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Cosa

Disastro del Vajont


Quando

9 ottobre 1963
Dove

Valle del Vajont, nel confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto


Precedenti

Frana di Pontesei e frana del monte Toc il 4 novembre 1960


Conseguenze

2018 morti, Longarone fu quasi completamente distrutto, cinque frazioni sparirono, distrutti i
terrazzamenti per l'agricoltura, ucciso il 30% del patrimonio zootecnico (ANIMALI
D’ALLEVAMENTO).
Organismi coinvolti

Società Adriatica di Elettricità, ENEL

Con "disastro del Vajont" o "tragedia del Vajont" ci si riferisce agli eventi
della sera del 9 ottobre del 1963, quando una frana colossale precipita in
una riserva d’acqua nella valle del Vajont, al confine tra Friuli-Venezia
Giulia e Veneto, provocando un violento ‘tsunami’. Si tratta di uno dei
disastri naturali europei più gravi del ‘900, che raderà al suolo una
cittadina (Longarone) e provocherà la morte di oltre 2000 persone,
stravolgendo completamente l’assetto del territorio.

Commentatori, politici e giornalisti all’inizio si schierarono in difesa della


diga del Vajont, che nonostante il disastro naturale rimane in piedi: era
un motivo di orgoglio per l’ingegneria italiana. Più avanti, si individuerà
la responsabilità del disastro in alcuni dirigenti del settore elettrico:
nonostante il disastro fosse prevedibile, a causa di interessi privati, la
gigantesca diga era stata costruita ed utilizzata in un territorio ad
altissimo rischio di frane e fenomeni sismici.

Il Vajont è un affluente del fiume Piave che scorre nella parte sud-est
delle Dolomiti, tra Friuli e Veneto.
Nel 1929, due studiosi reputano la Valle del Vajont idonea per la
costruzione di un bacino idroelettrico per conto della SADE (Società
Adriatica di Elettricità). Il progetto sarà approvato nel 1943, in piena
Seconda Guerra Mondiale, dal Consiglio superiore dei lavori pubblici,
attraverso un procedimento irregolare (soltanto 13 rappresentanti su 34
saranno presenti alla seduta), reso possibile dal periodo turbolento che
l’Italia stava attraversando.

I cantieri della diga del Vajont verranno aperti, con ampi contributi
pubblici, soltanto nel gennaio del 1957, sulla scia del ‘miracolo
economico’ dando lavoro a circa 400 persone.

Nonostante le preoccupazioni degli abitanti di Erto e Casso, molti dei


quali possedevano pascoli e terre che sarebbero stati espropriati per fare
posto al lago artificiale, la SADE decide addirittura di ampliare il progetto
originale. La diga sarebbe diventata la più alta del mondo (266 metri di
altezza, 723 sopra il livello del mare), in grado di contenere 115 milioni di
metri cubici di acqua, su progetto dell’ing. Carlo Semenza.

el 1959, a pochi chilometri di distanza, una frana precipitava nel lago


artificiale di un’altra diga progettata da Semenza, la diga di Pontesei,
causando un’onda di 20 metri che costerà la vita all’operaio della Sade
incaricato della sorveglianza, il cui corpo non sarà mai più ritrovato. I
cittadini di Erto e Casso, sempre più allarmati, istituiranno un comitato,
ma pochi mesi dopo la diga del Vajont è pronta.

i abitanti di Erto e Casso continuavano a percepire i segni ed i rumori di


una frana imminente, e fino al 1963 non smisero mai di manifestare i
propri timori. La giornalista Tina Merlin, che lavorava per il quotidiano
comunista l’Unità, descrisse con una serie di articoli la preoccupazione
generale
la SADE aveva fretta di passare al collaudo,
Il primo collaudo della diga riempì il lago artificiale fino ad una altezza
di 600 metri sul livello del mare, e l’acqua coprì i terreni espropriati agli
abitanti di Erto e Casso.

Parallelamente la Sade, allarmata dall’incidente presso la diga di


Pontesei, commissionava nuove perizie, che stabilirono la presenza di una
paleofrana sul monte Toc. A conferma di queste scoperte, nel novembre
del 1960 una frana di 800.000 metri cubici di roccia precipita dal monte
nel lago artificiale. La SADE continua a commissionare nuovi test: nel
1962 viene stabilito che la riserva d’acqua si trova in un’area a rischio, e
che non dovrà superare il livello di 700 metri sopra il livello del mare.

Una paleofrana è un accumulo di materiali provocati in passato da una o più frane su


un pendio

Alla fine del 1962, in seguito alla legge del governo Fanfani che stabilisce
la nazionalizzazione dell’industria elettrica italiana, nasce l’ENEL: la
diga del Vajont è ormai di proprietà statale. I tecnici dell’Enel devono
subito gestire un nuovo scivolamento del monte Toc, mentre a Longarone,
Erto e Casso, i segni di una frana imminente si fanno sempre più
inequivocabili.

La tragedia del Vajont


a sera del 9 ottobre del 1963, alle 22:39, un enorme blocco di terra di 400
metri cade dal Monte Toc, provocando una frana di 270 milioni di metri
cubi di roccia, che in circa un minuto scivola nel lago artificiale ad una
velocità di 100 km/h.

La massa di terra precipitata nel lago è superiore all’estensione del lago


stesso, e provoca due gigantesche onde, alte più di 250 metri. La prima
raggiunge Casso ed Erto, risparmiando i due paesi per pochissimo, ma
spazzando via alcune frazioni. La seconda, la più terribile, scavalca la
diga per finire nella valle del Piave, verso ovest: coglierà in pieno la
cittadina di Longarone dopo 4 minuti.

uella sera molti degli abitanti di Longarone stavano guardando la finale


di Coppa dei Campioni (Real Madrid contro Glasgow Rangers) quando la
loro città viene spazzata via. Perdono la vita circa 1920 persone, tra cui
centinaia di bambini. Soltanto 750 persone verranno identificate: alcuni
corpi non saranno più riconoscibili dopo la tragedia del Vajont, altri
non verranno mai più ritrovati. Prima ancora di raggiungere Longarone,
l’onda aveva smosso una quantità d’aria tale da essere considerata
paragonabile ad una piccola bomba atomica, così forte che gran parte
delle vittime vennero trovate nude, poiché i loro vestiti erano stati spazzati
via dallo spostamento.

Dove prima sorgeva la cittadina di Longarone, la mattina del 10 ottobre


c’è un’enorme distesa di fango. Iniziano ad arrivare i soccorsi, vengono
recuperati i primi cadaveri. Il giorno dopo, poiché c’erano rischi di
ulteriori frane, viene ordinato lo sgombero a monte della diga, gli
abitanti di Erto e Casso sono costretti a lasciare le loro case, ma alcuni di
loro torneranno clandestinamente. Finita la tragedia del Vajont, ci si
inizia a domandare se in tutto questo qualcuno avesse una responsabilità.
Giornalisti e partiti a questo punto si dividono: secondo alcuni (tra cui il
Partito Comunista) a provocare il disastro era stata la SADE, secondo
altri, tra cui lo scrittore e giornalista Dino Buzzati, si trattava di un
disastro naturale che non andava strumentalizzato in senso politico. La
diga del Vajont, del resto, era un capolavoro di ingegneria.
A pochi giorni dal disastro del Vajont, parte un’indagine della
magistratura e vengono nominate altre commissioni d’inchiesta per
stabilire se si fosse trattato di un disastro naturale o se c’erano dei
colpevoli. I capi d’accusa della magistratura sono: cooperazione in
disastro colposo (sia di frana che di inondazione), omicidio e lesioni
colpose plurimi. Ad essere accusati sono alcuni dirigenti e consulenti della
SADE e alcuni funzionari del Ministero dei lavori pubblici. Tutte le
relazioni tecniche del caso dimostrano che la catastrofe del Vajont era
prevedibile.

Dopo un processo durato dal 1968 al 1972 verranno trovati colpevoli


Alberico Biadene, un dirigente della Sade, e Francesco Sensidoni, ispettore
del Genio civile. Soltanto Biadene finirà in prigione, per un anno e 6 mesi.
La SADE era stata nel frattempo inglobata da ENEL e Montedison, che
saranno condannate a risarcire i danni nel 1997. Nel 2000 lo Stato
italiano dividerà le spese di risarcimento con Enel e Montedison.

PERSO DA: https://www.studenti.it/tragedia-del-vajont.html

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