
prodotta dal la raccolta degli ioni posi ti vi. Esiste quindi un
limite inferiore per la corrente al di sotto del quale la cor-

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- 249 -

rente é preponderantemente dovuta ai raggi X.


Questo inconveniente é
evitato nel vacuometro di
Bayard-Alpert mostrato nella
fig.20.
Come si vede in questo
vacuometro il filamento é po-
sto all'esterno di una gri-
glia cilindrica che costi- ....
t,
tuisce il collettore di elet-
troni ed il collettore degli
ioni, consistente in un filo
molto sottile, e' sistemato Fig. 20
all'interno della griglia.Gli
elettroni emessi dal filamento sono accelerati dalla gri g lia
(positiva) e ionizzano nello spazio da essa delimitato.Una lar -
ga frazione degli ioni cosi' formati sono raccolti dal filo cen -
trale (negativo). Con questa disposizione il collettore degli
ioni intercetta solo una piccola frazione dei raggi X prodotti
alla griglia . La piccola superficie del filo infatti presenta
un angolo solido ai raggi X che è diverse centinaia di volte
pid ~iccolo che nel caso dei vacuometri a ionizzazione conven ·
zionali(l).
Un a·ltro ti ,)o di vacuometro a ionizzazione è quello di
Pe nnin g esso é mostrato in fig . 21.

9--;;t;iSfema da.
vvoto

Fi g 21
3 6
Il suo cam po di misura va da circa 10 - a 10- mm di Hg .
Nell ' ampolla M sono sistemati due elettrodi P e R di ma ·-
teri a le a basso potenziale di e s trazione (zirconio , t ori o, etc . )
che v en g ono ali me ntati c on un a differenza di po ten z i a le d i a l

(1) Il limite i n f er io r e di mi s ura del va c u o me tro e di c irc a 10 ·


11 2
+ 10 ·· '· mm
d i Hg .
M.Bertolotti - T.Pap a - O.Sette - Meto d i d ' os se r vaz i one e mi su r a Disp . 32

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- 250 -

cune migliaia di volt. L'elettrodo P è costituito da due pia-


stre connesse elettricamente, mentre l'elettrodo R è costitui-
to da un telaietto opportunamente sagomato. L'ampolla viene col-
legata al recipiente sotto vuoto.
Se il vuoto ~ tale che il libero cammino medio in seno al
gas è uguale all ' incirca alle dimensioni lineari dell'ampolla,
gli ioni presenti in esso (tali ioni possono essere prodotti
da raggi cosmici, radiazioni elettromagnetiche od altri agen-
ti ionizzanti naturali) migrano verso gli elettrodi ed ivi strap-
pano degli elettroni, che, accelerati dal campo, possono pro-
durre altri ioni e quindi determinare una corrente circa pro-
porzionale al numero delle molecole presenti nel vacuometro.
Tale corrente vieme misurata mediante un microamperometro in-
serito nel circuito ed, in genere, è dell ' ordine del microam-
pere. Per aumentare l ' intensita di corrente in modo che la mi-
sura possa essere eseguita più agevolmente viene posto un ma-
gnete NS permanente che produce un campo di alcune centinaia
di Oersted. In tal modo, data la particolare configurazione de-
gli . elettrodi, il campo elettrico ha in ogni punto una compo-
nente ortogonale al campo magnetico, la traiettoria degli elet-
troni assume la forma di una spirale ed il percorso aumenta di
un centinaio di volte.
Aumenta in tal modo la probabilita di collisione tra gli
elettroni e le molecole del gas ed a pariti di pressione viene
prodotto un numero maggiore di ioni.
Il vacuometro di Penning é molto piJ semplice rispetto ai
vacuometri a ionizzazione gi~ descritti; esso inoltre non pre-
senta gli inconvenienti dovuti alle eventuali reazioni dei gas
col filamento incandescente.
Esso va tarato con un Mc Leod.

~ Vl.!l.5 - Caratteristiche generali delle pompe da vuoto

La produzione di pressioni molto basse spesso indicata co-


me produzione di alti vuoti é di enorme importanza tecnica e
scientifica. Non e' possibile in questa sede enumerare i vari
campi di applicazione; basti solo ricordare che la realizzazio-
ne di pressioni molto basse e' richiesta in camri tecnologici
che vanno dalla produzione di valvole termoioniche agli acce-
leratori di particelle, dalla distillazione industriale sotto
vuoto ai simulatori spaziali, etc.
Gli apparecchi che servono a produrre gli alti vuoti sono
le pompe da vuoto. Basandosi sulle caratteristiche fondamenta-
li di funzionamento, che descriveremo in seguito, é possibile
classificare le pompe da vuoto in due grandi categorie:

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- 2 51 -

a) Pompe che vuotano il recipiente riversando direttamente i.


gas in esso contenuti nell'atmosfera, senza l'intervento di
altri dispositivi evacuanti.
b) Pompe che possono funzionare quando la pressione nel reci-
piente in cui si deve produrre il vuoto ~ stata ridotta ad
un valore opportuno: esse debbono lavorare in serie con una
o piu' pompe del primo tipo.
I dati caratteristici di ogni pompa da vuoto sono la pres-
sione finale e la portata, chiamata anche impropriamente velo-
cita' di aspirazione .
La pressione finale e' la pressione piu' bassa raggiungibi-
le dalla pompa . Occorre pero' distinguere la pressione parziale
dei gas permanenti, dalla pressione totale che puo' superare
quella parziale del valore della tensione di vapore del fluido
impiegato nella pompa.
Per esempio nelle pompe meccaniche il limite superiore e'
imposto, oltre che dalle perdite attraverso la pompa stessa,
dalla tensione di vapore dell'olio usato per la lubrificazione
e la tenuta.
La portata o velocita'di aspirazione Sviene definita co-
me il volume dei gas che la pompa puo' asportare nell'unita' di
tempo ad una pressione ben determinata, cioe~

dV
s dt
(14)

Nella pratica viene di solito misurata i.n litri /~inuto.


La portata di una pompa da vuoto dipende dalla pressione ; ha
dunque particolare interesse eseguirne la misura al.le vari.e
pres si.oni..
La misura si puo' realizzare usando il metodo a pressi.one
costante come descritto nell'esperienza dell ' appendice , ~ppure
usando il metodo a volume costante , cioe' considerando il gas
contenuto in un recipiente di volume costante V e tenendo con-
to di come influisce sulla portata la variazione della pres-·
sione nel recipiente per effetto del pompaggio.
Descriviamo qui il secondo metodo: consideriamo il gas ad
una pressione p contenuto in un recipiente di volume V ad un
certo istante . A temperatura costante vale la legge di Boyle:

pV=cost. ( 15)

Se, per mezzo della pompa, si estrae dal recipiente u n


certo volume dV di gas durante il tempuscolo dt , la . pressione
entro il r ec ipiente al termine dell ' operazione diminuisce di
una quantita' dp.

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- 2 52 -

ljuesta situazion e s1 puo' esprir.iere d erivando la (15) r1-


s p e t t o a 1 te mp o . Si h a :

dV V dp
p --+
dt dt
o
.
c1oe :
,

dV V dp
S. = - -
dt p dt

Considerando un interva1lo di tempo (t r tiJ piccolo ma fi-


nito entro cui S si p ossa considerare costante si h a :

f
f
t2 p2
S dt = - V d:
t 1 p1

. '
c1oe:

V p1
s ---- l n-- (16)
P2

ovvero:

(17)

Indichiamo con t 1 e p 1 i valori iniziali del tempo e del-


l a pressione e rileviamo con un va c uometro come varia l a pres-
sione p 2 a partire dall ' istante t 1 fino all ' istante t 2 . S i co -
struisce mediante la (17) un grafico tempo-logaritmo della pres -
sione che ~ una linea retta, dalla inclinazione della q u a le si
puo' ricavare S.
Cio' naturalmente vale se S si puo' ritenere · cost a nte nel -
1 'intervallo considerato.
Dividendo l'intervallo di vari a zione di pressione in tan-
ti intervallini in og nuno dei :1uali la portata s i p o s sa rite-
nere costante , e' p o ssibile ricavar e la curva p ortata-pr e ssione
i n maniera compl e ta .
In fig. 22 (a e b) sono riportate le curve di port a ta per
alcuni tipi di pompe rotative della _Leybold.
Nella pratic a interessa multe volte conoscere il t e mpo ne-
cess a rio perche' u nc; p ompa produca una det e rmin a t a p re s sione in
u n re c ipiente.

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2 53 -

L/ uc
I I
1().7.000
I
I I

.D/2 - 10.000
V
po20001

.bo 'aoh1 ~ . -~
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o{()!! rot {() ( 10° 10· L (()" 2 10· 11 Id"'"
l
1o·S
rre.ss/on~ Torr ?ressione.
- - - C'on ztJl/orra. J'and. - senza :uvomi d~r/a.

Fig. 2 2 a Fig.22b

In fi g. 23 sono mostr a ti i tempi di e v acuazione d e ll e me-


mes1me pompe Le y bold considerate piu' sop ra .

Torr micron
10 3 106
........ .....
-
... - 101t

'. ' .
1
10°
,012 \D6 \D~

'\ \ '
,_ ' -,
\

I \
\ \

i IO
' ', '
--
Tempo
1
- - - - con zavorr()., d ar,"o., - - .>en:zo. :ca11orrq, d'a,.,'Q..
Tem,PÌ d'eva.ev.àone per vn rt'eip/enfe d1-S"O /,"tri
Fi g . 2 3

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2 54 -

VI • 'ì· • ~: - Pompe da vuoto

a) ? omJ e meccaniche

I principali tipi di pompe meccaniche sono le pompe rota-


tive e le cosiddette pompe Roots.
Pompe rot litive . In fig . 24 e' mostrata una pompa rotativa a
palette in v;:irie fa s i Je.1 suo funzionamento. Essa consiste di
un corpo cilin J rico G d ' acciaio, entro il quale gira un rotore

Fil!. 2 4

eccentrico Ii scanalato lungo une: direzion e diametral e . Nella


scanalatura sono collocate due p a lette P che ven ~ ono tenute a-
derenti alle pareti di G mediante molle in mo~o che, · 4uan<lo il
rotore ruota , l'ari a aspirata da C sia successivamente compres-
sa nella regione A e forzata ad uscire attraverso la valvola D
nel 1 'atmosfera.
La pressione nella regione A in quest'ultima fase aev'es-
s e re naturalmente un po' piu' alta della pressione atmosferica.
Il si s t e ma si trova immerso in un bagno u 'olio speciale
i) er lubri f icare le parti in moto e per assicurare la tenuta del
sis tema.
i.Juesto t i po di pompa e' molto d iffuso e consente di rag-
,:; iuagere pressioni di circa 10- 3 mm di Hg partendo Jalla pres-
s io ne atniosfe1·ica. Un altro tipo di pompa rotativa e' mostr:ito
i n f i g . 2 5. vueste pompe sono c hiamate a pistone rotante e , per

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255 -

le caratteristiche costrut -
tive , sono piu' adatte del -
le pompe a palette per le
g r a ndi portate (10 3 + 10 4
l i t r i / mi n ) . La l o r o p re s ··
sione finale e ' dell ' ordine
di 10- 3 mm di Hg .
In esse il gas viene
asp i rato attraverso il rac -·
c ordo A e penetra nella ca ··
mera B pe r mezzo del con -
dotto prati c ato nel pisto -
ne c ilindri c o e solidale
c on l ' eccentrico E.
L ' eccentrico E nella
sua rotazione fa si ' che il
pistone scorra con moto al-
ternativo nella guida G, a
sua volta oscillante nel-
1 ' apposita sede e ponga al-
ternativamente la camera B
in comunicazione con l'am-
biente da vuotare , o la i-
s oli .
Contemporaneamente l ' ec-
c entrico comprime i gas che
si trovano in D fino ad e -
sp e llerli nell ' atmosfe r a
attr a v erso la v al~ ola V
Per la lubrificazione
e l a tenuta viene adopera -
to dell ' olio opportuno .
Nel le pompe c ons ide -
ra ~e. per comprimere i gas
estr a tti dal recipiente fi ·-
no alla pressione atmosfe -
rica devono essere realiz -
zati rapporti di compres -
sione assai elev a ti (fino
a 1000: 1). Cio' non pr esen-
t a alcun inconveniente se
si tratta di aria od altri
gas{?. al di s~p:a della t~m- Fig. 25
1
p er a·tura cri tic a . Quando in -
vec e i gas as p irati sono completamente o preval e ntemente vapo -
ri , ·e ssi , per eff e tto di tali compressioni , verrebbero a con-

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2 56 -

densare nel corpo d e lla pompa. Cio' costituisc e un notevole in-


conveniente giacche ' i vapori condensati s i mescolano con l ' o -
lio della pompa e peggior a no molto rapidamente le pressioni fi -
nali ra gg iungibili , Vari accor g imenti pos -
sono essere impiegati per evitare il ve -
rificarsi di questa circostanza. Fra que-
sti illustreremo quello della zavorra di
aria il cui principio e' mostrato nella
fig.26 .
La pompa rotativa presenta un ' en -
trata supplementare S. Durante la rota-
zione della pompa, quando il recipiente

~
in cui si vuole f~e il vuoto e, ormai se -
parato dalla camera di aspirazione della
pompa , si apre la val vola S e la camera
si riempie di aria addizionale
d;aria) .
(zavorra ..
. ..
:.....
·.. .·.•. . .
:

Cosi ' facendo la sovrappressione ne-


cessaria per aprire la valvola di scari -
co viene raggiunta molto prima che possa
aver luogo l~ condensazione dei vapori.
La pompa elimina cosi ' particelle di
vapore ed aria contemporaneamente.

Pompe R.oots . Le p ompe Hoots (fig . 27)


sono costituite da due rotori a forma di
otto che ruotano in senso contrario uno
rispetto all'altro opportunamente sin-
cronizzati in una catt1era senza toccarsi
o toccare le pareti della camera . I! fun-
zionamento e' chiaramente comprensibile
dalla figura . Nel momento in cui i roto-
ri sono nella posizione e una quantita '
d ' ari a re <:: ta in trappolata fra la camera
ed il roto I· e superiore e da questo viene Fig. 26
spinta fuori . Il ciclo si ripete per il
rotore inf e riore .
Le pompe Roots si adoperano in genere nell'intervallo <l i
pressione che va dalla pressione atmosferica fino a circa 10 - 3
m.m di Hg .
Pero', diminuendo le tolleranze fra le parti rotanti ed au -
mentando la velocit~ di rotazione, possono esser e impiegate fi-
no a pressioni di 10- 5 mm di Hg. In tal caso e' nece ssar io di-
sporre una pompa rot a tiva preliminare.

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2 57

a) b)

e) d)
Fig. ·27

b) Pompe a diffusione di vapori

In queste pompe viene usato un fascio molecolare di un op -


portuno vapore ad alta velocita' per ·trasferire quantita' di mo-
to al gas da evacuare .
Vi sono diversi tipi di queste pompe . Caratteristica ge -
nerale per tutte e ' che in esse deve essere praticato un vuoto
preparatorio , per esempio per mezzo di una pompa rotativa , in
rn a n i e r a c li e il l i b e r o c a mm in o me d i o d e 11 e mo l e c o 1 e di va p o re
Hia de ll ' ordine di grandezza delle dimensioni lineari del cor-
po del la pompa . Li particolare importanza sono le cosiddette
pompe a diffusione capaci di scendere a vuoti migliori di 10 - 7
mm Hg .

M.Bertolo t ti ·· T . Papa ·· O. Sette - Metodi d ' osse r vazione e misura Disp . 33

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2 58

La fig . 28 mostra schematicamente la sezione longitudinale


di una pompa a diffusione a tre stadi Nella parte inferiore
della pompa si trova mercurio o olio speciale che viene riscal -
dato da un fornello elettrico R e fatto evaporare . Le molecole

:1)0M
~l · ).s\
, \

F/vido

Fi g. 28

di vapore , · senza avere subito praticamente urti con altre mo-


lecole presenti , perche' la poinpa e' collegata con una pompa pre -
liminare che produce il vuoto preparatorio , salgono attraverso
la colonna centrale , colpiscono i deflettori D e vengono de -
viate verso il basso,formando un fascio di molecole ad elevata
velocita' (alcune centinaia di m/sec) . Le pareti della pompa so-
no raffreddate e costituiscono una superficie di condensazione
per il vapore che di conseguenza torna al la fase li ·-1uida nel
recipiente R. La sezione del fascio molecolare si riduce in cor -
rispondenza ad Se cJ.uinùi la velocita'<lelleinolecole cresce men -
tre la pressione in corrispondenza ad S decresce. La zona S e'
cio~ una regione di depressione . Per questo motivo le molecole
del gas ua evacuare JiffonJono in questd regione e colliuono
con le molecole del vapore acquistando una componente della
velocita ' diretta verso il basso . Esse vengono cosi ' spinte in

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2 59

yuesta direzione e finiscono per essere eliminate dalla pompa


p re liminare .
La pressione minima che si pud raggiungere e' determinata
dalla tensione di vapore del mercurio o dell ' olio alla tempe-
ratura delle pareti fredde .
Le t ens ioni di vapore dei comuni olii da pompa sono com-
prese normalmente . a temperatura di circa 20 ° C , tra 1o · e e 10- 9
mm Hg
In f ig 22 b sono mo~trate delle curve di portata per al-
c uni tipi di pompe a diffusione costruite dall a Leybold

c) Pompe ioniche

Le pompe ioniche basano il loro funzionamento sul fatto


c he ce rti metalli (per esempio torio . titanio, zirconio) a tem -
peratura ambiente ed anche ad altre temperature possono assor ··
bi re notevoli quantita' di gas purche' i metalli vengano polve -
rizzati opportunamente .
L ' assorbimento dei gas puo' essere determinato :
a) mediante una reazione chimica tr a gas e m~tallo polveriz -
zato
b) per adsorbimento di gas sull a superficie del metallo
c) per assorbimento del gas nello str ato poroso del metallo .
Inoltre i gas nobili , co nt en uti per esempio nell ' aria , c he
diff icilmente rea g iscono chimicamente , possono essere ionizza -
ti ed accelerati mediantt: elettrodi opportuni da cu i vengono
adsorbiti .
Le pompe ioniche i l cui funzionamento fl . basato sui feno -
meni ~u elencati prendono anche il nome di pompe ad assorbito -
r i { ge t te r ) .
Le pompe ioniche , per la natura stessa dei fenomeni c h e
in v olv ono . debbono funzionare assieme ad una pompa preliminare
(per esempio meccan ic a) che prod u t;a nel recipiente un vuot o mi -
3
gliore di 10· mm di Hg
Le pompe io ni c h e vengono impieg ate molto vanta s giosamente
nei processi in cui si richie de un vu oto esente da vapori c he .
anche se in picco lissima quantita ~ sono presenti nelle pompe a
diffusione d i vapori .
La pressione limite inferiore ottenibile e· migliore di
10 -- 10 mm di f/g .
A seconda d e l funzionamento si distinguono due diversi ti -
pi di pompe ioni c he .

1 ) Pompe ioniche ad evaporazione


In tali pomre (fig . 29ì il material e getter (in ge n ere ti-
tanio) , sotto fo1ma di filo, viene fatto evaporare per riscaÌ··

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260

damento , indi i vapori ven g ono condensati sulle paret i metal -·


liche della pompa opportunamente raffreddate In tal modo l e
molecole chimicamente attive vengono assor bite sia dal titanio
deposit ato sulle pa ·-
reti della pompa _ sia
dai vapori di tit un io t
durante la fase u e -· fil recipiente
vaporazi one . da. Vt1ot4.re
Nel coq.Jo della
pompa e · montato inol -
tre un sistema ioniz - G-r,-gh'a, l1ecl-<1.fl1s1110

zante costituito da un / per il rifornì ·


a.uell?Mtr1èe
mento del filo
filamento portato al -· di' titanio
l ' incandescenza e che
quindi emette elettro·· C1~cola21one
ni e da un elettrodo
polarizzato positiva-
mente a forma di gri-
glia . Tale sistema
serve per eliminare
a.c9ua. d/
ta ffred.lamenfo

-- -~...w--F. lame11 fo
risea_/d4fore

gas che sono scarsa -


mente reattivi quali
ad esempio i gas no - Fig. 29
bili . Infatti gli e -
lettroni emessi dal filamento ed accelerati , ionizzano per ur -
to tali gas nelle vicinanze della g riglia ; gli ioni positivi
cosi ' prodotti ven1:7ono respinti dalla griglia stessa verso l e
pareti della pompa dove vengono assorbiti dal titanio . L ' u~te ­
riore evaporazione di titanio impedisce l ' eventuale riemissio -
ne delle molecole ,

2) Pompe ioniche a spruzzamento (Sistema di Pennin g)


In queste pompe non c ' e'alcun dispositivo termicoperl'e ..
vap orazione d e l getter . Lo strato a ttivo v iene ottenuto polve -
rizzando ( s puttering) e facendo 4uindi evaporare un catodo
(freddo) costituito da titanio , mediante un dispositivo analo -
go a quello che produce la scarica nei gas .
Il funzionamento e' analogo a que llo del vacuometro di P en -
ning . Il titanio cosi ' evaporato si deposita sull ' anodo e sulle
altre parti della pompa formanLlo un deposito che assorbe i gas
In tal modo la ionizzazione e la formazione del getter avven -·
gono contemporaneamente .
La scarica viene mantenut a costa nt e media nt e una tensione
continua di a lr:uni Kilovolt ed a ll e basse pressioni vie n e fa -
voi:-ite. con l ' applicazione di un campo ma g neti co esterno Poi
che. l a c orrente di scarica e ' p ro porzi.onale all a pressio n e nel ·

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TAHF.:LLA IV

tipo di pompa Pu Ps s e w g/min

di ff usi one ad olio io - 1 0.5 50 + 20 . 000 107100 200..;. 5.000 -

6
di f fusione a mercurio 1 o- 4 10072 . 000 20 ..;.. so 400-:- 2 . 000

3
pompe rotative io- - io - 4 - o . s-:-200<*> - - 450

pompe ioni che io - 1 o 1 o- "'""


3
300-:-2 . 000 ......

p u = pressione finale (mm Hg)

P8 = pressione iniziale (mm Hg)


4
S = velocita' di aspirazione Oitri / sec a 10- mm Hg)

e = volume dell'olio o mercurio richiesto in cm


3

r = potenz a dis sipa ta n e l ri s caldatore (wutt)

g/min = velocita' di rotazion e della pompa

{* ) velocita' di aspirazione a pressione atmosferica


262

la pompa il consumo di titanio viene regolato secondo le con -


dizioni di funzionamento . Dando al sistema una geometria op-
portuna si riduce il rischio della liberazione da parte del
getter dei gas gia ' assorbiti a causa del continuo bombardamen -
to ionico .
lali pompe risultano praticamente impie g abili fino a di -
mensioni che consentono portate piuttosto modeste c ~1so l i t r i /
sec a 10- 13 torr)
Per rompe piu' grandi ; il magnete permanente esterno che
circonda la pompa e' gia ' troppo pesante per essere pratico .
Nella tabella IV sono riportate le caratteristiche prin -
cipali <lei vari tipi di pompe .

0 ol§i]- r.iisure c:i elasticita'

f\)'J~ - Introduzione

Hicordiamo brevemente dalla meccanica dei corpi deforma -


bili che in genere i corpi quando sono sottoposti a sollecita-
zioni meccaniche si deformano.
vuan<.io la sollecitazione viene rimossa il corpo puo' ritor-
nare o meno nelle condizioni originarie ; nel caso che esso ri-
prenda le dimensioni e la forma originaria si d ice che esso e'
perfettamente elastico; nel caso che esso manten ~ a esattamente
le <limensioni e la forma assunte sotto la sollecitazione si di-
ce che ~perfettamente plastico .
La teoria Jella elasticita' studia il comportamento dei cor -
pi elastici. I corpi reali si comportano come perfettamente c-
lastici, purche' le sollecitazioni non superino certi limiti
(di elasticit..i.').
l\irnandando al corso di fisica Sperimentale per cio' che ri-
guarda la trattazione <lei vari casi di elasticit a', ricordiamo
qui brevemente le Jefinizioni dei vari moduli di elasticita ~
a) Il modulo di Young ~definito considerando l ' elastici -
1 l
ta' di trazione tramite la relazione 6l = - - f e puo' essere
E s
scritto in ~uesto caso

l F
E = --
6l s
Si vede che C ha le dimensioni di una forza su una super-
ficie.

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- 263 ...

b) Il modulo di torsione é definito considerando un tron -


co di fil o <l i ragg io r fisso ad un estremo e sog r, etto ad un
momento torcente M diretto secondo l'asse del filo di lun g hez-
za l e sezione S

1 Ml
e
4 52
r

dove e
é l'angolo di cui vengono rotate l'una rispetto all'al-
tra le sezioni estreme del filo e ç e' il modulo di torsione.
Esso ha le dimensioni di una forza su una lunghezza al quadra-
to .
c) Il modulo di rigidita' e legato al modulo di torsione
tramite la relazione G = 2i_.
77

Esse h a le dimensioni del modulo di torsione.


d) Il modulo di Poisson o- é definito come la contrazione
laterale relativa divisa per la deformazione lon g itudinale re-
lativa .
Esso e'

6a
()"
a ùl

Esso é una g randezz~ ad imensionata.


e) Il modulo di com p ressibilit~ K é definito come

6V 1
-=-T
V K

in cui si e' indicata con T la forza di compressione pe r unita'


6V
d i superficie e con la var1az1one percentuale di volume.
V
Le sue dimensioni sono le stesse ciel modulo di Young.
Le varie costanti elastiche non sono fra loro indipenden-
ti . Si ha:

E
e 2 ( 1 <-o- )

E 2G(1HJ·) = 3K(1-2o )

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- 26 4 ..

3K - E E - 2G 3K - 2G

1 EG
K = - -- - - - - - = - ··- - - --
3(1 / E - 2a:/ E) 9G - 3E

tJo ~ -Metodi di misura delle costanti elast i che

Le costanti elastiche che sono comunemente misurate sono


il modulo di Youn g E e il modulo di scorrimento G.
Alcuni dei metodi usati sono illustrati in Ap pendice. Vo-
gliamo qui a gg iun g er e alcune considerazioni su un metodo d i ;.i 1 -
sura del modulo di Youn g che fa uso dell a deformazione di 11na
sbarra omo g en e a prismatica, sotto p osta ad un carico central e
come in fig. 30.

\ o<. ~-
?\ I
\
\

z
Fig. 30

L'e q uazione della linea elastica per ques t a sbarra e


Pl2 p 3
z = 16Elx y - 1 2Eix y
(])

d eve F e il c a ru:: o
l la lu n~h ezza della sbarra fra i soste g ni
Ix é il 11?orne nto <l'inerzia della sezione tra sv er s al e ( ri-
sp ett o ull' as s 0 baric e ntric o della sezi o ne , orto g on ~ l ~
al pian o del la figu r a) .

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- 265 -

l
La freccia di flessione z 0 per y = - risulta :
2
3 3 3
z z ) z p
Zo ( J2 -95 = 48Elx
da CUl '.

( 2)

Dalla misura della freccia z 0 e delle caratteristiche geo-


1
metriche della sbarra si f>U0 ricavare quindi il modulo di Young
del materiale in esame.
La determinazione di E si esegue inoltre misurando l'an -
golo a. (fig.30) (vedi esperienza corrispondente in appendice)
che viene facilmente determinato derivando la (1).
Poiché infatti :

(\~.:_\ t g a. "' çl.


dy ly=O

risulta :
fl l 2
a.=--·-
11JEIX
da CUl

P z2
E=---
161X a.

Per una sbarra a sezione rettangolare di lati a e b

1
12
l)er cui :

3
E=- ( 3)
4

M.Hert. to l c1 tti -T . Pap ~ - O.Sette - ~leto<i i d'osservazione e misura Disp . 34

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- 266 -

Capitolo VII

MISURE 01 GRANDEZZE ELETTRICHE

s~· Generalità sugli Strumenti Elettrici

Gli strumenti che si adoperano usualmente per la nnsura


delle grandezze elettriche sono in genere degli apparecchi ta -
rati, muniti di un indice che si muove su una opportuna scala
~graduata, su cui sono incisi direttamente i valori deTia gra n -
'aèzzaè"" e ~-- - - - - - - -- - - - -
-- n inea del tutto generale si puo' dire che il moto del-
l ' indice de g li strumenti elettrici (moto dell ' equipaggio mobi-
le) ~ottenuto sfruttando diversi effetti :
effetti delle forze che si destano tra circuiti percorsi da
corrente e ca1:ipi magrietici generati da ma g neti tiermanenti
(strumenti a bobina mobile, a ferro mobile, etc.)
effetti dcl le forze che si destano tra circuiti percorsi da
correnti (strumenti elettrodinamici)
- effetti elettrotermici
- effetti dovuti alle forze elettrostatiche che si destano tra
~iastre di condensatori, etc.

Nella tabella l,per comodit~ 1 gli strumenti elettrici ven-


g ono classificati in grandi linee e vengono ricordati, tra l'al-
tro, i principi fisici su cui si basa il loro funzionamento.
Per quanto riguarda Je scale di lettura, a seconda del ti-
. o di strumento,si vedr~ che esse po ss ono essere lineari au -
dratiche, iperrn ic1e, ogar1tm1c1e , etc. (v.fig . l).
c:i "-~ uno st umento e' specificata g,g !J ' etr o :r:..i;.,..cJ~e
~·~~ ~~ let;J;..ur..a--i-tl·a ·1e--- e ' è" èfi' solito -~e.sso
·in ercento della deflessione totale della scala (si dice in
1 valore o g y _. revemente del fondo
~ _...; .....

classe
Questa 4ualiti definisce la cosiddetta ,.:aa.?P "--
dello

stru-
mento. Nell '= norme del Comitato Elettrotecnico Italiano {I.El)
sono elencate cinque classi :

Taì e t!izione si g nifica cl1 e J)er es. uno strumento di c l a s-

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TABELLA I

effetti sfruttati nome uso

effetti az1on1 tra armature C1 i un elettrometri e.e . e e .a.


elettrostatici condensatore o voltmetri
elettrostatici

effetti az1on1 tra ma gn ete fiss o e galvan ometr i e.e .


elettromagnetici circuito mobile (strumenti a mperometri e.e.
a bobinà mo bi le) voltmetri c. c .

az1on1 tra circuito fiss o e amperometri e.e. e e.a.


nucleo mobile (strumenti a voltmetri e .e. e c . a . ""
°'
.....,
ferro dolce)

az1on1 tra circuito fisso e amperometri c . e . e e . a.


circuito mobile (strumenti voltmetri c . c . e e .a .
elettro dinamici) wattmetri e .e. e e.a.
fasometri e.a.

effetti strume nti a filo caldo amperometri e.e. e e.a.


elet troterm ici voltmetri

str umenti a termocoppia amperometri e.e. e e.a.


voltmetri e . e. e e . a .
.. 2 68

,
10 80
8
90
9

Staia knea!'e

Fig . 1

se 0 . 5 permette di effettuare una misura con un errore dello


O, 5% del 4a.d.o .scala \ Il costruttore tiene conto di questa cir -
costanza nella realizzazione della scala facendo l ' intervall . .o
fra successive divisioni di s.Qli L ti all ' errore ora det_!;_g.J
In tali condizioni la sensibilita' dello strumento coincide con
L'. errore d.i le,t _t ur q j
Gli ps;t q imenti cama j~!J::l' sempre secondo le norme CEI, han-
no una quaÌ1ta' migl1ore1 quelle sopra elencate : essi a
ten ~ ono ar zata da u
~de.Ll o O l~ de l fo n,d o- S-Ga.J.-a.g
Gli errori de~li strumenti di ciascuna classe sono quelli
sopra dr·tti g ua·~~ iascuno strumento e' u sa to 1. n cons1zioni ben
specificate ! f ra queste condiz~oni ricordiamo le seguenti :

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269

TABELLA I I

o S t rumenti a bobina mobi ··


le
Posizione orizzontale del
quadrante

Strumenti a bobina incro - Posizione inclinata del


ciata quadrante

Strumenti a ferro mobile Massima tensione di pro -


va uguale a 500 volt

Strumenti elettrodinami ·· Massima tensione di pro -


Cl va uguale a 2000 volt

Strumenti ferrodinamici Massima tensione di pro -


va uguale a 5000 volt

Strumenti elettrostatici Massima tensione di pro -


va uguale a 9000 volt

Strumenti a filo caldo Vite di azzeramento

Strumenti a lamina bime - A ferro incrociato mobi -


tallica le

Strumenti a termocoppia Elettrodinami c o a bobine


o campi incro ciati

~--

Strumenti a termocoppia ,,,;@~t',, Elettrodinamico a bobine


con riscaldatore isolato I
. OI
',.........____...;,"
o campi incrocia ti con
ferro

Strumenti a raddrizzato ·
re A induz i one

Strumenti in corr ente


continua A induzione differenziale

Strumenti in corrente al .. ',I/


ternata ~ A lamelle vi~ran ti

St r umen ti in corrente
con ti nu a ed alterna ta ~ Termoco ppi a

.....L Pc siz ione ve r ticale


quad:ra n te
de~
--.!-- Radd r iz z atore

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27 o

1) temperatura ambiente 2n°d ~


2) ' frequenza se in e . a . da 15 a 60 i-/z ,_)
3) campi magnetici esterni assenti
4) se in e . a . s1 suppone e 1e il segnale abbia una forma
molto rossima a quella ct i una-8'1 nusoi e ~-;-~-r-a_"___è_o_n----~u~n-
--
;~a~ì,,_s_t_o.-
r--
sicne mas §,.ima _. i prl.:na armon_i c;,,~
tt2tLl In gene r e sul 4uatlrante <li o-
g ni s trumento sono inuicate col sim -
bolismo opportuno le principali ca j ce.2.5 {
ratteristiche .
Nella tab . II sono riportati al -
cuni dei principali simboli La fig . Fig . 2
2 mostra un esempio di simboli che Esempio dei simboli che fi ··
figurano sul quadrunte di uno stru -- gurano sul quadrante di uno
rnento _ Lall ' esame delld figura si strumento a ferro mobile .
tleJu ce che lo strumento e ' Jel tipo
a ferro moLile auatto a lavorare con il quadrante in posi -
zione orizzontale isolato fino a 500 volt e con un exrn.L . .d.e..l,
2 , 5% del fondo scal,! ·J

o[51E :1loto degli e')nipaggi mobili rlegli stru;1enti elettrici

!-: ' opportuno , prima di descrivere il funzionamento degli


ap[rnreccli i e lettrici di misura , fa.re alcune consider a zioni S!.ll
~t,,.e-cl-e-§J..i . equipaggi mobili degli s t_!,!.1~-0 strumeJ;hto- e'
inserì to µer...m1surare und certa grci.nd «;_zzu~ leJ,.S..,,ti c....a•..l.;' equip ~·­
g i o "' nro10era'- S'ino a ra gg~e~Ù~;a posizione d ' equi 1 ibr io le --
_ga t a a 11.1 1::ra ntle z za elettrica. j ~ s ura L~.u.i,~g,,io mo bi 1 e
p e r v e r r a' a q u es t a p o s i z i o n e e s e g u e n <l o un e e r t o n um e r o d i o s e i l ..
la z ioni smorzate , oppure aumentando progressivamente la de -
f l e ssione , a parti re dalla posizion e di zero , senza ese g u ire
al c una osci llazione

Analizzeremo il caso dell · equipaggio mobile percorso da cor r ente c on ·


t inua e quello dell ' equipaggio mobile percorso da corrente alt e rnat a , se -
paratamente.

a ) .\foto dell ' equipaggio mo bi le in corrente continua


L 'e quipaggio mobile pud essere considerato c ome un corpo rig ido gire -
vole attorno ad un asse fisso per il quale l ' equazione del moto ~ J ata da :

I M ( 1)

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2 '/ 1 ..

in cui I é il momento d' inepia rispetto all ' asse di rotazion.e e l ' ll ng_o lQ
_è!i deflessione ed, M il"..'!1,0m~n.to_:;,~~~'!JS~!:i-te delle forze agenti rispetto al ::.-.
l ' asse di rotazione . ,,...-
I momenti agen t i sono essenzialmente : il momento meccanico m dovuto
alle forze elettriche , il momento delle forze ~} a:.,;,!,,~h,.;_ di richi,l!JJ!.Q..&h .e-e'..
~p_o., @ in cui e 'é la costante elastica il momento delle fo ~i
smorzamento che c ome noto, puo' essere scritto nell forma ~ ~ul ­
timo momento oltre che avere una origine ._!! gli inevitabili ~ ttri .ti.-.m~ ca - ·
nici , puo' com.!? rendere,come si vedra', anche un termine elettromagnetico .
~ L ' equa zio~ nv'èpè°'rtaiiTi'l:-----·- -·-~·~---
0

(2)

Nel caso che consideriamo, il secondo memb o-d~.!J!.....L:U~.·_,,o..,~v.,__.,,_,..,e...,.,,,


te
una costante .
Come noto la soluzione della (2) ~uo' ottenersi con i
-~~ -impiega ti in ~ i, risulta:

a1 t a2 t m
B=C 1 e +C 2 e +- ( 3)
e

de
C 1 e C2 sono costanti determinate dalle condizioni iniziali (e= -0; dt
~1 ed cx2 sono le radici dell'equazione caratteristica date da:

( 4)

e
Nella (4) il discriminante 6 puci essere: 6< O; 6> O; 6= O.
I
Nel primo caso (6<0) il moto é oscillatorio smorzato (o pseudoperio-
dico). Le radici cx1 ed cx2 risultano complesse coniugate e la soluzione (3) ,
mediante facili operazioni, puci essere posta nella forma :

( 4' )

in cui De cp sono nuove costant i ricavate opportunamente dalle C1 e C2 e Bo


m
e l a posizione d ' e quil i brio data da Bo ,,, _ _
e

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272

Nel ceco11do ca so(!:,> ()) il moto risu l ta ape riodi co , l 'integrale gene ··
r ale del!a (2) é an cora del tipe dat o da !l a (3) i n :: ui 0.1 ed CX.2 sono real i
e ne 15a t ive pior c u i l ' espressione r isult a del ti.po esp ou e n ziale ed i ! moto
i'~.sultR t, ::.n ·;c p i u l ento quanto piu pi ccoli sono i v alor i di O.: . ed~ (coef ·
ficiente ~ di s mo rza men t o wolto elevato )
Nel t erzo c aso(.:'.':. n) il mo to risu l ta ape r i.o dico cr i tico e si puo 7 e
d er e che la solu ;; ionc ge11P.rale dell ' eq u az".one (2ì ris ulta :

e ·e
-ti t
(C~ .;. c;t ì .;. 8 0 ( 5)

in cu i e: e C:2 so no co stanti determinate dalle cond izion i iniz iali . La (5)


pe rt anto di ve nta ;

(li)

La fi15 . 3 mostra 1 a nd a men t o ne1 tre casi con s iderati Come si vede da l ·
la figura il ca so b ~ quello a cui compe te il minor te mpo per il raggiun gi ·

Fig. 3
Tre possibili moti dell ' equipaggio mobile
curva a : moto pseudo peri o dico
curva b : moto aperiodico con smorzamento
critico
curva c : moto aperiodico con elevato smo r -
zamento

mento delle condizioni d 'e quilibrio e che c onsent e quin d i di e f fettua r e !a


let t ura nel modo pid rapido .

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27 3 -

b) Moto dell'equipaggio mobile in e.a .


Nel caso di grandezze che varianonel tempo l'equazione (2) si scrive:

df!
{3- + c8=m(t) ( 7)
dt

in cui m(t) é il momento meccanico dovuto alle forze elettriche. · In parti-


colare nel caso in cui m(t) =Mcos Cùf,rappresentando le varie grandezze me-
'°'
. , ponen d o 8 =oe i"'t , m=Me i"'t e applicando le
diante i numeri comp 1 essi. cioe
regole del metodo simbolico dalla (7) si ottienè:

M
®=------
2
-"' I+ e + j "'/3

e da questa il modulo:

(8)

Ci limitiamo a studiare il caso in cui il moto dell ' equipaggio sia a-


periodico critico (// = 4IC) (6= O) perche' questo é il caso piu' importante
in quanto é verificato nella maggior parte degli strumenti tarati. · La (8)
di venta :

M M
(9)
2
477 I
e+---
T2

in cui T rappresenta il periodo della grandezza sinusoidale alternata ap-


plica te .
Indicando con T 0 il periodo dell ' equipaggio i n assenza d i smorzamento

((3= O), dalla (4') risulta : To= 211~:.


La (9) diventa allo r a:

.Il
(10)

Dalla (10) si de du cono due casi im portanti:

~ :. Be r tolotti - T.Pap a - n.-::ett.e - Metocli d'osser vazion e e misura Ois p . . 35

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27 4 -

1) se T << To e ~ o
,\{ m (t)
2) se T >> To e ~-
e
e ."'---
c

Evidentemente nel caso 1° l ' equipaggio mobile praticamente non si spo-


sta dalla posizione di zero; nel caso 2° l ' equipaggio segue esattamente le
variazioni di m nel tempo , e sulla scala dello strumento si possono leggP-
re istante per istante i valori della grandezza in esame.
A questo punto si deve ossèrvare che negli usuali strumenti ad indice
m(t) non é una grandezza puramente sinusoidale; pero se é periodica é sem-
pre sviluppabile in serie di Fourier per cui risulta

con

(n=0 , 1 , 2, .. . )

Poiché la (7) e' una equazione lineare, se si sostituisce in essa al


posto di m(t) la (11), la sua soluzione stazionaria sara' somma delle solu -
zioni stazionarie corrispondenti ai singoli termini della (11) . Si otterra'
pertanto al posto della (10), considerand o i valori istantanei, una rela ··
zione del tipò:

CD
mo
e = -- +
e
2=
n=1
(12)

Supponendo che sia verificata la condizione 1° (T<<To) la s ommato ria


della (12) tendera' rapidamente a zero . . Si conclude pertanto che sotto que-
ste condizioni la posizione di equilibrio 80 risulta es~ere semplicemente

Il valore di mo si ricava facilmente integrando la (Il) termine a ter-


mine tra O e T . .
Infatti:

=riioT + ECD
n=1
·1T M cos (nwt + tji )dt
n n
=m0 1'
·o

da CU1

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- 27 5 -

ni o
1fT
=T m ( t )d t
-
= m ( t)
0

In definitiva:

m (t)
8=--
e

Descrizione di alcuni strumenti elettrici


______ _________ ...._

Strumenti
. -,,,.
~ -- a bobina mcbile \

Il principio di funzionamento degli strumenti a bobina mo -


b_i_l_e__e'_i_l_s':'"e-~
...,-u_
: e_n..,.t...e-i.1 Una bobina piatta a forma rettangolare e'
-s o s t en u t a da d u e pJ:q .:.ie rn~. i in mo g,,__=a-.:e;.:;;s:..::s:;.;e:;,;r::..e
;;;.._..;;.;;i;.;,;e;..r;;.,a;;:_...;:;
=---
d-=i""""r"'u,.,.o,.,~t.,.a_
;,;:r...,e._=
i !!- -
torno all ' asse verticale xx ~ e si trova o ma -
. t,e ( Y. i
a corrente pe.rcorre la bobina pas - ,x
sando attrave~oue m ~ Il e- a sR frf~~ I
I
iana vv e ver ~ e .g_J.il!,-
11!1
1 i hanno anche la funzione di g enerare
!:!_na coppia elastica a i to~ ,i~d i - m~ corrente
me nto pari a fu]}
tutte l e volte che il
p
telaio ru 0 ta di..un: an g oi o: :t? : r i§:netto ad
una determinata posizione di ey:.i.ili brio
( per esempio quel la per cui B giace nel B- - - -
piano della bobina) .
Le forze ch e a g iscono sui latilEQ
e [SR] sono u. li ed o oste ed a i ~ ·­
n o su 11 a s te s s a l i n e a d ' a z,i on ~ ,_i ç__ç_h e'
non producono alcun effetto .
Le forze sui l a ti PS e RQ sono u - liiI
g uali ed opposte e costituiscono una I

<:2.f> pia di braccio b ~·-cosepne tenae : x'


a far ruotare la bo Lina (v . fi g . 5)

~ 1.-' , tl.- ' B ~ ')1'} '=- ,a_ B N-;;• RQ = i


FF S =i PS . ~ B -
R-Q X
Fig . 4

- V E = -F PS
:- >ct1P., o= i ad B cos e
b ' = F PS ' W\ d cos
~· ~l a.f3N=N6~, B ;; ." CJ u._;
La cultura1 è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)
r -=-lit L o_/,._ /.
- 27 6 -

dove

d '~ -
IPQI e a -
= IPS.I

In questa schematizzazione il momento della coppia in un


campo magnetico uniforme dipende da B. E'questa una circostan-
za non favorevole per gli impieghi pratici, sicche ' si preferi-

Fig . 5 Fig. 6

sce una disposizione diversa nella quale la bobina viene posta


in un campo Ba simmetria radiale (v . fig . 6) . In tal caso la bo-
bina e ' sempre concatenata con lo stesso flusso per tutti i va -·
e
-
lori di e di conseguenza il momento della coppia e' costante
per tutte le orientazioni e-1-"vale · se N e'il numero delle s p_i.J,:..e :

m '-' NadiB

La coppia elastica originata dalla torsione delle molle si


oppone a questa rotazione In condizioni di equilibrio dell ' e-
quipaggio mobile l ' angolo e
di cui esso ha ruotato e' dato da

cB " m ·' NadiB '" e/>max i

Si vede che i risulta proporzionale a e.

VI I. 3.2 - Galvanometri

Una trattazione particolare meritano i g a lvanometri ch e


SODO str ~ nti ciu].;_· ---(lJ e e vata sens ib ilita1 (come si ~§ ··
si possono misur a re c-;;renti fino a 10 rt,4) i essi
sere ad ago mo 5ile o a bobina mobile . .
I primi risultano apparecchi molto delicati ed il loro

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


277 -

principio di funzionamento si. fonda essenzialmente sulla de -


flessione di un ago magnetico nel campo magnetico di una bobi-
na attraversata da corrente . Essi inevitabilmente risentono
delle perturbazioni esterne , dovute a variazioni dei campi. ma -
gnetici ed al campo magnetico terrestre ,
Questi inconvenienti possono essere opportunamente elimi -
nati (schermi magnetici , sospensione astatica , etc .. ) ; c io' no -
nostante , a parita' di sensibilita', vengono preferiti i galva -
nometri a bobina mobile perche' molto piu' semplici e maneggevo -
li . Il loro prin c ipio di funzionamento e ' identico a quello de -
g li st r umen i al50b-r n'a ·-ob-i+e":'"-·-fo~es-si.-,per-- otte ne ra- d e si --
d erat;-iliva-ta sens1 ili. ta»- -sono - a do-ttatìaICìi ni ac corgi.menti
c os trut t i v i . Inn a nzi tutto la ùobinetta deve essere molto le g ·
. --·--------.............__.--~~--..;-;,,...
gera e nello stesso t empo contene r e un ele v ato nume r o 'ch S--h -e...
~nere una copp ia "i-rota z1 òne-a1rpreiZiiliTl~'":r-r: asse di
r-Ota?l. o né- o·
;'"8ò5t"It:;-['t. da· un-~sò~t t i1 f iTo e i bronzo fos foro s o
o altro materiale che , oltre ad avere l ' ufficio di sostenere la
bobina . serve anche a con v ogliare la corrente nella bobinetta .
Il filo stesso produce anche la coppia di torsione elastica ,
L ' indice dello strumento non e ' costituito dal solito indice mec ··
canico , che risulterebbe troppo pesante ; uno specchietto soli -
dale con l ' equipaggio mobile permette di eseguire ~-t-t.u
della deflessione dell ' equipag g io col metodo !ie.!l,~ t ~· ·
gì. a' descritto ( met ~do d i,_P~g~~
Per i galvanometri occorre definire alcuni parametri ca -
ratteristici : la sensib i lita' amperometrica a-.. , e la s ensibili -
ta' voltmetrica CT .
~~~...;...~~~~~!..----·----~·~~-- ...
~·-·-·-4 ~-.-... -~ .._....._
~~-----~----....;..;_,.....,....,.~

. ~P.er ~~~e~ olto. ·m ~e· .ss .,i


def 1n1 se e come 1 l ra p po r,~Q..J:_r..g_ l ~.__2_ejl~,l:..OE~-tll..'...e....q_u1pagg10
mob i le . letta sulla scala graduata , e ' intensita' di corrente
è1'ìe-I a "tra V e r sa ~'TPer--ott e.Mll _J;i-~ 1 t a t i _ eh e e on s e.n.t.a . i
con ron to · ra "Tdi! ers i j~~van~e ~ ri ..s.i-l.anno delle -~onve~­
ni sulle condizioni sotto le q uali si misura la sensibilita'
-
e 12re c
---
amen t e si assume c li e la '""è orrente i~rata in
- .__.,_..-----~-~__,..._....... -· _, -~ ~--w:e:ooll t H ~..........,..~

~ pere (o a volte in microampereJ.i lo spostame ~o ~ sulla scal J


ven a misurato in millimetri e la distanza d tra scala e s ec -
·-c1io in metri . . --~-~--~ - --
La sensibilit~ ~definita pertanto dalla relazione

d
CT .
t
s t

1
L'inverso d e lla sensibilita' - - = kg prende il nome di CO ··
CT .
t
s tante galvanometri c a . La s en s ibilita' v o ltmetrica cr.v e' defini -

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278 -

ta come il rapporto tra la deflessione dell ; equipagg io mobile ,


misurata nelle condizioni sopra specificate , e la d . d . p . espres -
sa in volt (o molto spesso in microvolt) rilev a ta ai capi del -
lo strumento . Essa pertanto non e' altro .che la sensibilita' am··
perometrica divisa per la resistenza interna dello strumento .

Per quanto riguarda il moto dell ' equipaggio valgono le considerazioni


gia fatte nel paragrafo 2 .
Tali considerazioni risultano perfettamente valide ne l caso di g alva -
nometri ad ago mobile . Nel caso degli strumenti a bobina mobile vanno in -
vece fatte alcune precisazioni .
Di fatti quando il telaio della bobina mobile ruota attorno all'asse
di sospensione si riscontra ai capi della bobina una f.e . m. indotta :

d<P(B)
/=----
dt

risultante dalla variazione nell ' uniia di tempo del flusso del vettore in -
duzione magnetica B, tagliato durante la rotazione della bobina .
Rifere~dosi alla fig . 6 un lato a della bobina , muovendosi con veloci -
d de
nel campo radiale di B, taglia nel tempo dt il flusso
2 dt
d
if>(B) =Bavdt = Ba - de
2

Considerando che la bobina han spire , tale flusso va moltiplicato per


2n . La f . e.m. indotta risulta pertanto

dlt!(B) de de
f =· - d-t - = - Eadn -dt =- q>•ax -dt-

avendo indicato con ([>•ax = nadB il flusso massimo del vettore B concatenato
con la bobina .
La corrente che attraversa il galvanometro all ' istante t risulta per -
tanto

lo+ f dR ( 1)
i ( t) io
R R dt

in cui R é la resistenza totale del circuito in cui é inserit o . il galvano-


metro ed fola f.e.m. del generatore incluso nel circuito . Evide n te mente
in condizioni di equilibrio del! 'equipaggio mobile la corr e nte r a ggiun ge
un valore stazionario io dato da:

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27 9 -

io =.!.E_
R

La (7) del 9 2 nel caso degli equipaggi a bobina mobile assume per-
tanto la forma seguentè:

2
d e de
I - - + f3 - + ce= <I>aa:ri (t) (2)
dt2 dt

Tenuto conto della (1) la (2) diventa:

2 2
d e ( ·<f>.a:rJ de
I -- + .6ii· + - - .+- ce =·<I> i 0
( 2 I)
2 R dt aa:r
dt

Si rileva pertanto come accanto ad un coefficiente di smorzamento f3o


2
<f>aa:r
di origine puramente meccanica, sorga un coefficiente di smorzamento
- - - - - -- -----....-------·.. -~ . .. ~ . . ~ . .~.. ~. . __ ...... R
di origine elettromagnetica. {. Questa circostanza risulta molto favorevole
-1---------------""""-"~ .r
perche scegliendo opportunamente la resistenza R (resistenza totale del
circuito) si potranno realizzare le condizioni necessarie allo smorzamento
critico. Quando tali condizioni sono realizzate R assume un certo valore
Re chiamato resistenza critica.
Essa é legata ai parametri del § 2
caso terzo dalla relazionè:

.2
élina:r
+---
Re

Poiché f3o i.n genere risulta


trascurabile, data la particolare
costruzione del galvanometro si. ha

Fig. 7

La resistenza critica Re di un galvanometro si determina in pratica


sfruttando il circuito di fig.7.
Chiudendo il tasto T l'equipagfio del galvanometroGsi all ontana dal-
la posizione di equ!!iLrio. Riaprendo il tasto si pucl studiare il moto di
ritorno a zero dell'equipaggio per vari valori della resistenza Rv.
Indicando con n:
il valore di Rv che da' il minimo tempo di ritorno a
zero dell'equipaggi o e c on r la resistenza interna del galvanometro si h~:
Re n*+r .
~

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280 -

VII..3.2.1 - Galvanometro balistico

I galvanometri , usati in particolari condizioni, possono


misurare la carica totale Q che attraversa lo strumento per ef-
fetto di una corrente di breve durata (impulsiva) . Se adopera-
ti in queste condizioni, i galvanometri si chiamano galvanome-
tri balistici . .

Riprendiamo in considerazione l'equazione (2) e consideriamo una cor-


rente i(t) che sia diversa da zero solo nell'intervallo di tempo tra t=O
e t -= r essendo r<< T (T= periodo di oscillazione del galvanometro). Si ca-
pisce che, affinché questa condizione sia soddisfatta, gli equipaggi mobi-
li dei galvanometri debbono avere momenti di inerzia sufficientemente ele-
vati. Integrando allora i due membri della (2) tra t =O e t = T l si ha:

+- f3f T •
Bdt
qiaa.x
- - i(t)dt' ( 3)
I . I
·o

e tenendo conto che e de


=--= o per t =o e e · ~- O,--=
de (<)per t = T (dato che
dt dt
all'istante t = r il galvanometro non si é ancora praticamente mosso dalla
posizione iniziale) si ottiene:

. <P. a"'
w=-- Q ( 4)
I

Animato dalla velocita angolare w l'equipaggio mobile inizia, all'i-


stante in cui cessa la corrente, un moto periodico o aperiodico a seconda
del valore del coefficiente di smorzamento /3.
Se f3
é trascurabile (circuito . aperto;
1
f3
= {3 0 ~O) il moto é dato dal-
1 'equazione ( 4 ) § 2 ove si ponga f3 = O. La sua soluzione risulta, tenuto
conto delle condizioni iniziali:

To 27T
e =--w sen - - t ( 5)
27T T0

L'elongazione massima eaa.x del moto periodico risulta proporzionale a


w e quindi alla quanti ti di carica Q:

To To <I>.,0%
e110%
=--w --Q (I))
27T 27T I

Se f3
é pari al valore /3c corrispondente al moto ~periodico critico,
l 'eq . ( 5) 9 2 da':

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- 2 81 -

e = wt e (7)

e quindi :

21 "' To Q
(8)
e 211 e l

essendo e la base dei logaritmi naturali e avendo ricordato che

211
/3 =2'Vlc = 2 1 -.
e To

Analogamente alla costante galvanometrica, s1 definisce


costante balistica K.B _l_!._3 uantita':

d
(9)
s

essendo s il numero di divisioni de 11 a scala (in mm ) l et te in


corrispondenza a e
max e d la di-
s t a n z a de 11 a se a la ( i n m ) . Con
le convenzioni fatte:

( 9, )

S i noti che la sensibilita'


1
del galvanometro balistico 2
KB T i------11~---/
aumenta al diminuire di K 8 .D ' al- 1 e
tra par te K8 aument a quando si
passa dalla condizione di moto
periodico a quella di moto ape-
riodico critico, come si vede dal
confronto tra la ( 6 ) e la (8). J
Come per i normali g alvanometri Fig. 8
cosi' anche per i galvanometri
balistici occorrera' dunque scegliere un opportuno comprom e sso
tra le due opposte e. si g enze di elevata sensibili ta' e piccolo
t e mpo di ritorno a zero dell'~quipaggio .

M. Bertolotti - T.Papa - D . .'~ette - Meto d i d'osservazion e e misura Disp . 36

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- 282 -

La costante balistica KB si misura mediante il circuito


riportato in fig . 8 .
Quando T e' chiuso nella posizione 1, una batteria f sta-
bilisce una d.d . p . V tra le armature del condensatore C . Por-
tando in seguito T nella posizione 2 il condensatore si sca- c
rica sul parallelo della resistenza R e della resistenza in-
terna r del galvanometro G.
Se quest'ultimo funziona come galvanometro balistico la
sua deflessione risulta proporzionale alla quantita' di carica
QG che lo ha attraversato, data da:

R
QG =--CV
R +r

Dalla (9) si ha allora:

d R CV d
K =Q -
B G s =---
R +r s

d
da cui , noti R,r , C, V e misurato si calcola K8 .
s

Vll.3.3 - Strumenti a ferro mobile

Questi strumenti sono tra i piu' usati nella pratica di la-


boratorio per la maggiore robustezza ed economicita' rispetto
ad altri strumenti di pari precisione .
Il principio di funzionamento é il seguente. Un elemento
mobile in ferro dolce munito di un opportuno indice pud ruota-
re in un campo magnetico non uniforme prodotto dalla corrente
che si vuole misurare _ Sotto l'azione del campo l'elemento mo-
bile tende a ruotare fino a disporsi nella posizione in cui e
massimo il flusso che lo attraversa . Il momento M che provoca
la rotazione pud essere calcolato considerando la variazione
2
i L
dW. del! 'energia W = - - del sistema (i corrente che genera il
2
campo; l induttanza del sistema) . In corrispondenza ad una ro-
tazione infinitesima d& , M vale in modulo:

dlY.
M =-
de
All'elemento mobile ~anche applicato un momento elastico
d i r i c h i amo e e,
c h e s i op p on e a 11 a r o t a z i on e ( e c o s t a n te e 1 a -
stica della molla).

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283 -

La posizione finale dell ' indice connesso all ' elemento mo -


bile e ' allora data da :

1 dL .2
e --i
2c de
La deflessione angolare risulta quindi proporzionale al
dL
q ui.idrato della corrente se - - = cost cioe' lo strumento da' in
de ·
tal caso una risposta a legge quadratica.
dL
In effetti de e' sempre una funzione dell ' angolo di cui

ruota l ' elemento mobile nel .campo magnetico . La scala pertanto


risulta non perfettamente quadratica ma dipende dal valore di
dL
de assunto per un certo valore di e. L ' andamento puo' tuttavia
essere reso quadratico studiando opportunamente la struttura
dello strumento (forma dell ' elemento mobile , della bobina e lo -
ro posizione relativa ). Si preferisce in pratica costruire stru-
menti nei quali la scala risulti abbastanza uniforme nella re-
gione di interesse , oppure risulti molto espansa in tale re -
gione mentre la porzione di scala rimanente risulti convenien-
temente compressa in un intervallo piccolo~ Si pu~ peraltro ve-
dere che la porzione di scala nelle vicinanze dello zero non
pu~ mai essere espansa o essere resa uniforme .

Gli strumenti considerati sono essenzialmente di due tip i: ad attra-


zione e a repulsione.

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284 -

Tra i primi un tipo , che é il piu' antico ," é mostrato nella fig . 9 . Quan -
do una corrente passa nel solenoide S l ' elemento in ferro dolce viene suc -
chiato dentro il solenoide stesso. Un indice opportuno solidale con l 'ele··
mento mobile permette di leggere direttamente su una scala graduata la gran -·
dezza in esame .
In questi strumenti il verso della rotazione dell ' elemento mobile é
esclusivamente quello pe r cui i l ferro dolce viene succhi a to nel solenoide
qualunque sia il senso della cor r ente che scorre in esso .
Si deve notare inolt :;: e che l ' azione di succhiamen to dipende esclus i ·
vamente dal numero di ampere spira . Di c onseguenza l ' avvolgimento del so ··
lenoide , in dipend en za del l a i n t ensiii d e lla corrente d a misurare , può e s -
sere realizzato da po c h e s pire c he c onvogl i ano for t i intensita' d i cor ren te
o da molte spire c he c on vog liano piccole intensita' di c o rre n t e , s i pu d fa r
si che a pari ta' d j_ ampere · sp i rn z i o ttenga i n en tr amb i i casi la medesim a
deviazione del! ' indice . con fondi scala
diversi . Una versione piJ modern a di que
sto t i po di strumento e· quell a mostr<j. t a
nella fig . 10 .
Una bobina molto pi at ta S è attraver ·
sata dalla corren te in mi s ura . L ' elemen -
to mobile d costituito da un disco D che
ii attratto nella bobina attraverso una
stretta apertura . In alcuni tipi di tali
s trumenti 1n prossimit a' dell ' apertura
della bobina o in posizioni opportunamen ·
te studiate , sono sistemate delle stri -
scette piane di acciaio ad alta permea - l
bili ta'· magnetica per concentrare i l flus ··
so 1n determinate regioni a ll ' interno
della bobina . Ciò permette di aumentare Fi g . 10
il momento dell ' elemento mobile in cor ··
rispondenza di dette regioni ed espande•e opportunamente la scala .
Gli strumenti a repulsione sono costituiti dalla bobina in cui circo ··
la la corrente ; nello spazio interno alla bobina sono sistemati due ele -
menti di ferro dolce di cui uno solidale alla parete interna della bob i na
e l ' altro mobile che porta l ' indice dello strumento .
Le fig . 11 e 12 mostrano due realizzazioni pratiche di tali strumenti .
Essi presentano delle caratteristiche tali da poter essere impiegati anche
come strumenti di precisione (classe O, 2 o O, 5) . Il funzionamento del pri -
mo (v . fig . 11) può essere spiegato nella se~uente maniera . Qu a ndo nella bo -
1
bina B scorre corrente , i due elementi di ferro dolce F e F' si magnetiz-
zano con polarita' omonime. L'elemento mobile F ' viene cosi' respinto ruo-
tando attorno al proprio asse a cui ·e solidale un indice I . La configura-
zione della scala può essere descritta qualitativamente nel modo seguente.
L' intensi ta' <lei poli magnetici indotti nei due elementi di ferro dolce é
proporzionale alla corrente che circola nella bobina ; l a forza con cui es-

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28 5 -

B
.B

Fig. 11

si si respingono {proporzionale al pro -


dotto delle intensita dei poli) dipen -
dera dal quadrato della corrente e dal -
1 'inverso del quadrato della loro di -
stanza. I due effetti tendono a com ··
pensarsi reciprocamente e pertanto la Fig . 12
scala risulta in gran parte sufficien ·
temente uniforme .
Gli stessi effetti si possono realizzare nel secondo strumento {v . fig .
12), rastremando opportunamente l'elemento fisso F . In tal caso la confi -
gurazione della scala puo' essere controllata studiando accuratamente la
forma di esso.
Si deve osservare che per questi strumenti la densita di flusso del
campo di induzione magnetica negli elementi di fer -
ro dolce dipende, come s ' é visto , dal valore della
deflessione dell ' indice e dagli ampere ·· spira dello I
I I
strumento . Quando lo strumento viene impiegato in
E I -
corrente alternata, se il ferro dell ' elemento mobi - J
le è fatto lavorare con bassi campi ma ,g netici (re -
gione I della fig . 13) , il valore di picco della cor - I
I
t /1
rente lo porta nella re~ione a piu' alta permeabili -
ta Cv. fig.13).In questo ca.so la devi,,zione dell ' in -
dice in corrente alternata (confro11tando i valori
efficaci) sara' piu' alta di quella in corrente con ·· Fi g . 13
tinua. Quando la magnet i zz a zione dell ' elemento mo ··
bile si approssima a ll a saturazione {regione III della f igura 13) si veri
fi c hera' il contr a rio.
Evidentemente ta li d iscrepanz e s 1 posson o rendere minim e se il ferro
d e ll ' elemento mobil e la vo ra nell a r ~~ i o ~ e !! , in te rm e dia f r a i due estremi .

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- 286 -

VI 1. 3.1.l - Strumenti elettrodinamici

E' noto che se s1 considerano due conduttori percorsi da


correnti, tra essi si desta una forza Fdel tipo:

(10)

dove K' ~una costante che dipende dalla configurazione geome-


trica dei conduttori e dalla natura del mezzo . La forza F e' at-
trattiva o repulsiva a seconda che le due correnti circolino
nello stesso senso o in senso inverso .
In accordo con la relazione (10) si puo' naturalmente pen -
sare di costruire strumenti che servano tra l ' altro alla misu -
ra della intensit~ di corrente ,

Fi g . 14

Se si dispongono i due circuiti come nella fig . 14 in cui


S .Fe' una bobina fissa e S ,11 una bobina mobile (alla 4uale fl fis-
sato un indice che puo' ruotare attorno ad un asse)e si indi -
cano con i f e iM le due correnti che circolano nelle due bobi -
ne , si puo' vedere che il momento della coppia che si esercita
sulla bobina mobile rispetto all ; asse di rotazione e' dato da
una espressione del tipo:

in cui K e' una costante che dipende oltre c he d al mezzo anche

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287 -

dalla configurazione del sistema e quindi dall'angolo di rota-


zione G. Essa viene e~uilibrata in genere da una coppia ela-
stica di momento e&.

Si pud eseguire un calcolo approssimato per stabilire le condizioni


di equilibrio del sistema.
Assumendo che il campo magnetico l/F generato dalla bobina fissa SF sia
costante ed uguale al valore che assume al centro della bobina SM, si ha:

Nella precedente espressione, come ben noto, nF d il numero di spire


per unita' di lunghezza, /31 e /3 2 sono gli angoli sotto cu1 dal centro del
solenoide SF si vedono i suoi estremi {v.fig . 15) .
Nel nostro caso:

b 2b--------

Inoltre nF dove NF ·e• il

numero di spire della bobina fissa ,


a e b il raggio e la sua semilun ·
ghezza , rispettivamente . Si ottiene :

Fig. 15

Il momento meccanico m agente sulla bobina mobile ~

dove mM d il momento magnetico della bobina mobile che J.n modulo valé:

essendo r il raggio della bobina ed N,\I il numero di spire.


Si ottiene cosi'

cos
2~-+b-
2

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- 288 -

2
Ji.oNlfMTT r
dove la costante y ha il valore y
2~a 2 +b
2

La condizione di equilibrio ·J data da:

lii =e e
. ,
cioe

Risulta che la deviazione fJ all'equilibrio del sistema


puo' scriversi

dove Y e K sono opportune costanti.

y:cos &

tJ

Fi g. 16

Come si vede la costante K dipende da t:. Il valore Ji e-


quilibrio puo', nel cuso generale, essere ricavato da un C.ilco-
lo grafico (v.fi g .16) mediante la intersezione delle due linee
di equazioni:

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- 28 9 -

y. cos e
y.
e

Se le due bobine sono in serie, iF =iM=i, s1 ha :

2
La deviazione e' proporzionale ad i • .
Nel caso in cui le correnti i F ed iM siano funzioni pe --
riodiche del tempo , il momento istantaneo della coppia risulta :

Esso sara' periodico e la coppia potrà essere decomposta ,


come gia' visto nel§ VII, 2_, in una coppia media costante nio ed in
vari termini di frequenza crescente . Il valore della coppia me -
dia e' dato da:

(11)

in cui K1 e ' generalmente, come Sl e' visto , funzione di e..


Se :

la (11) risulta :

(12)

Nel caso che la coppia di momento nt 0 vengaequilibrata me -


diante una coppia elastica ce,
risulta per l 'a ngolo di devia-
zione in condizioni di equilibrio :

e =KiF eff i" ef f cos qi (13)

K1
essendo K = -
e
M. Bertolotti - T. Papa- D. Sette - Metodi d'osservazione e mi sura Di s p . . 37

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2 90

Si pud os s e rva r e che l a relazione c he fornisce il momento della cop --


pia che agisce sulla bob i na mobile rispetto all ' asse d i r ot a zione si pu d
ottenere conside r and o l ' energia del campo magneti c o del si st e ma .

1 2 1 2
W '" -
2 L Fi F {· - 2 L Mi M·:· Mi F i

in cui LF ed LM s ono le induttanze delle du e bobine ed M J la mutua indut ··


tanza tra esse . Il momento dell a coppia in corrente continua ri s ulta evi ..
den temente :
Òlf dM
m = -:a;- = iM i F d8

da cui si ricava come al solito l'angolo 8 di deviazione .


In corrente alternata il momento medio mo risulta :

Si ricava cosi' una espressione identica alla (13) in cui la costante


°dM
K contiene il termine de .

VI I. 3.5 - Strumenti a bobina incrociata

Oltre agli strumenti precedentemente descritti , vi sono


altri tipi di strumenti elettrodinamici il cui equipaggio mo-
bile , di costruzione opportuna , ~ privo di reazione elastica

DCiOOo
00000
00000
or.ooo
0000
0000
0000
:g:g $F
c ~· o
Cc ~ ~
OOt.00
ootto
:J r ~ :: ..
-~-------~---...1.LC~(.~C~~O....~~~~~...-~~~~--

Fi g. 17

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<• 2 91 -

mentre e' sottoposto a due coppie dirette in senso contrario


prodotte da correnti in esso circolanti " La posizione di equi-.
librio dell ' equipaggio~ quella che corrisponde all ' uguaglian -
za delle due coppie ,
Gli strumenti a bobine incrociate , di cui nella fig . 17 e'
mostrata una sezione longitudinale , sono costi -
tuiti da una bobina fissa SF e due bobine mobi - I
li 1 . 1 e 2 , 2 rigidamente fissate fra loro e uni -
te a un indice I .
Se nella bobina S,.. circola ad esempio un a
corrente alternata i e
nelle due bobine mobili
due corre nti i 1 ed i 2 della stessa frequenza a ~
venti le fasi risp etto ad i come indicato nell a
fi g 18 , le coppie che si esercitano sulle du e
bobine mobili saranno date ricordando la (12)
da : F ig . 18

m0 2 ~ K 2 i i 2 e o s cp 2

dove K 1 e K2 sono dei parametri che dipendono dal mezzo e dal -


la configurazione geometrica del circuito e q uindi da e. Le
precedenti relazioni si possono scrivere , introducendo le nuo-
ve costanti C 1 e C 2 :

All ' equilibrio si deve avere :

Se s1 conosce la forma delle due funzioni f 1 (8) ed f 2 ( e )


si potra' ricavare, con procedimenti analitici , in funzione e
delle altre grandezze. In generale si potra' scrivere

VI(. 3.6 - Strumenti sfruttanti effetti elettrotermici

VII.3.6 . 1 - Strumenti a filo caldo


Il funzionamenLo di questi strumenti ebasato sulla espan-
sione termica di un filo l (v . fig . 19) .

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- 29 2 "

L ' allungamento di l e' rilevato mediante un secondo filo


che lo tende perche' collegato ad una molla S. Questo secondo
filo e' anche avvolto su un cilindro C.
che puo' ruotare intorno al suo asse e ~
porta un indice I . In corrispondenza al
passaggio di una corrente nel filo l
l'indice I assume una posizione sulla
scala graduata.
Lo strumento deve essere calibra··
to per confronto . La scala non e' linea-
re perche' il riscaldamento e' dovuto al -
l ' effetto Joule per il quale la poten-
za trasformata in calore e' proporzio-
2
nale a i •
Gli strumenti a filo caldo sono
lenti, nel senso che occorre un certo
intervallo di tempo perchè l ' equili- _}
brio termico venga raggiunto nel di-
spositivo e si possa eseguire la let - Fig. 19
tura . ·
Gli strumenti di questo tipo si prestano alla misura
tanto in corrente continua quanto in corrente alternata, anche
a frequenza elevata .

VII . 3.6 . 2 - S .t rumenti a coppia termoelettrica


In questo tipo di strumenti una corrente riscalda una re -
sistenza che e' in contatto termico con una termocoppia (v . fig.
20) .
La f. e . m. generata dal la termocoppia pro -
duce una corrente che viene misurata da un mi -
croamperometro . Questa corrente pud essere mes-
sa in relazione con il valore della corrente
che riscalda la resistenza per effetto Joule . Fi g .. 2 O
Poi che' quest ' ultimo effetto ~ quadratico lo
strumento puo' essere usato sia in corrente continua sia in cor -
rente alternata. Esso viene calibrato con correnti continue.
Gli amperometri a coppia termoelettrica sono largamente
usati per misure di correnti alternate ad alte frequenze fino
a frequenze dell ' ordine di 400 Mlfz .

tJ.) ~ - Strumenti elettrostatici

Gli strumenti nei quali l'equipaggio mobile nel suo moto


sfrutta gli e ffetti dovuti a forze di carattere elettrostatico
costituiscono una categoria di strumenti piuttosto particola -

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- 293 -

re . Difatti essi vengono adop~rati essenzialmente per misure


di d . d . p . ed andrebbero quindi descritti nel paragrafo dedica -
to a tali misure . Tuttavia per una migliore organicita' di espo -
sizione ne descriviamo qui di seguito il loro funzionamento ri -
servandoci di specificarne meglio il loro impiego in seguito .
Tali strumenti si potrebbero suddividere in due classi' :
elettrometri e voltmetri elettrostatici . Per quanto questa di -
stinzione non sia pertinente e necessaria si suole dare il no -
me di elettrometri agli strumenti di laboratorio che permetto -
no una misura molto accurata · di piccole d . d . p . , mentre si in -
dicano col nome di voltmetri elettrostatici gli strumenti di
uso tecnico .

VII . 3 . 7 . 1 - Elettrometro assoluto di Lord Kelvin

Uno strumento che permette di effettuare misure assolute


di d . d . p , e' l'elettrometro assoluto di Lord Kelvin . · Esso in -
fatti misura le d . d . p . in termini di grandezze fondamentali :
massa , lunghezza e tempo . L ' e-
lettrometro assoluto o voltme- l/11e/lo d1 ·gt1ard1à Dlsea mobile
lire<1, ,$
tro assoluto di Lord Kelvin F
(fig ~ 21) consiste essenzialmen -
te di un condensatore a piastre v..2
piane parallele, una delle qua -
li e' mobile . Attorno a quest'ul-
tima e' posto un anello coas-
siale (anello di guardia) per
evitare gli effetti di bordo .
Se il disco inferiore vie - Fig. 21
ne portato ad un potenziale V
incognito, esso acquista una carica Q; il disco mobile e l 'a-
nello di guardia acquistano una carica -Q tale che nello spa-
zio compreso tra le due armature si genera un campo elettrico
uniforme . In queste condizioni si esercita una forza attratti -
va fra le due armature ed il disco mobile superiore tendera' ad
abbassarsi . Per mantenerlo nella posizione di equilibrio oc -
corre equilibrare la forza attrattiva, con un'altra forza, per
esempio una forza peso.
L'apparecchio puo' quindi essere schematizzato come in fig .
22 . Il disco mobile D e' sospeso ad una estremita' del ·giogo di
una ~.ilancia, all'altra estremita' è sospeso il piatto porta
pesi .
Le condizioni di equilibrio possono essere stabilite sup-
ponendo di mantenere costante la carica sulle armature oppure
l a d . d . p . (Ju es t o s e con do caso e' 4 u e ll o c h e c i in t e r es s a in q u a n -
to noi immaginiamo di collegare i due dischi ad · un generatore

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- 29 4 -

/p,"a_ffo mobile Ya=O


D l Ya=O
V -
p

Fi g. 2 2

di cui si vuole misurare la f . e.m. V.


In tali condizioni la variazione dH'tot dell'energia elet-
trica totale, è la somma della variazione dell'energia elet-
trostatica del condensatore e del lavoro compiuto dal genera-
tore per forni re la carica necessaria a man tenere costante il
potenziale mentre varia la capaci t a' del condensatore al varia -
re della distanza fra le armature . · Essa vale pertanto :

1 2 dC
- V - dx
2 dx

da cui

F =_ dli' tot = _ !:_ V 2 dC = _.!_ . e 0 S V2


dx 2 dx 2 x 2

dove S e ' l'area del disco centrale e x la distanza fra i due


dis c hi. Se tale forza viene equilibrata con dei pesi si ha
(x =d):

mg
1 s 2
so- V
2 d2

ed infine

V =d A - -
l eoS
12;;-g
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- 29 5 -

Con un ' accurata costruzione si possono misurare potenzi a~


li da qualche volt fino ad alcune centinaia di KV con preci -
sioni dell ' ordine dello 0 , 02 %.
E ' interessante notare c he dal punto di vista meccani co le
condizioni di equilibrio trovate corr is pondono ad u n eq u ili br i o
instabile ,
Se l a bilancia traboc c a vers o sinistra x d iminuisce e l ' at-
t razione e lettrostati c a aum e nta ; il peso p non equilibra piu'
la forza el ettrostatica .
Nel cas o opposto a ccade il con t~ario : la fo rza d imi nuisce
ed il pe s o p fa traboccare la bil ancia a dest ra . Pe r ov v iare a
questi inconvenienti l a rota zione del g i ogo e' lim i ta t a da due
fe rmi P ~ e P 2 •

VII . 3 . 7 . 2 .. Elettrometri se nza campo a usiliario

Qu esti elett r ometri sono tutti derivati dall 'e lettrosco ··


pio a foglie . Tra i pi~ interessanti poss ia mo ci tare :

a) Elettrometro di Exner
Questo elettrometro e' mostrato schematicamente nella fi-
gura 23 .
Esso consiste essenzialmente di un ' asta verticale A me ··
tallica alla cui estremit ~ inferiore sono attaccate due legge -
re e sottili foglie d ' oro BB ' .
L ' asta e' isolata dalla scatola
metallica e mediante un tappo iso -
lante I. ·
Lo strumento puo' essere usato
per misurare una d . d . p . collegando
il conduttore isolato e la scatola
esterna ai due punti fra i quali si
desidera determinare la d . d. p . L ' in-
volucro e
in genere e' collegato a
massa. L ' asta e l'involucro dell'e-
lettrometro costituiscono un conden-
satore . Quando si applica la d . d . p.
V tale condensatore risulta carico
e quindi sulle foglie si distribui-
sce una certa carica . Poiche' tra A
e e esiste un campo elettrico di-
verso da zero,sulle due foglie agi-
scono delle forze che tendono ad av-
vicinarle all'involucro e indipen-
dentemente dal segno di V. I momenti
di queste forze rispetto ad A sono Fig. 2 3

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- 296 -

equilibrati dai momenti delle forze di gravita' e ne risulta per


ogni valore di V una ben determinata posizione di equilibrio .
La divergenza fra le foglie puo' essere usata, dopo opportuna
taratura , per misurare il potenziale fra la scatola e l ' elet -·
trodo isolato . La sensibilit~ dell'apparecchio ~molto limita -
ta (qualche volt) anche perche' la sua capacita' elettrica e' di
pochi pF ; inoltre lo strumento e' troppo delicato per farne un
voltmetro di uso semplice .

b) Elettrometro di Wulf
L'elettrometro di Wulf e' mostrato nella fig . 24 . Il suo
principio di funzionamento e' basato essenzialmente su quello
dell'elettrometro descritto precedentemente . Ne differisce so -

Fi g . 2 4 Fi g. 2 5

lo per il fatto che esso e costituito da una sola fo Glia fis -


sata in un punto dell'asta metallica S . Inoltre l ' estremit~ in-
feriore della foglia e' collegata ad S per mezzo di un sottile
anellino D di 4uarzo che tende a riportare la fogliolina (in
assenza di campo) nella posizione parallela all ' asta S. Quando
una d.d . p . viene applicata tra l ' asta e l ' involucro la fo g lio -
lina si disporr~ come in fig . 25 nella posizione per cui esiste
equilibrio tra la forza elettrostatica e quella elastica de -
terminata dall ' anellino D.
L ' elettrometro di hulf inoltre ~munito di un disco J
(chiamato disco d i influenza), isolato dall ' involucro, che puo'
essere posto a distanza regolabile dalla fo g lia . 'lale disco e
p a rticolarmente u tile n e l caso che a ll ' elettrornetro vengano for -
niti successiv i ir:ip ul si d i d . d . p. e si des ideri numer a rli . In

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- 297 -

tal caso il disco viene collegato a terra (ed all ' involucro me-
tallico dell ' elettrometro) e viene portato ad una distanza da S
tale che gli impulsi di tensione producano una deviazione del -
la fo g liolina sufficiente a portare la fogliolina stessa a con-
tatto con J . Quando cio' si verifica l ' elettrometro si scarica
e questo consente la numerazione degli impulsi . La sensibilit~
dell ' apparecchio e' di solito di qualche volt.

c) Elettrometro bifilare di Wulf . .


Anche questo elettrometro costituisce una variante del
precedente . Esso e' mostrato in fig . 26 . BB'
sono due sottili fili di quarzo metallizza-
to mantenuti in tensione dall ' anellino D.
Quando viene applicata una d . d . p. i due fi-
li si divaricano fino a che le forze elet-
trostatiche non vengono equilibrate dalle
forze elastiche determinate dall ' anellinoD .
E ' possibile come gi a' detto apprezzare d . d . p .
di qualche volL Questo elettrometro e' mol -
to inte:r e ssante data la sua compattezza e
puo' essere adop e rat o , una volta caricato e -
l e ttricamente , per es empio come un sempli ··
cissimo dosimetro t a scabile di radiazione . &
Per pi c coli valori de lla devi a zione
2
e ' pro - e
porzionale a V .

VII . 3 . 7 . 3 - Elettrometri con campo ausilia -


rio .

Tra gli elettrometri con campo ausi- D


liario descriveremo soltanto l ' elettrometro
a quadranti di Lord Kelvin - Dolezalek , che e '
il piu' importante .
Es so e ' mo s t r a t o ne 11 a f i g . 2 7 o ve per
maggior chiarezza e stato omesso uno dei
4uattro quadranti . Es so consiste in una sca -
tola cilindrica divisa in quadranti isola - Fi g. 2 6
ti. Un disco a settori metallico o ago e' so-
speso nell ' interno per mezzo di un filo . L ' angolo di torsio -
ne d e l f i l o e' mi s u r a t o medi a n t e 1 a de f 1 e s s i o n e di un fa s ce t t o
di luce da uno specchietto (leva ottica) .
I quadranti sono collegati elettricamente a coppie 1 , 1 e
2, 2 come mostrato n ella figura 28.

M.Bertolotti ·· T.Papa ·· Il . Sette ·· Metodi d ' osservazione e misur a Disp . 38

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.. 2 98 -

Quadranti ·

Fig . 2 7 Fi g. 2 8

L ' ago pu 6 essere completamente isolato da essi o c onnesso


con una coppi a di qua dranti Inizialmente , in assenza di forze
elettrostatiche , l ' ag o e' disposto nel la posizione della fig ,. 28,
in modo che l ' area affacciata con ciascuna coppia di quadranti
sia uguale . Qu a ndo i quadranti e l ' ago sono caricati, si sta -
biliscono delle forze elettrostatiche che producono una coppia
che fa ruotare l ' ago finchè la coppia elastica dovuta al filo
di sospensione non etrui libri il sistema .
Calcoliamo il momento della coppia dovuta alle forze elet -
trostatiche .. Per questo e' necessario osservare che lo strumen ··
to puo' essere fatto funzionare o a carica costante , caricando
le coppie di . quadranti e l ' ago con una carica fissa o a poten ··
ziale costante collegando le coppie e l ' ago ad una d . d . p . co-
stante .
Nel secondo caso , che~ quello che a noi interessa , la va-
riazione dell ' ener g ia elettrica totale , per una rotazione del -
l ' ago , e' la somma della variazione di energia elettrostatica
dell ' elettrometro e del lavoro compiuto dal genera tare per for -
ni re la carica necessaria a mantenere costante il potenziale ,
mentre varia la cap ac ita' C. dell'elettrometro . Pertanto l ' ener -
gia elettrica totale dal sistema varia di

t t 2
dlY = -V dQ +-V dO = - -
tot 2 - 2 V dC

Si noti che tale variazione è pari alla variazione del-


1 ' energia elettrostatica cambiata di segno .
Calcoliamo ora la variazione di energia elettrostatica nel
nos t ro caso .
Chiamiamo con S 0 l'area dell'ago A, che ha la form a di un
doppio settore di cerchio di raggio r . Inizialmente l 'ar ea af-

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- 299 -

facciata con ciascuna coppia di quadranti e ' ~~


So
2

Se l ' angolo ruota di un piccolo angolo · e in senso orario ,


L'area affacciata con la coppia di quadranti 2 aumenta e di-
ven ta

S2 = So + r2 e
2

mentre l'area affacciata con la coppia di quadranti 1 diminui -


sce e diventa
So
S1 ----
2

Siano V1 , V 2 e VA i potenziali delle due coppie di qua-


dranti 1, 2 e dell'ago A . L'energia elettrostatica del sistema
pud scriversi come

dove con C 1 (e) e C 2 (e) abbiamo indicato le capacita' dell ' ago
rispetto alle coppie di quadranti 1 e 2.
Se la distanza d fra ago e quadranti e' piccola rispetto
al diametro dei quadranti le capacita' C 1 e C.2 possono essere
calcolate come se l ' ago costituisse con ciascuna coppia di qua-
dranti un condensatore piano di aree rispettivamente 2S1 e
2s 2 <*>. Si trova cosi ~

C1 =Bo 2~1 = 2;o ( S2o ? r·2e)


C2 = Bo 2~2 = 2;o ( S2o - r 2e)

Sostituendo C1 e C2 nell ' espressione dell'energia elet-


trostatica totale e derivando rispetto a si ottiene il mo- e
mento della coppia che si esercita sull'ago A

(•) Il coefficiente 2 deriva dalla configurazione a forma di e dei qua -


dranti.

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- 3 oo -

Tale momento deve essere uguale al momento dovuto alla rea-


zione elastica del filo di sospensione dell ' ago che possiamo
scrivere come ce .
Si trova quindi

ce
da cui risulta
2
8 r
e 0
=--
cd
-

. . 2
s0 r
.
dove K =- - - e' una costante .
cd
La misura di una d . d . p . si puo eseguire colle ga ndo i due
punti tra cui si vuole misurare la d . d . p . con le coppie di qua -
dranti 1 e 2 rispettivamente , e l ' ago A ad un potenziale indi -
pendente molto piu' grande di V1 e V2 oppure collegando i punti
1 e 2 alla d . d . p .- in misura e l'ago aduna coppia di quadranti.
Il primo tipo di connessione prende il nome di connessio-
ne eterostatica .
Poi che' in questo caso VA'>> V1 e V2, si puo' scrivere

dove

La d. d . p . in misura e' quindi direttamente proporzionale


alla deflessione .
Col secondo tipo di connessione (isostatica) lo strumen -
to puo' essere usato anche per misurare d .·d . p . al terna te . In -
fatti si collega l ' ago alla coppia di quadranti a potenziale
V1 si ha:

La deflessione e' ora proporzionale al quadrato dellad.d.p.


La sensibilita'dello st..rumento e' dell'ordine di 10- 4 volt.

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- 3 o1 ~

VII . 3 . 7 . 4 - Voltmetri elettrostatici

I voltmetri elettrostatici sono strumenti di uso tecn i co ,


che funzionano senza campo ausiliario .
Ne esistono nume -
rosi tipi e tra questi Kilo voLt
descriviamo quello det - 7
to ad ago mostrato nel -
la fig . 29 .
L ' equipaggio mobi-
le e' costituito dall ' ar -
ma tura di un condensa -
tore che ruota attorno
ad un asse O. L ' altra ''
armatura del condensa- ''
tore é fissa. Quando 1 'e '· ''
quipaggio mobile ruota ''
la capacita' del conden-
satore C(e ) varia con
buona approssima zione
proporzionalmente a e
ossia C(e ) =k e . .
Se a i capi del con-
dens a tore viene appli-
cata una d . d.p . l ' e~ui -
pag gio mobile ~ so gget- Fi g . 2 9
to ad una coppia di mo -
mento m che tende a far aumentare e.
Il momento m evidentemente sar~ dato da :

2
= -
1 Q oc 1 (oc\
2

2 [c(e)J2 oe =2 v -oe )
.
Poiche' C(e ) =kéJ, risulta- - = k .
oc
oe
Si ha pertanto :

1 2
m = - kV
2

Se il momento m viene equilibrato da un momento elastico ,


p er esempio mediante una moll a , m = c 1 e, nella condizione di e-
~ uili b rio si avra ~

1 k
e

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302 ..

La scala e' quadratica , pero ' e' sempre possibile , studiando


opportunamente la geometria delle armature del condensatore
espandere la scala nell ' intervallo di misura che piu' interessa .
Il limite superiore di misura e ' di alcuni kilo v olt

L--------
VIl . 4 ~ Misure di intensita di corrente
-a
Nei paragrafi p re cedenti si e' visto che molti s t rumenti
elettrici nel loro funzionamento sfruttano i nterazioni che si
esercitano tra correnti e campo ma gnet i co , cor enti e c o r renti
o éTf e tti - * -u rot e.r.mic :l - Tal :l"è':f ie i pongono in-moto u~
portuno equipaggio mobile munito di indice che si muov e su una
_;; cala graduata / E ' cosi ' possibile , pur con le dovute cautele c)Je
saranno meglio specificate in seguito , costru ire strume~
misure di intensita' di corrente , che prendono il nome di ampe -
rometri, milliamperometri , microamperometri . et ~ a seconda de I-
~ordine di grandezza delle intensi a'" d i corrente che possono
misurare (ampere , milliampere , microampere , rispettivamente) .
<" E ' bene a questo punto distinguere- n c aso delle misure d el ·-
le correnti continue dalle misure di correnti alternate :

e- -

Vll.11-.I
- -__./ 1

-1 i s ure
, ~...::.:~::-....... correnti conti n ue
-"~..:.....::..:.:.....:..:......::~...:..:..:.:..:::..::.

Un amperometro e' caratterizzato par&metri ....E.Q,L:.-_


resistenza inte na consumo s ecifico
efinisce .~ ta a .!..~ scal ~ i un am erometro la
-~ima corrente i x c e pu o essere misurata dallo strumento.
La resistenza interna- r -e'
la resisten i"ii · p-;;;e ;tat-;·d a l -
l~_y v';~) g_~.ento dello strumento in cui assa Ia corrente da_m.i -
surare . Si definisce consumo s ec ifico P · 1 rodotto della cor-
~ i fondo scala per la int_e,r.n· Es.so_ ~o
e' dato da :
. 2
wmax
~f im ~ =
r i max
PA =----- (1)
i max i max

avendo indicato con Wmax la otenza dissipata dallo strumento


quando e' attraversato dalla corren e i
Dalla ( r} s1 ve d e che i con.,,umo~pecifico ti tanto piu'
basso quanto piu' piccole sono r e . iinax· Se si considerano due
amperometri che dissipano la stessa potenza i+·l'l ax sara' migliore
l'amperometro cl1e permette di leggere la imax piu' elevata. C.:io'

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/J(J},. .:{ \~ :: e:_, iJ) 0--' (-t lr·"_' }~ ~ ~ (:>\_,._,O..'{ o \f{ ~.

Q_;: E.o'- "-U' J. ( c.. . . . .o ~... ~ e


30 3 - V

e videntemente costituisce un p re gi e~ ~ amperometro .


~ misurare l ' i ntensit a' di corrente c h e a tt r a v é"rsa un
c i r cuito o un ele mento di cir c uito , l ' am2eromet r o va inse r ito
in serie . E ' evidente c he questa operazione introduce una pe r -
turbazione nel circuito nel senso che altera il valore della
] orrente d~ ~l sur_are !lÌÌ: atti ~~ eme to d e l t i :"
_ o sc he mat1 z__to 10 f~d{L. In -·
dicando con V la d . d . p . appli -
cata ai terminali A e B I ' in -
tens i ta' di corrente ri sul tera',
nel caso a)
R
lvi
Q J~ A B

Nel caso b)
0 a)

J V Amj.

6 ----
r +R

E' .E_Ossibile comunque ri-


tenere trascura b i l e tale er -
t ur b az i one se la resiste~ za in -
ternar dell amperometro e' mol - A .B
to picco a rispetto ad R. I Si b)
n ota qu i n ci i . come gi a' <l et fcr-P rT =-
-
ma, - c 11e -un amperometro -a·i una Fig. 30
ce r t a or t a t a , e' a n-e: o p i u' p r e -
gevole quanto piu' · iccola ~e' I .a sua resistenza interna a
cfialt~ e condizioni f - -
1
-- -
S i e visto c Re un ampe r ometro e' caratterizzato inoltre da
______...._
un a _a ortat ~p J ondo s ç ~ E ' possibile aumentare
scala

ia,
mo b i-
Fi g . 31
Nella fig . 31 indi-
ca n d o c o n i l a corr e nte totale da misurare e con i 5 ed ia ri-
spetti vam ente l e c o rrenti. che passano nella r e s nza R

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- 30 4 -

nello strumento . Applicando le regole di Kirchhoff si pervie-


ne ad una relazione che fornisce la corrente i~:

Rs 1
t a i i ( 2)
R5 + r r
1 +--
Rs

l.
n =-.-= 1
t a

da cui :

r
n - 1

In particolare se si vuole ottenere n = 10,100,1000 . . .. . . .


r r r
come di solito si fa in pratica, R dev'essere - ; -- ; --;
s 9 q9 9.99
etc. Le resistenze R5 da porre in parallelo debbono essere ta~
rate con molta precisione e costruite con materiali particola-
ri_ aventi .coefficienti di temperatura moltò bassi in modo da
J}on comprom;t"t";i'.e i-;-Te.Cfelt . - o
Sfri.ìmento . ----
Da quanto detto risulta che ~ sempre possibile aumentare
la portata dello strumento e mai diminuirla. Evidentemente da
quanto precede risulta che nello shuntare un amperometro si
perde in sensibilita' in dipendenza dello shunt _ in?~to. In al-
------- ._..._--... --------
~cuni·· casi~ i'im ie o delj.o_ sJiu.nt viene fatto · non per estendere
..._____
il campo di ap_p_licaz_ione di uno s _t..rumen-to - ma- per realizzare uno
.. __
·strììni-en~ alte correnti . Si osservi infatti ; he fe molle
c e .costì uiscoriè)"' a coppia antagonista servono allo stesso
tempo ad addurre corrente all'equipaggio mobile . Evidentemente
correnti molto intense le scalderebbero facendone variare le
caratteristiche elastiche . In tali casi e' necessario ed oppor-
tuno shuntare lo strumento.
Si puo' vedere inoltre .che il consumo specifico dellostru-
men t ;, come ~· facile ~;eri j;:;.~'""-»i~. .·~-·-u.:Y.JA·--_wil} al,:..Y~ r-~ ~.r-e -de ·- i
shunt inseriti .

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30 5

NdLVll .4. [}- Considerazioni pratiche sull'uso degli amperometri

Dalle considerazioni fatte nel § precedente risulterebbe


p r- : esempio che un microamperometro (che in genere -auna...__,.Ì- e -
sistenza interna di alcune decine di Ohm) purche' opportunamen -·
te shuntato~-puo-'esse re us a to per - ~misure di correnti co munque
grandi. · Si deve pero' osservare che un amperometro di tipo a bo ··
bina mob~'un o strument o ii1_g uJU1 t "C) delica to e se n s.ib-1 11;-:-quin -
c.c i sare Jfie inutile impie gar l~- p ~ r mis ;;r;- JI~;;:;t tere . te cn-ico .
.Dif a"tt"i i ;-t;Tcas·o -•-oréfl.n-e · ai -g ra n dez zà- ael1e ~ r-;;;tfda m:l -
~ra-;;~ tra quale e ampèr ee-cerrCrna1a d~{ ampèr eJ. E '
logico unque . a opera?e"_s _t ru menti - men.o sens ibi-1 i - e "meno costo -
si ; per esempio , gY i strilm~tiiti a· fer,ro mo i e che di solit.o~p..r._~­
s en t ano-· anche .P..!:.:_~ i c~a.;:_i..,.,.s_a.r a t t eri...s ti ~ Ci~ ·
er le misure di laboratorio o qu~ ndo le correnti sono de -
boli vanno adoperati , con le opportune precauzioni gia ' descrit -
te , strumenti a bobin ~Gilicroamperome T i--;-ITiil iampero~
met n) --2 s trumen t i-e lett;~ dinami_fi __pi i ii iam11e7me t.r i '-- ~p_er ~ -
metri) . - - - - - - - - - - - -
· --~- Quando l ' intervallo di misura è quello compreso tra 10- 6
e 10- 11 ampère vengono adoperati galvanometri del tipo a bobi -
na mobile (Deprez-D ' Arsonval) , per'"--i -- qiia li van n o fatte a· cune
còn~ idera.Ùoni .\ In tal caso va determinata la sensibilità ' er:
lo-;tru~ent o c~ l metodo
• - '• # ..
descritto ~~§ VII. 3 . 2 e ponendosi
••~ ~~- ._T,~_.....

in
~-~-~~-~
_s_on~_izi .!?.~~ di smo_r ~amento critico ,) i -n modo e ~È~~!!__ie,1 .1.a
misura no eccess(va-. Si e' visto difatti che lo smorzamen-
to critico ende dalla ; es i st enza-e8terria R d.eI ci7 cuito ~i- n
cu-i _e' inserito il galvanome.~~ si e' in queste condizioni
! <leali nulla rimane da aggiungere . Puo' capitare pero' che la re -
sistenza R del circuito sia maggiore della resistenza critica .
In tal caso lo smorzamento critico puo' esse:r:e ottenuto shuntan·-
cl o il galvanometro ; con cio' si perde ovviamente in sensibili -
ta'. Se invece la resistenza est erna R è mino~e di Re s i puo' a_g -
giunge--r;-i:;na o ppo ;:-· tun~ r~sistè-nza _in Serie al circU~ l'.._0 '.~ -~~0
1

si diminuisce la corrente ed in definitiva si perde ancora in


s ensibiTi'la'~f a·q~t~ --~r;;-tt o ri s ulta evidente che occorre . sta ··
bi ire c:a;;;-·per caso se conviene lavorare in regime periodico
o in .re_gi.me di smo.rzamento critico , in ma~iera da reali.zzare u"n
op portuno compromesso tra rapidita' con cui debbono essere ef ·-
fettuate le misure e sensibilita'.
Per la misura di corrente .mediante un galvanometro si puo'
usare il circuito mostrato in fig . 32 . Tra A eB è" apprica t a una
certa d . d . p , T 1 e T 2 sono due interruttori a tasto , Ji e' uno
shunt costituito da una cassetta a resistenze variabili tara -··

M.Bertolotti · T . Papa ·· D. Sette - Metodi d ' os s ervazione e misura Disp . 39

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306 -

A E
Fig. 32

te . Lo shunt va sempre inserito per proteggere il galvanometro .


Esso va disinserito solo dopo che si e' constatato che la cor-
rente in esame rientra nella portata del galvanometro (l'even-
tuale shunt che serve a realizzare le condizioni di smorzamen-
to critico va considerato a parte). Se la deflessione del rag-
gio luminoso sulla scala graduata e' s ricordando la relazio-
ne a pag. 277 la corrente incognita ix risulta data da:

1 1
=--s
d a g1. d

Misure di correnti debolissime s1 possono effettu . i r è im-


piegando l'elettrometro a quadranti.
Lo schema che si adopera in tal caso e' mostrato nella fig .
33. La corrente da misurare viene fatta passare attraverso una
resistenza elevatissima R (~ 10 100). Ai capi di R si ha dllora
una d . d.p. pari ad Ri. Se l ' elettrometro E permette di misura-

l ~ I R i
.
Fig. 3 3

re d . d.p . dell ' ordine di 10- 4 volt, la minima corrente misura-


bile risultera' dell ' ordine di 10- 14 ampere .
Naturalmente per effettuare ~uesto tipo di· misura s1 deve
tener conto che , senza opportune cautele , possono essere pre -

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3 o? ..

senti effetti che alterano il risultato . Tali effetti sono de ·


terminati essenzialmente da f . e . m. di contatto nei c ollegamen -·
ti . Questi debbono quindi essere effettuati con conduttori di
rame serrati meccanic a mente fra di loro ; inoltre il conduttore
attraverso cui passa la corrente deve essere sostenuto da sup -
porti costituiti da ottimi isolanti aventi superficie perfet -
tamente asciutte e pulite . Infine le indicazioni dell ' elettro -
metro possono essere alterate da campi elettrici esterni , per -
tanto occorre che tutto ·il· ·sistema sia schermato mediante una
opportuna gabbia connessa elettric&mente a terra .

VI I. ll.3 - Mi su re di correnti al ternate

Per la misura di correnti alternate vengono adoperati es-


senzialmente gli strumenti a ferro mobile, gli strumenti elet-
trodinamici e gli.strumenti che sfruttano effetti elettroter-
mici (amperometri a filo caldo , amperometri a termocoppia) . In
questi apparecchi , c ome si e' visto nel paragrafo VII.3 , l ' equi-
paggio mobile ~ sottoposto ad un momento medio che dipende dal
quadrato della corrente che li attraversa ; in tal senso si puo'
dire che essi effettuano una media nel tempo dell ' intensita' di
corrente da misurare .
I parametri che caratterizzano gli amperometri in corren-
te alternata sono definiti in modo analogo che per gli ampero-
metri in corrente continua. Piu' precisamente: l a definizione di
portata rimane inalterata . Per quanto riguarda la resistenza
interna va ricordato che in c. a. si dovrebbe piu'. propriamente
definire l ' impedenza interna Jell 'a mperometro in quanto tali
strumenti presentano una reattanz a induttiva che , come noto , e '
funzione della frequenza . L ' induttanza L degli amp e rometri e '
peraltro molto piccola (essa e' compresa tra alcune decine di
µ fl ad a lcun e dec ine di mfl) ed inoltre il campo di frequenza per
cui g l i strume'nti sono costruiti è compreso tra alc une decine
<li ff z ed 1in migliaio di 'fz circa . La reattanza induttiva risul-
ta pertanto mo lto pi cc ol a nei confronti dell a r es istenza ohmmi ,-
ca . I costruttori in genere forniscono soltanto il valore di
quest ' ultima . Soltanto negli strumenti di precisione viene in-
dicato il valore dell ' induttanza.
Per quan to ri g uarda il consumo specifico i costruttori lo
forni s cono o come p oten za dissipata in corrispondenza al fondo
scala (in watt) oppu re come p rodo tto della tensione per la cor ·-
rente di fondo sca l a (in volt ·· ampè re) . S i noti che in e . a . i
valori de l consumo espressi nei due modi in ge n ere non co1nc1 --
dono a c au s a del fattore di f a se cos cp.
Si vede inoltn: , per quanto detto s opra , c h e g li ampero -

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308

metri i1: c . a . perturbano in maniera piu' sensibile il circuito


in cui sono inseriti di quanto non accada in corrente conti 11u d .
Si sottolinea ancora che la perturbazione rispetto a l{ Uella in -
trodotta da uno strumento in c. c . risulta tanto piu' trascura -
bile quanto piu' piccola e' l ' induttanza dello strumerito , limi -
tandosi al campo di frequenze indicato .
Anche negli amperometri per correnti alternate ~ possibi-
le aumentare il fondo sçala . In tal caso lo studio dello shunt
deve essere fatto con opportune cautele a causa dell ' induttan -
za che presentano tali strumenti . Evidentemente gli ar.1perome ··
tri a filo caldo e a termocoppia non presentano in tal senso
alcun inconveniente e pertanto possono essere shuntati nella
maniera che si i gi~ descritta per gli amperometri in co rrente
continua avendo cura di scegliere resistenze antiinduttive . Per
gli amperometri a ferro mobile e per quelli elettrodinamici e'
p re f e r i b i l e v a r i a r e 1 a po r t a t a se n z a 1 ' u s o d i s h u n t e s te r n i .
Esamineremo in dettaglio questi due casi .

VII. 4.3 . i - Variazioni di portata per gli strumenti a ferro mobile

Gli strumenti a ferro mobile di uso industriale abitualmente non ven-


gono shuntati poich~ é molto semplice
costruire un amperometro di questo ti-
po con il fondo scala desiderato. J.
Invece amperometri a ferro mobi -
le di precisione spesso presentano due
portate . Cosi' nella fig. 34 é rappre- i 3
sentato lo schema di inserzione piu'
comune per un amperometro a doppia
portata. Inserendo solo la spina 2 le
due bobine coassiali B1 e B2 costi-
tuenti l ' elemento fisso de11 ' ampero-
metro in cui pass a la corrente in mi -
sura, risultano in serie, mentre in-
serendo le spine e 3 le bobine ri -
sultano in para11 elo. Si ottiene in
tal modo un campo di misura doppio del
precedente.

VII . 4.3 . 2 - Variazione di portata per


gli strumenti elettrodi- Fig. 34
namici

Le bobine di un amperometro elettrodinamico,boLina fissa e bobina mo-


Lile, possono essere connes se in serie o in parallelo . La prima connessio -
ne puo essere sfruttata in amperometri destinati alla misura di correnti

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309

dell'ordine di alcune decine di milliampere. Tale limitazione é essenzial -


mente imposta dalle molle che esercitano la coppia antagonista e nello stes -
so tempo servono ad addurre la corrente nella bobina . Ricordando la I'el. del
2
9VII . 3 . 4sei.l/eff "' iFeff ._, i•ff e cp = O risulta 8 "' ki•ff" La scala dell ' am -
perometro risulta quadratica. Oltre i limiti di corrente su accennati é ne -
cessario ricorrere ad un montaggio delle bobine in parallelo, in modo da ri-
partire opportunamente la corrente nelle due bobine . In tal caso però deve
es~ere soddisfatta una relazione fra i parametri elettrici delle bobine se
si vuole che lo strumento dia delle indicazioni che dipendono solo dalla
intensità di corrente che lo attraversa e non dalla frequenza.
Si può dimostrare facilmente che tale condizione sussiste se e' veri-
ficata la relazione:

{ 3)

in cui con LF'LM,RF,RM si sono indicate la induttanza e la resistenza ri-


spettivamente della bobina fissa e della bobina mobile e con M la mutua in-
duttanza fra le due(ll.

(1) La condizione (3) si ricava considerando le relazioni che danno la


d.d.p. V ai capi del parallelo costituito dalle due bobine:

avendo indicato rispettivamente con IF IM le correnti complesse che attraver-


sano la bobina fissa e la bobina mobile.Dalle relazioni precedenti ·si ricavane le
impedenze Zf e ZM. Se e' verificata la (3) gli argomenti di ZF e lM sono u -
gual i e le correnti IF e IM risultano in fase.
In tal caso il rapporto tra i due moduli delle impedenze é dato da:

Si osservi inoltre che nello stabilire la (3) si é fissato un certo


valore di M in corrispondenza ad una precisa posizione della bobina mobile
rispetto a quella fissa. Poiché peraltro M risulta funzione di (in buona e
approssimazione lineare per tutta l ' am1Jiezza delle scale degli strumenti
consider a ti l ne consegue che scostanrlogi dal valore di M fissato , si in --
tro<iuce un errore sulla lettura. Inoltre non verificandosi la condizione
(s eg u e l

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310 -

In tal caso si vede chè:

iM e f f = i e f f

e quindi

oppure:

avendo indicata con k' la nuova costante k


2
(RM +RF)
La connessione delle bobine in parallelo equivale in effetti ad uno
shunt per l'apparecchio scegliendo opportunamente la costante:

R.IJ RF
k

Le variazioni di temperatura per effetto Joule possono alterarne il


valore, per cui é necessario prendere opportune precauzioni su cui non in-
sistiamo.

(3) la risposta dello strumento dipende dalla frequenza .


Nella maggior parte degli strumenti si fa in modo che la mutua indut-
tanza risulti nulla a mct~ scala (v.fig.35).
In tal caso allontanandosi dalla zona
centrale della sc a la la dipendenza dalla fre-
quenza delle indic a zioni dello strumento au-
menta e consegue11t ~ 1: ...:; nte aurt.enta l'errore.
Ciasuno strumento p orta l'indicazione del cam -
po di frequenze in cui puo' essere usato,nel - e
1 ' interno del quale cioé, l ' errore su accen-
nato per J ' inter a .~ca) a rl('] lo strunien to é
inferiore a quello corrisron .iente alla clas-
se dello strument o Fi g . 3 5

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311

In pratica gli amperometri elettrodinamici vengono forniti con due


portate che derivano dalle considerazioni fatte sopra . Se si volesse aumen-
tare il fondo scala co n shunt esterni il progetto dovrebbe essere· fatto con le
stesse cautele che sono state esaminate nel caso delle bobine poste in pa -
rallelo. Nella pratica normale si preferisce pero' adoperare i cosiddetti
trasformatori di corrente nei quali un opportuno proporzionamento de g li av ··
volgimenti primario e secondario permette di adattare la corrente in misu -
ra al fondo scal2 dell ' amperometro.

:;J; '. ~ . _!_}- ii1isure di t.li_ff ~~---'->0tenz~al~

Anche per le misure di <lifferenze di potenziale e' conve-


niente considerare separatamente il caso di misure in corrent ~
continua da quello in corrente ~ll einata.

~ è l.5.1 (- Misure di rl.d.p. in corrente . continua

Sfruttando la legge di Ohm una misura di d . d. p . puo' esse-

e= e j
re trasformata in una misura di corrente.Basta ~oll.egìrré i- dV é
pun..0,_ de l ci~cu ù o tra i .q'Ua1 i \ -- - - mli
si vuole misurare la d.d.p. (v . R
1' ig. 36) medi'"a nte un - milriamp e- -
rometro {o un mic rc;-;;mperometr ò )\ r
a cui p icc.ola r .e sisLenza inter- ·
n a sia stata forte11 ente aumen-
tata medi~~l'aggi u;t ~una
~a R in serie .\ Còn
-----.
Jl ~-----""' B -------
Fi g. 3 6
:.p1esta operazione si e' costrui-
-- ~ ... --~ ...--
t o u n v o l t me t r o c h e , e o me r i su l t a ~-v id.e.n t e_ d a q u <!_Il t o .d,e_t to ,
- ...
ve sempre ess é re collegato in parallelo al c ~rcuit 9_ 0 all'ele-
e-

mento di c ir c uit o tr :i'.. cui si vuo le m_isurar f;_ la d . d . p. . -


Se indichiamo con VA - vb la d. d.f> . si ha:

VA -VE =(R+r)i a

in c ui R e<l r sono I i::;p ettiv amen te resiste &g" a_.!


, resi . ~ tru n e t La scala dello strumento
,,_ I I
puo essere tarala di~ettamente in volt
~ a tJ.uantita rv =- R +r viene chiamata resistenza internadel t
val
tm e tro . . . .
vari tipi di :1111peromeL11 i; 1a descritti os soJ1o __in tu,l
~ s e re i.:;ip iet:a LL ..come v0 ft21~iF'i~uo. p ; r-;' opport11!°1e cau, ··
~ ve_r-ranno s 'c c i fj c,a t e in seguito , quando ~ra t;.L~_r..emo-<lel --

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le misure di d . d . p. alternate . Si puo' trovare facilmente il va-
lore della resistenza R da porre in serie al milliamperometro
ol tmetro di una de termina t'a o'r ta a --~ ,.....,
~:.:...,::~:_;;,:.;.;,.....-~-=-:"':.;-:='."-(l
~.__.
.;:..<1..0,P Sid.Tr;~ do la i no r t a a fon -
~-~a.:: ~ .... ma_._
;h= t..!

~-d_e...;:llo
strumento si ottiene la portata vo t
metrica str ~ to aefi~ it"a da:: - . .. ~ ........

r-v-.~ =~_max
'.......
rr · i · --~.(
0 (1)

Se s1 vuole aumentare di ~oJ te_r0_h,a~rupj ti l.is ar pe,r


..,il..~- <-1~1-:

Vmax =nV 0 =nri max (l')

In altri termini occorrera' aumentare la resistenza dello


_,strumento aggi i:!_lg endo in serie una resistenza R tale che si ab-
bia;
,/'_,,.,...._...
/ r '·1 = R + r = nr
L- V l
\,.
da cui: - ir
R=r(n-1)

Si conclude che per aumentare di n volte la portata volt-


metrica V0 dello strumento bisogna porre in serie alla b obina
dell'amperometro una resisten~a pari ad n-1 volte la resisten-
za interna del milliamperometro o microamperometro.
Se in particolare n =10,100,1000. .. 5i otterra': .

R = .9 r ; 99 r .999 r

I voltmetri -cosi' costruiti evidentemente introducono una


,,terturbazione nel circuito in A
cui si vuole misurare la--0 1 -
.,..-:.;~~ . .... !S~
ferenza d1 potenzia e. - er cal- R11te.
_5 o . a. r,.:~~- p.e.r.t. u.r.Ji"a z o.n.e a - elett,.,ça.
~ ;;;JUMI> • ... .-e;. ~~

sta ricordare il teorema di


Th;;;-di~ ~ Inf ùCi · si con ·de : ~
_::i_~.na__ rete ccmunq ~ e complj. ;j mA
cata fra due p unti A,13 della
q u a le s i --ro"gti a m:i:Sui'.: re .. J,~
a . . . . \7 V- . f'1g . 3 ;<;"I I J ·..,;;!,:Ì-
--
~de_nt.~-
me n t e i"a c o r re n te i eh e p a s - E
"A -- .. Jf .. v, "' ~
_ 1i _né'i
s....,.
_ ot mEtt.ro
_ ___ ,,...__.,,..,.. • ..w.-c-..... sara llat: a
~. ;v;t..:-.. él.a: Fi g . 37

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31 3 -

in cui R 0 e' la resiste!!za fra i punti A e B presen ~~ t~ .da-lla rete .


ta t e nsione V' esistente tra A eB col volt.metrq inserito ,

---
che e que a ef e ~.P vam ~.!-.!:.....mi.Pq rat.l}, ris~l ta ovviamente

( 2)

V' coincide praticamente con V solo se r v >> R 0 .


L'applicazione della (2) comporta J a con__Q§_,ç~nz a...,dj e-·~
~(! l caso in cui ~rwJ. conosc 9,,.B 0 o i L calc_olo d ' quest ' u L:-
tima risulti molto complicato, si puo' procedere come se ue Si
......_.,_.. • • ) - Fm?~ l . \p,c.-. ... .-.~,,,,,,...

inserisca in serie al voltmetro una resistenza di precisione


r* = (n-1)rv, conci o' la resistenza del ramo in cui e' inserito
il voltmetro e' diventata r* +rv =nrv ; la tensione V~ misurata
dal voltmetro in queste condizioni risultera' dalla (2):

rv
V~= V----- ( 3)
nrv +Ra

Eliminando R0 tra le (2) e (3) si ottiene:

V'Vf
V V' - Vf (n-1) (4)

Perche' l'error e su V data dalla (4) sia piccolo occorre


che V~ sia sufficientemente diversa da V'. D'altra parte e' be-
ne che V~ non sia molto diversa da V' affinche' le letture sia-
no fatte sempre nella seconda meta' del quadrante dello stru-
mento.
E'conveniente pertanto scegliere r dello \ stesso ordine di
grandezza tli r in modo che n risulti circa 2 ~
.... ,...,..._ w..- V ~-- • - ·--ù~. ~ - • ,

Da quanto esposto un vol tinetro risulta tan~o piu pregevo-


l e c.i uanto piu' alta e' la JJ, a resistenza i .Jtterna rv
~ J_;~ion~ si _vede che il val.ore di r v e ' fi~saf
Jl.'.._}
to dal a tensione çJj O.n ao 's cala VIII X che si Vuole . O.tten~_re ..)
Viceversa , scelto opportunamente il valore di rv, e' possibile
variare il campo di 111isur_a del voltmetro. Anzi molti strumenti
hanno l a possibiliti di inserire vari v alori di rv medi&nte un

M.Bertolotti 9 T.Papa - O.Sette .. Met odi d ' osservazione e misura Disp. 40

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3 1 4 ..

commutatore esterno e<l ottenere un voltmetro a molte portate .


Vmax
Si vede inoltre che il rapporto - r- - = i max =co s tante . Difatti
V

per caratterizzare un voltmetro non si da' il valore di r ma


si da ' il valore della costante im.ax o molto spesso i __.!L-r~
suo in-
1
verso-.-- .
i max
ohm
Questa costante, si misura in A-
e viene corren- 1
=
va L t
temente indicata col Q!!le di sensibilita' del voltmetro. Cosi'
se un voltmetro ha una sensibTfi'tii'O.-i "1:0.0'0'0 Ohm / volt signifi-
1
ca che la sua corrente di fondo scala e' A "'O, 1 m1L Evi-
10. 000 .
dentemente il voltmetro e' tanto _ igl_.i_o.re quanto p:i:u' grande e'
questa sensibilitaj
.: :e {5"er es en1r;'ìo si adopera un galvanometro che puo' apprez-
_zare 1n- 11 _A, ammettendo che la corrente mass ima si 5~ te
piu' grand~t S·Jo- 9/r si 1a:

1 8 Ohm
2 . 10
t max volt

Se il gal v.rno ;neLro ha una resistenza r V di 100 n la <l. d. p.


7
massima misurabile risulta di - 10- volt .
Per quanto rif:uarda il consumo specifico Pv del voltmetro
si ha:
2
!I max Vmax
p = -- - - =
V tmcJX
Vmax rv Vmax

che risulta cp4t :1nte ed r·es isten-


...,,..""'fcn~ ......_!"""'.-.p,t...,...":":'-....,..."""~'""""....,_...~~~
· ·•-.•........-~~-;-._.-....,.._..
z e a J i.z i on a l i ~ - --=a..,.....,.~=""""'"""'= ~~ifi..c,;:-
re . ::ii deve osserv are che per cJ.Udnto sopra , p ur di ado-
perare un microa mperome tro di sufficiente sensibilita', e' pos-
sibile comune uc .i1111.:: a tensione massi · 1 ~
rea ta vi sono uei limiti per misure di t ..c~nsioni ele · · 1ali
limi ti sono es& e 11ziu lmcnte Jovut i a ITe cautele c\i e J.Jiso t; na pren-
dere per l 'iso.lari1ento verso massa dei fili c!J,e_ ad.Ju&..an.o ccr -
ç"'e nte all'equipaggirJ Jello strumento e alla perturbazione sen-
sibile che l'apparec cl1io apporta nel circuito , poiclie' a tensio-
ni di alcune migliaia di volt le correnti in 15ioco sono spesso
molto piccole (qu alcl1e mA). Il l im ite superiore ri s nlta '- fui11ui
di 'iudl c he rnigli .1io di volt,,

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31 5 -

Per le misure o.i tensioni vengono impiegatimoltofre4uen-


temente gli strumenti elettrostatici che sono stati già de-
scritti dettagliata ~ ente.
uestì voltmetri nelle varie versioni illustrate , possono
4
misurare tensioni di alcuni 10- volt (elettrometri a quadran-
ti) fino a<l al cune centinaia di KV (elettrometro assoluto,
voltmetri elettrostatici).
Il pregio pi~ interessante Jegli elettrometri e dei volt-
metri elettrost a tici e' che, in continua, non perturbano il cir-
cuito nel ~uale si misura la d.d.p . I voltmetri elettrostatici
di uso tecnico sono pertanto prevalentemente adoperati per mi-
sure di tensioni elevate (al di sopra di qualche mig pé!_io dj_.
v}olt) in circuiti in c,.µj. e correnti c,-
c"o I e Cd:.èI I ' o r <l in e di a l c un i mA ) .

V I I • 5 • 2\ - Mi s u r e d i d • d • p • i n c o r re n te a I t e r n a t a

Lo stesso principio che e' stato sfruttato per le misure


di tensioni continue puo essere senz ' altro adottato per le mi-
sure di tensioni alternate, purche' l'amperometro usato sia a-
datto p·er misure di correnti alternate. Poiche' le correnti mi-
surate sono quelle efficaci, le tensioni risulteranno anch'es-
se tensioni efficaci. Basta pertanto connettere in serie al-
l'amperometro una conveniente resistenza addizionale per tra-
sformare l'amperometro in voltm e tro nella maniera gii descrit-
ta.

VII . 5. 2.1 Voltmetri ottenuti mediante l'impiego di amperome-


tri a fErro mobile ed amperometri elettrodinamici . ,

Sia gli ampero r.ietri a ferro mobile che quelli elettrodi-


na mici, per le loro caratteristiche costruttive gia' descritte,
presentano in corrente altern;;,.Li una reattanza induttiva piu' o
meno elevata di cui bisogna t en1: r conto nella progettazione di
un vol t rn etro. Inoltr e bisogna osservare che n eg li amperometri
a ferro mo uile, L risulta un a iunzione di (j e c he negli ampe-
rom e tri elettrodinamici, oltre alle induttanze delle bobine che
~uesta volta p c rd r i sultano costa nti, si deve aggiungere la mu-
tua induzione H fru l e bobine st esse anch 'ess<.t funzione del-
1 ' angolo 1:; <1 ) .

(1) Si puo' di mostrare !;fru ttando metodi empirici di taratura dello stru -
mento,che sia L che M v ~ riano con J ' a11 "o lo con legge li nea re fino a circa
O,li radianti. Per angoii superiori(~ i, S rad) la correzione risulta di
qual che percento.

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316

E ' bene qui osservare c he ne gl i ampero met ri elettrodinami -


ci le bobine vanno connesse in serie per c ui l a co rr e nt e che
le attraversa risulta l a stessa . In tal ca so l ' induttanza equi -
valente delle due bobine risulta :

L "'L 1 + L 2 + 2M

(I valori delle induttanze di tali strumenti a fondo scala ri -


sultan o comprese tra "-'1 µH e "-'O , 1H) .

Indicando ora con V la tensione al ternata da misurare , l a corrente


che passa nel voltmetro é data in modulo dall ' espressioné :

V
( l)

in cui R=r+rv é la somma della resistenzainternadell ' amperometro e del-


la resistenza addizionale , X e' la somma deil ' indut t anza complessiva e d el la
mutua induttanza. Dalla (1) si deduce subito che la reattanza aumenta con
l ' aumentare della frequenza e dunque i diminuisce. In genere pero le resi -
stenze addizionali adoperate per realizzare il voltmetro sono molto eleva-
te e la reattanza a frequenze di qualche centinaio di flz. puo considerarsi
trascurabile; difatti l'errore che si commette sull ' impedenza Z , ·conside -
4 5
rando la sola resistenza R, che é sempre dell'ordine di 10 - 10 .O, risul -
ta in tal caso solo di qualche per cento .
Negli strumenti di precisione, in cui invece il campo di frequenza é
esteso fino a qualche migliaio di Hr., l'effetto della reattanza va consi -
derato e opportunamente compensato.

e
c:J__.
I I
L 1'-R/lf ~
I I
R

Fig. 38

A tale scopo c011sideriamo il circuito del voltmetro come mostrato n e l -


la fig.38 in cui Le' l 'ir;d uttanza dell'amperometro, C un co ndensa tore po -
R
sto in parallelo su una p orzione - opportunamente alta della resistenza
N
totale del voltmetr o. L'impedenza Zui del c ircuito per una certa frequenza
risult a:

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317 •

N- 1
Z = ---+
w [ N

per cui, fissato il valore delle frequenze , il valore della resistenza R ,


il valore di L e scegliendo N= 2+ 3 si puo trovare il valore di C che ren ·
de Zw=R ed il voltmetro risulta .esattamente compensato a quella frequen -
za. Naturalmente scostandosi al disotto del particolare valore di w fissa -
to, si ha un piccolissi mo errore che risulta sempre minore dell ' 13. Un volt -
metro a molte portate puo essere costruito con gli stessi criteri esposti
per i voltmetri in e.e . La perturbazione introdotta dal voltmetro nel c i r -
cuito in misura va considerata col metodo analogo a quello esposto per cor-
rente continua, tenendo pero presenti che in tal caso si debbono conside -
rare le corrispondenti grandezze complesse .

VII.5 . 2 . 2 - Voltmetri elettrostatici

Gli elettrometri o voltmetri elettrostatici , come s ' i det-


to, il piu' delle volte presentano una scala in cui l'angolo e
di deflessione dell ' equipaggio mobile dipende dal quadrato del-
la differenza di potenziale · e quindi , purche' siano . soddisfatte
le condizioni del paragrafo VII.3 , tali strumenti sono adatti
per la misura di d . <l.p . alternata .
Occorre osservare a questo punto , che mentre in tensione
continua lo strumento non assorbe corrente, in tensione alter-
nata esso presenta una impedenza

1
z
ju:C( B )

non infinita (sebbene la capacita' e sia sempre molto piccola) ,


e quindi assorbe corrente perturbando la tensione in misura .
~i d e ve inoltre oss e rvare che l ' impedenza del sistema dipende
oltre c he ùalla fre'l11enza anche dall'angolo di d e fle s sione . La
perturbazion e introd o tta dallo :;trumento nel circuito in cui si
misura l a d . <l . p . dipende dalla impedenza che come si e ' visto e'
funzione <li & . Essa v a quindi 'alutata con opportune precauzio-
ni . Si puo' comunque osservare che per i normali val tm e tri elet-
trostatici la capacj. La' C e' sempre inferiore ad alcune decine
di pF , il c h e significa che Z risulta sempre dell 'o rdine di
10 6 Ohm . Risulta pertanto trascurabile anche la correzi o ne do-
vut a all a frequenza quando questa ha anche come limi te massimo
10 4 Hz . L 'e lettrometro e' tanto piu' pre g iato , ovviamente , qu a n -
to piu' p i c cola e' l a su a c a pac i t a'.

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318

E ' possibile 1n c o rr e nte alternata estendere l ' inter va llodi m1sur a de -


gli elettrometri mediante condensatori oppor t unam e nte connessi . S i pu o pe r
esempio connettere 1n serie all ' elettro ·
metro un condensator e di c a pacita' C 1 op ··
portunamente scelta (v. fig . 39) . Indicando
con C(e) la capacita' dell'elettrometro va ..
riabile con l ' an g olo di deflessione e,con
Fig .3 9
V la d.d.p . applicata ai punti A e Be con
Y1 la d . d.p . di fondo scala dell ' elettro -
metro si ha :

Il campo di misura dell'elettrometro viene espanso , pero la s cala ri -


sulta molto compressa nella parte superiore.Naturalmente l ' elett r ometro va
C1 +C(e)
ritarato perché il fattore non è una co s tante.
C1
Un altro metodo per aumentare il campo di misura dell'elettrometro
(che é il p:lu' comunemente usato) e che quindi tratt e remo in detta g lio è mo -
strato nella fig.40 .

A
I
I
----Vi -------~ - - -....~· 1

Fig . 40

Le resistenze R 1 ed R2 sono le re s ist e nze di pe rdi ta dei conde nsatori


che risultano molt o el e vate s e i con den s at o ri scel t i so no di buon a q u al i ··
ta' . La capacita' , viene scelta 1n maniera tale che q u e lla de ll ' el e ttr omet r o
connesso in parallelo risulti trascurabile . In t a l caso ind ica n d o c on Y1 e
V2 le tensioni esist e nti ai capi delle due sezioni c o sicc h é V = V1 + V2 s i
ottiene fa c ilment e :

( l)

In co rrente co ntinu a ( UJ == 0) la (I) s i r i duc e a

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31 9 -

V1 . '
In · tal caso il rapporto--e determinato soltanto dalle resistenze
V2
di perdita di condensatori . .
L' espressione (1) può essere scritta:

avendo indicato con

il quadrato dell'angolo di perdita del condensatore . In definitiva , se le


2
capacità sono di buona qualità S <<1 e, in buona approssimazione , si ha:

V1

da CUl

C1 + C2
V ----V1
C2

espressione analoga a quella g{à trovata Qrecedentemente .

VII . 5.2.3 - Voltmetri costruiti sfruttandoeffettielettroter-


mtc t.

Gli amperometri a filo caldo ed a termocoppie sono adat-


ti a misure di tensione ponendo in serie opportune resistenze
addizionali c he pero' debbono e ssere antinduttive. I voltmetri
a filo calJo oggi tendono a perdere di importanza a causa de l
limit at o int e rvallo in cui essi possono essere usati (la cor -
r '~n te n e l voltmetro diminuisce con l'aumentare d e lle resisten -
ze e d iminui sc e di c onse g uenza l 'a llun ga mento del filo dovuto
<l ll d p o tenza di s sip a ta per effe tto Joul e) .
I voltm e tri a \., er1'l ocoppia invece presentano car a tteri s ti -
che notevo l me nt e interessanti in c1uant o so n o particolarmente

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320 -

3
indicati per misure di tensioni ad alte frequenze (10 MHz) ed
inoltre le termocoppie sono sensi b ilissime alle piu' piccole va -
riazioni d i temperatura .
Una realizzazione di P
voltmetro a termocoppia e'
mostrata nella fig . 41 in cui
R. e' la resistenza addizio-
nale scelta in modo .che i l
suo valore risulti indipen -
dente dalla temperatura . Il :i z
filo in c ui passa la .corren -· Fig. 41
te e ch e si scalda e' inse-
rito in una ampolla P entro cui viene praticato il vuoto cosi'
che le influenze dell'ambiente esterno sono rese trascurabili.
I t erminali 1 e 2 della termocoppia (la cui giunzione fred-
da e' tenuta a temperatura ambiente) vengono collegati ad un mil -
livoltmetro .. Poiche' la f.e . m. della termocoppia e' proporziona -
le alla temperatura , la deflessione del milliv o ltmetro e' pro-
2
porzionale ad I : R (potenza dissipata nel filo che si scalda) .
Il millivoltmetro ~del tipo per corrente continua , perd la sua
scala va opportunamente tarata .

VII.5 .2. 4 - Strumenti particolari

VII . 5 . 2 . 4 . 1 - Voltmetri ed amperometri a raddrizzatore

La misura di una tensione o di una corrente alternata puo'


essere eseguita con strumenti in continua (a scala lineare)
quando la tensione alternata viene opportunamente raddrizza-
ta , per esempio con diodi termoionici . Per g li usi pra -
tici si preferiscono i diodi a strato di sbarramento perche' ri -
sultano piJ compatti e piJ economici _ Un r a ddrizzatore a stra -
to di sbarramento , come e' noto , present a una resistenza diret -
ta Rd piuttosto bassa (alcune decine di Ohm) al passaggio Jel

.A

a) b)
Fig. 42

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321 -

la corrente in un verso ed un a r es istenza inversa Ri molto p1u


elevata ("'5 · 10 4 0hm) al passa gg io della corrente nel senso in
verso . (Nel caso ideale si dovrebbe verificare ii d =O . f-1. i. =m ) .
Sistemi siffatti sono mostrat i nella fig .4 2 a) e b) .
Nel caso a) la corrente che attraversa il millia mpe rome -
tro e' pulsante ed ha la forma in d icata nella fi g .43 a). Ne l ca-
so b) la corrente ~ ancora pulsante ed ha la forma indicata in
fi g . 43 b).

i(t)

a)
t
i(t)

b)
t

Fig . 43

Occorre notare che nella disposizione di fig. 42 a) e' stato posto un


diodo B in paralle l o per shuntare la corrente inversa in corrispondenza al ·
la semi onda nega ti va in modo da non sottoporre i 1 di odo A ad una tensione
inversa troppo elev at a . Il milliampP.rometro G per corrente continua sotto
la condizione 2 di par. VIL2 (T<<T 0 ), fa la media nel tempo della corren ··
te che lo attraversa . Pertanto la sua deviazione di equilibrio nel caso a)
risulta :

1--
Bo = - m(t)
e

Ki max
1
- V = K' V
R eff eff

Ne l caso b) il valore della deviazione di equilibrio risulta il doppio.


Pe r realizzare un milliamperometro in alternata con raddrizzatore ven ··
gono usati g li schemi mostrati nella fig . 44 , in c ui la resistenza Rs rap ··
presenta una eventuale resistenza di sh unt per variare il fondo scala del
milliamp e rometro .

~1.Re rtolotti - T.Pa pa - O. Sette ·· Metodi d ' osservazione e misura Disp . 11

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322

Cl) b)
Fig . 44

VIL5 , 2 . 4. 2 - Voltmetro elettronico

Tratteremo qui di seguito brevemente del voltmetro a valvola termoio -


nica (voltmetro elettronico) , che ~un misuratore di tensione dotato di ot-
time caratteristiche , come la elevata impedenza di ingresso ed il vasto cam-
po di misura, che va dalle decine di mV a parecchie centinaia di volt sia
per misure in e . e . che in e.a . Va ricordato inoltre che le indicazioni for-
nite sono indipendenti dalla frequenza entro ampi limiti (fino a qualche
MHz) e quindi la taratura della scala dello strumento pud essere fatta ad
una sola frequenza .
Come abbiamo gii visto , un voltmetro legge la tensione in misura tan -
to piJ correttamente quanto pi~ elevata ~ la resistenza addizionale rv che
si pone in serie allo strumento indicatore . D' altra parte , per elevare rv
~necessario , a parit~ di portata del voltmetro , adoperare strumenti indi-

A ·J---------1
e

Be · >----1111~-+ ________..
'IToa
Fig.45

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323

catari di maggiore sensibiliti , ma cid,al di li di un certo limite puo es -


sere realizzato solo con opportune precauzioni che pero rendono l ' apparec -
chio molto delicato e la misura piuttosto complicata (per esempio usando un
galvanometro). Questo inconveniente viene superato nel voltmetro elettro -
nico. In tale apparecchio l ' uso di un tubo elettronico (triodo) consente di
trasformare un segnale di tensione in un segnale di corrente . Infatti , la
ampiezza del segnale di tensione (applicata al circuito di griglia che non
assorbe corrente) controlla l ' ampiezza del segnale in corrente (che scorre
nel circuito di placca). In altre parole non c · ~ connessione ohmic a fra lo
strumento di lettura e i punti fra cui esiste la d . p.p. da misurare . Lo s che ··
ma di principio del voltmetro rd indicato nella fig . 45 (nella prati c a losche -
ma elettrico pud differire in relazione alle particolari caratteristiche ed
alla versatilita richiesta dal costruttore).
La tensione da misurare e' applicata tra i morsetti A e B d ' ingresso
del voltmetro . La resistenza R , che puo essere arbitrariamente grande , ha
g
l ' unico scopo di portare la griglia alla tensione (negativa) desiderata ,
fornita dalla Le .m . vog · Poiché fra la griglia ed il c atodo non c ' é pas -
saggio di corrente l a R rappresenta in pratica l ' impedenza d'ingresso del
g
voi tmetro .
Un microamperome tra µA per corrente continua, che puo essere tarato di -
rettamente in volt , é inserito nel circuito anodico . Il condensatore C di
grande capacit a' (27 4 µ}') costituisce un corto circuito per la componente
alternata della c orrente anodica, mentre non disturba la componente conti -
nua che puo essere letta cosi dal microamperometro .
Il voltmetro elettronico puo funzionare in tre modi di.versi , come é
mostrato nella fig . 46 , a seconda della polarizzazion e c he s i da' alla gri -
glia. Supponiamo infatti che la caratteristica del triodo, che da' la cor -
rente di placca in funzione della tensione di griglia v , possa essere rap -
i! -
rappresentata nell ' intorno di v 0 g con sufficiente approssimazione dai pri -
mi due termini di uno sviluppo in serie di potenze , cio rd :

i pla.cca

in i- med1à.

Vgngl1'a-

Fig . 46

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32 4

(1)

Se la tensione Vog di polarizzazione di griglia e tale che il triodo


non si trovi all ' interdizione anche quando e' applicato il se gn a le di ten ·
sione , si pué vedere che l ' aumento nella corrente media d i placca per una
certa tensione sinuisoidale del tipo vg(t) =v 0 g+ V sen wt risulta proporzio ··
nale al quadrato della tensione massima applicata .
Infatti sostituendo nella (1) il valore di vg(t) si ha .
2 2
ip=ip(v 0 g) {· a 1 Vsenwt, · a 2 V sen wt

La corrente media ip risulta :

Lo strumento ha dunque una risposta quadratica .


Se si polarizza la griglia all ' interdizione . quando si applica un se ·
gnale sinusoidale all ' ingresso , le semionde positive di tale segnale pro ··
ducono degli impulsi di corrente nel cir c uito anodico . Il microamperometro
fornisce una lettura di i P che comprende un termine lineare ed un termine
quadratico nella tensione massima V. Si pud peraltro osservare che il ter -
mine quadratico in V risulta trascurabile rispetto al termine line a re qu a n -
do la resistenza R nel circuito di placca e
elevata . In tal caso la retta
1
di carico ha un coefficiente angolare - ~molto piccolo (v . fi g . 47) il che
R
rende approssimativamente lineare la caratteristica di griglia (ip , vg) nel
tratto vicino al punto di interdizione . La scala dello strumento risulta
allora approssimativamente lineare .
Infine se il segnale di tensionehaun ' ampiezza troppo elevata occorre
polarizzare la griglia al di sotto del punto di interdizione in modo ch e so -
lo una frazione nota del segnale di tensione viene misurata . In tal modo
il campo di misura dello strumento puo essere notevolmente esteso .

(b) (a.)

Fig. 47

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.. 325

E' possibile misurare l e f. e. m. con elet tro me tri oppure con


voltmetri e lettronici con elevatissima imp e d e n za di in g r e sso .
Illustreremo qui il metodo potenziometrico di g rand e uti -
lit d pe r misurare f.e.m. molto piccole da ci rca 1µY a 2V . Qu e -
sto me todo è dovuto a Poggendorff.
Ne lla fig . 48 P0 e P 1 sono due generato ri di f. e.m. ris pet ··
tivamente fo e f 1 , R é un potenziometro la cui p r esa centrale
( mobi le) suddivide R in due resistenz e r 1 e r 2 = R - r 1 , T é un
tasto norm a lmente ap~rto, R' e' una resistenza variabile e G e'
un ga lvano me tro che all ' inizio della misura va shunt ato as co -
po p rotettivo.
L'unic a condizione che questo metodo richiede e' che la

A ~------,.D

13 .___ __,
~I ---~t
I

Fig . 48

d . d . p . ai ca p i di R sia :

V=cost > f1 (fo>fi)

Quando T e' aperto nella maglia ABCD si ha una corrente I


data da :

fo
I
R t R'

Tale corrente va mantenuta perfettamente costante control -


lan do l a con me todi tanto piJ precisi quanto maggiore i la p r e -
cisione ch e s1 vuol e ottenere nella f.e.m . . in misura e su cui

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326

non insisteremo. La differenza di potenziale V1 n i ca p i di r1


sara' :

V1 pud essere variata tra O e V variando la posizione del cur -


sore M del potenziometro .
Il Generatore P 1 e disposto con la sua polarita' in modo
tale ch e quando T è chiu so la sua f.e.m. si oppone alla d.d.p.
V1 • E ' c: uindi possibile , re g olando la µosizione del cursore M
del potenziometro, ottenere un valore di V1 ug uale in valore
assoluto a / 1 . In tal caso la corrente attraverso P 1 ed il g al -
vanometro sar~ nulla, e quindi si patri scrivere

V
f 1 V1 = - ri
H.

Quando l'equipaggiodel galvanometro rimane nella posizio -


ne di z e r o a 11 ' a per tu r a e a 11 a c h i u su r a de 1 t a s t o T c i o' v u o 1
dire che si é in condizione di equilibrio.
CTi p etendo la misura ora descritta con un altro g enerator e
P2 di f.e.m. f 2 inserito al posto di P 1 si atterra una nuova
condizione di equilibrio in corrispondenza alla q uale si avri :

V
R

Facendo il rapporto si ottiene

Se la f 1 e conosciuta con sufficiente rrecisione (pila


campione) e possibile determinare con el e vata p recisione la
f.e.m. incognita f 2 .
Questo metodo presenta i seguenti vanta Gg i :
a - la f.e.m. incognita viene paragonata direttamente con qu e l -
la di una pila campione e questa puo essere conosciuta con
grande precisione (in Ge nere circa 1 volt noto fino alla 5a
cifra decimale).
b ·· il galvanometro viene usato come strumento di zero e per-
tanto le incertezze nella sua taratura non influiscono su l
risultato.

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32 7 ..

c - all ' equilibrio nel ramo del ga l vanometro non pass a corr e n -
te cosicche' le eventuali f. e . m. ai contatti non alterano il
risultato .
d - la pila campione non eroga mai corrente (c he potrebbe al-
terarne la Le . m. ) .
Si vede quindi che il metodo di Poggendorf permette di rag ··
giungere facilmente una precisione molto elevata .

w Vll.7.1 Fasometri

Basandosi sulle considerazioni svolte a proposito deg li


strumenti elettrodinamici a bobina incrociata vengono costrui -
ti degli apparecchi (fasometro o cosfimetri) a lettura diretta
che danno il fattore di potenza.

000 00() ;,
0000 OùOO
Oooo OO !JtJ
0000 s OOOD
OùOO
booo 0000
Oooo OOoo
0000 ODOD
Oooo
R L 0000
ODO o
0000
0000
0000
0 000 OooV
ooo 0{)00
000'{) OOOt>

~r .SF
V

Fi g . 49

Per i circu iti monofase lo schema di principio e l ' inse··


rimento nel circuito ~que llo indicato in figura 4Q , Per quel -
1 i trifase le cose sono concettualmente analoghe .
Cons ideriamo la figura 49 . La bobina S F e' fissa e v iene
ins erita in serie nel circuito mentre l e due bo b ine inc r ociate
1, 1 e 2 , 2 ri gida mente coll egate possono r uotare attorno all ' as -
s e J i r o t a z i o n e e po r t a n o f i s s a t ·o 1 ' in d i c e d e 11 o s t rum e n t o . L e
spirali s che adducono la co rr e nte sono cosi' soffi c i da non
produrre sensibili coppie anta g onis te .

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32S ·

Come Sl rileva d <:d lo schema le due bo bin e mooili ve n g ono


c olìegate in parallelo al cir c uito ; una di esse e; co lle g at a con
un a resisten za ohmica R in serie ; a venLc va l o re mol to ma gg iore
della reattanz a (induttiva) de lla bobina stessa men tre l ' a ltra
e' c ollegata con una reattanz(1 inJuttiva i:iVen te valore mo lto
mag{:i"iore dell a resistenza della bob i na . Le imped e nze dei due
sistemi sono rese u~uali in mo dul o : per t a nto le du e bobine ven -
go no attravers a te da due correnti I ~ e I 2 di a mpi ez ze uguali ma
diversamente sfasate in ritardo rispetto a ll a ten sione ,
Per trovare l'angolo e
per cui s i ha l 'e quilibrio dell 'e -
quipaggio vale la relazione gia' stabilit a' per g l i e lettrodina -
mometri. e
dipende dal rapporto :

I 1 e os cp1
(l)
I 2 cos Cf' 2

ove ricordiamo che cp 1 e cp 2 rappresentano gli sfasamen ti fra le


correnti nelle bobine 1 , 1 e e rispetti- s,
vamente 2,2 cd s , .
V Consideri amo il dia gr amm a vettoriale
I delle corr e nti (v . fig. 50) ; si ha

' V l'
V
=- .T2
'\ J.J L
\

TT
cp 1 cp cp 2 cp
2
Fig. 50
essendo cp lo sfasamento ch e si vuole m1;:;u-
r a re nel cir cu ito . La (1) diventa nel caso p a rti co l are:

cos cp

cos( ~ -cp)
La prec ede nte relazione dipend e esclusivament e dall 'u ngo-
lo cp di sfasamento tra corrente e tensione ne l circu ito di u -
tenza . Si no t i che la condizione w L =H vale so lo ad una deter -
minata frequenza.

fN Ù /J:.rr· ~- M i s u re d i ri o te n z a

In un circuito a limenta lo in c orrente continua , la p ote n-


za W e' data da

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329 -

W:.:: V i ( 1)

in cui V i la differenza Ji potenzial e a i ca p i de l circuito ed


i e' la corrente ch e vi circola . La misuril JelL.1 po t e nza in
c orr e nte continua puo' quindi eseguirsi misurando se p ar a t amente
i e V nel circuito e poi eseguendo il prodotto dei valori tro-
v ati .
In un circuito alimentato in corrente alternata mon ofase
la (1) come not o , assume la forma :

(2 )

in cui veff ed teff sono i valori efficaci della tensione e del-


la corrente e cos cp,fattore dipotenza,il coseno dell'an g olo di
sfasamento tra tensione e corrente.
Dalla (2) si rileva c he la misura dell~ potenza si puo' fa-
re eseguendo separatamente misure di corrente , tensione e cos cp .
In pratica per misure di potenza in corrente continua ed
al ternata si adoperano apparecchi chiamati wattmetri con i qua-
li si misura direttamente la potenza dissipata nel circuito .
1ra i vari tipi di wattmetri descriveremo quelli elettro-
dinamici il cui principio di fµnzionamento e ' analogo a quel lo
degli strumenti elettrodinamici ' gia' considerati e per i quali
valgono le considerazioni gia' fatte per le condizioni di equi-
librio . Per cio' che riguarda la loro inserzione nel circuito
essi sono caratterizzati dal fatto che (v . fig . 51) la bobina
fissa viene attraversata dalla corrente che passa nel circuito
mentre la bobina mobile, in genere attraverso una resistenza
addizionale R d i valore opportuno, e' alimentata dalla t e nsione
esistente ai c a pi del circuito di utenza u.
Le due bobine si chiamano rispettivamente. bobina ampero-
me trica e bobina voltmetrica . Quest'ultima puo' essere connessa
come nella fig . 51 a) o b) . Tratteremo solo il I caso pe rc he' il
secondo tipo di connessione richiede l ' esecuzione di calcoli
anal aghi .
La teoria dell ' elettrodinamometro fornisce l ' angolo di e
equilibrio dell'equipaggio in funzione delle correnti che cir-
colano nelle du e bobine .
Considerando il caso <li e . e . ed indicando con iA ed Ly le
correnti risp ett ivamente n e lla bobina am perometrica ed in q u e l-

M.Rertolo t ti - T . Paµa · O. Sette · Metodi d ' osservazione e misura Disp . 42

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. 3 3o ..

u a)

V b)

Fi g. 51

l a voltmetrica , s1 ha

(3 )

Sostituiamo nella (3) ad iv il va lor e 1n c u i :

Rv ~ il valor~ d e lla resiètenza ad dizion a le H p i ~ la re sis ten -


za della bobina voltmetrica ed RA l a r es i s t e nz a de ll a bo bina
a mperometrica ; si ha p e rtanto :

e K ( i A VI L + l'1 A 1. A2
=-H- ) ( 4)
V

Poiche' w= IA vu S1 ve de che 11· e' p r oporzio n a l e a e a me n o

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.. 3 31

del termine RA i: (potenza dissipata nella bobina amperometri -


ca). Nel caso in cui il wattmetro f! connesso come in fig. 51 b
si otterrebbe una espressione analoga alla (4) contenente un
. . V~
term1ne par1 a-,-,- (potenza dissiputa nel ramo voltmetrico).
11v
. V~ ,
Nei wattmetri commerciali, in genere, il termine - - e mag ··
Rv
giare del termine RA i~. Di conse g uenzu se non si vogliono ap --
1) o r t a r e e or re z i on i ne 11 e 1 et ture é p re f e r i bi 1 e a do per are i 1 p r i ·-
mo ti~o <li connessione.Si osservi peraltro che nel caso in cui
la resistenza dell ' utenza~ molto ma gg iore di quella del gene --
ratore, la tensione Vu si può considerare costante al var1are
v2
della potenza asso rbita . In tal caso il termine _u_ si mantiene
Rv
costante nel campo di misura dello strumento ed é quindi molto
semplice a0portare la correzione alle letture del wattmetro.
Nel caso in cui l'utenzasiaalimentatainc.a. l'angolo di
deflessione & dell'equipaggio risulta come gii visto, dato da :

& = Ki1 eff i2 eff cos c:p

1n cui c:p é l'an g olo di sfasamento tra le correnti che circola-


no nelle due bobine. Trascurando le reattanze delle bobine la
(4) diventa nel nostro caso :

K
R (Vu eff iAeff cos c:p i- WA) ( 5)
V

in cui WA rappresenta la potenza dissipata nella bobina ampe-


rometrica. Si noti che nel caso della connessione di fig.51 b
nella (5) compare al posto di WA un termine Wv corrispondente
alla rotenza dissit)ata nel ramo volmetrico.Anche in questo ca-
so valgono a pro 1)Qsito dei termini di correzione WA e IYv le
considerazioni gii fatte per il caso in e.e.

v11 . s - Misure di resistenze

Vll . 8.1 - Meto do voltamrierometrico

Vi sono vari metodi per m1surare le resistenze. Il più


sem p lice é q ueÙ ~-~d{ mis ù"rare L ì caùuta di potenziale V che si
hu ai ca p 1 de ~ res1stenza inco ;;nita Hx quan o in essa passa
una corrente d- intens1ta'~ n-; t ;-:-- E'qùe sto- il metodo cosidd et-
to voltar.1perometrico v . fi g. 52 a , b) . In tal caso val e la re-
~ azione : ]

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332 ..
I -

i
i

à) b)
Fig . 52

® = 0!> t 11

Per una determinazione precisa occorre peraltro tener con-


to che nel circuito di fig. 52 a)-;- pa rte della- corr en~i!Tiisurata
dall ' amperometro A in realta non passa nella resistenza,m ;~
'°;il tmetro. , Detta rv l ~;e ; i7tenza int erna del v ò ìt-;;et~,s i ~

V
i

V
e quindi Rx ~- se Rx << rv .
t
Nel caso di fig.52 b) invece occorre tener conto che la
d.d.p. V ! misurata dal voltmetro è la somma della d.d.p. V a1
ca 1)i di Rx e della d.d.p. ai capi dell'amperometro. Detta rA la
resistenza interna dell'amperometro, si ha :

V' =R X i 1(1 +~) li


x.
da CUl

1 (1+~:}1
V'
Rx
t

V'
e quindi Rx ~---se Rx >> r A.
t1
Si noti che essendo in genere rA << rv, é p robabile che lix
s1 trovi a soddisfare l'una o l'altra delle due condizioni
Rx << rv, lix>> rA; cio' determina quale dei due circuiti e p iu'
conveniente per la misura.

~~ - Metodo di sostituzione

Se si ha a disposizione una cassetta di resistenze C di


valore noto si pud utilizzare un circuito come in fig.53 e fa-
re un grafico delle correnti lette al s alvanometro in funzion e

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- 333 ·-

e
ccc

/r
:Rx
Fig. 53

della resistenza variabile della cassetta.Sostituendo alla cas-


setta la resistanza incognita Rx, dalla lettura della corrente
segnata dal galvanometro,si risale subito al valore di questa .

~EiJJ - Ohmetro

L' ohmetro e
uno strumento di moderata precisione (.di SO ··
lito pochi per cento).L'intervallo in cui pud essere usato va -
ria d!. qualche ohm a ' g;ualche megaohm. )
Il tipo pili semplice di schema ~ mostrato nella figura 54.
Esso consiste di un milliamperometro connesso in serie con una
batteria, una resistenza R >> della sua resistenza interna r
una resistenza e a resistenza incognita Rx . Una resistenz~
R 5 e' inserita 1.U.-P-.a.ral l ~tQ_,,aJ) o strumento e a d RA per permet -
"tere di variare la scala. Il mill tà mperometro e' chr ettamente
-{t ra ~o in o iìffi"/i param~t ri del circuito sono scelti in modo ta -
. e c e cortocircuitando i terminali A e B nel milliamperomeiro

-
passi la ço rrente massima (zero del fl" ohmetroJ.

Rs

H:r:
j ;I A 13

Fig. 54

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.. 334 -

Inserendo la resistenza R~ la corrente t 1 che passa nel


milliamperometro risulta j

-f
(1)

Si vede che una volta fissati r , R , RA ed R 5 la corrente i 1


dipende solo da Rx. ~a relazione_f_i: a i 1 ed Rx e' rappres~nt~
da una iperbole l. La scala a l""un ohme ~a a :·~o ( ii.(O)=i 111 ax)
a Rx=.JJ (i 1 (w )=O). Dalla 1) si vede che al crescere di Rx
guando R+ >> R la scala s1 infittisce notevolment e e a misu a
ris_ul.ta molto · · rec.1sa
Per ovviare a questo inconveniente si var1 a il fattore di
moltiplicazione di scala dello strumento sce g liendo opportuni
valori della resistenza R 5 e della resistenza R , E' utile in pra-
tica fare in modo che i valori della nuova sc al a si otten g ano
da quelli della scala precedente moltiplicandoli pe r una po ·-
tenza intera n di 10 .
Dalla (1) si vede che a tale scopo basta sce g liere valori
R; ed R ' t a 1 i che :

r+RA
1 +-- R'
R's
In tal caso alla stessa corrente i 1 data dalla (l)(e quin-
di allo stesso punto della scala) corrisponde nella nuova s1-
tuazione una resistenza R~=10nRx . IE tali strumenti n pud as -
~i!L_genere i valori interi coml)re ~i tra l f:TI
Si deve perd osservare che in pratica cambiando il fatto-
re di moltiplicazione di scala, la d . d.p. f ai capi della bat-
teria subisce delle variazioni in quanto ra-éorrente total e i
del circuito ca bia _ ,L,o "z_ero" a e II' o Fimetro pe rtant~ a
alte ato. Per ovviare a questo inconveniente si po ne in p~::-'
....lelo allo strumento uno shunt R0 variabile,di valore molto mag -
~ iore del.L e istenz... "n.terna_ ae_ - o strumento' in mo"d o da n on
alterare __? ensj bj.l111_en_t .e__J L~nte data dalla ( 1) e che- pe rm e t-
T e d i aggiust_ar~ v <;0-_!;:! in volt alo zero" el r' o metro. ~

~ ~8 :;iJ- Ponte di \'/heatstone

Una misura mo lto precisa di resistenze tra 10· 2 e 10 6 0 p u d


essere ottenuta col ponte d i Wheatstone. Come noto esso consi -

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- 335

ste di tre resi .s tenze R1 ,R2 )R3 note e della resistenza incogni ~
ta Rx, connesse in modo da formare i quattro lati di un qua ·-
drilatero (v . fig.55). Una batteria di f . e.m. E~ collegata ai
due vertici A e B ed un galvanometro G é posto fra i punti C e
D. C

A 13

7..
Fig. 55

1J

La corrente t G che scorre nel galvanometro si ricava in


base al teorema <li Theven in

avendo indicato con Vcn la d . d . i:J. esistente tra i punti C e D


quando il galvanomet ro non e' connesso al circuito, con R 0 la
resistenza vista tra questi due punti e con R la resistenza
interna del galvanometro.
Dall'esame del circuito della fig.55 si ha facilmente :

R 2Rx-R 1R 3
Vcn=ixRx- iiR1 = E
.. (R1 +R2) (R3+Rx)
'
R1R2 R3Rx
Ra +
R1 +R2 R 3 +Rx

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336

Poichi il p0nte e
in equilibrio, cioi il ga lvanometro non
segna passa gg io di corrente quando VCD = O, si v ede che tale
condizione ~soddisfatta se ·

(1)

da cui si pud ricavare la resistenza inco gn ita Rx ·

Per definire la sensibilita' del ponte di \Vheatstone con ·-


sideriamo il circuito di fi .56, in cui
e resistenze R.J. , R 2 , R 3 hanno i va ori
.-c he soddisfano . la- crrmé"ii't're f'a"] x sta- e
ta variata di una quantita' 6.Jix<<R.x .
L ' a g o del galvanometro suLira in
t a 1 caso una leggera deflessione 6.f::I a 1 --
A
lont an andos i dallo zero. B
Definiremo sensibilit à u del ponte
il rapporto tra tale deflessione 6.fJ e
L";J{ X
la variazione percentuale - - della re - n
R. X
sistenza Rx che ha provocato la defles-
sione stessa :
E
u = - --

Fi g. 56

Per calcolare u riprendiamo 111 esame l'espressione V CD prima calcol a -


ta, sostituendo a R il nuovo valore R +t:Ji. • Si ottiene ·
X
" "
f!ll X
1 +- -
E(R" +l!llx) ER" R
ER 1
VCD - --- = - -- " -- 1 ~

R"+/'Jl"+R 3 R1 +R2 R x+R3 .':JR."


1 +---
li" +R3

2
ER X

R + R3
"
[~. ~:)~ . M
"+
---
R"+R 3
(f!llx)

(li" +R3)2
+ . }1] "'
ER3l!ll X

(R"+R3)2

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3 37

Nel ricavare questa espressione si e' tenuto conto che in vir·


tu' della (1), si ha

6.R %
e si sono trascurate le potenze superiori alla prima in -R--, per l 'ap-
prossimazione fatta: x

6.R
%
« R
%

Indicando con o-V la sensibili ta' voltmetri ca del galvanometro, ci o e' il


6.e
rapporto - - , si ha:
VCD

6.e o-V VCD o-vER 3 Rx o-V ER1R2


O" =--- 2
6.R % 6.R T. (R1 + R2)
(Rs + R % /
R% R%

Si vede quindi che o- assume il suo valore massimo, quando Rl =R2=R 3 =flx.
Si noti anche che o- aumenta all'aumentare di o-V e quest'ultimo dipen-
de dalla resistenza R del circuito in cui é inserito il galvanometro (v.
par.VII.31 . Affinché o-V abbia il massimo valore (consentito dal d~siderato
tempo di ritorno del galvanometro, come spiegato al par.Vll.2)occorre quin-
di che la resistenza R assuma un opportuno valore R*.Ma R~data dalla som-
ma di R0 e Rg quindi deve aversi:

R + Ro = R* (2)
g

Se si ha invece R +Ra< R*, la (2) puo essere soddisfatta aggiungen-


do un opportuna resistenza in serie al galvanometro . Se R g + Ro > R * si per-
' . g .

viene allo stesso risultato ponendo una opportuna resistenza in parallelo


al ga lvanometro.

JJ ~- Doppio ponte di Kelvin

Quando si devono misurare con precisione resistenze di fra-


zioni di Ohm, il ponte di Wheatstone non e' piu' adatto. Infatti
in tal caso non si possono piJ trascurare le resistenze dei
conduttori che formano il circuito e dei contatti fra essi e
~ li elementi del p onte.
Per misure ui piccole resistenze s1 usa il circuito mo-

M.13ertolotti - T.Papa - O.Sette - Metodi d'osservazione e misura nisp. 43

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338 -

strato nella fig . 57. In tale circuito esistono sostanzialmente


due ponti (R1R2RxRsR4Re) e Ui1R2RxCRe) ed e s so prende per tale
ragione il nome di doppio ponte di Kelvin .
La resistenza incognita Rx pre-
senta due coppie di contatti: i con-
it0 t · I
-----------+....fl ""---"'
tatti 1,1 attraverso cui fluisce la
corrente i tot ed i contatti 2 , 2 col-
legati alle elevate resistenze R 1 e
R 3 , in mo do tale che solo una pic -
cola fr a zione della corrente i tot le i
a ttra versi .
Ca ratteristiche analoghe a Rx
presenta la resistenza campione Re
variabile, connessa al circuito tra-
mite i terminali 3,3 e a due eleva-
te resistenze R2 e R 4 tramite iter-
minali 4 , 4 . Quando nel galvanometro
e
G non circola corrente , si ha : Fig. 57

(1)

essendo i~ie~ t le correnti che attraversano le r es istenz e R 1 e


R2 , RX e Re , R 3 e R 4 rispettivamente.
Di v idendo membro a membro le due equ a zioni (1) si o ttiene :

( 2)

da cui s1 ricava:

RX ( 3)

·La misura si effettua cercando il valore di Re che equi-


libra il ponte , e ricavando Rx dalla (3) .
In pratica si cerca di soddisfare l a condizion e

( 4)

Cio' si puo' effettuare r a pidamente aprendo l a c onn es sion e


C ed azzerando il ponte in tal e c ondizione . La con di zione di

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3 39 -

azzeramento corrisponde alla (4) in virtu' del fatto che R 3 >>Rx,


R 4 » He . .
Si noti comunque che, anche se tale condizione non risul-
ta perfettamente soddisfatta l ' ultimo addendo della (3) ~ co-
i r
mun~ue trascurabile in virtd della piccolezza del rctpporto
n elle ipotesi poste. i

~- Misura di impedenze

usa una disposizione


per misur..ire le im-
' <li'."' c i r c u i t :o . I "U; o
1
- sc fi ema genera l e e mostrato nella Esso e' simile a l pon-
,,,
A

Fi g . 58

te di Wheatstone e ccet.t.o ch,e l a.. b MJ;. e .ostit yj,~'.l du._u &.g -


,!.) eratore di correi~.~ c; lte .r;:p a ~a a f ~q uenza op.,p ortuna ,.} l__e resi -
stenze sono sost i Lui te con ..l!;,_generiche impedenze, e d il gal-
vanometro viene s o stituito con una cuffia telefoni c a o altro
strumento di z ru .te :nata.
L ' equilibri 0 ~ottenuto guando la corrente nel l o strumen -
to di zero e' nulla pplicando le egg1 di Kirchh o i f e d"i'Ohm
·pe=; i circuiti in alternata si trova che la relazi <J ne J ' eq ui -
fì.Gr10 s1 scrive ora

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- 3 40 -

Perche' questa relazione sia soddisfatta e' nece ssar io che


siano nulle la parte reale e la parte inmaginaria cont e mpor a-
neamente, cio e'

(1 )

( 2)

Si costruiscono vari tipi di ponte .

Fig . 59

Una disposizione semplice dovuta a de (Saut-l ed ada tta a


misur a re la capacita' e' mostr a ta in partico are nella fig.59 .
In questo caso

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3 41 -

21 R1

22 R2

1 J
23
i W·C3
----
wC 3
1 J
24
j wC4
----
wC 4

e quindi le (1) e (2) s1 scrivono

o
Da tale relazione s1 vede che A
l ' equilibrio del ponte e' raggiunto
per

!-------1.'Vi-----~

ed iindipendente dalla frequenza.


Un altro tipo di ponte, adatto Fig. liO
per le misure di induttanze e' mostra-
to nella fig. 60 (Ponte di Owen). In tal caso la relazione di
e4uilibrio si scrive:

che diventa, ugua ;:, li an do la parte reale e la pa r te i mmaginar ia ,

Entrambe le relazioni risultano indipendenti dalla fre-


quenza. Per mezzo di tale ponte i possibile misurar e induttan-
ze in un campo sufficientemente vasto di valori.

Un apparecchio universale (analizzatore univer sa le o te-


ster) e' un apparecchio che permette letture di intensita' di cor -

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3 +2 -

rente, d . d.p . e resistenze utilizzando diverse scale segnate


sul quadrante di un unico strumento che viene di volta in vol-
ta reso idoneo alle varie letture mediante un apposito commu -
tatore .
Lo strumento adoperato e' un milliamperometro corredato di
un certo numero di resistenze che possono esser e connesse in

Commuta.tare
,.,. ..... 99!1 i'"
.-~~-'V\ol\llN\llJ'--~~~../ 'a-~~~-'VVVVV'VVll'-~--.
I \
I I

ro/9 I
I
' ...... ,,,.

+A O+
V

Fi g. 61

parallelo o in serie alla sua resistenza interna in modo che


lo strumento possa funzionare sia da amperom e tro che da volt -
metro •
. La fig . 61 mostra un possibile schema per u11 ap p arecchio di
questo · genere .
!! ll a_.!.i.&,:..§l~:~ai.<?..~~t.,~ a~2.. .i..!J r Q..!l.,U, ~i......'l!!.~._!H t,.a.L" ana. · z-_
zator.Ì rn· cui il commutatore al quale ....prima
...... .r.-.---~~.ad·.........._..._... ~ - .... ... - . ~ ~- .
SÌ .e'
·~ .
. a~C.Gen-na·.to '
~ituito da varie boccol ~J
Il collegamento dello strumento universale con gli elemen ~
ti ci ~i i n misur.._a v i"en~~Jf ~ tXua ~ m7d iante' du è__...c...av~
~ uni ti di puntali da collegare all'elemento e s p ine da inseri-
re nelle boccole opportune . Allo scopo di facilitare le connes-
sioni i due cavetti, le spine èd i puntali sono di solito di
<lue colori diversi (nero e rosso) .
Pèr utilizzare lo strumento come voltmetro si d eve :
a - Inserire il puntale nero nella boccola indicata c o n V ,o p-
pure V"' a seconda che si voglia misurare una lL d. p . in c nr-
rente continua o alternat a .
b - Ins e rir e il puntale rosso n e lla boccola corrispon de nt è ad
un fondo scala tale da ess e re sicuramente mag g iore d e ll a
d . d . p . ch e p r e sumibilment e si dovra' misurare . Se di ta l e

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- 3 43 -

d.d.p . non s i c onos c e l ' ordi ne di g r a nd e zz a, e' bu on a no rma usa-


re il f ondo s ca l a p iJ alt o e p oi pa ss a re a q u e ll i p i u ba s -
si , f i no ad otten e r e l a mi g .Liore l ett ur a (os s ia il min im o e r-
rore ). S i no ti che a lla s tes sa bo c c ol a co r ri spond on o due
dive r si~f o n-d o scaTa~ a con i nua ·e pe r . :I.._t ernata.\

V= 20. 000 Q/v HOD. 680 t


VN 4000 !d./V "'· 80708

@ @ @ @
250 µIl,,; ..n Q S?. n. S2 2V
@
so,u.A ~O V l\J
X i X ~O X ~00 X ~000 )( -10.000
-IOV=
@ sooµA
50 VN @

o
50Y=
@ 5mA 250 VN @
@ SOmA !2oo V=
LOW R -1000 VN @
5ooV =
@ 500 t11 A 2500 V N @
V;: A V'Y pF Hz-0(81 _
@ 5A Sl LOW Q n.x-10. 000 OUTPVT .fooo y @

@) @) @) @)

Fi g. 62

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3 44 -

c - I puntali vengono posti a contatto con i due punti tra i


quali si vuole misurare la d . d , p.
Se si misura una d . d . p . continua bisogna far attenzione a
mettere il puntale che va alla boccola che indica il fondo
scala (il rosso nel nostro caso) in contatto con il punto
a potenziale piu' alto perche' altrimenti l'indice tende a
deviare verso sinistra invece che verso destra , cosa che
puo' danneggiarEO lo strumento . Il problema non si presenta
ovviamente · nel caso di misura in corrente alternata .
d - Eseguire la lettura tenendo conto che il fondo scala ~ pa-
ri al valore fissato dalla posizione del puntale rosso . Se
tale numero non e' effettivamente segnato sul C{uadrante si
dovranno fare le debite proporzioni: per esempio se il fon -
do scala e' 2V = ·, si usera ' la incisione relativa al fondo sca-
la 10 V= divisa per 10 e moltiplicata per 2 .
Per utilizzare lo strumento come amperometro s1 deve :
a - Inserire il puntale nero nella boccola indicata con ~ A ed
ì
operare come indicato ai punti b, e e d , tenendo pero pre-
sente che :
1) la misura puo' essere fatta solo con correnti continue ;
2) .lo strumento deve essere inserito (messo in serie) nel
ramo del circuito di cui si vuole misurare la corrente ,
facendo attenzione che esso sia percorso dalla corrente
nel senso che va dal puntale rosso a quello nero .
Per utilizzare lo strumento come Ohmetro si deve :
a - Inserire il puntale nero nella boccola indicata con D.
L - Inserire il puntale rosso in una delle boccole segnate con
Dxi, Dx10, Dx100, Dx1000 etè. a seconda della resisten-
za che si deve misurare .
Prima di eseguire la misura si deve azzerare lo strumento
come specificato nella descrizione dell ' ohmetro ponendo in
contatto i puntali fra loro e regolando il potenziometro R
La misura della resistenza incognita si esegue inserendola
tra i due puntali. Conviene scegliere la scala opportuna
iR modo da poter leggere il valore della resistenza nel
tratto iniziale della scala per avere l ' errore piu' piccolo
po s s i bi 1 e . I n fa t t i 1 a s c a 1a i p e r b o l i c a fa s i' c h e 1 e di v i -
sioni si infittiscano verso i valori grandi di R.

VII . 11 - Oscilloscopio

L ' oscilloscopio a raggi catodici e' uno strumento che con-


sente di osservare su uno schermo fluorescente l'andamento di
fenomeni variabili nel tempo..

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- 345 - .---
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M. Bertolotti - T . Papa ·· O. Sette ·· Metodi d ' os servazi one e misura Disp . · 44

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3 46 -

Lo strumento completo e' costituito da un tubo a raggi ca-


todici , ~ a circuiti per focalizzare e deflettere il fasci.o di
eT;ttroni, da amplificatori di tensioni e circuiti elettr ;;;_ici
,!'.1 cui funzione sara' meglio spiegata _ in a.ppendice . ì -
Esaminiamo il tulio a raggi catodici .. I suoi elementi es-
s e n z i a l i so no rn o s t r a t i ne 11 a fi g . 6 3 . Es s i s on o :
a) una sorgente di elettroni che <li solito e' un catodo che e-
mette elettroni per effetto termoioni.
b) un insieme <li elettroni
--__,____,.~
~
chiamato. cannone elettronico che
-
serve ri<::r accelerare gli elettroni ~p rovengono .dal -~~t';­
o, co :-Iiffi a r li i n un fa~cetto sottil _e e proiettarli lungo
r asse magg-io.; e del tubo ---
e) ~oppie <li elettrodi chiama ti placche deflettenti colJ9 -
cati oltre il cannone e usati per deflettere il fascio elet-
, ~ni~~- Una- di tali ~ ppie ·e, disegna t a "i-i ell ; fT .63 --;-i. e
-~~ rla5 ~ he si.--rrD v ~ in due piani parall ~li fra .lor ~~~­
mali al pianq del Joglio.) L ' altro sistema di placche si tro-
va a 90d r ( spet.L al u: imo.
d) uno schermo ricoperto con una sostanza fosforescente, come
::'i.U~m~ ~gstato di calcio, silicato di zinco, etc.~
- i.ven a · Uiiii. uantlo · i~ene col i a a agli e ee rònij.
Tutto l'insieme e' racchiuso in un contenitore di vetro che
pr ~~enta simfiletJ, ja di rotazione att Q..!J!.9 all ' assex Nel conteni-
• tor e f:!: 2r ticato il vuoto con una pressione residua di ci.rea
1
1 10-:- 6 mmllg .
'Ii. elettroni emessi dal catodo sono accelerati

- --
none elettronico dalla differenza di potenzia!~
va. ---- -
sono

schermo (lente elet-


ros a i.ca .
n assenza <li _un~. _d. d. 12..:. !'.:d _f,,,__·~r.::;a'--'l"-e;::._~=-=-'~ ~~;-=...-....-..~~~~­
regione oltre il cannone e' essenzialmente libera
trici in vi.rtu e e fTetto sc liè rmante ùi un fi a
on uttri.ce steso al i.nterno e contenitore di
;;iii - Gli elet t roni q u rmt"i Sl muovono ung_o e
colp ~ o --~~-~ ~E_m_9_~.-nel - PU rLto ff ~ v~ndo !a _ ste&,sa velocit~'
che posseggono quan~o lasciano il cannone .
.... --~-- -·.. - - - -- • J j ,
La velocita degli elettroni che emergono dal cannone puo
essere facilmente calcolata supponendo, con buon a approssima-
zione , trascurabili le velocita' con cui gli elettroni escono dal
cato o. rn---ta"lcaso-1' enèr giac in e - . e ' etla prodotta d:iì a
- tensione accelerante va
fra catodo ed anodo, e quindi

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~
I <'.'...
- - \N\ \}
(
K-\)/. ~
- 3 47 -
V:: ./

-~
I
I V (1)
p

li
cevono una acce eraz1one

una componente e la velocita' vd, perpendicol~re all'asse del


tubo . Di conseguenza invece <li colpire lo schermo nel punto R
essi lo colpiscono in un altro punto R' .
Supponendo che la disuniformita' del campo agli estremi del-
le pl a cched eJlettenti possa essere trascurata e che le plac-
cnes iano p arallele all ' asse del tubo , il campo fra le placche
_?U!irfo. ~-;;j'"~ e · perpendicolare a~l'asse del tubo e si puo' trov~ ~
una relazion ~.J>~r . la deflessione d 5 della macchia luminosa ~-n
termini della d.d.p. Va, della d . d . p . deflettente Yd e __del ! e
imens1oni e t u oo e degli elettrodi .

----- %-----
o

.._ ....... __

Fi g. 6 4

Scegliendo un sistema d ' assi y,z , con l ' asse z coinciden -


te con l 'a sse del tubo e l ' origine all ' inizio <lelle placche (v .
fi g . 64) , si scriv e per il moto degli elettroni nel piano y ,z:

my =e v~ .e
d
{ mz =o

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3 48 -

Integrando queste relazioni una prima volta s1 ottiene

(e vd
my = -d - t L

mz

Integrando una seconda volta

my
2 d

mz

Eliminando la variabile t fra le due ultime relazioni s1


trova:

G =2 1 eVd {(ì)l2
mcl vp

Essa ~ l'equazione di una parabola .


La comi>oncnte della velocita' perpendicolare
tubo 1 Che - l i e et E r Oli r--C~~U~i;..:S~t l::.à~n~O~..,:;d;,:O~:;;:O_::,a..V.,::
:, e~_......,...,.~.:,.:;,,:;..;;~--~e
placche di lunghezza l ~

( 2)
V
p

L'elettrone dopo aver percorso la traiettoria parabolica


fra le piastre emerge con una velocit~

Dopo che l'elettrone ha lasciato la regione fra le plac-


che esso segue un cammino rettili neo tangente a lla parabola nel
punto M.
L 1 inclinazione della tangente geometrica a lla traiettoria
in quel punto e'
dy va e
t g (j =-=--l
dz . mdv 2
p

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- 3 49 -

L ' equazione di questa tangente risulta:

poiche'in M, z =le y =---


2mdv2
p
Quando y =O si trova

cioe' la linea interseca l'asse del tubo nel punto O al centro


delle due placche .
Dal triangolo ORR' .che e' simile al triangolo àeterminato
da il e tip si ha

e sostituendo il valore di vd dato dalla (2) risulta:

Eliminando vp mediante l a (1) si trova la relazione cer-


ca ta

Si definisce sensibilit~ verticale dell'oscilloscopio il


rapporto

1
2

Es sa e' mi s u r a t a i n e m/ v o l t .
Analoghe considerazioni valgono per l ' altra coppi a <li pl ac-

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3 5o -

Il tempo richiesto dall' e lettrone per attraversare la di-


stanza l fra le placche e'

0.02 g
t - - - - - - - 1. 07 x 10- sec
7
1 .8JX1Q

Sebbene questo tempo possa sembrare J!..__~


non lo e' in confronto ad intervalli di 1 0 - 7 o 10- 8 sec che si
presentano in molti fenomeni elettrici transienti od al perio-
do <li un'onda a radiofrequenza.
Vediamo ora come si puri' ottenere l'im magine dci segu., li
e l ettrici con un tubo a ragbi catodici.
Aubiamo visto che le placche Lieflcttenti mo::;trate nella
fi g ura 63 fan no spostare il fascette degli elettroni lungo l 'as-

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3 51 -

s e y . <]!.i_.am.e.r_e_mo__t, ;,i_Li_..p,J,.a_ç c h e : e._ Za!:..~!: e y .


L ' altra coppi a di placche normal! a"CiU <=s te fanno spostare
il fascetto u e gli elettroni lungo l ' asse x . Le chiameremo:plac-
che x . - -·-- - · ..;;,..
"S upponiamo ora di applicare alle placche x un segnal e Vx
(a dente di sega) che varia nel tempo .come mostrato in fig . 65:
esso e' fornito da un apposito generatore i~e iji. to nell ' oscil-
lografo . Il fascetto elettronico viene devia.t Y con c onti n uita'
da sinist r a - ~- <;i~sÈ_a e_ s_1,1ccessìv ;,i~me_nte _ r.-~_to ~ à mo1t o- ·;~ pj~ a : ·
mente nella posizione alla estrema sinistra 1 G "-;n-a"cèhI~ lumi -
~~~_ç rive~!l_ mot~_-ti fin~ò" iin i!Ò rm"è'. un segmento__t!_i;l:_E~
"nistra verso destra ed in seguito ritorna' all ' est:remo §~Qi_§.._t...E_Q_
per_ r.ip ete re- ni.iov arn e nte il moto de-1 period.o pr~c.e.d.e.nte....\
,..,...--·~ .. -- - -

Fi g. 6 5

In questa maniera si realizza il cosiddetto asse dei tem-


pi, ci oe una devi a z (;;:;-~--;~ i z-z~ntà 1 e j.:2-P ;; z {o";-a~ e tl~t empo f\r a-~
riando il .J> erio g o di r ·ipeY i·z-ion-e della tensione a d en ti di se_-
a si varia 1-a scal a d eI'--téin;:;'i'. \ ..
g~--;..;;o...,,_.._....;;..,;;.....;;;,------------·----·""--- . .. . ...~. r .. • •

Se contempor a neamente si applica una d . d . p . V f ra le plac-


che verticali (y) il fascio nel muoversi verso a~ stra 1-;;rll~~
su 11 o s che ~mo _la Torma :· d-,· O I_! ~a :!.~-u~~[p::---~p-nJi.ç:_a~_.,,tl].!..,.l,; s..e
~
il seg_IL~le da misurare e' ..Peri Q._ç:li ç o ,i scegliendo opportun amente
-----~ ___.... _ ....-.._.. • _.- \,.- o-"Al&- •

la scala dei tempi la forma d'onda aP.p_a re ,.::! t .az_ion a ri a .


_,...1- ~. - • ":'\...,..- •••

.r

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353 -

TABELLA I

Val ori di alcune co stanti

X 26 1
Numero di Av0gsdro N (6 . 022 .' i7±0 . n('Ofì9) 10 (Kg moli:r

8
Veloci ta riel la luce e (2 . 997925 ± 0 . 000002) X 10 m·s ec -1

19
Cari ca Jell'el et. trone e (1 . 60206± 0 . 00003)X 10- coulomb

~!:issa dell ' elettrone m (9.10904 ± 0 . 00013) X 10- 3 1 Kg

34
Co., t ante di Planck h (6 . 62554 ± 0 . 1)0()15) X 10- joule•sec

2 2
Cos tétn te di gravita'. G (6.670±0 . 00S)X 10- 1 1 New m ·Kg-

23
Costante di Boì tzmann K (L38044±0.00007)X1o- joule·°K- 1

Costante <lei gas R (8 : 3170 ±O. 0003) joule °K- 1


Kg mo ze· 1
1T 7T 3 . 1415927

Base dei log . Neperi:ini e 2. 7182818284

M. BertoJotti - T.Pap" - O.Sette - Metodi d'osservazione e misura Disp. 45

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3 54 -

Dimensioni ed unita' ddle prin c i p aii i:;randezz ,

CGS e.s . CGS e.•n .


GranJezza
!Jimensioni unita ' lìimens i on i unita '

Lungh e zza L cm L cm
Massa gr M

Te rapo T sec T s ec
Forza LMT .. 2
dine LMT- 2

Lavoro erg L 2Mr-· 2 e r ",,


Potenza L 2i!T- 3 erg / sec L 2Mr- 3 erg / se .

Carica L 3/ 2 M1/2 y ·· 1 L 1/2 M1/2


u . e.~ . u . e m.
I
Intensita di
corrente u.e . s . L 1/2 ~,1 :2 T- 1
u. e . m.

Differenza di
potenziale L 1/2 M112 r·- 1
u.e . s . L 3/ 2 .v ~'2 T- 7
u . e . m.
Hesislenza L-11' u . e.s. Lr- 1 u . e.m.

Capacita ' L Il . e . S. L - 1T2 u . e . m.


Induttanza u. e . s. L u . e . m.
Intensita' campo
elet t rièo L- 1/2 M1/2 T- 1
u.e . s. L 1/2 M1/ 2 T- 2
u . e . m.

Spostamento
elettrico L- 1/2 M1/2 T - 1
u . e.s. L- 3/2 M1/ 2
u . e . m.
Induzione magnetica l- 3/2 M1/2 u.e . s . L- 1/ 2 M1/2 T- 1
ga uss

flusso magnetico u.e .s . L 3/2 M1/2 T- 1


mnxu•e l

Intensita' del cainpo


magnetico L 1/2 M1/2 T- 2
u.e . s.

Costante dieletlrica u . e. m.

Permeahil i ta' 11. • e_ s.

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.. 3 5 5 ..

TABELLA II

fisiche nei principali sistemi di unit~ di misura

M K S razionalizzato u , e . m. u. MKS raz , u . MKS raz .


Dimensioni nni ta' u. e . s U. e.S. u . e . m.

L m 1. 1.02 1. 02

11 Kg 1. 1.03 1.03

T sec 1. 1. 1.
LMT- 2 Newton 1. 1.05 1.05
L 2MT-2 Joule 1. 1. o7 1. o7
L2 MT- 3 Watt 1. 1.0 7 1.0 7

1. o . c.
- 1
TT Coulomb (C) e· 1.0- 1

r -1
ampere (A) e: 1. o c. 1.0- 1

2 3
r c. - 1 8 -1
1
L Mr volt (V) 1.0 e 1.08
L 2Mr 3r 2 .- 2 9 -2
Ohm (O) c. 1.0 c 1.09
L - 2Jr 1T4I2 farad (F) e·
2 1 o- 9 c: 2 1. o-·9
.. 2
l/MT- 2I- 2 henry (H) e:
9 -
1.0 c
2
1.09

LMT- 3r 1 -1 1. 06 c: - 1 1.06
volt/m e

L-2TI 2 _· 6
!mi.O- 5
Coulomb / m c: 4rr1.0 c:
'tfT- 2 I- 1 2 e·
• 1
1. 04 c.
-1 1.04
weber / m
e, 2MT-2 r 1 weber e
-1 1.00c-1 1.Ò8

e, - t I (A:-J
Amp:re c: 47T1.0
-3
e: 4TT 1. 0- 3

L- sw ;T4I2 Fa:ad(:) e
2
[s,85 1o-12]- 1 [ 8, 85 10 -12
J-1 c -. 2

LMT- 2.T- 2 henry


in
(!!_)
m
e
- 2 [ ·~71 1.0
- 7 J-1 . e
- 2
(477 1. o-
7
y 1

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.. 3 56 -

TABEL LA III

Equ i valen za tr a un ii~ di for z a

--------
dina
c1 i ria

1
riew t o n

1 (J- 5
Kg · f'eso

f . ()t.97 • Jfl
-3

1
5
newto;i 10 1 1.0197•10-

5
Kg · p eso 9 . 80665•10 9.80665 1

TAB ELLA IV

Equiva l e nz a t ra un i ti d i p r essione

I/ mm Hg ( Torr ) atMosfera Kg · peso / cm


2
Kg •p es o / m
2
Newto11 / m
2 hari.11
2
(di na l cm )

mm Hg ( To r r) 1 fJ.Ont3 .158 0 .0013505 13 .5'l6 133.3 1333.??8

5 9
atmosfe r a 76() 1 1.(133'25 .t033'2. 5 1 . M3 · tri' 1.ntJ· tn

2 4 -1 4 4 4
Kg•peso / cm n . 073556 • 10 9 .fì78·~ · tf) 1 10 9 . 80665• 1() 98. () f; l).5 • 10

2 - 5
Kg•pcs o /m 0.073556 9.6784•10 10- 4 1 D. 80665 ' 98 . 066.5

2 4 -5 -5 -1
Newton / m 75 · 1n· 0.988· 10 1 . 0197• 10 1 . 01Q7• 11) t 11)

ba ri a
. 2 - 4 1 - 4
(d ina/c m ) 7.50 fl 6·1f) 9.8fi9'2 · 10- 0.01019 71•1 () n.01 01971 1n· 1 1
·-·--

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TABELLA V

F.quivalenza tra unita di energiR

I
erg joule Kg· :~ IJPh Kwh Kcal li tra• atm . eV

- 1 ·1
erg t 10- 7 t .f)197• 10- 8 3 . 722· 10
- 14
2. 778• 1o-
14
2: 3889•1.0 - 9 . 869•10
- 10
6 : 3JJ8• 10
11

-1 7 - 7 - 4 - 3 18
joule 1ri1 1 1 . 0197• 10 . 3. 725· 10- 2. 778• 10 2 . 388.9 •10 9 . 869·1.0 6: 388• 10

7 -6 -e 3 ·· 2 19
.Kg- r.i 9. 8066•1.(1 9 . 8066 1 3. 653()• 10 2 . 7235· 1.0 2 . 3427• 10- 9 . 678· 10 6. 196• 10 w
t/l
--.I
13 6 5 -2 4 25
HPh 2.6845·:1.0 2 . 6845• 10 2. 7374• 10 .t 0.7457 6 :.4130• 10 2 . 578·1.0 1. 4037• 1(!

l 13 5 2 4 20
J\wft 3.6000•10 3. 6000•10fl 3 . 6710•10 1. 3410 1 8 . 6001• 10 3 . 46•10 2.1100·1.0
10 3 2 -3 3 32
[( cal 4 . 186. 10 4. 186•10 . 4.2685·10 .1. 5593• 10 1. 1628· 10- 1 41 . 31 2 . 2346•10

9 2 5
litro•atm. 1 . 01328· 1.0 1.01328•10 10 . 333 3.7745•10- 2. 89• 10_ 5 0 . 024205 1 6 . 514• 10
22

-12 -19 20 26 - 26
er 1.602•10 1.60 2· / 0 1 . 6335· 10- 5. 9626• 1.0- 4. 4503· "LO J .82701•10
- 33
1 . 58101·1f
23
1
I1-
3 58 ..

TABELLA VI

Equivalenza tra unita di potenz a

- 1 - 1 - 1
watt erg • · s ec JJP Kgm' s ec Real • s cc

7 3 4
watt 1 10 1 . 360•10- 1. ()197 2 : 389. 10-

7 10 -8
erg•sec - 1 10· 1 1 . 360• 10- 1.0197•10 2 . 38.9. 111- 11

7
HP 735 . .5 735 . 5•10 1 75 O. 0178

.1 7 -3
Kgm•sec 9 . 80665 9.8066•10 0 . 0133 1 2 . 34 '2 7• !Cl

-1 3 10 2
Kcal•sec "4.186•10 4 . 186•10 5 . 62 4 .. 268· 10 1

TABELLA VI I

Densita di solidi a 18°C


3
i n Kg / m

3 3
Alluminio 2 . 70•10 Platino 21 . 37• 10
3
Ambra 1 . 09·10 Quarzo fuso 2 . 2· 1r/
3 3
Argento 10,50'10 Quarzo crist. 2. 65•10
3 3
Rismu to 9.80'10 Rame 8 . 9' 10
3 3
Ebanite 1.15•1.0 Stagno 7 . 28'10
3 3
Ferro 7.86•10 Sughero 0 . 24•10
3 3
Magnesio 1.74•10 Talco 2. 7• 1()
3 3
Nichel 8.80'10 Tungsteno 19 . 1•1()
3 'l
Ottone "'8 . 4• 10 Vetro comune (2 . 47 2.8 )'1 0~
3 . 3
Oro 1.9 . 3'10 Vetro flin t (3 . 2 7 3 . 9 )•UJ
3 3
Paraffina n .9· 10 Zinco 7.t · to
3 3
Piombo 11 .34 •tn Zucchero t . .59 • .1o

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- 3 59 -

TABELLA VI II

Den s it a' dell'acqua in funzione della temperatura

3
temperatura (°C) densi t a' (Kg/ m )

00 999.868
lo 999.927
2~ 999.968
·30 999.992
1--···--- 1000. oo·òf
. 4~
- 5~ 999 . 992
60 999. 968
70 999.929
80 999.876
90 999. 808
10° 999 . 727
~~. 11 o 999.632
! 12° 999 . 525
13° 999 .404
J 14° 999. 271
}
I

_____ \' 15° .


16°
999.126
998.970
""' 17°
180
998 . 801
998.622
19° 998.432
20° 998.230
21° 998.019
22 o 997. 797
23° 997. 565
24° 997.323
2 5° 997_071
26° 996.810
27° 996.539
28° 996.259
29° 995. 971
30° 995. 673

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- 3" () -

TABELLA I X

Densità dell'alcool in funzione della temp e ratur a


3
temperatura (°C) densità (Kg/m )

oo 806.25
lo 80S . 41
20 804.57
30 803.74
40 802.91}
50 802 . 07
60 801. 23
70 800 . 39
30 799 . 56
90 798 . 72
10° 797 8[l
11 e 707 , 04
12° 796.20
no 795 . 35
14° 794.51
15° 793.67
16 o 792.83
17 o 791. 98
18° 791. 14
19° 790.29
20° 789.45
21° 788.60
22° 7 87. 7 5
23 ° 786.q]
24 ° 7!16 . 06
25 ° 7()).22
26 o 7 H4. 37
27 o 7B3.5 2
28° 782 . 67
29 ° 181.32
30° 780 . 97
31 o 780 . 12
32 C' 77 9. 27
33° 77 8 . ,+l
3 4o 777 . 56
3 5° 776.71
36" 77 5. RS
37 " 77 5. 00
38 " 77'1. 11
3Q " 773 . 29

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- H 1 -

TABELLA X

Densita'di Equidi a 18°C


3
in Kg/m

3 3
Acetone o. 792• 10 Glicerina 1. 26. 1o
Acido cloridrico 1.18•10
3
Mercurio 13. 55~ 103
3 3
Il nitrico 1.50•10 Nitrobenzolo 1. 20· 10
3 3
Il SO l fori CO 1. 84• 10 Olio d ' oliva o. 915• 10
3 3
Alcool metilico o. 793• 10 Il di vasellina 0.90•10
3 3
Il C ti li CO 0.791•10 Pentano O.f\3·10
3 3
Benzina 0.70•10 Petrolio 0.83•10
3 3
Benzol o 0.88•10 Sol foro di carbonio 1. 27. 10
3 3
Bromo 3. 12• 10 Toluolo 0.88•10
3 3
Cloroformio 1. 5• 10 Tetracloruro di carbonio 1. 596. 10
3 3
Etere etilico o. 7 36. 10 Xilolo --- o. 86• 10

TAEELLA XI

Densiti dell'aria secca da 10 a 34°C e da 720 a 780 "'"'Hg


in Kg/m 3

Temperatura t 0
c
H
10 12 14 16 18 20 22 24 211 28 30 32 34
mm Hg

720 1. 182 1. 17 3 1. 16 5 1. 157 1. 149 1. 141 1. 134 l. 121\ 1. ll8 1. 111 1. 104 1. 097 1. 090
730 1. 198 1. 190 1. 181 1. 17 3 1. 16 5 1. 157 1. 149 1. 142 1. 134 1. 126 1. 119 1. ll2 1. 105
740 1. 215 1. 206 1. 198 1. 189 ] . lRl 1. 173 1. 165 1. 157 1. 149 1. 142 1. 134 1. 127 1. 120
7 50 1. 231 1. 222 1. 214 1. 205 1. 197 1. 189 l . 181 1. 173 1. 165 1. 157 1. 150 1. 143 1. 136
760 1. 247 1. 239 1. 23r 1. 221 1. 213 1. 205 1. 197 1. 189 1. 181 1. 173 1. 16 5 l. 158 1. 150
770 1. 264 1. 255 1. 24/J 1. 238 1. 229 1. 221 1. 212 1. 204 1. 196 1. 188 1. 180 I. 172 1. 164
7RO 1. 2RO 1. 271 1. 26 2 1.254 1. 245 1. 236 1. 228 1. 220 1. 212 1. ?.04 1. !SE ] .188 1. l.R l

~1. He rtolotti - T. Pi! '.' ·' - O. :fotte ·· Metodi d ' osse r va1.iu"e e m1 s;ir.:i Di s µ . ,[.6

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- 3 62 -

lABELLA XII

Densita' dell'aria e pressione atmosferic a


al variare della quota

Altezza 1n I<m Pressione 1n Densi t i


dal livello del ma re mmHg Kg/m 3

o 760 1220·10- 3

10 210 425·10" 3

20 42 92·10- 3

30 9. 5 19·10" 3

40 2. 4 4. 3. 10- 3
1
50 7.5·10- 1.3·10" 3

60 2. 1. 10 - 1 3.8·10- 4

70 s. 4 · 10- 2 l.'2·10" 4
2
80 l.0·10- 2.5·lQ" 5

90 l.9·10- 3 4·1(1-B
4
100 4.2·10- 8·10- 7
4 7
110 1. 2·10- 2.0·10"

120 3. 5·10- 5 5.0·10- 0


5 0
130 1. 5·10- 2.0·10-

140 7·10-'3 7·10- 9

150 3 ·io- 'I 3·10" 9

115 o 2·10-'I l.5·10- 9

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36 3 ..

TABELLA XIII

Densita' p di ga s a 0°C e 760 mm 11 g e di vapori saturi a vane temperature


3
in Kg'/m e densi ta' dr relati va all' d ri a a 0°C e 760 mm'Hg

p dr p dr

Ari a 1. 293 1.000 Elio o. 178 o. 138


Anidride cart.onica 1. 97" 1. 5 29 Etere etili CO a 20°C 1. 9 1. 43
Azoto puro 1. 251 o. 9117 Gas il lumin ante "-0. "' 8 0.525
Il at mo sf e rico 1. 257 o. 97 2 Idrogeno 0 . 089 o . oi:.9
Ammoniaca o. 771 o. 59" Metano o. 717 o. 554
Alcool etilico a 20°C o . 11 O. 8 58 Neon 0.898 o.i:.9s
Hen z o lo a 20°C 0.4 0.309 Ossi geno 1. 429 1. 105

TABELLA XIV

Viscosita' ussoluta, 111 poisc, e relativa, dell 'a cqua distillata


a di verse tempera ture

TJ assoluta
Tempera tura TJ relativa
(poise)

00 o. 017921 1. 000
50 o. 015188 o . 843
10° o. o 13077 0.730
15° o. 011404 o. i:,37
20° 0.010050 o . si:. 1
30° o. 008007 O. 44i:,
50° o. 005494 o. 307
70° o.00 4o q o . 22.;
100.~- 0. 002838 o . 158 -

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


.3 6 4 -

TAeELLA XV

Viscosita' a ,; soluta , in poise , e relativa, di alcuni l ic;ni :.l i


alla temperatu r a di 0° e di 20°C

a 00 a 20°

Li 4uirii 1) assoluta T) assoluta


T) rel ativa T) relativa
(poi se) (poise)

Aceto11 e 0.00395 o. 217 o. 00292 o. l l:i .i


Acqua O. 01792 1. 0()0 o. 01005 o. 561
Alcool etili co o. 1117 90 0.949 0.01716 o. 964
Anilina 0.08650 4.859 o. 04400 2.450

Ben zolo -- - 0.00654 0.357

Cloro formi o o. 007 06 o. 391 o. 00571 n. '· 15


Glicerina - - 14.9 9000 83 :?.. 640

Me rcur i o 0.01 68 0 0.949 o. 01550 O. 927

Olio d ' oliva - - n. A:l,OOG 46. 922

Toluolo 0 .0 0772 0.429 o. 00 590 o. 327


Xi lo lo (orto-) o. 01105 0.615 o. 00810 o.+so

TAllELLA XVI

Viscnsita' assoluta, in poise, di a1c•1ni g as,


alla temperatura di 0° e di 20°C
0
(Per l'aria si :,a T)t = 0.000ill240-0 . 000000493 • (23°-t l

Gas 00 20°

7 7
,\r i A 1772•10- l!Hfl· 10-
7 7
Az:oto 1670• 10- 1823· 10-
7 7
El i r.: 1891•10- 1989 ·10-
I.:!1·o;) en o fl .w · 10- 1 930· 10- 7
7 7
~l~ra11 c1 lO ::S3 · 10- l 20 l · lo -
7 7
t\p():t :29Rl·I0- 323 0· 10-
Ossi :;cn0 193'1· 10- 7 20150· 10- 7

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


.. 36 5 "

TABELLA XVII

le111 pci· atu.ra cli fusione t e di ebollizione t e


1
d i varie sost :rn7-e a 76 0 mmHg in °C

tf te
--~

Acqua o 100
-\l lumi r. i o 6 59 . 7 1800
Azoto -2 09.86 -19 5. 8
!\r ge 11 to 960 2000
Benzolo 5. 48 8 O. 5
Canfora 1715 2oi
Carboni o >3500 4200
Clo r 11 ro ,Ji po tassi o 768 1415
Cloruro Ji s oJ io 800 1442
Ferro 153 5 3000
Ip osolfito di sodi o 48.16 -
Ma g ne.:; io 650 1120
Mercurio - 38 . 9 3 57 . 2 5
Naf t.,nlin ;; 80 217
Neon -248.67 - 245 . 9
Nichel 1455 290 o
Nitrato di sod io 310 -
Ossi geno -218 . 4 - 18 3
Ottone 900 -
Oro 1063 26 00
Piombo 327 1525
Platino 1773 . 5 4300
!:lame 108 3 2292
Sala l o 43 17 3. 12
Solfato di pot:lssio 586 1067
Stag no 2 31. 8 2218
Tungsteno 3350 48 30
Zinco 419 . 5 9 07
Zo l io (ro mbico) 11 2 . 8 444. 6
Il (mono clino) 119 . o -

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366 -

TABELLA XVIII

Coefficiente di dilat c. zione termica lineare di alcuni solidi

Intervallo di validitb'
in oc
Elemento À.

Alluminio 21i· 10'' 13 o- 100


Antimonio 11. 4 20
Argento 19 o- 100
Arsenico 4.7 20
Berillio 12 -
Bismuto 13 .4•10- 6 17 - 100
Cadmio 31 50
Calcio 25 o- 21
Diamante 0.9 20
Carbonio
Grafi te .1 20
Cohal to 12 .3 20
Ferro 11. 7 20
Fosforo 125 ?O
Gallio 55 20 - 30
Indio 33 20
Iodio 93 20 - 100
Iridi o 6.5 20
Litio 56 20
Magnesio 26 o- 100
Manganese 23 o- 100
Molibdeno 5 o- 100
Nichel 13 o- 100
Oro 14 17 - 100
Osmio fj. 1 o- 100
Palladio 11. 8 o- 100
Piombo 29 17 - 100
Platino 8.9 20
Potassio 8.3 20
Rame 16.6 20
Silici o 3.6 18 - 950
Solfo (rombico) 64 40
Stagno 20 20
Tungsteno 4 20
Zinco ?6.30 -

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• 31) 7 ..

TABELLA XIX

Tensione TT del vapor d ' acqua saturo · in mmHs a varie temperature

oc 7f oc 7f oc 7f oc 7f oc · 7f

o 4 6 10 9. 2 20 17 . 5 30 31. 8 4.0 55 . 3
1 4.9 l1 9.8 ?'l
- 18 . 7 31 33.7 50 92 . 5
2 5.3 12 10 . 5 22 19 . 8 32 35.7 60 149 . 4
3 5.7 13 11. 2 23 21.1 33 37.7 70 233 . 7
4 6 .l u 12.0 24 22 . 4 34 39.9 80 355 1
s 6.5 15 12 . 8 __,
?C 23.8 35 42.2 90 525 8
6 7.0 16 l 3. 6 26 25 2 I 36 44.6 100 760 . 00
7 7.5 17 14.5 27 26.7 37 47.1 150 3570 . 5
8 8. 0 18 15. 5 28 28 . 3 38 49 . 7 200 11659 . 2
9 8 .6 19 16 . 5 29 30 . 0 39 52 . 4 300 64432 . 8

TAP.ELLA XX

Tensi o ne di vapori saturi in vari.e t e mperature

Temperatura oc 00 10° 20° 30° 40° 50° 60°

Alcool etilico C2 H6 0 12 24 44 79 13 5 222 353


Benzolo Cgll, 27 45 75 ' 118 181 269 389
Etere etilico C4ll 100 185 292 ·142 648 921 127 ,., 1728
,\ni dride c~rhon. CD2 26142 33763 42959 54086 - - -

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• 3 68

TABELLA XXI
Tens ioni di vapore di gas in funzione <lella temp é.ra tn.ra
4
He H2 nor ;;n le N? 02
p (mm Hg)
,___ __ ·- -
800 4· 2652 o l\ 20· 56 ° K 90·69
780 4·2381 20 · 48 77. 58 o K 90·43
760 il,· 210 5 20·3Q 0 77·364 90· 113
740 4·1824 20·30 77· 14 89· 93
720 4·153 8 20 · 21 76·91 89·67
700 4 · l '.2 ·t 6 20· 11 76· 67 89· 41
680 4·094 8 20·02 76·43 89·14
660 4·0645 19·9 2 76. Hl 88· 36
640 I 4·0335 19·82 5 76·93 iHl. 5?.
620 4·· 001 8 19· 72 7 5· 68 88·~')

600 3·96 ì4 1
19·62 75 . .11 87 · 99
580 3· 9363 19· 52 7 5· 13 [l7·6(j
560 3·9024 10: 41 74· 85 ~ 7. 38

540 3·1367 8 19· 30 74· 56 R7·06


520 3·3 320 19·18i; 74· 27 86·72
500 3·7954 19·06 73·97 86·37
480 3·757 8 18·945 73·66 86·01
460 3·7191 18·82 73· :14 8 5· GS
440 3·6792 18· 69 73 · CO 85·2<1
420 3·63R2 18· 55 72· 66 84·89
400 3 · 5951 18·40 5 72·30 84·48
380 3· 551 8 18· 26 71 · C)2 84· Ot;
360 3·5064 18· ll 71 · 54 83· 62
34.0 3·4591 17· 96 71·13 83·16
320 3·4100 17·79 70·70 82·6R
300 3· 358 7 17. 62 70· 2 5 82· l!.l
290 3·3322 17·53 70·01 8l·n
2 80 3·:3051 17·43r; 69· 77 Bl · t55
270 3•2773 I
17·34 69· ·53 8 J • 1;5
26 0 3. 248 2
I 17•25 6Q·2f! P. l·IÌ°?

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- 369 -

TABELLA XX I ( seg u e)
4
He H3 norma l e N2 02
p (mm Hg)

2 50 3·2 19 6 o K 17·1 5° K 69· 02° K 80·78


2 40 3·1 895 17 . o5 68 . 7 5. 80. 48
230 3·1 58 6 16 ·94 68 . 48 80· 16
22-0 3· 126 6 16· 835 68 · 18 79· 83
210 3· 0940 16· 7 15 67· 88 79 · 49
200 3·06Q1 16. -60 67· 57 79 · 14
19 o 3·0 251 16· 485 67·-2 5 78·77
180 2 · 988 6 16. ·36 5 66 · 91 78 · -39
170 2· 9512 16· 23 66· 56 77. 98
160 2· 9119 16· 10 66·2 0 77· 57
150 2· 8710 15 ·95 65 · 81 77·13
140 2·8282 15· 80 65. 42 76 · 65
130 2·7833 15· 64 64 · 98 76 · 16
120 2· 7359 15 ·47 64 ·5 2 75 · 64
llO 2 · 6859 15· 29 64· 03 75·08
100 2· 632 6 15·1 o 63·-50 74·47
90 2·5755 14· 89 62· 94 73·8 0
80 2·5 140 14 · 68 62 . 39 73·09
70 2· 4470 14·42 61· 77 72 · 29
60 2· 3730 14· 15 61·0 6 71 · 39
50 2: 2900 13·83 60·24 70·39
45 2 · 2441 13· 67 .. 69·81
40 2· 1945 13 . 51 59·28 69 · 15
35 2· 140 6 13· 30 .. 68· ·46
30 2. 0819 13·09 58 · 08 67·-67
25 2·0161 12 · '85 .. 66·74
20 1· 9422 12·57 56· 48 65·67
,.---.....
18 1·908 8 12 · 43 .. 65· 17
16 1· 872. 7 12·28 55·65 64·59
14 1·8333 12· 115 .. 64· 00

M.Berto l otti - T.Pap a · D. Sette - Metodi d' o sservazione e m1 sura Disp . 47

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- 37 o -

TABELLA XXI (segue )

4
He H2 norma l e N2 02
.
p (mm Hg )

12 . 1·78 9 4 o K 11·92° K .. 6 3 ·32


10 l · 7 399 11 ..72 .. 62 ·50
9 l · 712 4 11 ··59 .. 6 2·07
8 1·6825 11· 47 .. 61 · 58
7 1·649 6 11· 34 .. 61·o1
6 l·t>l3 0 11 · 17 .. 60· 3 9
5 l · 5714 : 10· 98 .. 59 ·68
4 l · ·522 9 10·76 -. 58 ·80
3· 5 1·4951 10·64 .. 58·2 9
3·0 1·4641 10·50 .. 57· 73
2· ·5 1· 4287 10·32 .. 57 · 06
2·0 l·-3873 10 · 12 .. 5 6· 28
l·5 1·336 8 .. .. 55·2 8
1·0 l · 270 8
0·9 1·2 54 6
0:8 l · 2 36 8
0·7 1·2172
o: t) l · 1 %2
O· 5 l · 1 700 - ..
0· 4 l · 1 404
O· 3 l · 1042
0·2 1·0563
0·1 0·9824
0·08 O· 960 4
0·06 0·9334
0·04 0·8 97 6
0·02 O· 841 6
O· 01 0· ·7915

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• 37 1 -

TABELLA XXII

Temperatura di Debye eDper vari metalli

eD ( oK) metallo

201 Na
333 Cu
223 Ag
175 Au
395 Al
472 Ni
86 Pb
333 w
228 Ta

TABELLA XXIII

Hesistivita' elettrica di varie sostanze a 20°C


e coefficiente di temperatu .r a

Coefficiente di
Sostanz a P(D ·m) a 20 °C
temperatura ( oc r1
- 8
Alluminio 2 . 8·10 3 . 9·10 - 3
1 . 6 · 1 o-
8 3
Arg ento 3 . 8·10 -
. - 8 6
Cost a nt an a 44 . 2·10 10 -
Fe rro 10 ·10- 8 5 . 0 '. 1 o- 3
:\1a n'ga n i na 44·10 -. 8 1 o- 8
7 . 8 1 o-
8
Nic hel 6·1 0- 3
P l a tino 1 o .1 o- 8
3 . .9·10- 3
3 . 9. 1 o- 3
. - 8
Ram e 1 . 7 · 10
Tun gst e no 5 . 6 ·1 0- 8 4 . 5·10 -
3

NaC l fuso 2. 5 ·10- 3 -


1 2
NaC l (soluzio ne 1N ) 1 . 4·10 - - 2 . 5 · 10 -
5
Acq u a p ur a 2 . 5·10 - -2
(ierma nio 0. 5 - 0 . 5 · 10
13
E ban i t e 2·1 0
lol fo 101 5
Po l istirene 101 5
Micalex 10 11
Qu ar z o f uso > 5·1 0 19

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TABELLA XXIV

f . e . m. termoelettriche in millivolt - Giunzione fredda a 0°C

giunzione platino- platino- c romel - crome l - 80 + 20% ni- ferro-con- rame - con-
calda - tem- 10% rodio 13 % rodio alumel constantana chel+cromo - stantana stantana
per i:! turci °C + platino +platino constantana

- 183 - - - 5. 48 - 8.25 - 5.17 - 7 . 83 - 5.26


- 80 - - - 2 . 87 - 4 . 26 ..3.13 - 3.93 - 2.76
100 o. 642 0 .6 44 4.10 6 . 32 4 . 79 5. 40 4.28
200 1 . 435 1. 46 3 8. 13 13 . 42 10 . 32 10.99 9.29 w
-..i
400 3.249 3 . 397 16.40 28 . 95 22.84 22 .. 07 20 . 87 N>

800 7. 339 7. 952 33 .3 0 61.08 50.79 45 . 69 -


1200 ll . 946 13 . 222 48 . 89 - - - -
1600 16 . 770 18 . 855 - - - - -
1700 17.922 20 . 202 - .. - .. -

intervallo 0°C 100 °C - 200 °C - 200 °C - 200 °C .. 200 °C - 200 °C.


normale a a a a a a a
d ' uso 1400°C 1700°C 1200°C 800°C 800°C 750 °C 350°C
- 37 3 -

- TABELLA XXV

Accelerazione di gravita' in varie l ocali ta'

2
Locali ta' Valore di g {m/sec )

Roma 9 . 80367

Milano 9 . 80569

Parigi 9. 80943

Vienna 9.80860

Copenha gen 9 . 81559

Greenwi c h 9 . 81188

Amsterd a m 9 . 81288

Lisbona . 9 . 80088

Budapest 9. 80852

Ginevra 9. 80 592

Tokyo 9. 79801

Ci tta' del Capo 9. 79657

Melbourne 9 . 79987

Ottawa 9 . 8 0618

New York 9.80344

Washington - 9 . 80112

San Francisco 9. 79965

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TABELLA XXVI

2
Conducibilita' termica k di alcune sostanze solide in cal cm/s cm °C. k esprime
il numero di calorie trasmesso in un secondo attraverso un campione della so -
2
stanza avente spessore di 1 cm e sezione di 1 cm , quando tra le due facce esi-
ste la differenza di temperatura di 1 °C e in assenza di perdite laterali

Sostanza k Sostanza k Sostanza k

Acciaio o>108 Argentana 0 , 080 Amianto 0.0005


Alluminio o. 500 Bronzo 0. 260 Ardesia 0.0047 w
Antimonio 0 . 044 Oro o. 7 03 Carta 0 . 0003 .,....,
Ar gento 1. 006 Piombo 0. 082 Cemento 0 . 0007
Ferro puro 0 . 159 Platino 0 . 168 Feltro 0 . 0001
Ferro forgiato 0.144 liame 0 . 940 Ghiaccio 0 . 0050
Ghisa o. 112 Stagno 0.150 Legno 0.0005
Magnesio 0 . 376 Tungsteno 0.350 Marmo o. 0071
Mercurio 0 . 017 Vetro ordinario 0.002 Segatura 0.0001
Nichel 0.141 Zinco 0 . 263 Sughero 0 . 0002
•3 7 5 -

TABELLA XXVII

Calore specifico a pressione p costante di solidi , liquidi e gas a 20°C


in cal/g°C e rapporto y= cp/cv sperimentale

Solidi e Liquidi e Gas e vapori e y


p p p

Alluminio 0.217 Acetone o. 528 Acetone o ; 383 -


Amianto 0.19 5 Acido solforico 0 . 334 Acqua o . 488 1 . 324
Antimonio o. 050 Acqua 0 . 9987 Acetilene 0. 383 1. 26
Argento o. o 56 Alcool etilico o. 573 Anidride carbon . 0 . 199 1. 304
Bismuto 0.029 Alcool metilico 0. 600 Argon 0 . 125 1. 67
Costantana 0 . 098 Alcool propilico o. 586 Aria 0. 2378 L 401
Crown 0 . 161 Anilina 0 . 496 Azoto o ' 247 1. 404
Ebani te 0 ; 34 Benzolo , Benzina o . 42 Benzolo 0 . 301 ..
Ferro 0 . 115 Clorofo rmi o 0 . 226 Cloroformio 0 . 145 1 . 150
Flint 0 . 117 Essenza tremen t. o. 42 Etere etilico 0 . 44 5 1. 080
Le gn o secco "'0 . 6 Etere etilico 0 . 54 Elio 0 . 990 1 . 400
Nichel 0 . 108 Glicer in a o . 58 Idrogeno · 3. 389 1 . 410
Oro 0 . 031 Mercurio 0 . 033 Me r curio - 1. 67
Ottone , Bronzo 0.09 Olio d ' oliva o . 42 Metano 0. 593 L 310
Pi ombo 0.031 Petrolio o. 50 Ossigeno o . 218 1. 401
Plat i no o . 032 Solfuro di carb . 0 . 218 Solfu r o di carb . o . 157 ~

Porcellana 0.260 Toluolo 0.403 Tetracloru r o di


Rame 0.093 Xilol o 0 . 397 carbonio o . 140 1.13
Stagno o .057
Sughero o. 49
Vetro da term 0.20
Zinco 0.095

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


TABELLA XXVII I

3 2
Modulo di trazione E (in 10 new /mm ); modulo di scorrimento G
3 2 3 2
(in 10 new/mm ) e carico di rottura T per trazione (in 10 new/mm )

E G T

Acciai ·"' 210 70 + 80 ·"' 600


Alluminio 70 23 -;. 27 "' 250
Iridio 530 - - w
-..I
a..
Legni "' 10 - "' 9
Nichel 230 78 "' 700
Ottone 90 34 -;. 37 "' 450
Piombo "' 12 .. 10 + 20
Quarzo amorfo 69 - -
Rame crudo 120 39 + 48 "' 350
Vetro 50 + 80 - "' 15
Zinco 90 40 "' 200
- 377 -

TABELLA XXIX

C.Ostante dielettrica relativa per varie sostanze ~./-'~

Benzene 2.284 20°C


Acqua 80 . 37 20°C
Tetracloruro di carbonio 2 . 238 20°C
Arsenico 2.50 -100 °C
Bromo 3 . 09 20°C
Cloro l. 91 14°C
Elio 1 . 05 5 2 . 06°K
Ammoniaca 16 . 9 25°C
Naftalina 2 . 52 20°C
Mica 5.7 + 8 0°C
Nylon 3. 5 20 °C
Paraffina 2. 0 + 2. 5 20°C
Asfalto 2. 5 0°C
Bakelite 5. 6 + 7 0°C
Carta impregnata per cavi 3 . 2 + 3. 8 0°C
Cartone compresso secco 3 0°C
Ebanite 2 . 55+3 . 15 0°C
Gomma elastica vulcanizzata 3 + 4. 5 0°C
Guttaperca 3 + 3.6 0°C
Olio da trasformatori 2 . 21 0°C
Paraffina 2 + 2. 3 0°C
Resina 2. 5 0°C
Tela verniciate 4 . 5+5 . 5 0°C
Vetro 5 + 10 0°C

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


• 3 7 8 ..

TABELLA XXX

Susccttivita' magnetica per alcune sosta nze

Sostanza Xm X 108 (unita' MKS)

He - 0 . 59
Ne - 0 . 33
{
Na +0 . 64
Mg +0 . 69
Al +O . 81
Si - 0 . 16
Cr +0 . 44
Mn +0. 97
Cu - o. 10
Zn - O. 19
Ge - 0 . 15
Mo +0 . 93
Ag - 0 . 23
Xe - o. 42
Cs - o. 27
La + l. 01
Pt +l. 21
Au - o. 1 7
Pb - o.15
Bi -1. 69

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


TABELLA XXXI
:;::: C.Orrezioni dovute all a t emperatura sul l e letture barometriche
l? Per ri durr e la lettura di un barometro a mercurio con scala di o ttone a 0° C si sottragga la quantit~
...o
>;
appropriata nella tabella , Le corr e zioni son o in milli metri
.....
o
...
.... Temp .
oc
Altezza osservata in ..
. .. 620 630 640 6 so 660 670 680 690 700 710 7 20 7 30 7 40 7 so 760 770 780 790

:-'
o o . oo o. o o 0.00 0. 00 0 . 00 0 . 00 0 . 00 0 . 000.00 0.00 o . oo o. oo 0. 00 o. oo o . oo o . oo o . oo 0 . 00
1 • 10 . 10 • 10 • 11 • 11 . 11 • 11 . 11 . 11 • 12 • 12 . 12 : i2 • 12
.,'ti 2 • 20 . 21 • 21 • 21 • 22 • 22 • 22 • 23 • 23 • 23 . 24 . 24 • 24 • 2s
• 12
• 2s
• 13
•2s
• 13
• 2S
• 13
• 26
"O 3 • 30 • 31 • 31 • 32 • 32 • 33 • 33 • 34 • 34 • 35 • 35 • 36 • 36 • 37 • 37 • 38 • 38
"' 4 • 40 • 41 • '44 • 39
• 4.2 • 42 • 43 ' 44 • 45 o 46 • ~6 • 47 • 48 • 48 • 49 • so • 50 • 51 • 52
.or:n 5
6
o . Sl
. 61
o. 51
. 62
o; 52
. 63
0;5 3
• 64
0 ; 54
• 6S
0. 55
. 66
o. S6 o; S6 o; 57
. 67 . 68 • 69
o; 58
. 70
o. S9
• 71
o. 60
• 71
0 . 60
• 72
o. 61 0 . 62
. 73 . 74
0. 63
.7S
0.64
.76
0. 64
. 77
......
Cl)
7
8
• 71
. 81
• 72
• 82 .
, 73
• 84
, 74
• B5
•7 5
; 86
. 77
•. 87
. 78
. 89
• 'f9
~ 90
. 80
.91
• 81
• 93
. 82 . 83 • 85 • 86 • 87 . 88 • 89 . 90
Cl)
. 94 . 95 . 97 • 98 • 99 1.01 1. 02 1.03
9 .9 1 • 92 • 94 . 9S . 97 . 98 1.0 0 1. 01 1, 03 1. 04 1. 06 1. 07 1. 09 1 .. 10 1.12 1. 13 l. l S l. 16
10 1. 01 1.03 l. 04 1. 06 l. 08 1. 09 Lll l.13 1.14 l. 16 1.17 1.19 1. 21 1. 22 l. 24 l. 26
;;: l. 27 l. 29
11 1.11 1.13 1.1 s l.17 l. 18 1. 20 1. 22 1. 2 4 1. 26 1. 27 1. 29 l. 31 l. 33
...o
Cl)
12 l. 21 l. 23 l. 25 1. 27 l. 29 l. 31 l. 33 1. 35 1. 37 l. 39 l. 41 1 . 43 I. 45
1. 3S 1. 36
l. 47 1. 49
l. 38
L 51
l. 40
1. 53
l. 42
L S5
13 1. 31 1. 34 1. 3·6 ( . 38 l. 40 1. 42 l. 44 I. 46 1. 48 ...,,
."'"-. . 14 1. 41 1. 44 1.• 46 1. 48 l. Sl LS3 I; S5 L 57 1.60
L 50
l. 62
l. 53
1.64
L 55
. 1.67
l. 57
1..69
1. 59 l. 61
1. 71 1.73
1. 63 1. 65 l. 67 ""'
1. 76 1. 78 l. 80
.:>..
15 L 52 l. S4 l. 56 l. 59 1.61 1.6 4 1. 66 1. 69 l. 71 1. 7 4 l. 76 1. 78 l. 81
"'
o l. 83 1.86 1.88 1.91 1.93
16 1. 62 1 ." 64 1 .67 1. 69 l. 72 l. 7 5 1. 77 l. 80 1. 82 l. 8 5 1. 88 1 . 90 1 . 93 1. 96 l. 98 2. 01
to
17 1. 72 1. 7 4
2.03 2,06
(/) 1. 77 1. BO 1. 83 1. 86 l. 88 L91 1.94 1 . 97 1. 99 2.02 2. 0S 2 •. 08 2 . 10 2. 13 2. 16 2 . 19
Cl)
18 1. 82 1. 8 s l. 88 1. 91 1. 93 1. 96 1. 99 2. 02 2. os 2 . 08 2. 11 2 . 14 2 . 17 2 . 20 2.23 2.26
>; 2 . 29 2 . 32
.,< 19 l. 92 l. 9S l. 98 2 . 01 2 . 04
.. . . 20 2.02 2. o s 2 . 08 2.12 2.15
2. 07
2 . 18
2 . 10 2 . 1.3 2. 17
2. 21 2 . 25 2. 28
2 . 20
2. 31
2. 23
2. 34
2. 26
2 . 38
2 . 29
2 . 41
2.32 2. 35
2.44 2 . 47
2 . 38
2 ; s1
2 . 41
2; S4
2 . 44
2 ; 57
o
::s
21 2.12 2:rs · 2: 19 2.2~ 2. 26 2. 29 2. 32 2 . 36 2 . 39 2 . 43 2. 46 2. so 2 . 53 2; 56 2 . 60 2. 6 3 2. 67 2 . 70
22 2. 22 . 2 .26 2 . 29 2. 33 2. 36 2. 40 2 . 43 2 . 47 2; s1 2 ; 54 :L 58 2 . 61 2 . 6S 2. 69 2. 72
Cl)
23 2. 40. 2 . 76 2 . 79 2.83
2. 32 2.36 2. 43 2 . 47 2. Sl 2 . S4 2 . 58 . 2 . 62 ' 2. 66 2 . 69 2.73 2. 77 2. 81 2 . 84 2. 88
Cl)
24 2. 42 2 . 46 2 ; so 2.S4 2 ; 58 2. 92 2 . 96
2. 62 2. 66 2 . 69 2. 73 2. 77 2 . 81 2 . 8S 2 . 89 2 . 93 2 . 97 3. 01 3. 0S 3. 08
....3 . 25 2. S2 2 ; 56 2. 60 2. 6 4 2 . 68 2 . 72 2 , 'f7 2. 81 2. 8 5 2 . 89 2. 93 2. 9'7 3. 01 3. 05 3 . 09 . 3. 13 3. 17
(/)
26 2.62 2 . 66 3 . 21
e 2. 71 2. 7 5 2. 79 2. 8 3 2. 88 2 . 92 2 . 96 3. 00 3. 04 3. 09 3. 13· 3. 17 3. 21 3. 26 3.30 3. 34
.,
>; 27
28
2. 72 . 2 . 77 2 . 81 2. 85 ~ ; 90 2; 94 2 ; 99 3: ()3 3; 07 3. 12 3. 16 3. 20 3. 2 5 3. 2 9 3. 34 3. 38 3. 42 3 . 47
2.82 2.87 2 . 91 2. 96 3. 00 3. 0S 3. 10 3, 14 ' 3. 19 3. 2 3 3. 28 3. 32 3. 37 3. 41 3. 46 3. Sl .
29 2. 92 2. 97 3. 02 3. 55 3 . 60
3. 06 3. 11 3. 16 3. 21 3. 2 5 3. 30 3 •. 35 3. 39 3. 44 3. 49 3. 54 3. SB 3. 68 3 . 72
.3. ? 3
. 30 3.02 3.07 3 . 12 .
....::i 31 3. 12 3. 17 3; 22
3. 17 3. 22
3. 27 3. 32
3. 27
3. 37
3. 32 3. 36 3. 41
3, 43 3 . 48 3; s3
3. 46
·3. 58
3. Sl
3. 63
3; S6
3 , 68
3. 61 3. 66 3 , 71 3. 7 !i :L eo · 3.BS
(/)
32
3. 7 3 3. 78 3. 8 3 3. 88 3. 93 3. 98
"O 3. 22 3. 28 3. 33 3. 38 3. 43 3. 48 3; 54 3; 59 3. 6 4 3. 69 3. 7 4 3. 79 3. 85 3. 90 3. 95 4. 00
33 3. 32 3.38 3. 43 4. os 4. 11
3. 48 3. 54 3. S9 3. 6 4 3. 70 3; 7 5 . 3. 81 3. 86 3. 91 3. 97 4 .. 02 '. 4-. 07 4. 13 4. 18 4 . 23
34 3.42 3. 48 3; S3 3; s9 3. 6 4 3. 7 o 3. 75 3. 81 3. 87
""'
CX>
. 35 3; 52 . 3; 50 i3 . 64 3. 69 3. 7 5 3. 81
3. 92 3. 98 4. 03 4. 09 4. 14 4. 20 . 4,.2·s 4. 3-1 4. 36
3. 86 3. 92 3. 98 4. 03 4. 09 4. 15 4. 21 4. 26 4. 32 4. 38 4. 43 4 . 49

'
r
- 38o -

TABELLA XXXII

Tensione superficiale T di liquidi e solu~ioni , a .contatto


con l'aria , a 20 °C in dine/cm

·r T

·Acetone 23 . 70 Etere etilico 17 00


Acqua 72.35 Glicerina 64 . 35
Alcool etilico 22.30 Mercurio 505 . 00
Alcool metilico 2L60 Olio d'oliva 35 . 40
Anilina 45 . 90 Toluolo 28 . 43
Benzolo 30. 20 Xilolo 30 . 20
Cloroformio 27 . 10 Etere et . 1 g Acqua 99 g 66 . 10
n n
NaCl 1 g Acqua 99 g 71.11 5 g 95 g 54 . 20
n
" .3 g Il
97 g 67 . 85 Il
10 g 90 g 45 . 90
n n
6 g 94 g 62 . 95 Il
25 g
Il
75 g 34 . 10
n n n n
12 g 88 g 53 . 20 75 g 25 g 24 . 70

TABELLA XXXIII

VeLocita' v del suono in m/s in solidi, liquidi e aeriformi ..


Solidi e liquidi a 15°C, aeriformi a 0°C

Solidi V Liquidi V Gas e Vapori V

Alluminio 5104 Acqua 1437 Alcool etilico 23 0, 6


Ferro 5000 Acqua di mare 1460 Anidride c a rbon. 258' o
Legno 11 fibre 4500 Alcool etilico 1220 Aria pura secca 331, 6
Legno ..L fibre ""' 1500 Benzina 1166 Etere etilico 179' 2
Marmo 3810 Clorofo.rmio 983 Idrogeno 121) 9' 5
Piombo 1227 Etere etilico 1032 Metano 432 , 0
Platino 2690 Ossido di car bon . 337 ' ()
Rame 3560 Os sigeno 317 ' 2
Vetro ""' 5500 Va por d' ac qu a 401 , 0

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- 38 1 -

ERRATA CORRIGE

Errata Corrige

pag . 17 riga 6
Il
Il
19 5 dal basso voltmetro val tame tr o
frequenza
34 fig . 2 in ordinate frequenza • 10

-15 riga 1 ç.t


Il
51 " 12 indip endenti indipendenti a valore
medio nullo
7
56 fig. 2 K np = - = 2. 333 K = np 2. 333
3 3
58 riga 5 di n di m
Il
60 9 dal Lass o dN dN/ dt
2 2
61 " 13 " Il
a = n = 4 a =m=4

69 92 o 93 o 94 , etc. vanno letti 99 o 999 o


9999, etc.
70 fi g. 8 n = 24. 6 m = 24. 6

X- n X- m
Il
70 asciss e- z = --- Z= - -
a

t
Il
71 riga 3 dal Lasso Eri Iz + ;: I Er I Iz + r I 2
2
1
73 19 con 11 in tera é (t · 11
2) con n magg iore di uno é
superiore od uguale a

( t -nt2)
83 fig.12 ordin a te pro bab ilita' densita' di probabilit a'
(si noti che l e due cur -
ve non hanno la stessa
scala delle ordin at e)
85 13 ordinnte proLabi lit a' densita' di probabilita'
88 ri ga 5 dal hass o n n1

90 13 questo qu esta med i a


118 17 0 . 000 1 mm o. o1 mm

129 f ig.19 e1• C2, rl, r2 e 2' e 1 • r2 , r l


t !:; t;
12 9 r iga 4 dal basso ·· - - - ' - - - --
I f ~l2 I 1; 1~

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- 382 -

Errata Corrige

pa~.129 f ormula (14) ( n - 1)

n 137 riga 12 microscopio é microscopio , essendo y 2 la


dimensione linear e della
immagine , é :
n
148 7 piccoli stretti
n
149 4 dal basso sen i CO S i
n
157 fig.42 e.e ' i, i
n 162 " 48 F T
n
182 riga 1 l1= l 2=1
n
182 15 o cresce o- cresce

" 184 righe 5, 6, 11 o (j

n 187 formule ( 2) (;t_ a. -1


n
219 riga 20 V(Ì\) W( Ì\ ) dÌ\

l l .'
" 229 " 4 Il
e
" 5 l = l l'
" 229 e
Il .•

d s
n 3 dal basso
277 o- . = - o-.= -
t
si t di

" 290 4

t 2 dr.
" 294 " 7 dal basso F = ••• = - - V - F= .. ..
2 dx

" 300 righe 7 , 17 , 25 V1, V2

" 301 riga 8 dal basso m= . •. =-~

t
o [C(e)
o ]
1
2

= •• • m= ... =- :e[: c~:JJ=


s
n n
306 8 i t
X %
d (j d o- .
gi t

2
" 32 0 " 19 I R
n
338 " 21 ie

La cultura è un bene dell'umanità (fantomasping@libero.it)


38 3 ..

I N D I C E

T E O R I A

Capitolo I
SIGNIFICATO DEL METODO SPERIMENTALE

I.i Concetto di misura Pag . 3

n
I . 2 - Misure dirette ed indirette 4

Il
I . 3 - Grandezze fondamentali e grandezze derivate. Dimens i on i 5

n
I . 4 - Cambiamento de lle grandezze fondament~li 8

n
I . 5 - Sistemi di unita' di misura 11
n
I.5.1 - Sistema c . g . s. es. 13
n
I . 5 . 2 - Sistema c. g . s . em. 15
Il
I. 5 . 3 • Sistema di Gauss 17
Il
I. 5. 4 Evoluzione delle unita' elett:r;iche . Sistema pratico 18
n
I. 5 . 5 .. Sistema tecnico o degli inge gneri 20
n
I. 5 . 6 - Sistema Giorgi (o MKSA) 20
n
I. 5.7 Sistema Internazionale (SI) 22
n
I. 5. 8 Razionalizzazione dei sistemi di unit i 23

Capitolo II
ERRORI DI MISURA

II . i - Introduzion e Pag . 26

n
II . 2 - Errori sist em a t ici 27

n
II .3 - Errori ca s uali 29

II . 4 - Presentazio ne dei ·dati .." Curve di d is tribuzione . Valor me -


Il
dio e s car ti 31

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38 4 -

Capitolo III
TEORIA MATEMATICA DEGLI ERRORI

III . 1 - Nozioni di calcolo delle probabilit~ Pag . 38


III . I . 1 - Probabilita 38
III. 1 . 2 Definizione assiomatica di probabilita 43
Il
III. 1 ; 3 - Variabili aleatorie 47
Il
. III . 1 . 4 Probabilit~ continua 47
III. 1 . 5 Funzione di partizione . Valori di aspettazione. Disper -
Il
sione 49.
Il
IIJ . 1.. 6 - Leggi di distribuzione 51
III. 1. 7 - Significato della deviazione standard e sua determina-
Il
z1one 73

III. 2 - Applicazione delle tecniche del calcolo delle probabili-


t~ alla trattazione degli errori 74
Il
III . 2 . 1 - La legge dei grandi numeri 75
Il
III . 2.2 - Teorema del limite centrale 76
III.2 . 3 Criteri per giudicare se gli scarti se guono o no la
Il
legge normale 77
Il
III . 2 . 4 Propagazione degli errori 78
Il
III . 2 . 5 - Errore quadratico medio della media 82
I.il. 2 . 6 Significato della deviazione standard per un 1ns1eme
di misure 83

III.3 Principio dei minimi quadrati Il


86

Il
III . 4 - Media pesata 88

Capitolo IV
INTERPRETAZIONE ED ELABORAZIONE DELLE LETTURE SPERIMENTALI

IV. 1 - Introduzione Pag. 92

IV. 2 - Scale 92

Il
IV. 3 Caratteristiche di un apparecchio di misura 97

Il
IV.' 4 - Int er pretazion i delle l ett u re str umentali 100

Il
IV. 5 - Cifre significative 106

IV . 6 - Attendibilit~di una mi s ura . Rifiuto dei dati 10 7

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38 5 -

IV . 7 - Gr afici Pag. 107

,.--
Capitolo' V)
MISU RE DELLE GRANDEZZE FONDA ~l E NTALI DELLA MECCANICA

V. 1 - Misure di lun ghezza Pag . 110


V. 1 . 1 - I n troduzi one " llO
V. 1 . 2 - Campioni di lunghezza " 110
V, 1. 3 Metodi di misura delle l unghezze " lll
V. 1.4 - Misure di aree " 161
V. 1.5 - Volumi " 164
V. 1. 6 - An go l i " 164

V. 2 - Misure di tempo " 169


V. 2.1 - Campioni di temp o " 169
V. 2. 2 - Orol0gi " 171
V. 2.3 · - Orologi atomici " 172
V.2.4 - Misure di intervalli di tempo " 17 4

V. 3 - Misure di mas s a " 17 5


V. 3.1 - Campi oni di massa " 17 5
V. 3.2 - Misure di massa " 17 5
V. 3 . 3 - Bil ancia analitica " 17 5

V. 4 - Mi s ure di temperatura " 185


V.4.1 • Introduzione 185
Il
V. 4.2 - Termometro a gas 188
V.4.3 - Scala internazionale delle temperature " 192
V.4 . 4 Caratteristi c he dei termometri 19 5
V. 4.5 - Termometri a liquido Il --·197
Il
V. 4.6 - Termometri che sfruttano la dilatazione dei solidi 202
V. 4.7 - Termometri a tensione di vapore " 204
n
V. 4. 8 Termometri a resistenza 206
V.4 . 9 - Termoco ppie " 211
Il
V. 4.10 - Pirometri 213

V.5 - Fotometria 216


V. 5.1 - Introduzione 216
V. 5. 2 · Grandezze fo t ometriche " 219
V. 5. 3 - Unità di mi !':Ura 220
Il
V. 5. 4 - Fotometri 222

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38 6 -

Capitolo VI
MISURE DI ALCUN E GRANDEZZE DERIVATE DELLA MECCANI CA

VI. 1 - Introduzione Pag. 224

VI. 2 - Misura del l 'acce le ra z ione di gravita' " 224

VI : 3 - Misure di forze 230


Il
VL3.l - Introduzione 230
VI:3.2 - Dinamometri " 231

Il
VI: 4 - Misure di pressione 231
Il
VI. 4. 1 - Introduzione 231
Il
VI.4.2 - Manometri assoluti - Barometri 232
Il
VI.4.3 - Manometri differenziali 236
n
VI.4.4 Misura di basse pressioni 236
VI. 4. 5 - Caratteristiche generali delle pompe da vuoto " 250
Il
VI.4.6 - Pompe da vuoto 254

n
VI.5 - Misure di elasticita' 262
Il
VI. 5.1 - Introduzione 262
VI. 5. 2 Metodi di misura delle costanti elastiche 264

Capitolo VII
MISURE DI GRANDEZZE ELETTRICHE

VII.1 - ·ceneralita' sugli Strumenti Elettrici Pag. 21)6

VII. 2 Moto degli equipaggi mobili degli strumenti elettrici " 270

VII . 3 - Descrizione di alcuni strumenti elettrici " 27 5


VII. 3 . 1 Strumenti a bobina mobile " 27 5
VII.. 3.2 - Galvanometri " 276
Il
VII . 3. 3- Strumenti a ferro mobile 282
VII.3 . 4 - Strumenti elettrodinamici " 286
VII . 3 . 5
- Strumenti a bobine incrociate " 290
Il
VII ~ 3.6 - Strumenti sfruttanti effetti elettrotermici 291
Il
VII. 3. 7 -- Strumenti elettrostatici 292

VII. 4 - Misure di intensita' di c orrente " 302


Il
VII . 4 . 1 ·· Misure di correnti continue 302

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387 -

VII.4.2 Considerazioni pratiche sull ' uso degli amperometri Pag . 305
VII . 4. 3 - Misure di correnti alternate " 307
VII. 5 - Misure di differenze di potenziale 311
VII. 5. 1 Misure di d.d p. l.n c orrente continua 311
VII. 5. 2 Misure di d . d. p. l.n corrente al ternata " 315

VII . 6 - Misure di f . e."'· " 32 5

VII. 7 - Misure di fas e e di potenza 327


VII.7.1 - Fasometri " 327
VII.7 . 2 - Mis ure di potenza 328

VII . 8 - Misure di resistenze


...~ Il
331
VII.8.1 - Met odo voltamperometrico 331
VII . 8 .2 - Met odo di sostituzione " 332
Il
VII. 8 .3 - Ohmetro 333
VII . 8.4 - Pon te di Wheatstone "
Il
334
VII.8.5 - Doppio ponte di Kelvin 337

Il
VII. 9 - Misure di impedenze 339

VII. 10- Strumento universale 341

VII . 11-0sci l loscopio 344

Tabelle " 353

Il
ERRATA CORRIGE 381

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APPENDICE

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APPENDICE

DESCRIZIONE DELLE ESPERIENZE DI LABORATORIO

Esperiènza 1 · Uso di calibro e sferometro

a) Misura di spessori con un calibro

Come esempio di applicazione del ca l'ibro s1 misurino al-


cune dimensioni di un pistone d ; auto (v. fig. 1) e si segnino
i valori ottenuti su una opportuna tabella.Accanto ad ogni quo-
ta deve essere indicato l ' errore a priori , stimato in base al-
l a sensibilita ' dello strumento usato . Trovare gli errori (l) re-
lativi sulle varie misure .

b .~~-+-~~~~~~~~a~~~~~~~-t--~~~~-..-
c5

o
d
Fi g . 1

(1) Ne l segu it o si usera' spesso il t e rmine erro r e per indicare l ' impreci-
sione da cui e' affetta la misura . A seconda dei casi si prendera' per es -
so l'e rrore ma ssi mo a priori , l 'e:-r ore standard, l a semidispe r sio n e, etc .

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- 4 -

b) Misura del raggio di curvatura di una lente con lo sferome-


tro

Lo sferometro oltre che per la ~ isura di piccoli spessori


serve anche a misurare i raggi di curvatura di superficie sfe-
riche. A tale scopo, dopo avere determinato lo zero (v. testo)
per mezzo di un opportuno piano di riferimento, si a ppogg ia lo
strumento sopra la superficie sferica in e sam e e si p orta la
punta della vite n contatto con la superficie. In questo modo
viene determinata la freccia h (v. fig.2) della calotta sferi-
ca individuata dai tre punti di appogg io L1 , L2 e l 3 dello sfe-
rometro.

Fig. 2

I tre punti giacciono sulla circonferenza circoscritta al


triangolo equilatero di lato l, essendo la distanza fra due
qualsiasi dei tre punti d'appoggio.
Il raggio di questa circonferenza é

l
p
f3
~
Considerando ora (v.fi g .3) il triangolo Al 1 B si vede che

AH : Hl 1 = Hl1 : HB

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- 5 -

AB ,
cioe', se R =- - e il rag g io rnco - .B
2
g nito .

( 2R -h) : p = p ·: h

da CUl Sl ricava :

,
R = +(p: + h)
'
!1i'
'•, ''
che puo essere anche scritta: ''
"
~:

R = _!__
2
(~+
3h h) Fig. 3

Operare come segue :


1 Poggiare lo sferometro sul piano di riferimento e determi-
nare il valore dello zero (d 0 ) . Dare il risultato di do con
il suo errore a priori .
2 - Po gg iare lo sferometro sulla calotta e rilevare il valore
di dl col suo errore a priori .
3 - Ricavare h = dl -do e 1 'errore a priori corrispondente.
4 Misurare la distanza l fra i piedini con il calibro e dare
il corrispondente errore a pr1or1.
5 - f1icavare R.
6 - Calcolare l'errore su R. L'ordine di grandezza di tale er-
r.ore e
dato dall'errore massimo, ricavato differenziando
l'espressione di .R.

Esperienza II - Misura di distanze focali

La misura della distanza focale puo essere eseguita ado-


perando 1 a relazione ( v . testo) :

1 1 1
--+--, ( 1)
p p f
in cui f e' l a distanza focale, p e p' sono rispettivamente la
distanz a dell'o gGetto e dell'immagine dalla lente.
Un ' a ltro meto do per la misura della distanza fo c ale quel- e
lo de ll 'a u tocu l l imazione illustrato in fig;4.

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- 6 -

Un piccolo oggetto luminoso s1 trovi nel fuoco F di una


lente L. I raggi luminosi emessi da esso si propagano oltre la
lente paralleli. Se uno specchio S, posto dietro la lente, r1 -
flette tali ra;:rni (ancora paralleli all'asse) sull a lente, que -
sti dopo la rifrazione, tornano a conver g ere nel fuoco E'pos -

sibile osservare , sullo stesso piano, l'oggetto e la sua 1mma -


gine<l).
La distanza dell'oggetto dalla lente fornisce direttamen-
te la distanza focale cercata. La misura e' indipendenta dalla
distanza tra lo specchio e la lente.
Si osservi che le considerazioni precedenti valgono anco-
ra quando si considera un sistema cu111posto, con l'avvertenza
che in tal caso le distanze vanno considerate a partire dai pia-
ni principali.

(1) Il metodo dell ' autocollimazione si pu d ~pplicare anche senza la condi -


zione che i raggi tra la lente e lo specchio siano paralleli . ·Basta infat-
ti che lo specchio venga posto esattamente nel piano coniugato dell ' ogget-
to (v.fig.5) . Si può distinguere il verificarsi di questa circostanza dal
caso precedente in quanto per il caso dei raggi paralleli.l ' immagine é in-
dipendente dalla posizione dello specchio , mentre in questo caso dipende
criticamente dalla distanza specchio - lente .

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- 7 -

In questa esperi e nza vanno determinate :


a - le distanze focali delle singole lenti adoperando la (1)
b - le posizioni dei piani principali di un sistema di lenti
sfruttando il metodo dell'autocollimazione .

Modo di operare
1 Le3 gere sulla scala graduata del banco ottico la posizione
do dell'o gGetto che~ costituito da una opportuna fenditu-
ra praticata all'estremita' di un proiettore. Segnarla con
il suo errore nella tab.I.
Fissata una dell e due lenti in una certa posizione d 1 , s p o-
stare lo schermo fino ad una rosizione d2 per cui l'imma-
g ine vi appare nitida.
2 - nipetere varie volte la misura della posizione dz rica v an-
done la media d2 • ·
Si assuma come errore su d 2 la semidispersione massima .
Risulta : p = dl -d 0 ; p ' = d 2 - d 1 .
3 - nicavare f mediante la (1) ed il corris pondente errare .
4 - CTi petere le operazioni precedenti per l'altra lente.
5 - Formare il sistema otticri : per esempio, portando le slitt e
delle due lenti a contatto senza più v ariarne l a mutua di-
stanza . ·
6 - Porre uno specclllo dall'altra parte del sistema rispetto
all'o gg etto e c e rcare la po s izione del sistema delle due
l e n t i p e r c u i l ' i mm a g i ne r i fl e s s a da 11 o s p e cc h i o r i su l t a
nitid a sul piano dell'og g ett o . Effettuare in tal i condizio-
ni varie misure della distanza ~ 1 ,tra il piano dell'o gg et -
t o ed il piano della lente più vicina (v . testo fi g. ?.l) .
Dicavarne la ~ edia ~ 1 ed il corrispondente errore (semidi-
s pe rsione massima) .
7 - Ih baltare il sistema di lenti e ripetere le op e razioni di
cui al punto G) , ricavando (/5 2 ed il corrispondente erro-
re .
P. - Calcolare la d istanza focale F del sistema dalla formula
1 1 1 d
--+--
F /1 J2
ed il c orrisp o nd e nte errore:
( d e l a <li s tanz3 tra i piani delle du e lenti) .

9 - Cal c ol a r e l e d i s ': anz e D1 e 1J 2 dei p i a n i pri nc i p ali dai p ia-

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TABELLA I

- I
errore errore
do errore dl errore d2 errore d2 errore p errore p f

I LENTE

II LENTE
CO

<P1 errore i>1 errore <P-i errore <P,r;_ errore F errore Dl errore D2 errore

1a
posizione

SISTEMA
OTTICO

2a
posizione
- 9 -

n1 delle lenti per mezzo della relazione

F = rp1 + D1
-
=cf; 2 + D2

con il corrispondente errore.

Esperienza III - Misura dell'accelerazione di gravitd mediante


il pendolo reversibile

Un pendolo reversibile µud essere realizzato (v . fig . 6)


mediante un'asta, alla quale sono fissati due coltelli d'ac-
ciaio a sezione triangolare . Gli spigoli
C 1 e C2 dei coltelli poggiano su un sup-
porto di acciaio rettificato fissato ad
un sostegno .
Due masse A e B sono spostabili a
piacere lungo l'asta, reali z zando mecca-
nicamente la condizione che il baricen- ./J
tro G del sistema cada fra i due coltel-
li, ma non sia equidistante da questi.
Nella disposizione sperimentale dell 'e-
sperienza la massa B viene tenuta ferma
in una posizione fra un coltello ed un
estremo dell'asta,mentre la massa A vie-
ne spostata in varie posizioni .
Sull'asta e
incisa una scala la cui
origine é scelta arbitrariamente.
La misura dell'accelerazione della
Gravita si esegue, partendo dalla rela-
z1.one

T= 2n · fI ( 1)
'V;;;i
che <la il periodo della oscillazione del
pendolo composto nel caso di oscillazio-
ni di piccola ampiezza (fino a "-10°).Nel- 13
la (1) I e
il momento di inerzia del si-
stema rispetto all'asse di oscillazione,
m la sua massa, d 1 a distanza dal bari-
centro dell'asse di oscillazione .
Si dimostra (v . testo) che possi- e
bile, per una certa posizione delle due Fig. 6

M. Bertolotti-T.Papa-D.Sette - Metodi d' òss. e misura - Esercit, Disp. · 2

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- 1o -

masse A e H, che i periodi d'oscillazione del pendolo una vol-


ta oscillante intorno a C1 ed una volta intorno a C2 siano coin-
cidenti. Quando questa condizione~ soddisfatta l ' accelerazio-
ne di eravita'. puo' essere calcolata usando una forma analo g a a
quella di un pendolo semplice

fl:
T = 2n v-:--g- ( 2)

dove T è il periodo comune di oscillazione intorno ai due col-


telli e ze (chiamata lun~hezza equivalente del pendolo) é 1 a
distanza fra i due coltelli .

Modo di operare
1 Fissata la posizione iniziale h 1 della massa A rispetto ad
uno qualsiasi dei due estremi della graduazione che si tro-
va incisa sulla sbarra, assicurarsi che il p endolo,gia' so-
speso ad uno dei coltelli, oscilli liberamente ;
2 - avendo cura che l'ampiezza delle oscillazioni sia piccola
( < 10°), misurare c ol contasecondi il tempo t 1 impiegato
per compiere 10 oscillazioni complete . Per diminuire l'in-
certezza nella val•.itazione del tempo, avere cura di pren-
dere come riferimento il punto in cui il pendolo passa con
la massima velocita'.;
3 - spostare la massa A dalla posizione h 1 ad una altra posi-
zione h 2 , distante 10 cm da h 1 e ripetere le operazioni di
cui al punto 2, rilevando il valore t 2 del tempo . Prosegui-
re cos1 fino a che la massa A non sia stata spostata fino
all'altro estremo della graduazione.
t
4 Segnare nella tabella (v. tab.II) i valori di h, t, T'
con ·i rispettivi errori 10
5 Riportare la massa A nella posizione h1 e capovolgere il
pendolo sospendendolo all'altro coltello ,
6 - nipetere le operazioni di cui ai punti 2 e 3 rilevando con
questa nuova disposizione i nuovi valori t~, t~, .... etc . e
T~, T~~ ... relativi alle posizioni h 1 ,h 2 , • • • precedenti del-
la massa A, e scriverli nella tabella, con i relativi er-
ror1.
7 - Costruire su carta miliimetrata un g rafico con i valori di
T' e T" : corrisiJondenti ai valori di h rilevati dalle due
tabelle ed i relativi errori .
R - Si costruiscano ora separatamente per i valori relativi ai
du e diversi T le duf'! curve che Sl adattan o rner,lio nei li-

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TABEL LA II

h t T = t / 10 h T= t /1 0 0

u n i t d. u n i t a' un i t a' v a lo r e un i t a'


va l o r e e rr o r e di v alor e err o re di v a l ore er ro r e di e va l o r e e r r o re di
, mi sura mi su r a misur a e rr o r e misu r a

Os cill az io n i
del
pendolo .....
.....
a t torno
a C1

Oscillaz i oni
del
pendo l o
atto r n o
a C2
- 12 -

miti degli errori.


9 - Il valore T del periodo co mu ne del pendolo che oscilla una
volta attorno a C 1 e C 2 si trova, fig . 7a, in corrisponden -
za ai due valori h 1 ed h 2 di h . Per diminuire l'errore con
cui viene determinato il periodo comune convien e perd,fis-
sato h 1 oppure h 2 , eseguire del le determinazioni piu' pre-
cise nell'intorno del valore scelto. A tale scopo fissato
per es. hi e facendo oscillare il pendolo attorno a C1 spo-
stare la massa in due posizioni,sopra e sotto h 1 e distan-
ti da questa circa 10 cm, e per ognuna di queste eseguire
la determinazione del periodo contando, ad esempio, 100 o-
scillazioni. Capovolgere il pendolo facendolo oscillare at-

I
------r---
I

'
I
I

.h

Fig . 7 a Fig. 7 b

torno a C 2 e ripetere le operazioni precedenti. fhportare


in un grafico, (vedi fig. 7b) con scala opportunamente e-
spansa, i valori dei periodi ottenuti con gli errori.Trac-
ciare le rette che congiunc-ono gli estremi dei segmentini
che rappresentano gli errori, (cio é lecito perche' le cur-
ve in un piccolo intervallo nell'intorno di h 1 possono ra-
gionevolmente assimilarsi a rette) .
Dare come valore del periodo 1 a media tra i valor i Tmax e
rmin corrispondenti ai due punti d'incrocio delle rette mas-
sime e minime, e come ordin e di g randezza dell'errore com-

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- 13 -

mess o su T la semidifferenza tra Tmax e Tmin


10 - Sostituire il valore di 1' e-osi' trovato nella (2) tenendo
r- resente che le= (1.000 ± O. OOi)m.
11 - Calcolare l'errore massimo sulla determinazione di g .

Esperienza IV - Misura della densitd di un solido col picnome -


tro e la bilancia analitica

Per quanto ri g uarda la teoria ed il funzionamento della


bilancia analitica si rimanda al testo . Prima di procedere con
la esperienza é bene tenere presente le seguenti norme per il
b uon uso della bilancia.
1 - Verificare che il piano di appoggio del coltello della bi-
lancia sia orizzontale : per questo togliere il coperchio
superiore e assicurarsi che la bolla della livella circo-
lare sia al centro ; eventuali regolazioni vanno fatte a-
gendo sulle due viti dei piedini anteriori.
2 - Verificare che il giogo oscilli regolarmente senza attriti
e che la posizione di equilibrio dell'indice,a piatti sca-
richi, cada all'incirca sullo zero.
3 - Usare molta cautela nello sbloccare il giogo mediante l' ap-
posita manopola anteriormente in basso. Il giogo va sbloc-
cato esclusivamente per controllare il verificarsi o meno
delle condizioni d'equilibrio; nessuna aggiunta o prelievo
di masse dai piatti va fatta a giogo sbloccato.
4 - Adoperare le apposite pinze per prelevare le masse campio-
ne dalla pesiera e per riporvele dentro .
La densità assoluta p di un corpo e' definita dalla rela-
zione:

La densità relativa all'acqua é uguale a m1 / m2 essendo m1


e m2 le masse di due uguali volumi della sostanza 1.n esame e
di acqua distillata.
Nell'esperienza si vuole determinare la densità relativa
di un solido e per fare cio si usa un picnometro (v. fig. 8).
Esso é una boccetta di vetro a collo largo, in modo da permet-
tere l'introduzione del solido di cui si vuole misurare la den-
sita' . Il tappo smerigliato termina con un capillare su cui è
inciso un se g no che serve da riferimento per definire esatta-

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14

mente il volume utile del picnome-


tro.

Modo di ope r are


1 - Si riempia il picnometro di acqua
distil l ata , a temperatura nota ; fi-
no al segno i n ciso sul capi l lare
avendo c u ra che a ll ' interno non
rimangano bolle d ' aria . Si asciu --
ghi t u tto perfettamente c o n carta
da filtro.
2 - Porre su l piattello di sinistra
de ll a bil a ncia bloccata una tara
(questa p uo' essere costituita , nel
nostro caso , da l la massa di 100 g
contenuta nella pesiera) e sul piat -
tello di destra il picnometro pie -
no d'acqua 1 i1 c o rpo di c u i si vuo-
le determinare l a densita ; e d una
massa p i niziale , prelevata dalla
pesiera , col l a quale si ritien e di
ottenere l'eq u i l ibrio .
Le o perazioni d a eseguire per ot- Fig . 8
te n ere l 'equi l :lbr i o si p o ssono ri -
l evare dalla tabella I II , supponendo che la massa inizia-
l e p sia eccessiva .

TABELLA III

Op'er a z ioni da
la bi l anc i a si
ma ss a p e segui r e con
i n cli n a a : la mass a

50 g. destra ridurre
20 g. d estr a ridurre
10 g. sinistra aggiunge re
10 + 5 g. sinistra aggiungere
10+ 5+2 g. sin i stra aggiungere
10+5+2+1 g. d estra ridurre
1 0+ 5 +2+0,5 g. sinistra aggiungere
e te .

Si pr oseg u a fino a c h e non s i osserva che le oscillazioni


dell'indice della bilancia sono contenute entro la scala .

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- 15 -

Poiché le pes1ere non contengono masse tarate piu piccole


di 10 mg, per ottenere approssimazioni migliori si ricorre
al cavalierino. · Per determinare la posizione d'equilibrio
dell'indice sulla scala procedere come segue:
Annotare tre elongazioni massime a sinistra e due a destra
o viceversa prendendo col segno negativo quelle a sinistra
dello zero e col segno positivo quelle a destra dello zero
secondo la seGuente tabellina:

sin. des.

Le letture vanno fatte con l'approssimazione di O, 5 divi-


sioni . Segnarle nell'apposita tabella (v. tab.IV) .
Fare la media l 8 di quelle di sinistrà:

l s =(l1+ls+ls)/3

ed ld di quelle di destrà:

La pos1z1one d'equilibrio presa con il suo segno sarà:

fale posizione d'equilibrio in genere con coincide con lo


zero della scala. Si potra scrivere, chiamando T la tara:

T = massa picnometro + massa acqua + corpo + P1 (1)

P1 e' dovuto al le masse a3giunte sul piattello di destra e


al cavalierino.
3 - In queste condizioni di carico determinare la sensibilità
della bilancia.
AGgiungere un sovraccarico 6m per es. di 5 mg., adoperando
il cavalierino, e trovare la nuova posizione di equilibrio
d 4 operando come al 9unto 2.La sensibilità~ sarà data da :

4. - To c- liere il corpo dal piattello della bilancia e ripetere


le operazioni del punto 2 fino a raggiungere una nuova po-

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TA BE LLA IV

Picnometro p ieno Picnometro pieno Pi cnometro p i eno Determ i na zi one


d'acqua e corpo d ' acqua sulla d ' acqua c on corpo della
sulla b ilanc i a bilan ci a i mmerso s en si bil i ta'

P1 = P2 = P3 =

d e stra sinistra destra sinistra destra s i n i s t ra destra sinis t ra


I

......
med i e medi e med i e medie O\

dl = d2 = d3 = d4 =

( d2 -di) ( d3 -di)
P2 + = P3 t = O" = fu=
O" O"

ml P2 - (d2 - d1 ) / O"-P1 6.p


-- = t °C PH2 0
6p --
p
112 P3- ( d 3 - dl) / O"- P1
- 17 -

sizione d'equilibrio d 2 in gene re diversa da ~ 1 • E' facile


allora calcolare la massa (con il suo segno) che occorre-
rebbe a ~g iun G ere per ristabilire l'equilibrio nelle condi-
zioni (1). Essa~ (d2-d 1 ) /a. Si pud scrivere

T=massa picnometro+ massa acqua+P2+(d 2 -d1) / a (2)

5 - i.1e ttere dentro al picnometro con l'acqua il corpo di cui


si vuole conoscere la densit·n', avendo cura di non lascia-
re bolle d'aria e che il livello dell'acqua coincida sem-
pre col riferimento .
Diottenere l'equilibrio come ai punti 4 e 2; si avra :

1'= massa picnometro+ massa acqua+ corpo -


( 3)

Dalle relazioni (1)(2)(3) si ottiene :

m1 P2+ (d2-di) / a-P1


m2 Ps + ( ds -di) ; a - Pi

Per ottenere il valore p della densita assoluta del corpo,


rilevare il valore pH 0 fler l'acqua alla temperatura t del-
1' esperienza dalla taSella V e moltiplicare questo per il

rapporto

TABELLA V
temperatura oc densi ta' g / cm
3

10 0 . 99973
12 0.99953
14 0.999 27
16 o. 99897
18 0.99862
20 0 . 99823
22 o.99 780
24 o. 99732
M.Her t o l ott i-T . Papa-D.Se tte - Meto di d'oss . e misura - F.sercit . · Disp . 3

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- 18 -

Si noti che per trovare il valore di p 8 0 dal la tabella puo


essere necessario interpolare fra i du: valori t 1 e t 2 per
difetto e per eccesso piU prossimi alla temperatura letta t.
Si trova interpolando che:

L'errore su p dipen<lera' dall'incertezza con cui é conosciu-


ta la temperatura dell'acqua (sensibilita del termometro)
e dall'incertezza sulla determinazione di m1 ed m2 •
L'errore su p 820 é dato da:

6t
6pH 2 O = [pH 2 0(t1)-pH 2 0(t2)J
t2 - tl
1
L'errore sia su m1 che su m2 può essere assunto pari a -
o-

Esperienza V - Misura del coefficiente di viscosità di un liquido

E' noto cl1e per carntterizzare la resistenza dei fluidi


a sollecitazioni di scorrimento si introJuce i l coefficiente
di viscosita' T), che e' dato dal rnpporto tra lo sforzo di ta-
glio e la derivata rist1etto al tempo della <leformnzione di scor-
rimento.
Se consideriamo un volume V di liquido che fluisce attra-
verso un tubo capillare di raggio a e lunghczzn l la portata
Q in condizioni di flusso laminare é (eq. di Poiscuille):
V 7t !::::.p a4
(1)
t 8l T)

dove !::::.p é la differenza di pressione frn g li estremi del tubo .


Questa formula permetterebbe in linea di principio Ji mi-
surare direttamente T). Alcune correzioni vanno però fatte .
1) Si possono avere effetti di accelerazione nll'ingresso dcl
tubo, i quali fanno si' che la distribuzione delle velocita
del fluido, in una certa sezione, non sin uniforme finché
unn piccola lun g hezza del tubo non sin stata nttraversntn .
2) Ln differenza di lHessione 6p fra le estremità del tub o é
im 11iegata anche per comunicare ener g ia cineticn al 1 i qui<lo
e non solo per sorm onta re la resistenza Yiscosa .
3 ) L a d i f f ere n z n cl i i:O r e s s i on e èip no n s i ma n t i e ne c o s t a n t e J u -
r n nte il d e flusso d e l liquido.

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- 19 -

Queste correzioni non possono essere calcolate con preci-


sione, ma devono essere determinate con l'esperienza.
In genere quindi le misure d i vi-
scosi ta basate sulla ( 1) vengono ese-
g uite c o me misure relative. m a
Descriviamo qui il viscosimetro di
Ostwald che e' di questo tipo . Esso é h
mostrato nel la fi ~. 9 ed é formato da
un tubo capillare (e-d) e da un bulbo
(c-b) . L'altro braccio porta inferior-
mente un serbatoio Cf-g).
Il liquido da studiare e' intro-
dotto nel tubo in modo tale da riempi-
re i due bracci fino al riferimento h e
inciso sul serbatoio inferiore . · Si a-
spira poi il liquido dall'estremità a, d
in modo che esso riempia il bulbo (c-b)
e parte del tubo sopra ad ess o. Effet-
tuata l'aspirazione si fa defluire il
liquido liberamente .
Misurando con un cronometro il tem-
po di deflusso di un medesimo volume V
di due liquidi 1 e 2 che fluiscono nel
viscosimetro e ricordando che D.p e' pro-
porzionale alla densita del liquido si e
puo' scrivere :

( 2)

La (2) permette di ricavare la vi- f


sco sita incognita ~ 2 una volta nota la
v iscosità ~ 1 e le densita p 1 e P2·
Per esegui re la determinazione del
coefficiente di viscosità é quindi ne-
cessario conoscere la densità dei li-
q uidi in confronto .
t ale misura puo' otten e rsi per es . Fi g . 9
con la bilancia di Mo hr-Westph a l .
La d e nsità p di un liquid o p uo'esser e determin at a c on fron-
t and o l e spinte di Archimed e ch e uno stesso cor p o G d i volume
V sub isce q u a ndo vi e ne imm er so in ac q u a d istillata e ne l li qu i-
do di de nsit à inco g ni t a . Se a d u n a c e r ta tempe ra tu r a P = pVg é
l a spi n ta ch e s u b i sce il c or p o n e l li quido in e same e Pn o =
2
= Pn 20 Vg (pH o e' l a de nsit à a s so lut a de ll ' a c qu a) e' l a sp int a c he
2

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- 20 -

subisce il corpo in acqua, la densitJ relativa Pr ~:

p
( 3)

La misura Sl esegue con la bilancia di r:lohr-Westphal (v .


fig.10).
Come si rileva d a tale figura, tale bilancia ~ costituita
da una leva a bracci disuguali. All'estremo del braccio pi u cor-
to ~ presente una ~a ssa M fissa ed una piccola massa m mobile;

.ti

Fig. 10

all'altro estremo è appeso il corpo G CimmersoreL Il braccio


piu lungo e
T!lUnÌto di 10 ganci equidistanti fra loro a cui si
appendono dei pe s etti o cavalierini muniti di occhielli.
La bilancia ha in dotazione 5 pesi: 2 pesi p 1 e 3 resi p 2 ,
Ps e p4 tali che :

Inoltre ci.ascun peso p 1 e' di massa tale <la equiliurare una

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- 21 -

volta agganciato in O, esattamente la spinta d'Archimede quan-


do l'immersore viene completamente immerso in acqua distillata
alla temperatura per la quale la bilancia é stata tarata (nel
nostro caso la temperatura è di 4°C per cui si ha p 8 0 = 1).
2
E' evidente che se uno dei suddetti pesi viene posto an-
ziche' in O su uno dei ganci del braccio FO il valore del peso
equivalente posto in O deve ritenersi moltiplicato per la cor-
riGpondente frazione decimale.
Supponiamo per esem ;)io che, alìa temperatura della espe-
rienza, si sia ottenuto l'equilibrio della bilancia con l'im-
mersore immerso in un liquido di densit~ p ponendo uno dei due
Pi
pesi P1 sulla divisione l del giogo, quello p 2 sulla divi-
10
sione m e quello p 3 = ;; sulla divisione n.
0
Il peso complessivo
p che si dovrebbe applicare in O per
ottenere la stessa posizione di equilibrio é dato da :

All'equilibrio p=P e poiché p 1 =P 820 1 (a 4°C)dalla(3)


si ottieneO)

p m n
=--+--+---
p1 10 100 1000

Modo di operare
1 Con l'immersore ben asciutto, azzerare la bilancia in aria
manovrando sulla piccola massa m ed eventualmente ritoccan-
do la vite di base B . Se non si raggiunge l'equilibrio por-
re sul piattello della zavorra.
2 - f\ilevare la densità dell'acqua distillata operando come se-
gue :
Porre l'immersore nel liquido (avendo cura che stia appena
al disotto del pelo libero in maniera che il filo di so-
spensione non introduca errore apprezzabile sulla spinta)
con il peso p 1 in O; se la bilancia si inclina dalla parte
di M, lasciare il peso in O. Se la bilanciasi inclina dal-
la parte di O, spostare il peso al nono gancio; se si in-

(1) Si noti che il valore numerico cosr trovato,poich~ la bil a ncia ~tara­
ta a 4° C, coincide anch P c on la densi t i ~ssolu t a del liquido • .

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TABELLA VI

Posizione dei pesi Posizione dei pesi


Temperatura t con l 'immersore con l 'immersore
d'esperienza °C nel liquido 1 nel liquido 2
Risultato Risultato

P1 P1 P2 p3 p4 P1 P1 P2 p3 p4

valore per
eccesso
Valori
ottenuti """"
valore per
difetto

I I I I
7)1 Tempo di deflusso ti Tempo di deflusso t2

un i t a' unita
valore erro re di valore errore di
misura misura
- 23 -

clina ancora dalla parte di O spostarlo all'ottavo gancio


e c o s i' v i a fi n c h e' 1 a b i 1 a n c i a non s i i n c 1 i n i da 11 a p a r t e
di M.
Ihpetere le prec e denti operazioni con gli altri tre pesi
finché , agendo con il pesetto p ili piccolo non si siano tro-
vate due posizioni contigue di questo tali che in una l'in-
dice della bilancia sia appena sopra allo zero e nell'al-
tra l'indice sia appena sotto allo zero.
3 - Si faccia la media tra le due letture della densita' e si
dia co me ordine di grandezza dell'errore commesso la semi-
differenza fra le due letture. Si scrivano i valori trova-
ti nell'apposita tabella (v , tab . VI).
4 - CTipetere le stesse operazioni per gli altri liquidi avendo
cura di non mescolarli fra loro.
5 - Riempire il viscosimetro cli Ostwald con l'acqua distillata
in modo che il suo livello nel braccio m arrivi circa al
segno h.
6 - Aspirare l'acqua dal braccio e con la pompetta fino a riem-
pire tutto il volume c-b e parte del braccio sopra c-b .
7 - Lasciar e defluire l'acqua . Misurare il tempo impie g ato dal-
la superficie libera del liquido per passare dal traguardo
b al traguardo e . Segnare il tempo ottenuto nell'apposita
tabella (v. tab. VI) con il suo errore.
8 - Riempire il viscosimetro di Ostwald con il 1 i qui do di cui
si vuole determinare il coefficiente di viscosità e ripe-
tere le operazioni 6 e 7 .
9 - Ricavare dalla (2) il valore di 11 2 incognito prendendo il
valore di ~ 1 (acqua) alla temperatura d'operazion e dalla
tabella VII. Ricavare l'errore.

TABELLA VII
Viscosita' assoluta dell ' acqua

Temperatura Viscosita' Temperatura Viscosi t a'


(OC) in unita M. K : S . (. ) (oC) tll unita M. K : s . (. )

10° o. 00131
11° 0. 00127 16 ° 0. 00111
12° o. 00 124 17 ° 0. 00108
13° 0.0 0120 18 ° 0 . 00106
14 ° 0.00117 19 ° 0 . 00 10 3
15 o 0 . 00114 20° 0. 0010 1
din e
( * ) Un '~ n ita' molt o c om une ~il poi se - -- - . Un ' unit a' MK S e' ·ugual e a
2
10 po is e .: c m ·se c

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- 24 -

Esperienza VI - Misura del momento di inerzia di un corpo gi -


revole intorno ad un asse

Fra i vari metodi per misurare il momento di inerzia di


un corpo girevole intorno ad un asse s1 può usare l' apparec-
chio mostrato nella figura
ll. · Esso é costituito da un
cilindro B di raggio r col
quale ~ solidale un leggero
supporto A su cui viene pog- 1·a'
giato il corpo di cui si vuo- I
le m1surare il momento di A
inerzia I. Il sistema puol
ruotare senza sensibili at-
triti attorno all'asse aa'.
Attorno al cilindro B ,,,,,,,,,,,,., ,,,,,,,,,,,,, ~,,,

e avvolta una funicella al- ~ I


~ I
la cui estremita' e' fissato
un piattello P porta pesi.
Accanto al piattello é di-
~
~

'~
I
,a
sposta una scala verticale
S graduata e munita di op-
portuni riferimenti sposta-
bili. '
SujJponendo che sul pi a t-
te 11 o vengano posti dei pe-
si e chiamando con m la mas-
sa totale del piattello e
dei pesi su esso posti il
moto di caduta del piattel-
lo risultera' uniformemente
accelerato .
Al moto del piattello
con velocita' v corrisponde
un moto di rotazione del sup-
porto A e del corpo su esso
1
posto attorno all'asse aa
con velocita angolare

V
w=- ( 1)
r

In assenza di attriti, applicando la conser v az1on e dell'e-


ner 3 1 a, si può scrivere
1 2 1 2
mgh - mv +-I1 o.l ( 2)
2 2

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- 25 -

dove h e' 1' altezza da cui cade il piattello e 11 é il momento


di inerzia tlel supporto A e dcl corpo in esso posto.
Poich~ la forza applicata al piattello é costante, il mo-
to di m sara' uniformemente accelerato. Di conseguenza la velo-
cita' v che il piattello ha dopo essere caduto di una altezza
h impieGan<lo il tempo t é ovviamente

2h
V=-- ( 3)
t

So s t i t u end o 1 a ( 1) e ( 3 ) n e 11 a ( 2 ) s 1 o t t i e ne :

1
mgh

da CU1

( 4)

2
gt
se >> 1 si può scn.vere pili semplicemente:
2h

( 5)

In pratica le forze di attrito non sono mai nulle.Si cer-


ca d'eliminarle trovando qual'è il valore della forza applica-
ta al piat-tello che realizzi un equilibrio dinamico con le for-
1
ze cli attrito . Questo si ottiene ponendo una piccola massa m
sul piattello finche' questo, una volta che sia stato messo in
moto da una forza esterna applicata dallo sperimentatore, si
muova con accelerazione nulla ossia con velocita' costante. In
questo modo le forze d'attrito sono state eliminate e la ( 2)
é di nuovo valida .

Modo di operare
Fissare i due riferimenti sulla scala S alla distanza per
es . di 1 m.
1 - Avvolgere la funicella al cilindro B facendola passare at-
traverso le carrucole. Con l'apparecchio scarico (senza il
corpo di cui si vuol misurare I) mettere sul piattello P
della zavorra fino a che il mo to del sistema,una volta che

M.Be rtolotti-T.Papa-D.Se t te - Metodi d' òss . :e misura - Esercit . Disp . · 4

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- 26 -

sia stata applicata una piccola sollecitazione necessaria


per vincere l'attrito di distacco, risulta rotatorio uni-
forme attorno all'asse aa 1 • Tale zavorra serve a vincere
gli attriti. Per assicurarsi che il moto è rotatorio uni-
forme, fissare l'attenzione su un braccio del su p porto e
cronometrare il tempo necessario perche' questi compia un
rr iro completo. Tale operazione va ripetuta piu' volte du- ·
rante la caduta del piattello P nell'intervallo corrispon-
dente ai riferimenti fissati sulla scala S . I tempi per cia-
scuna rotazione completa debbono risultare sensi b ilmente u-
guali.
2 - Nelle condizioni di cui al punto 1 riavvolgere la funicel-
la al tamburo B e aggiungere alla zavorra, precedentemente
posta sul piattello, una massa m1. Il moto del piattello
risulterà uniformemente accelerato ; cronometrare il tempo
t 1 perché questi percorra lo spazio h. Scrivere i valori
trovati nell'apposito fo g lio (v. · tab. VIII) . Si misuri il
raggio r del tamburo B. Dalla (4) o dalla (5) si ricavi il
momento di inerzia 1 0 per i valori di mi, ti e r trovati.
Si deve osservare che se si misurano diverse volte i valo-
ri del tempo di caduta del piattello tali valori risultano
in genere ur;uali entro i limiti di sensibilita del crono-
metro. In tal caso si dà come ordine di grandezza dell'er-
rore commesso su t la sensibilita' del cronometro. Se cio'
non avviene, conviene prendere come valore di t la media
dei valori ottenuti e come ordine di g randezza d e ll'errore
commesso la semidifferenza tra il valore massimo e minimo
ottenuti.
Dare l'errore massimo su 1 0 ricavato differenziando 1 a ( 5) .

TABELLA VIII

r = 2, 5 cm

Supporto scarico e Supporto caricato con


piattello gia' cari- Io il disco e piattello Ii
cato con la oppor- gia' caricato con la
tuna zavorra opportuna zavorra
valore media 6Io va lore media & i
mi ti l'iti m2 t2 l'it2

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- 27 -

3 - Porre nel supporto dell'ap p arecchio il disco di cui si vuo-


le misurare il momento di inerzia I e ripetere le operazio-
ni di cui al punto 1, cioé fissando un riferimento sul di-
sco agGiungere la zavorra che fa assumere al sistema un mo-
to rotatorio uniforme.
4 - Posto sul piattello una massa m2 (assieme alla zavorra) ri-
petere la operazione di cui al punto 2 e ricavare 1 1 dalla
( 4) . Si avrei, 1 1 =I 0 +I . Si ricavi I con il corrispondente
error~ . Pesare il disco con la bilancia in dotazione rica-
vando il valore M della sua massa e ricavare I dalla for-
mula:

1 2
I =-MR
2

ove R é il ra g gio del disco, misurato con un regolo gra-


duato .
L'errore su I sia calcolato partendo dall'errore relativo
massimo. Confrontare il valore di I cosi' calcolato con quel-
lo misurato con il metodo dinamico.

Esperienza VII - Conteggio di particelle

L'esperienza consiste nella misura del numero di parti-


celle emesse in un certo intervallo di tempo da un preparato
radioattivo . e nella verifica che la distribuzione del numero
di particelle segue la legge di Poisson. Le singole particelle
ven g ono rilevate per mezzo di un contatore Geiger . Il segnale
elettrico prelevato da quest'ultimo, opportunamente amplifica-
to, comanda un dispositivo di conteggio (v. fig. 12 a).

Modo di operare
1 Colle g are il Gei ger al disµositivo di conte e gio . Dopo ave-
re acceso l'apparecchio attendere qualche minuto perché il
sistema si porti a regime . Eventualmente azzerare il nume-
ratore N mediante il pulsante R.
2 - Iniziare il conte ggio se g nando il numero di particelle che
vengono contate in intervalli di tempo costanti ed oppor-
tunament e scelti (10+ 20 secondi).E'bene che il valore me-
dio m delle particelle nell'intervallo di tempo scelto sia
compreso tra i v a lori 3+ 8 . Agg iustare event ua lm e nt e la di -
stanza del p r e p a rato radio;.i tt ivo Ra dal GP.i ge r G ( v. fi e .
12b).

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- 28 -

3 - Eseguire le letture per non meno di cento intervalli di tem-


po.
4 - Costruire l'istogramma della distribuzione delle frequenze
relative al numero di particelle per ciascun intervallo d~
tempo.
al d/.s1,os;hÌltl
d/ con te g9io

Re
1°1°1 o
AL
'"' 'Ra

Il CCElfS !Of'IE GEIGER STOP p

@ ~ @
Fig . 12 a Fig . 12b

5 - Calcolare il valore medio m e lo scarto quadratico medio.


6 - Costruire, con il valore di m trovato, la distribuzione teo-
rica di Poisson e confrontarla con quella sperimentale.

Nota
Si osservi che i 1 Geiger G ( fig. 12 b) é posto in un con-
tenitore di piombo P che serve a schermare il Geiger stesso dal-
le particelle radioattive secondarie prodotte dalla radiazione
cosmica e dalla radioattivita naturale ambiente.
Tuttavia rimane presente una componente di radiazione co-
smica di elevata energia che non pud essere bloccata con spes-
sori ragionevoli di piombo. Pertanto esiste sempre un fondo che
viene rilevato dal Geiger anche in assenza del preparato radio-
attivo. Si puo' verificare che tale fondo, setjue anche esso la
distribuzione di Poisson.

Esperienza VIII - Rilevamento delle dimensioni di pezzi mecca-


nici prodotti in grande serie

L'esperienza consiste nella misura mediante un palmer d el -


lo spessore di dadi esa g o nali prodotti industrialmente e nel-

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- 29 -

l'esame della distribuzione delle . misure che deve risultare gaus-


s1anu.

Modo di operare
1 - Dilevare ]o spessore di almeno 200 dadi e segnare i valori
su una opportuna tabella.
2 - Calcolare il valore medio m e lo scarto quadratico medio
E- q. m.
3 - Costruire l'istogramma della distribuzione delle misure sce-
gliendo un piccolo intervallo centrato attorno alla media,
tale tJerò che in esso cadano un numero sufficientemente al-
to di misure, e dividendo l'intervallo tra il valore mini-
r.io e massimo trovati in tanti intervalli uguali a quello
prescelto.
4 - Trovare le percentuali di misure che cadono tra -sq. "'. e
+; q. "'. e tra -2s.q."'. e +2; q. m • .
5 - f\ilevare i valori delle misure che scartano per ±3s q. m. .
G - Dire se la distribuzione risulta gaussiana.

Esperienza IX - Misura del modulo di scorrimento G col pendolo


di torsionP-

Un pendolo di torsione é costituito (vedi fig. 13) da un


filo metallico fissato ad un estremo e µortante all'altro e-
stremo un piattello su cui si pone una massa M1 per tenere ben
teso il filo . Se il piattello viene fatto ruotare di un certo
anGolo attorno ad un asse passante per il filo, e quindi ab-
bandonato, esso prende ad oscillare .
Il periodo del movimento risulta esser~:

(1)

dove 1 1 e' il momento di inerzia del sistema rispetto all'asse


passante per il filo e e é una costante data d~ :
4
TI r
C=G--- ( 2)
2 l

con

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- 30 -

G =modulo di scorrimento
l =lunghezza del filo I~
r =raggio del filo.

Se si vuole utilizzare la (1)


per la determinazione di G e' ne-
cessario conoscere il valore di Ii
che, si badi bene, ~ il momento di
inerzia del sistema formato dal pen-
dolo e dalla massa Mi.
Questo momento di inerzia non
puo' essere agevolmente calcolato.
E' conveniente percid usare un se-
condo disco di massa M2 il cui mo-
mento di inerzia I puo' essere fa-
cilmente determinato dalla cono-
scenza della massa M2 e delle sue
dimensioni geometri che . Se si de-
termina anche i 1 periodo T 2 del si -
sterna formato dal pendolo con le
masse Mi e M2 si puo' scrivere ac-
canto alla ( 1) la

I!
l~fti
( 3)

.fiiii
dove 12 e' il momento di inerzia del
pendolo caricato con le masse Mi e
M2 (I2=Ii+I), r l
Quadrando le (1) e (3) e sot-
traendo membro a membro s1 ha: Fig . 13

I2-Ii 2 I 8nll
4n - = - -4- ( 4)
e C Gr

che permette di calcolare G una volta noti: i periodi 7\ e T2 ,


l, r , e I . Nel nostro caso M2 e' costituito da un disco il cui
asse coincide con l'asse del filo, p e r cui

( 5)
2
,,,-·
o v e R e' il ra gg io del di s co . So s tituendo la (5 ) ne l la ( 4) s1
ha :

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TA RE LLA IX

'1'1 T2

valor e errore un i t a' valor e errore un i t a'

w
......

M2 R l r

v a lore errore un i t a' valore errore unita' valore errore unita I


valore errore un i t a'
- 32 -

G (6 )

Modo di operare
1 - Porre sul piattello uno dei due dischi ed attendere che il
sistema si porti in quiete. Si consiglia di adoperare per
prima il disco piccolo in modo da avere massima la diffe-
renza tra i quadrati dei due periodi nella ( 6 ).
2 - nuotare il piattello di un certo angolo arbitrario(< 360°)
ed abbandonarlo.
Il piattello col disco comincera' ad oscillare attorno al-
1' asse passante per il filo.
3 - ~:Iisurare col contasecondi il periodo 1'1 di oscillazione con
un errore relativo inferiore a 1/ 1000 e segnarlo sull' ap-
posito foglio (v. tab. IX).
4 - Ags iungere il secondo disco e, procedendo come ai punti 2
e 3, misurare il nuovo periodo T2.
5 - ToGliere il secondo disco e determinar e con la bilancia la
massa M2 e con il calibro il diametro 2H. Quest'ultima o-
perazione va ripetuta piu' volte, sistemando ogn1 volta il
calibro in posizione diversa allo scopo di assicurarsi se
il disco i perfettamente circolare. Se cid non avviene oc-
correrd fare una serie di misure in modo da poter fare la
media dei valori trovati. Dare come ordine di grandezza del-
1' errore la sensibilit~ o la semidispersione massima, sce-
gliendo opportunamente tra le due.
6 Usare il palmer e misurare il diametro 2r del filo .
7 - Usando un metro misurare la lunghezza del filo compresa tra
i due mandrini.
8 - Usando la (6) calcolare il valore . di G.
9 - Valutare l'ordine di grandezza dell'errore mediante l'er-
rore massimo.

Esperienza X · Misura del modulo di Young di una sbarra sotto-


posta a flessione

In una sbarra di lun Ghezza le di sezione rettangolare (ba-


se b, altezza a), appoggiata agli estremi e caricata al centro
con un peso P= mg, quando si trascuri il peso proprio d e lla
sbarra, si produce una flessione e l'angolo cx ( fi g. 14) di cui
ruota c iascuna sezione t e rminal e val e Cv. testo) :
3 pl2
a. ( 1)
4

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- 33 -

Dalla misura di a e quindi possibile effettuare la deter -


minazione dcl modulo di Youn e E . Poiche in g enere a e' molto
~iccolo, si ricorre al dispositivo ottico illustrato nella fi -
r, ura 14 . A e' una lente argentata che serve a focalizzare il fa -·

I
~I
I I
I I
I
.n
~~~--~---;--------------------
.............. 2o(
.............. --
-- -- .......
d

.......
--

Fig. 14

scio luminoso sulla scala S, mentre C e' un proiettore munito


di reticolo ed S una scala g raduata . La lunghezza d può essere
direttamente ottenuta leggendo le graduazioni do e dl della sca-
la, in corrispondenza dell'immagine del reticolo del proietto -
re prima e dopo la deformazione della sbarra : d= d 1 -d o.
Semplici considerazioni g eometriche mostrano che potendo-
si approssimare la tangente con l'angolo risulta :

d drd1
a=--=----
2D 2D

essendo D la distanza tra specchietto e scala. Dalla (1) si ha

E ( 2)

M.Bertolotti-T.Papa-fl . Sette - Metodi d' ciss . e misura - Esercit. : Disp. · 5

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TABE LLA X

D l b a

Valore Erro r e Un i t a' Va l o r e Errore Un i t a' Va lor e Er r ore Un i t a' Valore Errore Un i t a'

w
"'"
For z a to t ale Fas e di ca ri co Fa s e di scar i co
appl i cata (pes i ) di d '.
l

Valore Un i t a' Valor e Un i t a' Va lor e Un i t a'


~ 3 5 ..

Modo di operare
1 Con una sbarra appoggiata sui supporti e non sollecitata,
aggiustare scala e proiettore in modo che l'immagine del
reticolo cada sulla scala. Leggere il valore d 0 . Mi surare
1 a distanza D fra A e 1 a s ca 1 a. · Segnar e i va 1or i su 1 fo g 1 i o
(v. tab. X).
N. B . · Da questo momento la disposizione geometrica degli og-
getti non deve essere piu mutata per alcun motivo .
2 - Sollecitare la sbarra disponendo un peso P 1 sull'apposito
piattello .
3 - Leggere il valore d 1 della graduazione della scala in cor-
rispondenza al reticolo .
4 Disporre successivamente gli altri pesi P 2 . .. .- . • Pn , leggen-
do ogni volta i valori d2 .. . .. dn.
S Togliere gradualmente i pesi, leggendo ogni volta i valori
d~ . . .. . d~.
6 - Costruire un grafico riportando in ascisse i valori dei pe-
si presenti sul piattello ed in ordinate i corrispondenti
valori di d (fase di carico) e d ' (fase di scarico), se-
gnando i corrispondenti errori.
7 - Ricavare il valore di E dalla (2) per un certo valore di
d. L'ordine di grandezza dell'erroresuE si trova dall'er-
rore massimo .
8 - Ripetere l'esperienza usando la seconda barra in dotazio-
ne .

Esperienza XI - Misura del modulo di ~oung di un filo sottopo-


sto a trazione

La determinazione del modulo di elasticita' di trazione o


modulo di Young E si può eseguire determinando l' al 1 ungamento
5l di un filo (lunghezza Z) sottoposto ad una forza di trazio -
ne F ; si ha :

5l 1 F
--=- ( 1)
l E S

Nella disposizione usata un filo del materiale, di cui si


vuole determinare E, di lunghezza l è fissato fra i due man-
drini M ed M' . Il secondo mandrino e
incernierato in una men-
sola metal! ica A med iante i perni C, in modo da esser 1 ibero di
ruotare intorno ad un asse passante per e, e sopporta inferior-

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- 36 -

mente un piattello,su cui posso -


no porsi dei pesi P (v.fig.15).
La men sol a poggia mediante 11
la punta Q di una vite microme-
trica V su un sostegno S, fissa-
to all'asta rigida T 1n una po-
s1z1one tale che, agendo sulla
vite V, la mensola A può assume-
re una giacitura orizzontale . Il
realizzarsi di questa condizione
~controllato mediante la livel -
la a bolla d'aria L.
Dopo avere reso orizzontale
la mensola con il piattello sca -
rico si ponga su quest ' ultimo un
peso P . Il filo subisce un allun-
gamento ; la giacitura della men -
sola non é piu orizzontale e ciò
si manif e sta in uno spostamento
T
della bolla nella livella. Agen -
do allora sulla vite V, è possi -
bile riottenere la giacitura o-
rizzontale quando la variazione
di lunchezza della punta Q egua-
g lia 5 l . In tal modo l'allunga -
mento subito dal filo verra de-
terminato dalla differenza delle
letture. Dalla (1) si ricava :

F 4 lP
/<. ( 2)
5l s 5 l nd 2
V 11'
ove d e il diametro del filo .

Modo di operare
1 - f\egolare le viti G, G' in modo
che il sostegno T risulti con
buona approssimazione verti-
cale. Misurare la lunghezza l
e il diametro d del filo col
piatto scarico .
: :
2 - Agendo sulla vite micrometri-
ca, V, disporre orizzontalmen-
te la mensola A . Leggere il
valore l 0 segnato 1n queste Fi g . 15

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TABELLA XI

i-d-i~metro d = I lunghezza l = I
Fase di carico

Forze Valori letti


Applicate sulla vite 8 li = li - lo 6( 8 l . )
t
E 6E
(pesi) l t.

w
--l

Fase di scarico

Forze Va lor i letti


Applicate sulla vite lì li = li - lo 6( lì l . )
l
E 6E
(pesi) l t.
- 38 -

condizioni dalla vite micrometrica e segnarlo sull'apposi -


to foglio (v . tab . XI).
3 - Porre un peso P 1 sul piattello e, agendo sulla vite micro-
metrica riottenere la giacitura orizzontale di A. Leggere
in queste condizioni il nuovo valore l 1 segnato dalla vi -
te .
4 - Por re su c ce s s iv amen t e g 1 i a 1 t r i p e s i P 2 , P 3 . . , . , etc . e , o -
perando come sopr.a , leggere i valori 12 , l 3 , etc . · segna -
ti , ciascuna vol t a dalla vite quando la mensola ~ orizzon-
tale ,
5 Togliere ad uno ad uno i pesi , riottenendo ciascuna volta la
giacitura orizzontale della mensola A e leggendo i valori l i.
s e g nati in tale c ondizione dalla vite micrometrica.
6 - Hi po r t a r e i d a t i de 11 e due t ab e 11 e con i r i s p et t i vi e r r or i
su carta millimetrata in modo da ottenere le curve che rap -
presentano gli allun3amenti in funzione della forza duran-
te la fase di carico e quella di scarico.
7 Scelta una coppia di valori ( 8 l.i , F i. ) trovati durante il ca-
rico calcolare il modulo di Young E del materiale mediante
la (3).
8 - Valutare l'ordine di grandezza dell'errore relativo massi-
mo a pr1orl..

Esperienza XII .. Misura del modulo di Poisson con metodi in ..


terferenziali

Poiché la determinazione delle deformazioni di un corpo


involve una misura di variazioni di lunghezza, il cambiamento
prodotto in ogni figura di interferenza ottica offre un metodo
sensibile per la determinazione di alcune costanti elastiche.
Nell ' esperienza in esame si vuole misurare il modulo di
Poiss o n utilizzando le frange localizzate che si producono fra
una sbarra del materiale in esame e una lastrina di vetro con
le superfici lavorate piane otticamente (lastrina di riferimen-
to).
La disposizione sperimentale e' mostrata nella fig . 16 .
Una sbarra rettangolare del materiale lavorato con la su -
perficie piana e riflettente e' posta su un sostegno costituito
da una base J . con due coltelli H su cui poggia la sbarra . So-
pra la sbarra e' posta la lastrina di riferimento.
La sbarra e' caricata simmetricamente agli estremi UV con
due pesi uguali P .
Consideriamo la sbarra di lunghe z za l , larghezza be spes-

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.. 3 9 -

11

H H
J

Fig . 16

sore a non caricata. Un punto qualunque P alla superficie del-


la sbarra non caricata,ha certe coordinate (x,y , O) (fig.17a).
Se la sbarra é caricata per mezzo dei pesi P essa si in-
curva , come noto, secondo un arco di cerchio di raggio R 1 : BE '
rappresenta la linea neutra. Supponendo che la sua sezione tra-
sversale rimanga immutata nella forma, le coordinate di P di -
v entano : x , y , z1. Se lo spessore della sbarra é trascurabile in
confronto ad R1 (v. fig.17n), in prima approssimazione s1 puo'
scrivere :

Zl X
da CU1

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- 40 -

e se
2R >> z1
p s1 ha :

Tuttavia anche la sezio -


Fig • .17a
ne trasversale cambia forma
(v . · fig. 17 c). Se fosse pre-
sente solo questa curvatura
le coordinate di P divente -
rebbero : x ,y , z 2.
Ragionando come sopra , s1
ha :

In definitiva le coordi-
nate di P risultanti dai due
effetti sovrapposti risulta-
no : x,y , z, dove :
2
y

Fig. 17 h

Se una lastrina a facce


piane e parallele lavorate ot-
ticamente viene posta sul pia-
no xy, illuminando con inci-
denza circa normale con luce
di lunghezza d'onda À si han-
no delle frange di interfe-
renza. L'oscurità si ha per

con n intero. ·
La (l} é l'equazione di
una iperbole.Poiché z pud es-
sere positivo o negativo si
hanno due serie di frange i -
F ig . :17 e perboliche ( v .fig . 18) che han-
no in comun e g li assi e gli

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- 41 -

sintoti.
Questi ultimi formano un angolo con la direzione Ox dato
da::

ctg
2
e ~ (}

Riferendosi ora alle fi-


gure 17b e 17c si vede che
\
__ ___ _
~

b = ~2

da cui:

Fig . 18

Poich~ per definizione il modulo di Poisson a é

5b/b
5 ZJ l
s1 ha:

5R 2 R1
a=--
5R1 R2
R1 2 ·
ma 5R 1 ~ 5R 2 e quindi a = - - = ctg
R2
e. .
In pratica poiché é difficle misurare si procede diver- e
samente. ·
Se p e p sono la posizione dell'n-esima e m-es1ma fran-
.
gia m
lungo n 1 ' asse Ox, allora dalla (1) per y =O si ha
2
Pn = R1nÀ
2
Pm =R1mÀ
e

Ugualmente per le frange nella direzione Oy:

da cui :

M.Bertolotti-T . Papa-D . Sette- Metodi d' ciss . ~misura - Eserci t . : Disp. : 6

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- 42 -

N.B. In realta' la lastrina di vetro otticamente lavorata non


coincidera' col piano xy, che e' un piano puramente geometrico ,
ma sara' leggermente spostata dipendentemente dal la configura-
zione che assume il sistema deformato.Tuttavia ciò non compor -
ta variazioni nelle formule conclusive sopra ottenute.

Modo di operare
La disposizione sperimentale i illustrata nella figura 16.
M e' un microscopio per osservare le frange, N una lampada al
sodio e C un condensatore per aumentare la illuminazione sul
vetrino.

1 - Porre la sbarra del materiale di cui si vuol misurare il


modulo di Poisson simmetricamente sui coltelli del suppor -
to . Appoggiare ai suoi due estremi i coltelli dei piattel-
l i portapeso. Porre al centro della sbarra il vetrino di
riferimento ed illuminare con la lampada.
2 - Aggiustare il condensatore ottico in modo da ottenere la
massima illuminazione sul vetrino. Saranno visibili ad oc -
chio nudo delle frange di interferenza di forma irregola-
re.
3 - Caricare la sbarra ponendo i pesi P sui due piattelli. Le
frange appariranno ora di forma regolare ben visibili ad
occhio nudo.
4 - Disporre il microscopio al disopra del sistema vetrino di
riferimento-sbarra in modo che all'oculare appaiano ben in-
grandite le frange.
5 - Aggiustare il microscopio in modo che gli assi della scala
graduata del reticolo coincidano con gli assi dei due si-
sterni di frange.
6 - Misurare le posizioni pk rispetto all'origine di alcune
frange consecutive scelte fra le piu' nitide (a destra o a
sinistra indifferentemente perche' la figura deve essere sim-
metrica). Dare la posizione della frange in divisioni del-
la scala del reticolo e segnarle sulla apposita tabella (v.
tab . XII) approssimando entro la mezza divisione della sca-
la.
7 - Ripetere l'operazione per le frange nella direzione Oy se-
c o ndo l ' ordine seguito nella direzione Ox e se g nare i va-
lori di qk . ·

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- 43 -

8 - Scegliere diverse coppie corrispondenti di valori di pk e


qk e ricavare i diversi valori di u.
Dare come risultato la media dei valori trovati di u con
il corrispondente errore.

TABELLA XII

Posizione in Posizione in
2 2
pk divisioni del pk qk divisioni del qk o- k
microscopio microscopio

o-

Valore Errore

? - n - z :a
1
XI ~ - Uso di un microscopio per misure di lunghez ..
ze

Nel microscopio impiegato nell'esperienza vanno notati al-


cuni dispositivi fondamentali per l ' uso dell ' apparecchio ( v .
fig.19).
1 - Un tavolinetto traslatore T su cui va poggiato l ' oggetto
da esaminare e che permette lo spostamento per mezzo di due
manopole M1 e M2 in due direzioni ortogonali fra loro del -
1' oggetto stesso rispetto all ' asse del microscopio . Le gui -
de del tavolinetto sono graduate in millimetri ed inoltre
vi sono due noni che permettono una piu' accurata determi -
nazione delle coordinate.
2 - Un dispositivo di illuminazione L per esaminare oggetti o-
pachi con luce riflessa. La intensità luminosa del dispo -
sitivo puo' essere variata regolando la tensione di accen-
sione mediante una manopola posta sul trasformatore d'ali-
mentazione. Il fascio luminoso puo' esser e aggi u stato fin o
a realizzare le migliori condizioni di illumina z i o ne.
3 - Una vite V1 p er la messa a fuoco posta a d e stra del tubo
del microsco i) io, che perm e tte di avvicinare o allontanare

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- 44 ..

il medesimo dall ' oggetto .


4 - Un oculare O munito di reticolo R. A seconda del tipo , il
reticolo puo' essere mobile ossia pud essere comandato me -
diante una vite micrometrica esterna V2 , oppure fisso cio ~
inciso sull ' oculare stesso con i criteri descritti nel te -
sto . Nel primo caso le incisioni del reticolo si portano a
coincidere con l ' immagine dell ' oggetto da osserv a re ruotan -
do la vite micrometrica , nel secondo caso l ' oggetto da os -
servare viene spostato rispetto all ' asse del microscopio
mediante il tavolinetto traslatore e la sua immagine viene
portato a coincidere col reticolo.
Detto oculare puo' essere ruotato attorno all'asse del mi -
croscopio. Gli obiettivi sono intercambiabili e vanno av -
vitati alla estremita' inferiore del tubo del microscopio .
L ' esperienza consiste :

\ I I
T li I

Fig. 19

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- 45 -

Collettore A
\~

Base

Fig. 20

a) Esame della sezione di un tran- B B'

~
sistor(*) (v . fig.20) e deter-
minazione di alcune due dimen-
sioni ;
b) determinazione di alcuni para-
1
metri di una vite : passo AA ;
distanza BB ' (v. fig.21).
Fig . 21
Modo di operare
1 Avvitare nella sua sede l'obiettivo da lOx e sistemare sul
tavolinetto del microscopio il micrometro oggetto che e' co-
stituito da un vetrino nella cui parte centrale e' incisa

(*) Come noto un transistor é un dispositivo elettronico costruito con un


semiconduttore (solitamente germanio o silicio) ed~ ~apace tra l ' altro di
assolvere alla funzione di un triodo amplificatore. Il semiconduttore vie -
ne drogato in modo da presentare tre re gioni nelle quali la conducibilita'.
e' alternativamente dovuta a portatori negativi (elettroni , regione n) o po ··
siti vi (lacune , regione p) . : I transistor possono essere n p n o p n p . La
regione centrale viene chiamata base mentre delle due laterali solitamen ~e

_,. -
quella piu stretta é quella a cui si applica il segnale da amplificare e
..._ - -
----·- - ......... -~ ......·--
-

pr"ende i ( ~ome di eme'iiùore , rilen-tr -è.. quei1a:·- p1 lr.T arg';- e' · quella da cui si
·;~~ . il segna!~ amplificato e prende n . nome -di " ;;;·r_r;tto ;~rr;. :fig . 2Ò) . :
Se si immerge un transistor sezrc;~~~-_;;; un opportuno reagente chimico (so -
litamente a base di acidi fluoridrico e nitrico e bromo) le regioni di con -
ducibili te'. diversa reagiscono in modo differente e ne risulta che l ' aspor-
tazion e del materiale dalle regioni n e p avviene in modo differente . In
corrispondenza alle due region i di confine fra le zone ne p dell 'e metti-
tore c on la base e del collettore con la base si formano di consegu enza dei
dislivelli che con un 'o pportuna illuminazione e forte ingr andim ento posso-
no ess ere resi vi3ibili per mettendo la caratterizzazione de lle tre regi o-
ni . ·

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" 46 -

una scala di 2 mm . divisa in 200 parti (una divisione vale


quindi 10 micron).
2 - Aggiustare la luce fino ad ottenere la migliore illumina -
zione. Mettere a fuoco la scala del micrometro oggetto e
sistemare il reticolo dell ' oculare in modo che le righe del
reticolo siano parallele alle graduazioni del micrometro og -
getto ,
3 .. In queste condizioni agendo sulla vite micrometrica dell ' o -
culare, spostare la riga del reticolo di M1 graduazioni sul
micrometro oggetto e contare le corrispondenti M2 divisio-
ni della vite micrometrica dell'oculare stesso, tenendo con -
to dei giri completi della vite. Ovviamente una divisione
di quest'ultima sara uguale a:

10 M1
d ----micron .

Se il micrometro é inciso sull'oculare, come detto sopra,


portare a coincidere le divisioni del micrometro oggetto
con quelle dell'oculare e tarare in micron queste ultime.
Segnare il valore ottenuto nell'apposito foglio (v. tab.
XIII) e dare l'ordine di grandezza dell'errore partendo dal-
l'errore relativo massimo :

6d 6M2 6M1
=-- +---
d M2 M1

6M1
In pratica si pud supporre che - - sia trascurabile in con-
6M2 M1
front o a - - . Si osservi che (in particolar modo con for-
M2
ti ingrandimenti) portando a sovrapporre il reticolo con i
tratti delle graduazioni del micrometro og g etto , é neces-
sario uno spostamento di alcune divisioni della scala del-
la vite micrometrica prima di poter notare uno spostamento
apprezzabile del reticolo rispetto al micrometro oggetto
stesso. ·
Pertanto, per valutare l'ordine di grandezza di 6M 2 , por-
tarsi col reticolo in corrispondenza ad una divisione del
micrometro oggetto e leggere quante divisioni del la vite
micrometrica corrispondono ad una variazione apprezzabil e
della posizione del reticolo (per es . corrispond e nte allo
s pes sore della divisione incis a ) .
L ' ordine di grandezza di 6M 2 sara valutato c ome i 1 doppio
del numer ~ delle divisioni lette sulla vite micrometrica.

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- 47 -

TABELLA XIII

Taratura del micrometro oculare

Misura delle dimensioni del transistor

' Sp essore della lastrina ' Spessore del la


di germanio base

AA ' errore un i t a' BB 1 errore unita

4 - Ripetere le precedenti operazioni usando l'obiettivo da 26x .


5 Togliere il micrometro oggetto e porre sul tavolinetto il
transistor sezionato che apparira come nella fig. 20. Per
osserva re il transistor usare l ' obiettivo lOx. Monta re poi
l'obiettivo 2Gx e misurare lo spessore AA ' della lastrina
di ger ma nio e lo spessore BE ' della base . Si osser veri che
esiste una certa imprecisione nel puntare i contorni del
transistor . Si cercheri quindi d i da r e una valutazione de -
g l i spessori medi misurando g li spessori in varie zone del
transistor.

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- 48 -

Come risultato si darà la media dei valori ottenuti . L ' or -


dine di g randezza dell 'e rrore sara' dato dalla semidisper ·
. .
sl.one massl.ma.
6 - Ripetere le precedenti operazioni per la vite.Si consiglia
di eff e ttuare la misure di AA ' e BB ' (v . fi g .21) 1.n posl. -
zioni diverse lungo l 'a sse della vite. Riportare le varl.e
nnsure su una tabella analoga a quella riportata per il
transistor.

Esperienza XIV .. ~lisura di lunghezza d ' onda con lo spettrosco ..


pio

L'apparecchio che viene usato 1.n questa esperl.enza é uno


spettroscopio a deviazione costante (v. fig.22).
All'estremo del collimatoreéposta una fenditura F la cui
apertura pu~ essere regolata agendo sulla vite V1 . All'estremo
del cannocchiale si ha l'oculare O; un'altra vite, V2 consente
di aggiustare la messa a fuoco dell'immagine .
Nel piano focale dell'oculare sono posti due fili (fig.23)
il cui incrocio costituisce un punto fisso di riferimento.

Co/lina. fore
Lampada

Cannocchiale

Fig . 22

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- 49 -

Il prisma si trova posto nella parte centrale dell 'appa -


recchio ed e' montato in maniera da poter
ruotare intorno ad un asse perpendicola -
re al piano in cui giace il cammino dei
ra gg i luminosi. Tale rotazione e' coman -
data mediante la vite micrometrica M, che
porta una g raduazione.

Modo di operare
Al fin e di poter u ti 1 i z zar e 1 o s p et -
troscopio per l'esame degli spettri emes-
s1 dalle diverse sostanze é necessario Fig . :23
procedere anzitutto ad una taratura del-
la ·1 ite micrometrica, in modo da conoscere per ogni posizione
della vite stessa la lunghezza d ' onda della riga che si trova
in corrispondenza del punto fisso di riferimento nell'oculare .
Per ottenere cio si proceda come segue :
1 - Si accenda una lampada contenente una sostanza il cui spet -
tro sia noto (nel nostro caso vapori di Hg) e si attenda
qualche minuto affinche' la lampada possa riscaldarsi e por ·
tarsi a regime .
2 - Agendo sulla vite V1 aprir e la fenditura F finche' guardan -
do all ' oculare non si vedano comparire delle righe lumino -
se. Rego lare allora il fu oco mediante la vite V2 finche' i
contorni delle varie righe appaiano ben netti . Se necessa -
rio re g olare anc o ra l ' apertura della fenditura in modo che
le ri ghe non sian o ne' ecc e ssivamente luminose e lar ghe, ne'
troppo scure. Ruo tando la vite micrometrica M le varie re -
gioni dello spettro scorr e ranno nel campo del cannocchia-
1 e.
Lo spettro dei vapori di Hg é dato in fig. 24, in cui sono
riportate anche le lunghe zze di onda, 1n Angstrom, delle
righe p iù nette.
3 - Ruotare la vite micrometrica M finché una ri g a sicuramente
individuata non sia centrata sul reticolo. (E'consigliabi -
1 e s c e g 1 i e r e 1 e t r e r i g h e n z z u r re r a v v i ci n a t e ) . In qu e s t e
condizioni leggere l'indi caz ione segnata dalla vite micro -
metrica e riport a rla nell 'app osito foglio (v . tab.XIV) in -
sieme al colore c d alla lun ghe zza d ' onda della riga indi -
viduata. Calcol ~re l'errore osservando il numero di divi -
sioni di cui e' ne ces sario ruotar e la vite micrometrica pe r
spostare apprezzabilmente la riga in corrispondenza al cen -
tro del r eti colo .

M.13erto l otti-T. Papa-D .Scae - Metoè.i d ' oss . e misu ra -Ese rci t. · Disp . 7

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TABELLA XIV

Taratura del lo spettroscopio Determinazione dello spettro


con lo spettro noto incognito

Posizione del- Posizione del- Lunghezza


Lunghezza 0
la vite la vite d ' onda in A
Colore d'onda Colore
o
in A
valore I errore valore I errore I valore I erro r e

CJ1
o
.. 5 1 ...

4 - Ripetere l'operazione di cui al punto 3 per tutte le righe


dello spettro di cui la fig . 24 fornisce le lunghezze d ' on -
da .
LUN!;lfEZZ,t/
A
"' ..
D'Ol'fO,I/, IN
"'.,, ~ ....;;;"'
.., ... ..,
"'"'"' ~~-:;:~ ~
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~ \Ì) ~ Q::: '$

Fig . 24
Spettro di emi.ssi.one di una lampada a Hg .

5 - Riportare su carta millimetrata i valori delle lunghezze


d'onda e delle posizioni della vite con i loro errori co-
struendo cosr, empiricamente, una curva che rappresenta le
posizioni assunte dalla vite M 1n funzione della lunghezza
d'onda.
6 - Sostituire la lampada contenente il gas di cui é noto lo
spettro con una lampada contenente il gas di cui si vuole
determinare lo spettro. Attendere,anche 1n questo caso che
la lampada si riscaldi.
7 - Procedendo come ai punti 3 e 4 ricavare la posizione della
vite relativa a ciascuna riga dello spettro incognito.
8 - Usando il grafico costruito al punto 5 determinare la lun-
ghezza d'onda di ciascuna riga dello spettro e segnarla
nell'apposto foglio. Calcolare l'errore.

Esperienza XV - Misura della portata di un sistema da vuoto

La misura della portata S di un sistema da vuoto si puc:i


ese g uire oltre che col metodo a volume costante, descritto nel

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- 52 -

testo, con il metodo a pressione costante che viene adoperato


nella presente esperienza.
Il sistema da vuoto e
costituito essenzialmente (fig . 25)
da una pompa da vuoto rotativa R, un polmone di volume V e una
serie di manometri per la misura della pressione : il primo , M1
é un manometro metallico, su cui si può leggere il valore del -
la pressione fino a circa 50 mm di Hg . Il secondo, M2, é un ma -

R V
1'

Fig. 25

nometro a mercurio ad U con un ramo chiuso: su di esso possono


essere letti i valori della pressione (dati dal dislivello del
mercurio nei due rami) a partire da 300 mm di Hg fino a circa
1 mm di Hg. · Il terzo, M3 infine e' un manometro di McLeod tipo
vacustat. · Su questo é possibile effettuare letture a partire da
1 mm di Hg fino a circa 10 - 3 mm di Hg .
Come si rileva dalla figura la pompa R e' connessa ad un
recipiente di opportune dimensioni entro cui viene praticato il
vuoto . Una valvola a spillo P ~ connessa da una parte al reci-
piente e dall'altra ad un capillare di vetro S di sezione o- co-
stante . Tale valvola ha lo scopo di realizzare una immissione
tarata (dosata) di aria entro il recipiente. La portata d'aria
v é ric a vata con il seguente artificio. All'estremo aperto del
tubo viene posta una goccia di mercurio. Questa chiude il ca ··
p illare e si muove in esso per effetto della as p irazione della

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53 -

pompa . Misurando il tempo impiegato dalla goccia a percorrere


la distanza compresa tra due traguardi segnati sul tubo capil -
lare si pud determinare v . Se durante l'operazione di introdu -
zione dell ' aria la pressione nel recipiente V resta costante,
la quantita' d ' aria che entra in un dato intervallo di tempo è
pari a quella aspirata dalla pompa.Si ha,pertanto, per la leg-
ge di Boyle

da CU1

dv
s =-=-- (1)
dt p

dove Pa ~ la pressione atmosferica.

Modo di operare
1 - Mettere in moto la pompa R mediante l'apposito interrutto-
re mantenendo la valvola a spillo completamente aperta.Leg-
gendo la pressione nel polmone per mezzo dei manometri s1
notera che essa scende rapidamente fino a stabilizzarsi su
un valore costante di circa 5 mm Hg .
2 - Introdurre una goccia di mercurio nel capillare. Puo acca-
dere che la velocita con cui l'aria e' aspirata nel polmone
sia talmente elevata che mettendo la goccia di mercurio nel
capillare essa si muova in esso troppo rapidamente perché
se ne possa osservare con precisione il moto.Si deve quin-
di ridurre gradatamente l " apertura della valvola a spillo
fino a poter osservare tale moto, senza che la goccia si
frantumi. Se la pressione si é stabilizzata il moto avver-
ra a velocita praticamente costante.
3 - Leggere la pressione sul manometro opportuno. Quindi inse-
rire la goccia di mercurio nel capillare e misurare il tem-
po impiegato da questa a percorrere la distanza l nota tra
due traguardi s eparati sul tubo di vetro.
Segnare tali misure con il relati.va errore sull'apposito
foglio (v. tab.XV).
4 - fiipetere le operazioni di cui al numero 3 riducendo sempre
l'apertura della valvola a spillo fino alla completa chiu-
sura . Assicurarsi ogni volta che la pressione si sia sta -
bilizzata esegu e ndo due o tre misure a distanza di un mi ·
nut o circa l' un r. dall'altra.Scegli endo opportunamente l' in ·
tervallo fra un'apertura e la siiccessiva s1 potranno far e
una d e cina di rilevazioni .

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TABELLA XV

p t s

valore errore un i ta' valore errore un i t a' valore e r rore un i t a"

5 - Usando la ( 1), calcolare la velocita di asp1raz1one della


pompa alle varie pressioni p, ponendo in luogo di v il va-
lore del volume ul aspirato diviso per il tempo impiegato
dalla goccia a percorrerlo.
Segnare i valori trovati sull'apposito foglio e dare come
ordine di grandezza dell'errore, l'errore massimo .
6 - Fare un grafico riportando in ascisse le pressioni in mm Hg

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- 5 5 ..

e in ordinate le portate corrispondenti in lit / min . Si no -


terà che al crescere della pressione a partire da valori
intorno al micron di Hg, la curva ~ crescente fino a valo -
ri intorno ' al mm Hg : al di la di tali pressioni l a portata
si mantiene costante .

Esperienza XVI - Misura dell' intensitd luminosa di una lampada

Se due sorgenti luminose danno luo g o, su di uno schermo,


allo stesso illuminamento, il rapporto delle loro intensita lu -
minose eguaglia il rapporto dei quadrati delle loro distanze
dallo schermo :

Se di una delle due sorgenti é nota l'intensità luminosa


(lampada campione), ~possibile, misurando d 1 e d 2 , determina-
re l' intensit·à luminosa dell'altra sorgente.
Allo scopo di ottenere lo stesso illuminamento su uno scher-
mo s1 usa il dispositivo indicato in fig.26. Bé.una g uida sulla

L
r

d,e - - - - - -

Fig . 26

quale vengono poste le lampade campione L e la lampada in e-


c
same L . F é un fotometro di Bunsen (v. fig. 27) costituito da
uno schermo e di carta su cui
e stata fatta una macchia M di
stearina. La zona cosr tratta -
ta risult a piu' trasparente (e
quindi meno diffond ente) del
resto d e lla carta, per cui la
macchi a a p parirà piu' scura del-
lo sfondo d al lato in cui l'il-
lu min ame nto ~ ma gg iore, me ntre
appar ir a' pi u' chiara de llo s fon-
do d al lat o in cui l'illumin a - Fi g . 27

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- 56 -

mento é minore . S,S ' sono due specchietti angolati in modo ta -


le che, guardando dall'alto, ~possibile vedere contemporanea -
mente i due lati dello schermo C .

Modo di operare
1 - Montare il circuito elettrico di alimentazione delle lam -
pade Le ed L, illustrato in fig . 28. T é un trasformatore.
R 1 ed R 2 due reostati, V un voltmetro, I un amperometro, T1
e T2 due interruttori.
2 - Chiudere l'interruttore T 1 eregolare il reostato R 1 in mo -
do che la tensione di alimentazione della lampada campio-
ne, segnata dal voltmetro V sia esattamente 12 volt .
3 - Chiudere l'interruttore T 2 , e regolare il reostato R2 in
modo che l'intensità di corrente i assorbita dalla lampada

- +
r-----f 1111111111-------~1

Fig. · 28

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57

~
~

o
~
~
~

' ~

-o
~
~

~
~
o
~
~

..
~

V
~

-o
~
~

.
~
~

e
~

~
~
~ o
~ ~
~
~

~
~

-o
~
~

.
~
~

e
~

~
~
M o
~ ~
~
~

~
~

-o
~
~

M.Rertolotti-T . Papa-D . Sette - Metodi d'ciss . e misura - Esercit. Disp. · 8

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.. 58 -

L sia circa 1 A. Scrivere il valore della corrente sull ' ap ··


posito foglio (v . tab . XVI) in sieme all ' errore di lettura .
4 Fare scorrere sulla guida il - f otometro finch~ per una cer -
ta sua posizione si riscont1.' a la scomparsa della macchia.
Trovare le due posizioni . ~ streme attorno a questa posizio -
ne per cui questa con<liz~one appaia ancora verificata .
In queste condizioni . leggere ed annotare sull ' apposito fo -
glio le due distanzé d 1 e le due distanze d 2 (v . fig.26),
fare la media dei due valori di d 1 e d 2 e dare la semidi -
spersione massima come valore dell'errore.
5 - Aprire gli interruttori T1 e T2 spegnendo le lampade.
6 - Calcolare l'intensita luminosa I della lampada L :

I= I
e d~

ed il suo errore.
7 - Ripetere piu' volte le operazioni di cui ai punti 1, 2, 3, 4,
5,6, regolando pero il reostato R2 in modo che la intensi-
ta della corrente i assorbita dalla lampada L sia di volta
in volta maggiore.
Non superare in alcun caso il valore : 1,6 A .
8 - Smontare il trasformatore T e sostituirlo con l'accumula-
tore. · Ripetere le operazioni precedenti con la lampada L
alimentata in e.e. segnando i risultati sul foglio.
9 - Costruire in un grafico, riportando in ascisse i valori di
i ed in ordinate qu e ll i di I , 1e due curve relative alle
operazioni in e.a. ed in e.e.

Esperienza XVII - Taratura di una coppia termoelettrica

L'esperienza consiste nella taratura di una termocoppia


rame-constantana, cioe
nella determinazione rame
della f.e.m. E della I
I
coppia in un interval- I
Temperatura, I
lo di temperatura com- E
da. I
preso tra 0° e 150°C misurare I
circa. I
I
Si adopera la di- I
sposizione della fig. 29 I rame
I C'
in cui compaiono tre ti - Fig. 29 L___ J
Ti!mperafura. d/ riferimento

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- 59 -

pi di metalli : i due metalli della termocoppia e le connessio -


ni di rame che vanno al misuratore della f.e .m. Cio' non altera
il valore della f.e . m. E purche le saldature Ce Ca siano te -
nute alla stessa temperatura, per es. alla temperatura di ri -
ferimento .
Il montaggio pratico é mostrato ne lla fig.30 .
E

Fig. 30

La saldatura tenuta alla temperatura di riferimento é po-


sta in provetta circondata da ghiaccio fondente, contenuto nel
thermos A, mentre l'altra saldatura é disposta in una provetta
B in bagno d'olio la cui temperatura puo'essere variata median-
te il riscaldatore S. Tale temperatura é determinata dal ter-
mometro T. La misura della f.e.m. E viene effettuata col meto-
do potenziometrico, schematizzato nella fig.31. La pila E 0 fa
passare una corrente costante nella maglia ABCD; tale corrente
puo' essere regolata mediante il reostato R 0 e determina una
d.d.p. fra un estremo A del potenziometro R ed il suo contatto
mobile F, la quale é la d.d . p. da opporre alla f.e.m. in misu-
ra. Ec é una pila campione Weston da usare per tarare le d. d.p.
al potenziometro R. Cio' viene fatto : 1) inserendo la Ee median-
te la chiusura del circuito ottenuto collegando il galvanome-
tro di zero G fra i contatti 1-1'; 2) regolando R 0 in modo da
annullare la corrente del galvanometro.In queste condizioni la
3
corrente che circola nella maglia ABCD vale O. 2 X 10- A . Poiché
R = 50 e poiche' la manopola di R é graduata in 1000 parti, sa-
1
rebbe possibile apprezzare - - - R e pertanto una d.d.p.
1000

M soxo.2x10- 3
fW = - V 10 µ,V
R 1000

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- 60

adoperando uno strumento di zero opportunamente sensibile .

R
----•B
F

E.x

1
Fig , 31

Modo di operare

1 Assicurarsi che il commutatore K sia nella posizione O e


collegare ai morsetti della cassetta potenziometrica di fi-
gura 32 la pila E0
(facendo attenzio-
ne alla polarita),
il galvanometro a
(J
00 - E +
00
zero centrale e
le estre~itd della
termocoppia.
2 - Inserire il galva- R Jì 0
n
00
nometro regolato 2
sulla massima por-
tata (x 1000).Por- x@o
tare il commutato- :,) f
re in posizione 1
ed azzerare il gal-
vanometro a g e ndo su Fig. 32

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- 61

TABELLA XVII

temperatura t f . e . m. E

valore errore unita' valore errore un i t a0

Ra. Ripetere l'operazione per le varie portate del galva-


nometro fino a quella minima (x 1). Riportare il commuta-
tore in posizione O. Si consideri che l'errore sulla cor-
rente di taratura sia trascurabile.
3 - Leggere la temp e ratura del termometro con il suo errore e
segnarla nell ' a pro sito foglio (v.tab . XVII}.Portare il com -
mutato re nella posizione 2 ed azzerare il ga lvanometro, a-
Gendo su R. Pe r l'azzeramento portare dalla portata x 1000
fino a quella x 1 come al punto 2.Si osserveri che in que-
sto caso, la mar..opola del la resistenza R può essere spo-
stata d i una o ;_i iu' graduazioni prima che il g alvanometro
mostri una devi u ~ione. Ca lca ]are quindi la sensibi]it~ del

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.. 62 -

galvanometro cos1 usato e da questa risalire all ' errore su


R e quindi sulla f.e . m.
4 - Inserire il riscaldatore fino a portare la temperatura al
valore desiderato, agitando convenientemente l ' olio, per ·
che la temperatura del bagno sia uniforme. Interrompere il
riscaldamento e misurare il valore di E.Prose g uire di die ·
ci gradi in dieci gradi e con i valori ottenuti disegnare
un grafico della E(t) con il suo errore su carta millime -
trata.

Esperienza XVIII - Misura di parametri elettrici , con un "te -


ster"

L'esperienza consiste nell'uso di un tester (strumento u -


niversale) per :
a) misura di resistenze adoperando il tester come ohmetro ;
b) rilievo della caratteristica di un diodo a semiconduttore .
Quest'ultimo come noto, e
un dispositivo non lineare che
presenta caratteristiche nettamente diverse secondo il verso
della corrente . L'esperienza proposta consiste nella misura del -
la corrente che passa attraverso il diodo in funzione della
d.d.p. applicata ai suoi estremi. Si trova una curva del tipo
di fig.33.

i
(mA)

(µA)

Fig. 33

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- 63 -

a) Misura di resistenze

La misura di resistenze va effettuata inserendo i t e r mi ·-


nali del tester nelle boccole contrassegnate D e D'x 1 , n X 10 ,
etc . , a seconda del fondo della scala scelto. Prima di effet -
tuare la misura per un certo fondo scala avere cura di azzera -
re lo strumento mettendo in corto circuito i puntali del te -
ster ed agendo sul potenziometro di azzeramento .
Dare i valori delle resistenze con i corrispondenti erro-
ri e segnarli nella apposita tabella (v. tab.XVIII).

'FABELLA XVII I

Uso del l 'Ohm et ro

valore errore un i ta'

Caratteristica di un diodo a semiconduttore

V I

valore errore un i ta ' valore errore un i tO:

·-

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64

b) Misura della caratteristica del diodo a semiconduttore ,

1 - Inserire il diodo tra i morsetti voltmetrici VV ' (v , fig .


34) in modo tale che l'elettrodo corrispondente al catodo
sia a potenziale ne -
gativo (polarizzazio-

--u
ne diretta del dio- V V' .J1 A
1

do).
2 - Connettere il tester.
come voltmetro con T-
2
fondo scala 50 Ve.e.
e chiudere i due cir -
cuiti mediante T1 e
T2 . Misurare la d.d.p.
ai capi del diodo per
una certa posizione
del potenziometro P.
Se il fondo scala di
50 V e.e. ~eccessi­
vo, passare a quello
piJ basso e cos~ via +
fino a che la scala
usata non sia quella Fig. 34
che permette la let -
tura con la migliore precisione .
3 .. Senza più toccare il potenziometro P aprire l'interruttore
dei morsetti amperometrici AA' per misurare la corrent e.
Cambiare il fondo scala se questo si rivela eccessivo. Da-
re i valori con i corrispondenti errori .
4 - Ihpetere in modo analogo a quanto descritto ne i punti 2 e
3 variando il valore della tensione per mezzo del poten-
ziometro.
5 fiipetere le operazioni precedenti invertendo le connessi o -
ni del diodo (diodo polarizzato in modo inverso) . Se gnare
i valori sull ' apposita tabella con Gli errori.
6 - Costruire il grafico che da l ' andamento della corrent e che
attraversa il diodo al variare della tensione (caratteri -
stica del diodo), con i corrispondenti errori .

Esperienza XIX · Misura del rendimento di un motore elettrico

Lo scopo di questa esperienza e' la determi naz ione della


curva di rendi men to di un motor e asincr ono mono fase in funzio-
ne della pot e nz a e lettri c a assorbita . Il rendi ment o d i un a mac -

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- 65 -

china elettrica é dato · d~:

T) =--
p
e l.

dove Pe l • é la potenza elettrica assorbita,e Pm lapotenza mec-


canica fornita dal motore (sempre inferiore alla precedente).
Le principali cause di dissipazione sono gli attriti meccani-
ci, l'effetto Joule negli avvolgimenti,le correnti di Foucault
e l'isteresi magnetica.
La potenza elettrica assorbita da un motore monofase e da-
ta, come ~ noto, da

P e z• = V e ff • I e f f. e os cp

dove Veff. , Ieff. e cos cp


sono rispettivamente la
tensione efficace di a-
1 imentazione del motore,
la corrente efficace as-
sorbita ed il fattore di
potenza .
La misura della po-
tenza meccanica é rea-
lizzata mediante il co-
siddetto Freno di Prony
illustrato nella fig.35.
Esso e costituito da
una cinghia G che agi-
sce,mediante elementi di
ferodo, F , F ', su una pu-
leggia P calettata sul-
1 'asse del motore . La
pressione dei ferodi sul-
la puleggia puo' essere
regolata mediante due vi-
ti V, V' a cui sono fis-
sati due dinamometri Di
e D 2 , che mantengono in
tensione la cinghia.A mo-
tore fermo i dinamometri
se g nano lo stesso valore
F 1 = F 2 • Se il motore e' Fig. 35

M. Bertolotti-T . Papa-D . Sette - Metodi d'oss. e misur a - Esercit. : Disp . 9

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- 66 -

posto in rotazione, sui dinamometri si leggono valori diversi


per F 1 e F 2 • La differenza tra i due valori letti sui dinamo-
metri moltiplicata per il raggio della puleggia d~ il valore
del momento della coppia frenante in condizioni di regime. In
tali condizioni la potenza meccanica fornita dal motore e dis-
sipata (in questo caso particolare esclusivamente in calore) è
data da

dove/.<\ ·· F 2 f! la differenza tra i moduli delle forze letti sui


dinamometri, r ~ il raggio della puleggia e v il numero di gi -
ri al secondo.

Modo di operare
1 Montare il circuito come in fig.36. T 1 e T2 sono rispetti-
vamente l'interruttore di corto circuito dell'amperometro
e l'interruttore di alimentazione del motore : A é un ampe-
rometro, V un voltmetro, ~ un cosfimetro.

1j

Fig. 36

2 - Abbassare le viti di regolazione V, V' della cinghia (vedi


fig. 35) in modo da allentare la cinghia stessa dalla pu-
leggia.
3 - Chiudere l ' interruttore 1 1 e successivamente T2 •

4 La cinghia va riavvicinata alla puleggia a motore avviato


e la pressione da essa esercitata va aumentata g radualmen:
te a gendo su V e V'.

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TARELLA XIX

I V cos cp F1 F2 n 7J
eff , eff .

valo re errore un i ta' valore errore un i ta' valore erro re va lo re er rore un i t a' valore errore unita' valore er rore un i t a' valore e r r orc

C\
-l
- 68 -

5 Aprire l'interruttore T1 . Concio s1 elimina lo shunt del -


l'amperometro.
6 - Poggiare il contagiri , con la sua testa di g omma , sulla se -
de praticata appositamente sull'asse del motore . Leg g ere il
numero di giri al minuto n .
7 - Spegnere il motore e chiudere il tasto T1 •

8 Segnare sull'apposito foglio (v. tab. XIX) i valori dell e


grandezze elettriche (Veff , Ieff , cos cp e meccaniche F 1 , F 2 ,
n) con i relativi errori di lettura e determinare il ren -
dimento.

TJ
V eff I eff cos cp

con il suo errore.


9 - fiipetere le operazioni 2,3,4,5,6, 7,per diversi valori de l -
la tensione della cinghia, fino a che la corrente assorbi -
ta ha ragg iunto il valore massimo ammissibile pe r il moto -
re in dotazione .
10 - Costruire un grafico riportando in asci s se la potenza e -
lettrica assorbita ed in ordinate il corrispondente rendi-
mento del motore.
NOTA : Ese g uire le sin g ole misure rapidamente . Si e vit e r a
co s 1 il riscaldamento del motore e della p ule ggi a.

Es perienza XX - Misure d i Impedenze

T al i misure ven Gon o e f fettuate con i ponti d i i mpede n ze


d e s critti nel testo .
L'esperienz a consiste nell'e f f e ttuar e l e se g u e nt i mi s ur e :
a) Misura di una capacità ele t tric a
b) Misura s1 una induttanza .

a) Per la mi s ura di una capacità s1 usa l o schema d i fi g .


37 (ponte di de Sauty) in cui :
R ~ una resistenza
Rv e' una c as s e tta di resis te nz e
e I
e una capa cit à no ta
e e X
la ca pa cit a' inco g nit a.

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- 69 -

Il ponte è alimentato tra i punti AB con un segnale sinu -


soidale di frequenza 1000 Hz .
Lo strumento di zero e' co~
stituito da una cuffia telefoni- ])
ca.

Modo di operare

1 - Montare il circuito elettrico A B


del ponte come mostrato nella
fig . 37.
2 - Collegare i punti A e B al ge-
neratore sinusoidale.
3 - Agire sulla cassetta di resi- E
stenze fino ad equilibrare il
ponte.(L'cquilibrio si ottie-
ne quando l'intensita'delsuo-
no nella cuffia diventa mini-
maL
4 - Ricavare Cx dalla relazione : Fig . 37

R Rv
=
e %
e
L'errore su Cx si calcola mediante il differenziale loga-
ritmico. (L'errore su Rv viene valutato considerando la mas-
sima variazione Rv che produce un cambiamento apprezzabile
dell' intensita minima del suono ottenuta nelle condizioni
di equilibrio) . ·

b) Per la misura di una induttanza S1 usa lo schema (pan -


te di Owen) della fig.38, in cui: :
L1 e' l'induttanza da misurare
R1 e' la resistenza ohmica dell ' induttore
R2 , R:i sono cassette di resistenze
C3 ,C4 sono capacita' il cui valore e' noto.
All'equilibrio i valori di R 2 e R 3 ottenuti debbono sod-
disfare contemporaneamente le relazioni

Per determinare la condizione d'equilibrio operare come

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-
- 7 o -

per il ponte di de Sauty.


L'errore viene valutato come detto.

Fig . 38 JJ B

Esperienza XXI - Misura di alcuni parametri elettrici mediante


l'oscilloscopio

L'oscilloscopio in dotazione presenta sul pannello oltre


allo schermo del tubo a raggi catodici i sesuenti principali
comandi (fig.39) :
1) INTENSITA ' : regolazione dell' intensita' luminosa d ella trac-
cia e interruttore di accensione dello strumento .
2) FUOCO : regolazione della nitidezza della traccia.
3) POSIZ . O : regolazione della posizione orizzontale della trac -
cia luminosa .
4 ) POSIZ. V : re golazione della posizione verticale .
5) ATTENUATORE VERT : re golazione dell'am pi e zza del se gn al e d a
a pp licare a lle p lacchette ve rticali del tubo a r arr gi c a to-

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4 3

Fi g. 39
- 72 -

dici " Essa viene effettuata mediante una manopola a sc <it ti


ed una manopola di re g olazione fine.
6) TEMPO DI SCANSIONE : l\egolazione della scala dell'asse dei
tempi. Anche qui ~ presente una manopola a scatti ed una ma-
nopola di regolazione fine . Se quest'ultima e' ruotata com-
pletamente in senso orario l'asse dei tempi risulta tarato
secondo le graduazioni incise sul pannello .
7) SINCRONISMO : ~costituito dai seguenti comand ~ principali :
a) LIVELLO : Regolazione dell ' altezza del segnal e, ap-
plicato alle placchette verticali, alla quale si fa
partire l'asse dei tempi (Trigger)
b) STABILITA ': regolazione della stabilita dell'asse
dei tempi.
c) SELETTORE DEL SINCRONISMO : Selezione del segnale di
sincronizzazione secondo la seguente successione :
INT , · deflessione orizzontale a dente di se ga g ene ~
rato internamente e sincronizzato sul segnale appli-
cato ;
(Tri gg er interno)
EST . · Deflessione orizzontale a dente di se ga g ene-
rato internamente e sincronizzato su un segnale e-
sterno
(Trigger esterno)
8) INGR . VERT , : Connettore per il segnale da applicare alle
placchette verticali.
9) SINCR . EST ;: Connettore per l'applicazione del se g nale di
sincronismo esterno.

L ' esperienza consiste in due parti :


a) studio della risonanza di un circuito RLC;
b) studio dell ' andamento della scarica di un condensa t ore at-
traverso una resistenza e misura della sua capacit a.

a) Ri sonanza di un circuito RLC in r egime sinusoidale


Si vuole studiare la curva di risonanza di un circ uito RLC
al variare di uno dei parametri, per esempio la capacita', te-
nenclo costanti l ' indutt an za , la resistenza e la frequenza del
segnale applic ato .
Ta l e cur va v iene dete rminata mis urand o la tensi one ai ca-
pi d e l conde n satore e a l var ia r e della sua capacità (v . fi g. 40).
Si ri co r da che l a corren te complessa J che passa nel circuito

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- 73 -

e' data da :

Vo
I
1
R + jwL + - - -
j wC

e quindi la tension e Ve I · Zc al. cap1 del condensatore è da-

Fig . 40
ta da

1
jwC
V Vo - - - - - - - - -
e
R + i ( wL -~e)
Il modu lo di que sta espressione, fornisce l'ampiezza del -
la tensione ai capi di C:

Al la r1sonanza dovrà aversi :

Ve Ve max
I
Si puo verificare che tale condizione Sl. ha per un valore
di e pari a :
L
er 112 + L 2 w2

M.Bertolotti -T . Papa-D.Sette - Metodi d'oss. e rnis ur t' - Esercit . Disp , 10

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- 74 -

Se R<<wL si ha :

Modo di operare

Predisporre l'oscilloscopio per la misura operando come


segue :
1 - Collegare l'apparecchio alla rete mediante il cavo di ali-
mentazione . Accendere l'oscilloscopio rotando in senso ora-
rio fino a circa meta' corsa la manopola INTENSITA ' ; Rotare
pure a meta' della loro corsa i comandi POSIZ . O. e POSIZ.V . ·
Rotare completamente in senso orario il comando STABILIT~ e
predisporre il SELETTORE DEL SINCRONISMO in posizione INT.
A questo punto apparira' sullo schermo del tubo a raggi ca-
todici una traccia orizzontale che permettera di regolare
esattamente i comandi di INTENSITA ' ; FUOCO, POSIZ.O . · e PO-
SIZ. V. per una visione nitida e ben centrata della traccia.
2 - Tarare l' attenuatore verticale come segue :
Portare la manopola dell'ATTENUATORE VERT. in posizione CAL . •
Sullo schermo apparira' la traccia di un segnale trapezoida-
le. Il segnale ottenuto, in genere, non sara stabile e il
tempo di scansione non adeguato (traccia sullo schermo trop-
po estesa o troppo stretta).
Si scelga il tempo di scansione in maniera che sullo schermo
compaiano due o tre periodi completi.
Per stabilizzare il segnale si aggiusti i l LIVELLO e la STA-
BILITA ' · come segu~ :
Ruotare completamente in senso antiorario il comando LIVEL-
LO, e completamente in senso orario il comando STA13ILITA ';
riportare lentamente quest'ultimo in senso inverso fino a
provocare la scomparsa del segnale (arrestare la rotazione

-
della manopola immediatamente prima della scomparsa della
traccia). Ruotare lentamente il LLVELLO in senso orario fi-
----
no alla comparsa de segna!~ che risultera' cosi' sincroniz-
zato. Ritoccare eventualmente il FUOCO e l'INTENSITA'.
Aggiustare la manopola di regolazione fine dell'ATTENUATORE
VERT. fino ad ottenere una traccia di ampiezza verticale pa-
ri a quattro centimetri. Riportare la manopola a scatti del-
1' attenuatore nelle posizioni V / cm . La scala dell' atte-
n U a t Ore r i SU 1 t e r CO S i' t a r a t a S ~~On cl O i V a } Or i i n di Ca t i SU }
a
pannello. A questo punto la manopola di regolazione fine non
va piu' toccata .
3 - Applicare i l g eneratore sinusoidale all'ingresso del circui-

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- 75 -

to RLC in cui ~ inserito uno dei condensatori a disposizio-


ne e inserire la sonda S dell'oscilloscopio nel punto A . La
traccia sullo schermo risultera sinusoidale. Aggiustare le
manopole a scatti dell 'ATTENUATORE VERT . e del TEMPO DI SCAN -
SIONE in modo opportuno, (eventualmente ritoccare la STARI -
LITA ' e il LIVELLO).
In tali condizioni misurare la tensione Ve .
4 - Ripetere la visura di Ve per tutti i condensatori a dispo -
sizione spostando, se l'ampiezza e' troppo piccola o troppo
grande, la manopola dell'ATTENUATORE VERT . •
5 - Costruire il grafico (curva di risonanza) della Vc in fu•n -
zione della capacita e, segnando i corrispondenti errori .
6 - Ricavare il valore di cr per cui si ottiene la risonanza.

b) Scarica di un condensatore e misura della sua capaciti

E' noto come la tensione ai capi di un condensatore di ca-


pacita'. e, inizialmente carico, che si scarica attraverso una
resistenza, varia nel tempo con la leg g e :

V(t) = Voe-t/r

dove V0 é la tensione all'istante t =O e T = RC é la costante


di tempo del circuito.
Se si misura la tensione Vi ad un certo istante ti,si pud
risalire alla costante T tramite la relazione

Vo
ln--
Vi

Scegliendo ~er comodit~ Vi =~ la precedente diventa:


2

( 2)
ln 2

In tal caso ti ~ il tempo necessario affinch~ la tensione


ai capi del condensatore si riduca alla meta del valore ini -
ziale . Dalla (2) si ricava

e
B ln 2

Il circuito ch e viene utilizzato e' dise gn ato i n fig. 41.


Inizi a l mente l'int er ruttore l e 1 1 ta s toT s on o e n tr a mbi c hiusi.

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- 76 -

I
~.
J_ D--"111'

1-=-

11

Fig. 41

In queste condizioni la tensione ai capi del condensatore


misurata tra il punto B e la massa M ~ data da :

R
Vo=f---
R + R'
Se ad un certo istante,
assunto come t =O, il tasto T
viene aperto, il condensatore
comincera' a scaricarsi attra-
verso R con la legge (fig.42)
Fig . :42
R t
V= f e--;;:
R + R'
mentre la tensione nel punto A sal ira' bruscamente dal valore
R
f , <J al valore f(fig.43).
R+R
Questa brusca va-
riazione della ten-
sione nel punto A vie-
J ------------~~~~- ne utilizzata, come
! _!!_ vedremo, per comanda-
R+R' re la partenza della
traccia luminosa del-
l'oscilloscopio e
sincronizzarla con lo
t .. o t inizi~ della scaricn
Fig . 43 del condensatore (sin -

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- 77 -

cronismo estermo dell'oscilloscopio).

Mod o di operare

1 - Predisporre l'oscilloscopio com e gia' descritto nel la e s pe-


rienza precedente.
2 - Si noti che per_ la determinazione della capacita' occorre mi-
surare il tempo t 1 come definito nella (3). Perch~ tale mi-
sura venga effettuata agevolmente occorre che la traccia del
pennello elettronico durante la scarica si sposti sullo scher-
mo con sufficiente lentezza.
Nell'oscilloscopio in dotazione non vi sono scatti con tem -
pi di scansione tarati sufficientemente lunghi (manopola ros-
sa di REG . FINE rotata completamente in senso orario) mentre
per la misura del tempo t 1 , é necessario poter disporre di

tempi di scansione piu' lun g hi di


. Cié nonostante
100 ~
cm
tempi di scansione piu' lunghi possono essere ottenuti ruo -
tando completamente in senso antiorario la manopola di REG .
msec
FINE, con la manopola a scatti in posizione 1 0 0 - - - .
cm
Con cio la scala dei tempi risulta starata rispetto ai va -
lori incisi sul pannello ed occorre procedere quindi alla
sua taratura nel modo che segue.
3 -Porre la manopola a scatti dell'ATTEN . VERT. :inposizioneCAL .
e re go l are il segnale trapezoidale come descritto nell ' espe --
rienza p recedente. Comparira' il segnale trapezoidale il cui
semiperiodo ~ di 10 msec .
Dopo aver rotato completamente in senso antiorario la mano -
pola REG . FINE del TEMPO DI SCANSIONE porre la manopola a
scatti in una posizione fiss a ta Po tale da osservare sullo
schermo, per esempio, un intero semip er iodo del segnale tra -
pezoida le . In queste condizioni,misurahdo la lunghezza l in
centimetri del semiperiodo il tempo di scansione risulta :

10 m sec
1 cm

Facendo il rapporto tra quest a quantita il valore di P0 ed


msec
p refis sato sull a scala, anche esso espresso in - - - si ot-
cm
tiene la costante k di calibrazione dell'asse dei tempi. La
s ca la <lei te mpi di scansione va quindi moltiplicata per il
valore di k e r i sul ta cosr calibrata .

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~\,,,
Il procedimento <li ca librazione sopra descritto ha peraltro
validiti del tutto gene rale e pud essere seguito quando non
si hanno tempi di scansione calibrati ma si dispone di un
segnale periodico di cui i noto il periodo .
4 - nuotare la manopola dell' attenuatore verticale nelle posi-
v
zioni contrassegnate in___!?_!_ e la manopola del tempo di scan-
cm
msec
sione in pos1z1one 100 - - - (curare che la manopola della
cm
REG . FINE di quest'ultima sia ruotata comp l etame nte in senso
antiorario).
5-Chiudere l'interruttore I del circuito (fig.41) e collegare
il punto M con la boccola di massa dell'oscilloscopio ed il
punto A con la boccola SINCR . EST ,
Duotare il SELETTORE DI SINCRONISMO nella posizione EST . •
Degolare la manopola di STABILITA ;· in modo che si veda un
solo punto luminoso a sinistra sullo schermo (f' asse dei tem-
pi potrebbe partire a causa di instabilità interne).
Inserire la sonda S dell'oscilloscopio a lla massa e porre il
punto luminoso mediante la manopola POS .V. · in corrisponden-
za alla riga più bassa del reticolo tracciato sullo schermo.
Inserire la sonda nella boccola B del circuito e senza più
toccare la manopola di POSIZ . V. portare il punto luminoso
corrispondente alla riga più alta del reticolo , agendo con
le manopole dell'ATTENUATORE VERT ,
6 - Premere il pulsante T del circuito.Si vedra' partire il pun-
to luminoso che descrivera l'esponenziale tipico di scarica
del condensatore. (In genere a questo punto , e' necessario
ritoccare i comand i di LIVELLO e STABILITA ' .
7 - ~,1isurare il valore del tempo t 1 corrispondente al valore di
Va
V1 =- 2

8 - Determinare mediante la (3) della capacita' C con il corri -


spondente errore .

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- 79

INDICE

Esp-erienza I - Uso di calibro e sferometro Pag . 3


Esperienza II Misura di distanze focali 5
Esperienza III - Misura dell ' accelerazione di gravita' mediante
il pendolo reversibile " 9
Esperienza IV Misura della densi ta' "di un solido col pieno -
metro e la bilancia analitica Il
13
Esperienza V - Misura del coefficiente di viscosi ta' di un li-
quid o " 18
Esperienza VI Misura del momento di inerzia di un corpo gi-
re vole intorno ad un asse " 24
Esperienza VII Conteggio di particelle " 27
Esperienza VIII Rilevamento delle dimensioni di pezzi mecca-
nici prodotti in grande serie " 28
Esperienza IX - Misura del modulo di scorrimento G col pendo-
lo di torsione " 29
Esperi e nza X - Misura del modulo di Young di una sbarra set-
toposta e flessione " 32
Esperienza XI - Misura del modulo di Young di un filo sotto-
posto a trazione " 35
Esperienza XII Misura del modulo di Pois son con metodi in-
terferenziali Il
38
Esperienza XIII Uso di un microscopio per misure di lunghezza " 43
Esperienza XIV - Misura di lunghezza d'onda con lo spettrosco-
pio " 48
Esperienza xv Misura della portata di un sistema da vuoto " 51
Esperienza XVI - Misura dell'intensita' luminosa di un a lampada " 55
Esperienza XVII - Taratura di una coppia termoelettrica " 58
Esperienza XVIII - Misura di parametri elettrici,con un "tester" " 62
Esperienza XIX - Misura del rendimento di un motore elettrico " 64
Esperienza xx - ~ii su re di impedenze 68
Esperienza XXI Misura di alcuni pa ram e tri elettrici mediante
l 'os cilloscopio " 70

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ERRATA ~ CORRIGE APPENDICE

Errata Corrige

pag . 9 fig.6 indica la distanza tra gli spigoli C1


e C2
16 tab. IV cancellare
n
dine din e • sec
23 nota riga l pois e po i se
cm 2 •sec cm 2

41 riga 4 dal basso ..• =R 1 )\(m - n)

n
43 tab.XII l 8 colonna k

Il n 4 8 colonna k

Il n Il
" 2 3 colonna Posizione in Posizione pk in

Il n
5 8 colonna Posizione in Posizione qk in .

dv vp a dV vpa
53 formula ( 1) s - =-- s
dt p dt p

59 ri ga 8 dal basso al potenziometro R. col potenziome tro R ,

Il Il
61 5 Il
po rtare partire

n
Il
78 2 Il
de l la capacita' e la capacita' e

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