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1. Introduzione

1.1. Che cosa è la Fisica?

a) Un'introduzione ai fenomeni fisici


Fin dalla prima infanzia ognuno di noi osserva una straordinaria varietà di fenomeni, ossia di cambiamenti
che hanno luogo continuamente nell'ambiente in cui viviamo. E ognuno di noi è portato a porsi tante doman-
de, tanti "perché" ai quali vorrebbe poter dare una risposta. Perché vediamo la nostra immagine riflessa in u-
no specchio? Perché si formano le immagini sullo schermo del televisore? Perché gli oggetti cadono a terra?
Perché i satelliti, come anche la Luna, non precipitano al suolo come i sassi?
Cercare di dare una risposta a queste e a infinite altre domande corrisponde a un bisogno istintivo che è anti-
co quanto l'uomo.
La Fisica (dal greco fisis = natura) è la scienza che si propone di descrivere e di comprendere i fenomeni che
si svolgono in natura. Essa non è un insieme di conoscenze complete e per sempre immutabili, ma è qualcosa
che cresce e anche si modifica. Spesso si aprono nuovi campi di studio. E fenomeni che apparivano indipen-
denti, senza alcuna relazione tra loro, si rivelano come aspetti diversi di un unico fenomeno più generale.
Originariamente erano "fisici" tutti quelli che si dedicavano allo studio della natura. Poi, con lo sviluppo del-
le conoscenze, il campo d'indagine si è suddiviso in più parti, che sono diventate capitoli separati della scien-
za. Così l'Astronomia studia i corpi celesti, la Biologia ha per oggetto lo studio degli esseri viventi, la Chi-
mica studia le trasformazioni delle sostanze e così via.
E la Fisica, più precisamente, di che cosa si occupa? È difficile definire con precisione il campo d'indagine,
perché non ha contorni ben tracciati ed è in continua evoluzione. Tempo fa si diceva che la Fisica studia quei
fenomeni della natura non vivente, nei quali non hanno eccessiva importanza gli aspetti chimici (che riguar-
dano la trasformazione delle sostanze) e astronomici (che dipendono dal moto e dalle proprietà dei corpi ce-
lesti). Si tratta però di una definizione molto approssimativamente e un po' semplicistica. Ciò che caratterizza
la Fisica non sono tanto i suoi contenuti, quanto il suo metodo, che si chiama metodo sperimentale. Esso si
basa sulle osservazioni e sulle esperienze, e permette di formulare le leggi fisiche, di solito espresse da for-
mule matematiche.

b) Le suddivisione della Fisica


Tradizionalmente si usa suddividere lo studio della Fisica in diverse parti:
• la meccanica, che studia i fenomeni del movimento e delle sue causa;
• la termologia, che studia i fenomeni termici (calore e temperatura);
• l'acustica, che studi i fenomeni sonori;
• l'ottica, che studia la natura della luce e i fenomeni ai quali essa dà luogo;
• l'elettromagnetismo, che studi i fenomeni elettrici e magnetici (anche collegati tra loro);
• la fisica atomica e subatomica che, avendo per oggetto lo studio dell'atomo, del suo nucleo e di quelli che
si pensano essere i costituenti ultimi dell'Universo, portano l'uomo ad analizzare i fenomeni più riposti
della materia e delle radiazioni.

È necessario tener presente che questa suddivisione è essenzialmente suggerita da criteri di praticità. In real-
tà, nell'interpretazione di quasi tutti i fenomeni intervengono più parti della Fisica. Per esempio, per capire
come funziona la televisione si deve ricorrere all'elettromagnetismo (le onde captate dall'antenna sono co-
stituite da campi elettrici e magnetici), alla fisica subatomica (sono gli elettroni che dipingono l'immagine
sullo schermo), all'ottica (ciò che vediamo sul televisore è il risultato della somma di tre colori); ma l'elenco
potrebbe continuare e coinvolgere gran parte della Fisica.

c) Una difficoltà di suddivisione tra la Fisica e la Chimica


Se cercassimo in un dizionario enciclopedico o in un vecchio testo una "definizione" della Fisica, troverem-
mo probabilmente una frase del tipo "la Fisica è la scienza dei fenomeni che si occupa dei fenomeni fisici,
cioè dei fenomeni in cui rimangono inalterate le proprietà chimiche dei materiali". Rimane aperto il proble-
ma di quali siano le proprietà "chimiche", che in genere vengono o elencate in modo alquanto grezzo (colore,
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stato di aggregazione, capacità di combinarsi con altre sostanze, …) o ricondotte a caratteristiche microsco-
piche della materia (atomi, molecole, legami energetici). Ma anche la Fisica si occupa del colore, degli stati
di aggregazione, di atomi e di molecole.
Per illustrare la difficoltà di tracciare un confine ben netto fra le varie discipline scientifiche, si consideri il
problema della struttura e caratteristiche delle molecole. Per chiunque abbia familiarità con questi problemi,
non c'è dubbio che per l'idrogeno si tratta di un problema fisico, per il polietilene di un problema chimico,
per il DNA di un problema biologico. Perché? Solo perché quella di idrogeno è la più semplice delle moleco-
le, il polietilene è una grossa molecola realizzata dall'uomo, mentre il DNA è una catena molecolare molto
complessa che mai nessuno avrebbe pensato di studiare se non svolgesse un ruolo fondamentale nella vita.

1.2. La grandezza fisica

a) Un carattere oggettivo e quantitativo per descrivere i fenomeni


Molti fenomeni che accadono in natura ci colpiscono direttamente attraverso i sensi: vediamo che un treno
viaggia, sentiamo con la mano che un oggetto è più caldo di un altro, udiamo che il suono di un clarinetto è
diverso dal suono di un pianoforte.
Tuttavia, le informazioni registrate dai sensi hanno sempre un carattere personale. Non possiamo basarci su
di esse per costruire una scienza, qual è la Fisica, le cui affermazioni devono essere indipendenti dalla parti-
colare persona che ha compiuto l'osservazione.
Facciamo un esempio. Se in una giornata d'estate chiediamo a due persone che escono dal mare com'è l'ac-
qua, con grande probabilità una ci risponderà che è fredda e l'altra che è calda, mostrandoci così come siano
diverse, da persona a persona, le sensazioni provocate dallo stesso fenomeno. Ma se disponiamo di uno stru-
mento molto semplice e noto a tutti, ossia di un termometro, basterà immergerlo nell'acqua del mare e leg-
gere quale temperatura esso segna. Potremo allora rispondere, a chiunque ci chieda com'è l'acqua del mare in
quell'istante, che essa ha una temperatura, per esempio, di 22°C. Questa risposta ha lo stesso significato per
qualunque altra persona che conosca il termometro e i criteri con i quali esso è costruito.
In natura ci sono anche molti fenomeni che i nostri sensi da soli non sono in grado di percepire. Per esempio,
non vediamo le onde radio, non sentiamo gli ultrasuoni, non ci accorgiamo dei raggi cosmici (la pioggia di
particelle che arriva sulla Terra dallo spazio). Riusciamo a rilevare questi fenomeni facendo uso di strumenti
che consentono quindi di allargare il campo delle nostre osservazioni. Essi sono comunque indispensabili per
ottenere osservazioni quantitative. Naturalmente, per leggere i risultati degli strumenti occorrono ancora una
volta i sensi. Senza gli occhi non riusciremmo a vedere in quale punto della scala si è fermata la colonnina di
mercurio del termometro.
Usando uno strumento, l'osservazione acquisisce un carattere oggettivo (ossia indipendente dall'osservatore)
e quantitativo. La temperatura, la lunghezza, la velocità, l'intensità della corrente elettrica sono parole che
fanno parte del linguaggio della Fisica.

Definizione: Una grandezza fisica è una grandezza che ha la caratteristica di poter essere misurata con degli
strumenti.

Definizione: Misurare significa confrontare l'unità di misura scelta con la grandezza da misurare e contare
quante volte l'unità scelta è contenuta nella grandezza.

b) Due esempi di misura


Cerchiamo di capire meglio che cosa significa, precisamente, fare una misura. È bene chiederselo, perché è
un'operazione che ci capita spesso di compiere, ma il più delle volte la facciamo in modo automatico. Che
cosa vuol dire, per esempio, che un pezzo di stoffa è lungo 1,32 m? Vuol dire che si è scelta un'unità di lun-
ghezza (nel nostro caso il metro) e si è trovato quante volte essa e i suoi sottomultipli sono contenuti nella
lunghezza della stoffa. Così misurare la capacità di una damigiana vuol dire fissare un'unità di capacità (per
esempio il litro) e vedere quante volte essa è contenuta nella damigiana. Il tutto è raffigurato sotto (per le
misure di lunghezza in questo caso).
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1.3. Le unità di misura

a) Il significato di unità di misura


Prendiamo per prima cosa l'esempio del pezzo di stoffa che è lungo 1,32 m. Per comunicare ad altri il risulta-
to di una misura facciamo seguire al numero trovato l'unità di misura opportuna. Per indicare ciò che ab-
biamo appena misurato scriviamo:

l = 1,32 m

Osserviamo l'ordine con cui sono scritte le varie informazioni: la lettera l che rappresenta la lunghezza (sim-
bolo), il simbolo di uguaglianza, il valore numerico e l'unità di misura.
L'unità di misura scelta è arbitraria; possiamo misurare la lunghezza del pezzo di stoffa prendendo come u-
nità di misura la lunghezza di una matita, di un chiodo, di un fiammifero o di un altro oggetto preso come
campione. L'unità di misura deve essere scelta secondo alcuni criteri di praticità:
• Deve essere confrontabile con la grandezza che si vuol misurare (non deve essere né troppo grande né
troppo piccola);
• Deve essere facilmente riproducibile (cioè deve essere possibile realizzare facilmente delle copie);
• Non deve cambiare nel tempo;
• Deve essere identica per tutti in modo da poter comunicare e capire il risultato delle misure.

b) Il sistema internazionale SI: grandezze e unità fondamentali


Non è necessario fissare l'unità di misura per ogni grandezza fisica; è sufficiente farlo solo per alcune di esse,
dette grandezze fondamentali. Le altre grandezze fisiche, dette grandezze derivate, sono ricavate da quelle
fondamentali. Per esempio, se diciamo che la velocità di un oggetto è il rapporto fra la distanza percorsa e il
tempo impiegato a percorrerla, l'unità di misura della velocità è il rapporto fra l'unità di misura della distanza
e l'unità di misura del tempo.
Per uniformare tutte le unità di misura è stato creato il Sistema Internazionale di misura entrato in vigore il
1 gennaio 1'978, inizialmente solo in alcuni paesi europei. Nel seguito faremo riferimento a questo sistema
indicandolo con la sigla SI. Il SI è formato da sette grandezze fisiche fondamentali (vedi tabella sotto).

Grandezza fondamentale Unità di misura Simbolo


Lunghezza metro m
Massa kilogrammo kg1
Tempo secondo s2
Temperatura kelvin K3
Intensità di corrente elettrica ampere A
Intensità luminosa candela cd
Quantità di sostanza mole mol

1
Osserviamo che l'unità di misura della massa, cioè il kilogrammo, è l'unica misura dotata di prefisso (kilo = k = 1'000).
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Per il secondo le abbreviazioni sec oppure " (non come secondo per l'ampiezza angolare) sono da considerarsi errate.
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L'unità di misura della temperatura, il kelvin, si scrive proprio K e non °K (gradi kelvin).
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c) Operazioni fra grandezze fisiche omogenee


Due grandezze si dicono omogenee se sono dello stesso tipo; per esempio sono omogenee due distanze, due
temperature, due tempi e così via, mentre non sono omogenee una distanza e una temperatura, un tempo e
una massa.
In seguito parleremo spesso di operazioni fra grandezze fisiche. È importante capire quali operazioni posso-
no essere fatte e quali invece non hanno senso.
Possiamo confrontare due grandezze omogenee e stabilire se sono uguali o se una è maggiore dell'altra:

5,0 kg > 3,3 kg (confronto di due masse, espresse in kilogrammo).

Possiamo sommare o sottrarre due grandezze omogenee; otteniamo una terza grandezza omogenea alle pri-
me due:

11 m + 7 m = 18 m (somma di due lunghezze, espresse in metri),


9,6 s – 3,4 s = 6,2 s (differenza di due tempi, espressi in secondi).

Possiamo anche moltiplicare o dividere due grandezze omogenee; otteniamo una nuova grandezza nono o-
mogenea alle prime due:

7 m x 5 m = 35 m2 (prodotto di due grandezze omogenee),


6 m : 4 m = 1,5 (rapporto tra due grandezze omogenee).

Osserviamo che il prodotto ha come unità di misura il quadrato dell'unità di misura di ogni singola grandez-
za, mentre il rapporto non ha unità di misura.

d) Operazioni fra grandezze non omogenee


Non ha senso confrontare due grandezze non omogenee. Inoltre non è possibile fare la somma o la differenza
fra grandezze non omogenee; per esempio, non hanno alcun significato le seguenti operazioni:

36 s + 12 kg
29 m – 3 K

Invece, possiamo sia moltiplicare sia dividere due grandezze non omogenee; il risultato è una nuova gran-
dezza che non è omogenea a nessuna di quelle di partenza. Per esempio, la velocità di un'automobile che per-
corre una distanza di 120 km in 2,5 h è:

120 km 120 km km
=  = 48
2,5 h 2,5 h h

1.4. Dimensioni delle grandezze fisiche

L'area di una figura piana si trova moltiplicando una lunghezza per un'altra lunghezza. Ad esempio, l'area di
un rettangolo avente i lati di 2 m e 4 m è A = (2 m) · (4 m) = 8 m2. L'unità di misura di questa superficie è il
metro quadrato. Poiché l'area è il prodotto di due lunghezze, si dice che ha le dimensioni di una lunghezza
per una lunghezza, ossia di una lunghezza al quadrato L2. Il concetto di dimensione può essere facilmente
esteso ad altre grandezze non geometriche. Ad esempio, diciamo che la velocità ha le dimensioni di una lun-
ghezza divisa per un tempo, ossia L·t–1. Le dimensioni di qualunque grandezza meccanica possono essere
espresse per mezzo delle grandezze fondamentali. Sommare due grandezze fisiche ha solo senso se le gran-
dezze hanno la stessa dimensione. Ad esempio, non possiamo sommare una lunghezza a una velocità otte-
nendo una somma significativa. Se abbiamo un'equazione del tipo
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A=B+C

le grandezze A, B e C devono avere tutte le stesse dimensioni. Per poter sommare B e C occorre che queste
grandezze siano espresse in unità omogenee. Ad esempio, se B è un'area di 200 cm2 e C è un'area di 3 dm2,
dobbiamo convertire B in decimetri quadrati oppure C in centimetri quadrati per trovare la somma delle due
aree.
Spesso possiamo trovare eventuali errore in un calcolo controllando le dimensioni o le unità delle grandezze
che figurano nel calcolo. Supponiamo, ad esempio, di usare una formula per la distanza percorsa x data da

x = v  t + 1 at,
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dove t è il tempo, x0 è la distanza iniziale nell'istante t = 0, v è la velocità, e a è l'accelerazione, che (come ve-
dremo nel capitolo 3) ha le dimensioni L·t–2 e nel sistema SI viene misurata in metri al secondo quadrato
(m/s2). Possiamo vedere subito che questa formula non può essere corretta: poiché x ha le dimensioni di una
lunghezza, ogni termine che figura nel membro a destra dell'equazione deve avere le dimensioni di una lun-
ghezza. Sia x0 sia v ∙ t hanno le dimensioni di una lunghezza, ma le dimensioni di ½·a·t sono L·t–2·t =
L·t–1. Poiché l'ultimo termine non ha le dimensioni di una lunghezza, nel ricavare questa formula abbiamo
commesso un errore. L'omogeneità dimensionale è una condizione necessaria affinché un'equazione sia cor-
retta. Naturalmente, non è una condizione sufficiente: un'equazione può avere le dimensioni corrette in ogni
termine senza descrivere alcuna situazione fisica.
La conoscenza delle dimensioni delle grandezze consente spesso di ricordare una formula o talvolta persino
di congetturarla. Supponiamo di ricordare che esiste una formula semplice che stabilisca una relazione tra la
velocità di un'onda c (dimensioni L·t–1), la lunghezza d'onda  (dimensioni L) e la frequenza  (dimen-
sioni t–1). Esiste una sola equazione dimensionalmente omogenea che esprime una di queste grandezze co-
me il prodotto delle altre due, e cioè

c = 

Questa equazione naturalmente è corretta. Se scrivessimo invece  = c∙, vedremmo subito, controllando
semplicemente le dimensioni, che non è corretta.

1.5. Misure dirette e misure indirette

a) Le misure dirette
Quando il procedimento di misura di una grandezza consiste in un confronto con un campione, detto unità di
misura, si parla di misura diretta.
Alcuni esempi di misure dirette sono per esempio:
• la misura della lunghezza di una matita utilizzando la riga;
• la misura della massa di una mela tramite la bilancia a due piatti;
• la misura dell’ampiezza di un angolo del triangolo disegnato sul foglio;
• eccetera.

b) Le misure indirette
Quando esistono relazioni matematiche che legano tra loro due o più grandezze fisiche, le cosiddette leggi
fisiche, è possibile misurare una grandezza a partire dalla conoscenza dei valori di altre grandezze: in questo
caso parliamo di misure indirette.
Infatti misurare indirettamente una grandezza significa ricavarne la misura a partire dalle misure dirette di
altre grandezze, utilizzando relazioni che legano la grandezza da misurare alle altre grandezze note. Alcuni
esempi di misure indirette sono per esempio:
• la misura della circonferenza massima e del volume di una sfera a partire dalla misura del raggio;
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• la misura della velocità media dividendo lo spostamento compiuto e l'intervallo di tempo necessario;
• la misura del campo elettrico dovuto ad una carica elettrica;
• la misura del campo magnetico a una certa distanza da un filo rettilineo percorso da corrente elettrica;
• la misura della distanza di Giove dal Sole;
• eccetera.
In generale procediamo alle misure dirette quando:
• la misura diretta risulta difficoltosa;
• la misura diretta è impossibile, perché la grandezza da misurare è troppo grande o troppo piccola per po-
ter essere misurata direttamente.

1.6. Misure di alcune grandezze

a) Misura diretta di una lunghezza


Il procedimento di misura che utilizziamo per determinare, per esempio, la lunghezza di un tavolo è ben no-
to. Tuttavia, per chiarire le idee alla base di questo semplice procedimento, dobbiamo fare alcune precisazio-
ni relative alla misura diretta di qualunque grandezza.
Affinché tale definizione abbia senso occorre sapere esattamente quando due grandezze sono uguali, quando
una sia maggiore dell'altra e che cosa significhi sommare due grandezze. Perciò, nel caso particolare delle
misure dirette di lunghezze di segmenti, dopo aver stabilito un’opportuna unità di misura (il piede, il pollice,
la pertica, il nodo, ecc.) sarà possibile eseguire una misura solo se avremo stabilito quando:
• due segmenti hanno lunghezze uguali;
• la lunghezza di un segmento è maggiore di quella di un altro;
• la lunghezza di un segmento è la somma delle lunghezze di due altri segmenti.
Conviene, a questo scopo, utilizzare le seguenti definizioni:
• due segmenti hanno lunghezza uguale se, affiancandoli, entrambi i loro estremi coincidono:

• la lunghezza di un segmento a si dice maggiore di quella di un segmento b se, dopo aver affiancato i due
segmenti in modo che due dei loro estremi coincidano, il segmento a risulta contenere l'altro:

• la somma delle lunghezze dei segmenti a e b è la lunghezza del segmento c ottenuto ponendo uno conse-
cutivamente all'altro, lungo una porzione di retta, i due segmenti di partenza:

Con queste definizioni, scelto un campione unitario, risulta finalmente possibile misurare le lunghezze.
I comuni metri e gli usuali righelli millimetrati non sono altro che modelli di segmenti di retta su cui sono in-
cisi estremi di segmenti la cui lunghezza è pari alla somma di un numero intero di millimetri. In tal modo la
lettura del numero di millimetri la cui somma sia uguale a quella di una lunghezza incognita risulta immedia-
ta.
Come unità di misura di lunghezza si è ormai universalmente adottato il metro, insieme ai suoi multipli (km)
e sottomultipli (cm, mm, μm), validi anche per le altre grandezze.
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Il metro è oggi definito come la lunghezza del cammino percorso dalla luce nel vuoto nell'intervallo di tempo
di 1 / 299 792 458 secondi4.
Sotto diamo una tabella degli ordini di grandezza di alcune lunghezze e distanze.
valore esempio valore esempio
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10 m Diametro dell'Universo conosciuto 10 m4
Distanza Locarno – Brissago
1024 m Distanza da noi di alcune nebulose 103 m Massima altezza di edifici
1022 m Distanza della galassia di Andromeda 102 m Lunghezza di un aereo
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10 m Diametro della nostra galassia 10 m Diametro di un tunnel stradale
1020 m Distanza (da noi) del centro galattico 100 m Altezza di un uomo
1019 m Distanza di Betelgeuse 10–1 m Spanna
1018 m Distanza di Aldebaran 10–2 m Larghezza di un dito
17 –3
10 m Distanza di Sirio 10 m Spessore di un vetro da finestra
1016 m Distanza della stella più vicina 10–4 m Diametro di un capello
1013 m Distanza Plutone – Sole 10–5 m Diametro di un globulo rosso (sangue)
–6
12
10 m Distanza Saturno – Sole 10 m Virus (grande)
1011 m Distanza Terra – Sole 10–7 m Grossa molecole biologica
109 m Diametro del Sole 10–8 m Lunghezza di molecola di paraffina
108 m Diametro di Giove 10–9 m Molecola di zucchero
7 –10
10 m Diametro della Terra 10 m Atomo di idrogeno
106 m Distanza Locarno – Amburgo 10–15 m Nucleo atomico
105 m Distanza Zurigo – Berna 10–18 m Raggio d’azione interazione debole

b) Misura diretta e indiretta di aree


Finora l'unica grandezza che abbiamo misurato è la lunghezza. Un po' poco non solo per la Fisica, ma anche
per la Geometria. Fin dalla scuola elementare si impara a lavorare con altre grandezze, per esempio aree e
volumi. Spesso, anche se non sempre, si impara anche a misurarle. Per l'area di una figura disegnata su un fo-
glio di carta, si può usare una tecnica per sovrapposizione, simile a quella che si usa per la misura delle lun-
ghezze.

Così come, per misurare la lunghezza di un segmento si sovrappone un righello graduato, per misurare l'area
di una superficie qualunque si può sovrapporre ad essa un foglio trasparente di carta millimetrata e contare i
quadretti che si sovrappongono alla figura sottostante. L'operazione è un po' noiosa ma è facilitata dalla qua-
drettatura a multipli di 5 e 10 ed è fattibile. L'unico problema è: come contare i quadretti che stanno sul bor-
do della figura, e quindi si sovrappongono solo parzialmente? Il problema ha un interesse concettuale e ne
discuteremo più ampiamente prossimamente. Per ora accontentiamoci di constatare come un problema analo-
go esista anche nelle misure di lunghezze: è improbabile che l'estremo del segmento in misura coincida esat-
tamente con una graduazione del righello; in tal caso ci affidiamo al buon senso per decidere se contare o no
l'ultima, o contarla parzialmente. La stessa cosa facciamo misurando l'area con la carta millimetrata, solo che

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Una volta il metro era definito come 1 / 40'000'000 della circonferenza della Terra all'equatore, corrispondeva all'in-
circa al passo di un uomo.
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i quadretti sul bordo sono molto più numerosi e ciò rende la misura molto più incerta. Comunque, a parte i
dettagli "tecnici", è possibile una misura delle aree per confronto diretto.
Si possono invece misurare indirettamente la aree di certe figure geometriche, utilizzando delle opportune
formule (quadrato, cerchio, poligoni regolari, triangoli, eccetera).
L'area di una superficie è il prodotto di due lunghezze. Nel SI ogni lunghezza si esprime in metri, perciò l'u-
nità di misura delle aree è (metro) × (metro), cioè il metro quadrato (simbolo m2).
Sotto diamo una tabella degli ordini di grandezza di alcune aree.
valore esempio valore esempio
1015 m2 Superficie della Terra 100 m2 Estensione della pelle nell'uomo
1014 m2 Superficie delle terre emerse 10–1 m2 Pagina A4
13
10 m 2
Europa 10–2 m2 Superficie di un portacenere
1012 m2 Mare Mediterraneo 10–3 m2 Sezione di un tubo del gas
1011 m2 Lago Superiore (USA) 10–4 m2 Francobollo di piccole dimensioni
10 2 –5 2
10 m Regione Lazio 10 m Sezione di una cannuccia per bibita
109 m2 Comune di Roma 10–6 m2 Sezione di una mina di matita
108 m2 Area urbanizzata di una città media 10–7 m2 Punto disegnato sulla carta
6 2 –8 2
10 m Città del Vaticano 10 m Foro fatto nella carta da un riccio
105 m2 Podere agricolo di medie dimensioni 10–10 m2 Superficie esterna di un globulo rosso
104 m2 Ettaro (misura agricola) 10–13 m2 Minima area distinguibile al microsco-
2 2
10 m Appartamento medio pio ottico
1 2 –19 2
10 m Stanza da letto media 10 m Area della più piccola "punta"

c) Misura diretta e indiretta di volumi


Per i volumi il discorso è diverso dal misurare le aree: non possiamo "sovrapporre" a un oggetto tridimensio-
nale un reticolo millimetrato anch'esso tridimensionale, per ragioni pratiche più che evidenti. Si può ricorrere
allora a contenitori (ad esempio cilindri) graduati che possono essere utilizzati direttamente per misurare il
volume di liquidi o materiali solidi ma finemente incoerenti (polveri, sabbia, …). Il contenitore può anche es-
sere utilizzato per misurare il volume di un solido, a condizione di disporre di un liquido dentro il quale esso
possa essere immerso e col quale non reagisca in alcun modo.
Ad esempio per misurare il volume di un sasso basta mettere in un cilindro graduato una certa quantità di ac-
qua, misurarne il volume, e poi immergervi il sasso e ripetere la misura di volume: la differenza fra le sue
misure rappresenta il volume del sasso. La tecnica non è di uso universale (l'acqua non va bene per misurare
il volume di un cristallo di sale, ad esempio), ma in molti casi può funzionare egregiamente.
Se invece volessimo misurare il volume di un parallelepipedo, di un cilindro o di una sfera, difficilmente ri-
correremmo alla tecnica descritta sopra. È più semplice misurare la lunghezza degli spigoli o del raggio e poi
applicare le formule per calcolare i volume dei solidi. Si tratta in questo caso di misure indirette.
Tale tecnica funziona anche qualora dobbiamo misurare il volume di un oggetto simile a un solido di cui è
possibile calcolare il volume. Un pezzo di legno è un parallelepipedo? Un tronco è un cilindro? Un pallone di
calcio è una sfera? In genere gli oggetti in questione somigliano abbastanza in modo da poter misurare in
modo approssimativo il loro volume utilizzando le conosciute relazioni geometriche.
Sotto diamo una tabella degli ordini di grandezza di alcuni volumi.
valore esempio valore esempio
1027 m3 Sole 100 m3 Bue
1021 m3 Terra 10–1 m3 Corpo umano
19
10 m 3
Luna 10–2 m3 Tanica della benzina in un'automobile
18 3 –3 3
10 m Acqua degli oceani 10 m 1 litro
1016 m3 Ghiacci dell'Antartide 10–4 m3 Capacità di un bicchiere
1014 m3 Acqua del Mar Caspio 10–5 m3 Capacità di un cucchiaio
12 3 –7 3
10 m Deimos (satellite di Marte) 10 m Grossa goccia di pioggia
1011 m3 Acqua del Lago Maggiore 10–9 m3 Capocchia di uno spillo
108 m3 Volume di tutti gli esser umani 10–15 m3 Gocciolina di nebbia
105 m3 Grattacielo 10–30 m3 Atomo
103 m3 Villetta 10–45 m3 Nucleo
2 3
10 m Balena
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d) Misura delle ampiezze di angoli


La nozione di angolo in generale è ben nota. Tratteremo qui il relativo procedimento di misura, nonché l'uso
del radiante come unità di misura delle ampiezze angolari.
Dato un angolo α = AÔB tracciamo una qualunque circonferenza di centro O. La misura m(α) dell'ampiezza
dell'angolo è definita dal rapporto tra la lunghezza dell'arco AB e la lunghezza del raggio OA (= OB). In
simboli:

AB
m( ) =
OA

Questa definizione si basa sulla proprietà, nota dalla geometria, che la lunghezza dell'arco AB è proporziona-
le alla lunghezza del raggio OA, e perciò il valore del rapporto m(α) nella formula è caratteristico dell'an-
golo α.
Dalla definizione risultano immediatamente le nozioni di uguaglianza, disuguaglianza e somma di ampiezze
angolari: esse sono ricondotte alle analoghe nozioni concernenti la lunghezza degli archi, individuati su una
circonferenza di dato raggio, dalle ampiezze angolari che si vogliono confrontare o sommare.
In base alla definizione risulta unitaria l'ampiezza dell'angolo che, su una circonferenza con centro nel suo
vertice, sottende un arco di lunghezza uguale a quella del raggio. Tale angolo si chiama radiante (simbolo:
rad).
La misura in radianti delle ampiezze angolari è oggi abituale nella letteratura scientifica. Tuttavia, per tradi-
zione storica, si usa ancora misurare angolari in gradi, avendo definito il grado (simbolo: °) come l'ampiezza
della 360a parte dell'angolo giro. Poiché l'angolo giro sottende l'intera circonferenza, la cui lunghezza vale
2πR, si ha, applicando la relazione precedente all'angolo giro:

360° = 2π rad

Da cui la formula di conversione tra radianti e gradi:

360
1 rad = = 57,3
2

L'espressione delle ampiezze angolari in radianti è assai utile per misure indirette di lunghezze basate su mi-
sure dirette di ampiezze angolari.
Sempre dalla relazione risulta che la misura dell'ampiezza di un angolo è espressa dal rapporto tra le misure
di due lunghezze. Da un punto di vista dimensionale ciò si esprime spesso dicendo che le ampiezze angolari
non hanno dimensioni.

1.7. Misure di tempo

a) La misura del tempo


Un paragrafo a parte lo merita la misura del tempo. Le grandezze che abbiamo imparato a misurare finora so-
no essenzialmente geometriche e molto statiche: sono utili per descrivere i corpi e le loro posizioni nello spa-
zio, ma non per descriverne l'evoluzione o la trasformazione. Quando diciamo che qualcosa avviene intendia-
mo dire che c'è un cambiamento nel tempo e finora il tempo non lo sappiamo misurare. Senza tempo è tutto
immobile e pertanto poco interessante.
Le grandezze geometriche di base – lunghezza, area e angoli – possono essere misurate, almeno in linea di
principio, per sovrapposizione di un campione (unità di misura) all'oggetto in misura (il misurando). Spesso
utilizziamo in realtà strumenti (metro, goniometro) che costituiscono multipli e sottomultipli dell'unità di mi-
sura, ma la misura avviene comunque per sovrapposizione e confronto diretto. Per le aree di solito ricorriamo
a misure indirette: nulla vieta però di misurarle per sovrapposizione con un reticolo (ad esempio carta milli-
metrata trasparente). Per i volumi la sovrapposizione non è più possibile: è tuttavia possibile un confronto
abbastanza diretto con campioni di volume noto (anche se di solito si preferisce la misurazione indiretta).
10

Per il tempo né la sovrapposizione né il confronto diretto sono possibili, neppure in linea di principio. Suppo-
niamo infatti di definire l'unità di misura del tempo come l'intervallo di tempo fra un certo istante e un altro,
definiti per convenzione. Una volta che questi istanti sono passati, quell'intervallo di tempo ha cessato di esi-
stere per sempre, e non lo possiamo usare come termine di confronto. Mentre per le misure geometriche ab-
biamo sempre la possibilità di ancorare l'unità di misura a un oggetto fisico e spostarlo nello spazio per ope-
rare confronti, non abbiamo la possibilità di spostare un campione avanti e indietro nel tempo a nostro piaci-
mento.
Da sempre, quindi, la misura del tempo è legata a particolare fenomeni periodici che svolgono il ruolo di o-
rologi: riproducono costantemente intervalli di tempo che noi riteniamo essere sempre uguali tra loro. "Noi
riteniamo" perché un confronto diretto non è possibile.
Un fenomeno si dice periodico quando esso si riproduce sempre uguale dopo che è passato un intervallo di
tempo costante. Questo intervallo di tempo (che dipende ovviamente dal fenomeno in questione) si chiama
periodo. Ad esempio l'alternarsi del dì e della notte si ripete sempre uguale con periodo di 24 ore; l'alternarsi
delle stagioni si ripete con periodo di circa 365 giorni; il battito cardiaco è abbastanza periodico con periodo
intorno a un secondo o poco meno, a seconda delle persone, dello stato di salute e delle circostanze.
Ma se per misurare il tempo ci si affida a fenomeni periodici, e per stabilire se un fenomeno è periodico ci si
affida alla sua riproducibilità a intervalli di tempo costanti, non siamo di fronte a un circolo vizioso dal punto
di vista logico? Ebbene sì, è proprio così, ma non è tanto grave. In realtà le misure di tempo oggi sono le più
accurate e le più stabili di tutte le scienze sperimentali. I principi su cui ci si basa dono il raccordo con le sen-
sazioni intuitive e l'esigenza di formulare leggi comprensibili e semplici dal punto di vista formale.
Noi abbiamo sempre un'idea intuitiva di fenomeno periodico come di qualcosa che si ripete "sempre uguale".
Quelli citati in precedenza ne sono esempi.
Prendiamo il più instabile dei tre fenomeni indicati: il battito cardiaco. Durante la vita di una persona norma-
le il cuore batte alcuni miliardi di volte; noi ci rendiamo conto che a volte il battito è più lento e a volte più
veloce, ma l'intervallo fra due battiti consecutivi per la maggior parte delle persone è compreso fra 0,5 e 1,0
secondi per tutta la durata della loro vita, ivi compresi gli spaventi e le malattie. Una variazione di appena un
fattore 2 su diversi miliardi di casi rappresenta una stabilità straordinaria, e in effetti il battito cardiaco è stato
storicamente usato come "orologio" (ancora Galileo lo usò), pur rendendoci conto anche intuitivamente che
esso non è perfettamente regolare.
Fin dall'antichità si ebbe l'impressione che i fenomeni astronomici fossero più stabili e quindi più idonei ad
essere utilizzati come orologi. Oggi sappiamo, ad esempio, che la durata del giorno non è stabile nel corso
dell'anno, a causa dell'ellitticità dell'orbita terrestre, e inoltre diventa più lunga col passare degli anni per ef-
fetto di fenomeni di marea, ma queste variazioni sono modeste e per molti secoli la durata del giorno fu in-
tuitivamente ritenuta una buona base per la misura del tempo5.
Più tardi furono costruiti orologi meccanici basati su fenomeni pendolari di notevole stabilità, e si osservò u-
na discrepanza sistematica fra orologi basati sulla rotazione terrestre ("passaggio" del Sole sul meridiano) e
orologi meccanici. Non si poté non notare che queste discrepanze avevano un andamento stagionale, ed era
necessario trovarne una spiegazione; poiché frattanto si era raggiunta una miglior comprensione dei fenome-
ni astronomici, apparve del tutto ragionevole (e tale da semplificare le leggi fisiche) ammettere che la "col-
pa" fosse della rotazione terrestre.
Questo processo si è ripetuto più volte nella storia: il confronto fra orologi diversi che danno cadenze un po'
diverse spinge a ricercare la causa fisica delle discrepanze e quindi a scegliere l'orologio migliore, nel senso
di più stabile, meno affetto da possibile cause sistematiche di fluttuazioni e quindi in ultima analisi di inter-
pretazione più semplice. Attualmente l'orologio accettato da tutti (per convenzione internazionale nell'ambi-
to del sistema SI) per la definizione dell'unità di misura, si basa su fenomeni atomici, ritenuti più stabili di
quelli astronomici. Nulla vieta che questa definizione venga ulteriormente modificata in un prossimo futuro
per avere una unità di tempo sempre più stabile e riproducibile.

b) L'unità di misura del tempo


Attualmente, comunque, l'unità di misura del tempo è il secondo (e non più "secondo solare medio", come
ancora si legge in qualche vecchio testo), il cui simbolo è s (e non sec, sec., '', …), definito come un certo
multiplo del periodo di oscillazione di una particolare transizione nell'atomo di cesio. Naturalmente, come in
altri casi simili, esso è stato scelto in modo da essere compatibile con le definizioni precedenti, e in particola-

5
Un giorno di oggi misura 1,6 ms (= 0,0016 s) di più dello stesso giorno di un secolo fa.
11

re un giorno solare medio (simbolo: d) consta di 86'400 s. Per evidenti ragioni, oltre a questa sono conser-
vate nella pratica le unità di misura non SI l'anno tropico (pari a 365,24 d = 3,1557 ∙ 107 s; simbolo: y), l'o-
ra (pari a 3'600 s; simbolo: h) e il minuto (pari a 60 s; simbolo: min; e non '). Come tutte le unità non SI
queste unità vanno usate con parsimonia, specialmente quando si devono fare calcoli.
L'origine di multipli non decimali fra secondo, minuto, ora e giorno risale ai Babilonesi e non è più ragione-
volmente modificabile, anche perché – ancorché appaia bizzarro – questo modo di conteggiare il tempo è di
uso universale, in tutti i paesi del mondo.
L'orologio campione è un complesso strumento contenente un fascio atomico di cesio; in tutti i paesi tecno-
logicamente avanzati ne viene conservato qualcuno, che serve per controllare la stabilità di orologi di altro ti-
po, più semplici da usare, che servono per le misure quotidiane. I vari campioni nazionali sono collegati fra
loro via radio, per accorgersi immediatamente di disfunzioni anche minime in qualcuno di essi.
La descrizione del funzionamento dell'"orologio atomico" non rientra purtroppo nei limiti di questo corso ed
è oggetto di trattazione nelle Scuole Superiori.

c) Tempo cronologico e durata


È importante notare che il tempo è stato finora trattato come una grandezza oggetto di misura, e quindi corri-
sponde a qualcosa a cui nel linguaggio comune si dà generalmente il nome di "intervallo di tempo" (come è
riportato nella tabella sotto degli ordini di grandezza) o "durata". Nel linguaggio comune si indica general-
mente col nome "tempo" qualche cosa che "scorre", "passa" continuamente. Anche l'uso che abbiamo fatto
qui della parola "orologio" è un po’ diverso da quello comune: normalmente non si pensa all'orologio come a
uno strumento di misura, che riproduce intervalli sempre uguali, ma a qualche cosa che ci dice "che ore so-
no", che ci dà un riferimento assoluto in questo continuo scorrere del tempo.
valore esempio valore esempio
1018 s Età dell'Universo 10–2 s Periodo di rotazione di un motore della
1017 s Età della Terra motocicletta
1016 s Periodo di rotazione della Galassia 10–3 s Minimo tempo di apertura di un nor-
15
10 s Durata dell'età Cenozoica male otturatore fotografico
1014 s Presenza degli Ominidi sulla Terra 10–4 s Tempo per generare una riga nella
1013 s Vita media dell'uranio 234 scansione di un televisore
12 –5
10 s Presenza dell'Homo sapiens sapiens 10 s Periodo di vibrazione degli ultrasuoni
1011 s Vita media del carbonio 12C emessi dai pipistrelli
1010 s Periodo di rivoluzione di Plutone 10–6 s Tempo di transito di un proiettile attra-
9
10 s Distanza fra due generazioni umane verso un vetro di finestra
8 –7
10 s Durata del Liceo 10 s Tempo di accesso alla memoria in un
107 s Anno (rivoluzione terrestre) personal computer
106 s Mese lunare 10–8 s Valore tipico della permanenza di un
5
10 s Giorno (rotazione terrestre) atomo in uno stato eccitato
104 s Una mattina a scuola 10–10 s Periodo di transizione nell'atomo cesio
103 s Intervallo di una pausa scolastica usata per la definizione di secondo
2 –11
10 s Record mondiale sugli 800 m 10 s Tempo che impiega la luce ad attraver-
101 s Attesa media a un semaforo sare il vetro di una finestra
100 s Battito cardiaco 10–12 s Periodo di vibrazione degli atomi o
10–1 s Un batter d'occhio molecole in un solido
Facendo un'analogia con un'altra grandezza già vista e ben nota, la lunghezza, il tempo inteso nel senso co-
mune è analogo alla posizione nello spazio: gli orologi ci dicono dove ci troviamo nel tempo esattamente co-
me le pietre miliari lungo le strade ci dicono dove siamo arrivati. Se vogliamo sapere la lunghezza di un pez-
zo di strada, dobbiamo fare la differenza fra le indicazioni di due pietre miliari vicine ai punti di inizio e fine
del tratto che ci interessa; e se vogliamo valutare la durata di un veneto, dobbiamo fare la differenza fra le in-
dicazioni dell'orologio alle fine e all'inizio dell'evento. A ben pensarci, però, la posizione non è che la distan-
za da un punto di riferimento stabilito convenzionalmente (ad esempio, l'inizio della strada) e il tempo "as-
soluto" non è che l'intervallo di tempo a partire da un istante stabilito convenzionalmente (la mezzanotte ne-
gli orologi, una certa data nei calendari, …).
In Fisica, pertanto, si dà generalmente più importanza al tempo inteso come durata di un evento che non a
quello inteso come identificazione di un particolare istante in una scala continua ma necessariamente arbitra-
12

ria. Il cosiddetto "tempo universale" si adegua senza troppe preoccupazioni alle convenzioni del calendario
civile che resta legato a fenomeni astronomici e stagionali, per cui alla fine di ogni anno si aggiunge qualche
secondo per render conto del rallentamento della rotazione terrestre nel frattempo. Ciò che è importante è la
massima precisione possibile nella misura degli intervalli di tempo. E attualmente la precisione è tale che su
intervalli dell'ordine di 100 s lo scarto fra un orologio atomico e l'altro può essere dell'ordine di 10–10 s!

1.8. Gli strumenti di misura

a) Le 4 caratteristiche degli strumenti


Le caratteristiche principali di uno strumento di misura sono: la portata, la sensibilità, la prontezza e la pre-
cisione.
La portata è il massimo valore della grandezza in esame che può essere misurato dallo strumento (senza che
questo venga danneggiato). Per esempio il metro da muratore piegabile ha una portata di due metri (è la lun-
ghezza di tale strumento quando viene spiegato alla sua massima estensione); gli strumenti che hanno una
scala graduata, come la bilancia domestica o l'amperometro analogico, hanno una portata uguale al loro valo-
re di fondo scala, cioè al massimo valore della grandezza in questione che è indicato sulla scala graduata.
Tentare di utilizzare uno strumento di questo genere oltre la sua portata può danneggiare lo strumento stesso.
La sensibilità è la più piccola quantità che può essere misurata dallo strumento in esame. Per esempio, un
cronometro digitale che può misurare i centesimi di secondo ha una sensibilità, appunto, di un centesimo di
secondo. Il nostro righello graduato ha invece una sensibilità di un millimetro, mentre il calibro ha una sensi-
bilità di 1/10 di millimetro. Bisogna fare attenzione: la sensibilità dello strumento non deve essere confusa
con la precisione della misura. Se misuriamo un intervallo di tempo con un cronometro manuale, gli errori
dovuti al tempo di reazione possono essere decine di volte maggiori rispetto alla sensibilità dello strumento
che utilizziamo.
La prontezza indica la velocità con cui lo strumento risponde a variazioni della quantità di misurare. Tutti
sappiamo che, per esempio, un termometro clinico impiega qualche minuto per misurare la temperatura cor-
porea: si tratta di uno strumento di prontezza piuttosto bassa, e sarebbe ben poco affidabile se dovessimo im-
piegarlo per misurare una temperatura che varia in modo rapido. Invece una bilancia digitale risponde in ma-
niera molto veloce a variazioni della massa che deve misurare: si tratta di uno strumento dotato di buona
prontezza.
La precisione è un indice della qualità dello strumento utilizzato. La sua definizione generale è piuttosto
complicata, ma possiamo capire questo concetto esaminando alcuni casi particolari. Per esempio, un termo-
metro clinico può misurare temperature comprese tra 34°C e 44°C con un errore di 1/10 di grado. Conside-
rando 40°C un valore tipico delle grandezze misurate con questo strumento, la sua precisione media è dello
0,25% perché può essere espressa come

(errore) 0,1 C 1
= = = 0,0025 = 0,25% .
(valore medio misurato) 40C 400

Bisogna fare attenzione al fatto che nel linguaggio quotidiano si confonde la sensibilità di uno strumento con
la sua precisione.
Per esempio, è comune sentire dire che "un orologio che misura i decimi di secondo è più preciso di uno che
visualizza solo i secondi". In realtà, secondo quanto abbiamo imparato in questo paragrafo dovremmo dire
che "un orologio che misura i decimi di secondo ha una sensibilità maggiore di uno che misura solo i secon-
di".
In particolare, un orologio che segna solo i secondi, ma che ha un errore di un minuto al mese, è più preciso
di un secondo orologio che magari visualizza anche i centesimi di secondo, ma che ha un errore di cinque
minuti al mese. Di solito i costruttori producono strumenti di alta sensibilità che sono anche molto precisi,
ma i due concetti vanno sempre distinti.
Possiamo concludere che la precisione di uno strumento è il rapporto tra la sensibilità dello strumento e la
sua portata.
13

b) I trasduttori
Molti strumenti che vediamo o usiamo nella vita quotidiana sono dotati di un indice che si muove su una sca-
la graduata, preparata del costruttore dello strumento. In genere, questi strumenti sono dei trasduttori, cioè
traducono il valore di una grandezza fisica in una posizione dell’indice.
In generale, un trasduttore è un dispositivo che permette di misurare una grandezza A attraverso la misura di
una grandezza diversa B. Ecco alcuni esempi di trasduttori:
• L'orologio trasforma l'ampiezza di un angolo in un tempo. La posizione della lancetta sulla scala graduata
permette la misura del tempo che è trascorso da quando l'orologio è stato avviato.
• Il termometro a mercurio trasforma il valore di una lunghezza (o un volume) in un valore della tempera-
tura. L'altezza del mercurio permette di misurare la temperatura del corpo con cui il termometro si trova a
contatto.
• In un barometro, l'altezza del mercurio che sta nel tubo permette di misurare la pressione dell'aria conte-
nuta negli pneumatici.
• L'amperometro possiede un indice la cui rotazione è proporzionale all'intensità di corrente. La posizione
della lancetta sulla scala trasforma l'ampiezza dell'angolo di rotazione in intensità di corrente.

c) Strumenti analogici e digitali


Gli strumenti si suddividono in analogici e digitali. In quelli analogici la misura si legge su una scala gradua-
ta, in quelli digitali compare sotto forma di numero su un quadrante. Il termine digitale deriva dall'inglese di-
git, che significa "cifra".
Il principio di funzionamento di uno strumento digitale è complesso e non entreremo nei dettagli. Diciamo
soltanto che il valore della grandezza da misurare viene trasformato in una corrente elettrica e questa, me-
diante un apposito circuito elettrico, viene trasformato in un numero, che a sua volta è visualizzato su un
quadrante.

1.9. Il metodo della Fisica: teoria e modelli

a) Il metodo sperimentale: legge e teoria


Da sempre gli uomini hanno osservato che un sasso, lasciato cadere da una certa altezza, arriva rapidamente
a terra. Per un fisico questa osservazione non è sufficiente. Studiare la caduta di un sasso significa dire qual-
cosa di più preciso che constatare il fenomeno così come accade in natura. È necessario arrivare a stabilire la
regola o, come si dice, la legge secondo la quale si svolge il fenomeno. Essa permette di calcolare, per esem-
pio, in quanto tempo un oggetto cade da una certa altezza fino al suolo.

t = 0,45  h

Questa formula esprime la legge di caduta degli oggetti sulla Terra. Essa risponde a tutte le possibili doman-
de del tipo: quanto impiega per arrivare a terra un oggetto che cade da una determinata altezza? La legge
contiene quindi un elenco infinito di dati, alcuni raccolti nella tabella sottostante.
h (m) 1 1,7 2 3 4 5 6
t (s) 0,45 0,59 0,64 0,78 0,90 1,01 1,11
Per giungere a questo risultato si devono fare alcune esperienze, ossia si deve esaminare dettagliatamente in
che modo un oggetto cade, eliminando dal fenomeno "caduta di un oggetto" tutte le cause che lo perturbano.
Per esempio, è chiaro che se il sasso viene lasciato cadere da una torre in un giorno di vento, il suo movimen-
to risulterà alquanto alterato o, come diremo meglio, perturbato. L'esperienza sulla caduta del sasso sarà
quindi migliore (ossia più adatta per giungere a stabilire come, in generale, cadono gli oggetti in assenza di
perturbazioni) quando essa venga eseguita in una giornata senza vento. Capiremo meglio il fenomeno la-
sciando cadere il sasso entro un tubo nel quale sia stato fatto il vuoto. In questo modo daremo sicuri che l'a-
ria non potrà alterarne il movimento.
Naturalmente, una volta che sia stabilita la legge con cui i corpi cadono nel vuoto, si potrà studiare come essi
cadono nell'aria ferma, ossia senza vento. È evidente che essi cadranno in modo diverso da come cadevano
14

nel vuoto e le diversità osservate saranno certamente dovute alla presenza dell'aria. Si potranno così formula-
re altre regole che riassumono l'azione dell'aria sulla caduta dei corpi. Infine si potrà ancora completare lo
studio, esaminando quali differenze vi sono tra la caduta di un corpo quando l'aria è ferma e quando c’è ven-
to, giungendo così a stabilire quale sia l'influenza del vento.
Il metodo sperimentale della Fisica consiste in una sapiente combinazione di osservazioni e di esperienze,
che vengono progettate allo scopo di chiarire gli aspetti essenziali dei fenomeni naturali.
Senza ricorrere alle esperienze non sarebbe possibile distinguere in un fenomeno ciò che è importante e ciò
che invece, in prima approssimazione, si può trascurare. I fenomeni che avvengono in natura sono spesso
molto complessi. Mediante il metodo sperimentale si arriva a comprenderli per passi successivi.
Dapprima si studia il fenomeno semplice, ridotto all'essenziale, poi si aggiungono man mano delle complica-
zioni fino a riprodurre il fenomeno di partenza.
L'esperienza non è possibile in tutte le scienze. Per esempio, non è possibile nell'Astronomia. È evidente, in-
fatti, che l'uomo deve limitarsi all'osservazione dei fenomeni astronomici, senza poterli né produrre né influ-
enzare. La Fisica propriamente detta è una delle scienze in cui l'esperienza è più facilmente realizzabile. Ciò
non significa, però, che l'Astronomia non sia una scienza. Per capire il moto dei corpi celesti si devono com-
binare le esperienze fatte sulla Terra con l'osservazione dell'Universo, facendo uso di relazioni espresse ma-
tematicamente.
Il metodo sperimentale consiste, dunque, in un'analisi critica dei fenomeni. Naturalmente, perché le esperien-
ze siano proficue, non devono essere fatte alla cieca. All'inizio conviene farsi un'idea su come si svolge il
fenomeno che si deve studiare. Si formula così un'ipotesi, che può essere eventualmente suggerita da una so-
miglianza con altri fenomeni che già si conoscono. Si fanno quindi le esperienze sul fenomeno. Se i loro ri-
sultati sono in accordo con le conseguenze dell'ipotesi, l'ipotesi viene confermata. Altrimenti l'ipotesi fatta
deve essere abbandonata o modificata. Questo metodo, che dall'osservazione del fenomeno risale alla sua
legge attraverso esperienze, ipotesi e confutazioni si chiama metodo induttivo.
Le leggi che regolano un certo gruppo di fenomeni si trovano spesso riunite in una teoria. Si tratta di una
struttura matematica che mette in relazione tra loro le singole leggi e consente così di collegare i risultati di
numerose esperienze. Per esempio, la teoria dell'elettromagnetismo è costituita da alcune leggi molto genera-
li che spiegano i fenomeni elettrici e magnetici.
Usando strumenti matematici, da una teoria è possibile prevedere nuove leggi e quindi scoprire nuovi feno-
meni. Si applica in questo caso il metodo deduttivo. È poi necessario progettare delle esperienze per verifica-
re se i fenomeni previsti esistono davvero. In caso affermativo la teoria è da considerarsi tuttora valida; altri-
menti deve essere modificata o, in casi estremi, scartata.
Per esempio, le leggi della meccanica (la teoria che spiega il movimento dei corpi) sono state stabilite da Ga-
lileo e da Newton basandosi su osservazioni astronomiche e su esperienze compiute sulla Terra. Con queste
leggi si può prevedere il movimento dei pianeti intorno al Sole e il moto dei satelliti artificiali. I lanci spazia-
li, cominciati nel 1'957, sono una chiara conferma della teoria scoperta trecento anni prima.

b) L'idea del modello


"Interpretare" un fenomeno significa sostanzialmente ricondurlo a un quadro teorico già noto e col quale ab-
biamo familiarità. Questo quadro teorico però non può corrispondere al 100% alla situazione reale, perché
quest'ultima è esageratamente complessa. Si costruisce allora una rappresentazione analoga semplificata del-
la realtà, fatta di grandezze, schematizzazioni, equazioni, nell'ambito della quale sappiamo muoverci con gli
strumenti della matematica e della logica. Per interpretare una stessa classe di fenomeni possiamo far ricorso
a diverse rappresentazioni di questo tipo, chiamati modelli, ciascuna delle quali funziona più o meno bene ed
è più o meno semplice da maneggiare, lasciandoci la scelta di quale usare in relazione alla complessità del
problema specifico che vogliamo risolvere e al nostro livello di familiarità col modello.
Parlare dei corpi celesti in termini di punti materiali (corpi estesi che si riducono a un semplice punto) che si
muovono su orbite esattamente circolari o esattamente ellittiche è un modello: la realtà è più complessa di
così. Infatti se studiamo il moto dei corpi celesti attorno al proprio asse, il modello del punto materiale cade.
Ma è molto utile in quanto ci permette di far previsioni abbastanza ben verificate per essere credibili, ad e-
sempio nella navigazione.
Descrivere la natura dei corpi in termini di Acqua, Aria, Fuoco e Terra è un modello piuttosto grezzo, ma ha
funzionate in qualche modo per circa 2'000 anni, venendo poi sostituito dal modello atomico, anch'esso co-
stantemente migliorato con il passare degli anni (modello di Thomson, modello di Bohr).
15

1.10. La notazione scientifica

a) Introduzione alla notazione scientifica


In Fisica abbiamo spesso a che fare con numeri molto grandi o molto piccoli, che non possono essere nem-
meno immessi nella calcolatrice. Per esempio, la distanza Terra – Sole è circa 149'000'000'000 m, il raggio
dell'atomo di idrogeno è circa 0,000 000 000 051 m).
Questi numeri sono molto scomodi da leggere e ancora più scomodi se dobbiamo fare dei calcoli. Perciò si
preferisce scriverli nella cosiddetta notazione scientifica (o notazione esponenziale).
Regola:

Nella notazione scientifica, un numero è scritto come prodotto fra un altro numero, maggiore o
uguale a 1 e minore di 10, e una potenza di 10.

In altri termini, ogni numero viene scritto nella forma::

a 10 n oppure a 10 n

Dove n rappresenta un numero intero positivo o negativo e a soddisfa alla doppia uguaglianza:

1  a  10

Esempio: I numeri 6,73 ∙ 1022 e 3,85 ∙ 10–17 sono scritti in notazione scientifica: Non è invece scritto in nota-
zione scientifica il numero 58,3 ∙ 1020. perché 58,3 è maggiore di 1, ma non è minore di 10. Nemmeno il nu-
mero 0,075 ∙ 10–15 è scritto in notazione scientifica perché 0,075 è minore di 10, ma anche di 1. Altrettanto
questo non vale per 2,723 ∙ 63, in quanto la potenza deve avere base 10 e non 6 o qualsiasi altro numero.
Per le regole con le potenze di 10 e le potenze in generale si veda il paragrafo Excursus matematico 1.

b) Come arrivare alla notazione scientifica


Il numero deve essere scritto nella forma a ∙ 10n; quindi dobbiamo prima determinare il valore di a e di n.
Prendiamo per esempio il numero 149'000'000'000 (> 1). Per trovare a, spostiamo la virgola dopo la prima
cifra del numero, cioè 1, e scriviamo 1,490 000 000 00. In pratica abbiamo spostato la virgola di 11 posti
verso sinistra (basta contare!). Per avere l'esponente della potenza di 10 basta appunto contare di quanti posti
è stata spostata verso sinistra la virgola. Quindi la potenza di 10 sarà 1011. Il numero in questione nella no-
tazione scientifica verrà scritto nel seguente modo (tralasciando gli zeri che non sappiamo se siano significa-
tivi o meno):

1,49 ∙ 1011 m.

Prendiamo per esempio il numero 0,000 000 000 051. Per trovare a, spostiamo la virgola dopo la prima cifra
diversa da 0 e scriviamo 5,1. Abbiamo spostato la virgola di 11 posti verso destra (basta contare anche qui!).
In questo caso la potenza di 10 diventa 10–11. Scriviamo il numero in questione nel modo seguente:

5,1 ∙ 10–11 m.

c) Operazioni in notazione scientifica


Vediamo in questa sezione come immettere dati numerici in forma scientifica nella calcolatrice tascabile6.
Osserviamo prima come appaiono i numeri in forma scientifica sulla calcolatrice. Proviamo ad eseguire il se-
guente calcolo:

476'000  5'600'000

6
Si suppone che l'allievo(a) utilizzi una calcolatrice tipo Casio fx, se possibile con 10 cifre. Gli(le) allievi(e) che usano
un altro tipo di calcolatrice facciano riferimento al manuale corrispondente.
16

Appare la seguente scritta

2,6656 12

Il significato della seguente scritta è 2,6656 · 1012 (un numero a 12 cifre, la calcolatrice ne può avere solo 10,
o addirittura 8). Eseguiamo un altro calcolo:

0,054 : 13'000'000

Appare la seguente scritta

4,154 –09

(approssimato alla terza cifra dopo la virgola) il che significa 4,154 · 10–9 (la calcolatrice trasforma automati-
camente in forma scientifica qualsiasi numero minore di 0,01.
Ora vediamo come si introducono nella calcolatrice numeri come 2,34 · 1011 oppure 2,34 · 10–13. Sulla calco-
latrice vi è il tasto EXP, al centro dell'ultima riga. Per il primo numero basta fare

2,34 EXP 11,

poi lo si ha sullo schermo della calcolatrice, mentre per il secondo numero basta fare

2,34 EXP 13 +/–

Si faccia particolarmente attenzione a introdurre numeri come 10 6 o 10–7. Scritti in forma scientifica essi di-
ventano 1,0 · 106 oppure 1,0 · 10–7. Quindi essi vengono introdotti nella calcolatrice nel modo seguente:

1 EXP 6 oppure 1 EXP 7 +/–

Con i numeri in forma scientifica si possono anche fare calcoli direttamente. Proviamo ad eseguire i seguenti
calcoli:

3,4 · 1017  5,5 · 10–5,

basta fare

3,4 EXP 17  4,4 EXP 5 +/–, che dà 1,496 · 1013.

Eseguiamo ora il seguente calcolo:

2,3 1019  3,9 10 –12


,
2,22 10 – 20

basta fare

2,3 EXP 19  3,9 EXP 12 +/–  2,22 EXP 20 +/–, che dà 4,04 · 1027.

d) L'ordine di grandezza di un numero


Consideriamo i due numeri 3'200 e 7'500. Entrambi sono maggiori di 1'000 e minori di 10'000, però il primo
è più vicino a 1'000, cioè a 103, il secondo è più vicino a 10'000, cioè 104. Diciamo che l'ordine di grandezza
di 3'000 è 103, l'ordine di grandezza di 7'000 è 104.

Definizione: L'ordine di grandezza di un numero è la potenza di 10 più vicina al numero stesso.


17

In pratica, l'ordine di grandezza di un numero è la potenza di 10 che meglio approssima il numero. Possiamo
anche valutare l'ordine di grandezza di una misura, con l'avvertenza di riportare accanto alla potenza di 10
anche l'unità di misura della grandezza.
Per esempio, la distanza tra Milano e Napoli è circa 800 km. Questa distanza è maggiore di 102 km e minore
di 103, perciò l'ordine di grandezza è 103 km. La stessa distanza, espressa in metri, ha un ordine di grandezza
di 106 m. Abbiamo visto nei paragrafi § 1.6 e § 1.7 alcuni ordini grandezza per certi tipi di misura.

Perché è importante l'ordine di grandezza?


• Permette di fare velocemente dei confronti. Per esempio, sappiamo che la lunghezza di un'aula è 7,7 m,
quella di tutto l'edificio è 83 m. Possiamo dire che la lunghezza dell'edificio è di un ordine di grandezza
superiore a quello dell’aula.
• Permette di valutare velocemente il risultato di un calcolo. Supponiamo di dover fare il seguente prodot-
to: 1'550 x 345. I due fattori hanno, rispettivamente, ordini di grandezza 103 e 102. Il prodotto avrà come
grandezza 103+2. Se utilizziamo la calcolatrice sbagliamo tasto e viene un risultato con ordine di grandez-
za diverso da 105, possiamo accorgerci dell'errore.

1.11. Multipli e sottomultipli del sistema decimale delle unità

a) Introduzione
Consideriamo il seguente esempio. Supponiamo di voler semplificare la scrittura 1'000 m. Abbiamo visto
precedentemente che possiamo riscrivere tale grandezza nella forma 10 3 m, ma esiste anche la possibilità di
cambiare unità, ad esempio sappiamo che 1'000 = 1 km.
Allo stesso modo consideriamo la grandezza 0,000 001 m. Tale grandezza può essere scritta nella forma
semplificata 10–6 m, ma esiste anche la possibilità di scrivere 1 µm (1 micrometro, vedi dopo).

b) Il sistema decimale
Nella tabella a lato sono elencati i prefissi per i multiplo prefisso simbolo
multipli e i sottomultipli più usati delle unità SI. 1018 Exa- E
Tutti questi multipli sono potenze di 10: un tale 10 15
Peta- P
sistema è chiamato sistema decimale. Il sistema 1012 Tera- T
decimale basato sul metro è chiamato sistema 109 Giga- G
metrico decimale. Questi prefissi sono applica- 10 6
Mega- M
bili a tutte le unità SI; ad esempio, 0,000 001 s 103 kilo- k
diventa 1 µs (microsecondo) e 1'000'000 J di-
10–1 deci- d
venta 1 MJ (Megajoule). Raramente usati sono i –2
10 centi- c
seguenti prefissi: Esa, Peta, femto e atto. Talvol- –3
ta sono ancora usati i multipli 102 (= etto, sim- 10 milli- m
bolo h) e 101 (= deca, simbolo da), mentre non 10–6 micro- µ
–9
più utilizzato (eccetto qualche volta) è il multi- 10 nano- n
–12
4
plo 10 (= Miria, simbolo ma). 10 pico- p
–15
In pratica il prefisso Giga- (abbrev. G) sostitui- 10 femto- f
sce la potenza decimale 109, cioè le grandezze G 10–18 atto- a
e 109 sono equivalente, allo stesso modo sono equivalenti 10–3 e m (milli) oppure 10–9 e n (nano).
Faremo su un foglio a parte la scala che ci permette di trasformare una grandezza da un'unità di misura a
un'altra (ma andiamo solo dal Giga al nano, quelli maggiori del Giga e minori del nano sono raramente usa-
ti7). Ad esempio la memoria dei Harddisk è ora dell'ordine del GigaByte (GB), mentre le lunghezze d'onda
dei raggi X è dell'ordine del nanometro (nm).

7
In realtà in elettricità si usa il prefisso pico- (p) per i condensatori elettrici, e per l'informatica si utilizza ora anche il
prefisso Tera- (T).
18

c) Trasformazioni nel sistema decimale delle unità di misura


Questi esempi vengono fatti su un foglio a parte, ad esempio su quello dove c'è la scala delle unità.

1.12. Incertezze di una misura

a) Cause di incertezza
Consideriamo la misura diretta di aree di una figura irregolare (§ 1.6.b). Abbiamo detto che si può sovrap-
porre alla superficie da misurare un foglio di carta millimetrata trasparente, e si contano i quadretti sovrappo-
sti alla superficie; per quelli di frontiera ci si affida al buon senso. Ma è lecito in una "scienza esatta" affidar-
si a una cosa tanto "poco esatta" come il buon senso?
Si è già visto – più volte – che le misure non sono comunque mai infinitamente precise, e questo per varie
cause. È molto importante sapere quanto è accurata (cioè quantitativamente credibile) una misura, mentre
non ha senso cercare di condurre ogni misura con la massima precisione consentita dalla tecnologia contem-
poranea, cosa questa molto impegnativa e quasi sempre inutile.
Discuteremo allora in questo capitolo le cause di incertezze nelle misure, in modo da essere in grado di valu-
tare, caso per caso, qual è la più semplice tecnica che ci consente di arrivare alla misura col grado di incer-
tezza che ci serve realmente.
Possiamo distinguere le seguenti cause di incertezza:
Errori banali: l'operatore (colui che misura) non sa usare lo strumento, si confonde in una lettura, sbaglia i
calcoli in una misura indiretta, o commette improprietà del genere. In tal caso la misura non è poco accurata,
ma è sbagliata e va semplicemente rifatta. Questo tipo di errori va evitato e non è soggetto a nessun tipo di
ulteriore analisi.
Incertezze sistematiche: adoperando uno strumento tarato (ad esempio un nastro) operiamo un confronto fra
l'oggetto in misura (misurando) e le tacche incise sullo strumento che si suppongono uguali a multipli o sot-
tomultipli delle unità di misura. Queste tacche hanno una certa larghezza e non possiamo pretendere di leg-
gere una frazione della larghezza della tacca: se anche guardassimo lo strumento sotto un microscopio e ten-
tassimo di valutare "a occhio" o con qualunque altro sistema la frazione di tacca, non risolveremmo nulla
perché la taratura stessa dello strumento è soggetta a incertezze e – almeno negli strumenti costruiti a regola
d'arte – la distanza tra due tacche corrisponde all'accuratezza che viene garantita nelle normali condizioni
d'uso. Leggere una piccola frazione della distanza fra due tacche sarebbe quindi pericolosamente illusorio: a-
vremmo un numero con molte cifre significative che però non corrispondono necessariamente alla grandezza
che vogliamo misurare a causa dell’imperfetta taratura.
È da notare che fra queste incertezze sono comprese anche quelle legate alle diverse condizioni d'uso dello
strumento: ad esempio un metro a nastro metallico si dilata con la temperatura, e quindi se è stato tarato a
20°C e viene usato a 10°C, esso è troppo corto e quindi tutte le misure che facciamo sono maggiori del giu-
sto. Questi errori tuttavia sono – nelle condizioni normali d'uso, e per strumenti di qualità – minori della di-
stanza tra due tacche consecutive.
Incertezze casuali: supponiamo di voler misurare la larghezza di un tavolo di legno e di disporre di strumen-
ti molto accurati. Parlare di "larghezza del tavolo" presuppone che il tavolo abbia una larghezza, cioè che la
sua superficie sia assimilabile a un rettangolo (o altra figura geometrica, come un trapezio o un parallelo-
gramma) e che quindi la sua larghezza sia uguale in tutti i punti: che i suoi lati siano paralleli e privi di aspe-
rità e irregolarità. Se ciò non è vero, noi misureremo una "larghezza" diversa in diversi punti del tavolo (figu-
ra sotto). Non solo, ma se il tavolo è di legno, le sue dimensioni dipendono (poco, ma sicuramente) dall'u-
midità ambientale e se lo strumento di misura è molto accurato, otterremo misure diverse in condizioni diver-
se di umidità ambientale. D'altra parte è molto più comodo parlare semplicemente di "larghezza del tavolo"
che riportare una serie di misure condotte in punti diversi e in condizioni ambientali diverse (specie se ciò
che vogliamo fare è tagliare una tovaglia da metterci sopra …). Tale "larghezza" sarà allora affetta da un'in-
certezza che non è necessariamente l'incertezza associata allo strumento con cui l'abbiamo misurata, ma può
essere maggiore in relazione alle irregolarità e instabilità del misurando stesso.
19

b) L'incertezza assoluta
Poiché nel misurare una grandezza si possono commettere diversi errori, non ha senso cercare il valore esatto
della grandezza. Nel comunicare il risultato della misura è necessario associarle anche un'incertezza.
Nei casi più semplici, si può assumere come errore l'incertezza dello strumento, cioè il valore più piccolo che
lo strumento permette di leggere. Per esempio, se misuriamo un intervallo di tempo con un cronometro al se-
condo, l'incertezza su ogni misura è 1 s, mentre se il cronometro è al decimo di secondo, l'incertezza è di
0,01 s. Una lunghezza misurata con un righello su cui si leggono i millimetri ha un'incertezza di 1 mm; una
massa misurata con una bilancia sui cui si possono leggere anche i centesimi di grammo ha un'incertezza di
0,01 g.
Per esprimere la misura, mettendo in evidenza anche l'errore, scriviamo il valore trovato seguito dal simbolo
± e dall'incertezza. Facciamo riferimento al nostro righello:

lunghezza = 5,7 cm ± 0,1 cm

Il numero che sta dopo il simbolo ± rappresenta l'incertezza sulla misura, detto anche incertezza assoluta. In
questo caso il valore della lunghezza è compreso tra 1,7 cm – 0,1 cm e 1,7 cm + 0,1 cm, cioè fra 1,6 cm e 1,8
cm. Sotto sono riportati diversi modi equivalenti per scrivere il risultato della misura con l'incertezza:

l = 1,7 cm ± 0,1 cm; l = (1,7 ± 0,1) cm; 1,6 cm < l < 1,8 cm.

c) L'incertezza relativa
La conoscenza dell'incertezza assoluta su una misura non dà informazioni sul grado di precisione con cui è
stata effettuata. Per esempio, un'incertezza di 20 s è piccola se è stata commessa nella misura della durata di
un'ora di lezione, mentre potrebbe essere grande se fatta nella misura del tempo impiegato da un veicolo a
spostarsi tra due semafori distanti 50 m. L'incertezza assoluta di 1 m è grande se è stata commessa nel misu-
rare l'altezza di un edificio, ma è piccola nella misura della distanza tra Chiasso e Airolo.
Per stabilire se una misura è più o meno precisa si calcolano altri due tipi di incertezza: l'incertezza relativa e
l'incertezza percentuale.

Definizione: L'incertezza relativa ε è il rapporto tra incertezza assoluta e il valore misurato:

X
=
X

Definizione: L'incertezza percentuale è uguale all'incertezza relativa moltiplicata per 100 ed espressa in %:

 (%) = (  x 100)%

Esempio: Misuriamo una massa di 22,7 g e la sua incertezza vale 0,1 g. Allora l'incertezza relativa vale:

0,1 g
= = 4,4 10 −3 ,
22,7 g

Mentre l'incertezza percentuale vale:

0,1
 (%) = 100 % = 0,44% .
22,7

d) Il valore medio e l'incertezza assoluta


Spesso, quando si ripete la misura di una grandezza, si ottengono valori diversi. È allora ragionevole assume-
re come risultato il valore medio delle varie misure, cioè il rapporto fra la somma delle misure ed il numero
delle misure:
20

x1 + x2 + ... + xn
x=
n

Se la grandezza è stata misurata poche volte, si assume come incertezza assoluta la semidifferenza fra il va-
lore massimo ed il valore minimo ottenuto:

max− min
x =
2

Si osservi che misure molto fuori dalle altre dovrebbero essere eliminate prima di fare la media e la semidif-
ferenza!
Se invece si misura un numero grande di volte la stessa grandezza, per ottenere l'incertezza assoluta si calco-
la invece lo scarto quadratico medio, grandezza molto usata in statistica:

x =
(x − x1 )2 + (x − x2 )2 + ...
n

Tale grandezza è anche chiamata deviazione standard. Sulla calcolatrice vi sono dei tasti appositi per fare
calcoli statistici.

1.13. Incertezze su misure indirette

a) Il problema delle incertezze su misure indirette


Il calcolo delle incertezze esposto prima riguarda il caso della misura diretta di una grandezza fisica. Come
abbiamo già visto, alcune grandezze vegono misurate indirettamente, cioè misurando altre grandezze e poi
effettuando un calcolo. Per esempio, tutte le grandezze ricavate mediante una formula sono misurate indiret-
tamente.
Esponiamo le regole che si applicano per il calcole delle incertezze, distinguendo fra grandezze che si calco-
lano mediante somme o differenze e grandezze che si calcolano mediante quozienti o prodotti.

b) Somma e differenza di grandezze


Se indichiamo con G la grandezza da misurare indirettamente, con a e b le due grandezze da cui essa deriva,
possiamo avere

G = a+b oppure G = a −b

In entrambi i casi le singole incertezze assolute si sommano, cioè

G = a + b

Esempio: Se la base di un rettangolo è stata misurata con l'incertezza assoluta di 0,2 cm e l'altezza con l'in-
certezza di 0,1 cm, il perimetro ha un'incertezza assoluta di (0,2 + 0,2 + 0,1 + 0,1) cm = 0,6 cm.

c) Prodotto e quoziente di grandezze


La grandezza G è data in questo caso da un prodotto o da un quoziente:

a
G = a b oppure G=
b
21

In questo caso si sommano le incertezze percentuali (o relative) e non quelle assolute, cioè

G a b
= +
G a b

Esempio: La massa di un oggetto è stata misurata con l'incertezza del 3% e il volume con l'incertezza del 2%.
Possiamo dire che l'incertezza percentuale sulla densità è del 5%; infatti la densità è il rapporto tra massa e
volume, perciò si sommano le incertezze percentuali.

1.14. Le cifre significative

a) Introduzione
Quando si scrive il risultato di una misura diretta, in genere si forniscono anche informazioni sul grado di in-
certezza con cui essa è stata effettuata. Per esempio, se scriviamo:

l = (20,8 ± 0,1) cm

intendiamo dire che il valore della lunghezza è compreso fra 20,7 cm e 20,9 cm, cioè quindi la terza cifra è
incerta, mentre le prime due sono certe. Se invece scriviamo:

l = (20,80 ± 0,01) cm

il valore della lunghezza è compreso fra 20,79 e 30,81; la cifra incerta in questo caso è la quarta.

Definizione: Si chiamano cifre significative di una misura tutte le cifre certe e la prima incerta.

Osservazione: in genere la prima cifra incerta corrisponde alla sensibilità dello strumento.

Esempio: Considera il cronometraggio dello stesso tempo fatto con cronometri diversi; abbiamo 20 s, 20,0 s
e 20,00 s. È ovvio che la sensibilità dei tre strumenti è diversa, poiché il primo cronometro è sensibile solo al
secondo e quindi la misura ha due cifre significative, mentre l'ultimo cronometro è sensibile fino al 1/100 di
secondo, per cui il valore misurato da questo cronometro ha quattro cifre significative.

b) Regole per le cifre significative


Ecco le regole per determinare quali siano le cifre significative di un numero:
1) Tutte le cifre diverse da zero sono sempre e comunque significative (es.: 9,46; 114; 7,226).
2) Tutti gli zeri compresi tra due cifre diverse da zero sono significativi (es.: 407; 3,405; 90,06; 2,20704). In-
fatti non possiamo togliere lo zero: 306 ≠ 36.
3) Tutti gli zeri all'estrema destra di un numero scritto in forma decimale e con la virgola sono significativi,
come nell’esempio 1 (es.: 2,30; 40,00; 9,55000).
4) Tutti gli zeri all'estrema sinistra di un numero scritto in forma decimale con la virgola invece non sono si-
gnificativi (es.: 0,98; 0,00345; 0,028). Infatti il numero 0,00345 si può anche scrivere nella forma scientifica
3,45 · 10–3, eliminando così gli zeri davanti alla cifra 3 (vedi anche dopo). Oppure 0,0176 m si può anche
scrivere 1,76 cm.
5) Tutti gli zeri all'estrema destra di un numero intero senza che sia scritto con la virgola possono essere o
non essere significativi (es.: 4'500; 930; 670'000). Per evitare problemi esistono due modi: scrivere il numero
in forma scientifica (se 4'500 = 4,5 · 103 le cifre significative sono due, se invece 4'500 = 4,50 · 103 allora le
cifre significative sono tre) oppure indicare fino a quale cifra il numero sia stato arrotondato (se affermiamo
che il numero 18'000 è stato arrotondato alle migliaia sappiamo che gli ultimi tre zeri non sono significativi,
se invece diciamo che 18'000 è arrotondato alle centinaia allora il primo zero a destra è significativo, mentre
non lo sono gli ultimi due).
22

c) Le cifre significative nei calcoli


Quali sono le cifre significative dopo l'esecuzione di un calcolo? La risposta non è semplice, né univoca, di-
pende dalle operazioni che si eseguono.

Moltiplicazione e divisione di una misura per un numero


Il risultato deve avere lo stesso numero di cifre significative della misura. Per esempio, moltiplichiamo o di-
vidiamo la stessa misura per 4:

(5,73 m) x 4 = 22,92 m
(5,73 m) : 4 = 1,4325 m

Poiché 5,73 ha tre cifre significative, in entrambi i casi il risultato va scritto con tre cifre significative:

(5,73 m) x 4 = 22,9 m
(5,73 m) : 4 = 1,43 m

Quoziente e prodotto di due misure


Il risultato deve avere lo stesso numero di cifre significative della misura meno precisa. Dividiamo 10,52 m
(che ha quattro cifre significative) per 2,21 s (che ha tre cifre significative). Con la calcolatrice troviamo che:

10,52 : 2,21 = 4,760180

Il risultato però deve avere solo tre cifre significative, perciò scriviamo:

10,52 m : 2,21 s = 4,76 m/s

Addizione e sottrazione di due misure


Prima di fare l'operazione bisogna arrotondare le misure a quella meno precisa. Per esempio, per fare la
somma:

2,2 s + 7,32 s

Arrotondiamo la seconda misura a 7,4 s e poi sommiamo:

2,2 s + 7,4 s = 9,6 s

Applicazione: Un'antica determinazione del raggio della Terra

Nel III secolo a.C. Eratostene osservò che, una volta all'an-
no (durante il solstizio d'estate), a mezzogiorno, mentre a
Syene (l'odierna Assuan) i raggi solari giungevano fino al
fondo dei pozzi (ed erano pertanto perpendicolari alla super-
ficie terrestre), mentre ad Alessandria, posta sullo stesso me-
ridiano, giungevano al suolo con un angolo α = 7° 15'.
In base a questa osservazione e conoscendo la distanza tra
Syene ed Alessandria, Eratostene determinò la lunghezza del
raggio terrestre. Il procedimento è una semplice applicazione
della nozione di radiante.
L'angolo α individuato dalle direzioni dei raggi solari è infat-
ti uguale a quello individuato dalle direzioni dei raggi ter-
restri che collegano Syene ed Alessandria col centro della
Terra, come mostrato nella figura.
Esprimendo la sua ampiezza in radianti abbiamo:
23

l
=
RT

Dove con l e RT indichiamo, rispettivamente, la lunghezza del tratto di meridiano tra Syene ed Alessandria ed
il raggio terrestre.
Poiché la lunghezza dell'arco tra Syene ed Alessandria è di 810 km e l'ampiezza dell'angolo α in radianti è
pari a 0,127 rad, otteniamo

l 810
RT = = = 6,37 10 3 k m
 0,127

Excursus matematico 1: Le potenze di 10

a) Potenze con esponente positivo


Se n è un numero intero positivo, con la scrittura

10n

si indica il prodotto 10 ∙ 10 ∙ 10 … n volte; 10 è la base della potenza, mentre n è l’esponente. Per esempio:

103 = 10 ∙ 10 ∙ 10 = 1'000
105 = 10 ∙ 10 ∙ 10 ∙ 10 ∙ 10 = 100'000

Per convenzione si assegna un valore anche ad altre due potenze particolari:

101 = 10; 100 = 1.

b) Potenze con esponente negativo


Con la scrittura

10–n

indichiamo, invece, il reciproco o l'inverso di 10n, cioè per definizione si pone:

1
10 − n =
10 n

Per esempio:

1 1 1
10 −3 = = = = 0,001
10 3
10  10  10 1'000

c) Proprietà delle potenze


Quando si moltiplicano due potenze di 10, gli esponenti si sommano:

10 2 103 = 10 2 + 3 = 105  10 2 103 = 100 1'000 = 100'000 = 105

Dividendo due potenze gli esponenti invece vengono sottratti:


24

10 7 10 7 10'000 '000
= 10 7 − 3 = 10 4  = = 10'000 = 10 4
10 3 10 3 1'000

Elevando a potenza una potenza gli esponenti si moltiplicano:

(10 )
3 2
= 103 2 = 106  (1'000 )2 = 1'000 1'000 = 1'000'000 = 106
Le stesse proprietà valgono anche per le potenze con esponente negativo:

10 2 10 − 3 = 10 2 + ( −3) = 10 −1;


10 4
10 − 2
= 10 4 − ( −2) = 10 6 ; (10 )
−2 3
= 10 − 2  3 = 10 − 6

Riassumendo:

10 a 10 b = 10 a + b ;
10 a
= 10 a − b ;
10 b
(10 )
a b
= 10 a  b

Excursus matematico 2: Geometria e Fisica; punto, retta e piano in Fisica

La Geometria definisce i concetti di piano, retta e punto attraverso relazioni espresse da alcuni postulati fon-
damentali quali: (a) per due punti passa una e una sola retta; (b) per tre punti non appartenenti a una stessa
retta passa uno e un solo piano; (c) per una retta e un punto fuori di essa passa uno e un solo piano, ecc. Il
compito della Geometria è quello di costruire, a partire da pochi postulati fondamentali e con un processo
puramente deduttivo, il sistema delle conseguenze di queste relazioni. La Geometria non si preoccupa del ri-
scontro delle sue deduzioni con la natura che ci circonda: essa esige solo la coerenza logica tra le sue affer-
mazioni.
Diverso è l'atteggiamento del fisico: i suoi concetti derivano dall'osservazione della natura ed è nella natura
che egli opera. A proposito dei concetti di piano e di retta egli pone le seguenti domande: dove in natura ve-
do un piano o una retta? Come posso costruire dei piani e delle rette? Come posso utilizzarli una volta co-
struiti? E vi risponde osservando che in natura esistono solo porzioni di piani e segmenti di rette e trovando il
modo di costruirli praticamente.
Le porzioni di piano, ad esempio, sono molto usate nelle officine meccaniche di precisione e si chiamano
piani di prova.

Un piano di prova si costruisce così:


1) Si scelgono tre piastre di metallo, di superficie approssimativamente piana.
2) Si sfregano due delle tre superfici, alternativamente, l'una contro l'altra, interponendovi della polvere abra-
siva di grana sempre più fine, e si continua il procedimento con ritocchi successivi fino a che tutte e tre le su-
perfici delle piastre non combacino perfettamente.
3) Per stabilire se due piastre combacino, se ne bagna una con un velo d'olio mantenendo l'altra perfettamen-
te asciutta: sovrapponendo le due superfici, quella asciutta resterà sporca d’olio solo nei punti che combacia-
no con l'altra.
Il motivo per cui si utilizzano tre superfici anziché due sta nel fatto che due superfici potrebbero risultare
combacianti, ma non piane. Questo è invece impossibile se si richiede che combacino a due a due le superfici
25

di tre piastre: infatti, in caso di non planarità, si deve necessariamente verificare per almeno due di esse la si-
tuazione della figura sotto.

Abbiamo scritto in dettaglio le regole di costruzione di un piano di prova per mettere in evidenza un'impor-
tante caratteristica delle definizioni in Fisica. Queste devono sempre essere operative, ossia devono descri-
vere una sequenza di operazioni pratiche che possano essere ripetute esattamente da chiunque, portando a ri-
sultati sempre identici. In questo senso, le definizioni fisiche hanno validità universale e vengono sottratte al-
l'arbitrarietà del giudizio individuale.
Una volta stabilito come costruire una porzione di piano, è facile realizzare un segmento di retta: basta co-
struire lo spigolo comune a due pozioni di piano.

I segmenti di retta vengono spesso utilizzati in pratica, Essi sono chiamati regoli. I comuni di legno o plasti-
ca, usati per il disegno, ne sono un esempio.
Utilizzando un regolo e uno strumento capace di incidere delle linee su un piano, è possibile riportare dei
segmenti di retta su una superficie piana: è questo il normale procedimento con cui tracciamo delle rette su
un foglio di carta servendoci di un regolo e di una matita.
In base alle considerazioni appena svolte è possibile comprendere le diverse concezioni di punto, in Geome-
tria e in Fisica. Mentre in Geometria un punto è definito dall'intersezione di due rette, in Fisica un punto è
definito dall'intersezione di due segmenti di retta costruiti con un regolo e con uno strumento capace di inci-
dere e di tracciare.
26

Esercizi
1. Domande con le crocette (da farsi eventualmente a fine capitolo)
Rispondi alle seguenti domande con le crocette (una sola risposta è corretta!):

1.1. Fra due grandezze non omogenee è possibile fare:


A. la somma;
B. la sottrazione;
C. la divisione;
D. il confronto.

1.2. Quale dei seguenti verbi è più adatto per esprimere un'operazione di misura?
A. Calcolare.
B. Confrontare.
C. Avvicinare.
D. Stabilire.

1.3. La misura del volume di un cilindro è una misura indiretta perché:


A. è facile da fare;
B. viene fatta con uno strumento tarato;
C. è ottenuta mediante un calcolo;
D. si esprime in m3.

1.4. Uno studente dice: "il metro quadrato è un multiplo del metro", un altro risponde: "no, il metro quadrato
è un'unità di misura derivata dal metro".
A. Ha ragione il primo.
B. Ha ragione il secondo.
C. Hanno ragione entrambi.
D. Hanno torto entrambi.

1.5. Quale delle seguenti operazioni può essere pericolosa per uno strumento di misura?
A. Superare la sensibilità.
B. Superare la precisione.
C. Superare la prontezza.
D. Superare la portata.

1.6. Considera il cosiddetto metro da sarto (quello arrotolabile).


A. Ha una sensibilità al mm e una portata di 1,50 m.
B. Ha una portata di 1 mm e una sensibilità di 1,50 m.
C. Ha una portata e una sensibilità entrambe di 1 mm.
D. Ha una portata e una sensibilità entrambe di 1,50 m.

1.7. Quale delle seguenti unità di misura del tempo non esiste?
A. Ns;
B. ns;
C. ms;
D. μs.

1.8. La massa del Sole è 1,98 ∙ 1030 kg. Qual è l'ordine di grandezza di questa massa?
A. 1,98 kg;
B. 30;
C. 1030 kg;
D. 1031 kg.
27

1.9. L'ordine di grandezza del numero 0,000 430 5 è


A. 10–3;
B. 10–4;
C. 10–5;
D. 10–6.

1.10. Determina, fra le seguenti, l'unica scrittura corretta di una misura di lunghezza (nel sistema SI).
A. 67,43 m;
B. 03,4 mm;
C. 41,7 Km;
D. 57,8 hm.

1.11. Quale tra le seguenti unità di tempo non è stata scritta correttamente?
A. 30,7 ns;
B. 2,0 min;
C. 89 ks;
D. 8,045 sec.

1.12. Un concerto di musica pop dura dalle 21.37 fino alle 23.12 (significa 23 h 12 min). Quanto vale la
durata del concerto, espressa in secondi?
A. 95 s;
B. 145 s;
C. 5'700 s;
D. 8'700 s.

1.13. Il risultato di una misura viene scritto indicando gli estremi di variazione, nel seguente modo: 49,8 m
< l < 50,2 m. Quale delle seguenti affermazioni è vera?
A. L'incertezza assoluta vale 0,4 m.
B. Il valore medio è 100 m.
C. L'incertezza relativa è 0,04.
D. L'incertezza percentuale è 0,4%.

1.14. La misura del lato di un quadrato è l = (10,0 ± 0,1) cm. Qual è l'incertezza percentuale sull'area?
A. 1%.
B. 2%.
C. 10%.
D. 20%.

1.15. Quale fra le seguenti tre misure ha sicuramente tre cifre significative?
A. 0,037 kg;
B. 0,0510 kg;
C. 2,120 kg;
D. 347'000 kg.

1.16. Considera la divisione 23,65 : 9,81. Quale risultato sotto è corretto secondo la regola delle cifre si-
gnificative?
A. 2,4;
B. 2,41;
C. 2,410;
D. 2,409785933.

2. Considera un disco di 12,0 cm di diametro. Calcola:


(a) la sua circonferenza;
(b) la sua area.
28

3. Considera una scatola a forma di parallelepipedo con le seguenti dimensioni (spigoli) interne: 18,0 cm,
20,0 cm e 40,0 cm. La scatola viene riempita con alcuni dadi a forma di cubo, ciascuno avente spigolo pari a
2,0 cm.
(a) Calcola il volume della scatola e il volume di un dado in cm3.
(b) Quanti dadi ci stanno nella scatola? Spiega perché questo valore è stato ottenuto indirettamente.

4. Scrivi i seguenti numeri nella forma scientifica:


(a) 45'000 =
(b) 120'000'000 =
(c) 0,000 000 028 3 =
(d) 3'130'000'000'000'000'000'000 =
(e) 0,000 004 5 =
(f) 0,000 000 000 000 000 671 =
(g) 0,000 000 000 025 =

5. Scrivi in forma normale i seguenti numeri:


(a) 6,31 · 1014 =
(b) 6,31 · 10–14 =
(c) 9,44 · 107 =
(d) 8,52 · 10–5 =
(e) 1,16 · 10–20 =
(f) 2,85 · 1025 =

6. Scrivi nella forma scientifica corretta i seguenti numeri (in modo di leggere subito il suo ordine di gran-
dezza):
(a) 631 · 1014 =
(b) 0,063 · 1014 =
(c) 25,6 · 109 =
(d) 5'400 · 1011 =
(e) 631 · 10–14 =
(f) 0,00176 · 10–24 =
(g) 0,0024 · 1033 =
(h) 0,150 · 10–40 =
(i) 330 · 10–66 =

7. Utilizzando la calcolatrice e il tasto della forma scientifica calcola:


(a) 5,45 1023 1,24 10 –16 =
(b) 9,107 1027  0,0234 10 –19 =
4,8 10 −11 10 7  3,22 10 −5
(c) =
9,81 10 −16
2,27 10 44  5,75 10 −16
(d) =
1019  3,85 10 − 6
3
 10 −8 
(e)  − 23
 =
17 
 4,75 10  8,6 10 
2,25 10 −9
(f) −4
1013 =
3,85 10

(g)
2,25  10 −9
3,85  10 −4
( )
 1013
−2
=
3
 2,25 10 −9 
(h)  −4
 1013  =
 3,85 10 
29

163'000 '000 '000 1016


(i) 0,0017 10 − 4   =
924 1011 333,3 10 − 5

8. Trasforma nelle unità richieste:


(a) 1 m = ……… cm = ……… km = ……… Mm = ……… pm
(b) 1 g = ……… µg = ……… dg = ……… Mg = ……… ng
(c) 1 J = ……… kJ = ……… MJ = ……… TJ
(d) 1 µm = ……… nm = ……… dm = ……… km = ……… m
(e) 1 kg = ……… mg = ……… g = ……… Mg = ……… cg
(f) 1 MB = ……… B = ……… GB = ……… kB
(g) 1 ns = ……… ms = ……… s = ……… µs

9. Trasforma nelle unità richieste:


(a) 104 m = ……… km = ……… mm = ……… pm = ……… Tm
(b) 10–7 g = ……… kg = ……… cg = ……… ng = ……… Mg
(c) 10–4 A = ……… mA = ……… nA = ……… µA
(d) 103 V = ……… kV = ……… µV = ……… mV
(e) 106 cm = ……… dm = ……… km = ……… nm = ……… Gm
(f) 10–2 mg = ……… kg = ……… dg = ……… ng = ……… g
(g) 104 µA = ……… mA = ……… A = ……… pA
(h) 10–3 mV = ……… kV = ……… nV = ……… V

10. Trasforma nelle unità richieste:


(a) 1 m2 = ……… cm2 = ……… km2 = ……… Mm2 = ……… nm2
(b) 1 m3 = ……… cm3 = ……… km3 = ……… Mm3 = ……… µm3
(c) 106 cm2 = ……… dm2 = ……… km2 = ……… nm2 = ……… Mm2
(d) 10–4 cm3 = ……… pm3 = ……… km3 = ……… µm3 = ……… Gm3
(e) 10–11 km2 = ……… cm2 = ……… mm2 = ……… nm2 = ……… Tm2 = ……… m2
(f) 1013 µm3 = ……… dm3 = ……… m3 = ……… nm3 = ……… Mm3

11. Trasforma nelle unità richieste (eventualmente metti il risultato in forma scientifica, se esso è maggiore
di 1'000 o minore di 0,01):
(a) 2,4 · 105 m = ……… km = ……… Mm = ……… mm = ……… nm
(b) 0,035 mm = ……… µm = ……… nm = ……… pm = ……… dm
(c) 567 · 105 Mg = ……… kg = ……… mg = ……… ng
(d) 1,38 · 10–5 kJ = ……… GJ = ……… J = ……… mJ
(e) 220 cm2 = ……… µm2 = ……… m2 = ……… km2
(f) 0,075 m3 = ……… mm3 = ……… dm3 = ……… km3
(g) 6,17 · 1010 ns = ……… ms = ……… s = ……… ps

12. Per chi volesse qualcosa di più impegnativo! Trasforma nelle unità richieste:
dg kg mg g
(a) 105 3
= ......... 3 = ......... 3
= ......... 3
cm m mm µm
mg kg Mg g
(b) 10 −9 2 = ......... 2
= ......... 2 = ......... 2
m mm dm µm
nC kC µC C
(c) 1013 3
= ......... 3 = ......... 3
= ......... 3
dm m mm km

13. Uno studente che ha misurato lo spigolo di un tavolo afferma che la lunghezza dello spigolo è compresa
fra 198 cm e 202 cm.
(a) Quanto vale l'incertezza assoluta che ha commesso?
(b) È vero che l'incertezza percentuale è dell'1%? Spiega!
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14. Le misure riguardanti i lati di un triangolo generico sono: a = (10,0 ± 0,1) cm; b = (8,1 ± 0,1) cm; c =
(12,0 ± 0,1) cm.
(a) Calcola l'incertezza assoluta sul perimetro.
(b) Scrivi il risultato corretto per la misura del perimetro.

15. Le dimensioni di una scatola a forma di parallelepipedo rettangolo sono: a = (5,0 ± 0,1) cm; b = (10,0 ±
0,1) cm; c = (22,4 ± 0,2) cm.
(a) Calcola il volume della scatola.
(b) Calcola l'incertezza relativa e l'incertezza percentuale sul volume.

16. La grandezza G si calcola con la formula G = a ∙ b + c. I valori di a, b e c sono: a = 10,0 ± 0,1; b = 20,5 ±
0,4; c = 32,1 ± 0,5. Per semplicità abbiamo tralasciato le unità di misura.
(a) Calcola il valore di G.
(b) Calcola l'incertezza percentuale e l'incertezza assoluta sulla grandezza G.

17. Uno studente deve misurare la densità di una sostanza. La formula per la densità è ρ = m / V. Lo studente
ha a disposizione gli strumenti per misurare la massa m e il volume V. L'incertezza percentuale sulla massa è
dell'ordine dell'1%, mentre quella sul volume è dell'ordine del 10%. Allo studente viene data una somma in
denaro per comperare un solo strumento che diminuisce l'incertezza percentuale di un fattore 10. In quale
strumento lo studente deve investire il suo denaro? Perché?

18. Determina il numero di cifre significative dei seguenti numeri:


2,34; 1'894; 2'005; 36,70; 36,7; 36,700; 29,04; 3,07; 3,070; 0,370; 0,037 0; 0,370 0; 24,04; 800,00;
75,010; 18'000; 18'500; 18'550; 46,0 · 109; 4,6 · 10–9; 9'990; 0,000 456; 0,020 020 30; 8'500'000; 8,5 ·
106; 8,50 · 106; 8,500 · 106.

19. Esegui i seguenti calcoli tenendo conto delle regole di calcolo con le cifre significative:
(a) 207 : 4,61 =
(b) 3,45 + 0,864 – 1,2 =
(c) 345,6 : 7,67 =
(d) 1,4 ∙ 3,357 =
(e) 9,654 ∙ 1,2578 : 0,0910000 =

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