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banco naturale evidenziato nei primi spazi indagati. Non a caso, in-
fatti, oltre a presentare diverse aree libere fra uno scavo tombale e
l’altro – interpretabili alla luce della constatazione che segue come
zone non sfruttate perché caratterizzate da problematiche geofisiche,
piuttosto che come luoghi di rispetto o riservati ad atti rituali –
sono molto numerose le opere “incompiute” e le sviste degli scava-
tori leggibili nella calcarenite, foriere, altresì, di importanti informa-
zioni sulla fisionomia della necropoli e sulla sequenza delle fasi di
lavorazione. Un esempio interessante è quello della T. 49, a fossa
ma provvista di tre gradini tagliati sul lato lungo settentrionale, che
rappresentano evidentemente lo stadio iniziale del lavoro, essendo
del tutto inusuali e non indispensabili nei tipi a fossa. La prossimità
di un’escavazione simile e di due tombe a camera parrebbe aver ge-
nerato la scelta di delimitare l’opera strutturale e modificarne il pro-
getto esecutivo, da camera ipogeica a cavo parallelepipedo. Ancora
più appariscente in tal senso appare la T. 64, dromos gradinato ma
privo di camera, di cui resta solo il primo intaglio del portello nella
roccia, a causa della presenza di un’altra struttura al di là di esso.
L’accesso alla cella non realizzata è solo parzialmente scavato e con
il contorno rettangolare marcato da una traccia di ocra rossa, che
l’evidente sospensione dello scavo da parte del fossore allontana da
qualsiasi interpretazione in senso decorativo (FIG. 3) 11. Il corridoio
taglia l’ingresso, forse in origine gradinato 12, di un’altra tomba a ca-
mera disposta perpendicolarmente (T. 63) e provvista di riseghe per
l’allettamento di lastroni sui bordi del vano di discesa, secondo una
tipologia già nota a Tharros 13. Il dissesto del corridoio di T. 63
provocato dall’intercettazione è stato risolto in antico mediante la
costruzione di un muretto di scheggioni lapidei appena squadrati,
provvisto di rade colmature di argilla verde negli interstizi (FIG. 4) –
secondo una tecnica consolidata in ambito punico 14 – che costitui-
centrazione di nuove strutture in punti già saturi 16. Dalla stessa pro-
spettiva vanno analizzati gli indicatori dei reimpieghi tombali. Pur in
assenza di contesti chiusi, l’utilizzo reiterato di alcune strutture, in
special modo quelle a camera ipogeica, forse occupate da generazioni
successive di un medesimo nucleo familiare, come dimostra l’arco cro-
nologico del registro ceramico definibile dall’esame dei lacerti integri
delle colmature di scaglie 17, è esplicitato anche dalle tracce di restau-
ro antico. Paradigmatico è il caso della T. 56 che, probabilmente a
seguito del danno provocato da una riapertura, subisce la ricostruzio-
ne dello stipite settentrionale della porta d’accesso al sepolcro con l’in-
serimento di un blocco ben squadrato e assicurato alla parete residua
mediante l’utilizzo di un “collante” di argilla e intonaco. Ancora, l’oc-
cupazione romana che insiste sui contesti precedenti è in molti casi
evidenziata da rimaneggiamenti macroscopici, che proprio per questo
ne consentono un inquadramento abbastanza preciso. L’attività di ri-
pristino connessa alla sovrapposizione repubblicana e imperiale, che
investe sia strutture a fossa sia ipogei, è infatti caratterizzata da un co-
pioso impiego di intonaco e di conglomerato di malta misto a detriti
ceramici e vitrei che ad un primo esame autoptico sembrerebbero dia-
gnostici sul piano cronologico. Allo stesso modo, alcuni settori, la cui
entità non è ricostruibile a causa degli scassi moderni, paiono essere
stati interamente obliterati da colate “pseudo-cementizie”, forse per
creare un ulteriore livello fruibile come piano di deposizione negli ul-
timi momenti di utilizzo dell’area, o semplicemente a sintomo di un
abbandono definitivo di alcune parti di necropoli.
Circa il trattamento dei defunti gli ultimi interventi di scavo
hanno apportato qualche nuovo dettaglio al nostro ridottissimo ba-
gaglio di conoscenze. La documentazione antiquaria 18 e l’assenza
di elementi perspicui alla determinazione di specifiche ritualità
16. Per tutto ciò si valutino le già ricordate e condivisibili riflessioni di: FINOC-
CHI, La necropoli fenicia, cit. Dromoi interrotti, ossia privi di sbocco ad una cella sepol-
crale, sono documentati anche a Monte Sirai e in Nord Africa: cfr. P. BARTOLONI, Sca-
vi nelle necropoli di Monte Sirai, in Da Pyrgi a Mozia. Studi sull’archeologia del Mediter-
raneo in memoria di Antonia Ciasca (Vicino Oriente - Quaderno, 3/1), a cura di M.
G. AMADASI GUZZO, M. LIVERANI, P. MATTHIAE, Roma 2002, p. 74; per il Nord Afri-
ca cfr. ad es.: FANTAR, Recherches, cit., pp. 62, 82; M. ASTRUC, Nouvelles fouilles à
Djidjelli (Algérie) (Novembre-Décembre 1935), «RAfr», 1937, p. 221, fig. 2, VII.
17. FARISELLI, Il “paesaggio” funerario, cit., pp. 344-6.
18. Si prenda ad esempio la deposizione nella famosa Tomba I, scavata da G.
Spano nel 1850: Emporikòs kólpos. Il golfo degli empori dai Fenici agli Arabi, Orista-
no 2005, fig. 59.
Tipologie tombali e rituali funerari a Tharros, tra Africa e Sardegna 1721
19. Cfr. H. BEN YOUNÈS, L’architecture funéraire punique au Sahel. État et per-
spectives, in L’Afrique du Nord antique et médiévale. Monuments funéraires. Institu-
tions autochtones, Actes du VIe Colloque International sur l’histoire et l’archéologie de
l’Afrique du Nord (Pau, octobre 1993 - 118e Congrès), éd. par P. TROUSSET, Nancy
1995, p. 81; A. BEN YOUNÈS KRANDEL, Typologie des tombeaux des nécropoles puni-
ques en pays numide, «Reppal», 4, 1988, p. 6.
20. Le impronte misurano circa 20 per 10 cm. Due di esse sono disposte sim-
metricamente in senso longitudinale a una distanza reciproca di circa 30 cm; la terza,
allineata lungo un lato breve con l’impronta più interna rispetto alla parete, dista dal-
la corrispondente 1,50 m circa. Un campione del friabile piano roccioso prelevato nel
cuore delle sagome rettangolari è attualmente in fase di analisi fisico-chimica, al fine
di verificare se il colore rossastro sia risultato dal disfacimento del legno o dal contat-
to della roccia con componenti metalliche.
21. Cfr. per simili apparati a Sulci: P. BERNARDINI, Sistemazione dei feretri e dei
corredi nelle tombe puniche: tre esempi da Sulcis, «RStudFen», 27, 2, 1999, p. 142;
ID., I roghi del passaggio, le camere del silenzio: aspetti del rituale funerario nella Sar-
degna fenicia e punica, «Quaderni del Museo», 1, 2003, p. 262.
22. L’utilizzo di larghe placche metalliche, in quel caso di bronzo, è ad esempio
ipotizzato per il cassone ligneo di Ksour-es-Saaf: H. BEN YOUNÈS, Decouvertes de
deux nouveaux elements dans le mobilier de la tombe à la cuirasse de Ksour-Essaf au
Sahel tunisien, «Reppal», 10, 1997, pp. 35-7.
23. Esposti nelle sale del Museo Civico di Cabras (OR), i manufatti sono in stu-
dio da parte di C. Del Vais.
1722 Anna Chiara Fariselli
24. Di grande interesse, il confronto con Tuvixeddu per quanto riguarda la loca-
lizzazione dell’astro, come pure della cosiddetta “croce di S. Andrea”, per lo più nel
pozzo, e il rapporto con il Nord Africa per ciò che concerne, invece, l’ambientazione
dei medesimi motivi all’interno della camera: G. TORE, Le necropoli fenicio-puniche
della Sardegna: studi, ricerche, acquisizioni, in Tuvixeddu la necropoli occidentale di Ka-
rales, Atti della Tavola rotonda internazionale: La necropoli antica di Karales nell’ambi-
to mediterraneo (Cagliari, 30 novembre-1 dicembre 1996), a cura di Associazione cul-
turale Filippo Nissardi, Cagliari 2000, p. 227. Per la ricorrenza del soggetto iconogra-
fico a Tuvixeddu cfr. anche, da ultimo: MATTAZZI, PARETTA, Le tombe puniche deco-
rate, cit., figg. 10, b; 13, b; 15, a.
25. Con bibliografia precedente: BARTOLONI, Scavi nelle necropoli, cit., p. 75.
26. M. FANTAR, Tombe aux Tanits porteurs d’un mausolée, «Reppal», 12, 2002,
p. 49, fig. 2.
27. Il tema del bucranio, non molto diffuso nel rilievo funerario di Sardegna
(TORE, Le necropoli fenicio-puniche, cit., p. 227), pure registrato a Tuvixeddu, è ripor-
Tipologie tombali e rituali funerari a Tharros, tra Africa e Sardegna 1723