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Che cos'è la fisica

La fisica (dal greco phýsis = natura) è la scienza che studia i fenomeni naturali (a esclusione di quelli che comportano
trasformazioni chimiche della materia e i processi biologici), al fine di descriverli misurandone le proprietà (o
grandezze) e stabilendo tra queste relazioni matematiche (leggi).
Per raggiungere questo scopo, la fisica si avvale di un metodo di indagine detto metodo sperimentale, cioè basato
sull'esperimento riproducibile (comune ad altre scienze come la chimica e la biologia, dette appunto sperimentali).

Il metodo sperimentale, delineato da Galileo Galilei (1564-1642), consente di interpretare le cause dei fenomeni
attraverso ipotesi che, se confermate nella loro validità dai risultati degli esperimenti, sono riconosciute come teorie.

Gli sviluppi della fisica da Galileo fino alla fine dell'800 hanno permesso di edificare i fondamenti della cosiddetta
fisica classica: le leggi e i principi che descrivono il moto dei corpi e le cause (forze) che lo determinano, definiti dalla
meccanica (in particolare, per opera di I. Newton, 1642-1727), l'inquadramento dei fenomeni elettromagnetici
attraverso la teoria dell'elettromagnetismo, elaborata da J.C. Maxwell (1831-1879), le leggi relative ai fenomeni legati
al calore e le leggi dell'ottica.

Con l'avvento del XX secolo inizia il periodo detto della fisica moderna. L'impostazione concettuale della fisica classica
subisce profonde modificazioni, conseguenti da un lato all'elaborazione, per opera di A. Einstein (1879-1955), della
teoria della relatività (che apporta correzioni alla meccanica classica quando intervengono velocità prossime a quella
della luce) e dall'altro alla formulazione della meccanica quantistica, che interpreta i fenomeni a livello atomico in base
alla nozione di quanti di energia, introdotta da M. Planck (1858-1947): nella visione quantistica la causalità
deterministica, pilastro delle teorie fisiche classiche, secondo cui il comportamento di un sistema fisico può essere
perfettamente determinato a partire dalle sue condizioni iniziali, lascia il posto alla probabilità.

Recentemente la fisica ha allargato ulteriormente il suo metodo di indagine a sistemi prima trascurati o al di fuori dei
suoi confini ufficiali, come, per esempio, i sistemi caotici (che qui non verranno trattati), sistemi dal comportamento
non prevedibile che si incontrano in fisica (i fluidi), ma anche in biologia ed economia.

Numerose sono le scienze che presentano più o meno ampi punti di contatto con la fisica, pur conservando propri
confini autonomi; tra queste si segnalano l'astronomia, la geologia, la chimica-fisica, la biofisica e la geofisica.

La tabella seguente riporta i principali indirizzi disciplinari della fisica.


I principali indirizzi disciplinari della fisica
DISCIPLINA AMBITO DI STUDIO
studia le leggi che presiedono al movimento dei corpi e viene suddivisa in: cinematica, che
meccanica fissa i concetti essenziali per la descrizione del moto; dinamica, che studia le cause (forze)
che determinano il movimento; statica, che studia l'equilibrio dei corpi
studia i fenomeni luminosi, cioè quelli relativi al comportamento delle radiazioni che
ottica impressionano l'occhio (radiazioni ottiche) o, più in generale, quelli relativi al comportamento
di tutte le radiazioni elettromagnetiche
acustica studia i suoni, le loro proprietà e i loro meccanismi di produzione, propagazione, ricezione
elettromagnetismo studia il complesso dei fenomeni relativi all'elettricità e al magnetismo
studia i fenomeni connessi alla generazione, propagazione e assorbimento del calore; della
termologia termologia fa parte la termodinamica, che studia le trasformazioni del calore in altre forme di
energia
studia i sistemi quantizzati, cioè i sistemi in cui le grandezze considerate non possono essere
meccanica quantistica infinitamente piccole, ma sono sempre multiple di una quantità "discreta", o "quanto", non
ulteriormente divisibile
studia le proprietà dei sistemi costituiti da un gran numero di particelle in movimento
meccanica statistica
disordinato, riuscendo a determinarne le configurazioni possibili mediante il calcolo
fisica atomica studia le proprietà degli atomi
fisica nucleare studia i nuclei atomici e le reazioni in cui sono coinvolti
fisica delle particelle studia i costituenti ultimi della materia, quali elettroni, neutroni, protoni, mesoni, quark
studia il complesso dei fenomeni che avvengono quando i corpi si muovono con velocità
relatività speciale (o prossime a quella della luce; nell'ambito di questa teoria è formulato il principio di
ristretta) equivalenza fra massa ed energia, che consente, fra l'altro, di spiegare l'origine dell'energia
generata dalle reazioni di fusione e di fissione nucleare
relatività generale costituisce la teoria più generale della gravitazione
studia le proprietà fisiche dei solidi (per esempio, quelle elettriche, dielettriche, elastiche,
termiche), con particolare attenzione alle proprietà comuni a grandi insiemi di sostanze;
fisica dello stato solido
costituisce una base fondamentale per lo sviluppo dell'elettronica (per esempio, con il suo
studio dei semiconduttori)

Introduzione
La fisica è la disciplina scientifica che ha maggiormente reso interdipendenti l'uso della matematica per lo sviluppo
dei concetti teorici e l'esperimento per la verifica della teoria. Il criterio attraverso il quale queste due entità sono
strettamente legate è detto metodo sperimentale e rappresenta la più grande eredità di quella che viene definita
rivoluzione scientifica, inaugurata nel XVII sec. dall'opera di Galileo Galilei. Nello studio della fisica assumono
importanza primaria le grandezze misurabili e le relative unità di misura, poiché solo attraverso la misura delle
proprietà della materia si può giungere alla sua descrizione rigorosa sotto forma di leggi che utilizzano il linguaggio
matematico. La misura di una grandezza comporta sempre errori, dovuti, per esempio, alle imprecisioni intrinseche
degli strumenti di misura e quindi occorre sviluppare un metodo di determinazione dell'errore.

Il metodo sperimentale
La nascita della scienza fisica, come viene intesa attualmente, viene collocata nel '600. Prima di allora molti studiosi si
erano cimentati con lo studio della natura e delle sue forme, e in alcuni campi furono raggiunti anche buoni livelli di
conoscenza (per esempio, assiri, sumeri ed egizi dal II millennio a.C. studiavano i pianeti e le costellazioni e avevano
elaborato dei calendari lunari e solari). Lo studio della scienza, tuttavia, era sempre stato proprio dell'indagine
filosofica, che studiava i fenomeni naturali attraverso ragionamenti logici, ma senza ricorrere a verifiche sperimentali.
Già nel V sec. a.C. il filosofo greco Democrito (circa 460-370 a.C.) ipotizzò che la materia fosse costituita da particelle
indivisibili, che chiamò atomi. Poco più tardi Aristotele (384-322 a.C.) organizzò il sapere scientifico sotto forma di
proposizioni e di connessioni logiche e concepì la fisica come un complesso di scienze (includenti astronomia,
medicina, botanica e zoologia) che si occupava dello studio dei fenomeni naturali. L'indagine filosofica della natura si
proponeva solo di trovare i perché dei fenomeni, ma non di stabilire come tali fenomeni si verificassero. Le teorie
aristoteliche in campo scientifico furono fatte proprie dalla Chiesa cattolica e divennero un dogma. Nel '600 lo
scienziato pisano Galileo Galilei (1564-1642), che pose le basi della meccanica classica, ne mise in dubbio alcuni
principi fondamentali (sostenne, per esempio, la teoria secondo cui la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa e per
questo fu perseguitato e condannato dalla Chiesa). Galileo è noto soprattutto perché delineò un nuovo modo di
procedere nell'indagine scientifica, noto ora come metodo sperimentale. Galileo non scrisse mai un trattato sul metodo,
e non chiarì mai quali fossero esattamente i legami tra quelle che lui chiamava le "sensate esperienze" (gli esperimenti)
e le "matematiche dimostrazioni" (le leggi che regolano i fenomeni, scritte in forma matematica), ma le procedure che
egli seguì nell'indagine della natura sono state ricavate indirettamente dai suoi scritti e costituiscono a tutt'oggi la base
di ogni seria metodologia scientifica.

Le fasi del metodo sperimentale


Le fasi attraverso cui si articola il metodo sperimentale (o metodo scientifico), che segna il passaggio tra la scienza
moderna e la scienza dell'antichità classica, possono essere essenzialmente ricondotte alle tre seguenti: osservazione dei
fenomeni, formulazione della teoria e verifica sperimentale.
L'osservazione è il primo livello di conoscenza dei fenomeni. La raccolta dei dati osservati deve avvenire
utilizzando grandezze misurabili, poiché solo attraverso la misura è possibile far corrispondere a ogni fenomeno un
numero. Occorre dunque procedere alla misura dei fenomeni e in questo risiede la prima innovazione rispetto alla
scienza classica, dove l'osservazione dei fenomeni era prevalentemente qualitativa. L'osservazione deve invece fornire
un punto di vista quantitativo del fenomeno che si osserva, quindi deve prendere in considerazione grandezze
rigorosamente misurabili, isolando il fenomeno da influenze esterne che potrebbero modificare le misure.
La seconda fase riguarda la formulazione della teoria, che lega le grandezze osservate attraverso relazioni matematiche
(leggi). La teoria non deriva direttamente dalle osservazioni, ma viene elaborata per spiegarle e deve essere in seguito
verificata attraverso l'esperimento. Una teoria scientifica è costituita da un insieme di ipotesi in grado di interpretare un
gran numero di dati sperimentali. La teoria ha il compito di elaborare in forma sistematica i principi generali dai quali
dedurre le leggi che governano la materia, scritte in forma matematica. Una teoria non può essere interamente spiegata
attraverso un esperimento, ma lo deve essere almeno in parte, o meglio lo devono essere le sue conseguenze. La verifica
di una sua parte vale a sostegno dell'intera teoria, se esiste un impianto logico-matematico congruo che lega le sue varie
parti. Una teoria, inoltre, deve essere in grado di prevedere i risultati di esperimenti ancora da eseguire.

Il procedimento logico che porta dall'ipotesi alle conclusioni viene detto metodo deduttivo.

La verifica sperimentale rappresenta la terza e ultima fase del metodo. In questa fase, attraverso l'uso di esperienze
controllate in laboratorio, lo scienziato deve verificare le ipotesi di cui è composta la teoria. Se l'esperimento, ripetuto
più volte, conferma la validità dell'ipotesi, questa è considerata vera. Difficile invece stabilire dove sia avvenuto l'errore
se l'ipotesi risulta falsa, perché le possibili fonti di errore in un esperimento sono molteplici.
Una possibilità tuttavia riguarda il fatto che l'ipotesi sia errata, e quindi da abbandonare. Questo punto è molto
importante nella scienza moderna, poiché stabilisce che nessuna teoria rappresenta una verità assoluta, ma ciascuna
deve venire verificata e, se risulta sbagliata, deve essere sostituita con una nuova teoria, che si adatti meglio della
vecchia ai risultati sperimentali o che spieghi un numero maggiore di casi. In certe circostanze nella fisica moderna la
vecchia teoria, pur non spiegando più evidenze sperimentali, non è stata abbandonata, ma è rimasta valida in relazione
al suo livello di approfondimento, mentre viene sostituita da una teoria nuova, più completa, per un livello di
approfondimento superiore (è il caso della meccanica quantistica, che sostituisce la meccanica classica nel caso
dell'interazione di particelle elementari, o della relatività einsteiniana, che sostituisce la relatività galileiana nel caso in
cui siano in gioco velocità prossime a quella della luce).

L'uso dei modelli in fisica


Poiché spesso i fenomeni fisici sono estremamente complessi, e la loro riproduzione in laboratorio sarebbe impossibile
in condizioni controllate, si ricorre spesso all'uso dei modelli. Un modello è una semplificazione della realtà fisica, il cui
scopo è fornire un'analogia, o un'immagine del fenomeno da osservare, che ne riproduca il comportamento e che sia
riproducibile in laboratorio. Spesso un modello fornisce solo una somiglianza strutturale con il comportamento del
fenomeno in natura, ma risulta molto utile per comprenderne i meccanismi. Si può dire che le onde luminose si
comportano come fasci rettilinei, e attraverso questa semplificazione spiegare alcuni dei comportamenti della radiazione
luminosa, ma per spiegarla interamente è necessaria una teoria più completa. L'atomo viene a volte rappresentato come
un piccolo sistema planetario, con gli elettroni che ruotano attorno al nucleo come i pianeti attorno al Sole, ma
utilizzando questo semplice modello non si spiega la maggior parte dei suoi comportamenti.

Grandezze fisiche e unità di misura


Una grandezza fisica è qualunque proprietà di un fenomeno naturale che possa venire misurata. La misura di una
grandezza avviene attraverso il confronto con una grandezza omogenea (dello stesso tipo) che viene presa come
riferimento, detta unità di misura. L'operazione di confronto deve stabilire di quante volte la grandezza di riferimento è
maggiore o minore della grandezza da misurare. La misura della grandezza fisica è rappresentata da un valore
numerico, seguito dal simbolo dell'unità di misura scelta per misurarla.

Se, per esempio, si vuole conoscere la lunghezza di un oggetto, occorre scegliere una lunghezza campione;
generalmente si utilizza il metro (definito più avanti), il cui simbolo è m, e la misura consiste nel confrontare l'oggetto
da misurare con un campione del metro. Una volta effettuata questa operazione, se l'oggetto risulta lungo come tre volte
il campione, si dirà che l'oggetto misura tre metri e si scriverà 3 m.

Poiché le grandezze fisiche, e le conseguenti unità che è possibile adottare per misurale, sono innumerevoli, nel 1960,
attraverso la IX Conferenza Internazionale dei Pesi e delle Misure, è stato istituito un sistema di unità di misura
omogeneo, assoluto, invariante e decimale: si tratta del Sistema Internazionale di unità di misura, indicato generalmente
con la sigla SI, il cui scopo è quello di rendere più semplici gli scambi di conoscenze tra scienziati di nazionalità
differenti. Il SI rappresenta la versione più recente del sistema metrico decimale, introdotto in Francia alla fine del '700.
I popoli anglosassoni usano anche un altro sistema di misura non decimale , utilizzato ancora oggi in ambito non
scientifico. Il Sistema Internazionale, oggi accettato universalmente, si basa su sette grandezze fondamentali e sulle loro
rispettive unità di misura fondamentali, arbitrariamente scelte, da cui tutte le altre vengono derivate. Nella tabella 1.1
sono indicate le sette grandezze fondamentali con le rispettive unità di misura.
L'unità di lunghezza è il metro (simbolo m), definito in Francia nel 1799 come la quarantamilionesima parte di un
meridiano terrestre: per non creare confusione con questa definizione, a partire dal 1875 è stato conservato all'Ufficio
Pesi e Misure di Sèvres (presso Parigi) un campione di platino-iridio del metro, che fungeva da riferimento.
Recentemente il metro è stato ridefinito come la distanza percorsa nel vuoto dalla luce nell'intervallo di tempo di
1/299.792.558 secondi. Naturalmente questa definizione implica la definizione dell'unità di misura del tempo, che nel
Sistema Internazionale è il secondo (simbolo s). Il secondo fu inizialmente definito come 1/86.400 della durata del
giorno solare medio, ma poiché la velocità di rotazione della Terra non è costante, è stato ridefinito nel 1967 come la
durata di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione emessa dall'atomo di cesio-133 nello stato fondamentale nella
transizione tra due particolari livelli.

La tendenza attuale nella definizione delle unità di misura è quella di svincolarle da qualsiasi campione materiale e di
basarle sulle costanti universali (la velocità della luce, il numero di Avogadro ecc.) e sul secondo, per non dipendere da
campioni che possano alterare con il tempo le loro caratteristiche.

Il significato delle altre cinque grandezze fondamentali e delle relative unità di misura verrà introdotto la prima volta
che vi si farà riferimento.

Analisi dimensionale e grandezze derivate


La formulazione di grandezze derivate tramite una combinazione di grandezze fondamentali si chiama analisi
dimensionale. Ogni grandezza fisica derivata può essere espressa, mediante un'equazione dimensionale, in termini di
grandezze derivate utilizzando una particolare notazione: ogni grandezza viene indicata con l'iniziale tra parentesi
quadre: la lunghezza con [L], il tempo con [T]. Così, per esempio, una grandezza derivata come la velocità, che è il
rapporto tra la lunghezza percorsa e il tempo impiegato a percorrerla, ha un'equazione dimensionale del tipo:

Ogni legge fisica deve verificare l'uguaglianza tra le grandezze presenti al primo membro e quelle presenti al secondo
membro. L'analisi dimensionale viene utilizzata per verificare la congruenza di una legge fisica, poiché se non verifica
l'analisi dimensionale la legge è certamente errata. Naturalmente la verifica dell'analisi dimensionale non garantisce che
una legge fisica sia vera, ma può solo dimostrarne la falsità.

Notazione esponenziale e ordine di grandezza


In fisica si possono incontrare grandezze espresse da numeri molto grandi (per esempio, le distanze tra i pianeti o le
stelle) o da numeri molto piccoli (per esempio, le distanze tra particelle elementari in un nucleo atomico) e spesso
risulta scomodo scrivere il numero per intero. A questo scopo si ricorre alla notazione esponenziale, che utilizza le
potenze del numero dieci (potenze di dieci) sostituendole agli zeri di un numero elevato o ai decimali di un numero
piccolo. Per esempio, scrivere 3.000.000 è equivalente a scrivere 3·106, e quest'ultima notazione permette di risparmiare
spazio e calcoli. Analogamente, per scrivere 0,005 si può usare la notazione 5·10−3.
Inoltre, a volte non si è interessati al risultato esatto di un'operazione, ma solo a una sua stima, per avere un'idea delle
dimensioni coinvolte nel fenomeno che si sta studiando. In questo caso si ricorre all'ordine di grandezza del numero,
che rappresenta la potenza di 10 più vicina al valore considerato. Per esempio, si dirà che l'ordine di grandezza della
massa del Sole è di 1033 g.
Le potenze di dieci vengono utilizzate anche nell'uso dei multipli e sottomultipli delle unità di misura: in molti casi
pratici le unità di misura fondamentali e derivate sono troppo piccole o troppo grandi per rappresentare i fenomeni
fisici. Si utilizzano perciò rispettivamente multipli e sottomultipli delle unità stesse, caratterizzati da prefissi. Così come
1000 metri equivalgono a 1 chilometro, tutte le volte che l'unità di misura sarà moltiplicata per 10 3 al nome dell'unità
stessa verrà fatto precedere il prefisso chilo. Analogamente, 10−3 corrisponde al prefisso milli e così via. Nella tabella
1.2 sono elencati i multipli e sottomultipli dei decimali nel Sistema Internazionale.
Misure dirette e misure indirette
Il confronto diretto di una grandezza con la sua unità di misura rappresenta una misura diretta. In alcuni casi per
misurare una grandezza è impossibile darne una misura diretta: per esempio, nel caso della massa di una particella
elementare, troppo piccola perché esistano strumenti di misura atti a determinarla. In questi casi si ricorre alla misura
indiretta, ovvero il valore viene calcolato mediante relazioni matematiche che intercorrono tra la grandezza misurata e
grandezze che si possono misurare direttamente. Se, per esempio, occorre sapere il numero di oggetti presenti in un
magazzino, di cui si conoscono il peso totale P e il peso unitario per oggetto p, la relazione tra peso totale e peso
unitario P/p, fornisce il numero degli oggetti secondo una misura indiretta.
Tab. 1.1: Grandezze fondamentali del Sistema Internazionale e relative unità di
misura
Grandezze fondamentali del Sistema Internazionale e relative unità di misura

GRANDEZZA UNITÀ DI MISURA SIMBOLO

lunghezza metro m

massa chilogrammo kg

intervallo di tempo secondo s

intensità di corrente elettrica ampere A

temperatura kelvin K

quantità di sostanza mole mol

intensità luminosa candela cd

Tab. 1.2: Multipli e sottomultipli decimali nel Sistema Internazionale


Multipli e sottomultipli decimali nel Sistema Internazionale

FATTORE DI MOLTIPLICAZIONE PREFISSO SIMBOLO

1012 tera T

109 giga G

106 mega M

103 chilo k

102 etto h

101 deca da
10−1 deci d

10−2 centi c

10−3 milli m

10−6 micro μ

10−9 nano n

10−12 pico p

10−15 femto f

10−18 atto a

Errori nelle misure


In fisica la misura rappresenta un'operazione fondamentale, e come tale deve essere il più precisa possibile. Quindi il
metodo e gli strumenti di misura devono essere adeguati al tipo di misurazione da eseguire. Per misurare una grandezza
fisica bisogna fare uso di strumenti, ma anche le operazioni di misura più accurate eseguite con le tecniche più avanzate
e con gli strumenti più moderni non permettono di eliminare completamente gli errori, al massimo di limitarli. Gli errori
che si possono commettere nell'eseguire una misura sono di due tipi, gli errori sistematici e gli errori accidentali.

Gli errori sistematici dipendono dal limite dello strumento o del metodo usato e sono solitamente i più semplici da
eliminare, perché hanno un'origine precisa che, una volta individuata, permette di eliminare o ridurre gli errori stessi.
Un errore sistematico avviene sempre nello stesso senso, cioè sempre per eccesso o per difetto: il valore trovato sarà
sempre maggiore del valore vero oppure sempre minore. Se per esempio un cronometro va avanti o rimane indietro,
commetteremo un errore sistematico, che potrà essere eliminato conoscendo l'intervallo di tempo che lo produce.

Gli errori accidentali dipendono invece da una serie di cause non esattamente individuabili e non ben definite, variano
in modo imprevedibile e possono agire per eccesso o per difetto sulla misura. Alcune volte agiranno aumentando il
valore della misura, altre riducendolo. Nella misura del tempo impiegato da un oggetto a percorrere una certa distanza,
per esempio, è molto difficile far coincidere l'istante della partenza dell'oggetto con l'istante in cui parte il cronometro, e
la stessa cosa accadrà al momento dell'arrivo. La ripetizione dell'esperimento darà quindi origine di volta in volta a
valori leggermente diversi.

La teoria degli errori


Misurare una grandezza fisica implica dunque la possibilità di commettere un errore. Per questo motivo, dovendo
conoscere il valore della misura di una grandezza, anziché ricercare il valore esatto si ricorre al suo valore più
attendibile, quello cioè che ha la maggiore probabilità di verificarsi. La teoria che studia il comportamento delle misure
e la riduzione degli errori si chiama teoria degli errori.

Ogni misura, per essere sufficientemente accurata, deve essere eseguita più volte; nella ripetizione della misura si
ottengono sempre risultati leggermente differenti: il valore della misura che più si avvicina al valore reale sarà dato dal
suo valore medio, indicato con &xbar; e dato dalla somma dei valori ottenuti in n esperimenti diviso per il numero degli
esperimenti:

Il risultato della misura va poi dato facendolo seguire dall'errore che lo accompagna, in modo da determinare l'intervallo
di incertezza della misura stessa. Nel caso di un numero limitato di misurazioni il modo più semplice per determinare
l'errore è dato dal calcolo dell'errore massimo o errore assoluto, indicato con ε e dato dalla differenza tra il valore
massimo ottenuto e il valore minimo, divisa per due:

Il risultato della misura in questo caso è dato dalla combinazione tra il valore medio e l'errore assoluto, ovvero:

Se si vuole conoscere il grado di precisione con cui è stata eseguita una misura si fa ricorso all'errore relativo, che
rappresenta l'incidenza dell'errore massimo in rapporto al valore della misura: si definisce pertanto errore relativo il
rapporto tra l'errore massimo e la media aritmetica dei valori, espresso in genere in termini percentuali. In questo modo
si stabilisce l'ordine di grandezza dell'errore, pari alla percentuale trovata del valore della misura.

Per confrontare il grado di precisione di due serie di misure occorre confrontare il loro errore relativo.

Le cifre significative
Poiché le misure delle grandezze fisiche non sono esprimibili con esattezza, occorre prestare attenzione al modo in cui
si scrivono i risultati delle misure.

I due risultati 4,2±0,1 m e 4,20±0,01 m non sono uguali, ma differiscono per il numero di cifre significative: il primo ha
una precisione di due cifre significative, il secondo di tre cifre significative. L'ultima cifra significativa, quella più a
destra, deve avere lo stesso ordine di grandezza dell'errore di misura.

Quando si eseguono operazioni tra grandezze occorre tener conto delle cifre significative. In particolare, quando si
sommano (o si sottraggono) due grandezze, il risultato deve essere scritto in modo tale che l'ultima cifra significativa sia
ottenuta come somma (o differenza) di sole cifre significative. Quando si moltiplicano (o si dividono) due grandezze, il
numero delle cifre significative del risultato è uguale al minimo numero di cifre significative dei valori iniziali.

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