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TETANO
È una malattia infettiva causata da un microrganismo detto Clostridium tetani,
che però non è contagiosa, in quanto il responsabile non è il patogeno di per sé
ma la tossina che produce che consiste in una neurotossina. Clostridium tetani
è un batterio anaerobio sporigeno le cui spore sono apicali tanto che si formano
le cosiddette “bacchette di tamburo”.
Come si contrae il tetano? Essendo un batterio sporigeno, le spore sono presenti in tanti tipi di
ambienti, anche se, essendo anaerobio, riesce a dare origine alla sua forma attiva solo quando si
trova in condizioni idonee, cioè prive di ossigeno. Per contrarre il tetano vi è bisogno di una ferita al
cui interno penetrino delle spore di tetano -> la contaminazione può avvenire dalla terra, dalla
ruggine, dalle feci (Clostridium tetani è un normale abitante dell’apparato gastroenterico e quindi
può essere presente in grandi quantità). Le spore sopravvivono anche per anni nell’ambiente
esterno e possono entrare per via traumatica, per via chirurgica (esempio la castrazione senza le
giuste misure igieniche) oppure nel neonato la ferita ombelicale.
Una volta che il tessuto della ferita diventa necrotico, diventa anaerobio e quindi un ambiente
perfetto per la germinazione delle spore nelle forme vegetative in grado di produrre la tossina ->
tetanospasmina è la neurotossina prodotta che interferisce a livello delle giunzioni neuromuscolari
e rilascia neurotrasmettitori bloccando l’attività dei neuroni inibitori e iperattivando i neuroni
motori. La conseguenza è la paralisi spastica -> i muscoli si bloccano e non possono più rilasciarsi. Il
problema consiste nel fatto che il tetano può risalire dalla ferita nell’organismo fino ad arrivare ai
muscoli respiratori ed il soggetto muore perché impossibilitato nella respirazione.
Il tetano è diverso negli animali poiché ogni soggetto ha una sensibilità diversa a questo patogeno.
In cane e gatti il tetano si presenta in forma ascendente -> la tossina dal punto d’entrata viaggia
lungo i nervi periferici (come un arto) e di solito sono manifestazioni limitate ai muscoli dell’area
colpita, per poi propagarsi lentamente all’arto opposto e poi risalita. Negli animali più sensibili come
uomo e cavallo il tetano si presenta nella forma discendente -> tetanospasmina
arriva nel torrente circolatorio diffondendosi velocemente a tutti i tessuti
dell’organismo raggiungendo i motoneuroni centrali a livello di testa, collo e arti e si
hanno dei sintomi caratteristici come il trisma (impossibilità di aprire la bocca per la
muscolatura mandibolare/mascellare). Nel cavallo oltre al trisma mandibolare è
caratteristica la posizione “a cavalletto” -> i cavalli per rimanere in piedi divaricano
le zampe e si mettono in una posizione che ricordano il tavolo. La paralisi spastica di
un solo arto viene detta tetano focale -> è limitata in una sola regione.
RABBIA
La rabbia è una malattia zoonosica, cioè trasmissibile dagli
animali all’uomo, di esisto sempre fatale e presente in tutto
il mondo. Ancora oggi è un problema notevole di sanità
pubblica tanto che si contano circa 55.000 morti umani per
rabbia ogni anno nel mondo e circa un morto ogni nove
minuti. Il paese dell’anno 2021/2022 con più casi di rabbia è
l’Ucraina per la numerosissima presenza di animali selvatici
che possono infettare anche gli animali domestici.
Nonostante l’Italia sia indenne da rabbia dal 2013, notiamo
nell’immagine un segno di presenza della malattia -> nel 2020
c’è stato un caso particolare ad Arezzo di un gatto che aveva
iniziato a manifestare sintomi neurologici ed era iniziato a
diventare aggressivo verso i padroni. Il veterinario che l’ha
visitato ha deciso di ricoverare il gatto in clinica, il quale è
morto durante la notte. Il veterinario ha deciso così di inviare
il corpo da analizzare all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale
delle Venezie, che si tratta del centro italiano di riferimento
per la rabbia -> nel gatto è stato isolato il West Caucasian Bat Lyssavirus che è un virus dei pipistrelli
che è un virus della rabbia che non era mai stato isolato per 25 anni -> un pipistrello dell’est Europa
è arrivato in Italia ed ha infettato il gatto che lo ha predato. Nonostante ciò, l’Italia non ha perso
l’indennità però è stato segnalato il caso nella mappa di tracciamento ufficiale della malattia.
La rabbia è una malattia che viene contratta nella maggioranza dei casi per un morso di cane
rabido, il quale è il maggiore responsabile della trasmissione soprattutto in Asia, Africa e Sud
America. Da ricordare comunque che la trasmissione può avvenire anche attraverso morso e
graffio di gatti rabidi -> il virus della rabbia si concentra nella saliva che può passare alle unghie
perché magari il gatto ha leccato la zampa. Gli animali selvatici come la volpe in Europa sono il
principale serbatoio mentre invece in America si tratta dei pipistrelli.
Come si previene la rabbia? Nell’uomo e negli animali esiste la vaccinazione anti-rabbica ->
nell’uomo viene fatta per le categorie esposte mentre negli animali in Italia viene fatta se devono
uscire dal territorio italiano e quindi per la mobilitazione internazionale (vaccinazione segnata sul
passaporto animale). Solo per l’uomo è possibile la PEP (profilassi post-esposizione) -> un uomo
quando viene morsicato dal cane rabido e a seconda della gravità della lesione si può fare o solo
vaccinazione o vaccinazione + PEP. La fortuna è che il virus della rabbia per arrivare all’organo
bersaglio (cervello) e saliva, risale lentamente lungo i nervi -> una persona che viene morsicata al
piede ora che il virus arriva a livello encefalico impiegherà diverso tempo, che può essere usato per
intervenire post-esposizione.
Di seguito la tabella del VHO che ci dice, in base alla tipologia della lesione, cosa si può fare per
allontanare le particelle virali -> se la categoria di rischio è la II è consigliato fare la vaccinazione,
mentre se la categoria di rischio è la III è consigliato ricorrere anche alla profilassi con le
immunoglobuline che viene fatta nel sito della lesione per evitare che da li il virus si propaghi nel
resto dell’organismo.
PLACENTA
La placenta è un organo deciduo (temporaneo) che si forma
nell’utero in gravidanza e ha una parte comune con la madre e
una parte comune con il feto ed entrambe le parti sono formate
da tre strati -> epitelio, connettivo, endotelio.
La placenta si può classificare in modi diversi in base a:
distribuzione dei villi, erosione mucosa al momento del parto,
istologia (classificazione che ci interessa per l’immunologia). Dal
punto di vista istologico distinguiamo diverse placente, in base
quindi agli strati più o meno conservati della placenta:
- Placenta epiteliocoriale = sono presenti tutti e sei gli strati materni e fetali.
- Placenta sindesmocoriale = sono presenti cinque strati.
- Placenta endoteliocoriale = sono presenti quattro strati.
- Placenta emocoriale = sono presenti tre stati
Dalla quantità di strati persistenti possiamo quindi dire che le placente epiteliocoriale e
sindesmocoriale formano una vera e propria barriera fra madre e feto, la placenta endoteliocoriale
inizia ad essere già più permeabile fino ad esserlo totalmente nella emocoriale. Se si parla infatti del
trasferimento di anticorpi ed in particolare di
IgG che sono gli unici a poter attraversare la
placenta quando è consentito, vediamo che
con le epiteliocoriale e sindesmocoriale non
passa niente, le placente endoteliocoriale
iniziano ad avere un’assunzione di IgG (10-
12%) che deve essere completata dal colostro,
mentre nelle placente emocoriale passano
fino all’80% delle IgG e la parte mancante
viene assunta col colostro. Dal secondo
schema vediamo che:
- Placenta epiteliocoriale -> cavalli e suini
- Placenta sindesmocoriale -> ruminanti
- Placenta endoteliocoriale -> carnivori
- Placenta emocoriale -> uomo, conigli e
roditori.
È chiaro che i neonati delle prime due
categorie dipenderanno dell’assunzione del
colostro per ricevere gli anticorpi.
COLOSTRO
È per definizione il prodotto di secrezione della ghiandola mammaria delle femmine dei Mammiferi,
si forma a partire dall’ultimo periodo della gravidanza e precede la secrezione lattea. È un liquido
denso, giallastro, viscoso e debolmente alcalino e rispetto al latte è più ricco di albumine, di enzimi
e di sali minerali, mentre è quasi privo di caseina e di grassi. Il colostro ha una debole azione
lassativa, per cui si ritiene che nel neonato favorisca l’eliminazione del meconio (sono le prime feci
ed è rappresentato dal liquido amniotico che è rimasto nell’animale dalla nascita), accumulatosi
nell’intestino nel corso della vita fetale. Contiene molte immunoglobuline, che forniscono una
valida immunizzazione passiva al neonato.
LATTE
È il prodotto di secrezione della ghiandola mammaria delle femmine dei Mammiferi, destinato a
servire da alimento alla loro prole nel primo periodo di vita. È una miscela complessa, contenente
lipidi (trigliceridi, colesterolo), proteine (caseina, lattoalbumina, lattoglobulina, immunoglobuline),
Sali minerali (fosfati di calcio di magnesio), carboidrati (lattosio), sostanze azotate non proteiche,
vitamine (A, B1, B2, C), enzimi (lisozima, lattoperossidasi) e proteine (lattoferrina). Il latte ha un
colore bianco opalescente, un odore leggermente aromatico e un sapore leggermente dolce.
A seconda della tipologia della gravidanza ci sarà una diversa concentrazione e tipologia di anticorpi:
- Placenta emocoriale = durante la gravidanza passano tante IgG, il che vuol dire che la classe
predominante nel colostro saranno le IgA (le IgG ci sono ma in poca quantità), così come nel
latte (eccezioni*).
- Placenta endoteliocoriale = i carnivori hanno avuto un trasferimento minimo di IgG, quindi,
vuol dire che nel colostro ci sarà soprattutto un trasferimento di IgG e inizierà il
trasferimento di IgA. Nel latte, infine, ci sarà soprattutto IgA (con delle eccezioni*).
- Placenta epiteliocoriale = durante la gravidanza non passa nulla, nel colostro le dominanti
saranno le IgG e nel latte le IgA.
- Placenta sindesmocoriale = durante la gravidanza non passa nulla e i ruminanti hanno la
particolarità di avere in prevalenza sia nel latte sia nel colostro le IgG.
*eccezioni -> nel coniglio durante la gravidanza è segnalato un trasferimento di IgM attraverso la
splancnopleura del sacco vitellino. Inoltre, nel gatto rispetto al cane ci sono molte più IgG e per
questo si è chiesto se l’assorbimento di quest’ultime andasse più avanti rispetto al cane, anche se
sembra di no, sono anticorpi che il gatto non riesce ad utilizzare come difesa.
IgG
Le IgG colostrali devono essere assorbite perché devono garantire un’immunità sistemica e infatti
vengono assorbite subito dopo il parto le cellule dell’intestino sono molto permeabili e lasciano
passare macromolecole come gli anticorpi -> raggiungono un picco entro le 12 ore post-partum. Le
cellule intestinali cominciano a differenziarsi in enterociti per poi diventare impermeabili e non
lasciar penetrare più le IgG. La durata dell’assorbimento può variare dai 2-3 giorni a 5-7 giorni fino
allo svezzamento -> nel cane e nel gatto dura un giorno solo.
IgA
Non devono essere assorbite, garantiscono nell’immunità locale e anche se arrivano nel colostro
(uomo) rimangono a livello locale. Sono gli anticorpi in tutte le altre specie presenti nel latte appunto
perché non devono essere assorbite.
Nel colostro oltre gli anticorpi sono presenti inibitori della tripsina, cioè l’enzima digestivo dei
neonati (gli anticorpi così possono attraversare lo stomaco ed arrivare a livello intestinale), ci sono
fattori antimicrobici (lisozima, lattoferrina e lattoperossidasi), cellule leucocitarie, proteine
(caseina, albumina), minerali, carboidrati e lipidi. Prima dell’assunzione del colostro la quantità di
anticorpi in un cucciolo è estremamente bassa (1,2 mg/ml) mentre dopo l’assunzione la quantità
diventa quasi venti volte (23 mg/ml).
Cosa succede agli anticorpi dopo l’assunzione
del colostro? Nell’esempio seguente è stato
preso in esame il puledro (uno degli animali più
sfortunati poiché non riceve nessun anticorpo
durante la gravidanza e deve ricevere tutto
dopo il parto attraverso il colostro) -> dopo la
nascita a livello intestinale le cellule sono
ancora indifferenziate e permettono il
passaggio di molecole molto grandi (come gli
anticorpi) che entrano nella circolazione
linfatica ed ematica e forniscono l’immunità
sistemica nel giro delle successive 24 ore al
parto. Molecole grandi possono essere anche
eliminate nelle urine -> non è raro nel neonato
trovare proteinuria (cioè presenza di proteine
delle urine) poiché anche a livello di glomeruli
renali si è in uno stato di transizione (dopo una
giornata tutto torna alla normalità).
MDA e vaccinazioni
Gli MDA sono degli anticorpi fondamentali per la sopravvivenza del neonato, ma rappresentano
anche un’arma a doppio taglio in quanto interferiscono con le vaccinazioni per diverse motivazioni:
- Finché ci sono anticorpi con una certa specificità, per esempio la madre passa anticorpi al
cucciolo contro una determinata malattia, il SI cucciolo non riprodurrà altri anticorpi per
quella malattia con la stessa specificità perché gli anticorpi materni svolgono un ruolo di
feedback negativo (non è necessario produrre altri anticorpi poiché sono già presenti) ->
non si attiverà quindi la risposta nel neonato.
- Se il vaccino che viene fatto precocemente ad un neonato con l’idea di proteggerlo
precocemente funziona bene (ed è un vaccino che funziona bene facendo credere al SI di
trovarsi davanti al patogeno), questo vaccino verrà riconosciuto dagli anticorpi materni
come qualcosa da combattere e gli Ab materni neutralizzeranno l’antigene vaccinale e si
consumeranno in una lotta inutile verso qualcosa di buono -> la conseguenza è la perdita
della copertura.
Quanti anticorpi materni passano? Sapere quanti ne passano e quindi quanti sono e quando
finiscono è un procedimento complicato in quanto l’immunologia non è matematica per cui si sa
solo che la previsione dipende da:
- Quanti anticorpi specifici ha la madre e quanti di essi finiscono nel colostro -> di conseguenza
quanto colostro assume il neonato e quanti quest’ultimo ne assorbe a livello individuale. Le
cucciolate numerose sono un esempio di specificità dell’animale (cucciolo più affamato ha
accesso a più colostro rispetto a quello più debole).
- Emivita degli anticorpi nella prole -> il
tempo di dimezzamento degli anticorpi è
diversa a seconda del patogeno (anticorpi
della parvovirosi durano di più, danno una
protezione più lunga ma interferiscono
per più tempo con la vaccinazione).
Generalmente se non ci sono situazioni di
emergenza, con il passare delle settimane,
l’immunità trasferita passivamente inizia a calare
ed il neonato comincerà a produrre anticorpi
verso gli stimoli che incontrerà -> bilanciamento
tra immunità passiva e attiva.
Per valutare le concentrazioni sieriche degli anticorpi trasferiti è necessario attendere 18-24 ore
dopo il parto, momento in cui l’assorbimento anticorpale è per la gran parte completato. A tale
scopo sono disponibili diversi kit per testare il puledro -> ELISA snap apposito alla misurazione delle
IgG del puledro (noi lo snap lo avevamo usato per diagnostica).
I neonati in generale hanno una risposta immunitaria inferiore rispetto a quella di un animale
adulto non perché manchino delle componenti, ma poiché le componenti come cellule e molecole
non sono mature (tutte in stadio naif) ed in concentrazioni subottimali:
- APC (macrofagi, cellule dendritiche e anche linfociti B) e i linfociti T compiono una minore
espressione dei ligandi e hanno una ridotta interazione cellulare.
- Linfociti B hanno una minore espressione di recettori e ligandi con una ridotta interazione
tra loro e i linfociti TH -> scarsa produzione anticorpale.
Parto -> è considerato il passaggio da un ambiente sterile (utero) ad un ambiente ricco di stimoli
e potenziali patogeni. L’utero è davvero sterile? Prima si sapeva che nella vagina ci fosse un
microbiota vaginale composto da lattobacilli (composizione variava in base al ciclo mestruale e in
gravidanza) e si pensava che i batteri fossero limitati a quella zona e che l’itero fosse sterile -> nel
2016 fu pubblicato un articolo che ha dimostrato nella dona l’esistenza di un microbiota uterino, e
che quindi l’utero non è sterile ma ha una propria microflora molto importante la cui composizione
varia a seconda dei momenti della gravidanza, ma soprattutto influenza l’annegamento
dell’embrione e per questo è fondamentale. Da quel momento sono partiti degli studi anche di
medicina veterinaria che hanno dimostrato che anche negli animali questa situazione è analoga ed
esiste un microbiota.
La flora microbica è notevolmente influenzata dallo sviluppo del SI poiché è in grado di polarizzare
la risposta immunitaria dei linfociti TH -> insegna al SI a rispondere in maniera corretta a seconda
dell’antigene da attaccare. Può indurre quindi una risposta TH1 (cellulo-mediata) oppure una
risposta TH2 (umorale).
Il SI anche dei neonati deve essere in grado di montare una risposta cellulo-mediata, anche se non
sempre ci riesce, come quando, ad esempio, l’ambiente è troppo salubre -> ipotesi genista.
Ipotesi genista
La madre durante la gravidanza ha un feto che sviluppa sia antigeni materni che antigeni paterni ->
la madre potrebbe riconoscere questi ultimi come non-self e potrebbe disintegrare il feto. Questo
non succede nella normalità poiché la comunicazione di solito va da madre a feto e non il contrario.
I feti non vengono combattuti perché durante la gravidanza si instaura uno stato di
immunodepressione materna soprattutto a livello dell’interfaccia placentare per tutto il giro di
ormoni durante la gravidanza -> la risposta cellula-mediata citotossica (TH1) viene bloccata poiché
è la risposta più violenta che può portare alla morte del feto. L’immunodepressione non è solo
localizzata a livello di interfaccia placentare ma ha una ripercussione su tutto l’organismo materno
-> durante la gravidanza la madre tende ad avere una risposta umorale (TH2-mediata). È stato
infatti studiato che nelle donne che hanno l’artrite reumatoide autoimmune che è
una malattia tipicamente TH1-mediata, cioè una malattia che prevede una risposta
contro gli antigeni self soprattutto a livello delle articolazioni (forti dolori), durante
la gravidanza viene bloccata la parte TH1 mediata e quindi le madri affette da tali
malattie hanno un miglioramento della malattia fino a remissione dei sintomi (è
momentanea, finita la gravidanza ritorna a funzionare l’immunità cellulo-mediata).
La risposta che blocca la TH1 e che fa rispondere il SI con una risposta TH2 caratterizza anche i feti
-> alla nascita i neonati avranno una risposta verso gli antigeni TH2 mediata e reagiscono solo
producendo anticorpi. Durante i primi periodi di vita è importante che la risposta immunitaria venga
bilanciata esponendo i neonati a diversi stimoli antigenici in modo da far funzionare la parte di SI
che fino a quel momento è stata tenuto sotto controllo -> se questo non avviene il neonato
continuerà ad avere una risposta immunitaria bilanciata e rispondere con anticorpi anche per
esempio nel caso i patogeni siano virus (devono essere combattuti con la risposta TH1-mediata), ed
è una delle cause dell’aumento delle patologie su base allergica (tipicamente TH2 mediate) a cui si
è assistito in questi anni non solo in ambiente umano anche animale.
È stato studiato che tale fenomeno è legato ad uno stile di vita sempre più sterile e pulito, che
induce il mancato reset del SI di bambini e cuccioli e quindi di una continua risposta sbilanciata ed
inadeguata. È dimostrato dal fatto che in ambienti in cui non si può raggiungere questa sterilità
l’incidenza di allergie è nettamente minore come:
- Nati e cresciuti in fattoria
- Famiglie numerose
- Con animali domestici
- Che possono venire a contatto con altri bambini prima dello svezzamento
- Vaccinati con presidi che promuovono la risposta TH1 (sono pochi, ad esempio la
tubercolosi).
Fino al 2010 si era convinti che vivere da piccoli con un cane fosse particolarmente rischioso e
facesse aumentare il rischio di patologie allergiche, fino a quando del 2010 è stato pubblicato un
articolo su bambini di genitori atopici (cioè predisposti a sviluppare un’allergia) conviventi con
animali domestici -> i figli di genitori atopici sono predisposti anch’essi ad essere atopici. Sono stati
confrontati bambini che nel primo anno di vita hanno vissuto con animali rispetto a quelli senza, per
poi essere riconsiderati a 4 anni (periodo in cui si sviluppano gli eczemi allergici) -> i bambini che
hanno vissuto con un cane nel primo anno di vita avevano un rischio 4 volte inferiore di sviluppare
un eczema rispetto a quelli senza animali domestici. Se invece hanno vissuto con un gatto il rischio
era 13 volte superiore -> il gatto è molto allergenico.
Nel ribilanciamento del SI un ruolo importante è svolto dagli elminti (effetto molto più potente di
batteri e virus) e dal parassitismo endogeno (popolazioni degli stati in via di sviluppo, hanno effetto
protettivo ed è difficile che mostrino fenomeni allergici o autoimmuni) così come i batteri della flora
microbica. Pubblicato un articolo che valutava lo sviluppo di allergia, la presenza di parassiti e
l’ipotesi genista -> oggi circa 1 miliardo di persone gravemente infestate da elminti nel mondo
raramente manifestano patologie allergiche, probabilmente i continui cicli di infezione e
infiammazione fanno produrre molecole antinfiammatori e grazie ad esse non si sviluppano reazioni
allergiche.
È importante quindi non vivere senza accortezza dello sporco, ma senza esagerare nella pulizia e
igiene poiché può avere effetti pesanti sul sistema immunitario.
TEORIE DELL’INVECCHIAMENTO
La teoria genetica sostiene che l’invecchiamento è dovuto alla perdita delle capacità di riparazione
del DNA danneggiato da eventi di diversa natura. Tutto ciò ha un’influenza negativo sull’organismo
in generale e sul sistema immunitario in particolare -> organismo maggiormente esposto a malattie
e patologie autoimmuni.
La teoria dei radicali liberi sostiene che l’invecchiamento è dovuto al fatto che durante la vita il
metabolismo aerobico produce radicali liberi che si accumulano che vanno a danneggiare
soprattutto nelle membrane cellulari (che hanno un altro livello di acidi grassi polinsaturi).
La teoria immunologica sostiene che l’invecchiamento è dovuto al fatto che durante la vita è
presente una graduale depressione del SI poiché questo viene visto come un evento geneticamente
programmato che dipende dall’invecchiamento del timo -> “orologio timico”.
Nessuna di questa teoria presa da sola spiega il processo di invecchiamento e devono essere prese
tutte -> invecchiamento è un procedimento multifattoriale con profondi effetti sul SI che aumenta
la suscettibilità delle diverse patologie (infezioni, neoplasie, fenomeni autoimmuni).
INVECCHIAMENTO E SISTEMA IMMUNITARIO
Gli studi che sono stati condotti sono stati fatti principalmente sull’uomo o su animali da laboratorio
come modello dell’uomo, ma molto più recentemente sono stati fatti anche con animali da
compagnia (cane, gatto e cavallo) -> tutti gli studi arrivano ad un’unica conclusione, cioè che
l’invecchiamento ha profonde ripercussioni soprattutto sull’immunità cellulo-mediata dovuta
all’involuzione del timo, cioè l’organo di maturazione e differenziazione dei linfociti T (sia TH che
CTL). Il timo va in contro ad una involuzione fisiologica (minor produzione e attività degli ormoni
timici, essenziali nella differenziazione dei linfociti T) -> questo processo è evolutivamente
conservato e multifasico e molto marcato nel cane e nel gatto nei primi 5 anni, dopo di che si
stabilizza per poi riprendere oltre i 9 anni. Le razze meno longeve (di taglia più grande) hanno un
output timico ridotto più precocemente poiché anche l’involuzione inizia
più precocemente e ha un’influenza sulla vita e invecchiamento.
CONSEGUENZE
Come già detto, vi è un’aumentata suscettibilità allo sviluppo di malattie. Inoltre, durante
dell’invecchiamento avviene un fenomeno detto “inflammageing” (infiammazione correlata
all’età), per cui vi è un effetto dovuto a questa stimolazione cumulativa sulle cellule del SI, che
mantiene sempre attiva un’infiammazione che innesca patologie infiammatorie tipiche dell’età
avanzata. Un soggetto anziano non è capace di rispondere bene alle infezioni, ma soprattutto alle
infezioni nei confronti di qualcosa che non conosce (importante non far perdere la memoria al SI
-> bisogna continuare a vaccinare i soggetti anziani).
Poiché la risposta a patogeni nuovi è quella che viene meno bisogna giocare in anticipo -> i soggetti
anziani in campo umano è consigliabile vaccinarli per l’influenza (virus influenzale muta e ogni anno
ce n’è uno nuovo) preparando l’organismo all’infezione con le cellule della memoria. La logica in
campo veterinario è esattamente la stessa.
Invecchiamento e cancro
È stata trovata una correlazione tra l’invecchiamento del SI e lo sviluppo di tumori -> sembrerebbe
coinvolto il gene P53, cioè il gene mutato più frequentemente nei pazienti con tumori. Se questo
gene malfunziona, si sviluppano tumori, ma se invece funziona correttamente si invecchia più
precocemente -> invecchiamento è l’effetto collaterale dei meccanismi di salvaguardia messi in atto
dall’organismo per difendersi dal cancro, è quindi il prezzo da pagare per non sviluppare una
neoplasia.
Invecchiamento e autoimmunità
Nelle malattie autoimmuni il problema non sono gli anticorpi, poiché questi sono indice di un
malfunzionamento, ma è la risposta cellulo-mediata. In un soggetto anziano sono presenti delle
concentrazioni sieriche anomale di autoanticorpi, la quale è sintomo di problematiche -> un
soggetto con tanti anticorpi anti-tiroidi non è un soggetto che ha per forza una patologia (deve
ovviamente essere tenuto sotto controllo) ma sicuramente è un sintomo di invecchiamento e di
patologie età-associate. Quindi malgrado l’elevata frequenza di auto-Ab difficilmente una malattia
autoimmune si manifesta clinicamente.
Invecchiamento e malnutrizione
La malnutrizione (obesità e denutrizione) è diffusa in gatti o cani anziani -> siccome la malnutrizione
ha un effetto negativo soprattutto sul SI cellulo-mediato, questo peggiore la situazione già delicata
del soggetto anziano. È quindi necessario regolare e migliorare lo stato nutrizionale dei soggetti
anziani per migliorare la situazione, prima che diventino evidenti gli effetti della malnutrizione e
dell’invecchiamento.
Sempre negli anni ’20 il fisiologo ungherese Selye ha parlato della reazione generale di
adattamento, spiegando che nella reazione allo stress ci sono tre fasi consecutive:
1. Reazione di allarme = fenomeni aspecifici sollecitati dall’improvvisa esposizione a qualsiasi
cosa percepita come “pericolo”.
2. Fase di resistenza = l’organismo tenta di combattere gli effetti negativi dell’affaticamento
prolungato conseguente al prolungarsi dell’esposizione allo stimolo
nocivo e tenta di adattarsi allo stress con risposte ormonali specifiche.
3. Fase di esaurimento = fase non sempre presente, organismo
sopraffatto dagli eventi può perdere la capacità di adattamento e può
portare a volte alla morte.
Queste due componenti appena descritte sono le componenti nervose dello stress, che sono
sempre in una comunicazione bidirezionale con il sistema immunitario, in quanto l’attivazione
dell’AIIS ha degli effetti anche sulle cellule del SI. Quest’ultimo comunica con SNC producendo le
citochine.
Definizioni di stress
Il distress è lo stress con accezione negativa, come lo intendiamo noi.
L’eustress invece ha accezione positiva e ha il senso originario della sindrome generale di
adattamento -> diversi stimoli allenano la capacità di adattamento psicofisico di un soggetto e
servono per mantenerlo attivo e reattivo.
Gli agenti stressanti o stressor sono diversi, anche a seconda degli animali -> grossi animali, avicoli,
conigli (normativi sulle gabbie), animali da laboratorio (normativa ferrea), cavalli, cani e gatti. Nei
cavalli sono due i motivi di stress: il trasporto e l’esercizio -> il caricamento sul van creava un grande
stress in quanto non vi erano finestre e si creava “la sindrome della caverna oscura”. Si richiede un
tale sforzo di esercizio del cavallo che si possono avere emorragie polmonari indotte dall’esercizio.
La sensibilità agli stressor è diversa in base alle esperienze vissute nelle prime fasi dello sviluppo e
durante la crescita, alle associazioni stabilite nel corso della vita, al tipo di stress (fisico o
psicosociale), alla durata dello stress (acuto, cronico) o alla situazione personale (ad esempio la
posizione sociale all’interno del gruppo).
Monocitosi = con lo stress vi è una diminuzione del differenziamento dei monociti in macrofagi e
una minore espressione degli antigeni MHC II sui macrofagi.
Linfociti T = lo stress ha un effetto marcato -> rispondono in modo peggiore ad uno stimolo
antigenico e soprattutto viene alterato il rapporto CD4-CD8 (tra i linfociti TH e i linfociti CTL). I
glucocorticoidi sono anche dei fattori di regolazione dei linfociti TH1 (immunità cellulo-mediata) e
TH2 (immunità umorale) -> in caso di stress l’organismo risponde di più con la TH2 a scapito della
risposta cellulo-mediata, e quindi si può ammalare più facilmente o vengono riattivate delle
infezioni latenti (esempio l’Herpes labiale).
Linfociti B = risentono meno direttamente dell’effetto dello stress, possono continuare a produrre
anticorpi ma siccome la risposta è sempre umorale, non sarà una produzione ben funzionante ->
temperature alterate influiscono. Le IgAS possono essere indicate come valido marker di stress e
queste calano di concentrazione in animali con ansia generalizzata, nonché in cani militari timidi e
con esperienze negative passate -> i cani guida per i non vedenti sono idonei solo se hanno
determinati livelli di IgAS.
Lisozima = valido biomarker di stress, di concentrazione più bassa in cani con ansia generalizzata ->
calo notato anche nei bovini trasportati per lunghe distanze. Studi analoghi vengono anche fatti per
i pesci che possono essere stressati magari per l’allevamento o per la vaccinazione.
Citochine = con lo stress vengono prodotte in quantità minore e funzionano meno bene, oppure
vengono prodotti meno i loro recettori per cui non riescono a funzionare.