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IL TAMBORA

Il Tambora è uno strato-vulcano dell’isola


di Sumbawa, situata nell’arcipelago
indonesiano della Sonda, a sud del
Borneo.
Il vulcano è conosciuto per la devastante
eruzione del 1815, una delle poche VEI-7 a
memoria storica e che lo rende secondo al
mondo per indice di esplosività.
Deve la sua origine alla
subduzione della Placca australiana al di
sotto della Placca della Sonda.
Inoltre appartiene alla cosidetta «cintura
di fuoco», avente un’altezza di ben 2850 m
e una caldera 6-7 km di diametro.
Tipo di magma
Il magma che caratterizza il Tambora o in
generale, i vulcani dell’arcipelago
indonesiano, è di tipo felsico con una
percentuale di silice molto alta. La
viscosità è alta e le temperature arrivano
fino a 600 °C.
Inoltre la maggior parte delle eruzioni
sono di tipo esplosivo e le rocce che si
formano sono di tipo felsico come quarzo,
andesite e riolite. Questo tipo di magma
caratterizza vulcani a cono come il
Tambora detti anche strato-vulcani.
Dopo l’eruzione avvenuta nel 1815, con il passare del tempo avvenne una
lenta ricrescita della vegetazione e la ripopolazione dell’isola da parte degli
animali e degli umani.
Gli insediamenti nell’area incominciarono a partire dal 1907, con le prime
piantagioni da zucchero e inoltre tra i 1000 e i 2800 metri, crebbe una densa
foresta pluviale di circa 80000 ha, che al giorno d’oggi ospita centinaia di
specie di animali, soprattutto uccelli.
Nel 1972, nell’area ha incominciato a
operare una compagnia commerciale
di disboscamento in grado di
minacciare la foresta pluviale. La
compagnia ha il permesso di
disboscare 20000 ha, pari al 25% del
totale.

Altre parti della foresta pluviale


invece, sono usate come territorio di
caccia e nel 2015 l’area è stata
dichiarata parco nazionale a tutela
dell’ecosistema.
Oggi, l’area che circonda il vulcano è
costituita da savana a est e sud, da
foreste pluviali a ovest e nord.
L’eruzione del 1815
L’eruzione avvenne nell’aprile del 1815 ed è considerata probabilmente l’eruzione
più potente e esplosiva degli ultimi 10000 anni, in grado di cambiare il clima globale
e avendo un grande impatto sul piano sociale.
Il Tambora era la montagna più imponente
dell’Indonesia, con i suoi 4282 metri e prima del
1812 era rimasto quiescente per almeno un
migliaio di anni. Il vulcano ha avuto così un
enorme arco temporale per accumulare la
pressione e infatti si pensa che l’eruzione fosse la
conseguenza di tale accumulo che provocò il
collasso delle pareti della camera magmatica. In
seguito avvennero le esplosioni e la formazione
della caldera.
Il Tambora eruttò dagli ottanta ai centodieci
chilometri cubi di magma, gas e cenere, da
cento a centocinquanta volte più del St.
Helens con l’eruzione del 1980.
L’esplosione del 10 aprile fu udita a 2500 km
di distanza e la colonna eruttiva raggiunse i 48
km di altezza. Ricadendo, diede origine ad
almeno otto imponenti flussi piroclastici, che
si prolungarono per quasi venti chilometri a
partire dalla vetta, decimando la popolazione
di Sumbawa.

La cenere cadde a 1300 km di distanza facendo piombare nell’oscurità la regione del Tambora
per due giorni. Un’onda di maremoto provocata dal vulcano, probabilmente per effetto dei
flussi piroclastici raggiunsero il mare, viaggiò per oltre 1200 km. Il mare di Giava fu ricoperto
tutt’intorno da uno strato di pomice alto 60 centimetri, tanto da interferire con la navigazione.
Il vulcano espulse così tanto materiale da collassare, formando una classica caldera dal
diametro di oltre 6 km e profondità di quasi 800 metri.
L’eruzione del Tambora fu la più grave della storia per quanto riguarda il numero delle
vittime, valutate fra le 92.000 e le 117.000.
Inoltre il Tambora espulse nell’atmosfera circa 200 milioni di tonnellate di aerosol
vulcanico, che fu in parte responsabile di alcune annate particolarmente rigide in molte
zone del globo. Nei primi anni, l’enorme infusione di gas e cenere nell’atmosfera e nella
stratosfera creò dei tramonti straordinari, dal momento che i raggi solari venivano filtrati
attraverso la nebbia vulcanica.
Ma gli effetti del Tambora si avvertirono ancor più l’anno successivo, che negli Stati Uniti
è diventato proverbiale col nome di “anno senza estate”.

Le temperature scesero in modo


significativo al di sotto della norma, e
numerose gelate estive, insieme alla
brevità della stagione mite,
danneggiarono i raccolti causando carestie
e molte migrazioni negli Stati Uniti e in
Europa specialmente.
Nel 2011 il Tambora dava segni di un
possibile risveglio, poi fortunatamente
scongiurato, tramite eventi tellurici
all'interno della caldera da aprile con
picchi di 15-20 scosse al giorno a
settembre, mentre ad agosto si
osservava una densa colonna di fumo
bianca alta fino a 2000 m d'altezza
sopra i bordi della stessa; segni che il
vulcano è ancora attivo e merita di
essere monitorato. Tenuto in
particolare sott’occhio è il cono di
scorie Doro Api Toi.

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