P. 4 Programma di sala
P. 19 Considerazioni personali
P. 20 Ringraziamenti
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Programma di sala
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La Musica d’Arte negli Stati Uniti del XX Secolo
Benché nei tre brani presentati non vi saranno componenti di live electronics o
supporti elettronici, è bene comprendere il clima di innovazione in cui il Nuovo Mondo
era immerso nel secolo scorso. Non si trattò solamente di innovazioni in campo
tecnologico, ma si assistette anche alla nascita di nuove correnti musicali, quasi delle
Scuole Nazionali del Novecento; tra le principali correnti ci furono il Modernismo (i cui
maggiori esponenti erano Charles Ives e Georges Gerswhin, il quale introdusse anche
elementi dal jazz), il Nazionalismo (Aaron Copland, Heitor Villa-Lobos), la musica
Microtonale (di nuovo Ives, Erwin Schulhoff, Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis),
la musica Sperimentale (John Cage), il Minimalismo (Steve Reich, Philip Glass, John
Adams, Arvo Pärt).
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timbro molto presente. Con il miglioramento delle tecniche di costruzione e
l’avvicinamento da parte dei compositori ad un linguaggio sempre meno tonale e
sempre più effettistico, il flauto parve molte volte lo strumento perfetto da adottare:
agile per i passaggi estremamente virtuosistici, allo stesso tempo dal timbro chiaro e
brillante ma versatile, ricco di possibilità per quanto riguarda gli effetti (whistle, jet
whistle, suoni multifonici, flatterzunge, armonici, tongue ram e via dicendo); questo lo
sapevano bene anche molti tra i maggiori compositori europei, basti pensare a Luciano
Berio, Salvatore Sciarrino, Brian Ferneyough o più indietro nel secolo ad André Jolivet
e Olivier Messiaen.
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Eldin Burton – Sonatina per flauto e pianoforte
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utilizzato per la maggior parte del movimento è quello di mi eolio, alternato a do lidio,
tipico modo del jazz contemporaneo (scala misolidia con la quinta aumentata). Dopo tre
ripetizioni del tema principale con diversi accompagnamenti e in diversi registri, il
metro e il tempo cambiano in un 3/2 Più mosso, decisamente contrastante: la linea
melodica si spezza introducendo passaggi virtuosistici, sbalzi di registro e figure
ritmicamente più complesse. L’andamento più mosso viene mantenuto fino alla fine del
movimento, in cui la melodia torna leggermente sui suoi passi, per chiudere con un
gesto leggero ed ironico in diminuendo e in omoritmia con il pianoforte.
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Elliott Carter – Scrivo in vento per flauto solo
Compositore di più chiara fama e successo, Elliott Cook Carter Jr. (1908-2012)
passò quasi tutta la sua infanzia in Europa; imparò il francese prima dell’inglese. Da
adolescente sviluppò la sua passione e il suo interesse verso la musica, benché non
proprio incoraggiato dai suoi genitori, i quali si limitavano a mandarlo a lezione di
pianoforte. Chi lo incoraggiò sul serio fu Charles Ives, che vendette l’assicurazione alla
famiglia di Carter. Nel suo periodo da studente alla Horace Mann School, Carter scrisse
una lettera che esplicitava tutta la sua ammirazione per Ives, il quale lo spinse
ulteriormente a proseguire la carriera nella musica. Oltre a questa corrispondenza,
Carter iniziò ad interessarsi alla musica contemporanea come espansione del
Modernismo di cui era affascinato.
Nel 1924, a 15 anni, Carter era tra il pubblico a New York quando la Boston
Symphony Orchestra eseguì La Sagra della Primavera di I. Stravinskij; da qui si
approcciò ai compositori ultra modernisti americani, quali Henry Cowell, Edgard
Varèse, Ruth Crawford. Nel 1926 Carter iniziò il suo percorso all’università di Harvard,
in cui si laureò in Inglese, ma studiò anche musica con maestri quali Walter Piston e
Gustav Holst. Siccome questa esperienza non lo aiutò più di tanto a migliorare le
proprie qualità compositive, Carter decise di spostarsi a Parigi per studiare con Nadia
Boulanger sia privatamente che all’École Normale de Musique.
Dopo il suo percorso di studi e qualche tentativo di esecuzione dei propri lavori
compositivi, Carter lavorò per l’Office of War Information durante la Seconda Guerra
Mondiale; successivamente insegnò in svariati conservatori e università, tra cui la
Columbia, Yale, Cornell e la Juillard School. Dopo l’esperienza della guerra decise di
rinnovare il suo interesse per la musica sperimentale riprendendo in mano partiture di
Ives e ispirandosi per ricominciare più fittamente l’attività compositiva, scrivendo ad
esempio la Sonata per violoncello o le Variazioni per Orchestra. Nel corso degli anni
ricevette molti premi, tra cui l’Ernst von Siemes Music Prize, la National Medal of Arts,
la Edward MacDowell Medal.
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Il brano per flauto solo Scrivo in Vento, come spesso si verifica, è dedicato ad un
flautista, Robert Aitken: flautista e compositore canadese, ha lavorato nella Vancouver
Symphony Orchestra, CBC Symphony Orchestra e Toronto Symphony Orchestra,
nonché come insegnante presso la Staatliche Hochschule für Musik di Friburgo fino al
2004. Il flautista era amico del compositore Carter, il quale scrisse per lui questo brano
in occasione del Festival de Avignon in Francia nel 1991, dedicato interamente alla
musica di Carter. La prima del brano fu eseguita proprio da Aitken, il 20 luglio del 1991
al Festival. Il brano si ispira al Sonetto CLXXVII di Francesco Petrarca dalle Rime
Sparse, in cui una parte di un verso recita Scrivo in Vento. Di seguito il testo:
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Beato in sogno et di languir contento,
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La scelta di ispirarsi a Petrarca non è casuale: infatti il poeta tra il 1326 e il 1353
si recava spesso ad Avignone e ci visse per qualche periodo; il 20 luglio, data di
esecuzione del brano, sarebbe stato il 687esimo compleanno del poeta. La scelta invece
dello strumento, il flauto, è data dal fatto che Carter lo sentisse come lo strumento più
funzionale ad esprimere le idee musicali contrastanti nei differenti registri ed esplicitare
la natura paradossale della poesia.
Il brano infatti non sembra voler descrivere la poesia, bensì coglierne l’essenza e
i sentimenti che ne stanno alla base per esprimerli musicalmente. Il brano inizia in
pianissimo, con note lunghe e pochi movimenti di intervalli stretti nella prima ottava.
Subito dopo si insinuano secchi e marcati interventi nell’ottava più acuta, a voler imitare
le sferzate di vento improvvise che possono verificarsi anche quando l’atmosfera è
prevalentemente calma. In tutto il brano sono presenti questi momenti altamente
contrastanti, rinforzati da particolari effetti quali il flatterzunge e soprattutto i suoni
multifonici. I multifonici sono prodotti grazie a particolari diteggiature e una particolare
direzione dell’aria; la risultante è quella di due suoni emessi nello stesso momento.
Questo non è che uno dei numerosi tentativi adottati dai compositori del Novecento per
rendere il flauto, strumento monodico per eccellenza, polifonico. Inoltre questo effetto,
così come il flatterzunge, è metallico, graffiante, ed esprime perfettamente lo scrivere in
vento, l’atto di imprimere qualcosa di fisico ad una materia impalpabile.
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Robert Muczynski – Sonata per flauto e pianoforte
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studi fino al Master Degree in piano performance; a venticinque anni fu il compositore
più giovane ad aver ricevuto una commissione dall’ateneo, oltre ad essere stato scelto
come pianista solista con la Louisville Orchestra. Qualche anno dopo fece il suo debutto
alla Carnegie Hall con un programma composto interamente da pezzi solistici scritti da
lui; successivamente fu uno dei dodici compositori scelti dalla Ford Foundation per
ricoprire il ruolo di docente in scuole private in vari Stati.
Alcuni dei suoi pezzi sono stati premiati e riconosciuti più di altri, come ad
esempio il suo Concerto per saxofono contralto e orchestra da camera, che lo portò a
ricevere la nomination per il Premio Pulitzer. Ritornò successivamente alla DePaul,
stavolta in qualità di docente di pianoforte, composizione e teoria della musica; in
seguitò ebbe alcune altre esperienze come insegnante al Loras College e alla University
of Tucson, dove era artista residente.
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articolazioni la prima e la seconda volta. Sta all’esecutore far percepire il cambio di
fraseggio e di accentazione, che conferirà un senso completamente diverso alla musica.
Nel primo movimento, Allegro deciso, sono presenti molte note staccate,
accenti, temi sincopati e quasi da eseguirsi swingati, sebbene sia presente un notevole
rigore ritmico e gli incastri tra il flauto e il pianoforte siano molto complessi. Muczynski
utilizza strutturalmente un tema A e un tema B per conferire stabilità e coerenza al
movimento, ma ogni volta il tema appare diverso per articolazioni o dinamiche, o per il
contesto in cui è inserito. Tuttavia il movimento è scritto in forma-sonata, in cui i due
temi sono utilizzati per l’esposizione, lo sviluppo, la ripresa e la coda. Le due melodie
sono molto diverse tra loro: la A è molto ritmica, vigorosa e decisa, mentre la B è più
cantabile, ma non languida o lirica; semplicemente costituita da un minor numero di
salti ampi e legata. Entrambi i temi principali sono variati leggermente lungo il corso
del movimento, utilizzando imitazioni e diminuzioni.
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Il terzo movimento, Andante, è nettamente in contrasto con il resto dei
movimenti; si apre con una cadenza del flauto che funge da invocazione, caratterizzata
da un andamento meditativo ed introverso. Vi succede una breve parte del pianoforte
solo che riprende la melodia iniziale del flauto, sviluppandola poi in modo diverso. Qui
il suono, il legato e la linearità delle melodie sono predominanti sul ritmo e l’energia,
che vengono abbandonati almeno per un po’. Quando poi i due strumenti iniziano a
dialogare si crea un’atmosfera sospesa e dal colore scuro, molto interiore e calmo, ma
che non restituisce una sensazione di serenità; è solo la quiete prima della tempesta, un
breve respiro tra i vortici di suono dei movimenti precedenti e di quello successivo.
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Considerazioni personali
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virtuosismo, all’estrema cantabilità, al puro ritmo. Ogni brano di questo calibro consiste
in una sfida e in una scommessa sempre stimolante e motivante, in cui è richiesto un
continuo miglioramento musicale, dovuto alla complessità strutturale, e un
miglioramento tecnico per sostenere il virtuosismo richiesto all’interprete.
Ringraziamenti
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sempre di più; il M° Monica Cattarossi, per avermi guidata con entusiasmo e costanza
nel fondamentale studio della musica da camera; il M° Nicola Paszkowski per avermi
inconsapevolmente fatta appassionare al mondo dell’orchestra con serietà e
professionalità; il M° Massimo Bertola per avermi seguita con devozione e pazienza
nello studio della Composizione.
Ringrazio la mia famiglia per avermi sempre sostenuta nel percorso e nelle
scelte da me prese senza mettere mai in dubbio la mia determinazione e la mia
intenzione di mettermi in gioco.
Ringrazio Sonia per aver affrontato incessantemente con me da sei anni lo studio
del repertorio per flauto e pianoforte, accompagnandomi in diverse avventure.
Ringrazio il M° Mario Ancillotti, mio insegnante per cinque anni, per avermi
regalato preziose lezioni sulla Musica e sul ruolo del musicista.
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