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LA DINAMICA DELL’ ERUZIONE

I primi eventi sismici ebbero già inizio nel 62 d.C.,con il


crollo di diverse case che furono poi ricostruite negli anni
successivi. Solo alcuni anni dopo, nel 79 d.C.,
il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che porterà poi al
seppellErcolanoimento di alcune zone
di Stabia, Pompei, e molte città a sud-est dal Vesuvio.
Intorno all'una del pomeriggio con un boato terribile il
Vesuvio eruttò. Le sostanze eruttate per prime
dal Vesuvio furono fondamentalmente pomici, quindi
rocce vulcaniche originate da un magma pieno di gas e
raffreddato. Mescolate alle pomici si trovano parti di rocce
di altra natura che furono trasportate dal magma. La
maggior parte dei cadaveri a Pompei sono rimasti
intrappolati al di sopra delle pomici, Per quanto riguarda la
composizione chimica delle sostanze eruttate nel 79 d.C.,
questa è diversa da quella delle lave eruttate nel periodo
che va dal 1631 al 1944; infatti i magmi ,di sodio e
di potassio e una minore quantità di calcio e magnesio; gli
specialisti giustificano queste differenze con il fatto che,
nel caso delle lave pliniane, il magma si sarebbe fermato
per alcune centinaia di anni (circa 700) ad una profondità
di qualche chilometro, nella camera magmatica, dove si
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sarebbe raffreddato fino a 850 °C e si sarebbe attivata la


cristallizzazione.

L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è il


principale evento eruttivo verificatosi sul Vesuvio in
epoca storica. L'eruzione, che ha profondamente
modificato la morfologia del vulcano, ha provocato la
distruzione delle città di Ercolano, Pompei, Stabia
e Oplontis, le cui rovine, rimaste sepolte sotto strati di
pomici, sono state riportate alla luce a partire dal XVIII
seLa data dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è
attestata da una lettera di Plinio il Giovane a Tacito.
Nella variante universalmente ritenuta più attendibile
del manoscritto, si legge nonum kal. septembres cioè
nove giorni prima delle Calende di settembre, data
che corrisponde al 24 agosto.
Questa data era stata accettata come sicura fino ad
oggi, ma alcuni dati archeologici via via emersi mal si
accordano con una data estiva. Ad esempio, il
ritrovamento di frutta secca carbonizzata, di bracieri,
usati all'epoca per il riscaldamento, di mosto in fase di
invecchiamento trovato ancora sigillato nei contenitori
(dolia) e, soprattutto, di una moneta ritrovata sul sito
archeologico, che riferisce della quindicesima
acclamazione di Tito ad imperatore, avvenuta dopo l'8
settembre del 79, lasciano supporre che l'eruzione sia
avvenuta in autunno, probabilmente il 24 ottobre di
quell’ anno.
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Distruzione di Pompei, Ercolano e Stabia


Secondo quanto riferito dal noto archeologo Alberto
Angela nel suo libro 'I tre giorni di Pompei', il Vesuvio
all'epoca dei Romani appariva molto diverso rispetto a
come siamo abituati a vederlo attualmente. Angela
spiega che la parte più elevata era rappresentata da
una cresta, l'attuale Monte Somma, che declinava a
valle dolcemente. L'eruzione partì quindi dal basso,
dalla caldera, e fu il motivo per cui i Romani
ignoravano che quello fosse un vulcano, perdippiù
dormiente. Questo fu uno dei motivi principali per cui
gli abitanti di Pompei, Ercolano, Stabia, Oplonti
persero tempo prezioso prima di tentare di mettersi in
salvo, finendo per essere sopraffatti dall'incessante
pioggia di pomici, ceneri e lapilli che ricoprendo le
strade impedì loro di trovare delle vie di fuga.
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Le città stesse scomparvero alla vista, sepolte sotto


almeno 10 metri di materiali eruttivi. Le desolate
distese che avevano visto la vita vivace e ricca, ora
erano evitate e oggetto di terrori superstiziosi.Le
caratteristiche dei fenomeni che interessarono
Pompei e Stabia furono differenti rispetto ad Ercolano:
le prime furono sommerse da una pioggia di pomici,
cenere e lapilli che, salvo un intervallo di alcune ore
(trappola mortale per tanti che rientrarono alla ricerca
di persone care e oggetti preziosi), cadde ininterrotta.
Ercolano invece non fu investita nella prima fase, ma
quasi dodici ore dopo e, sino alle recenti scoperte
degli anni '80, si era pensato che tutti gli abitanti si
fossero posti in salvo. La natura dei fenomeni che
interessarono questo piccolo centro (Ercolano), fu
molto diversa. Infatti, ciò che accadde fu che il
gigantesco pino di materiali eruttivi prese a collassare
e, per effetto del vento, un'infernale mistura di gas
roventi, ceneri e vapore acqueo (il cosiddetto flusso
piroclastico) investì l'area di Ercolano. Coloro che si
trovavano all'aperto ebbero forse miglior sorte,
vaporizzati all'istante, di chi trovandosi al riparo ha
lasciato tracce di una morte che, pur rapida, ebbe
caratteristiche tremende. Il fenomeno è oggi
conosciuto come " nube ardente" o frane
pirocclastiche
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Daud Aiman,Sharif Sourov


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