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DOMANDE CALLEGARI

2 PARADIGMI

Le profonde trasformazioni avvenute nel corso del 900 hanno fatto assumere alla pedagogia
un’identità sempre più scientifica, epistemologica e metodologica. La struttura interna della
disciplina non è più narrativa ma interpretativa-storica e fa uso di paradigmi di ricerca.

Il paradigma della contestualizzazione: la dimensione storica degli eventi unita ad una specifica-
approfondita cultura pedagogica sono elementi fondamentali nella ricerca. Lo storico
(comparatista-etnografo) deve spiegare la realtà passata-presente connettendola al presente-
futuro, ricostruendola da molti punti di vista (pratiche educative formali, non formali, informali) e
ponendola sempre in relazione con la teoria.

Il paradigma metodologico: è fondamentale attuare una approfondita e completa ricognizione


documentale di natura interdisciplinare allo scopo di far emergere anche fonti inusuali (grande
rilevanza hanno assunto oggi le fonti digitali). Il ricercatore deve essere consapevole che non
esiste una descrizione neutrale e oggettiva delle cose, ma è necessaria un'onesta interpretazione
dei documenti alla luce dei fatti politici-economici-culturali insiti in un determinato momento storico.
L’accesso alle fonti non è sempre un’operazione semplice: non solo esse spesso non sono
reperibili negli archivi ufficiali ma, il ricercatore avrà anche la difficoltà di muoversi all’interno di una
realtà che però culturalmente non gli appartiene.

TRANSFER

Oggi uno dei grandi problemi dell’educazione comparata, è quello di ridefinire il rapporto tra teoria
e pratica. Cowen è colui a cui si deve la distinzione tra educazione comparata applicata (studi
orientati alla politica e all’intervento) ed educazione comparata accademica. Quest’ultima si fonda
su 3 attività fondamentali: transfer, translation e trasformation.

Cowen intende sottolineare come le idee e le pratiche educative, muovendosi nello spazio sovra-
inter-trans nazionale vadano incontro a mutamenti.

Con il tema del transfer facciamo riferimento all’idea di base della comparazione educativa ovvero
secondo cui il ricercatore studia e analizza pratiche educative estere allo scopo di individuarne i
tratti più efficienti al fine di poterli imitare nel proprio paese.

La traduzione (translation) indica il processo di trasformazione che subisce l’elemento trasferito nel
momento in cui viene trasportato da una realtà ad un’altra.

Infine, il processo di trasformazione fa riferimento alla serie di cambiamenti che l’influenza del
contesto socio-politico-economico esercita nella traduzione originaria.

Al contrario di ciò che affermava Jullien nella sua opera “Esquisse” del 1817, Cowen sostiene che
non è possibile osservare e studiare pratiche educative presenti in altri paesi e semplicemente
traslarle-copiarle tali e quali nel proprio; è necessaria un’operazione di metamorfosi-adattamento
che tenga conto delle caratteristiche identitarie dei vari contesti. Forse, come suggerisce Kandel,
risulterebbe più interessante comprendere il perché (in una nazione o società) si sono sviluppate
determinate pratiche, quali sono i fattori che le hanno favorite. In questo caso Jullien nella sua
analisi non tiene conto degli aspetti socio-economici, politici e culturali che rappresentano il terreno
su cui invece si basano e si evolvono i sistemi educativi che invece per Cowen risultano
fondamentali.
FINALITA’ DEI DIVERSI PERIODI

Il comparare applicato a temi-problemi dell'educazione viene legittimamente definito comparazione


educativa: questioni che si riferiscono all'educazione, tra le diverse modalità con cui possono
essere affrontate, individuano anche quella comparativa.

Secondo Giuseppe Flores D’Arcais, il fine della pedagogia comparata è quello di individuare e
analizzare specifici problemi e, attraverso un corretto procedimento metodologico, saper cogliere
analogie, corrispondenze, differenze.

L’autore Cambi afferma che gli studi comparativi devono avere come finalità la conoscenza critica
del sapere pedagogico, realizzata attraverso la comparazione di teorie, strutture educative e
metodi.

La comparazione educativa assume un carattere pedagogico-scientifico tra la fine del 700 e l’inizio
dell’800.

Nascita dell’educazione comparata come scienza: Jullien De Paris nel 1817 scrive “Esquisse” che
per molti comparativisti rappresenta il testo che segna la nascita della disciplina. Dopo aver
indagato istituzioni e metodi educativi operanti nei diversi paesi tenta di prendere in prestito gli
aspetti le soluzioni evidenziatesi più efficaci e funzionali in modo da poter trasferire nel proprio.

Sadler nel 1859 fa un passo in avanti: riconosce l’impossibilità di comprendere i sistemi educativi
se sradicati dal contesto originale e di trasferirli meccanicamente da un paese ad un altro.

Dagli anni 30 agli anni 50 emerge la necessità di un’analisi interpretativa: Kandel, Hans e
Schneider propongono l’approccio storico come procedimento metodologico per gli studi
comparati.

Hilker afferma che, se la comparazione educativa vuole costituirsi come una scienza deve servirsi
del contributo di altre discipline scientifiche; elabora quindi 4 fasi + 1 che descrivono i quattro
momenti che dovrebbero essere presenti in una trattazione comparata completa.

Anche Noah ed Eckstein intendono basare l'indagine comparativa su metodo scientifico che
definiscono in quattro fasi.

Bereday e Hilker a metà del 900 hanno codificato quello che è diventato il metodo classico della
pedagogia comparata (ancora oggi riconosciuto) che si sviluppa di quattro fasi: descrizione,
interpretazione, giustapposizione e comparazione vera e propria.

Dagli anni 50 in poi, il prevalere della tradizione storica lascia spazio alla prospettiva sociologica.
Questa cerca di costruire la sua teoria sulla base dei dati raccolti attraverso procedure standard ed
elaborazioni statistiche, attraverso una visione funzionale di qualsiasi fenomeno sociale.

Kazamias critica il funzionalismo comparativo e introduce approccio antropologico. Questo metodo


permette di comprendere i dati qualitativi di una data situazione evitando che le ricerche siano solo
descrittive.

Dagli anni 60 cominciano a svilupparsi le ricerche multilocali: significativi gli studi condotti da Lacey
e Lambart.

Per anni l’educazione comparata ha affrontato grande dicotomie: ricerca quantitativa o qualitativa?
Finalità miglioristica o conoscitiva?
Dagli anni 80 in poi i comparativisti cominciano ad interessarsi anche all’educazione non formale e
informale.

Nel 1995 Bray e Thomas propongono uno schema chiamato il cubo.

Infine, importante citare il tema della globalizzazione: essa costituisce uno dei temi della
comparazione educativa di oggi (non certamente l'unico) e, a discapito di ciò che è stato
provocatoriamente detto, non ne segna la fine.

GLOBALIZZAZIONE ED EDUCAZIONE COMPARATA

La globalizzazione è un fenomeno complesso ed articolato. Zolo lo definisce un “processo di


estensione globale delle relazioni sociali tra gli esseri umani tali da coprire lo spazio territoriale e
demografico dell'intero pianeta”.

La globalizzazione costituisce uno dei temi della comparazione educativa di oggi (non certamente
l'unico) in quanto è importante intendere il fenomeno non solo in un’ottica economica ma anche
politica, culturale, educativa, ecc.

A discapito di ciò che è stato provocatoriamente detto, il fenomeno della globalizzazione non
segna la fine della disciplina comparativa: esso infatti non produce solo omologazione ma anche
differenza.

L’educazione comparata ha sempre tenuto conto della rete di influenze esistenti a livello mondiale:
i sistemi formativi non sono certamente spiegabili solo mediante il loro contesto nazionale.

Se ciò è vero, nonostante l'influenza omogeneizzante della globalizzazione è necessario riflettere


da una parte sulle specificità-differenza dei contesti-istituzioni-luoghi-soggetti, mentre dall’altra sui
processi di rielaborazione delle “lezioni che si apprendono altrove”.

La globalizzazione non è un processo né positivo né negativo, né buono né cattivo: rappresenta


opportunità e rischi, si tratta di vedere come essa viene gestita.

È importante fare una distinzione fra una globalizzazione finalizzata a costruire e una
globalizzazione tesa a sfruttare. Uno stesso processo può realizzarsi con obiettivi radicalmente
diversi: è importante quindi non tanto e non solo fare attenzione alle dinamiche quanto invece
preoccuparsi anche delle regioni-scopi che le determinano.

La globalizzazione che interessa la pedagogia è quella della globalizzazione solidale cioè un


approccio che assuma come prioritario il rispetto di sé e dell'altro e non subordini questo principio
a nessun'altra ragione-scopo-interesse individuale-collettivo.

Il termine cittadinanza è un concetto complesso e multidimensionale, con significati nuovi rispetto


al passato. Non significa più solo appartenenza ad uno stato-nazione, ma comprende ragioni
sempre più dichiaratamente culturali e etiche. La scuola deve educare i ragazzi ad un'idea di
cittadinanze multiple ovvero deve trasmettere la capacità di integrare-connettere a sé stessi
molteplici identità (spaziale, politica, culturale, religiosa, individuale, ecc). Integrare la diversità e
valorizzare la diversità sono azioni complementari non in opposizione!

Un altro spunto sulla globalizzazione è suggerito dall’autore Rogotà: il fenomeno della


globalizzazione favorisce il superamento della tendenza egocentrica cioè limitare l’attenzione alla
propria identità a favore di una comprensione degli altri basata sul rispetto per la diversità.
L’educazione aiuta l’uomo a diventare gradualmente cittadino del mondo senza però perdere le
sue radici.

COMPARAZIONE EDUCATIVA E ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

L’organizzazione delle nazioni unite (ONU) nasce nel 1945 ed è un'organizzazione


intergovernativa a carattere internazionale. Tra i suoi obiettivi principali vi sono il mantenimento
della pace e della sicurezza mondiale, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, il
perseguimento di una cooperazione internazionale e di favorire l'armonizzare delle varie azioni
compiute dai suoi membri.

L’UNESCO (united nations education science and cultures organization) è nato nel 1945; siamo di
fronte al più attivo laboratorio di filosofia generale dell’educazione, di proposta e di politiche
sull’educazione, di cooperazione culturale-educativa internazionale e di Educazione comparata. È
dunque un osservatorio sui bisogni educativi reali di tutte le regioni-popoli.

Il consiglio d’europa nasce nel 1949 con il trattato di Londra. È estraneo all’UE perciò non va
confuso con l’organo di quest’ultima ovvero il Consiglio Europeo. A differenza dell’UE,
l’organizzazione elabora e propone alla libera adesione dei Paesi membri un gran numero di
convenzioni che però, una volta sottoscritte e ratificate, diventano vincolanti. Organizza conferenze
con i ministri responsabili di diversi settori (giustizia-sport-cultura-istruzione-media) per un
confronto-dibattito finalizzato alla ricerca di soluzioni comuni. Una delle priorità dell’istituzione
riguarda un sistema internazionale di affermazione-salvaguardia dei diritti dell'uomo che vincola gli
stati partecipanti e tutela gli individui.

L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico) sostituisce l’OECE nel


1961. Da allora la sua missione è quella di aiutare i governi a realizzare una crescita duratura
dell’economia, mantenere la stabilità finanziaria e favorire così lo sviluppo economico mondiale.
L’organizzazione prende anche atto dell’importanza del ruolo dell’educazione (pur nell’ambito di
una visione sostanzialmente pragmatica).

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