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CONSERVATORIO DI MUSICA "NICCOLO’ PAGANINI" - GENOVA

Anno Accademico 2022-2023


Corso Superiore di Diploma Accademico di 2° livello
Scuola di Saxofono

JACQUES IBERT
E IL SAX
Il concertino da Camera per Saxofono

Diplomando: Relatore:
Francesco Merlo Prof. Andrea Basevi Gambarana
Matr. n°. 684
Indice

1. Introduzione pag. 4
2. Jacques Ibert – La passione per gli strumenti a fiato pag. 5
3. Analisi del Concertino da Camera pag. 10
4. Conclusioni pag. 23
Ringraziamenti pag. 25
Bibliografia pag. 26
Sitografia pag. 27

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J’ai toujours été attiré par ces instruments [les instruments à vent],
peut-être par la difficulté de les manier d’une façon pertinente,
peut-être aussi en réaction contre le goût que l’on avait à l’époque
pour les instruments à cordes.
JACQUES IBERT

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1. INTRODUZIONE

Il saxofono è uno strumento a fiato che ha avuto una notevole crescita nel tempo, tenendo conto
della sua creazione che è molto più recente rispetto agli altri strumenti a fiato comuni nella
tradizione musicale europea, come gli ottoni (trombe, corni, tromboni, ecc.) e il resto degli
strumenti della famiglia dei legni (flauti, clarinetti, oboi, ecc.). Nell'anno 1846 Adolphe Sax fa il
brevetto della sua nuova e rivoluzionaria creazione nella città di Parigi iniziando così la crescita
di questo strumento che in un primo momento ha un'accoglienza positiva nell'ambiente musicale
di questo tempo, ricevendo elogi da grandi compositori del momento come "è di tale natura che
non conosco nessuno strumento attualmente in uso che possa essere paragonato. A questo
proposito. È pieno, morbido, vibrante e di enorme forza capace di addolcire. I compositori devono
molto a Mr. Sax quando i loro strumenti raggiungono l'uso generale". (Hector Berlioz). Il
saxofono ebbe buoni commenti e lodi nonostante fosse ripudiato da altri costruttori di strumenti e
dagli stessi strumentisti che vedevano nel sax una minaccia alla loro stabilità lavorativa.
Nonostante questo, è ben accolto all'interno delle bande militari in cui inizia la creazione del
repertorio per questo strumento aiutando così la sua diffusione in Europa e negli Stati Uniti.
Più tardi dopo la morte di Adolphe Sax, lo strumento ha avuto un notevole declino che ha in
qualche modo fermato la produzione di opere originali per questo strumento e la sua cattedra, fino
all'emergere, anni dopo, di nuovi sassofonisti ( i primi sono stati Marcel Mule e Sigurd Rascher )
che hanno nuovamente incoraggiato la composizione di opere, più evolute in termini di struttura e
difficoltà sia tecnica che musicale, tenendo conto dello sviluppo musicale che si è verificato
all'inizio del XX secolo, come la rottura del sistema tonale e l'uso di nuove modalità e armonie
con un colore più dissonante. È in questo periodo che vengono composte alcune delle opere più
rappresentative del repertorio classico del sassofono, sotto forma di concerti, fantasy, rapsodia,
ecc. , come il Concertino da Camera di Jacques Ibert, il Concerto per sassofono contralto e
orchestra di Aleksander Glazunov e la Sonata di Paul Creston pochi anni dopo.
In questo modo conosciamo uno dei concerti per sassofono più emblematici del repertorio classico
del sax, il Concertino da Camera pour saxophone-alto et onze instruments del compositore
francese Jacques Ibert, dedicato al sassofonista tedesco Sigurd Rascher, noto per il suo grande
virtuosismo nella sua interpretazione. L'obiettivo principale di questa tesi di laurea è quello di
effettuare un'analisi del suddetto lavoro, al fine di comprendere meglio la sua costruzione e quindi
essere in grado di avere una maggiore approssimazione al momento dell'interpretazione di detta
opera, tenendo conto delle considerazioni stilistiche e del suo ambiente che potrebbero aver
influenzato e vale la pena evidenziare.

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Per avere una migliore comprensione della situazione in cui è stata composta l'opera Concertino
da Camera, di seguito verrà fornita una breve raccolta delle informazioni più importanti del
compositore Jacques Ibert, tenendo conto del suo contributo e della sua posizione musicale,
nonché della sua situazione durante il periodo in cui ha composto l'opera di cui sopra. Ci sarà
anche un piccolo resoconto delle situazioni più importanti che si sono verificate nel suo ambiente
al momento della composizione, che potrebbero aver avuto rilevanza all'interno dell'opera e
contribuire ad un'analisi più approfondita compresi i rapporti di collaborazione con due pionieri
del sax classico quali Sigurd Rascher e Marcel Mule.

2. JACQUES IBERT – LA PASSIONE PER GLI STRUMENTI A FIATO

Jacques Ibert nasce a Parigi il 15 agosto 1890, figlio di Antoine Ibert e di Marguerite Lartigue. Il
padre, commerciante, suonava il violino da dilettante. La madre aveva studiato pianoforte con
Félix Le Couppey e Antoine Marmontel, entrambi professori al Conservatorio di Parigi; era una
pianista dotata, amava suonare Bach, Mozart e Chopin ma non aveva proseguito la carriera di
concertista a causa dell’opposizione della sua famiglia d’origine ma riuscì ugualmente a
trasmettere la passione. Divenne così missione della donna trasformare Jacques in un musicista
provetto: «avant même qu’il ait acquis une notion élémentaire de l’alphabet, elle lui apprit ses
notes». A quattro anni il giovane Ibert impugnava già il violino. Poco dopo la madre lo mise al
pianoforte «et, avec une patience et une ténacité admirables, elle commença à guider ses premiers
efforts.» Il giovane Jacques fu poi affidato alle cure di Mademoiselle Marie Dhéré (1867-1950),
docente che gestiva un corso di pianoforte molto rinomato. Fu in questo contesto che Ibert fece la
conoscenza della famiglia Veber, in particolare di Marie-Rose (detta Rosette) e di Michel (detto
Nino), entrambi allievi di Marie Dhéré. Rosette in seguito sarebbe diventata la moglie del
compositore, mentre Nino sarebbe stato il librettista di Ibert in più occasioni. Inizialmente Ibert
desiderava diventare attore: il mondo del teatro esercitava una forte attrattiva su di lui, tanto da
fargli frequentare il corso di arte drammatica di Paul Mounet (socio della Comédie Française). Il
giovane non venne però supportato dai genitori e decise così di dedicarsi interamente alla musica.
La famiglia, tuttavia, attraversava un momento di crisi finanziaria; il padre desiderava pertanto che
il figlio entrasse negli affari di famiglia. Quando ricevette la notizia che il giovane voleva
intraprendere la carriera di musicista, Antoine Ibert lo lasciò libero di seguire le sue aspirazioni
ma negandogli il sostegno finanziario concesso finora. Jacques era pertanto libero di presentarsi
al Conservatorio, ma doveva pensare da solo a mantenersi economicamente. Ibert aveva, da parte
di madre, origini “esotiche”. La bisnonna Elisabeth-Marie-Caroline von Loekenring era tedesca;
aveva sposato il barone Lartigue. Da questa unione nacque Henri-Jules-Frédéric Lartigue,

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segretario presso il gabinetto del Ministero delle Finanze, che sposò Isabelle Berazar, originaria
del Perù. Grazie a questa nonna Ibert poteva affermare: «dans mes veines coule un assez fort
pourcentage de sang espagnol». Da Isabelle, che comunque viveva a Parigi, Ibert poté apprendere
lo spagnolo. In più, sempre da parte di madre, Ibert era cugino di Manuel de Falla, con cui
intrattenne un costante rapporto nell’arco di tutta la vita. Così, iniziò a dare delle lezioni private, a
scrivere canzonette di musica leggera, a suonare come pianista accompagnatore, a redigere note
di sala per vari concerti e a lavorare come pianista in un cinema di Montmartre (esperienza che in
futuro gli sarebbe stata di grande aiuto nella composizione di musica per film). Nel 1910 il giovane
Ibert fu ammesso alla classe di Armonia di Émile Pessard, al Conservatorio di Parigi. Nel 1912
entrò nella classe di Contrappunto e Fuga di André Gédalge e in seguito, nel 1913, in quella di
Composizione di Paul Vidal. Quei tre anni passati al Conservatorio furono segnati soprattutto dalla
personalità di Gédalge che riunì intorno a sé i suoi migliori allievi (Ibert, Milhaud e Honegger) per
un corso di orchestrazione privato. Fu per l’appunto nel contesto del Conservatorio che Ibert strinse
amicizia con alcuni di quelli che più tardi sarebbero diventati i componenti del Groupe des Six:
Darius Milhaud e Arthur Honegger. Ibert trascorse però poco tempo in Conservatorio: nel 1914
partì per la guerra. Inizialmente svolse il ruolo di infermiere, per poi passare a ufficiale di Marina
nel 1917; fu di servizio a Dunkerque, agli ordini del vice ammiraglio Ronanrc’h, che poi lo avrebbe
decorato con la Croce di Guerra. Tornato dal fronte, decise di presentarsi al Prix de Rome. Dopo
tutti quegli anni di inattività nel campo musicale persino i suoi vecchi insegnanti lo scoraggiarono
di fronte a quella che sembrava un’impresa insensata. Per di più, Ibert non aveva mai, prima di
allora, scritto una Cantata (pezzo richiesto al Prix de Rome). Riuscì comunque a ovviare al
problema in questo modo: «J’ignorais en effet presque tout du mystérieux mécanisme de la cantate
officielle. Mais en quelques semaines une amie très chère, Nadia Boulanger, ainsi que Roger
Ducasse me révélèrent précisément les secrets de la cantate». Alcune delle canzoni di Ibert
vennero pubblicate sotto lo pseudonimo di William Berty. Nell’ottobre 1919 riuscì nell’impresa
impossibile di vincere con la cantata Le Poète et la Fée il Prix de Rome, che gli aprì le porte di
Villa Medici per un soggiorno di tre anni. Prima di partire per Roma, Ibert sposò Rosette Veber e
nel novembre 1919 entrambi partirono per un viaggio in Spagna e nelle isole Baleari.
Finalmente, il 7 gennaio 1920 il compositore fu accolto a Villa Medici. Durante gli anni
del soggiorno romano Ibert portò a termine svariate composizioni (Histoires, pour piano, 1920-
1921; La Ballade de la geôle de Reading, pour orchestre, 1921; Persée et Andromède, opéra en
deux actes, 1921; Trois Chansons de Charles Vildrac, pour voix moyenne et orchestre, 1921;
Canzone Madrigalesca [da due voci], pour deux voix et piano, 1921; Escales, pour orchestre, 1922;
Deux Mouvements pour quatuor à vent, 1922; La Verdure dorée – Quatre mélodies, pour mezzo-
soprano ou basse et piano, 1923; Jeux – Sonatine pour flûte et piano, 1923) ed effettuò alcuni

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viaggi (Venezia, Capri, Sicilia, Tunisia). Tornato da Villa Medici, a Parigi lo aspettava il successo.
Già nel 1922, il 22 ottobre, ai Concerts Colonne era avvenuta la prima esecuzione pubblica di una
composizione di Ibert, La Ballade de la geôle de Reading, diretta da Gabriel Pierné, che ebbe un
ampio successo che sarebbe stato confermato più tardi con l’esecuzione di Escales da parte
dell’orchestra Lamoureux diretta da Paul Paray il 6 gennaio 1924. Grazie a queste due partiture
orchestrali Ibert si fece conoscere sia in Francia sia all’estero. Nel 1924 l’École Universelle par
Correspondance de Paris lo nominò professore e lo incaricò della redazione del Cours
d’Instrumentation et Orchestration, a riprova dell’indubbia fama che il compositore si era già fatto
nel campo dell’orchestrazione.
Per quanto riguarda l’orientamento compositivo di Ibert, esso risulta di difficile
incasellamento. Per un soffio, il compositore non entrò a far parte del Groupe des Six: la guerra e
il soggiorno a Roma gli impedirono materialmente di unirsi al Gruppo (fondato però ufficialmente
nel 1920), di cui avrebbe potuto tranquillamente far parte per via del suo orientamento artistico
tutt’altro che univoco (ricordiamo che i componenti dei Six erano in possesso di caratteristiche
molto diverse fra loro; si trattava, per l’appunto, di un gruppo nato «plus par les hasards de la
critique que par une véritable communion esthétique») e aperto agli influssi del mondo quotidiano.
Per tutta la vita, comunque, Ibert manifestò la sua riluttanza ad appartenere a una qualsiasi etichetta
e a una qualsiasi istituzione e contemporaneamente dichiarava il suo amore profondo per l’opera
di Ravel ma anche di un suo caro amico, Darius Milhaud, compositori francesi suoi conterranei.
Se si può affermare qualcosa della musica di Ibert è che sia per l’appunto di ascendenza
tipicamente francese e che costituisca la diretta conseguenza della poetica di Chabrier.
Ibert accettò di buon grado di dirigere l’Académie de France a Roma dal 1937 al 1940 e poi dal
1946 al 1960 (il periodo di interruzione fu causato dalla guerra, durante la quale Ibert fu costretto
a rifugiarsi ad Antibes). Fra l’altro, si trattava della prima volta in cui tale incarico veniva assegnato
a un musicista. Le sue “caratteristiche compositive” sono la chiarezza, l’eleganza, l’equilibrio, la
solarità: qualità prettamente francesi. Pure Alfredo Casella, ascoltando alcuni brani di Ibert alla
Biennale di Venezia, ebbe a dire che nelle sue composizioni scopriva «un aspect de la musique
française qui avait été quelque temps délaissé, par la faute du wagnérisme d’abord, puis du
debussysme». Se aggiungiamo il fatto che il compositore si mosse principalmente nel periodo fra
le due guerre, sappiamo che in quel momento in Francia dilagava una tendenza “neoclassica” vòlta
alla fondazione di un repertorio tipicamente francese tramite il repêchage di forme strumentali del
Sei-Settecento nazionale. La musica di Ibert è infatti, individua nell’orientamento di Ibert alcuni
elementi riconducibili allo “spirito neoclassico”, privilegiando forme chiuse che esercitano
equilibrio, controllo e una certa spensieratezza, combinati con elementi fantastici e romantici meno
prevedibili. Alla Biennale di Venezia vennero eseguiti la Suite symphonique Paris il 5 settembre

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1932, presso il Teatro La Fenice, e Capriccio pour dix instruments (prima esecuzione assoluta) il
6 settembre 1938, presso Palazzo Giustiniani. Spesso il compositore venne individuato come un
rappresentante dell’“edonismo musicale”; la sua sarebbe «une musique légère, facile, plaisante et
qui sonne agréablement». Ibert compose musica per ogni occasione e in ogni genere; la sua estetica
compositiva è tutt’altro che univoca e abbraccia svariati generi musicali: la musica sinfonica, la
musica da camera, il teatro, la danza, il cinema. D’altronde Ibert in persona affermò: «Tout en moi
est opposition. J’aime les contrastes…».
Il compositore possedeva una vera predisposizione per la scrittura orchestrale ma anche
un’autentica predilezione per la scrittura orchestrale nonché una certa propensione a maneggiare i
timbri degli strumenti, ad amalgamarne i colori. Fu infatti per l’orchestra che Ibert riservò il meglio
del suo estro creativo scrisse: tre Concerti, due Sinfonie [una incompiuta] e otto Movimenti
Sinfonici, oltre a una serie di Suite tratte dalla musica per danza, per il teatro e per il cinema. Si
tratta in ogni caso di un tipo di scrittura brillante e concisa, sonora e trasparente, segnata dalla
chiarezza della forma, dal saldo equilibrio della struttura nel suo insieme e da una buona
conoscenza delle possibilità dei singoli strumenti. D’altronde, come abbiamo già visto, Ibert si era
formato in questo campo con André Gédalge, che lo aveva scelto insieme a Milhaud e Honegger
per uno specifico corso privato di Orchestrazione. Per di più, sappiamo (grazie a un racconto del
compositore stesso) che Ibert aveva studiato il celebre trattato di orchestrazione di Berlioz durante
gli anni di studio al Conservatorio. Fra tutti i leggii d’orchestra Ibert preferiva di gran lunga gli
strumenti a fiato, nonostante la sua formazione avesse contemplato lo studio del pianoforte e della
composizione anche se per impratichirsi nell’uso di questa tipologia di strumenti Ibert aveva
studiato anche un po’ il corno e il clarinetto. La predilezione di Ibert per i fiati non costituisce
comunque un interesse isolato: anche Honegger e Milhaud (guarda caso i suoi compagni del corso
di Orchestrazione durante gli anni di Conservatorio) manifestarono lo stesso tipo di orientamento.
Degli strumenti a fiato Ibert amava la varietà dei timbri, la pienezza sonora, la chiarezza della
voce, la ricchezza delle possibilità espressive e tecniche, che l’autore poteva impiegare sia in
ambito armonico/contrappuntistico sia per i più bei soli di carattere melodico. I fiati costituivano,
insomma, il mezzo attraverso cui arricchire la tavolozza orchestrale. La prima conferma di questa
“strana inclinazione” di Ibert è costituita da Deux Mouvements pour quatuor à vent del 1922 (2
flauti, clarinetto e fagotto), presso Villa Medici, con cui il compositore scandalizzò le autorità
accademiche. Il quartetto per fiati fu solo l’inizio. Seguirono infatti una serie di composizioni
dedicate a questa categoria di strumenti: Jeux – Sonatine pour flûte et piano (1923); Concerto pour
violoncelle et instruments à vent (1925); Concerto pour flûte (1932-1933); Concertino da camera
pour saxophone et onze instruments (1935); Cinq pièces en trio pour trio d’anches (1935);
Capriccio pour dix instruments (1938). La presenza in questo elenco del Concertino per saxofono,

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oggetto di questa tesi, evidenzia l’inclinazione di Ibert per il mondo degli strumenti a fiato e le
sue posizioni anticonformiste. Egli era aperto a qualsiasi novità, a qualsiasi spunto esterno che
potesse arricchire il suo linguaggio compositivo. La sua attenzione per il mondo quotidiano era
costante; nulla di strano, dunque, se era disposto ad accogliere nuovi strumenti nella sala da
concerto. Osava, addirittura, dedicare un Concerto (una delle forme musicali per eccellenza
dell’ambito “classico”) al saxofono, che negli anni Trenta era più che mai usato nelle sale da ballo
e nella musica jazz.
Il Concertino per saxofono contralto fu eseguito per la prima volta il 14 gennaio 1936 presso
l’Association des Concerts de «La Revue Musicale» (132, Boulevard Montparnasse), sotto la
direzione di Jacques Ibert, solista Marcel Mule. Il 2 maggio 1935, sempre a Parigi, era stato Sigurd
Raschèr (sotto la direzione di Hermann Scherchen) a interpretare il primo movimento, Allegro con
moto. Il pezzo fu completato solo in seguito (sempre nel 1935) con il Larghetto e l’Animato molto.
Venne eseguito di nuovo da Raschèr ma nella sua forma integrale inserito all’interno
dell’orchestra. Il Concertino da camera, fra l’altro, è una delle composizioni più celebri per il
saxofono, una delle più eseguite al mondo ed in Italia è presente nel programma di Diploma dei
Conservatori come pezzo d’obbligo per il sax contralto. Ibert amava i colori; detto ciò è normale
che si dedicasse con curiosità a strumenti considerati insoliti e che cercasse nuovi apporti timbrici
per la sua orchestra. Fra l’altro, come già scritto in precedenza, l’autore aveva studiato anche sul
trattato di Berlioz, che, come sappiamo, fu il primo trattato francese a dedicare parte della sua
disamina al saxofono. Sarebbe stato poi Ibert stesso a dedicare un’intera sezione al saxofono nel
suo Cours d’Instrumentation et Orchestration. Fra l’altro, è assai probabile che Ibert, Honegger e
Milhaud, ex compagni di Conservatorio (in particolare del corso di Orchestrazione privato di
Gédalge) si fossero influenzati e confrontati a vicenda in merito all’utilizzo del saxofono
all’interno dell’orchestra. Infine, sappiamo che il compositore ebbe un rapporto molto stretto con
il grande saxofonista Marcel Mule. Il Concertino in questione presenta un’elevata difficoltà
tecnica; sono presenti infatti sia note sovracute, sia dell’estremo grave, sia una cadenza in cui lo
strumentista si deve muovere con agilità dall’acuto al grave alternando articolazioni staccate e
legate. Il pezzo era stato commissionato a Ibert da Sigurd Raschèr. Riporto qui un elenco delle
composizioni in cui Ibert ha inserito il saxofono: Donogoo – Musique de scène (1930); Symphonie
Marine, pour le court-métrage SOS Foch (1931); Suite symphonique Paris (1932); Le Chevalier
errant – Suite symphonique (1935); Concertino da camera pour saxophone alto et onze instruments
(1935); Golgotha. Musique de film (1935); Le Chevalier errant. Épopée chorégraphique en quatre
tableaux (1935-1936); Ouverture de Fête, pour orchestre (1940); Sarabande pour Dulcinée, pour
orchestre (1949); La Licorne – The Triumph of chastity, ballet (1949-1950); La Licorne, Suite
symphonique (1976); L’Âge d’or, pour saxophone et piano (1956).

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In particolare merita un approfondimento l’esecutore Sigurd Rascher che ha contribuito
notevolmente al futuro del sax. A lui sono dedicate molte delle migliori composizioni scritte per
lo strumento. Non a caso secondo Rascher è stato il suo modo di suonare che ha ispirato Jacques
Ibert a comporre il Concertrino da Camera. Infatti dichiarò: : "non ho mai commissionato alcun
lavoro! Ho suonato per M. Ibert - gli piaceva il mio modo di suonare, ne era entusiasta e ha
composto il Concertino con entusiasmo e gioia! “. Rascher rivela il suo amore e la sua devozione
per lo strumento "Di tutti gli strumenti a fiato", dice, "penso che il sassofono sia il più adatto per
suonare da solista. Offre le maggiori possibilità di alterare l'espressione, il colore, il tono e il
tono. . . La ragione per cui è stato così gravemente abusato è che non c'è stata alcuna tradizione
di giocarlo. Ho fatto il mio lavoro per rendergli giustizia".
Non c'è dubbio che Sigurd Rascher sia stato uno dei primi grandi virtuosi del sassofono da
concerto. È stato solista con la Filarmonica di Berlino, Boston, Detroit e Washington National
Symphonies, la New York Philharmonic e molti altri gruppi musicali in tutto il mondo. È
accreditato di aver portato il sassofono sul palco dei concerti come strumento solista. Nel numero
del 20 novembre 1939 di " Newsweek Magazine”, un breve articolo attribuisce il debutto del
sassofono solista con la New York Philharmonic, al grande artista, Sigurd Rascher. Un giovane
magro con una folta chioma rossa e occhiali cornuti, ha distrutto una tradizione di 98 anni per la
più antica orchestra d'America, la New York Philharmonic Symphony, lo scorso sabato sera.
Mentre usciva sulla piattaforma della Carnegie Hall, Sigurd Rascher sollevò alle labbra uno
strumento che mai prima d'ora era stato un veicolo solista nella serie di abbonamenti regolari
dell'orchestra. Il sax lamentoso delle bande da ballo era stato formalmente elevato nei ranghi della
regalità musicale. . . ed è sensibile ai mutevoli concetti del colore tonale moderno.
Va notato che questo debutto del sassofono solista, fu anche un debutto importante per Jacques
Ibert perché quella sera, "Rascher suonò il Concertino di Ibert per sassofono e orchestra". Oltre ad
essere un precursore come uno dei più importanti sassofonisti da concerto, Sigurd Rascher è stato
anche un importante pioniere, avendo ampiamente esplorato il registro altissimo del sassofono. È
imperativo che il registro altissimo sia discusso in relazione diretta con Sigurd Rascher, perché il
registro altissimo è trattato considerevolmente da M. Ibert in tutti e tre i movimenti del Concertino
da Camera. Inoltre è un fatto generalmente accettato tra i sassofonisti che nessun altro interprete
ha avuto padronanza del registro altissimo, con la stessa competenza di Sigurd Rascher.

3. ANALISI DEL CONCERTINO DA CAMERA

Il Concertino da camera di Jacques Ibert è un brano ricco di virtuosismi, molto impegnativo per
il solista chiamato a esaltare le possibilità timbriche del sassofono in contrapposizione con

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l’ensemble strumentale. Composto nel 1935, il brano è dedicato a Sigurd Raschèr che lo esegue
l’11 dicembre 1935 a Winterthur, in Svizzera.
In questo lavoro Ibert fa riferimento agli stili musicali prevalenti del tempo, impressionismo e
neoclassicismo, tuttavia attinge al Jazz con i suoi ritmi sincopati e utilizza nella sezione lenta
materiale tematico del Blues. Il Concertino è suddiviso in Allegro con moto, Larghetto e Animato
molto, queste due parti sono unite da una breve cadenza. L’ensemble che accompagna il solista è
formato da: flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno, tromba, due violini, viola, violoncello,
contrabbasso.
L’Allegro con moto è in forma ternaria secondo lo schema ABA. All’esplosione graffiante di fiati
e archi, il solista irrompe con il primo tema, potente, caratterizzato da cambiamenti dinamici
costanti, salti e movimenti graduali. La sezione A termina sugli archi ed è chiusa dalla tromba
seguita dal corno. Con l’intervento del sassofono inizia la sezione B. Il secondo tema ha un ritmo
armonico più lento, la melodia è lirica e cantabile. La sezione si conclude con una scala cromatica
decrescente e in staccato. Il sassofono ripropone il tema d’apertura, poi il movimento si chiude
con due potenti ottave.
Il Larghetto inizia con una sezione non accompagnata nella quale il solista esegue una melodia
lenta simile a una ballata blues; dopo dieci battute entrano gli archi a fornire un semplice supporto.
Nella parte finale i legni eseguono una parafrasi del tema, quindi rientra il sassofono che con toni
molto morbidi conduce verso l’Animato molto. Il movimento, in forma sonata, è aperto dagli archi,
poi il solista si esprime con materiale nervoso, dinamico; è presente un altro tema più lirico, ma
sempre sincopato, che viene ripetuto con variazioni. Nella parte finale è presente un “riff” costruito
su frammenti del primo tema, poi riaffermato da tutti in una brillante conclusione.

3.1 Analisi del primo movimento.

In questo movimento dell'opera possiamo osservare che ci sono due divisioni nette che sono
segnate da due linee di rall. Oltre al simbolo di due strisce parallele (//) che significa cesura o
pausa. Possiamo anche scoprire che dopo il primo gesto c'è una doppia barra nella barra successiva,
dove si trova anche un cambiamento metrico. Nell'esempio seguente si vedono queste indicazioni.
Esempio 1: Cesure del primo movimento. Battute 63, 64(1) e 188, 189(2) (Alphonse Leduc, 1935,
partitura solistica, I movimento).
(1)

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(2)

Questi due punti di articolazione in musica ci fanno capire che la struttura di questo movimento si
basa su tre parti, in modo che possa essere inteso come una forma ternaria A – B – A. Tuttavia, la
costruzione di ciascuna di queste parti è contenuta in un gran numero di frasi ed elementi che
possono essere analizzati in modo più dettagliato e quindi avere una migliore comprensione di
queste parti al momento dell'interpretazione. Dalla prima sezione A, possiamo capire la
costruzione di sette sezioni interne o frasi che, senza che questa sia una costruzione in forma
Sonata, implicano una struttura simile nella costruzione delle diverse frasi e nell'estensione di
ciascuna di esse, un fatto che ci permette anche di apprezzare l'influenza delle tendenze
neoclassiche del tempo, presentando una forma moderna della struttura del concerto. La prima
frase che troviamo nella sezione iniziale è contemplata nelle battute 1-8, dove il materiale
presentato ha un carattere grandioso e denso armoniosamente, dando una sensazione più di
introduzione in cui anticipiamo materiali che verranno utilizzati durante tutto il concerto
dall'inizio. Tra questi ci sono la densità armonica e l'uso di scale diminuite, una caratteristica che
svilupperà nelle frasi successive e nella maggior parte dell'opera. Questa frase viene bruscamente
interrotta dall'ingresso del tema principale sul sassofono, creando il primo forte contrasto del
movimento e mostrando questo contrasto come un elemento che può essere osservato nella
maggior parte dei cambiamenti di frase.
Successivamente, si può vedere che l'ingresso del tema principale è costituito da due frasi, dal
tempo 9-16 e 17-24, che sono caratterizzate dal fare la presentazione del tema, con risoluzione
diversa in ciascuna di queste frasi. Nel primo si percepisce una sensazione chiusa della frase,
supportata dalla scala discendente che si risolve alla frase successiva che presenta nuovamente il
tema principale. Il secondo genera un grande contrasto quando nel mezzo del tema cambia una
singola nota nella battuta 19, abbassandola di mezzo tono e quindi facendo una modulazione del
tema in un altro tono contrastante a colori e terminandolo apertamente a 15 per iniziare la frase
successiva. Di seguito sono riportati esempi del contrasto nell'introduzione e dei cambiamenti nelle
prossime due frasi sopra menzionate.
Esempio2: Contrasto dell'introduzione all'ingresso del tema principale, battute 8 e 9 (Alphonse
Leduc, 1935, partitura, I movimento).

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Esempio3: Contrasto di tonalità tra le due frasi del tema principale mediante cambiamento di
mezzo tono di una nota, battute 11, 12 e 18, 20 (Alphonse Leduc, 1935, partitura del solista, I
movimento).
(1)

(2)

La frase successiva è caratterizzata dall'avere una piccola sezione in cui genera un contrasto
melodico rispetto al tema principale attraverso un cambiamento di figura ritmica in cui aumenta il
valore da semiminima a minima, rendendo le note più lunghe e accompagnandole con una legatura,

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dando una sensazione di melodia con un carattere cantabile. Questo contrasto di carattere può
essere considerato come un'anticipazione del maggiore contrasto che si verifica all'inizio della
parte B della forma generale del movimento. Questa frase è collegata alla successiva, allo stesso
modo dell'introduzione e del tema principale attraverso un forte contrasto nella trama, che questa
volta si verifica inversamente rispetto all'inizio, perché prima c'è la melodia del carattere cantabile
e poi ritorna alla trama forte e densa con un maggiore movimento della melodia, ritornando all'uso
dei sedicesimi come all'inizio del movimento. Le due frasi sopra menzionate sono contemplate
nelle battute 25-34 e 35-52, osservando il cambiamento tra la fine della prima e l'inizio della
seconda frase già commentata. Dalla prima parte generale A del primo movimento rimane da
analizzare un'ultima sezione inclusa nelle battute 52-64, dove questa può essere chiaramente intesa
come una frase di chiusura della prima parte del movimento dove melodicamente è costruita con
lo stesso motivo ritmico-melodico del tema principale, senza essere esattamente la stessa, dando
unità a tutta questa prima sezione. Puoi anche trovare alla fine un piccolo frammento che funge da
collegamento o transizione tra la parte A e B del primo movimento.
Esempio 4: Contrasto melodico tra la terza e la quarta frase della parte A battute 32-36 (Alphonse
Leduc, 1935, partitura solista, I movimento).

Esempio5: Somiglianza tra la sesta frase e il tema principale, battute 9, 10 e 52, 53 (Alphonse
Leduc, 1935, partitura e partitura solista, I movimento).

Sebbene questo movimento non sia considerato come una forma sonata, perché non esiste una
relazione tonale di conflitto che abbia una risoluzione successiva, la comprensione di queste frasi
interne ci aiuta a capire come la loro costruzione condivide somiglianze che possono aiutarci al
momento dell'assemblaggio dell'opera, in termini di direzione con cui vengono eseguite le frasi

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menzionate, raggiungendo così una migliore unità al momento dell'interpretazione del lavoro in
un piano generale. È difficile percepire la costruzione di queste frasi all'inizio a causa della grande
fluidità e leggerezza con cui il movimento deve essere suonato, ma dopo aver analizzato le parti,
questa costruzione può essere visualizzata e consente di avere un dettaglio maggiore.
Raccogliendo le frasi menzionate possiamo organizzarle in modo simile a una piccola forma
sonata dove c'è una frase introduttiva (battute 1-8), il tema principale (battute 9-17), la transizione
che avrebbe un carattere dipendente perché inizia con il tema principale ed esegue una
modulazione che porta al secondo tema o tema contrastante (battute 24-34), presentando
successivamente un secondo tema aggiuntivo che viene costruito con un carattere. Uguale
costruzione ritmica e melodica simile al tema principale ma con più elementi cromatici e
anticipando la chiusura della prima parte A in forma melodica (battute 35-52). Infine troviamo il
tema di chiusura che supporta il gesto di chiusura precedente ed è costruito con il tema principale,
come spiegato nell'esempio 5.
Nella sezione generale A' del primo movimento il compositore esegue una riaffermazione quasi
letterale dell'intera sezione A analizzata sopra, con un cambiamento di tessitura che si percepisce
nell'accompagnamento dell'orchestra, quando si cambia il gesto ritmico di Pizz. Alternando tempi
forti e deboli che creano la sensazione di stabilità e riposo, diverso fin dall'inizio dove
l'intermittenza dell'accompagnamento genera maggiore instabilità e movimento. Inoltre, la frase
che nella prima sezione funge da Link per la parte B (barre 60-64) è sostituita da una frase che
svolge la funzione di coda, dando equilibrio alla forma e alla conclusione del movimento, oltre
all'assenza della frase di apertura. Nella tabella seguente viene illustrata l'organizzazione
menzionata.
Tabella 1: Organizzazione formale delle sezioni A e A’ del primo movimento.
A A’
Battute Descrizione Battute Descrizione
1-8 Introduzione 190-197 Tema principale
9-16 Tema principale 198-206 Transizione
17-24 Transizione 206-215 Tema 2
25-34 Tema 2 216-233 Tema 2
35-52 Tema 2 233-240 Tema di chiusura
52-60 Tema di chiusura 241-248 Coda
60-64 Collegamento a B

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La sezione B del primo movimento è compresa attraverso la sequenza di frasi che mostrano un
chiaro sviluppo di diversi elementi presentati nella prima sezione e che svolgerebbero la funzione
di sviluppo, simile a quella della forma sonata, tuttavia, le proporzioni di queste frasi, essendo
maggiori di quelle di una forma convenzionale in termini di estensione di questi, danno
l'impressione di una struttura più complessa e che in questo caso ha una durata maggiore rispetto
alla prima sezione in cui presenta il tema principale e alla terza sezione in cui viene riesposto.
L'inizio della sezione è segnato dalla risoluzione della prima cesura menzionata all'inizio
dell'analisi, dove c'è un grande contrasto rispetto al carattere della prima sezione. La prima frase
della parte B è caratterizzata da un'ampia melodia lirica, che facendo somiglianza con il tema
principale, è presentata in due diverse tonalità con risoluzione diversa in cui possiamo evidenziare
due frasi; delle battute 65-80, e delle battute 81-94 dove si osserva come elemento importante lo
sviluppo dell'intervallo caratteristico della sesta discendente in forma melodica, presentato nella
frase del secondo tema della parte iniziale.
Esempio 6: Somiglianza tra la prima frase della sezione B e la frase del secondo tema di A, battute
29-31 e 65-71 (Alphonse Leduc, 1935, partitura solista, I movimento).

La costruzione di questa frase ha una chiara connotazione omofonica in cui c'è una melodia che è
sostenuta da un accompagnamento del resto degli strumenti che definisce un ruolo di primo piano
a colui che porta la melodia, che in questo caso è il solista. Un'altra forma di sesta discendente
come gesto melodico con carattere lirico. Sviluppo che viene utilizzato dal compositore per
evidenziare maggiormente questo elemento, avviene attraverso lo scambio della melodia tra il
solista e il resto degli strumenti, concedendo il ruolo di accompagnamento al solista. Questa frase
in cui viene effettuato il cambiamento della melodia è usata dal compositore per presentare una
sezione di virtuosismo da parte del solista, che deve eseguire un'ampia sequenza di swdicesimi in
cui sono costruiti diversi modi, che si riferiscono all'uso della scala armonica minore di Si minore
(per il sassofono), con diversi cromatismi che mostrano una scala minore naturale e melodica, che
ricreano l'armonia dell'accompagnamento.

Esempio 7: Scambio di melodia tra solista e orchestra battute 122-127 (Alphonse Leduc, 1935,
partitura, I movimento).

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Tra le due sezioni sopra citate c'è un'altra frase in cui si sviluppa un altro elemento contemplato
nella prima sezione nelle battute 25-28, dove c'è una sequenza tra una nota lunga e due gruppi di
semi-minima che fanno ricami cromatici agli accordi di armonia. Lo sviluppo di questo frammento
si trova nelle barre 95-100, dove questo materiale è presentato in modo aumentato, essendo la nota
lunga di due barre e il gruppo di sedicesimi all'interno di una misura ternaria. Più tardi, nelle battute
103-121 c'è uno sviluppo dello stesso frammento in cui viene mantenuta la figura iniziale ma
utilizzata per un diverso passo armonico quando viene fatto il gruppo di sedicesimi, che si risolve
quando raggiunge la nota più alta del movimento e la collega con l'inizio della sezione in cui viene
scambiata la melodia, di cui sopra. Nelle battute 154-168 troviamo una sezione in cui si sviluppa
il cambiamento di metro che si è verificato durante il movimento e che è inizialmente presentato
nella frase introduttiva, dove si passa da una battuta 2/4 a una 5/8 in cui si può vedere che il
raggruppamento interno della melodia in questa misura è 2 + 3, Questo è il cambiamento di
metrica che viene presentato nel frammento menzionato, oltre ad altre sezioni in cui viene
utilizzato. In questo frammento è presente anche l'uso di una dinamica forte, supportata
dall'instabilità ritmica che viene generata dall'uso delle sincopi in concomitanza con il passaggio
seguito dalla metrica binaria a quella ternaria e viceversa, creando una tensione simile a quella
utilizzata nella frase dell'introduzione. Infine, la sezione B termina con una frase in cui l'orchestra
da sola sviluppa i materiali melodici del tema principale sotto forma di contrappunto imitativo, in

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cui crea un piccolo motivo che viene imitato da voci diverse nei diversi strumenti e passando
attraverso diverse tonalità simili a uno stretto in una fuga. La risoluzione di questa risorsa avviene
con l'ingresso del solista nella battuta 182, dove si verifica un interessante sviluppo del
compositore 22 quando presenta il frammento iniziale del tema principale spostato un quaver,
generando un grande contrasto nella percezione di questo, accompagnato da lunghe note eseguite
dal solista che si concludono nella seconda cesura con rall. Menzionato all'inizio dell'analisi.

Esempio 8: Sviluppo di materiale dalle battute 25-28(1) nella parte B nelle battute 95-100(2) e
103-111(3) (Alphonse Leduc, 1935, partitura solista, I movimento).

(1)

(2)

(3)

Esempio 9: Sviluppo del tema principale sotto forma di contrappunto imitativo nelle battute 168-
189 (Alphonse Leduc, 1935, partitura, I movimento)

Analizzando e comprendendo la complessità di questo primo movimento del Concertino da


Camera, si può evidenziare un importante fatto storico in relazione alla prima di questo lavoro,
avvenuta in due date diverse, perché all'inizio l'opera nella sua interezza era inclusa solo nel primo
movimento, come unità singola, avendo la sua prima nel maggio 1935. Questo ci permette di
capire il grado di complessità di ciascuna delle parti che a livello generale dell'intero movimento,

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è organizzato come A – B – A, ma che ricrea internamente tutta la complessità di una forma
composita, con grande dettaglio nella presentazione dei materiali e del loro sviluppo, dove si può
pensare che cerchi di presentare la struttura di un concerto classico in cui ci sono diversi movimenti
contrastanti, ma che Jacques Ibert comprime in un unico movimento in questa prima versione
dell'opera, che viene successivamente completata con un secondo movimento e riproposta nel
dicembre dello stesso anno.

3.2 Analisi del secondo movimento.

Il secondo movimento del Concertino da Camera è una forma composita in cui il carattere di due
movimenti caratteristici è riunito all'interno dell'organizzazione di un concerto classico. In questo
c'è una sezione contrastante con il primo movimento e poi una leggera e virtuosistica che segna la
fine del concerto. Il carattere dei due movimenti già citati è evidenziato dalle due indicazioni date
nella battuta 1 Larghetto, e nella battuta 55 Animato molto, dove c'è un cambio di tempo dopo una
cesura simile a quelle del primo movimento ed è accompagnato da un rit. Questa intenzione di
fondere il carattere di due movimenti in uno solo può essere messa in relazione solo con la
differenza di tempo che si è verificata al momento della composizione dei due movimenti, dove si
può osservare un'idea simile al 24 che sviluppa ciascuna delle parti del primo movimento in modo
complesso. Inoltre, questa intenzione può essere vista in un altro concerto per sassofono che è
anche di grande importanza all'interno del repertorio per questo strumento, il Concerto per
sassofono contralto e orchestra d'archi in Mib maggiore Op.109 del compositore Aleksandr
Konstantinovich Glazunov, che compose quest'opera nello stesso anno e fu dedicato e eseguito in
prima assoluta dallo stesso sassofonista tedesco Sigurd Rascher. La prima sezione di questo
movimento (Larghetto) ha un carattere simile a quello di un'aria d'opera in cui l'esecuzione è data
in forma libera con riferimento a un recitativo. Questo può essere visto nella prima frase delle
battute 1-10, dove il solista entra senza alcun accompagnamento da parte dell'orchestra,
permettendogli così di prendersi delle libertà in termini di durata delle note e direzione delle frasi,
fino all'ingresso dell'orchestra nella misura 11. In questa prima sezione si riconosce un materiale
importante del primo movimento, che si distingueva per il suo carattere lirico e per l'uso
dell'intervallo di sesta in modo melodico, contemplato nelle battute 29-34, che si staglia come
melodia iniziale del secondo movimento nelle battute 3-4 e 12
Esempio 10: Somiglianza tra le misure 29-31 del Movimento I (1) e le misure 3, 4, 12-14 del
Movimento II (2) (Alphonse Leduc, 1935, partitura del solista, primo movimento e secondo
movimento).

19
(1)

(2)

Dalla sezione Larghetto, del secondo movimento, possiamo trovare tre frasi che sono chiaramente
segnate dai cambiamenti che si verificano nell'uso dell'orchestrazione, in quanto si tratta di una
sezione omofonica in cui c'è una melodia stabilita con un rispettivo accompagnamento, e un chiaro
risalto di detta melodia. La prima sezione è segnata all'inizio del movimento da un'indicazione
quasi recitativa, che consente all'esecutore una maggiore libertà, oltre all'assenza dell'orchestra,
permettendo all'artista di intervenire senza la necessità di un ensemble specifico. La fine della
prima frase è data con l'ingresso dell'orchestra che inizia l'accompagnamento nella battuta 11 alla
melodia del solista, oltre alla presentazione di un motivo melodico che possiamo vedere nel
numero 2 dell'esempio 10 e che anticipa il materiale melodico che verrà utilizzato nel tema
principale della sezione successiva Animato molto. La terza frase di questa sezione iniziale è
segnata dall'orchestra che prende il centro della scena ed esegue una melodia, che può essere
considerata in risposta alla prima sezione in cui il solista è il protagonista completo. Questa sezione
si trova nelle battute 33-48. La seconda parte del secondo movimento, Animato molto, è costruita
sulla base della forma sonata, che vale per questo movimento e non per il primo, perché in
quest'ultimo è possibile stabilire un rapporto tonale tra l'esposizione e la riesposizione, basato sulla
risoluzione di un conflitto presentato da questa relazione. stabilire un'importanza per la tonalità
iniziale. Oltre alle proporzioni di ciascuna delle parti che aiutano la stabilità della forma, dando
maggiore importanza alla presentazione del tema principale e del secondo tema, rispetto alla
sezione dello sviluppo che è meno estesa, a differenza del primo movimento dove la sezione B ha
un'estensione maggiore rispetto alla presentazione dei temi, oltre all'assenza di un chiaro conflitto
tonale, dovuto al fatto che la riesposizione è in modo quasi letterale. Nonostante queste
caratteristiche, elementi importanti del primo movimento sono evidenti nella costruzione del tema
principale. La presentazione del tema principale due volte e mostrando diverse sfumature, è una

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delle caratteristiche che si possono apprezzare di esso. Fa anche uso del cambio metrico tra un
binario e un ternario, che viene presentato dall'introduzione e tra le parti. Il tema principale si
ritrova nelle battute 59-71 del secondo movimento con il cambio di indicazione Animato molto e
il cambio di metrica da 3/4 a 2/4. La costruzione di questo tema principale può essere suddivisa in
due frasi interne, diverse dal fatto che anche questo è presentato due volte come tema principale
del primo movimento. La prima volta si conclude in modo definitivo e la seconda in modo aperto
dove si collega con il passaggio al secondo tema, allo stesso modo in cui fa nel tema principale del
primo movimento. Oltre a questa divisione, ognuna di queste frasi ha un punto di svolta che si dà
dopo il cambio di metro da ternario a binario, dove poggia su una nota lunga dopo un frammento
iniziale di motore di sedicesimi, e l'uso di una sequenza cromatica che porta a una modulazione
all'interno di questa prima presentazione del tema principale. La seconda parte di questo è
presentata in una tonalità diversa rispetto a quella iniziale, sollevando il conflitto tonale fin
dall'inizio
Esempio 11: Punto di svolta nel tema principale della sezione Animato molto II movimento battute
65-68 con modulazione (Alphonse Leduc, 1935, partitura del solista, movimento II)

La transizione per il secondo tema è data dallo stesso materiale del tema principale, che consiste
nel tenere una nota di pedale e alternarla con le note di una scala discendente diminuita. La prima
transizione è nelle battute 72-78. Modulazione. La presentazione del secondo tema ha la stessa
caratteristica del tema principale, che viene presentato due volte, mostrando tonalità diverse in
ciascuna di esse. È importante sottolineare il rapporto tra la seconda frase presentata dopo il punto
di riposo del tema principale sopra citato, con la costruzione melodica del secondo tema, in cui lo
stesso gesto degli intervalli può essere osservato con un carattere diverso, più aggraziato e
dinamico che si riflette nell'uso dello staccato e delle sincopi. Nelle battute 67 e 68 dopo la nota
lunga, il gesto melodico è una quarta ascendente seguita da un'ottava discendente e dalla melodia
dove le note dell'armonia sono evidenziate con ricami cromatici. Questa stessa struttura può essere
osservata all'inizio del secondo tema dove il gesto è lo stesso di cui si è già parlato.
Esempio 12: Relazione tra la seconda sezione del tema principale e il secondo tema, battute 67-
68(1.) e 79-80(2.) (Alphonse Leduc, 1935, partitura per solista, secondo movimento)
(1)

21
(2)

La riproposizione del tema principale e del secondo tema presenta la risoluzione del conflitto
eseguendo il tema principale nella tonalità iniziale e il secondo tema, entrambi in La maggiore che
è con la tonalità che inizia il movimento. L'importante differenza che il compositore fa tra
l'esposizione dei temi e la riesposizione è nel cambio dell'orchestrazione, poiché all'inizio era
l'orchestra a presentare il tema principale nella tonalità originale di 28 e successivamente lo faceva
il sassofono, ma nella tonalità con funzione di dominante, che in questo caso è Mi maggiore (Db
maggiore sul sassofono). Nella riesposizione è il sassofono a presentare il tema principale nella
tonalità iniziale e lasciando all'orchestra la seconda frase nella tonalità diversa. Inoltre, cambia la
presentazione del secondo tema in cui lascia all'orchestra la prima sezione di un personaggio buffo
e il sassofono risponde con la sezione di sedicesimi note sull'accordo diminuito che è la seconda
sezione del secondo tema. Al termine della riesposizione viene presentata una sezione finale sotto
forma di coda in cui viene fatto un racconto degli elementi più importanti di tutto il movimento,
presentando l'uso del cromatismo sia nel passaggio tra le tonalità che melodicamente attraverso il
ricamo delle note strutturali e l'uso di sonorità diminuite attraverso l'uso dell'intervallo di tritono
in modo melodico. Nella sezione di sviluppo delle battute 122-202 si osservano 4 frasi importanti,
più la presentazione della cadenza del concerto, dove si apprezzano elementi che vanno dalla
sezione recitativa, come il cromatismo caratteristico dell'intera opera. Di queste frasi, vale la pena
evidenziare quella che si trova nelle battute 149-153, in cui si sviluppa la seconda sezione del tema
principale, che viene comunemente presentata in tonalità diverse da quella iniziale per la
modulazione con cui è costruito il tema principale. Ciò rende difficile presentare questa sezione
nella tonalità iniziale, anche se è in questa frase evolutiva che rende possibile la presentazione di
questa sezione del tema principale in quella tonalità, contribuendo così a sostenere ulteriormente
la risoluzione del conflitto tonale della forma sonata, presentando il tema principale nella sua
interezza nella tonalità iniziale dandogli l'importanza della forma e del movimento.
Per quanto riguarda lo sviluppo armonico di questo lavoro, possiamo evidenziare l'uso di diverse
tonalità accompagnate da un gran numero di cromatismi che sono impliciti nella costruzione del
ricamo della melodia e riempiono la sonorità degli accordi attraverso i quali passa nelle diverse
tonalità. Si evidenzia anche l'uso costante di sonorità diminuite attraverso l'uso dell'accordo
diminuito, come l'uso della scala diminuita nelle melodie e nei rapporti tra gli accordi, quando
usati a distanza dall'intervallo di tritono. Tuttavia, nel primo movimento, si possono evidenziare
due importanti tonalità, che sono il Do maggiore e il Mi maggiore, ciascuna accompagnata da

22
estesi cromatismi e sonorità negli accordi che mostrano un'influenza del Jazz, che gestisce accordi
con alterazioni diverse dando maggiore densità e colore alla sonorità. Nel secondo movimento si
evidenziano la densa sonorità della sezione recitativa e i cambi cromatici degli accordi a distanza
di mezzo tono. Degne di nota sono anche le diverse tonalità presentate nel conflitto tonale della
forma sonata della sezione Animato molto del secondo movimento, dove si distinguono la
maggiore, il mi maggiore e il re bemolle maggiore, dall'esposizione del tema principale; Sol
bemolle maggiore nel secondo tema; Mi minore e Do maggiore in una sezione dello sviluppo e
ritorno in La maggiore nella riesposizione. Il tutto è sempre accompagnato dalla scala e dagli
accordi diminuiti che hanno uno sviluppo nella sezione cadenza.

4. CONCLUSIONI

Tenendo conto di tutti gli elementi di questa grande opera, si può affermare ancora una volta perché
è considerata una delle opere più importanti del repertorio del sassofono classico, oltre ad essere
una delle opere più complesse nella sua composizione, dove si può apprezzare la solidità e l'unità
nella sua costruzione dei materiali caratteristici. Questi aspetti si riflettono anche nella sua
difficoltà tecnica, che è totalmente legata alla comprensione delle diverse frasi e parti del concerto,
che se comprese in modo migliore, aiutano lo sviluppo della tecnica di ciascuna di queste parti,
mantenendo l'unità e ottenendo così una migliore interpretazione. Vale inoltre la pena sottolineare
la comprensione del contesto storico (tra le due guerre mondiali) in cui si collocano l'opera e il
compositore, che consente un approccio al pensiero di quest'ultimo e un migliore rapporto con
l'opera, comprendendo situazioni di tensione e angoscia riflesse nel carattere dell'opera attraverso
l'instabilità ritmica, come la densità e l'uso di armonie dissonanti. Da tenere conto conto anche dei
progressi musicali in campo accademico, dove c'è una rottura di tonalità e predominano le sonorità
dissonanti.
Il Concertino da Camera, purtroppo, viene raramente eseguito con l'accompagnamento completo
dell'orchestra da camera. Ciò è dovuto principalmente alla strumentazione insolita dell'ensemble.
Sono tuttavia disponibili numerose registrazioni con accompagnamento di orchestra da camera
con grandi interpreti del sax classico. Il Concertino è stato uno dei primi lavori scritti per il
sassofono, e anche uno dei primi a ricevere piena accettazione sul palcoscenico del concerto. È
senza dubbio una delle opere più belle della letteratura solistica per lo strumento. Nel presentare
questa tesi sono stati forniti la vita e l'opera di Jacques Ibert e i contributi di Sigurd Rascher. Questo
studio ha anche reso evidente un'analisi in piu parti del lavoro, tra cui un'analisi della forma
liberamente composta, un'analisi tematica e teorica e un'analisi armonica, discutendo le
caratteristiche utilizzate per unificare la composizione. Ci sono due approcci stilistici alla

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composizione nella musica di Ibert. Il primo è satirico, con un'inclinazione alla leggerezza e
citazioni musicali argute. L'approccio serio e più importante, è il suo atteggiamento
neoimpressionista di sottigliezza artistica. L'approccio dualistico di Ibert è molto evidente nel
Concertino da Camera.
Spesso i musicisti eseguono con poca o nessuna conoscenza della forma, della struttura armonica,
dei dispositivi ritmici, dei modelli sequenziali e motivazionali della composizione in questione, e
comprendono poco del rapporto della parte solista con quella dell'accompagnamento.
Penso che il Concertino di Ibert sia una perfetta fusione di tecnica e leggerezza, quest’ultima
ottenibile con una buona padronanza nel flusso dell’aria anche al fine di sostenere il suono nei
passaggi tecnicamente più difficili. Un valore aggiunto è la possibilità di poter eseguire il
Concertino da Camera con l'impostazione orchestrale da camera originale e non con il solo
pianoforte.

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RINGRAZIAMENTI
Questo lavoro è dedicato a chi mi ha sostenuto e ha creduto in me fin dall’inizio del percorso di
studi nonché a tutte le persone vicine a me nel quotidiano alle quali ho concesso meno tempo per
dedicarlo alla musica, in primis mio figlio Matteo.
Ancora una volta un ringraziamento al mio mentore Prof. Luigi Gallo per avermi fatto conoscere
a fondo il sax e avermi aperto la mente a nuovi traguardi.
Un ringraziamento particolare al Maestro Savino Acquaviva, al quale mi rivolgo con grande stima
e profondo affetto, per avermi dato delle vere “lezioni” di musica sul campo.
Un ringraziamento alla Prof. Beatrice Cattaneo per il sostegno e l’incoraggiamento, sempre con
leggerezza.
Ringrazio un caro amico di gioventù, il sassofonista Franco Carvelli, per averlo “ritrovato” dopo
vent’anni, ancora uguale, come non fosse mai passato il tempo tra di noi e per essere di nuovo mio
compagno di musica, come allora.

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Bibliografia:

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Luigi GIACHINO, Ascoltare le immagini, Roma, Gremese, 2009
Luigi GIACHINO, Immaginando in musica, Torino, Cartman Edizioni, 2005
John HARLE, The Saxophone – The art and science of playing performing, London, Faber Music, 2017
Pietro LEVERATTO, Con la musica – Note e storie per la vita quotidiana, Palermo, Sellerio, 2014
Jean-Marie LONDEIX, 150 ans de musique pour saxophone, Roncorp Publications, 2002
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26
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https://www.ilsaxofonoitaliano.it/storia
https://www.thrillerstoriciedintorni.it/2021/06/28/28-giugno-1846-adolphe-sax-inventa-il-sassofono
http://www.cultora.it/storie-di-genere-1-il-jazz-un-linguaggio-dalle-influenze-culturali-multietniche
https://www.focus.it/cultura/arte/adolphe-sax
https://www.jacquesibert.fr/ibert/Home

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