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La diga del Vajont

Il disastro del Vajont indica la tragedia che accadde nel 9 ottobre del 1963
alle ore 22:39. Il motivo della catastrofe fu il distaccamento di una frana del
monte Toc, che precipitando nella diga, creò una onda che inondò i paesi
nelle vicinanze. Il Vajont è un affluente del fiume Piave tra il Veneto e il
Friuli Venezia Giulia, che nei secoli scavò una gola tra il monte Toc e il
monte Salta, e questa si chiama gola del Vajont. Nel 1929 fu proposta
l’idea di sfruttare la gola dalla Società Idroelettrica Veneta per poi passarla
alla SADE poiché la valle era favorevole per costruire una diga. Il progetto
venne poi approvato nel 1943, ingiustamente poiché erano presenti solo
13 rappresentanti su 34 dato che l’Italia era nel mezzo della guerra.
All’epoca nel Nord Italia la maggior parte dell’energia veniva prodotta
attraverso turbine idroelettriche siccome non erano presenti molte materie Foto del disastro
prime, e quindi erano necessarie fonti rinnovabili. Il progetto venne
completamente approvato il 17 luglio del 1957. I controlli geologici iniziarono nel 1949 e portarono a dover
far abbandonare ad alcune persone le proprie case risiedenti a Erto e a Casso. Nonostante le proteste, i
lavori iniziarono lo stesso prima dell’approvazione. Nel 1959 quando la diga stava per essere finita, il
geologo Edoardo Semenza si accorse che il versante sinistro del monte erano presenti parti non stabili, ma
dopo vennero rifatti degli studi affermando che il versante non era pericoloso. Quando venne costruita la
diga, gli abitanti manifestavano dei timori poiché potevano percepire segni o rumori di una frana. Essi non
potevano però lamentarsi poiché l’Italia stava passando un
La diga oggi periodo d’oro e la diga era un beneficio. Nel 1960 una frana
di 800000 metri cubici di roccia cadde nella diga alzando il
livello dell’acqua. Dopo di ché la SADE commissionò altri
test, e nel 1962 si stabilì che l’acqua non poteva superare i
700 metri sopra il livello del mare. Il 9 ottobre del 1963 alle
22:39 un blocco di terra di 400 metri cadde nella diga
provocando una frana di 270 milioni metri cubi ad una
velocità di 120km/h. Ciò creò due onde alte sui 250 metri.
La prima onda raggiunse Casso ed Erto evitandoli per poco.
La seconda, invece, spazzò via la cittadina di Longarone
causando 1920 morti.

Dopo il disastro si iniziò la ricerca dei corpi che venne


fermata poiché c’era il rischio di altre frane e si ordinò di
liberare la diga. Qualche giorno seguente all’accaduto, si
fece partire una investigazione da parte della magistratura dove vennero nominate commissioni d’inchiesta
per capire se fosse un disastro naturale o causato da qualcuno. Le accuse furono di omicidio, cooperazione
del disastro colposo e lesioni colpose plurimi. Studiando il caso si affermò che la catastrofe era prevedibile e
infine nel 1997 vennero accusati i capi della SADE, che al tempo inglobata da ENEL venne condannata a
dover pagare i danni. Nel 2000 si aggiungerà a risarcire i danni anche Montedison.

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