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terremoto del Friuli, per essere precisi, è composto da un evento principale, avvenuto a maggio del

‘76, e da successive scosse di intensità minore nel settembre dello stesso anno. Il primo terremoto,
quello di maggio, è stato quello più disastroso. Con una magnitudo di 6.5, ha interessato un’area
approssimativa di 5700 km2 (Slejko, 2018)

La scossa interessò circa 120 comuni delle province di Udine e di Pordenone, per una
popolazione complessiva di circa 500.000 persone. Gli effetti più distruttivi si ebbero nella zona a
nord di Udine lungo la media valle del Tagliamento, dove interi paesi e cittadine subirono estese
distruzioni; fra questi Gemona del Friuli, Forgaria nel Friuli, Osoppo, Venzone, Trasaghis,
Artegna, Buia, Magnano in Riviera, Majano, Moggio Udinese, solo per citarne alcuni.

La scossa fu avvertita in un’area vastissima, estesa a tutta l’Italia centro-settentrionale fino a Roma
e a Torino, all’Austria, alla Svizzera, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, gran parte della Germania
e della Croazia e parte della Francia, della Polonia e dell’Ungheria. Inoltre, produsse danni, oltre
che nelle regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto, in vaste aree dell’Austria meridionale ed in buona
parte della Slovenia.

L’estensione dell’area colpita fu di circa 5000 kmq. Complessivamente furono distrutte circa
17.000 case, morirono 965 persone ed altre 3.000 rimasero ferite. Quasi 200.000 persone
persero la casa (Boschi et al. 2000).

Moltissime le repliche. Le più forti si verificarono a oltre 4 mesi dall’inizio della sequenza, l’11


e il 15 settembre 1976, con intensità analoghe a quella della scossa del 6 maggio. Ci furono
nuovi gravi danni, ulteriori distruzioni e qualche vittima. Un’altra forte scossa avvenne un anno
più tardi, il 16 settembre 1977.

L’ultimo terremoto di entità paragonabile a quella della scossa del 6 maggio 1976 era avvenuto
quasi 500 anni prima, nel marzo 1511, e prima ancora nel 1348. Tuttavia in questo settore terremoti
potenzialmente distruttivi, ovvero di magnitudo pari o superiore a 5.5, avvengono frequentemente:
negli ultimi otto secoli nell’area del Friuli Venezia Giulia se ne è verificato in media uno ogni 80
anni, mentre terremoti che hanno causato effetti al di sopra della soglia del danno lieve sono
documentati storicamente in media ogni 6 anni circa. Negli ultimi 30 anni si sono verificati tre
terremoti di magnitudo superiore a 4.5 entro 100 km da Udine (fonte: ISIDE), ma grazie
all’importante opera di ricostruzione e di adeguamento antisismico nel settore friulano questi
terremoti non hanno provocato danni.
Sul campo rimasero quasi mille morti e un terzo della regione Friuli Venezia Giulia devastato.
obbligarono Stato e Regione a pensare di trasportare bambini, giovani e anziani lontano da quelle
zone per trasferirli verso Sud, nelle località marine di Grado, Lignano, Bibione e Caorle dove
ricostruire le comunità; per gli 'attivi' furono invece requisite migliaia di roulotte in giro per l'Italia e
le si concentrò nei paesi più colpiti per garantire almeno un minimo il lavoro nelle fabbriche non
distrutte.

Il motto di allora, che diventò vero proclama politico- istituzionale, fu 'prima le fabbriche, poi le
case, poi le chiese': una scelta comune fatta propria anche dalla curia udinese. Bisognava garantire il
lavoro ai residenti, mettere in salvo i nuclei familiari e poi pensare alla ricostruzione che si voleva
"dov'era e com'era". Fu un'azione corale straordinaria. Lo Stato delegò la Regione - con il
coordinamento del Commissario straordinario - mentre questa, forte anche della sua autonomia,
delegò ai comuni. I sindaci, per la prima volta nella storia d'Italia, divennero protagonisti del futuro
delle loro comunità. Era, in nuce, la moderna Protezione civile. Tutto fu possibile grazie alla
solidarietà nazionale e anche a quella internazionale essendo i friulani 'lontani dalla Piccola Patria'
ben più numerosi dei residenti. Aiuti arrivarono subito da Stati Uniti, Argentina, Australia e da
tantissimi Paesi europei.

Dopo 45 anni da quei tragici giorni, a ricostruzione completata, si stima che il tutto sia costato circa
13 miliardi di euro, cifra non particolarmente alta considerate altre esperienze analoghe. Oggi tutto
è a posto: i paesi sono stati tutti ricostruiti più belli di prima. L'Orcolat sicuramente non farebbe
quella strage visti i sistemi antisismici di ricostruzione e se, pur nelle difficoltà della crisi, oggi si
può parlare di popolo friulano, lo si deve anche a quella straordinaria opera che è stata la
ricostruzione del Friuli

Oggi l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste dà il via a


una serie di eventi per ricordare il terremoto del Friuli e diffondere buone pratiche di sicurezza
e riduzione dei rischi naturali. Si tratta di un "fronte sul quale l'Ogs è attivo da anni, nell'ambito di
iniziative finanziate dalla Protezione Civile Nazionale e dal Ministero dell'Istruzione, Università e
Ricerca", afferma la presidente Maria Cristina Pedicchio.

https://www.geopop.it/

https://servizio-nazionale.protezionecivile.gov.it/it/pagina-base/il-terremoto-del-friuli/

https://www.ansa.it/friuliveneziagiulia/notizie/2015/05/06/6-maggio-1976-la-terra-trema-in-friuli.-poi-la-
ripresa-fu-un-modello_d17975f0-3fcd-44bb-8437-c5379d34a4d5.html

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