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Nel libro “Pedagogia generale.

Insegnamento, scienza, disciplina” di Sandra Chistolini, si


parla della relazione docente-allievo nella sezione 3 del capitolo 4 “Ontologia dell’insegnante
ed epistemologia della professione”. Chistolini ragiona prima sulla relazione a priori tra
docente ed allievo che esiste come dato di fatto, pur evidenziando che i suoi caratteri
mutano in base ai valori fondamentali e alla cultura della propria comunità umana e sociale e
dal livello raggiunto dalla ricerca scientifica. Quindi questa relazione è anche storicamente
determinata perché ogni comunità seleziona le azioni e comportamenti che ritiene educativi.
Dopodiché, citando Corradini, afferma che la ricerca scientifica si concentra sull’a posteriori
che si ritrova nella scuola. La distanza tra a posteriori ed a priori è l’oggetto di studio della
pedagogia che ci consente di analizzare la distanza tra prassi e l’elemento teleologico
dell’azione educativa.
Per integrare Gramsci nel suo scritto, mi concentrerò sull’a posteriori, sulla relazione tra
docente ed allievo per cercare di definire il posto della pedagogia nel pensiero del comunista
italiano.
Antonio Gramsci è uno dei più significativi pensatori politici contemporanei. I suoi contributi
sono inevitabili per pensare al peculiare intreccio tra teoria politica e sociale e storia del XX
secolo. Ma cosa ha da dirci Gramsci sul mondo di oggi? Perché (ri)leggere Gramsci oggi?
Innanzitutto perché è un autore classico, ma cos'è un autore classico? Cosa rende il suo
lavoro diverso da altri di ottima qualità? Un approccio a una definizione di classico è dato dal
politologo italiano Norberto Bobbio, che ha definito un autore classico per le seguenti
caratteristiche: a) è un interprete autentico e unico del suo tempo, per la cui comprensione
vengono utilizzate le sue opere; b) è sempre attuale e ogni generazione lo rilegge; c) ha
costruito teorie modelli o concetti chiave che sono attualmente utilizzati per comprendere la
realtà. È in questo senso che diciamo che Gramsci è un autore classico, come uno che si
occupa dei problemi perenni della società e, quindi, vale la pena (ri)leggere.
Perché gli insegnanti dovrebbero (ri) leggere Gramsci oggi? Si sa che in Gramsci non c'è,
come in Freire, ad esempio, una teoria pedagogica, ma c'è un discorso politico
sull'educazione che ha contribuito molto alla pedagogia critica. In effetti, una delle
preoccupazioni fondamentali di questo autore è la relazione tra conoscenza e potere. Tra le
altre cose, ciò implica discutere chi definisce cosa sia la conoscenza o la conoscenza, cosa
non sia e in quale contesto vengono date queste definizioni. Investigare la relazione
conoscenza - potere ci porta, inoltre, a interrogarci sulla questione educativa e sulla
questione pedagogica. Il rapporto educativo è sempre un rapporto politico, in ogni rapporto
sociale ci sono rapporti di potere, dominanti e dominati, come asimmetrie tra i docenti che
possiedono il “sapere” e gli studenti. Allo stesso tempo, ogni rapporto politico è un rapporto
pedagogico: lo Stato come educatore, attraverso le sue politiche, ad esempio, nei piani di
studio, taglia (atto politico) ciò che è “dovrebbe” e “non dovrebbe essere” insegnato. La
proposta di Gramsci è quella di mettere in discussione la determinazione storica della
conoscenza e il senso oppressivo dell'educazione per pensare, invece, a un'educazione
impegnata ma non indottrinante che cerchi di denaturalizzare, defeticizzare e demistificare la
conoscenza.

Gramsci, invece, ci invita a riflettere sul ruolo degli insegnanti e sul ruolo degli studenti. Gli
studenti non sono tabula rasa, pronti a recepire acriticamente i di contenuti trasmessi dagli
insegnanti. Al contrario, c'è sempre una mediazione, una particolare interpretazione da parte
degli studenti, per la quale il rapporto insegnante-studente non è un rapporto così semplice
come viene solitamente proposto. Gramsci va oltre, affermando che c'è una molteplicità di
conoscenze, che non è sempre ciò che definisce la visione egemonica dell'educazione. In
modo simile alla proposta di Freire - che ha affermato che "l'insegnamento richiede rispetto
per la conoscenza dei discenti" - Gramsci riconosce la legittimità e l'importanza della
conoscenza popolare e alcuni aspetti del senso comune che sono solitamente negati dalla
concezione egemonica dell'educazione, che considera il processo di apprendimento come
un processo di mentoring. Nella concezione di Gramsci, il posto dello studente e la relazione
insegnante-studente cambia drasticamente; Questo è spesso illustrato con forza dal famoso
adagio dell'autore che "tutti gli uomini sono filosofi" e c'è una "relazione attiva tra insegnante
e studente, in cui ogni insegnante è sempre uno studente e ogni studente un insegnante".
Come per ogni frase famosa, a questa proposizione sono stati attribuiti molteplici significati;
Uno dei più comuni è considerare un'uguaglianza radicale tra insegnante e studente, che
offusca l'idea dell'insegnante al punto che diventa superfluo nel processo di apprendimento,
presupponendo l'apprendimento spontaneo dello studente. Nei termini di Freire, è una
concezione "di base", dove la vera educazione sarebbe quella in cui l'individuo incorpora la
conoscenza in modo naturale, senza alcuna istruzione; è l'idea dell'autodidatta dell'Emilio di
Rousseau. Gramsci propone una prospettiva sintetizzante di questa concezione
"spontaneista" e della concezione egemonica, in quella che chiama dialettica tra spontaneità
e direzione cosciente. Questo autore fa una proposta simile per la costruzione del partito
politico, dove la direzione del partito deve incanalare le manifestazioni spontanee del popolo
in una direzione specifica. L'orientamento della volontà politica, secondo Gramsci, è definito
dalla risposta alla seguente domanda: "Vuoi che i governati ei governanti esistano sempre o,
al contrario, vuoi creare le condizioni in cui scompaia la necessità che esista una tale
divisione?" Come si vede, il rapporto tra la proposta per l'educazione e per la politica non è
casuale, poiché, come dicevamo prima, le idee di Gramsci per l'educazione, per il docente,
sono simili per la politica, per il politico, poiché l'autore considerava la politica un compito
pedagogico e la pedagogia compito politico.

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