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La fisica (dal greco phýsis = natura) è la scienza che studia i fenomeni naturali (a esclusione di quelli che comportano
trasformazioni chimiche della materia e i processi biologici), al fine di descriverli misurandone le proprietà (o
grandezze) e stabilendo tra queste relazioni matematiche (leggi).
Per raggiungere questo scopo, la fisica si avvale di un metodo di indagine detto metodo sperimentale, cioè basato
sull'esperimento riproducibile (comune ad altre scienze come la chimica e la biologia, dette appunto sperimentali).
Il metodo sperimentale, delineato da Galileo Galilei (1564-1642), consente di interpretare le cause dei fenomeni
attraverso ipotesi che, se confermate nella loro validità dai risultati degli esperimenti, sono riconosciute come teorie.
Gli sviluppi della fisica da Galileo fino alla fine dell'800 hanno permesso di edificare i fondamenti della cosiddetta
fisica classica: le leggi e i principi che descrivono il moto dei corpi e le cause (forze) che lo determinano, definiti dalla
meccanica (in particolare, per opera di I. Newton, 1642-1727), l'inquadramento dei fenomeni elettromagnetici
attraverso la teoria dell'elettromagnetismo, elaborata da J.C. Maxwell (1831-1879), le leggi relative ai fenomeni legati
al calore e le leggi dell'ottica.
Con l'avvento del XX secolo inizia il periodo detto della fisica moderna. L'impostazione concettuale della fisica classica
subisce profonde modificazioni, conseguenti da un lato all'elaborazione, per opera di A. Einstein (1879-1955), della
teoria della relatività (che apporta correzioni alla meccanica classica quando intervengono velocità prossime a quella
della luce) e dall'altro alla formulazione della meccanica quantistica, che interpreta i fenomeni a livello atomico in base
alla nozione di quanti di energia, introdotta da M. Planck (1858-1947): nella visione quantistica la causalità
deterministica, pilastro delle teorie fisiche classiche, secondo cui il comportamento di un sistema fisico può essere
perfettamente determinato a partire dalle sue condizioni iniziali, lascia il posto alla probabilità.
Recentemente la fisica ha allargato ulteriormente il suo metodo di indagine a sistemi prima trascurati o al di fuori dei
suoi confini ufficiali, come, per esempio, i sistemi caotici (che qui non verranno trattati), sistemi dal comportamento
non prevedibile che si incontrano in fisica (i fluidi), ma anche in biologia ed economia.
Numerose sono le scienze che presentano più o meno ampi punti di contatto con la fisica, pur conservando propri
confini autonomi; tra queste si segnalano l'astronomia, la geologia, la chimica-fisica, la biofisica e la geofisica.
Introduzione
La fisica è la disciplina scientifica che ha maggiormente reso interdipendenti l'uso della matematica per lo sviluppo
dei concetti teorici e l'esperimento per la verifica della teoria. Il criterio attraverso il quale queste due entità sono
strettamente legate è detto metodo sperimentale e rappresenta la più grande eredità di quella che viene definita
rivoluzione scientifica, inaugurata nel XVII sec. dall'opera di Galileo Galilei. Nello studio della fisica assumono
importanza primaria le grandezze misurabili e le relative unità di misura, poiché solo attraverso la misura delle
proprietà della materia si può giungere alla sua descrizione rigorosa sotto forma di leggi che utilizzano il linguaggio
matematico. La misura di una grandezza comporta sempre errori, dovuti, per esempio, alle imprecisioni intrinseche
degli strumenti di misura e quindi occorre sviluppare un metodo di determinazione dell'errore.
Il metodo sperimentale
La nascita della scienza fisica, come viene intesa attualmente, viene collocata nel '600. Prima di allora molti studiosi si
erano cimentati con lo studio della natura e delle sue forme, e in alcuni campi furono raggiunti anche buoni livelli di
conoscenza (per esempio, assiri, sumeri ed egizi dal II millennio a.C. studiavano i pianeti e le costellazioni e avevano
elaborato dei calendari lunari e solari). Lo studio della scienza, tuttavia, era sempre stato proprio dell'indagine
filosofica, che studiava i fenomeni naturali attraverso ragionamenti logici, ma senza ricorrere a verifiche sperimentali.
Già nel V sec. a.C. il filosofo greco Democrito (circa 460-370 a.C.) ipotizzò che la materia fosse costituita da particelle
indivisibili, che chiamò atomi. Poco più tardi Aristotele (384-322 a.C.) organizzò il sapere scientifico sotto forma di
proposizioni e di connessioni logiche e concepì la fisica come un complesso di scienze (includenti astronomia,
medicina, botanica e zoologia) che si occupava dello studio dei fenomeni naturali. L'indagine filosofica della natura si
proponeva solo di trovare i perché dei fenomeni, ma non di stabilire come tali fenomeni si verificassero. Le teorie
aristoteliche in campo scientifico furono fatte proprie dalla Chiesa cattolica e divennero un dogma. Nel '600 lo
scienziato pisano Galileo Galilei (1564-1642), che pose le basi della meccanica classica, ne mise in dubbio alcuni
principi fondamentali (sostenne, per esempio, la teoria secondo cui la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa e per
questo fu perseguitato e condannato dalla Chiesa). Galileo è noto soprattutto perché delineò un nuovo modo di
procedere nell'indagine scientifica, noto ora come metodo sperimentale. Galileo non scrisse mai un trattato sul metodo,
e non chiarì mai quali fossero esattamente i legami tra quelle che lui chiamava le "sensate esperienze" (gli esperimenti)
e le "matematiche dimostrazioni" (le leggi che regolano i fenomeni, scritte in forma matematica), ma le procedure che
egli seguì nell'indagine della natura sono state ricavate indirettamente dai suoi scritti e costituiscono a tutt'oggi la base
di ogni seria metodologia scientifica.
Il procedimento logico che porta dall'ipotesi alle conclusioni viene detto metodo deduttivo.
La verifica sperimentale rappresenta la terza e ultima fase del metodo. In questa fase, attraverso l'uso di esperienze
controllate in laboratorio, lo scienziato deve verificare le ipotesi di cui è composta la teoria. Se l'esperimento, ripetuto
più volte, conferma la validità dell'ipotesi, questa è considerata vera. Difficile invece stabilire dove sia avvenuto l'errore
se l'ipotesi risulta falsa, perché le possibili fonti di errore in un esperimento sono molteplici.
Una possibilità tuttavia riguarda il fatto che l'ipotesi sia errata, e quindi da abbandonare. Questo punto è molto
importante nella scienza moderna, poiché stabilisce che nessuna teoria rappresenta una verità assoluta, ma ciascuna
deve venire verificata e, se risulta sbagliata, deve essere sostituita con una nuova teoria, che si adatti meglio della
vecchia ai risultati sperimentali o che spieghi un numero maggiore di casi. In certe circostanze nella fisica moderna la
vecchia teoria, pur non spiegando più evidenze sperimentali, non è stata abbandonata, ma è rimasta valida in relazione
al suo livello di approfondimento, mentre viene sostituita da una teoria nuova, più completa, per un livello di
approfondimento superiore (è il caso della meccanica quantistica, che sostituisce la meccanica classica nel caso
dell'interazione di particelle elementari, o della relatività einsteiniana, che sostituisce la relatività galileiana nel caso in
cui siano in gioco velocità prossime a quella della luce).
Se, per esempio, si vuole conoscere la lunghezza di un oggetto, occorre scegliere una lunghezza campione;
generalmente si utilizza il metro (definito più avanti), il cui simbolo è m, e la misura consiste nel confrontare l'oggetto
da misurare con un campione del metro. Una volta effettuata questa operazione, se l'oggetto risulta lungo come tre volte
il campione, si dirà che l'oggetto misura tre metri e si scriverà 3 m.
Poiché le grandezze fisiche, e le conseguenti unità che è possibile adottare per misurale, sono innumerevoli, nel 1960,
attraverso la IX Conferenza Internazionale dei Pesi e delle Misure, è stato istituito un sistema di unità di misura
omogeneo, assoluto, invariante e decimale: si tratta del Sistema Internazionale di unità di misura, indicato generalmente
con la sigla SI, il cui scopo è quello di rendere più semplici gli scambi di conoscenze tra scienziati di nazionalità
differenti. Il SI rappresenta la versione più recente del sistema metrico decimale, introdotto in Francia alla fine del '700.
I popoli anglosassoni usano anche un altro sistema di misura non decimale , utilizzato ancora oggi in ambito non
scientifico. Il Sistema Internazionale, oggi accettato universalmente, si basa su sette grandezze fondamentali e sulle loro
rispettive unità di misura fondamentali, arbitrariamente scelte, da cui tutte le altre vengono derivate. Nella tabella 1.1
sono indicate le sette grandezze fondamentali con le rispettive unità di misura.
L'unità di lunghezza è il metro (simbolo m), definito in Francia nel 1799 come la quarantamilionesima parte di un
meridiano terrestre: per non creare confusione con questa definizione, a partire dal 1875 è stato conservato all'Ufficio
Pesi e Misure di Sèvres (presso Parigi) un campione di platino-iridio del metro, che fungeva da riferimento.
Recentemente il metro è stato ridefinito come la distanza percorsa nel vuoto dalla luce nell'intervallo di tempo di
1/299.792.558 secondi. Naturalmente questa definizione implica la definizione dell'unità di misura del tempo, che nel
Sistema Internazionale è il secondo (simbolo s). Il secondo fu inizialmente definito come 1/86.400 della durata del
giorno solare medio, ma poiché la velocità di rotazione della Terra non è costante, è stato ridefinito nel 1967 come la
durata di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione emessa dall'atomo di cesio-133 nello stato fondamentale nella
transizione tra due particolari livelli.
La tendenza attuale nella definizione delle unità di misura è quella di svincolarle da qualsiasi campione materiale e di
basarle sulle costanti universali (la velocità della luce, il numero di Avogadro ecc.) e sul secondo, per non dipendere da
campioni che possano alterare con il tempo le loro caratteristiche.
Il significato delle altre cinque grandezze fondamentali e delle relative unità di misura verrà introdotto la prima volta
che vi si farà riferimento.
Ogni legge fisica deve verificare l'uguaglianza tra le grandezze presenti al primo membro e quelle presenti al secondo
membro. L'analisi dimensionale viene utilizzata per verificare la congruenza di una legge fisica, poiché se non verifica
l'analisi dimensionale la legge è certamente errata. Naturalmente la verifica dell'analisi dimensionale non garantisce che
una legge fisica sia vera, ma può solo dimostrarne la falsità.
lunghezza metro m
massa chilogrammo kg
temperatura kelvin K
1012 tera T
109 giga G
106 mega M
103 chilo k
102 etto h
101 deca da
10−1 deci d
10−2 centi c
10−3 milli m
10−6 micro μ
10−9 nano n
10−12 pico p
10−15 femto f
10−18 atto a
Gli errori sistematici dipendono dal limite dello strumento o del metodo usato e sono solitamente i più semplici da
eliminare, perché hanno un'origine precisa che, una volta individuata, permette di eliminare o ridurre gli errori stessi.
Un errore sistematico avviene sempre nello stesso senso, cioè sempre per eccesso o per difetto: il valore trovato sarà
sempre maggiore del valore vero oppure sempre minore. Se per esempio un cronometro va avanti o rimane indietro,
commetteremo un errore sistematico, che potrà essere eliminato conoscendo l'intervallo di tempo che lo produce.
Gli errori accidentali dipendono invece da una serie di cause non esattamente individuabili e non ben definite, variano
in modo imprevedibile e possono agire per eccesso o per difetto sulla misura. Alcune volte agiranno aumentando il
valore della misura, altre riducendolo. Nella misura del tempo impiegato da un oggetto a percorrere una certa distanza,
per esempio, è molto difficile far coincidere l'istante della partenza dell'oggetto con l'istante in cui parte il cronometro, e
la stessa cosa accadrà al momento dell'arrivo. La ripetizione dell'esperimento darà quindi origine di volta in volta a
valori leggermente diversi.
Ogni misura, per essere sufficientemente accurata, deve essere eseguita più volte; nella ripetizione della misura si
ottengono sempre risultati leggermente differenti: il valore della misura che più si avvicina al valore reale sarà dato dal
suo valore medio, indicato con &xbar; e dato dalla somma dei valori ottenuti in n esperimenti diviso per il numero degli
esperimenti:
Il risultato della misura va poi dato facendolo seguire dall'errore che lo accompagna, in modo da determinare l'intervallo
di incertezza della misura stessa. Nel caso di un numero limitato di misurazioni il modo più semplice per determinare
l'errore è dato dal calcolo dell'errore massimo o errore assoluto, indicato con ε e dato dalla differenza tra il valore
massimo ottenuto e il valore minimo, divisa per due:
Il risultato della misura in questo caso è dato dalla combinazione tra il valore medio e l'errore assoluto, ovvero:
Se si vuole conoscere il grado di precisione con cui è stata eseguita una misura si fa ricorso all'errore relativo, che
rappresenta l'incidenza dell'errore massimo in rapporto al valore della misura: si definisce pertanto errore relativo il
rapporto tra l'errore massimo e la media aritmetica dei valori, espresso in genere in termini percentuali. In questo modo
si stabilisce l'ordine di grandezza dell'errore, pari alla percentuale trovata del valore della misura.
Per confrontare il grado di precisione di due serie di misure occorre confrontare il loro errore relativo.
Le cifre significative
Poiché le misure delle grandezze fisiche non sono esprimibili con esattezza, occorre prestare attenzione al modo in cui
si scrivono i risultati delle misure.
I due risultati 4,2±0,1 m e 4,20±0,01 m non sono uguali, ma differiscono per il numero di cifre significative: il primo ha
una precisione di due cifre significative, il secondo di tre cifre significative. L'ultima cifra significativa, quella più a
destra, deve avere lo stesso ordine di grandezza dell'errore di misura.
Quando si eseguono operazioni tra grandezze occorre tener conto delle cifre significative. In particolare, quando si
sommano (o si sottraggono) due grandezze, il risultato deve essere scritto in modo tale che l'ultima cifra significativa sia
ottenuta come somma (o differenza) di sole cifre significative. Quando si moltiplicano (o si dividono) due grandezze, il
numero delle cifre significative del risultato è uguale al minimo numero di cifre significative dei valori iniziali.