Sei sulla pagina 1di 1

La prima raccolta, intitolata Myricae viene pubblicata nel 1891 e contiene testi di breve estensione che

traggono ispirazione dalla vita campestre, cogliendo immagini colori, suoni e movimenti con gusto
fortemente impressionistico. In linea con la sua poetica del fanciullino secondo cui la conoscenza della
realtà avviene in modo irrazionale e intuitivo, il poeta fissa l'attenzione su alcuni particolari della natura e
delle occupazioni umane, non tanto per fornire una descrizione realistica e oggettiva, quanto piuttosto per
alludere simbolicamente a una realtà ignota e inafferrabile, carica di sensi misteriosi e suggestivi.
All'esaltazione della natura come entità positiva e rassicurante, si affiancano altri temi fondamentali: la
morte e il culto dei cari defunti, il nido familiare come luogo degli affetti, la dolcezza dei ricordi di infanzia,
la presenza del male nella società e nella storia. Il carattere sperimentale della raccolta si manifesta
soprattutto attraverso le scelte formali. Il linguaggio procede per arditi accostamenti analogici, un
insistente uso delle onomatopee e frequenti effetti sonori che si caricano di un profondo valore simbolico.
E gli schemi metrici sono vari e introducono soluzioni innovative come l'uso del novenario, che ben si presta
alla sintassi frantumata e alla concisione della lirica pascoliana. Nel 1897 Pascoli pubblica una nuova
raccolta intitolata Poemetti, nella quale abbandona i versi brevi e adotta prevalentemente le terzine di
endecasillabi di tipo dantesco organizzato in strofe di lunghezza diversa. I componimenti sono caratterizzati
da una maggiore estensione rispetto a quelli raccolti in Myricae, da un tono più solenne e da un taglio
narrativo descrittivo. Questo innalzamento dello stile si manifesta anche attraverso un linguaggio aulico,
ricercato e prezioso sul modello della poesia classica greca e latina. La maggior parte di queste liriche
racconta la vita quotidiana di una famiglia contadina della Garfagnana e descrive con grande attenzione
tutte le attività agricole che si succedono nel corso dell'anno in base al ritmo regolare delle stagioni. La
rappresentazione pascoliana del mondo rurale appare quindi idealizzata ed idilliaca, perché il poeta,
tralascia gli aspetti più crudi della realtà popolare, come la miseria, l’ingiustizia e i violenti conflitti sociali. Il
suo intento è infatti dono di celebrare la civiltà contadina come depositaria dei valori tradizionali e
autentici, in contrapposizione alla negatività della realtà contemporanea e appassionato del progresso.
Nelle opere si riconoscono poi alcuni componimenti dai corti risvolti simbolici che affrontano temi più ai
torbidi vicini alla sensibilità decadente, il mistero della vita e la paura della morte, la presenza del male e
del dolore, l'angoscia di fronte all'infinità dell'universo. Con la raccolta intitolata Canti di Castelvecchio,
pubblicata per la prima volta nel 1903, Pascoli ritorna in parte ai temi e alle soluzioni formali di Myricae. In
questi componimenti di breve estensione e di intonazione lirica sono infatti descritte scene della vita di
campagna e ricorre con frequenza ossessiva il motivo della tragedia familiare dei defunti. In questa raccolta
Pascoli fa ricorso a schemi metrici più complessi e raffinati rispetto a quelli adottati in Myricae e compaiono
temi più inquietanti e amorosi, come il rapporto con l'eros, il senso del mistero che permea l'universo e la
percezione della morte incombente. Sotto l'aspetto stilistico, Pascoli mostra una perfetta padronanza dei
procedimenti analogici e del fonosimbolismo, mentre dal punto di vista linguistico la raccolta si
contraddistingue principalmente per l'uso frequente di termini tecnici gergali e dialettali. Nel 1904 Pascoli
pubblica una nuova raccolta intitolata Poemi Conviviali, costituita da raffinatissimi componimenti in
endecasillabi che descrivono fatti e personaggi appartenenti alla mitologia e alla storia antica. Questi versi
di impostazione classicista mostrano una forte influenza dell'estetismo decadente italiano e si distinguono
soprattutto per la straordinaria capacità del poeta di mescolare preziosi riferimenti eruditi con una
approfondita meditazione sui tormenti della sensibilità moderna. Nelle ultime raccolte pubblicate tra il
1906 e il 1913, intitolate Odi e inni, canzoni di re Enzio, Poemi Italici, Poemi del Risorgimento Pascoli
rinuncia al ruolo di poeta veggente e assume le vesti del poeta vate proponendosi come celebratore delle
glorie nazionali e delle virtù civili. Gli argomenti sono tratti dall'attualità oppure dalla storia medievale e
rinascimentale e risorgimentale e le scelte formali appaiono spesso troppo artificiose e non adeguate ai
temi trattati.

Potrebbero piacerti anche