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L’aggressione giapponese

Nel momento in cui Kaishek era impegnato nella prima campagna di


annientamento contro i comunisti nel 1931 la Rep. di Cina dovette
fronteggiare l’aggressione giapponese. Il conflitto sino-giapponese inizia
nel 1937 e si conclude nel 1945. Le ostilità iniziano quasi un decennio
prima quando iniziano a verificarsi una serie di scontri tra fazioni cinesi e
nipponiche intorno all’area della città di Jinan. L’episodio più importante è
conosciuto come l’incidente di Mukden in Manciuria che si verifica nel
settembre del 1928 quando un gruppo di soldati giapponesi su propria
iniziativa fecero esplodere un tratto della linea ferroviaria in Manciuria
meridionale. Sull’incidente di Mukden ancora oggi non si sa con certezza
se il governo di Tokyo fosse a conoscenza o meno dell’iniziativa presa dagli
autori dello scontro. Da quando momento il Giappone diede avvio a una
vera e propria campagna per la conquista della regione. Il governo di
Nanchino non reagì a questa aggressione e nel 1932 l’occupazione
nipponica della Manciuria era terminata. La Manciuria da molto tempo era
una zona sulla quale si concentravano gli interessi nipponici soprattutto
perché ricca di miniere e poco popolata. Le tensioni tra i due paesi
crebbero quando una volta salito al potere Kaishek si procedette a un
consolidamento del potere in quell’area attraverso la creazione di basi del
partito nazionalista cinese che fomentava una propaganda anti-
imperialista. La non reazione del governo di Nanchino alla crisi in
Manciuria è dovuta alla necessità di Kaishek di concentrarsi prima sulla
caccia ai comunisti considerati il nemico principale e poi per portare a
termine l’unificazione si doveva battere il Giappone(slogan di propaganda
“resistenza dopo l’unificazione”) . Era evidente anche che la situazione si
sarebbe complicata se il governo doveva impegnarsi su due fronti di
combattimento contemporaneamente. Un secondo motivo alla mancata
risposta nazionalista all’aggressione giapponese è che la Manciuria non
era sotto il controllo del governo di Nanchino. Inoltre Kaishek faceva leva
sull’intervento da parte della Società delle Nazioni che nominò una
commissione incaricata di indagare sulla crisi e non andò oltre una
condanna al Giappone per la violazione delle norme internazionali. Il
Giappone non venne mai definito aggressore ne fu colpito da sanzioni
economiche .

Nel 1932 la potenza nipponica insediò in Manciuria un governo fantoccio e


la regione venne ribattezzata impero del Manchukuo con l’imperatore
cinese Puyi al trono. Di fatto si creò una vera e propria colonia che segna
soltanto l’inizio dell’espansione nipponica in Cina.

Tra la popolazione cinese si scatenò la rabbia per la debolezza mostrata


dal governo nazionalista e il passaggio della Manciuria al Giappone privava
la Cina di una grossa perdita alla propria economia, pari circa al 10% del
prodotto interno lordo. Alla fine del 1931 i cinesi reagiscono con il
boicottaggio dei prodotti giapponesi. A Shanghai la situazione è piuttosto
difficile perché vivevano molti giapponesi che commerciavano. Tokyo
rispose con bombardamenti e occupando la città dove infine venne
dichiarata la creazione di una zona neutrale. Da questo momento in poi
l’espansionismo nipponico non si arresta più che proseguì occupando
Shanhaiguan a gennaio del 1933. Successivamente in Mongolia fu
occupata un’ intera provincia. Il governo di Nanchino firma l’armistizio di
Tanguu per cercare di frenane l’avanzata giapponese verso Pechino e
Tanjiin. Il governo di Nanchino molto indebolito riesce momentaneamente
nel corso del 1935 a evitare il riconoscimento dell’autonomia di cinque
province ma perde sia Pechino che Tanjiin. A Pechino si sollevano
numerose proteste che si allargano ben presto in tutto il paese e danno
vita al cosiddetto Movimento del Nove Dicembre che invoca la ritirata
delle truppe giapponesi dalla Cina settentrionale. Anche da reparti militari
della provincia del Guangxi e del Guandong proveniva l’appello per lottare
contro l’invasione giapponese. A questo punto il governo nazionalista è
costretto a cambiare strategia.

Nell’ottobre del 1936 Kaishek decise di guidare personalmente la


campagna di annientamento contro i comunisti nella provincia dello
Shenxi perché le truppe guidate da Zhang Xueling non procedevano verso
il raggiungimento di questo obiettivo. Prima dell’inizio della campagna
però Kaishek fu reso prigioniero dallo stesso Zhang che precedentemente
era stato rimosso e che adesso chiedeva in cambio del suo rilascio la fine
della guerra civile, la riorganizzazione del governo di Nanchino per
concentrare lo sforzo nella lotta contro i giapponesi. Nell’Incidente di Xi’an
la posizione del partito comunista fu importate perché in un momento
così drammatico per il paese non si poteva mettere in pericolo la
possibilità di arrivare a un accordo per un nuovo fronte unito dunque
chiese il rilascio di Kaishek. Il rilascio avvenne nel dicembre del 1936 e si
aprì la strada alle trattative tra nazionalisti e comunisti per la creazione del
secondo fronte unito. L’accordo era necessario per la salvezza della patria.

Nel luglio del 1937 scoppia la seconda guerra sino- giapponese e poco
dopo si arriva all’accordo diplomatico tra nazionalisti e comunisti che
prevede alcune clausole: i nazionalisti si devono impegnare nella
cessazione della guerra civile, a porre fine al blocco economico nei
confronti dei comunisti, istituzione di una zona economica speciale con
giurisdizione nelle mani del governo comunista. In cambio i comunisti
dovettero rinunciare alla riforma agraria, cessare la propaganda contro i
nazionalisti. Inoltre l’armata rossa sarebbe confluita nell’esercito
rivoluzionario. Di fatto questi accordi sanciscono che il guomindang si
pone alla guida della lotta contro i giapponesi e i comunisti seguono le
direttive tattiche e strategiche dell’esercito nazionalista. Dunque inizia il
coordinamento degli eserciti.

La prima fase della guerra e il massacro di Nanchino 1937-1939

La guerra iniziata nel luglio del 1937 si concentra nella Cina settentrionale
e centro orientale e procede molto velocemente, in poco più di un anno il
Giappone raggiunge i suoi obbiettivi. Le città di Pechino e Tianjin cadono
ala fine del mese. Per bloccare l’avanzate delle truppe nipponiche verso la
città di Shanghai la strategia del secondo fronte unito prevedeva di
impedire lo sbarco delle truppe e impedire l’avanzata nipponica nell’area
del fiume giallo. I giapponesi sferrarono l’attacco a Shanghai a inizio
settembre 1937 e la battaglia terminò a inizio novembre dello stesso anno
con la sconfitta cinese. Il successivo obbiettivo di Tokyo era Nanchino la
cui conquista aveva un elevato valore simbolico visto che era la sede del
governo centrale che prima dell’attacco fu trasferito nella città di
Chongqing nel 1938. A Nanchino i combattimenti furono particolarmente
violenti e i soldati misero in atto delle vere e proprie barbarie nei confronti
di donne e bambini. Si stima che rimasero vittime circa 300 mila persone.
Questi episodi sono conosciuti come il “massacro di Nanchino”.
L’occupazione di Nanchino si concluse . Dopo di ché i comandanti militari
nipponici puntavano a Wuhan ma prima la strategia prevedeva la
conquista di Xuzhou dove la resistenza cinese mise in serie difficoltà il
Giappone che subirono la prima sconfitta in una cittadina della provincia
dello Shandong. A maggio la città di Xuzhou cade e successivamente anche
Wuhan e Canton nell’ottobre del 1938. Alla fine del 1938 il Giappone
vuole consolidare il proprio controllo sui territori già occupati. L’ultimo
centro da conquistare era la nuova capitale Chongqing che tra il 1939 e il
1941 che è colpita da molti bombardamenti aerei. Nel 1938 la Cina era
divisa in 4 zone: A nord il governo fantoccio insediato dai giapponesi, a
Nanchino un altro stato fantoccio entrambi riconosciuti da Italia e
Germania, la Cina bianca e infine la zona speciale controllata dai
comunisti. Proprio questi ultimi nel corso della guerra erano riusciti ad
espandersi nella Cina settentrionale creando nuovi basi rosse.

Tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939 la guerra cambia, l’avanzata
giapponese si ferma e guerriglie sparse nel paese continuano a esserci.

Approfittando del fatto che l’Unione Sovietica aveva smesso di rifornire di


aiuti la Cina perché impegnata nella guerra appena scoppiata in Europa, il
Giappone decise di intraprendere un’offensiva in Cina . Nell’ottobre del
1939 a Changsha nella provincia dello Hunan il Giappone venne sconfitto.

Durante gli anni della guerra sino-giapponese la città di Chongching, la


capitale della Cina bianca, visse una grave crisi economica causata dalla
forte riduzione delle entrate derivante da dazi e tasse doganali e dalla
necessità di aumentare le spese militari. Gli abitanti sperimentarono una
grave perdita del potere di acquisto . Questa situazione era aggravata da
un apparato industriale poco sviluppato e sul quale non aiutava un
sistema di comunicazione inefficiente. Il governo nazionalista temeva
molto questa situazione economica e decise di reagire accrescendo il ruolo
dello stato nell’economia con l’aumento delle tasse sui consumi , sui
redditi e vene rispristinato il controllo sull’imposta della terra. Una spinta
al settore industriale fu dato nell’ambito del programma per la difesa
dell’economia industriale la cui approvazione era seguita da una
commissione incaricata per far fronte all’emergenza economica. Nel suo
complesso questo programma ridusse lo spazio per l’iniziativa privata ed
ebbe conseguenze per il futuro dell’economia cinese post-nazionalista. Tra
il 1943 e il 1945 si conoscevano già i danni di questo accresciuto
intervento statale nell’apparato industriale che entrò in una fase di crollo.
La città restò isolata anche per via della chiusura dei collegamenti che
permettevano i rifornimenti , rimaneva a fornire aiuti solo un ponte aereo
che partiva dalla Birmani occidentale, il cosiddetto “The Hump”.

Nella capitale della Cina rossa Yan’an si vivevano le contraddizioni


all’interno del partito comunista tra chi metteva in discussione il ruolo
svolto dal partito nel corso della guerra e chi sosteneva come Wang Ming
la necessità di superare il fronte unito per dar vita con il partito
nazionalista a una confederazione di partiti in modo da rafforzare il
coordinamento tra strategie ed eserciti. Alla fine del 1938 Mao riuscì a
conservare la sua egemonia che escluse di portare l’attenzione sui centri
urbani per una rivoluzione vittoriosa. La diffusione di nuove basi rosse e la
ripresa del blocco economico nazionalista nei confronti della base rossa
dello Shenxi portò il partito comunista a rompere con il fronte unito e a
una svolta strategica. La priorità era riadattare la politica economica in
vista del blocco economico nazionalista, semplificare la burocrazia e
riformare il partito. Per quanto riguarda la politica economica si optò per
limitare l’intervento dello stato a favore di piccoli proprietari e artigiani e
concentrare lo sforzo industriale al settore degli armamenti. Anche lo
stesso Mao era favorevole ad edificare un’economia mista e puntare
all’autosufficienza. In questo momento la pianificazione economia è
sospesa.

Alla base del modello economico di Mao c’era lo sviluppo dell’agricoltura


e in seguito la crescita dell’industria, del commercio, dei trasporti. Due
erano i principali problemi dell’apparato burocratico ai quali bisogna
trovare una soluzione al fine di intraprendere una semplificazione: il primo
problema atteneva all’eccesso di personale ai vertici che doveva essere
snellito trasferendolo alle strutture alla base . Il secondo problema era
causato da numerosi organismi che necessitavano di essere accorparti.

Tra il 1937 e il 1940 il numero degli iscritti al partito era molto cresciuto
soprattutto molti erano intellettuali, studenti, insegnanti , dunque, si
rende necessaria una riforma.. Il rapporto tra il partito e gli intellettuali è
problematico. Questi ultimi si aspettavano meno intromissione nelle loro
attività, più tolleranza. Al contrario devono piegarsi alla linea politica del
partito, sono le prime vittime dell’ideologia del partito. Non sono liberi di
esprimere critiche nei confronti di chi è al potere. Tra i più importanti
dissidenti Ding Ling, una giornalista e Weng Shiwei che sostiene di non
dover lodare un partito che non ha risolto le disuguaglianze della società
cinese. Weng viene punito con l’emarginazione e l’autocritica davanti al
pubblico. Un ruolo importante in questa vicenda lo ha Chen Boda,
segretario personale di Mao.

Nel 1941 prende avvio la campagna di rettifica con l’obbiettivo di rendere


chiara la storia politica del partito unendo teoria (marxismo-leninismo) e
pratica(esperienza rivoluzionaria) e al fine di correggere tutte le posizioni
dissidenti con l’ideologia. Si fa riferimento alle posizioni del destrismo e
alle tendenze ultrarivoluzionarie cioè coloro che anticipano i tempi della
rivoluzione.

Nel 1942 Lao Shaoqui annunciò in un discorso l’importanza per i membri


del partito di esercitare l’autocritica in modo da limitare gli errori,
autocritica che doveva rimanere interna al partito stesso. L’autocritica
consiste nella denuncia dinanzi al partito degli errori da parte di colui che
li ha commessi, prima di farla davanti al pubblico bisogna che si ha prova
della convinzione del pentimento scrivendo la denuncia molte volte.

Non poteva essere trascurato nel confronto interno al partito il tema della
mobilitazione di massa impegnata nella lotta dei nemici cioè grandi
proprietari di terre, borghesia e burocrati che erano diffusi in maniera
diversa nel paese. I proprietari terrieri erano perlopiù presenti nel sud
dove divennero oggetto di proteste e azioni violente. Il partito nella lotta
di classe aveva il compito di fomentare la rabbia contadina .

Durante gli ultimi anni della guerra sino-giapponese, tra aprile e giugno
1945, si tiene il settimo congresso del Partito comunista. Mao tiene un
discorso dal quale emerge la proposta di formare un governo di coalizione
con il Guomindang che Chiang Kaishek respinge. Viene sottolineato il
ruolo fondamentale dei contadini nella rivoluzione e chiunque avesse
governato il paese non avrebbe potuto trascurarne il peso nella società .
Dal congresso emerge come negli anni della guerra si forma un vero e
proprio culto della personalità di Mao. Un personaggio che sarà membro
dell’Ufficio politico, Lao Shaoqui , è incaricato di scrivere il preambolo del
pensiero di Mao Zedong, definito come il più grande rivoluzionario e
statista della storia cinese, il maggiore teorico e scienziato. Il pensiero di
Mao Zedong contempla la teoria marxista- leninista declinata
all’esperienza della rivoluzione cinese ma non solo è il pensiero che può
essere applicato a tutti i popoli che si trovano nella stessa circostanza di
semi-colonialismo e che vivono condizioni agrarie simili. Nel caso cinese il
marxismo si evolve, viene sinizzato tant’è che è coniato il termine
maoismo. Questa adorazione di Mao viene simboleggiata con la nomina di
due incarichi che mai nessuno aveva ricoperto: presidente del comitato
centrale del partito e presidente dell’Ufficio Politico( Politburo). Ad
affiancarlo vi erano coloro che erano sempre rimasti più vicini a Mao: Zhu
Dhe, Liu Shaoqui, Zhou Enlai.

La situazione in Cina alla vigilia della guerra civile (1945-1946)

Alla fine del secondo conflitto mondiale il governo nazionalista guidato da


Kaishek segna l’ultimo successo politico: la firma di un accordo con
l’Unione Sovietica il 14 agosto 1945 che prevede il ritiro delle truppe
sovietiche dalla Manciuria a novembre dello stesso anno. Questo accordo
avrebbe avuto una conseguenza disastrosa secondo lo stesso Kaishek, le
forze comuniste avrebbero preso il controllo della Manciuria non appena il
ritiro sovietico fosse cominciato.
Come concordato a Yalta l’Unione Sovietica entra in guerra contro il
Giappone dopo circa 2/3 mesi dalla fine della guerra in Europa e in cambio
Stalin chiede delle garanzie: l’indipendenza della Mongolia e la tutela degli
interessi a Nord dell’arcipelago del Giappone. Stalin riesce ad allargare
l’influenza sovietica nel porto di Dailan(Port Arthur). Per la questione delle
ferrovie della Manciuria, Stalin pensa alla creazione di una società sino-
sovietica per gestirle in comune. La Cina nazionalista da questo accordo
oltre a puntare al contenimento del Giappone vuole ottenere il
riconoscimento internazionale. Stalin di fatto si allinea alla politica
statunitense di appoggio a Kaishek perché privilegia la tutela degli
interessi sovietici. Lo scenario peggiore per gli USA di Roosevelt in questo
momento è un Giappone sconfitto e una guerra civile in Cina che
potrebbero lasciare spazio all’allargamento dell’Urss in Asia Orientale,
l’ordine in Asia con una Cina pensata come grande potenza è in pericolo.

A questo punto gli Usa tentano di evitare la guerra civile avviando una
mediazione che possa portare a un accordo tra nazionalisti e comunisti. Il
negoziato guidato da George Marshall convoca una Conferenza politica
consultiva a Pechino alla quale partecipano i rappresentanti di tutte le
forze politiche. La guerra è sospesa grazie al raggiungimento di un accordo
sul cessate il fuoco. Dalla conferenza scaturisce un accordo di 4 punti:
unificazione militare, legalizzazione di tutti i partiti, formazione di un
governo di coalizione e passaggio di tutte le basi rosse al nuovo governo.
Ciascuna delle parti ha però una visione differente su come applicare
questi punti. Il fallimento di questo accordo indica che l’alternativa è la
guerra civile. Da un lato Kaishek è convinto dell’appoggio anche diretto sul
teatro di guerra da parte degli Usa e dall’altro Mao percepisce l’appoggio
popolare che può portare alla vittoria.

La guerra civile

La guerra civile inizia all’inizio del 1946 e per tutto il primo anno i
comunisti sono in seria difficoltà. Perdono numerosi territori nel Nord –est
sotto il loro controllo, le province del Jiangsu e dello Shandong, anche la
Manciuria. A partire dal maggio del 1947 i nazionalisti incontrano problemi
lungo la loro avanzata come il blocco dei rifornimenti lungo le vie di
comunicazione soprattutto in Manciuria dove a settembre del 1947 i
comunisti guidati da Lin Biao passano all’attacco .

Nel settembre del 1947 Mao definisce la strategia per la controffensiva


nazionale . Questa strategia prevedeva sempre l’applicazione della riforma
agraria e l’istituzione dei comitati centrali, elementi indispensabili per
ottenere la vittoria in tutto il paese. Da questo momento in poi le
operazioni militari procedono senza interruzioni verso il Sud anche perché
tra i soldati nazionalisti inizia la diserzione. Dal 1948 inizia l’ultima fase
della guerra con il successo di tre campagne militari di successo in
Manciuria, in Cina settentrionale e verso il fiume azzurro. Alla fine del
1948 cade Pechino, più di 200 mila sono i soldati nazionalisti che si
arrendono. Dall’aprile al novembre 1949 cadono Wuhan, Nanchino,
Chongqing e Canton. Il primo ottobre 1949 Mao proclama la nascita della
Repubblica popolare cinese a Piazza Tian’anmen e il governo nazionalista
di Kaishek fugge a Taiwan.

La Cina comunista vince senza che Stati Uniti e Unione Sovietica abbiano
avuto il tempo di realizzare questa vittoria. Per gli Usa il disegno di
Rooselvelt che annovera la Cina come una grande potenza non esiste più.
Fino al 1947 avevano continuato a credere che Kaishek potesse farcela e
credono fino all’ultimo in una soluzione diplomatica nel 1949. Allo stesso
modo ci crede l’Unione Sovietica in un compromesso tra nazionalisti e
comunisti, temono il coinvolgimento in un nuovo conflitto . Esponenti del
partito repubblicano chiedono un intervento diretto in Cina ma
quest’alternativa tramonta grazie all’opposizione di Marshall. Il governo
comunista non viene riconosciuto dagli Usa ed è l’unico tra i paesi
comunisti dove non c’è un’ambasciata statunitense, la prova ne è Il seggio
all’Onu che continua a essere occupato da Taiwan .Inizia la politica di
contenimento americano in Asia che si traduce nella reintegrazione del
Giappone e nel riconoscimento di Taiwan. I paesi che riconoscono subito
Pechino sono India, Pakistan e Birmania. L’India ha interessi economici in
Tibet ed è costretta a mantenere buoni i rapporti con la Cina. Tra gli alleati
degli Usa, la Gran Bretagna riconosce la Cina visto gli interessi che ha nella
colonia di Hong Kong che rimane sotto il controllo britannico fino al 1997.
Anche la Francia riconosce la Cina

Il contesto internazionale in Asia Orientale.

Lo scenario internazionale in Asia Orientale muta con la vittoria comunista


in Cina. La comune identità avvicina Unione Sovietica e Cina dall’inizio
degli anni cinquanta fino alla fine, il consolidamento dei rapporti è anche
favorito dall’isolamento cinese voluto dagli Usa. Stalin non era stato molto
convinto della vittoria comunista in Cina, la preoccupazione è che il partito
comunista cinese possa sfuggire dalla guida sovietica come è successo con
Tito in Jugoslavia. Allo stesso tempo è consapevole che Mosca deve
gestire mille kilometri di frontiera con Pechino.

D'altronde Mao dopo la vittoria aveva chiaramente dichiarato che non


esiste una via di mezzo tra imperialismo e socialismo e la Cina sta dalla
parte del socialismo. Il riavvicinamento tra i due paesi comunisti si
intreccia con altre questioni come la crisi coreana e il processo di
decolonizzazione che animano il contesto dell’Asia Orientale. I rapporti
che non sempre sono stati buoni si indirizzavano verso un decisivo
miglioramento, la dirigenza comunista è consapevole che nel contesto
internazionale non poteva muoversi da sola come aveva fatto all’interno.
Mao si reca a Mosca alla fine del 1949 per rafforzare l’alleanza con
l’Unione Sovietica. Il 14 febbraio 1950 viene firmata l’alleanza sino-
sovietica che prevede, il Trattato di amicizia, alleanza e mutua assistenza
prevede: - assistenza in caso di attacco da un altro paese (il riferimento è
al Giappone), aiuti finanziari da parte sovietica per circa 300 milioni di
dollari per la ricostruzione cinese, la rinuncia sovietica degli interessi
economici a Dairen, Port Arthur e nella regione dello Xinjiang. La Cina,
invece, rinuncia alla sovranità in Mongolia che diventa uno stato
indipendente. In Cina l’Unione sovietica invia consiglieri economici per
avviare lo sviluppo partendo dal settore dell’industria pesante. L’alleanza
dà i suoi frutti quando scoppia la crisi in Corea nel giugno del 1950. In
Occidente la crisi coreana alimenta un ampio dibattito che si focalizza su
chi l’ha provocata. L’attacco nordcoreano alla Corea del sud è agli occhi
del blocco occidentale istigato dalla Cina che ha lo scopo di allargare il
comunismo in Asia . Il dibattito si trascina in consiglio di sicurezza dell’onu
che in questo momento vede l’assenza del seggio sovietico rimasto vuoto
in segno di protesta per il mancato riconoscimento della delegazione della
Repubblica Popolare . Dalla riunione ne scaturisce una condanna come
aggressore alla Corea del Nord e l’autorizzazione all’intervento diretto. Le
truppe americane che si trovavano sul suolo nipponico si spostano nel
teatro di guerra coreano e l’avanzata nordcoreana inizia a incontrare
qualche difficoltà tant’è che le operazioni militari si spingono oltre il
confine al 38 parallelo e giungono in territorio della Corea del Nord fino al
confine cinese. La minaccia che le truppe potessero attraversare il confine
e nel contesto dell’alleanza sino-sovietica la Cina non può restare a
guardare la caduta del regime nord-coreano e venir meno al suo
sostegno. Nel novembre 1950 sono circa 700 mila i soldati cinesi guidato
da Peng Dehuai che combattono nell’offensiva nord-coreana. Stalin spinge
per l’intervento cinese. I successi di Peng che riesce a respingere
l’avanzata del nemico fino a oltre il 38 parallelo gli varranno la nomina a
Ministro della Difesa. Gli USA temono che la Cina approfitti della crisi
coreana per un intervento alla conquista di Taiwan , per evitare ciò
Truman decise di pattugliare lo stretto di Taiwan dislocando la settima
flotta americana nell’estate del 1950.L’offensiva però si ridimensiona e si
attesta al 38 parallelo dove il conflitto continua per oltre due anni. Nel
luglio 1953 viene firmato l’armistizio tra le due Coree che cristallizza le
posizioni lungo il 38 parallelo che divide i due stati ancora oggi .

Le conseguenze della Crisi

La decisione di dislocare la settima flotta americana per presidiare lo


stretto di Taiwan da una possibile invasione cinese dell’isola si colloca
nella strategia americana di accerchiare il regime comunista cinese contro
il pericolo di espansione del comunismo in Asia. Un’altra conseguenza
dell’intervento diretto cinese nella crisi coreana è la decisione adottare in
sede di consiglio di sicurezza Onu l’embargo economico nel febbraio del
1951 che però non ottiene grandi risultati sia perché molti paesi che
hanno interessi commerciali in Asia non lo applicano per salvaguardarli
come la Gran Bretagna che lascia aperto il traffico delle merci ad Hong
Kong. La percezione che gli Stati Uniti siano il principale nemico della Cina
si traduce in una serie di provvedimenti penali rivolti agli stranieri che
vivono in Cina. In Asia l’isolamento internazionale della Cina si sintetizza
nel cosiddetto “perimetro difensivo americano”, una serie di accordi su
iniziativa americana siglati con alcuni paesi asiatici e volti a impedire il
trionfo dei regimi comunisti: - accordo di mutua difesa con le Filippine
(agosto 1951), - accordo di mutua difesa con Nuova Zelanda e Australia
(settembre 1951), - firma del trattato di pace con il Giappone a San
Francisco (settembre 1951),- trattato di mutua difesa con la Corea del Sud,
Organizzazione della SEATO a Manila nel settembre 1954(contenimento
del comunismo in Asia Sudorientale, trattato di mutua difesa con
Taiwan( dicembre 1956).

Iniziativa diplomatica e coesistenza pacifica (1953-1956)

La Cina, dopo la fine della crisi coreana, svolge un’attività diplomatica


importante su alcune questioni internazionali. A capo della politica estera
cinese c’è Zhou Enlai , personalità dalle ottime capacità diplomatiche. La
collaborazione con i sovietici continua soprattutto nel campo economico
quando il primo piano quinquennale era stato già implementato. Tuttavia
la dirigenza comunista riesce a ritagliarsi uno spazio tutto proprio nelle
relazioni internazionali. La partecipazione della Cina nella Conferenza di
Ginevra ne è la prova quando nella crisi apertasi nell’Indocina francese
sostenne il leader vietnamita Ho Chi Minh. Dalla Conferenza di Ginevra del
1954 la Francia deve rinunciare all’influenza in quell’aerea. Il 1954 è
anche l’anno della firma dell’accordo tra India e Cina. Al centro dei
negoziati c’è la questione tibetana . Nell’accordo viene definita la dottrina
di politica estera della Cina, i cosiddetti cinque principi per la coesistenza
pacifica che prevedono: 1- rispetto per l’integrità territoriale 2– di non
aggressione 3- di non interferenza negli affari interni 4- relazioni
economiche fondate su parità e vantaggi reciproci(no trattati ineguali) 4-
coesistenza pacifica .
Altro importante appuntamento internazionale nel quale la presenza della
Cina è rilevante è la Conferenza di Bandung del 1955.

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