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CAPITOLO 1 – LA SISMICITA’ DEL TERRITORIO ITALIANO

1. LA SISMICITA’ DEL TERRITORIO ITALIANO

1.1. La sismicità italiana in rapporto a quella mondiale

L’Italia, se paragonata al resto del mondo, non è tra i siti dove si concentrano né i
terremoti più forti né quelli più distruttivi. La pericolosità sismica del territorio
italiano può considerarsi medio-alta nel contesto mediterraneo e addirittura
modesta rispetto ad altre zone del pianeta. Infatti, ogni anno nel mondo accadono
diversi milioni di terremoti, stando a quanto stima uno dei principali centri
sismologici internazionali ovvero il National Earthquake Information Center
(NEIC) del servizio geologico degli stati uniti. Il NEIC ne localizza ogni anno tra
12.000 e 14.000, di cui 60 sono classificati come significativi ossia in grado di
produrre danni considerevoli o morti e circa 20 quelli di forte intensità, con
magnitudo superiore a 7.0.
La sismicità di un territorio è direttamente proporzionale alla frequenza con cui si
manifestano i terremoti. La sismicità italiana dipende essenzialmente dalla sua
particolare posizione geografica, perché è situata al margine di convergenza tra
due grandi placche, quella africana e quella euroasiatica.

Fig. 1.1 – Placche tettoniche nel bacino del mediterraneo (fonte: INGV)

Le placche in questione convergono lungo una direzione Nord-Ovest/Sud-Est.


Analizzando nello specifico, la Sicilia settentrionale e la Calabria sono

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caratterizzate da una tettonica compressiva1 che comporta un'elevata sismicità


profonda. Spostandosi verso Nord tutta l'area appenninica è caratterizzata da una
tettonica distensiva2 in direzione Nord-Est/Sud-Ovest. Sul versante occidentale
dell'Appennino settentrionale (Garfagnana, Mugello e Casentino) sono presenti
una serie di bacini distensivi, che comportano un'elevata attività sismica dell'area.
Le catena montuosa delle Alpi infine, è interessata da una tettonica compressiva
in direzione Nord-Sud che si manifesta soprattutto con l'elevata sismicità
dell'Italia nord-orientale.

1.2. Sismicità storica in Italia

Ogni giorno la penisola italiana è interessata da numerosi terremoti, sebbene la


maggior parte di essi non sia percepibile dall'uomo. In 2500 anni, si sono
verificati più di 30.000 terremoti di media e forte intensità superiore al IV-V
grado della scala MCS3e da circa 560 eventi sismici di intensità uguale o
superiore all’VIII grado. Solo nel XX secolo, ben 7 terremoti hanno avuto una
magnitudo uguale o superiore a 6.53, tra cui quelli a Messina e Reggio Calabria
(1908), a Avezzano e Marsica (1915), in Lunigiana e Garfagnana (1920), in
Irpinia (1980) e nelle Marche (1997). In ultimo si ricorda il terremoto in Abruzzo
nel 2009 che ha raggiunto magnitudo superiore a 6.
Dal punto di vista economico, questi eventi hanno causato danni consistenti,
valutabili per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro. A ciò si
devono aggiungere le conseguenze non traducibili economicamente sul
patrimonio storico, artistico, monumentale che da sempre è il simbolo del nostro
Paese.

1 Tettonica compressiva: meccanismo di rottura dovuto alla convergenza di due placche vicine
in direzione perpendicolare alla faglia.
2 Tettonica distensiva: meccanismo di rottura dovuto all'allontanamento di due placche vicine in
direzione perpendicolare alla faglia.
3 Scala Mercalli-Cancani-Sieberg: scala non scientifica che misura l'intensità di un terremoto
sulla base degli effetti che esso produce su persone, edifici e manufatti.

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In Italia il rapporto tra i danni prodotti dagli eventi sismici e l’energia rilasciata
nel corso di tali eventi è molto più alto rispetto ad altri Paesi caratterizzati da
elevata sismicità, come la California e il Giappone. Ad esempio il terremoto del
1997 in Umbria e nelle Marche ha prodotto un danno economico stimabile intorno
ai 10 miliardi di Euro, mentre quello della California del 1989 circa 14.5 miliardi
di Dollari, pur essendo caratterizzato da un’energia dissipata di circa 30 volte
maggiore. Questo è dovuto principalmente all’elevata densità abitativa del nostro
Paese e alla notevole fragilità del patrimonio edilizio Italiano.
L’INGV sulla base delle rilevazioni dirette fatte attraverso la Rete Sismica
Nazionale ha ricostruito la mappa della sismicità recente.

Fig. 1.2 – La sismicità dal 1981 al 2011 (fonte: INGV)

Guardando la mappa degli ultimi 31 anni (1981-2011) di sismicità si nota che i


terremoti recenti sono localizzati in aree distribuite principalmente lungo la fascia
al di sotto degli Appennini, dell’arco Calabro e delle Alpi.
Al fine di attenuare gli effetti dei futuri terremoti e sulla base della sismicità del
territorio, l’INGV ha definito la mappa della pericolosità sismica del territorio
italiano (fig. 1.3).Questa mappa si basa sull’analisi dei terremoti del passato, sulle

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informazioni geologiche disponibili e sulle conoscenze che si hanno sul modo in


cui si propagano le onde (e quindi l’energia) dall’ipocentro all’area in esame.
Confrontando tutte queste informazioni è possibile ottenere i valori di scuotimento
del terreno in un dato luogo a causa di un probabile terremoto, vicino o lontano
che sia: tali valori sono espressi in termini di accelerazione massima orizzontale
del suolo rispetto a g (l’accelerazione di gravità).

Fig. 1.3 – Mappa di pericolosità sismica (fonte: INGV)

La mappa di pericolosità ha validità limitata nel tempo (10% di probabilità di


superamento in 50 anni) e costituisce il riferimento per la classificazione sismica
dei comuni, oltre ad essere uno strumento fondamentale per la realizzazione di
misure di prevenzione che consentano di ridurre gli effetti dei terremoti, per
esempio costruendo edifici resistenti alle vibrazioni dei terremoti più forti che
possiamo aspettarci in una determinata zona. Un territorio avrà una pericolosità
sismica tanto più elevata quanto più probabile sarà, a parità di intervallo di tempo
considerato, il verificarsi di un terremoto di una certa magnitudo.

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Dalla mappa emerge come in Italia esistano aree particolarmente “pericolose” dal
punto di vista sismico, come la Calabria, l’Abruzzo, la Sicilia Meridionale e parte
del Friuli-Venezia Giulia.

1.3. Classificazione sismica del territorio nazionale

L’attenzione verso il concetto di prevenzione sismica del territorio italiano ha


inizio nel primo decennio del ’900, con il R.D. del 18 Aprile 1909 n. 193, a
seguito del disastroso terremoto che colpì nel 1908 i territori della Calabria e
Sicilia (magnitudo 7.2). Da questo evento in poi si sono susseguite norme che
classificavano il territorio italiano in due grandi categorie: aree sismiche, che
comprendevano i territori colpiti da terremoti rilevanti, e tutto il resto dell’Italia,
ritenuto non sismico. La prima classificazione sismica del territorio italiano fu
promulgata con il Regio Decreto Legge 13 marzo 1927 n. 431. In questa norma
era riportato un elenco dei comuni sismici italiani colpiti dai forti terremoti
avvenuti dopo il 1908, mentre tutti i territori colpiti prima di tale data(la maggior
parte delle zone sismiche d’Italia) non erano classificati come sismici e,
conseguentemente, non vi era alcun obbligo di costruire nel rispetto della
normativa antisismica. La lista originariamente consisteva, quindi, dei comuni
della Sicilia e della Calabria gravemente danneggiati dal terremoto del 1908, e
veniva modificata dopo ogni evento sismico aggiungendovi semplicemente i
nuovi comuni danneggiati. Nel 1974 fu promulgata una nuova normativa sismica
nazionale contenente alcuni criteri di costruzione antisismica, e una nuova
classificazione sismica, la lista, cioè, dei comuni in cui dovevano essere applicate
le norme costruttive, aggiornabile qualora le nuove conoscenze in materia lo
suggerissero, e nella quale tuttavia, fino al 1980, vennero inseriti semplicemente i
comuni nuovamente colpiti da terremoti. Gli studi sismologici e geologici che
seguirono i terremoti del 1976 in Friuli e del 1980 in Irpinia, svolti nell'ambito del
Progetto Finalizzato Geodinamica del Consiglio Nazionale delle Ricerche
(C.N.R.), portarono ad un sostanziale sviluppo delle conoscenze sulla sismicità
del territorio nazionale e permisero la formulazione di una proposta di

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classificazione sismica basata, per la prima volta in Italia, su indagini di tipo


probabilistico della sismicità italiana. La proposta del C.N.R. fu presentata al
governo e tradotta in una serie di decreti da parte del Ministero dei Lavori
Pubblici, tra il 1980 ed il 1984, che classificarono complessivamente 2.965
comuni italiani su di un totale di 8.102, corrispondenti al 45% della superficie del
territorio nazionale, nel quale risiede il 40% della popolazione. Una
classificazione più sistematica del territorio arriva soltanto nel 2003, quando tutto
il territorio nazionale viene classificato come sismico e suddiviso in 4 zone,
caratterizzate da pericolosità sismica decrescente. Il documento di riferimento è
l’O.P.C.M. n.3274 del 20 marzo 2003, “Primi elementi in materia di criteri
generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative
tecniche per le costruzioni in zona sismica" (G.U. n.105 dell’8 maggio 2003) in
cui vengono emanati i criteri di una nuova classificazione sismica del territorio
nazionale, basati sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in
un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una
determinata soglia di magnitudo. Inoltre, a differenza di quanto previsto dalla
normativa precedente, scompare il territorio “non classificato” (che veniva di fatto
interpretato come “non sismico”).
Ad ogni Comune viene attribuita una zona sismica sulla base della seguente
pericolosità:
E’ la zona più pericolosa, dove in passato si sono
Zona 1 sismicità alta avuti danni gravissimi a causa di forti terremoti.
Nei comuni inseriti in questa zona in passato si sono
Zona 2 sismicità media avuti danni rilevanti a causa di terremoti abbastanza
forti.
I comuni inseriti in questa zona hanno avuto in
Zona 3 sismicità bassa passato pochi danni.
E’ la meno pericolosa. Nei comuni inseriti in questa
Zona 4 sismicità molto bassa zona le possibilità di danni sismici sono basse.

Tab. 1.1 – Zone sismiche

Nelle prime tre zone della nuova classificazione è prevista l’applicazione della
progettazione sismica con livelli differenziati di severità. Per la zona 4, di nuova
introduzione, viene data, invece, facoltà alle Regioni di imporre o meno l’obbligo
della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un

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valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di


accelerazione massima su suolo rigido (ag)4 :
- Zona 1= 0,35 g;
- Zona 2= 0,25 g;
- Zona 3= 0,15 g;
- Zona 4= 0,05 g.
Sulla base della nuova classificazione risultano esserci 725 comuni in zona 1,
2344 comuni in zona 2, 3488 comuni in zona 3 e 3488 comuni in zona 4.

Fig. 1.4 – Zone sismiche del territorio italiano nel 2003 (fonte: INGV)

Un ulteriore importante aggiornamento dei criteri relativi alla pericolosità sismica


sul territorio nazionale è stato adottato successivamente con l’O.P.C.M. n.3519
del 28 aprile 2006 "Criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e per
la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone".

4 ag: accelerazione orizzontale massima al suolo caratteristica del sito di riferimento che viene
prodotta dal terremoto sul substrato considerato rigido. Tale parametro è indicato dalla Norma
come atto a definire il terremoto.

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CAPITOLO 1 – LA SISMICITA’ DEL TERRITORIO ITALIANO

L’O.P.C.M. n.3519/2006 detta i criteri generali per l'individuazione delle zone


sismiche e per la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime
zone. Sostanzialmente l'Ordinanza riprende la suddivisione (introdotta
dall'O.P.C.M.3274/2003) del territorio italiano in quattro zone, introducendo degli
intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50
anni, da attribuire alle 4 zone sismiche. Il risultato è la suddivisione del territorio
in dodici fasce che perfezionano la vecchia classificazione dell’O.P.C.M.
3274/2003.

Fig. 1.4 – Mappa di pericolosità sismica del 2006 (fonte: INGV)

Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14


gennaio 2008), hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai
fini progettuali: per ciascuna zona – e quindi territorio comunale –
precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di
spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche.
Dal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni
del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di
riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area

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CAPITOLO 1 – LA SISMICITA’ DEL TERRITORIO ITALIANO

di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità


di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia
quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.
Sulla base del lavoro di affinamento e verifica della classificazione sismica fatta
dalle Regioni nel 2012 è stata pubblicata dalla Protezione Civile una nuova mappa
di classificazione sismica comunale.

Fig. 1.5 – Zone sismiche del territorio italiano nel 2012 (fonte: INGV)

1.4. Classificazione sismica in Toscana

La prima classificazione sismica della Toscana si ha con il Regio Decreto del 13


marzo 1927 n.431 con il quale vengono dichiarati sismici poco più di 70 comuni
appartenenti alle aree della Lunigiana, Garfagnana, Mugello, Alta Val Tiberina e
Amiata. Come per il resto del territorio nazionale, i successivi decreti hanno
apportato modifiche alla lista dei territori classificati come sismici o meno, sulla
base del verificarsi di un evento sismico più o meno rilevante. In seguito
all’evento sismico dell’Irpinia nel Novembre del 1980, furono adottati in tutto il

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CAPITOLO 1 – LA SISMICITA’ DEL TERRITORIO ITALIANO

territorio nazionale i Decreti Ministeriali relativi alla classificazione delle zone


sismiche, tra cui quello relativo alla regione Toscana del 19 marzo 1982: con
quest’ultimo la Toscana passò da 80 comuni classificati sismici a 182
comprendendo il 75% del territorio e l’80% della popolazione. Tutti i comuni
toscani classificati simici ricadevano in zona 2 (sismicità media) mentre il resto
del territorio era considerato non sismico.
Successivamente si arrivò a un nuovo aggiornamento delle liste dei comuni
classificati con l’Ordinanza 3274 del 2003 e alla classificazione approvata con
Deliberazione di GR del 19 giugno2006 n. 431, vigente fino al 2012. Nella nuova
classificazione sismica, la Regione ha introdotto la zona 3s, nella quale sono stati
inseriti comuni a bassa sismicità, dove è però obbligatoria l’applicazione delle
norme tecniche previste per la zona 2. Su un totale di 287 comuni:
- 90 sono stati inseriti in zona 2 (31,3% del territorio regionale), ad alta
sismicità;
- 106 in zona 3s (36,9% della superficie), a bassa sismicità;
- 67 in zona 3 (23,3% della superficie), con possibilità di modesti
scuotimenti;
- 24 in zona 4 (8,3%), la meno pericolosa.
La classificazione sismica attuale della Regione Toscana è stata approvata con
Del. GRT n° 878 del 8 ottobre 2012 ed è un aggiornamento che si è reso
necessario al fine di rendere la classificazione sismica maggiormente aderente
all’approccio “sito dipendente” introdotto dalle vigenti normative.
In generale l’aggiornamento prevedeva il riassetto dei comuni in 3 sole classi:

Comuni confermati in zona 2 90


Zona 2 (95comuni) Comuni che entrano in zona 2 da zona 3s 1
Comuni che entrano in zona 2 da zona 3 4
Zona 3 (168 Comuni confermati in zona 3 63
comuni) Comuni che entrano in zona 3 da zona 3s 105
Zona 4 (24 comuni) Comuni confermati in zona 4 24

Tab. 1.2 – Riepilogo generale dell’aggiornamento della classificazione sismica della Regione
Toscana

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CAPITOLO 1 – LA SISMICITA’ DEL TERRITORIO ITALIANO

Fig. 1.6 – Aggiornamento della classificazione sismica del territorio toscano a confronto con la
classificazione del territorio ai sensi della delibera di Giunta n°431/2006

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

2. GLI EDIFICI IN MURATURA

2.1. Materiali e caratteristiche tipologiche

La muratura è un materiale composito, ottenuto mediante la sovrapposizione di


elementi resistenti in blocchi più o meno regolari, pietre naturali o artificiali, e
talvolta un materiale legante, generalmente malta, tra le superfici di contatto tra
gli elementi.
In passato era il rispetto della “regola dell’arte” il criterio che guidava il buon
progettista ed il costruttore nel concepimento dell’opera in muratura. Le regole
costruttive riguardavano sostanzialmente il giusto modo di posa delle pietre e
l’allontanarsi da questa regola era indice di minore qualità.
Il termine “muratura” raggruppa molte tecniche diverse, che si differenziano tra di
loro per diverse ragioni: la qualità dei materiali utilizzati, la tessitura, la
dimensione dei conci e le caratteristiche meccaniche degli elementi costituenti.
Si possono così distinguere:
- monoliti o megaliti: costruzioni realizzate con pochi grandi blocchi di
pietra (fig. 2.1);
- strutture a blocchi lapidei senza connessione di malta(fig. 2.2);

Fig. 2.1 – I megaliti di Stonehenge (Inghilterra) Fig. 2.2 – Mura ciclopiche

- muratura di blocchi lapidei squadrati con connessione di malta (fig. 2.3a);


- muratura di blocchi lapidei non squadrati con connessione di malta (fig.
2.3b);

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

a) b)
Fig. 2.3 – Pietra squadrata a) e pietra non squadrata b), con connessione di malta

- murature caotiche e miste;

Fig. 2.4 – Muratura caotica e mista

- murature a più strati;

Fig. 2.5 – Muratura a più strati: (a) a sacco con nucleo incoerente, (b) a sacco con nucleo
parzialmente vuoto, (c) a doppio paramento senza diatoni, (d) a doppio paramento con diatoni, (e)
a doppio paramento con ricorsi in mattoni pieni a tutto spessore

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

- murature miste;

Fig. 2.6 – Muratura in pietrame listata

- muratura di mattoni;

Fig. 2.7– Muratura di mattoni: (a) a una testa in folio o di costa, (b) a una testa, (c) e (d) a due
teste, (e) a tre teste, (f) a quattro teste

Negli ultimi anni si sono sviluppate tecniche costruttive innovative, che hanno
introdotto nuovi tipi di materiali idonei alla costruzione delle murature portanti.
Un esempio è costituito dalla muratura armata, che prevede l’introduzione di
armature verticali e orizzontali all’interno della muratura.
L’armatura verticale può essere alloggiata in appositi fori verticali presenti nei
blocchi (fig. 2.10 a) oppure in tasche create da una disposizione opportuna degli
elementi (fig. 2.10 b).I fori e le tasche sono successivamente riempiti con malta o
calcestruzzo. L’armatura orizzontale, barre semplici o tralicci, viene invece

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

disposta nei letti di malta (fig. 2.10 c) oppure entro tasche a sviluppo orizzontale
create da un’opportuna conformazione dei blocchi (fig. 2.10 d).
Un particolare tipo di muratura armata è la muratura a cavità con parete di
cemento armato inclusa tra due pareti in muratura (fig. 2.10 e).

Fig. 2.8– Tipologie di muratura armata

Le armature hanno la funzione di:


- conseguire un aumento di resistenza a flessione sia per le azioni ortogonali
che per quelle parallele al piano della muratura, aumentando la stabilità
dell’edificio nei confronti delle azioni orizzontali come vento e sisma;
- evitare collassi successivi alla fessurazione mantenendo l’integrità della
parete in campo post-elastico con un sensibile aumento della duttilità,
diminuire la sensibilità al danneggiamento e incrementare la resistenza a
taglio per azioni nel piano.
Atro esempio di tecnica costruttiva innovativa è rappresentato dalla muratura
intelaiata. Essa viene realizzata mediante cordoli in cemento armato orizzontali e
verticali adeguatamente collegati tra loro ed aderenti agli elementi murari assieme
ai quali formano l’organismo resistente. L’effetto telaio prodotto dall’introduzione
di cordoli verticali collegati con quelli orizzontali fornisce alla struttura un
maggior livello di duttilità, un minor degrado di resistenza e una minore
suscettibilità al danneggiamento (fig. 2.11).

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Fig. 2.9– Tipologie di muratura intelaiata: (a) con blocchi speciali, (b) con cordoli orizzontali e
verticali

Tutte queste variabili rendono la muratura un materiale estremamente complesso,


tanto che il comportamento di murature realizzate con gli stessi materiali può
differire profondamente a causa della tessitura utilizzata o alla dimensione degli
elementi.

2.2. Caratteristiche meccaniche della muratura

La conoscenza delle caratteristiche meccaniche degli elementi costituenti la


muratura è importante ma non sufficiente per effettuare analisi e considerazioni
affidabili sul comportamento della muratura stessa in quanto occorre considerare,
specie in edifici storici, numerosi fattori che influenzano la risposta alle
sollecitazioni come la dimensione e la forma dei blocchi, lo spessore e lo
sfalsamento dei giunti, la tessitura muraria e la specializzazione della
manodopera.
Le caratteristiche che qualificano il comportamento meccanico della muratura
sono:
- disomogeneità (differenza di comportamento da punto a punto), dovuta a
componenti con caratteristiche meccaniche molto diverse, inducendo a
considerare il comportamento macroscopico della muratura come il
risultato dell’interazione meccanica fra elementi e malta attraverso la loro
interfaccia;

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

- anisotropia (differenza di comportamento nelle diverse direzioni), dovuta


alla direzionalità intrinseca della muratura legata alla forma e dimensione
degli elementi, alla presenza dei fori, a giunti orizzontali continui e
verticali discontinui;
- asimmetria, di comportamento trazione-compressione degli elementi, della
malta e dell’interfaccia malta-elemento;
- non linearità del legame sforzi-deformazioni, che caratterizza il
comportamento della muratura sia in compressione, sia in trazione, sia in
stati di sollecitazione composti.
Nella prassi progettuale non è sempre possibile né necessario tenere conto di tutte
le caratteristiche sopra elencate in quanto vengono utilizzati modelli in cui la
muratura viene idealizzata come un continuo omogeneo equivalente caratterizzato
dalle caratteristiche meccaniche macroscopiche.

2.2.1. Comportamento a trazione e a compressione

La statica delle costruzioni in muratura si basa sul comportamento in


compressione del materiale, mentre viene trascurata la resistenza a trazione in
quanto è molto bassa.
Sottoponendo la malta e il laterizio a una prova monoassiale di trazione-
compressione, si ottiene il seguente grafico:

Fig. 2.10– Comportamento di malta e laterizio alla prova monoassiale di trazione-compressione

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Analizzando il grafico riportato in fig. 2.10, è possibile evidenziare le seguenti


proprietà:
- entrambi i materiali presentano una resistenza molto più elevata a
compressione che a trazione;
- rispetto alla malta, il laterizio presenta tensioni di rottura e modulo elastico
maggiori;
- il laterizio presenta una rottura fragile, mentre la malta presenta una rottura
duttile, cioè caratterizzata da una fase di grandi deformazioni.
Qualitativamente, il comportamento di una muratura(fig. 2.11) non si discosta da
quello dei suoi componenti, ma in genere le sue caratteristiche meccaniche sono
diverse da quelle dei costituenti essendo influenzate da molti fattori:
- resistenza dei mattoni;
- geometria dei mattoni;
- resistenza della malta;
- caratteristiche deformative dei mattoni e della malta;
- spessore dei giunti;
- aderenza tra malta e mattoni;
- capacità di assorbimento d’acqua dei mattoni;
- capacità di ritenzione d’acqua della malta.

Fig. 2.11– Comportamento della muratura alla prova monoassiale di trazione-compressione

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Sottoponendo una muratura ad una compressione uniforme, tutti gli elementi,


malta e laterizio, sono soggetti alla stessa tensione verticale. La malta, per i
modesti valori di modulo elastico che la caratterizzano subirà deformazioni,
maggiori rispetto a quelle del laterizio, in direzione perpendicolare ai letti di malta
e in direzione trasversale. Per la congruenza delle deformazioni all'interfaccia, nel
laterizio nascono tensioni di trazione nelle direzioni trasversali mentre la malta
risulta soggetta ad uno stato di compressione triassiale (fig. 2.13).

Fig. 2.12– Stato di tensione nel laterizio e nella malta

La presenza di tale stato di tensione nel laterizio spiega come nella muratura
soggetta a compressione uniforme la crisi si manifesti generalmente con lo
sviluppo di fessure da trazione parallele all'asse di carico, per valori dei carichi
inferiori alla resistenza a compressione monoassiale del laterizio (fig. 2.13):
infatti, le tensioni principali di trazione risultano avere valori maggiori che non
nella prova sul singolo mattone.
D'altro canto, la rottura avviene per valori superiori ai limiti di resistenza a
compressione monoassiale della malta (fig. 2.13): infatti, in quest'ultimo caso di
carico, esistono tensioni principali di trazione mentre nella prova sulla muratura le
tensioni principali nella malta sono tutte di compressione (effetto cerchiante).

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Fig. 2.13– Comportamento a compressione monoassiale di una muratura in mattoni

Il comportamento in compressione monoassiale di un prisma di muratura è quindi


intermedio fra quello del singolo mattone e quello della malta, a causa della
coazione che si instaura fra i due elementi.

2.2.2. Comportamento a flessione e a taglio

Se si analizza il comportamento di pannelli di muratura soggetti


contemporaneamente a carichi verticali e carichi orizzontali diretti parallelamente
al loro piano medio, si evidenzia che il collasso può manifestarsi secondo tre
diverse modalità:
- rottura per scorrimento;
- rottura per fessurazione diagonale;
- rottura per schiacciamento.
Il primo meccanismo di rottura si ha in genere per bassi valori di sforzo normale.
La rottura avviene per cedimento a taglio dei giunti (fig. 2.14c).
La rottura per fessurazione diagonale avviene quando la tensione principale di
trazione supera la resistenza della muratura e per valori intermedi di sforzo
normale (fig. 2.14b). Le fessure possono seguire l’andamento dei giunti di malta o
coinvolgere gli elementi in laterizio a secondo delle caratteristiche dei materiali e
dalla tessitura.
Il terzo meccanismo di rottura avviene quando la massima tensione di
compressione verticale alla base del muro raggiunge la resistenza a compressione

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

della muratura (fig. 2.14a). Questo tipo di crisi si ha per uno sforzo normale di
elevata entità.

(a) (b) (c)

Fig. 2.14– Modalità di rottura del pannello murario

Ai tre meccanismi di collasso, si possono associare altrettanti criteri di resistenza


(condizioni locali) che portano alla definizione di un dominio di rottura del tipo:
a) criterio di resistenza alla Coulomb:
b) resistenza a trazione dell’elemento;
c) resistenza a compressione della muratura

Fig. 2.15– Dominio di rottura per muratura soggetta a compressione e taglio

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

2.3. Vulnerabilità sismica di edifici esistenti

La vulnerabilità di un edificio con struttura portante in muratura tende a valutare


la sua propensione a subire danni sotto azione sismica di riferimento. Tale
indicatore è determinato dai seguenti fattori:
- l’importanza dei collegamenti tra pareti verticali;
- l’importanza dei collegamenti tra pareti ed orizzontamenti;
- il ruolo della resistenza meccanica delle pareti murarie.

2.3.1. Comportamento scatolare

Una parete muraria, investita dal sisma, può presentare diversi meccanismi di
collasso, classificabili in due categorie fondamentali:
- meccanismi di I modo;
- meccanismi di II modo.
I primi rappresentano i cinematismi di collasso in cui le forze sismiche agiscono
ortogonalmente al piano medio della parete, con comportamento flessionale e di
ribaltamento (fig.2.16a);i secondi, invece, sono innescati da forze sismiche che
agiscono parallelamente al piano medio della parete, con rotture per taglio e
flessione.

(a) (b)

Fig. 2.16– Meccanismi di collasso

22
CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Quindi, la resistenza delle pareti murarie per forze agenti parallelamente al


proprio piano medio, è molto maggiore rispetto a quella nel caso di forze agenti in
senso ortogonale.
L’attivazione dei vari meccanismi di collasso è fortemente influenzata dal grado
di connessione tra gli elementi strutturali. Ad esempio, carenze nel collegamento
tra pareti ortogonali e tra pareti e orizzontamenti, fanno si che la struttura sia
caratterizzata da un comportamento disaccoppiato delle singole pareti fuori dal
proprio piano, con un aumento della vulnerabilità sismica.
Quindi, il buon comportamento di una costruzione in muratura, soggetta a sisma,
si esplica attraverso il raggiungimento di un funzionamento scatolare.
Presupposto essenziale per il funzionamento scatolare, è il fatto che i muri
portanti, di controvento e i solai devono essere efficacemente collegati tra loro.
Il collegamento tra pareti e orizzontamenti può essere effettuato mediante cordoli
continui in cemento armato lungo tutti i muri, all’altezza dei solai di piano e di
copertura. I cordoli svolgono una funzione di vincolo alle pareti sollecitate
ortogonalmente al proprio piano, ostacolandone il meccanismo di ribaltamento.
Spesso negli edifici esistenti il collegamento degli orizzontamenti alle strutture
verticali è assente, in quanto, la trave in legno o le longarine metalliche sono
appoggiate direttamente in scassi prodotti nelle murature. Nel caso di solaio
deformabile e assenza di cordolo (fig.2.17a), la struttura è maggiormente
vulnerabile a meccanismi di I modo; nel caso di solaio deformabile e presenza di
cordolo (fig.2.17b), si ha un miglioramento della risposta sismica, grazie
all’azione di trattenuta esercitata dal cordolo.

(a) (b) (c)

Fig. 2.17– Risposta di un edificio alle azioni orizzontali

23
CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Infine, la presenza di solaio rigido e cordolo (fig.2.17c), assicurano un buon


comportamento scatolare, impedendo qualsiasi tipo di meccanismo.
È inoltre opportuno che i muri, ortogonali fra loro, siano efficacemente ammorsati
lungo le intersezioni verticali, mediante un’adeguata disposizione degli elementi
(fig. 2.18).

Fig. 2.18– Ammorsamento dei muri

Negli edifici storici, l’efficacia del collegamento tra pareti ortogonali si esplica
anche attraverso la presenza di catene metalliche, adeguatamente disposte e
dimensionate. È di fondamentale importanza che la catena sia, per quanto
possibile, disposta parallelamente a una parete che funziona da elemento di
contrasto, al fine di evitare fenomeni di inflessione nella parete ortogonale.
Nell’inclinazione dei paletti capochiave occorre prestare attenzione al fatto che
questi siano rivolti in modo che, sia il solaio, sia la parete verticale, funzionino da
elementi di contrasto (fig. 2.19).

(a) (b)

Fig. 2.19– Disposizione errata (a) e corretta (b) dei paletti capochiave della catena

24
CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Garantendo un buon grado di ammorsamento tra pareti perimetrali e in


corrispondenza dei martelli murari, la singola parete investita dall’azione sismica
perpendicolare al suo piano, chiama in compartecipazione nella risposta le pareti
ad essa ortogonali, trasferendo a queste un’azione complanare alla parete e
attivando, quindi, il meccanismo resistente nel quale esse esplicano la loro
naturale resistenza a taglio (fig. 2.20).

(a) (b)

Fig. 2.20– Meccanismo di ribaltamento della parete in assenza di collegamenti parete-parete (a) e
trasferimento delle azioni orizzontali ai setti di taglio in presenza di collegamenti parete-parete (b)

Il buon ammorsamento tra l’altro tende a realizzare una maggiore ridistribuzione


dei carichi verticali tra muri ortogonali, anche nel caso di solai a orditura
prevalente in una direzione(fig. 2.21).

Fig. 2.21– Ridistribuzione dei carichi verticali

25
CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Nelle costruzioni esistenti occorre condurre un’analisi precisa e dettagliata degli


aspetti suddetti, in modo da poter fare emergere le eventuali carenze strutturali e
delineare le differenze tra il comportamento reale e quello scatolare. Inoltre,
occorre controllare:
- la qualità del sistema resistente;
- la rigidezza dei solai e la resistenza delle pareti verticali alle quali i solai
sono appoggiati;
- la regolarità strutturale dell’edificio, sia in pianta che in elevazione.

2.3.2. Qualità del sistema resistente

Per qualità del sistema resistente si intende da una parte la qualità del tessuto
murario, intesa come disposizione e dimensione degli elementi costituenti la
parete muraria (blocchi artificiali, mattoni o pietre naturali), dall’altra la qualità
dei materiali componenti, ovvero della malta e dei blocchi.
Per quanto riguarda i blocchi artificiali o le pietre naturali, una delle caratteristiche
che ne determina la qualità, è la presenza di foratura. Murature portanti in blocchi
forati con eccessiva percentuale di fori presentano, infatti, un’elevata vulnerabilità
dal momento che, anche in presenza di malta di buona qualità tra i giunti,
denotano comunque una spiccata fragilità. Anche le murature in pietra arrotondata
di fiume presentano un’elevata vulnerabilità a causa della loro superficie
estremamente levigata che impedisce un buon livello di aderenza con il legante.
Per quanto riguarda la tessitura muraria, è indice di buona qualità la disposizione
dei blocchi in strati il più possibile regolari, con filari approssimativamente
orizzontali e con giunti verticali sfalsati, in modo da creare un immaginario
reticolo a maglie regolari. Sono ricorrenti nella pratica muraria pareti costituite da
due o più paramenti verticali affiancati che generalmente compongono le pareti in
muratura di pietrame: in questi casi è fondamentale, per il funzionamento
monolitico della parete sotto le azioni orizzontali, la presenza di elementi
trasversali di collegamento (diatoni) che attraversano tutto lo spessore della parete
collegando i due paramenti.

26
CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Tuttavia la presenza di paramenti esterni ben organizzati con elementi squadrati


non è sempre sinonimo di una muratura ben fatta: è sempre bene accertarsi infatti
che al suo interno non sia presente un paramento interno con caratteristiche
dimensionali e di apparecchiatura di qualità sensibilmente inferiori. Infine la
presenza di listature, come ricorsi in mattoni pieni o fascioni di calcestruzzo deve
essere valutata positivamente quando la listatura ha uno spessore pari a quello
della muratura sottostante, e la malta, impiegata tra i mattoni pieni, presenta un
buono stato di conservazione. Viceversa, queste possono diventare anche elementi
di vulnerabilità, andando a indebolire l’omogeneità della tessitura muraria.

2.3.3. I solai

Nel complessivo funzionamento scatolare occupano un posto importante gli


orizzontamenti ed i loro collegamenti alle pareti verticali; vengono privilegiati
quest’ultimi rispetto alla rigidezza (comportamento a diaframma), che spesso è
sinonimo di pesantezza, specialmente in taluni errati interventi di miglioramento
sismico.
Oltre ai solai anche le volte sono da considerarsi degli orizzontamenti. Il loro
punto debole è di essere degli elementi spingenti; quindi l’azione sismica
orizzontale può notevolmente aumentare la spinta di questi sistemi e causare
meccanismi di collasso. Di solito si trovano, proprio per questo motivo, associate
a catene che ne limitano (per lo meno staticamente) la spinta.

2.3.4. La copertura

Così come i solai, anche le coperture devono essere efficacemente collegate alle
pareti perimetrali attraverso un cordolo in cemento armato, in grado di trasferire le
azioni orizzontali del sisma alle strutture verticali portanti; tale vincolo costituisce
una sorta di “cerchiatura” in testa dell'intera struttura che favorisce un
comportamento globale dell'edificio.

27
CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

È importante valutare la natura spingente della copertura, poiché possono favorire


il collasso per ribaltamento fuori piano. Nelle coperture a padiglione (come nel
caso studio), la presenza dei puntoni può portare all’instaurarsi di crolli localizzati
della muratura nelle zone d’angolo (fig.2.22).

Fig. 2.22– Danni provocati dalla spinta del puntone diagonale di una copertura a padiglione per
effetto del sisma

Coperture ad una sola falda risultano poco spingenti; nel caso di tetto a due falde
invece, per limitare l'azione spingente della copertura, è necessaria la presenza di
tramezzi intermedi, oppure di travi di colmo di opportuna altezza (fig. 2.24a).Le
spinte della copertura possono essere annullate grazie all'inserimento di tiranti
metallici (catene)opportunamente disposti oppure di capriate (fig.
2.24b).Ovviamente, minore è l'inclinazione della falda, minore sarà la spinta sulle
murature.

Fig. 2.23– Coperture spingenti

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CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

(a)

(b)

Fig. 2.24– Coperture poco spingenti (a) e coperture non spingenti (b)

2.3.5. Regolarità in pianta e in altezza

Un altro fattore che gioca un ruolo molto importante è la regolarità dell’edificio:


- regolarità in pianta;
- regolarità in altezza.
Per quanto riguarda la forma in pianta, si può dire che le forme compatte, avendo
rigidezza paragonabile in ogni direzione, danno luogo a un miglior
comportamento di insieme. Inoltre le forme simmetriche sono da preferire a quelle
asimmetriche, in quanto in queste ultime il centro delle masse e delle rigidezze di
solito sono molto eccentrici e ciò provoca importanti sollecitazioni torsionali.
E’ opportuno adottare piante di forma semplice, cioè prive di rientranze; infatti,
l’incavo degli angoli rientranti è sede di concentrazioni di sforzi dovute al diverso
comportamento dinamico delle due porzioni di edificio che vi si intersecano.
Per gli edifici in muratura la disposizione delle aperture influenza
significativamente la regolarità in elevazione. Una loro errata disposizione può
provocare pericolosi flussi di tensioni prodotte dai carichi e rendere i setti troppo
snelli. La regolarità in altezza non dipende solo dalla geometria, ma anche dai
materiali. Questa può essere compromessa ad esempio da sopraelevazioni con
materiale diverso, magari più pesante rispetto a quello originale.

29
CAPITOLO 2 – GLI EDIFICI IN MURATURA

Le strutture irregolari in alzato, possono essere sede di concentrazioni di sforzi al


pari di quelle irregolari in pianta. In un edificio composto da due porzioni di
altezza notevolmente diversa, si possono infatti generare considerevoli
concentrazioni di tensioni nella zona di connessione dovute al diverso
comportamento dinamico che avrebbero le due porzioni, se fossero staccate l’una
dall’altra. Le configurazioni che portino ad aumenti di massa dal basso verso
l’alto sono assolutamente da evitare. E’ opportuno inoltre disporre le aperture su
file, sia verticali che orizzontali; questo per permettere che gli sforzi fluiscano con
regolarità senza dar luogo a pericolose concentrazione di tensione.

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CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

3. La procedura SAVE-VM

L’esigenza di effettuare analisi di vulnerabilità e rischio sismico si è manifestata


nel passato soprattutto per grandi insiemi di strutture con caratteristiche
omogenee, per i quali valutazioni avente carattere statistico erano sufficienti. A
seguito dei tragici eventi del 31.10.2002 e 1.11.2002, l’attenzione delle istituzioni
e del mondo scientifico è stata indirizzata fortemente verso gli edifici pubblici di
tipo strategico, per funzione e contenuto, come scuole e ospedali, al fine di
individuare e mettere a punto gli strumenti per la determinazione e la riduzione
del loro rischio sismico.
Le metodologie oggi disponibili per la valutazione della vulnerabilità degli edifici,
sono finalizzati a indagini e valutazioni su larga scala e possono fornire stime
affidabili in senso statistico, piuttosto che puntuale. Essi sono basati su rilievi
sommari “a vista”, e difficilmente possono tener conto delle differenze nei dettagli
costruttivi e nelle resistenze dei materiali che caratterizzano edifici diversi. Se da
un lato questi approcci garantiscono una buona robustezza della stima in senso
statistico, essi non possono fornire indicazioni verosimili sul singolo edificio.
Sul versante opposto si collocano gli usuali metodi dell’analisi strutturale per la
determinazione della sicurezza degli edifici rispetto alle diverse azioni, e in
particolare rispetto a quella sismica. L’affidabilità di tali valutazioni, però, è
strettamente legata alla conoscenza di tutte le caratteristiche della struttura,
relative ai materiali, alla geometria esterna e ai dettagli costruttivi, che spesso
incidono maggiormente nella risposta sismica a forti terremoti. Se il
conseguimento di risultati pienamente affidabili è un fatto oggi realizzabile, i costi
e i tempi connessi (per le indagini e i rilievi strutturali e per l’esecuzione dei
calcoli) diventano proibitivi, quando le valutazioni vanno effettuate su un numero
di edifici dell’ordine delle centinaia di migliaia, quali gli edifici pubblici da
sottoporre a programma di verifica ai sensi dell’art. 3 dell’O.P.C.M. 3274/2003.
Era, perciò, necessario mettere a punto uno strumento operativo intermedio tra i
metodi per l’analisi della sicurezza e i metodi per la valutazione della vulnerabilità

31
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

su larga scala, che ottimizzasse indagini e rilievi, accuratezza e complicazioni del


calcolo, tenendo conto delle caratteristiche tipiche degli edifici da valutare.
Nella presente tesi, viene illustrata la procedura SAVE-VM, studiata e messa a
punto, dal GNDT e dall’Università della Basilicata, per l’analisi della
vulnerabilità degli edifici esistenti in muratura del “Presidio Ospedaliero di
Volterra”. Tale procedura, implementata su foglio elettronico, consente di operare
in maniera rapida ed agevole su di un numero limitato di dati di input.

3.1. Metodologia

Come già detto nel paragrafo precedente, la finalità dello studio è la valutazione
della vulnerabilità sismica e del rischio sismico del singolo edificio.
La vulnerabilità è riferita a due livelli di danneggiamento, corrispondenti, in
termini prestazionali, alla condizione limite di operatività, ossia di
danneggiamento lieve tale da non pregiudicarne l’utilizzazione, e alla condizione
di collasso incipiente. La vulnerabilità, pertanto, viene intesa come stima
dell’intensità del terremoto per la quale l’edificio raggiunge le due condizioni
dette. Il rischio, ovviamente riferito alle condizioni di pericolosità sismica del sito
in cui sorge la costruzione, tenendo conto anche di eventuali effetti di
amplificazione locale, viene espresso in termini di periodo di ritorno del terremoto
che produce le due condizioni limite sopra citate.
La metodologia utilizzata è basata su di un modello di calcolo semplificato, che
permette l’analisi piano per piano, per la determinazione degli spostamenti relativi
tra un piano e l’altro, ai fini della valutazione delle condizioni di operatività, e
della resistenza sismica dell’organismo strutturale, ai fini della valutazione delle
condizioni di collasso.
Il livello di complessità del modello è commisurato al livello di conoscenza della
struttura reale, in termini di caratteristiche sia meccaniche dei materiali, che
geometriche dei diversi elementi strutturali e dell’organismo strutturale nel suo
insieme. Infatti, la conoscenza di una struttura esistente non è mai totale, ed il

32
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

livello di dettaglio è commisurato ai tempi e ai costi di esecuzione dei rilievi e


delle indagini sperimentali sui materiali e sugli elementi strutturali.
La procedura può essere applicata secondo due logiche diverse. La prima,
coerente con un’analisi della sicurezza svolta ai sensi della normativa, richiede la
considerazione di coefficienti di sicurezza e fattori di confidenza, così come
definiti nelle normative specifiche relative ai diversi tipi e materiali strutturali,
conduce ad una valutazione convenzionale e cautelativa della reale vulnerabilità e
del rischio sismico dell’edificio in esame. La seconda prescinde dall’adozione di
coefficienti di sicurezza e fattori di confidenza e fa riferimento direttamente ai
valori stimati più probabili delle resistenze dei materiali, essendo finalizzata alla
determinazione della più probabile stima delle capacità sismiche della struttura in
esame. Essa pertanto fornisce valutazioni meno cautelative ma più verosimili
della reale vulnerabilità e del rischio sismico dell’edificio in esame.
L’adozione di numerose assunzioni sulle caratteristiche della struttura e
dell’azione sismica, legate alla non perfetta conoscenza della struttura, basata su
indagini sicuramente non esaustive, della pericolosità del sito, basata su una delle
mappe disponibili a livello nazionale, dei terreni di fondazione, basata su
conoscenze spesso sommarie dei profili stratigrafici, nonché l’adozione di un
modello semplificato, limita, ovviamente, l’affidabilità dei risultati in termini
assoluti. Ciononostante, l’applicazione di una stessa procedura ai diversi edifici
permette di raffrontare in maniera diretta, e su base quantitativa, i loro livelli di
vulnerabilità e di rischio, e di evidenziare quelle situazioni precarie, sulle quali
occorre intervenire con maggiore urgenza.

3.2. Individuazione del o dei meccanismi di collasso possibili

Le strutture murarie degli edifici sollecitate da azioni sismiche, sono caratterizzate


da comportamenti molto diversi, dipendenti principalmente dalle caratteristiche e
dall’efficacia dei collegamenti tra pareti ortogonali e tra pareti e strutture
orizzontali.

33
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

Gli edifici pubblici sono spesso caratterizzati da buoni collegamenti tra pareti e
solaio, realizzati attraverso cordoli in c.a., nonché da solai adeguatamente rigidi.
Pertanto, al fine di determinare la vulnerabilità sismica degli edifici, la procedura
SAVE-VM considera unicamente i meccanismi di collasso per azioni nel piano,
fermo restando che occorre verificare le condizioni di validità delle ipotesi
assunte.

3.3. Modello di comportamento

In base al meccanismo di collasso predefinito, la procedura considera le modalità


di plasticizzazione e rottura per taglio e/o per pressoflessione dei maschi murari
sollecitati nel proprio piano, determinando il taglio complessivo portato dalla
struttura.
La resistenza all’azione orizzontale del maschio murario i-esimo, al j-esimo piano,
nella direzione dell’analisi, sollecitato nel proprio piano, viene valutata
considerando il valor medio della sua resistenza unitaria a taglio, secondo la
formulazione di Turnsek-Cacovic. La formula originaria esprime bene la
resistenza di un maschio murario quando la rottura avviene per taglio, mentre ne
fornisce una sovrastima quando il maschio murario è snello e soggetto ad una
tensione di compressione bassa, a causa del sopraggiungere della crisi per
flessione, prima che si determini la crisi per taglio.
Per tener conto di questa eventualità, si applica un fattore riduttivo della resistenza
specifica tangenziale, funzione della snellezza e della tensione di compressione
media, così da ottenere il valore corretto τcorr,i,j, per il maschio murario i-esimo del
piano j-esimo, nella direzione parallela al piano medio del maschio murario:


σ 0, i , j
V i , j= A i , j τ corr , i , j 1+
1,5 τ corr , i , j

dove Vij è la resistenza a taglio del maschio murario i-esimo, al piano j-esimo,
sollecitato nel proprio piano;σ0,i,j è la tensione di compressione agente sullo stesso
maschio murario per effetto dei carichi verticali; Ai,j è l’area della sua sezione
orizzontale.

34
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

La valutazione di τcorr,i,j viene effettuata automaticamente dalla procedura, una


volta specificate le caratteristiche geometriche del maschio murario e delle fasce
di piano inferiore e superiore ed i carichi agenti. La valutazione della resistenza
complessiva dell’edificio, infatti, richiede la determinazione delle aree di muratura
resistente nelle due direzioni, escludendo naturalmente le aperture di porte e
finestre, valutando per ciascun allineamento la snellezza media e la tensione
media di compressione, così da determinare il fattore riduttivo da applicare alla
resistenza unitaria a taglio.
La resistenza complessiva in ciascuna direzione è ottenuta sommando i contributi
dei singoli maschi murari del livello in esame sollecitati parallelamente, secondo
l’equazione:

V j= ∑ i Vi , j

La rigidezza dei singoli maschi murari viene valutata tenendo conto della
deformabilità a taglio e a flessione con l’equazione:

GA 1
K i , j= r
χ hdef 2
Gh def
1+
χ Eb 2
dove E = 6G e G= 1000τk; r è un fattore riduttivo che tiene conto della riduzione
di rigidezza per fessurazione, compreso tra 0,5 e 1; hdef è l’altezza deformabile,
valutata tenendo conto delle dimensioni delle aperture adiacenti al maschio
murario in esame; b è la larghezza del maschio murario; A è l’area della sezione
orizzontale del maschio murario.

3.4. Vulnerabilità sismica

La vulnerabilità sismica dell’edificio viene valutata in termini di accelerazione di


picco a terra che produce il raggiungimento dei due livelli prestazionale
considerati: l’operatività e il collasso.
Il passaggio dalle resistenze di piano, o dalle forze di piano, all’accelerazione al
suolo che determina le condizioni critiche, richiede una serie di passaggi che
mettono a confronto gli effetti indotti dall’azione sismica (sollecitazioni, richieste
35
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

di duttilità, deformazioni), ossia la domanda, con le corrispondenti capacità per


ciascun piano e per ciascuna direzione, andando poi a individuare la situazione più
sfavorevole nel rapporto domanda/capacità, sulla base della quale si valuterà
l’accelerazione al suolo che ne determina il raggiungimento.
L’accelerazione massima, PGA, viene innanzitutto riferita al sito in cui è
localizzato l’edificio, includendo anche l’amplificazione e la distorsione spettrale
prodotta dai terreni deformabili di fondazione; successivamente viene determinata
l’accelerazione di picco riferita alle condizioni ideali su roccia ag, corrispondente
all’accelerazione al sito PGA che produce il raggiungimento dei due livelli
prestazionali della struttura.

3.5. Tagli di piano

Il primo passo consiste nel determinare il taglio prodotto ai vari piani


dell’accelerazione agente globalmente sulla struttura, assunta convenzionalmente
pari a 1g. A tale scopo si utilizza il metodo dell’analisi statica lineare6, che
definisce le forze di piano in relazione ad una prefissata forma semplificata lineare
del primo modo di vibrare della struttura:

F j= Fh (z j W j )/ ∑ z i W i

dove Fh= W avendo assunto l’accelerazione pari a 1g; Fj è la forza da applicare al


piano j-esimo; Wi e Wj sono i pesi, rispettivamente, della massa i e della massa j; zi
e zj sono le quote, rispetto al piano di fondazione, delle masse i e j; W è il peso
complessivo della costruzione; g è l’accelerazione di gravità.
Il taglio agente al piano j, Vag,j, nella direzione considerata è ottenuto sommando
le forze calcolate agenti al di sopra del piano in esame:
p
V ag , j= ∑ Fi
i= j

I rapporti SDj , tra i tagli di piano Vj corrispondenti alla condizione limite in esame
(Vj,COLL= “raggiungimento della resistenza di piano per il collasso” oppure Vj,OPER =
“raggiungimento dello spostamento interpiano dr pari al limite di operatività

36
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

dr,OP”) ed i corrispondenti tagli di piano agenti Vag,j, definiscono la prestazione


strutturale dei singoli piani dell’edificio in termini di accelerazioni sulle masse
strutturali, espresse in frazione di g.

3.6. Accelerazioni del suolo

Il passaggio successivo consiste nel determinare le accelerazioni massime del


terreno in situ (PGA) e su roccia (ag), corrispondenti al raggiungimento delle
condizioni limite ai singoli piani e nelle due direzioni considerate.
Questo passaggio richiede la considerazione di diversi effetti legati al
comportamento dinamico della struttura, alle sue capacità duttili e, eventualmente,
alle capacità dissipative degli elementi non strutturali non portati in conto in
termini di resistenza, oltre che delle forme spettrali in relazione al tipo di terreno.
Tali effetti vengono messi in conto attraverso una serie di coefficienti, che
trasformano l’accelerazione del terreno che produce il raggiungimento della
condizione limite in esame, definita come PGAj, in accelerazione sulle masse
strutturali:
SDj=PGAj. αPM . αAD . αDS/ αDUT,j= agj. S .αPM . αAD . αDS/αDUT,j (1)
dove:
- αPM è il coefficiente di partecipazione modale del primo modo di vibrare
nella direzione considerata, che può essere assunto pari a 0,8 per edifici
aventi più di un piano, 0,9 per edifici aventi solo due piani, 1 per edifici ad
un piano, in analogia al coefficiente riduttivo λ1, ma con una maggiore
differenziazione tra gli edifici con 1-3 piani, intervallo nel quale si
collocano numerosi edifici pubblici, ed in particolare quelli scolastici;
- αAD è l’amplificazione spettrale, funzione del periodo del primo modo
nella direzione in esame e della forma spettrale; esso viene determinato
con riferimento agli spettri per i diversi tipi di terreno, secondo le
categorie di profili stratigrafici del suolo di fondazione.

1 § 7.3.3.2 del D.M. 14/01/2008 “Norme tecniche per le Costruzioni”

37
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

Il periodo proprio della struttura viene automaticamente calcolato


mediante la formula di Rayleigh, adottando la deformata prodotta dalle
forze statiche precedentemente definite;
- αDS negli edifici in muratura, nei quali il contributo degli elementi non
strutturali, ove presenti, si considera trascurabile, è normalmente assunto
pari a 1, sebbene tale valore sia modificabile nella procedura, per tener
conto di situazioni particolari;
- αDUT,j è un coefficiente funzione di numerosi parametri, alcuni riferiti
all’edificio globalmente, altri al piano in esame. Tali parametri,
penalizzanti per le capacità duttili della struttura, varieranno il valore di
αDUT,j tra 1 e 2.Nella valutazione delle prestazioni strutturali rispetto alle
condizioni di operatività il coefficiente di duttilità assume, in ogni caso,
valore unitario.

3.6.1. Coefficiente di duttilità

Per gli edifici in muratura perfettamente regolari si adotta un valore di riferimento


del coefficiente di duttilità di piano pari a 2. Tale valore può essere ulteriormente
penalizzato mediante i coefficienti pk, che tengono conto dell’influenza delle
irregolarità sulla duttilità di piano:

αDUT,j= 2. p1,j . p2 . p3
dove:
- p1,jèilcoefficiente riduttivo di piano per irregolarità di resistenza tra piani
successivi, calcolato considerando i rapporti che quantizzano un eccessivo
aumento del rapporto tra capacità e domanda in termini di taglio di piano,
procedendo dal basso verso l’alto:

p1,j = 0,5 + 0,5Rj ≥ 0,75 se Rj= (Vj/Vag,j)/(Vj+1/Vag,j+1) < 1p1,j =


1 se Rj≥ 1

38
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

Il coefficiente p1,j, pertanto, sarà pari a 1 se ai piani inferiori si hanno delle


sovraresistenze rispetto ai piani superiori, a 0,75 quando si hanno delle
sovraresistenze dei piani superiori maggiori del 50% rispetto ai piani
inferiori, e valori compresi tra 0,75 e 1 negli altri casi. Ovviamente il
coefficiente è sempre unitario all’ultimo piano;
- p2èilcoefficiente riduttivo dovuto all’irregolarità di rigidezza o di massa in
pianta; sarà pari a 1per situazioni regolari, a 0,95 per situazioni
mediamente irregolari e a 0,90 per situazioni fortemente irregolari;
- p3èilcoefficiente riduttivo dovuto all’irregolarità di forma geometrica (in
pianta e in elevazione); sarà pari a 1per situazioni regolari, a 0,95 per
situazioni mediamente irregolari e a 0,90 per situazioni fortemente
irregolari;

3.7. Determinazione del livello prestazionale allo SLO

La perdita di operatività è riferita alla condizione di danneggiamento non


trascurabile delle parti non strutturali e/o di quelle strutturali. Per questo essa è
determinata dal raggiungimento di una delle due seguenti condizioni:
- drift percentuale (spostamento interpiano/altezza di interpiano) dr,lim=
0.3%
- accelerazione a terra corrispondente ad un valore unitario diαDUT,j.
Per quanto riguarda la prima condizione, nota la rigidezza totale Kj e l’altezza hj
del piano j-esimo, il taglio che provoca il drift limite nella direzione considerata
sarà pari a:
Vop,j= Kj⋅hj⋅dr,lim

Considerando questo come valore massimo “resistente”, è possibile, procedendo


analogamente a quanto fatto per l’individuazione del limite di collasso,
determinare le massime accelerazioni spettrali. Le uniche differenze sono legate ai

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CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

coefficienti riduttivi p1,je p3 che assumono valore unitario. L’espressione del


coefficiente di duttilità di piano, quindi, degenera in:

αDUT,j= 1 ⋅ (1 ⋅ p2⋅ 1) = p2

dove il coefficiente riduttivo p2 assume gli stessi significati e gli identici valori del
precedente paragrafo. È evidente che il fattore αDUT,j assume in questo caso il
significato di fattore di irregolarità che amplifica gli effetti del sisma in termini di
deformazioni locali, rispetto alle quali si effettua la verifica dei limiti di
operatività.
L’altra condizione è valutata semplicemente assumendo αDUT,j= 1. È opportuno
sottolineare come questa condizione corrisponda non alla prima plasticizzazione
locale dei maschi murari ma alla plasticizzazione di tutti i maschi di un piano, e,
dunque, ad uno stato di danneggiamento effettivo della struttura.

3.8. Accelerazioni al suolo

Noti i coefficienti di trasformazione, dall’inversione della (1), si ricavano


facilmente le accelerazioni massime al suolo in situ e su roccia, che determinano,
per ogni piano e per ciascuna direzione, il raggiungimento delle condizioni limite
(collasso e operatività):

PGAj=SDj. αDUT,j/αPM . αAD . αDS


agj = PGAj / S

Nel caso in cui la valutazione sia eseguita sia nell’ipotesi di assenza che
nell’ipotesi di presenza di elementi non strutturali collaboranti, a ciascun piano e
per ciascuna direzione, si assumerà, tra i valori di accelerazione ottenuti, il
massimo tra i due, come valore rappresentativo della capacità del piano.
Note le accelerazioni al suolo che determinano il raggiungimento della condizione
limite in esame a ogni piano e nelle due direzioni, si individua il piano e la
direzione nella quale si manifesta per prima la condizione limite, assumendo il

40
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

corrispondente valore come accelerazione di riferimento della resistenza sismica


dell’intero edificio.

3.9. Determinazione dei periodi di ritorno e valutazione del rischio

Una volta valutata la vulnerabilità reale della struttura, espressa in termini di


accelerazione massima a terra del terremoto che produce il collasso o la perdita di
operatività, tali accelerazioni possono essere espresse anche in termini di intensità
della scala macrosismica Mercalli-Cancani-Sieberg, attraverso la seguente legge
di trasformazione:

IMCS = 1/0,179*Log10[(PGA/g)⋅(981/4,864)]

Con PGA espresso in cm/s2.


La stessa valutazione di vulnerabilità consente di definire il rischio di collasso,
ovvero il periodo di ritorno del terremoto corrispondente all’accelerazione di
picco trovata, nel sito.
Con riferimento alle mappe della pericolosità sismica italiana, si possono ottenere,
per interpolazione o estrapolazione, i periodi di ritorno corrispondenti alle
accelerazioni a terra mediante l’equazione:

αln(ag)
T = K.e

dove i parametri α e K sono funzione del sito ed ag e l’accelerazione su roccia di


cui si vuole determinare la ricorrenza.

3.10. Evoluzione storica e costruttiva del Presidio Ospedaliero di Volterra

La fondazione di un ospedale civile a Volterra risale ad epoca antichissima. Le


prime notizie di “spedali e ospizi” operanti nella città risalgono al 1161; nel
territorio volterrano, infatti, erano diversi gli istituti, fra urbani e rurali, che si
adoperavano, con poveri mezzi, alla cura degli ammalati.

41
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

Le precarie condizioni igienico-sanitarie, nelle quali versavano tali strutture,


resero necessaria l’unificazione di tutti gli istituti sparsi per la città, in un unico
ospedale, a cui venne attribuito il nome “Spedali Riuniti di Santa Maria
Maddalena”. L’unificazione avvenne in modo parziale nel 1353, e
definitivamente nel 1383, per volontà del Vescovo Belforti.
Per molti secoli, dal 1383 al 1939, l’istituto subì la gestione di varie
amministrazioni, come il Comune di Volterra e la Congregazione di Carità. Solo
nel 1971, in seguito alla riforma ospedaliera, la gestione passò definitivamente
nelle mani dell’amministrazione autonoma, prendendo il nome “Ospedale Civile
S. Maria Maddalena”.
Nel 1984, seicento anni dopo l’unificazione dei vari spedali cittadini, l’Ospedale
Civile lasciò la vecchia struttura e fu trasferito, a seguito di radicali interventi di
trasformazione, nei fabbricati lasciati liberi dal disciolto Ospedale Psichiatrico.
L’area, entro la quale si sviluppa il Presidio Ospedaliero, a est della città (Borgo
San Lazzero), fu in gran parte urbanizzata ed edificata a partire dal 1888, anno di
riferimento nella storia dell’Ospedale Psichiatrico.
Nell’anno 1888 il Prefetto di Pisa propose di istituire all’interno del Ricovero di
Mendicità, amministrato dalla Congregazione di Carità e aperto nel 1884 nel
fabbricato del soppresso Convento di S. Girolamo, una sezione di dementi
tranquilli appartenenti alla Provincia di Pisa, da dimettere dal Manicomio di
Siena. Questa proposta trovò favorevole accoglienza e le trattative furono
rapidamente condotte a termine. Nell’Ottobre del 1888 vennero trasferiti dal
Manicomio di Siena al Ricovero di Mendicità “quattro mentecatti tranquilli”
appartenenti alla Provincia di Pisa ed ebbe così inizio la storia dell’Ospedale
Psichiatrico.
Fin dall’anno seguente, il numero dei degenti nella Sezione Dementi aumentò
rapidamente, tale da porre l’Amministrazione nella necessità di reperire nuovi
locali, prima mediante affitti e poi con nuove costruzioni. Nel 1890 fu presa in
affitto la Villa di Papignano nelle vicinanze dell’istituto per insediarvi una sezione
femminile di dementi. Nel 1896 iniziò la costruzione ex-novo del primo
padiglione “Krafft-Ebing”, l’attuale “Scabia”, capace di oltre 200 letti, con sale di

42
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

soggiorno, refettorio e locali di servizio. Nel 1897 fu preso in affitto un fabbricato


in Volterra, per trasferirvi la sede del Ricovero di Mendicità e riservare alla
Sezione Dementi, che già si avviava a diventare un vero manicomio, tutti i locali
dell’ex convento. Nel Novembre 1897 la Sezione Dementi divenne un’istituzione
autonoma sotto il titolo di Asilo di Dementi, amministrata dalla Congregazione di
Carità ma con la gestione separata dal Ricovero di Mendicità. Qualche anno dopo,
il 5 Giugno 1902, l’Asilo Dementi ebbe legale riconoscimento di ente morale con
il nuovo titolo di “Frenocomio di San Girolamo”.
Per far fronte al numero sempre crescente dei ricoverati, nel 1900 fu acquistata la
Villa Falconcini, che completamente ristrutturata e ampliata, divenne il padiglione
“Kraepelin”; fu inoltre acquistato il podere di Velloso e trasformato in colonia
agricola. Nel 1903 fu presa in affitto la Villa Inghirami in prossimità dell’Istituto,
e tra il 1900 e il 1910 furono costruiti, il padiglione “Morel” per la lavanderia, il
padiglione “Lombroso” per l’osservazione dei ricoverati ed il grande padiglione
“Verga” perla degenza. Nel 1910 erano in corso di costruzione e quasi ultimati il
padiglione “Koch” per l’isolamento dei malati, il padiglione “Zacchia” e
l’ampliamento della colonia agricola. Negli anni successivi vennero costruiti, tra il
1911 e il 1920 il “Livi” (1914), il “Golgi”(1916), il “Castiglioni” (1916), lo
“Zani” (1916), il “Sarteschi” (1916), il “Ramazzini” (1918),il “Vidoni” (1918), il
“Centro Sociale” (1918), il “Biffi” (1918), il vecchio forno e la cucina.

Fig. 3.1– Borgo San lazzero nel 1918

Tra il 1921 e il 1930, vennero costruiti lo “Charcot” (1925) e il “Ferri” (1930); tra
il 1931 e il 1940 il“Maragliano” (1931), il “Mingazzini” (1933), il “Baccelli”

43
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

(1933), il “Tebaldi” (1934), il“Cinema Teatro” (1934), il “Corpo Centrale”


(1935), il “Tanzi” (1936), i magazzini, ilmacello, la lavanderia, le officine,
l’autorimessa, e altri reparti presso le aziende agricole Caggio e Tignamica.

Fig. 3.2– Borgo San lazzero nel 1933

Nel 1978, a seguito della entrata in vigore della Legge 180/78, conosciuta anche
come “Legge Basaglia”, la quale inserì il malato di mente nel pieno contesto della
medicina generale e decretò il superamento degli ospedali psichiatrici, iniziò lo
smantellamento dell’Ospedale Psichiatrico.
Quest’ultimo comportò pesanti contraccolpi all’economia della città e determinò
importanti problemi legati al riuso di un enorme patrimonio edificato e
sproporzionato alle esigenze locali. Sul finire degli anni ‘70 fu dato così il via ad
un progetto di trasferimento del vecchio Ospedale Civile, ubicato in una ex
struttura conventuale nel centro storico, in alcuni padiglioni dell’ex Ospedale
Psichiatrico, il cui trasferimento si concretizzò nel 1984.

Fig. 3.3– Borgo San lazzero oggi

44
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

Nell’immagine seguente è riportata la planimetria attuale del Presidio


Ospedaliero, con indicazioni delle strutture in uso e della loro epoca costruttiva.

Fig. 3.4– Planimetria del Presidio Ospedaliero di Volterra

45
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

3.11. Vulnerabilità degli edifici analizzati

Uno degli obiettivi principali della tesi è stato quello di analizzare la vulnerabilità
sismica di11 edifici, con tipologia prevalente in muratura, attraverso la procedura
SAVE-VM illustrata nei paragrafi precedenti.
Gli edifici analizzati sono riassunti nella seguente tabella:

CODICE PERIODODI
N°.Pres. PRESIDIO
EDIFICIO COSTRUZIONE
2 Ed.Verga VERGA Prima del 1900
4 Ed.Cisalpino CISAL 1921-1930
6 Ed.Golgi GOLGI 1911-1920
9 Ed.Vidoni VIDON 1911-1920
10 Ed.Lombroso LOMBR 1900-1910
11 Ed.Centro sociale TECNI 1911-1920
12 Ed.Zani ZANI 1911-1920
13 Ed.Tebaldi TEBAL 1931-1983
15 Obitorio OBITO Prima del 1900
14a Guardaroba GUARD 1931-1983
8a Ed.Kraepelin KRA-U1 1900-1910

Tabella 3.1– Elenco degli edifici analizzati

Gli edifici risultano in gran parte risalenti a edificazioni avvenute nei primi anni
del ‘900. Queste strutture sono state interessate negli anni da interventi di
ristrutturazione anche importanti su solai e copertura, a differenza del “Zani” e
“Tebaldi” che presentano ancora oggi l’originaria copertura in legno.

Fig. 3.5– Edificio Lombroso

46
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

Fig. 3.6– Edificio Verga

Nonostante tutto, gli edifici mantengono ancora le caratteristiche costruttive


originarie, in particolare nelle strutture portanti in muratura, caratterizzate da
pietrame con tessitura irregolare (fig. 3.5-3.6).
Negli ultimi anni, nell’ambito di un contratto tra il Dipartimento di Ingegneria
Civile dell’Università di Pisa e l’Azienda USL 5 di Pisa, è stata svolta una
campagna di prove sperimentali sull’edificio “Livi”, oggi caduto in disuso.
L’edificio, costruito tra il 1911 e il 1934, presenta gli stessi materiali e le stesse
tecniche costruttive della maggior parte degli edifici del Presidio Ospedaliero;
quindi le prove hanno come finalità la caratterizzazione meccanica della muratura
di gran parte di essi.
I parametri meccanici ottenuti a seguito delle prove, e di seguito riportati in
tabella 3.2, sono stati utilizzati come dati di input per la compilazione delle schede
SAVE.

RESISTENZA A COMPRESSIONE (fmc) RESISTENZA A TAGLIO (τvm0)


0,8 MPa 0,033MPa

Tabella 3.2– Parametri meccanici della muratura ottenuti da prove sperimentali sul “Livi”

I dati di output ottenuti dalla procedura SAVE-VM sono:

SLO SLC
N°.Pres. PRESIDIO Accelerazione al suolo massima Accelerazione al suolo massima
(capacity) (capacity)
2 Ed.Verga 0,076g 0,123g
4 Ed.Cisalpino 0,034g 0,061g

Tabella 3.3– Accelerazioni al suolo che determinano il raggiungimento delle condizioni limite

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CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

SLO SLC
N°.Pres. PRESIDIO Accelerazione al suolo massima Accelerazione al suolo massima
(capacity) (capacity)
6 Ed.Golgi 0,049g 0,089g
9 Ed.Vidoni 0,068g 0,104g
10 Ed.Lombroso 0,076g 0,128g
11 Ed.Centro sociale 0,062g 0,104g
12 Ed.Zani 0,062g 0,099g
13 Ed.Tebaldi 0,077g 0,116g
15 Obitorio 0,068g 0,122g
14a Guardaroba 0,088g 0,158g
8a Ed.Kraepelin 0,075g 0,121g

Tabella 3.3– Accelerazioni al suolo che determinano il raggiungimento delle condizioni limite

Le accelerazioni orizzontali massime di progetto, calcolate con “Spettri NTC


1.0.3” al § 4.4.5 della presente tesi, per i due Stati Limite considerati ammontano
a:
- Stato Limite di Operatività (SLO): ad= 0,064g
- Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): ad= 0,212g
Gli Indicatori di Rischio Sismico (Ir), espressi come rapporti tra le accelerazioni al
suolo di capacità e di domanda, sono pertanto riassunti nella seguente tabella:

N°.Pres. PRESIDIO SLO SLC


Indicatore di Rischio Sismico Indicatore di Rischio Sismico
2 Ed.Verga 1,19 0,58
4 Ed.Cisalpino 0,53 0,29
6 Ed.Golgi 0,77 0,42
9 Ed.Vidoni 1,06 0,49
10 Ed.Lombroso 1,19 0,60
11 Ed.Centro sociale 0,97 0,49
12 Ed.Zani 0,97 0,47
13 Ed.Tebaldi 1,20 0,55
15 Obitorio 1,06 0,58
14a Guardaroba 1,38 0,75
8a Ed.Kraepelin 1,17 0,57

Tabella 3.4– Indicatori di Rischio Sismico

Indicatori di Rischio Sismico ≥ 1 implicano il fatto che la struttura è conforme alla


recente normativa sismica e che non ha bisogno di alcun tipo di intervento. Al
contrario, un valore di Ir < 1 segnala che la struttura è inadeguata. Infine valori
48
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

compresi tra 0,65≤ Ir <1,per edifici esistenti allo SLC, possono ritenersi ancora
accettabili.
Basandosi sull’Indicatore di Rischio Sismico, è ora possibile stabilire quali edifici
possono essere ritenuti sicuri e quali a rischio, stabilendo delle priorità di
intervento.

1,40 Ed.Verga
1,30
Ed.Cisalpino
1,20
1,10 Ed.Golgi
1,00 Ed.Vidoni
0,90
Ed.Lombroso
0,80
0,70 Ed.Centro sociale
0,60 Ed.Zani
0,50
Ed.Tebaldi
0,40
0,30 Obitorio
0,20 Guardaroba
0,10 Ed.Kraepelin
0,00

Fig. 3.7– Istogramma di confronto degli Ir allo SLO

0,80
Ed.Verga
0,70 Ed.Cisalpino

0,60 Ed.Golgi
Ed.Vidoni
0,50
Ed.Lombroso
0,40 Ed.Centro sociale
Ed.Zani
0,30
Ed.Tebaldi
0,20 Obitorio

0,10 Guardaroba
Ed.Kraepelin
0,00

Fig. 3.8– Istogramma di confronto degli Ir allo SLC

Analizzando gli istogrammi riportati nelle figure precedenti, si può concludere


che:

49
CAPITOLO 3 – STUDIO DI VULNERABILITA’ SISMICA: L’OSPEDALE DI VOLTERRA

- in presenza di sismi di lieve intensità (SLO), la maggior parte degli edifici,


tranne il “Cisalpino” e il “Golgi”, possono ritenersi sicuri, in quanto
caratterizzati da Ir maggiori o comunque prossimi a 1;
- in presenza di sismi di elevata intensità (SLC), gli edifici risultano non
sicuri, essendo caratterizzati da Ir minori di uno, e quindi necessitano di
interventi strutturali.
L’adozione di numerose ipotesi sulle caratteristiche delle strutture, legate alla
non perfetta conoscenza delle stesse, basata su indagini sicuramente non
esaustive, nonché l’adozione di modelli semplificati, limita, ovviamente,
l’affidabilità dei risultati ottenuti in termini assoluti, rendendo necessarie
verifiche sismiche più approfondite. Ciononostante, l’applicazione della stessa
procedura SAVE-VM ai diversi edifici, ha permesso di raffrontare i loro livelli
di vulnerabilità e di rischio, e di evidenziare quelle situazioni precarie, sulle
quali occorre intervenire con maggiore urgenza (fig. 3.9).

Ed.Cisalpino
Ed.Golgi
Ed.Zani
Ed.Vidoni
Ed.Centro sociale
Ed.Tebaldi
Ed.Kraepelin
Obitorio
Ed.Verga
Ed.Lombroso
Guardaroba

Fig. 3.9– Schema delle priorità di intervento per il soddisfacimento dello SLC

50
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4. CASO STUDIO

Il caso studio riguarda l’approfondimento analitico della valutazione della


vulnerabilità e del rischio sismico dell’edificio denominato Obitorio.
La valutazione della vulnerabilità sismica con analisi analitiche necessita di
informazioni geometriche, costruttive e meccaniche dell’edificio oggetto di
studio, più approfondite di quelle richieste fino ad ora per la stima del rischio
sismico attraverso le schede G.N.D.T./C.N.R. e S.A.V.E. Le Norme Tecniche
delle Costruzioni pubblicate con il D.M. 14 gennaio 2008 e le Circolari di
aggiornamento, dettano a tal proposito delle linee guida per il rilevamento di tali
informazioni riguardanti gli edifici esistenti, al fine di poter garantire la
realizzazione di un modello che interpreti realisticamente il comportamento e le
capacità statiche e dinamiche dell’edificio oggetto di studio.
Il processo di conoscenza descritto dalle NTC ‘08 si compone di tre fasi:
- analisi storico-critica;
- rilievo;
- caratterizzazione meccanica dei materiali.
Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle tre fasi conoscitive, vengono
definiti i “Livelli di Conoscenza” dei diversi parametri coinvolti nel modello
(geometria, dettagli costruttivi e materiali), e i corrispondenti “Fattori di
Confidenza”, da utilizzare come ulteriori coefficienti parziali di sicurezza che
tengano conto delle carenze nella conoscenza dei parametri del modello.

4.1. Analisi storico-critica

Ai fini di una corretta individuazione del sistema strutturale esistente e del suo
stato di sollecitazione, è importante ricostruire il processo di realizzazione e le
successive modificazioni subite nel tempo dal manufatto, nonché gli eventi che lo
hanno interessato.
Non è stato possibile disporre dei disegni originali di progetto, ma grazie alla
disponibilità dimostrata dall’ufficio tecnico USL 5, in particolar modo dall’Ing.

51
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

M. Amidei, si è venuti a conoscenza di alcuni elaborati architettonici redatti a


seguito di una campagna di rilievi eseguiti nei primi anni ’80 (fig. 4.1-4.2-4.3).

Fig. 4.1– Pianta piano seminterrato anni ‘80

Fig. 4.2– Pianta piano terra anni ‘80

52
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.3– Sezione A-B anni ‘80

In questo modo, confrontando gli elaborati del 1983 con quelli redatti in
occasione di alcuni lavori di manutenzione effettuati nel 2009(fig. 4.3), è stato
possibile ricostruire degli interventi che hanno modificato nel tempo la
conformazione originale, come:
• demolizione e ricostruzione ad altezza diversa dei solai;
• tamponamento non ammorsato di alcune aperture;
• realizzazione di elementi divisori in cartongesso;
• demolizione della copertura in legno e ricostruzione in latero-cemento.

Fig. 4.4 – Pianta piano seminterrato 2009

53
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.5 – Pianta piano terra 2009

Fig. 4.6 – Sezione C-C 2009

54
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.2. Rilievo

La seconda fase conoscitiva descritta nelle NTC ‘08 prevede un accurato rilievo
geometrico-strutturale, riferito sia alla geometria complessiva dell’organismo sia a
quella degli elementi costruttivi. Il rilievo, oltre ad avere lo scopo di individuare
l’organismo resistente della costruzione, deve tenere presente anche la qualità e lo
stato di conservazione dei materiali e degli elementi costitutivi.
Per l’edificio oggetto di studio è stato preso in considerazione il rilievo effettuato
nel 2011 ad opera dell’Ing. Elisa Bonannini che ha portato alla compilazione della
scheda check list (si vedano allegati) per la verifica di quote, sezioni resistenti,
caratteristiche geometriche, condizioni manutentive generali rispetto alle
informazioni fornite dall’ufficio tecnico USL 5.
L’edificio (Presidio n°15), realizzato prima del ‘900, copre circa 300 m2 per
complessivi 1600 m3 e ha una pianta compatta che si sviluppa su due piani fuori
terra (piano seminterrato, piano terra). La struttura resistente in muratura, è
realizzata in pietrame disordinato e presumibilmente in mattoni pieni e malta di
calce per i maschi interni, di spessore pari a 15 cm, che sostengono le volte
presenti nel seminterrato.

Fig. 4.7 – Particolari della tessitura muraria

Per quanto riguarda gli impalcati, l’impossibilità di fare indagini invasive, ha


portato ad avanzare delle ipotesi, basate sulla conoscenza della tradizione
costruttiva dell’epoca. E’ stato ipotizzato un impalcato di sottotetto di tipo misto,

55
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

costituito da profili metallici IPE 180 (interasse 110 cm), tavelloni e soletta in cls
armato. Le ipotesi avanzate, sono state in parte confermate da un’attenta indagine
visiva eseguita attraverso la presenza di un foro nella soletta (fig.4.8).

Fig. 4.8 – Particolari della tessitura muraria

Diversamente, per quanto riguarda l’impalcato d’interpiano, analizzando


visivamente l’intradosso è stato possibile individuare due differenti tipologie di
volte:
- volta a botte;
- volta a padiglione.

Fig. 4.9 – Particolari della volta a botte

In riferimento alle prescrizioni diportate al §5 del “Manuale per la compilazione


della Scheda GNDT/CNR di II livello-Versione modificata dalla Regione

56
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Toscana”, gli impalcati di sottotetto e interpiano possono essere classificati


rispettivamente come:
- orizzontamento rigido o poco deformabile: l’applicazione della soletta
armata con rete elettrosaldata conferisce al solaio una buona rigidezza nel
proprio piano e un ruolo di ripartizione delle azioni orizzontali sui setti
verticali in base alle loro rigidezza;
- orizzontamento deformabile.
Per qualsiasi tipologia di solaio si registra la mancanza di cordoli in
corrispondenza dell’intersezione tra la muratura e i solai stessi.
Come riportato al paragrafo precedente, la copertura originaria in legno è stata
sostituita da una copertura con struttura mista; ovvero profili metallici HEA180 su
cui scaricano travetti prefabbricati (larghezza pari a 12 cm e interasse di 60 cm) e
pignatte.

Fig. 4.10 – Particolari copertura a padiglione

Non si hanno informazioni precise per quel che riguarda le fondazioni. Si ipotizza
che le fondazioni, certamente superficiali, siano state realizzate a sacco con
materiale di scarsa qualità e continue al di sotto delle strutture principali.
Relativamente all’analisi della distribuzione delle masse in elevazione, emerge
l’assenza di logge e ballatoi esterni; inoltre, sulla base del rilievo effettuato,
l’edificio si può considerare “regolare” in altezza dato che non sono state
riscontrate variazioni significative dello spessore delle sezioni murarie lungo tutto
il loro sviluppo verticale. La valutazione del sistema resistente (efficacia del
collegamento fra pareti ortogonali interne ed esterne con relative ammorsature tale

57
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

da assicurare il comportamento scatolare della struttura), viene presunta buona


vista la mancanza di fessurazioni tra murature esterne ed interne.
Di seguito si riportano le foto del fabbricato.

Fig. 4.11 – Prospetto Nord-Est

Fig. 4.12 – Prospetto Sud-Est

58
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.12 – Prospetto Sud-Ovest

4.3. Caratterizzazione meccanica dei materiali

La terza fase conoscitiva prevista dalle NTC ‘08 prevede di conseguire


un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, sulla
base di documentazione già disponibile, verifiche visive in situ e su indagini
sperimentali. Le indagini dovranno essere motivate, per tipo e quantità, dal loro
effettivo uso nelle verifiche.
In mancanza di analisi sperimentali che caratterizzano la muratura, per la
determinazione delle caratteristiche meccaniche degli elementi, la normativa
permette di utilizzare apposite tabelle riportate in Appendice alle NTC o di fare
riferimento alle norme presenti all’epoca della costruzione.
Sulla base di quanto detto i parametri meccanici delle murature oggetto di studio
sono stati ricavati dalla Tabella C8A.2.1, riportata in fig. 4.13.

59
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.13 – Valori di riferimento dei parametri meccanici

Da un’osservazione diretta dei paramenti murari nelle zone del sottotetto, è


possibile collocare la muratura dell’edifico oggetto di studio nella categoria
“Muratura in pietra disordinata (ciottoli, pietre erratiche e irregolari)”. A tale
categoria fanno eccezione gli elementi interni al piano terra che sono a sostegno
delle volte. In mancanza di esami visivi effettuati asportando parte dell’intonaco,
si ipotizza che essi siano realizzati con elementi di laterizio pieni e classificabili
come “Muratura in mattoni pieni e malta di calce”.
Nella tabella, per ogni tipologia di muratura analizzata, vengono specificati, oltre
ai pesi specifici, i valori minimi e massimi della resistenza media a compressione
fm, della resistenza media a taglio τ0, il valore medio del modulo di elasticità
normale E e il valore medio del modulo di elasticità tangenziale G.
Tali valori di riferimento vengono adottati in funzione del Livello di Conoscenza
acquisito, secondo quanto riportato nella tabella C8A.1.1 della Circolare:

60
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.14 – Livelli di conoscenza e fattori di confidenza

dove:
- verifiche in-situ limitate: sono basate su rilievi di tipo visivo e su di una
conoscenza appropriata delle tipologie di solai e delle murature;
- verifiche in situ estese ed esaustive: sono basate su rilievi di tipo visivo,
saggi nella muratura che consentano di valutarne le caratteristiche sia in
superficie che nello spessore murario, con ripetizione di tutti i tipi di
verifica in modo sistematico a tutto l’edificio;
- indagini in situ limitate: servono a completare le informazioni sulle
proprietà dei materiali ottenute dalla letteratura e per individuare la
tipologia della muratura. Sono basate su esami visivi della superficie
muraria asportando l’intonaco per un’area di 1m x 1m al fine di valutare
forma e dimensioni dei blocchi, nonché ammorsamenti con le pareti
murarie trasversali nelle zone d’angolo;

61
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- indagini in-situ estese: gli esami visivi validi per le indagini in-situ
limitate sono effettuate in maniera estesa e sistematica, con saggi
superficiali ed interni per ogni tipo di muratura presente. Sono necessarie
prove con martinetto doppio piatto e prove per la caratterizzazione della
malta, delle pietre e/o mattoni; metodi di prova non distruttivi possono
essere usati a completamento delle prove richieste. Nel caso in cui sia
attestata la congruenza tipologica per materiali, pezzatura dei conci e
dettagli costruttivi possono essere eseguite prove distruttive su altri edifici
nella stessa zona.
- indagini in situ-esaustive: le caratteristiche meccaniche della muratura si
ottengono mediante esecuzione di prove in situ o in laboratorio su
elementi non disturbati prelevati dalla struttura dell’edificio. Le prove
richieste sono di compressione diagonale su pannelli o prove di
compressione verticale e taglio. Anche in questo caso qualora sia attestata
la congruenza tipologica per materiali, pezzatura dei conci e dettagli
costruttivi possono essere eseguite prove distruttive su altri edifici nella
stessa zona.
Sulla base di tali definizioni e delle indagini svolte per il caso oggetto di studio, si
stima il raggiungimento di un Livello di Conoscenza LC1 con relativo Fattore di
Confidenza FC= 1,35.
Pertanto i valori delle caratteristiche meccaniche da assumere sono i seguenti:
- resistenze: i minimi degli intervalli riportati in tabella C8A.2.1 per la
tipologia muraria considerata;
- moduli elastici: il valor medio degli intervalli riportati nella tabella
suddetta.

τ0 E G w
Tipologia di muratura fm[N/cm2]
[N/cm2] [N/mm2] [N/mm2] [kN/m3]
Pietrame disordinato 100 2,00 870 290 19
Mattoni pieni e malta di
240 6,00 1500 500 18
calce

Tabella. 4.1 – Valori dei parametri meccanici utilizzati

62
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Va tenuto in conto che il valore dei moduli elastici riportati in tabella sono riferiti
ad elementi non fessurati. Se durante le analisi si vuol far riferimento ad elementi
fessurati, si dovrà procedere ad un opportuna riduzione.
Nel caso di analisi elastica con il fattore di struttura q (analisi statica lineare ed
analisi dinamica lineare), i valori di calcolo delle resistenze sono ottenuti
dividendo i valori medi per i rispettivi fattori di confidenza e per il coefficiente
parziale di sicurezza dei materiali. Nel caso di analisi non lineare, i valori di
calcolo delle resistenze sono ottenuti dividendo i valori medi per i rispettivi fattori
di confidenza. Il coefficiente parziale di sicurezza da utilizzare per il progetto
sismico di strutture in muratura è pari a 2.
I valori di calcolo per le due tipologie murarie analizzate sono riassunte nella
seguente tabelle.

Analisi dinamica Analisi statica non


lineare lineare
Tipologia muraria
fd τ0d fd τ0d
[N/cm ] [N/cm2]
2
[N/cm ] [N/cm2]
2

Muratura in pietrame
37,04 0,74 74,07 1,48
disordinata
Muratura in mattoni
88,89 2,22 177,78 4,44
pieni e malta di calce

Tabella 4.2 – Resistenze di progetto per verifiche lineari e non

4.4. Analisi dei carichi

I carichi permanenti sono stati determinati a partire dal rilievo effettuato che ha
permesso di definire le varie dimensioni geometriche. I pesi per unità di volume e
le azioni variabili sono stati definiti grazie alle indicazioni presenti nel capitolo 3
del D.M. 14/01/2008. Le azioni considerate agenti sulla struttura sono:
- peso proprio degli elementi strutturali;
- carichi permanenti portati (solai, copertura, tramezzi, balconi, scale);

63
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- carichi variabili legati alla destinazione d’uso dell’edificio (ambienti


soggetti ad affollamento, scale, e sottotetti accessibili);
- azione della neve;
- azione sismica.

4.4.1. Peso proprio strutturale

Per ricavare il peso proprio degli elementi strutturali, si sono assunti i valori
forniti dalla Tabella C8A.2.1 della Circolare 2 Febbraio 2009, n.617 riportata al
paragrafo precedente (fi. 4.13).
Nella tipologia “Muratura in pietrame disordinata (ciottoli, pietre erratiche ed
irregolari)” si possono riconoscere la maggior parte delle murature portanti
dell’edificio di spessore variabile tra 50÷55 cm; per questi maschi murari si avrà
un peso proprio pari a:
w = 19 kN/m3
Per le pareti interne di spessore variabile tra i 15÷20 cm, presenti al piano terra e
nel seminterrato con funzione di sostegno delle volte, si ipotizza una “Muratura in
mattoni pieni e malta di calce”, caratterizzata da un peso per unità di volume pari
a:
w = 18 kN/m3

4.4.2. Carichi permanenti portati

Analisi dei carichi gravanti sui solai di interpiano


Peso proprio dei solai
Come già descritto al § 4.2, il piano seminterrato presenta due tipologie di volte.
Non essendo disponibile un rilievo preciso della struttura interna di ognuna, con
indicati gli spessori della muratura e dei riempimenti, è stato assunto un peso per
unità di volume, comprensivo di intonaco all’intradosso e pavimento
all’estradosso, pari a:
q = 20 kN/m3

64
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Considerando uno spessore medio della volta, calcolato come media aritmetica di
s1 (altezza dal piano di imposta all’estradosso della volta) e s2 (altezza dal colmo
della volta all’estradosso della stessa), pari a 55 cm, si ottiene un peso per unità di
superficie:
gk= 11 kN/m2

Incidenza muri divisori


La presenza dei tramezzi sulle aree di solaio è valutata mediante carico
permanente portato uniformemente distribuito, definito a partire dal peso proprio
per unità di lunghezza dell’elemento divisorio, come definito al § 3.1.3.1 delle
NTC ’08, purché vengano adottate le misure costruttive atte ad assicurare un
adeguata ripartizione del carico.
Nel caso in esame, i tramezzi presenti al piano terra, realizzati durante i lavori di
manutenzione del 2009, risultano essere in cartongesso. Lo spessore di 15 cm
porta a ipotizzare una parete a singola orditura metallica con doppio rivestimento,
di peso proprio per unità di lunghezza pari a:

G2 = 0,42. 4,20=1,76 kN/m

Poiché risulta compreso nell’intervallo 1,00< G2 ≤ 2,00 kN/m si assumerà un


carico uniformemente distribuito pari a:

g2 = 0,80 kN/m2

Peso dei collegamenti verticali


Nel seminterrato è presente una scala costituita probabilmente, in relazione agli
anni di edificazione dell’edificio, da una struttura con volta a botte rampante. Non
essendo disponibile un rilievo preciso della struttura, con indicati gli spessori della
muratura e dei riempimenti, è stato assunto un peso per unità di volume,
comprensivo di intonaco all’intradosso e pavimento all’estradosso per il
pianerottolo e gradini per la scala, pari a:

q = 20 kN/m3

65
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Considerando uno spessore medio della volta, calcolato come media aritmetica di
s1 (altezza dal piano di imposta all’estradosso della volta) e s2 (altezza dal colmo
della volta all’estradosso della stessa), pari a 27 cm, si ottiene un peso per unità di
superficie:
gk= 5,4 kN/m2

Poiché la scala ha un’inclinazione rispetto al piano orizzontale pari aα= 32°, per
combinare il carico cosi valutato con le altre azioni occorre riferirlo alla superficie
proiettata orizzontalmente ottenendo:

g2orizzontale= 6,37 kN/m2

Analisi dei carichi gravanti sul solaio di sottotetto


Peso proprio del solaio
Le ipotesi avanzate al §4.2 per il solaio di sottotetto, hanno portato ad assumere
una struttura costituita da:
- intonaco (spessore 0,01m) 20 kN/m3
- profili IPE180 0,18 kN/m3
- tavellonato (sp. 0,06m) 8 kN/m3
- argilla espansa (sp. 0,10m) 9 kN/m3
- soletta armata (sp. 0,04m) 25 kN/m3
TOT. 2,76 kN/m2

Peso proprio della copertura


La copertura a padiglione è costituita da falde di inclinazione pari a α= 23° e
presenta una struttura mista costituita da :

66
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- travetti prefabb. (bo= 0,12m, i = 0,60m) 25 kN/m3


- pignatte (bp = 0,48m) 8 kN/m3
- soletta armata (sp. 0,04m) 25 kN/m3
- tegole 0,4 kN/m2
In definitiva il peso proprio del solaio per unità di superficie è dato dalla somma
del peso di travetto, pignatte, soletta e manto di copertura:

gk= pt+ pp + ps+ pm = 0,80 + 0,82 + 1,00 + 0,40 = 3,02 kN/m3


dove
• pt= box(H-s)x25xnt con nt= 1/i
• pp = bpx(H-s)x8 x np con np = (1-bo x nt)/i
• ps= sx25
Occorre tenere conto che tutti i pesi dei materiali sono riferiti al m2 di falda
inclinata. Per combinare i carichi cosi valutati con le altre azioni, occorre riferirli
alla superficie proiettata orizzontalmente calcolando:

g2orizzontale= g2falda inclinata / cosα

dove α è l’angolo di inclinazione della falda inclinata rispetto all’orizzontale.


Quindi si ha:
g2orizzontale= 3,28kN/m2

Per quanto riguarda i profili metallici e il cordolo in cls armato, i rispettivi pesi
propri sono stati ragguagliati a un carico permanente portato uniformemente
distribuito, con lo stesso criterio utilizzato per gli elementi divisori interni:
- profilo HEA180 G2 = 0,35 kN/m g2= 0,40/cos23°kN/m2
- cordolo 30x20 cm G2 = 1,50 kN/m g2= 0,80 kN/m2
Quindi per la copertura si considererà un peso per unità di superficie pari a:

g2= 4,51kN/m2
Incidenza muri sottotetto
La presenza di muretti sulle aree di solaio è valutata mediante carico permanente
portato uniformemente distribuito, definito a partire dal peso proprio per unità di

67
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

lunghezza dell’elemento divisorio, come definito al § 3.1.3.1 delle NTC ’08,


purché vengano adottate le misure costruttive atte ad assicurare un adeguata
ripartizione del carico.
Nel caso in esame, i muretti in questione risultano essere realizzati in mattoni
pieni, presumibilmente di spessore pari a 12cm. Il peso proprio per unità di
lunghezza sarà pari a:

G2 = 0,12. 18,00. (2,85 + 1,70)/2= 4,91 kN/m

Poiché risulta compreso nell’intervallo 4,00< G2 ≤ 5,00 kN/m si assumerà un


carico uniformemente distribuito pari a:

g2 = 2,00 kN/m2

Incidenza muratura sottogronda


La muratura sottogronda è il continuo dei maschi murari a sostegno del solaio di
sottotetto, quindi di spessore variabile tra 50÷55 cm e altezza pari a circa 120 cm.
Essendo caratterizzati da un pietrame disordinato di peso specifico pari a
19kN/m3, il peso al metro lineare da assegnare alla struttura sottostante sarà:
- muratura di sp. 50 cm g2 = 0,50x1,20x19 = 11,40 kN/m
- muratura di sp. 55 cm g2= 0,55x1,20x19 = 12,54 kN/m

4.4.3. Carichi variabili

I carichi di esercizio comprendono i carichi legati alla destinazione d’uso


dell’opera e i modelli di tali azioni possono essere costituiti da carichi verticali
uniformemente distribuiti qk [kN/m2], da carichi verticali concentrati Qk [kN] e da
carichi orizzontali lineari Hk [kN/m]. I valori nominali e/o caratteristici qk, Qk ed
Hk sono riportati nella tabella 3.1.II del D.M. 14/01/2008:

68
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Ambienti Categoria qk
Ospedali C1 3,00

Coperture e sottotetti accessibili per


H1 0,50
la sola manutenzione

Tabella. 4.3 – Valori dei carichi d’esercizio considerati

Gli edifici ospedalieri ricadono nella categoria “C” ovvero quella degli “edifici
soggetti ad affollamento”. La copertura ricade invece nella categoria “H” cioè
quella delle “coperture e sottotetti”.

4.4.4. Azione della neve

Il carico provocato dalla neve sulle coperture sarà valutato mediante la seguente
espressione:
qs = µi . qsk. CE.Ct
dove:
- qs è il carico neve sulla copertura;
- µi è il coefficiente di forma della copertura;
- qsk è il valore caratteristico di riferimento del carico neve al suolo [kN/m2],
per un periodo di ritorno di 50 anni;
- CE è il coefficiente di esposizione;
- Ct è il coefficiente termico.

4.4.4.1. Valore Caratteristico del Carico Neve al Suolo

Il carico neve al suolo dipende dalle condizioni locali di clima e di esposizione,


considerata la variabilità delle precipitazioni nevose da zona a zona.
In mancanza di adeguate indagini statistiche e specifici studi locali, che tengano
conto sia dell’altezza del manto nevoso che della sua densità, il carico di
riferimento neve al suolo, per località poste a quota inferiore a 1500 m sul livello
del mare, non deve essere assunto minore di quello calcolato in base alle

69
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

espressioni riportate nel seguito, cui corrispondono valori associati a un periodo di


ritorno pari a 50 anni. Per altitudini superiori a 1500 m sul livello del mare si fa
riferimento alle condizioni locali di clima e di esposizione utilizzando comunque
valori di carico neve non inferiori a quelli previsti per 1500 m.
I valori caratteristici minimi del carico della neve al suolo sono riportati sulla base
di una suddivisione in 3 macrozone, ciascuna caratterizzata da due valori
caratteristici di qsk, in funzione all’altitudine di riferimento as, ovvero la quota del
suolo sul livello del mare nel sito di realizzazione dell’edificio, posta
rispettivamente inferiore e superiore al valore di 200m.
Volterra, comune in cui si trova l’edificio oggetto di studio, è situata in Zona III,
essendo in provincia di Pisa. L’edificio in esame si trova a un’altezza sul livello
del mare pari a 531 m. Si ricavano quindi i seguenti valori caratteristici:

qsk = 0,51[1+(as/481)2]= 1,13 KN/m2 per as> 200m

4.4.4.2. Coefficiente di esposizione

Il coefficiente di esposizione CE può essere utilizzato per modificare il valore del


carico neve in copertura in funzione delle caratteristiche specifiche dell’area in cui
sorge l’opera. Valori consigliati del coefficiente di esposizione per diverse classi
di topografia sono forniti in normativa e riportati in tabella 3.4.I. Per il caso studio
si assumerà CE= 1.

4.4.4.3. Coefficiente termico

Il coefficiente termico può essere utilizzato per tener conto della riduzione del
carico neve a causa dello scioglimento della stessa, causato dalla perdita di calore
della costruzione. Tale coefficiente tiene conto delle proprietà di isolamento
termico del materiale utilizzato in copertura. In assenza di uno specifico e
documentato studio deve essere utilizzato Ct = 1.Per il caso studio si assume
quest’ultimo valore.

70
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.4.4.4. Coefficiente di forma per le coperture

Il carico neve in copertura dipende fortemente dalla presenza o meno del vento, ed
è per questo che le norme prevedono le due seguenti disposizioni di carico:
- carico da neve depositata in assenza di vento;
- carico da neve depositata in presenza di vento.
Per coperture a una o due falde il coefficiente di forma della copertura µi dipende
daα (angolo formato dalla falda con l’orizzontale). I valori di µi sono riassunti
nella tabella seguente:

Angolo di inclinazione
della falda 0° ≤ α ≤ 30° 30° <α< 60° α ≥ 60°

µ1 0,8 0,8(60- α)/30 0,0


µ2 0,8 + 0,8 α/30 1,6 --

Tabella 4.4 – Valori dei coefficienti di forma

Nel caso di copertura a più falde, in condizioni di neve depositata in assenza di


vento si deve considerare la condizione denominata Caso(i) (fig. 4.19).

Fig. 4.19 – Condizioni di carico per copertura a più falde

Per il caso di neve depositata in presenza di vento si deve considerare la


condizione denominata Caso (ii) (fig. 4.19).

71
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.4.4.5. Calcolo del carico neve

Una volta determinati tutti i parametri necessari si procede con il calcolo del
carico neve:
- in assenza di vento: qs = 0,8.1,13.1 .1 = 0,90 KN/m2
- in presenza di vento: qs = 0,8.1,13.1 .1 = 0,90 KN/m2
qs = 1,47.1,13.1 .1 = 1,66 KN/m2

4.4.5. Azione sismica

Le azioni sismiche di progetto, in base alle quali si valuta il rispetto dei diversi
stati limite considerati in seguito, si definiscono a partire dalla “pericolosità
sismica di base” del sito di costruzione, ossia la probabilità che, in un certo
intervallo di tempo e in un determinato luogo, si verifichino eventi sismici con
assegnate caratteristiche.
Gli stati limite per cui sono definite le probabilità di superamento PVR si dividono
in stati limite di esercizio e stati limite ultimi in funzione delle prestazioni attese
dalla costruzione nei confronti dell’azione sismica.
Gli stati limite di esercizio sono:
- Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione
nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non
strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire
danni e interruzioni d'uso significativi;
- Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel
suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le
apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non
mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la
capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed
orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur
nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

72
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Gli stati limite ultimi sono:


- Stato Limite di Salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la
costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed
impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa
una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali;
la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per
azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per
azioni sismiche orizzontali;
- Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la
costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed
impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione
conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo
margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.
Nel caso di edifici esistenti la valutazione della sicurezza e la progettazione degli
interventi possono essere eseguite con riferimento ai soli stati limite ultimi (SLU)
rispetto alla condizione di salvaguardia della vita umana (SLV) o, in alternativa,
alla condizione di collasso (SLC) secondo quanto riportato al paragrafo 8.3 del
D.M. 14/01/2008.
Per l’edificio oggetto di studio può non essere considerata la componente verticale
dell’azione sismica in quanto non rientra tra i casi indicati al § 7.2.1 delle
sopracitate norme. Si determinerà pertanto lo spettro di risposta elastico per le
sola componente orizzontale dell’azione simica, in relazione allo stato limite
ultimo di salvaguardia della vita (SLV).
I passi seguiti per la determinazione dell’azione sismica possono essere riassunti
nei seguenti punti:
1. Determinazione della vita nominale dell’opera VN
In accordo con quanto indicato nella tabella 2.4.I del D.M. 14/01/2008, la
costruzione oggetto di studio viene considerata come opera ordinaria e
quindi caratterizzata da una vita nominale VN = 50 anni.

73
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

2. Determinazione del coefficiente d’uso CU


Dalla tabella 2.4.II del D.M. 14/01/2008, per la classe d’uso IV cui
corrisponde l’edificio oggetto di studio, si assume CU= 2.
3. Determinazione del periodo di riferimento per l’azione sismica VR
Si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale
VN per il coefficiente d’uso CU; nel caso oggetto di studio si ottiene un
valore pari a VR= 50 x 2= 100 anni.
4. Determinazione della probabilità di superamento dell’azione sismica nel
periodo di riferimento PVR
Tale probabilità è associata allo stato limite considerato; dalla tabella 3.2.I
del D.M. 14/01/2008, avendo considerato lo stato limite di salvaguardia
della vita (SLV), si ottiene PVR = 10%.
5. Determinazione del periodo di ritorno TR dell’azione sismica secondo il
modello di Poisson TR = -VR / ln (1 - PVR).
Nel caso oggetto di studio si ottiene TR = -100 / ln(1 – 0,10) = 949 anni.
6. Determinazione dei parametri spettrali ag , Fo , T*C.
I parametri spettrali e gli spettri di progetto relativi alla tipologia
costruttiva in esame, al suolo e al sito di Volterra, sono stati calcolati
attraverso la “Spettri NTC 1.0.3” fornita dal Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici.

74
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.19 – Parametri spettrali presi in considerazione

7. Determinazione della categoria di sottosuolo e condizioni topografiche


Fatta salva la necessità della caratterizzazione geotecnica dei terreni nel
volume significativo1, ai fini dell’identificazione della categoria di
sottosuolo, la classificazione si effettua in base ai valori della velocità
equivalente Vs,30 di propagazione delle onde di taglio entro i primi 30 m di
profondità.
Nel 2008 è stata effettuata un’indagine sismica a cura dello studio
“AssoGeo – Sudio di Geologia” di Ponsacco in provincia di Pisa, in
occasione della progettazione e seguente realizzazione dei vani che
attualmente collegano l’edificio “Biffi” con il padiglione 1. In riferimento
alla tabella 3.2.II del D.M. 14/01/2008, tale indagine ha permesso di
classificare il sottosuolo di fondazione nelle immediate vicinanze del

75
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

padiglione “Biffi” nella categoria “C” (Depositi di terreni a grana grossa


mediamente addensati o terreni a grana fina mediamente consistenti).
I risultati ottenuti dall’indagine sono riassunti nella tabella seguente.

Vs
Profondità Vs [m/s] Profondità [m/s]
Strato da 0,00 a 1,30 m 317 Strato da 15,10 a 20,10 m 348
Strato da 1,30 a 3,00 m 318 Strato da 20,10 a 26,50 m 355
Strato da 3,00 a 5,10 m 310 Strato da 26,50 a 30,00 m 343
Strato da 5,10 a 7,70 m 304
Strato da 7,70 a 11,00 m 316
Strato da 11,00 a 15,10 m 339

Tabella 4.5 – Valori di velocità delle onde di taglio Vs nei diversi strati considerati

Il valore di VS,30è calcolato mediante l’espressione seguente:

30
V s,30 = [ m/ s]
hi
∑ V s ,i
i = 1, N

dove hi e VS,i indicano lo spessore in metri e la velocità di propagazione


dello strato i-esimo, per un totale di N strati presenti nei 30 metri
considerati.
Il valore della velocità equivalente così ottenuto e pari a 334 m/s, ha
portato, in relazione alla tabella 3.2.II del D.M. 14/01/2008, a classificare
il sottosuolo in categoria C.
L’edificio sorge su un terreno la cui pendenza è significativa dato che la
stessa struttura si sviluppa su due diverse quote del terreno. In relazione
alla tabella 3.2.IV riportata in normativa, la superficie topografica su cui
insiste l’edificio può essere classificata in categoria T2“Pendii con
inclinazione media i >15°”.

76
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

8. Determinazione del coefficiente di amplificazione stratigrafica Ss


Per sottosuolo di categoria A il coefficiente SS vale 1. Per le categorie di
sottosuolo B, C, D e Ei relativi coefficienti possono essere calcolati, in
funzione dei parametri spettrali relativi al sottosuolo di categoria A,
mediante le espressioni fornite nella tabella 3.2.V del D.M. 14/01/2008 e
di seguito riportate:

Tabella 4.6 – Espressioni di Ss e Cc

Per il caso studio e per lo stato limite considerato, si ottiene un valore del
coefficiente SS pari a:
SS = 1,70 - 0,60 . 2,522 . 0,174 = 1,437
9. Determinazione del coefficiente di amplificazione topografica ST
Per tener conto delle condizioni topografiche e in assenza di specifiche
analisi di risposta sismica locale, in funzione della categoria topografica
definita al punto 7, si ottiene un valore pari a:
ST = 1,1
10. Determinazione del coefficiente S
È il coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle
condizioni topografiche mediante la relazione seguente:
S = SS . ST = 1,581

77
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

11. Determinazione dello spettro di risposta elastico in accelerazione delle


componenti orizzontali
Indipendentemente dalla probabilità di superamento nel periodo di
riferimento PVR considerata, lo spettro di risposta in questione è definito
dalle seguenti espressioni:

dove η è il fattore che altera lo spettro elastico per coefficienti di


smorzamento viscosi convenzionali ξ (valutati sulla base di materiali,
tipologia strutturale e terreno di fondazione) diversi dal 5%, mediante la
relazione:

η= √10 /(5+ ξ )⩾0,55

TC è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello


spettro, definito dalla seguente relazione:
TC = CC. T*C
TB è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad
accelerazione costante, definito come:
TB = TC/3
TD è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante
dello spettro, espresso mediante la relazione:
TD = 4,0.ag/g + 1,6
Come già detto precedentemente, gli spettri di progetto appena definiti,
sono stati calcolati attraverso la procedura “Spettri NTC 1.0.3” fornita dal
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e di seguito riportati.

78
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.20 – Spettri di risposta (componenti orizz. e vert.) e parametri relativi alla componente
orizzontale per lo SLV

79
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.5. Modellazione della struttura

I modelli utilizzati per l’analisi non lineare di edifici in muratura, possono essere
classificati in:
- modelli basati sull’analisi limite, in cui ci si limita al calcolo del carico di
collasso e del relativo meccanismo. Con tali modelli ci si riconduce allo
studio di equilibri e corpi rigidi, prescindendo dalla deformabilità della
struttura in fase elastica e post-elastica;
- modelli che considerano deformazioni in campo elastico, eventualmente
seguite da deformazioni anelastiche. In quest’ambito si possono
individuare modelli che mantengono una modellazione bidimensionale dei
pannelli murari e modelli che mantengono una modellazione
monodimensionale, in cui gli elementi murari (maschi e fasce) vengono
idealizzati come travi tozze con comportamento non lineare oppure come
bielle.
Tra i modelli con elementi monodimensionali si colloca il “Metodo SAM”,
utilizzato nella modellazione del caso studio.

4.5.1. Metodo SAM

Il Metodo SAM (Semplified Analysis Method), sviluppato dapprima per pareti


multipiano caricate nel proprio piano, successivamente venne esteso anche a
problemi tridimensionali. In riferimento a una parete multipiano in muratura con
aperture, di geometria sufficientemente regolare, è possibile idealizzarla mediante
un telaio equivalente (fig. 4.21)costituito da:
- elementi ad asse verticale (maschi);
- elementi ad asse orizzontale (fasce);
- elementi rigidi di collegamento (nodi).

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.21 – Schematizzazione a telaio equivalente di una parete

Gli elementi maschio egli elementi fascia vengono modellati come elementi di
telaio (beam-column) deformabili assialmente e a taglio. Se si suppone che gli
elementi nodo siano infinitamente rigidi e resistenti, è possibile modellarli
numericamente introducendo opportuni bracci rigidi (offsets) alle estremità degli
elementi maschio e fascia.
Nella modellazione a telaio equivalente viene considerata la parte di struttura
compresa tra lo spiccato del piano di fondazione e l’estradosso del solaio di
copertura o sottotetto.
Il telaio equivalente viene definito a partire dall’individuazione dello schema
resistente equivalente verticale e nella scomposizione degli elementi a sezione
composta in una combinazione di pannelli a sezione rettangolare, collegati tra
loro mediante intersezioni ad L o a T. In tale modellazione deve essere garantito il
medesimo comportamento della sezione composta, in termini di rigidezza e
resistenza, da parte della combinazioni di sezioni semplici.
Il Metodo SAM prevede che la migliore stima di rigidezza e di resistenza delle
sezioni composte sia garantita dalla seguente modellazione (fig. 4.23):
- in corrispondenza di intersezioni ad L fra pannelli a sezione rettangolare ,
ciascuno di essi sia esteso, nella propria direzione di massimo sviluppo in
pianta, fino all’intersezione degli assi baricentrici principali dei pannelli
stessi;
- in corrispondenza delle intersezioni a T, il pannello incidente sia esteso
fino al filo interno del pannello su cui incide.

81
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.22 – Criterio di modellazione di pareti flangiate in muratura

Gli elementi maschio egli elementi fascia vengono modellati come elementi di
telaio (beam-column) deformabili assialmente e a taglio. Se si suppone che gli
elementi nodo siano infinitamente rigidi e resistenti, è possibile modellarli
numericamente introducendo opportuni bracci rigidi (offsets) alle estremità degli
elementi maschio e fascia.

4.5.1.1. Elemento maschio murario

Una volta definita la geometria in pianta dello schema resistente, ciascun


elemento di telaio ad asse verticale si suppone posizionato in corrispondenza
dell’asse baricentrico verticale del corrispondente elemento: i nodi di estremità
sono disposti lungo l’asse baricentrico verticale e l’elemento risulta quindi
caratterizzato da un’altezza totale (distanza tra i due nodi di estremità) pari alla
differenza fra le quote dei piani baricentrici dei solai fra i quali il corrispondente
elemento strutturale è compreso.
Si suppone che l’elemento maschio sia costituito da una parte deformabile con
resistenza finita, e di due parti infinitamente rigide e resistenti all’estremità
dell’elemento (fig. 4.23).

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.23 – Elemento maschio e definizione dell’altezza della sua parte deformabile

Le altezze H1edH2, dei due estremi rigidi del pannello possono essere determinate
come quote parti della differenza fra l’altezza netta di interpiano H e l’altezza
efficace Heff. Ipotizzando che la deformabilità nelle zone di nodo sia inversamente
proporzionale all’altezza delle travi di collegamento, si possono dunque scrivere
le seguenti relazioni:

dove hs,inf e hs,sup sono rispettivamente le altezze del solaio inferiore e superiore.
Inoltre i parametri geometrici ai e aj sono definiti in funzione dell’altezza delle
travi murarie dalle relazioni:

Si suppone che l’elemento maschio sia costituito da una parte deformabile con
resistenza finita, e di due parti infinitamente rigide e resistenti all’estremità
dell’elemento (fig. 4.23).
Il comportamento del maschio murario viene supposto elasto-plastico con limite
di deformazione. Si suppone cioè che il maschio abbia comportamento lineare

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

elastico finchè non viene verificato uno dei seguenti possibili meccanismi di
rottura nel piano:
- rottura per pressoflessione o ribaltamento: avviene quando il momento
flettente M, in una delle sezioni di estremità della parte deformabile,
raggiunge il momento ultimo, corrispondente allo schiacciamento della
zona compressa della sezione. La sezione viene considerata parzializzata
con deformazione lineare (conservazione della sezione piana) e si assume,
a rottura, un diagramma delle compressioni con distribuzione costante pari
a 0,85fd (fig.4.24). Ottenendo la dimensione della zona compressa x dalla
condizione di equilibrio, imponendo che la risultante delle tensioni sia pari
a P, e moltiplicando quest’ultima per l’eccentricità alla base del pannello,
il momento ultimo può essere definito dalla seguente espressione
2
l t σn σn
Mu = (1− )
2 0,85 f d

- rottura per taglio: avviene quando il taglio V nel maschio raggiunge il


valore ultimo Vu. Il taglio ultimo, relativamente a edifici esistenti, è inteso
come quel valore associato a rottura per fessurazione diagonale e stimabile
attraverso la seguente relazione di Turnšek-Cacovic

√ √
f td σ 1,5 τ 0d σ0
V t= l t 1+ 0 = l t 1+
b f td b 1,5 τ 0d

dove l e t sono la larghezza e lo spessore del pannello, σ0 è la tensione


normale media agente sul pannello, b è il coefficiente di forma relativo alla
distribuzione delle tensioni tangenziali nella sezione trasversale del

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

pannello, ftd è la resistenza a trazione per fessurazione diagonale di


progetto eτ0d è la tensione tangenziale resistente a taglio di riferimento
(ftd= 1,5τ0d). La Circolare1 suggerisce di utilizzare valori di b variabili in
funzione della snellezza λ dei pannelli, secondo la formulazione proposta
da Benedetti e Tomaževic, ovvero:
- b=1 per λ = h/l ≤ 1;
- b=λ per 1 <λ < 1,5;
- b = 1,5 per 1,5 ≤ λ.
In presenza di crisi per pressoflessione la plasticizzazione del pannello è attesa in
prossimità degli spigoli e, in riferimento a una modellazione a plasticità
concentrata, può configurarsi come una cerniera plastica alla quale andrà attribuita
una capacità di deformazione. Nel caso invece che si raggiunga la crisi per taglio,
questa potrà essere simulata da una cerniera plastica nel centro del pannello alla
quale andrà attribuita, rispetto alla pressoflessione, una capacità di deformazione
molto minore.
I limiti di deformazione plastica nella verifica allo SLV, qualora si esegua
un’analisi non lineare, definiti dalla Circolare2 con riferimento allo spostamento
relativo tra la sezione di base e quella di testa, sono:
- crisi per pressoflessione: spostamento ultimo del pannello ≤ 0,6% H in
riferimento a edifici esistenti;
- crisi per taglio: spostamento ultimo del pannello ≤ 0,4% H.

1 § C.8.7.1.5 della Circolare applicativa n. 617 del D.M. 14/01/2008

2 § C.8.7.1.4 della Circolare applicativa n. 617 del D.M. 14/01/2008

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.5.1.2. Elemento fascia muraria

L’elemento fascia è formulato in maniera analoga all’elemento maschio, ma con


alcune differenze. Vengono mantenuti gli offset rigidi, individuando quindi una
lunghezza efficace dell’elemento. Nel caso di aperture allineate verticalmente (fig.
4.24a) le analisi comparative finora svolte indicano che si ottengono buoni
risultati assegnando una lunghezza efficace pari alla luce libera delle aperture. In
presenza di aperture non allineate verticalmente si può pensare di assumere una
lunghezza efficace come indicato nella seguente figura, caso b.

(a) (b)

Fig. 4.24 – Definizione della lunghezza efficace delle fasce

L’elemento fascia si suppone posizionato, nel piano verticale, in prossimità


dell’asse baricentrico nella direzione di maggiore sviluppo della trave muraria e
collegato alle estremità degli elementi maschio mediante bracci verticali
infinitamente rigidi a flessione e a taglio, di lunghezza pari a:
h s+ h t
H v=
2

essendo hs e ht rispettivamente, le altezze del solaio e della trave di collegamento


in muratura (fig. 4.25 a).

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

(a) (b)

Fig. 4.25 – Modellazione di travi in muratura

Spesso, negli edifici di nuova progettazione, gli spessori dei pannelli sopra e
sottofinestra sono ridotti, al fine di garantire l’alloggiamento di avvolgibili e
apparecchi di riscaldamento e/o condizionamento; in questi casi nello schema
resistente le travi murarie non vengono incluse, e si considerano solo eventuali
cordoli in cls armato (fig. 4.26).

Fig. 4.26 – Modellazione di una parete in muratura in un edificio di nuova progettazione

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Per quanto riguarda gli edifici esistenti, l’accoppiamento che può essere fornito
dalle travi in muratura è funzione della compressione a cui esse sono soggette in
direzione orizzontale. Solo questa compressione, infatti, fornisce la resistenza
flessionale che impedisce l’attivazione del meccanismo di ribaltamento. È quindi
molto importante la presenza di elementi resistenti a trazione, quali cordoli in cls
armato e catene metalliche, che opponendosi a tale meccanismo, generano un
incremento di compressione nelle fasce murarie; in questo modo aumenta,
appunto, la resistenza a flessione delle stesse e si instaura un meccanismo a
puntone inclinato che garantisce l’accoppiamento dei pannelli murari (fig. 4.27).

Fig. 4.27 – Risposta delle fasce murarie ad azioni sismiche

In presenza di fasce murarie con capacità di accoppiamento, si distinguono due


possibili meccanismi di rottura:
- rottura per pressoflessione: l’espressione del momento ultimo
corrisponde a quella dei maschi, assumendo uno sforzo assiale pari ad Hp.
Quest’ultimo viene assunto pari al minimo tra la resistenza a trazione
dell’elemento teso, disposto orizzontalmente, e il valore 0,4fhdht.fhd indica

88
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

il valore di calcolo della resistenza a compressione della muratura in


direzione orizzontale. Il coefficiente 0,4 fornisce il valore dello sforzo
assiale che massimizza il momento ultimo (più precisamente si dovrebbe
assumere 0,85/2);
- rottura a taglio: la resistenza a taglio della fascia viene espressa con
criteri simili a quelli utilizzati per l’elemento maschio, tenendo conto però
della diversa giacitura dei letti di malta rispetto alla linea d’asse
dell’elemento e considerando che la compressione normale ai letti di
malta al di sotto delle aperture è praticamente nulla. La resistenza a taglio
può essere valutata mediante l’espressione seguente
Vt= h·t·c
in cui h e t sono rispettivamente l’altezza e lo spessore della fascia, c la
coesione.
La norma non definisce espressamente limiti di deformazione per le fasce di
piano; quindi si ritiene che si possano cautelativamente assumere anche in questo
caso valori adottati nei maschi. Inoltre, al fine di tener conto della possibilità di un
comportamento maggiormente fragile delle fasce, si può assumere un limite di
deformazione anelastica, associata alla rottura per taglio, minore rispetto a quello
considerato per i maschi murari.

4.5.1.3. Elementi infinitamente rigidi

Per modellare la collaborazione in cui si scompone una sezione a T o a L, a livello


del piano baricentrico del solaio soprastante, vengono utilizzati elementi
infinitamente rigidi a taglio e a flessione (fig. 4.28), così da garantire la
compatibilità degli spostamenti verticali delle pareti all’incrocio.
Bracci infinitamente rigidi devono essere inseriti nel modello a telaio equivalente
anche per modellare correttamente la connessione fra gli elementi di una struttura

89
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

in cui non si abbia allineamento verticale fra le aperture o, più in generale, in cui
la struttura portante presenti configurazione differente tra piani successivi (fig.
4.29).

Fig. 4.28 – Modellazione delle intersezioni tra pannelli murari

Fig. 4.29 – Modellazione di una parete caratterizzata da irregolare distribuzione delle aperture

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.5.2. Modello del caso studio

L’edificio oggetto di studio, realizzato interamente in muratura, è stato dapprima


modellato sul software Autocad tramite un telaio equivalente 3D, seguendo il
metodo SAM appena illustrato. La definizione del telaio è scaturita dallo studio
dei vari prospetti, interni ed esterni, prestando particolare attenzione alla
morfologia e alla posizione delle aperture, in modo da individuare le porzioni
soggette a danneggiamento e quelle identificabili come nodi rigidi. Nei casi in cui
le aperture originarie (fig. 4.30) siano state successivamente tamponate, si è
ritenuto opportuno ritenerle a tutti gli effetti delle aperture, in quanto non è
effettivamente attestata la presenza di ammorsature ai maschi murari che
delimitano l’apertura. Tale condizione, anche se approssimata, risulta sicuramente
più conservativa nell’indagine del comportamento della struttura e della
ridistribuzione delle tensioni.

Fig. 4.30 – Pianta piano terra con indicazione delle aperture originarie

91
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Successivamente, il modello è stato importato sul software di calcolo Midas/Gen,


utilizzato per implementare l’analisi statica non lineare (Pushover).
Dai dati rilevati in pianta e in alzato, sono state definite, e assegnate, le varie
sezioni rettangolari ai maschi e alle fasce di piano; mentre per gli elementi
infinitamente rigidi si è definita una sezione fittizia di dimensioni 2x2cm.

Fig. 4.31 – Vista prospettica estrusa del modello di calcolo

Sono stati definiti ben 6 tipi di materiale:


- 2 con parametri meccanici dipendenti dai due tipi di muratura considerati e
riportati al § 4.3 della presente tesi;
- 2 con modulo elastico E pari all’acciaio e peso per unità di volume relativo
alla tipologia di muratura;
- 1 con modulo elastico E pari all’acciaio e peso per unità di volume pari a 0
per evitare, nel caso delle zone nodali, di sovrastimarlo;
- 1 con modulo elastico E elevato in modo da ottenere una rigidezza infinita.
I moduli elastici sono stati ridotti del 50% per tenere in considerazione, durante
l’analisi statica non lineare, la presenza di elementi fessurati.
L’edificio si presenta con impalcati a comportamento differente:
- comportamento rigido o poco deformabile per l’impalcato di sottotetto;
- comportamento deformabile per l’impalcato d’interpiano.

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Il comportamento rigido, all’interno del software di calcolo Midas/Gen, è stato


schematizzato collegando, attraverso dei rigid link, un nodo (nodo master) a tutti
i nodi (slaves) appartenenti al livello di piano interessato.

Fig. 4.32 – Schematizzazione dell’impalcato rigido di sottotetto

La struttura vera e propria della copertura non è stata modellata, ma è stato scelto
di riprodurne l’effetto, in termini di carico totale, sommando tale contributo al
peso proprio dell’ultimo impalcato.
Le fasce di piano, prive di cordoli, non hanno alcuna capacità di accoppiamento
ma si riconosce ad esse una qualche capacità di collegamento di tipo pendolare.
Per questo motivo, si è ritenuto opportuno assegnare dei releases nel piano, alle
estremità delle fasce murarie; mentre per i maschi, le releases sono state assegnate
fuori dal piano, annullando la loro rigidezza, in quanto altrimenti presenterebbero
un comportamento indefinitamente elastico.
I vincoli a terra sono stati considerati come degli incastri(fig. 4.33).

Fig. 4.32 – Schematizzazione dell’impalcato rigido di sottotetto

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CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.6. Analisi statica non lineare

L’analisi statica non lineare (detta anche Pushover) consiste nell’applicare alla
struttura i carichi gravitazionali e, per la direzione considerata dell’azione sismica,
un sistema di forze orizzontali distribuite, ad ogni livello della costruzione,
proporzionalmente alle forze d’inerzia e aventi risultante (taglio alla base) Fb.
Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in direzione
positiva che negativa, e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale
o globale, lo spostamento orizzontale dc di un punto di controllo coincidente con il
centro di massa dell’ultimo livello della costruzione (o comunque prossimo a
quest’ultimo).Il diagramma Fb - dc rappresenta la curva di capacità della struttura.

Fig. 4.33– Schematizzazione Analisi Pushover

L’analisi Pushover viene utilizzata per i seguenti scopi:


- valutare i rapporti di sovraresistenza αu/α1;
- verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici
progettati con il fattore di riduzione q;
- come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo
dei metodi di analisi lineari;
- come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.

94
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.6.1. Distribuzione di forze di inerzia

Il D.M. 14/01/2008 prescrive di considerare almeno due distribuzioni di forze


d’inerzia, ricadenti l’una nelle distribuzioni principali (Gruppo 1) e l’altra nelle
distribuzioni secondarie (Gruppo 2).
Gruppo 1 - distribuzioni principali:
- distribuzione proporzionale alle forze statiche3, applicabile solo se il modo
di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione
di massa non inferiore al 75% ed a condizione di utilizzare come seconda
distribuzione la 2 a);
- distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni
proporzionale alla forma del modo di vibrare, applicabile solo se il modo
di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione
di massa non inferiore al 75%;
- distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati
in un’analisi dinamica lineare, applicabile solo se il periodo fondamentale
della struttura è superiore a TC.
Gruppo 2 - distribuzioni secondarie:
a) distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una
distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;
b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto
di controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.
In particolare, per le costruzioni esistenti, come precisato al § C8.7.1.4 della
Circolare n. 617, l’analisi statica non lineare è applicabile per la risposta sismica
globale della struttura, indipendentemente dalla percentuale di massa partecipante,
del primo modo di vibrare nella direzione considerata, purchè si adottino come
distribuzione principale e secondaria, rispettivamente la prima distribuzione del
Gruppo 1 e la prima distribuzione del Gruppo 2.

3 § 7.3.3.2 del D.M. 14/01/2008 “Norme Tecniche per le Costruzioni”

95
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Il numero di analisi da eseguire, oltre alle distribuzioni di forze orizzontali, viene


determinato in funzione delle seguenti considerazioni:
- direzione della forzante: la forza sismica si deve considerare applicata
secondo la direzione principale della struttura considerata e secondo la
direzione ad essa ortogonale;
- verso della forzante: per ciascuna direzione di applicazione, la forza
sismica si deve considerare agente con verso concorde e discorde rispetto
a quello fissato come positivo.

4.6.2. Verifica di spostamento

La verifica delle strutture con l’analisi statica non lineare consiste nel confrontare
la capacità della struttura con la domanda, cioè con i livelli di deformazione o
spostamento richiesti dai diversi terremoti di progetto. Nota la curva di capacità
con cui si descrive il comportamento globale del sistema MDOF, è possibile
determinare lo spostamento ultimo della struttura, ovvero la capacità, per le
diverse condizioni di carico.
La Circolare n. 617 al § C.7.3.4.1 definisce la capacità di spostamento allo stato
limite ultimo come lo spostamento corrispondente a una riduzione del taglio max
del 15% (20% per edifici in muratura). Per la determinazione della domanda di
spostamento, l’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un
sistema strutturale equivalente ad un grado di libertà (oscillatore semplice):

Fig. 4.34– Sistema e diagramma bilineare equivalente

96
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

La forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati alle


corrispondenti grandezze Fb e dc del sistema reale dalle relazioni:

F* = Fb/Γ d* = dc/Γ

dove Γ è il fattore di partecipazione modale definito dalla relazione:


T
φ Mτ
Γ=
φT M φ

Il vettore τ è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma


considerata; il vettore φ è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale
normalizzato ponendo dc =1, mentre la matrice M è la matrice di massa del
sistema reale.
Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre ora sostituire una curva
bilineare avente un primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente
plastico (fig.4.34). Detta Fbu la resistenza massima del sistema strutturale reale ed
F*bu la resistenza massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua
imponendone il passaggio per il punto 0,6F*bu della curva di capacità del sistema
equivalente, la forza di plasticizzazione F*y si individua imponendo l’uguaglianza
delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di capacità per lo spostamento
massimo d*u corrispondente ad una riduzione di resistenza ≤ 0,20F*bu (per edifici
in muratura).
Il periodo elastico del sistema bilineare è dato dall’espressione:


*
* m
T = 2π *
k

Dove m* = φTMτ e k*è la rigidezza del tratto elastico della bilineare.


Per poter confrontare la capacità offerta dalla struttura con la domanda propria
dell’evento sismico, è necessario trasformare lo spettro di risposta elastico dalla
relazione accelerazione-periodo a quella accelerazione-spostamento (fig. 4.35).

97
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

(a) (b)

Fig. 4.35 – Trasformazione dello spettro elastico in accelerazione-periodo (a)


in spettro accelerazione-spostamento (b)

Anche la bilatera del sistema equivalente, ottenuta a partire dalla curva di


capacità, deve essere riscritta secondo la relazione accelerazione-spostamento
dividendo le ordinate per la massa partecipante.
La relazione che lega lo spettro elastico in accelerazione-periodo con quello in
formato accelerazione-spostamento è la seguente:
2
T
S de = S ae
4 π2

dove Sae ed Sde sono, rispettivamente, il valore dell’accelerazione spettrale ed il


valore dello spostamento spettrale, corrispondenti al periodo T.
La curva di capacità attraverso la bilineare equivalente, in accelerazione-
spostamento, e lo spettro di risposta, nel formato ADRS, vengono inseriti nello
stesso grafico, al fine di determinare la domanda sismica del sistema equivalente
SDOF (fig.4.36e4.37).

98
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.36 – rappresentazione del procedimento per il calcolo dello spostamento anelastico nel caso
di strutture nel campo dei brevi periodi T*<TC.

Fig. 4.37 – rappresentazione del procedimento per il calcolo dello spostamento anelastico nel caso
di strutture nel campo dei medi e lunghi periodi T*>TC.

Per la determinazione della domanda è necessario prolungare il tratto elastico


della curva bilineare fino ad incrociare lo spettro di risposta in corrispondenza del
periodo elastico T* proprio del sistema equivalente. Al punto di intersezione, così
determinato, corrispondono lo spostamento massimo de,max, richiesto dal sisma di
progetto, e l’accelerazione Sae, che sarebbe richiesta al sistema se questo avesse un
comportamento indefinitamente elastico.
Nel caso in cui il periodo elastico della costruzione T*risulti≥ TC la domanda in
spostamento per il sistema anelastico è assunta uguale a quella di un sistema
elastico di pari periodo:
d*max = d*e, max = SDe(T*)

99
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Nel caso in cui, invece, T*< TC la domanda in spostamento per il sistema


anelastico è maggiore di quella di un sistema elastico di pari periodo e si ottiene
da quest’ultima mediante l’espressione:
*
d e ,max T
d *max= * [1+ (q *− 1)] C* ⩾d *e ,max
q T

dove q*= Se(T)m*/F*y rappresenta il rapporto tra la forza di risposta elastica e la


forza di snervamento del sistema equivalente.
Se risulta q*≤1 allora si ha d*max = d*e,max.
Una volta trovata la domanda in spostamento d*max del sistema SDOF per lo stato
limite in esame, occorre ricavare la domanda massima del sistema reale mediante
la formula inversa:
dc,max = Γ.d*c,max

In conclusione, qualora la capacità di spostamento della struttura du risulti ≥ della


domanda di spostamento dc,max la verifica globale potrà ritenersi soddisfatta.

4.6.3. Impostazione dell’analisi statica non lineare per il caso studio

L’analisi pushover per il caso studio è stata implementata sul software di calcolo
Midas/Gen 2013.
Per la corretta impostazione dell’analisi PO, il software richiede di passare
attraverso l’impostazione di 4 punti fondamentali:

1) Pushover Global Control


- Initial load: si definisce il caso di carico iniziale cioè quello relativo allo
stato di fatto, con i relativi fattori di scala ψ2j;
- Substeps: n. di sottostep che il programma può utilizzare per cercare la
soluzione all’interno di ogni singolo step (tra 10-30);
- Maximum Iteration: le iterazioni sono i tentativi che l’algoritmo compie
per arrivare a convergenza, nello specifico hanno lo scopo di ricercare le
condizioni di equilibrio della struttura per il singolo step;

100
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- Converge Criteria: per strutture rigide dove la forza è dominante rispetto


allo spostamento si utilizza il criterio di convergenza Force Norm.

2) Pushover load cases


Questo punto consiste nell’impostazione dei parametri relativi al sistema
di forze prese in considerazione per l’analisi. In particolare, si possono
impostare:
- General control:
N° step: numero di parti in cui si divide il carico di spinta da 30-200,
dipende dalla complessità del modello;
Use initial load: tenere conto del caso di carico di partenza, ovvero
quello relativo allo stato di fatto.
- Control option: permette di impostare se il programma debba scegliere da
solo il punto di controllo, cercando quello di massimo spostamento,
Global – Max Traslation Displacement, oppure che il nodo di controllo sia
scelto dall’utente, Master Node;
- Load pattern: impostazione del tipo di forze spingenti.

3) Define pushover hinge properties


Per ogni materiale in gioco deve essere definito il legame costitutivo che
interessa la parte dell’elemento che subisce deformazioni oltre il limite
elastico.

Fig. 4.38 – Comportamento della cerniera FEMA.

101
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

In figura 4.38 è riportata la cerniera FEMA utilizzata nel caso studio per
descrivere il comportamento del materiale; AB è il tratto elastico del
fenomeno, B è il punto di snervamento, BC è il fenomeno di plasticità, C
individua lo sviluppo della plasticità della muratura (per edifici esistenti,
0,4% nel caso di rottura a taglio e 0,6% nel caso di rottura per
pressoflessione), CD rappresenta la rottura improvvisa dell’elemento,
infine DE rappresenta la resistenza residua priva di significato fisico.
Le cerniere plastiche concentrate sono posizionate alle estremità per
quanto riguarda la sollecitazione a momento e centrale per la sollecitazione
a taglio, questo perché ci si riferisce ad una distribuzione degli sforzi
‘tipicamente’ sismica (fig. 4.39).

Fig. 4.39– Distribuzione degli sforzi

4) Assign hinge properties

Questo rappresenta l’ultimo passo per il completamento delle impostazioni


di analisi ed è caratterizzato dall’assegnazione delle cerniere plastiche
definite agli elementi maschi e fasce murarie.

102
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.6.4. Risultati dell’analisi del caso studio

La distribuzione di forze orizzontali utilizzata è esclusivamente una distribuzione


uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione uniforme di
accelerazioni lungo l’altezza della costruzione.
È stato scelto di non considerare una distribuzione di accelerazioni proporzionale
alla forma del modo di vibrare, in quanto la struttura in esame presenta una forma
geometrica fortemente irregolare; uno studio in funzione del modo proprio di
vibrare della struttura non darebbe risultati attendibili.
Variando direzione e verso della forzante sismica, le analisi effettuate possono
riassumersi nei seguenti punti:
- X+ unif. acc. : distribuzione uniforme di accelerazioni, direzione X, verso
positivo;
- X- unif. acc. : distribuzione uniforme di accelerazioni, direzione X, verso
negativo;
- Y+ unif. acc. : distribuzione uniforme di accelerazioni, direzione Y, verso
positivo;
- Y- unif. acc. : distribuzione uniforme di accelerazioni, direzione Y, verso
negativo;
Per quanto riguarda la scelta del nodo di controllo, questa è ricaduta su un nodo il
più possibile baricentrico (nodo 120). Inoltre, le curve di capacità ottenute, sono
state analizzate in relazione a differenti punti di controllo per avere una visione
globale dei risultati dell’analisi.
Di seguito (fig.4.40) si riporta la pianta dell’edificio con l’indicazione del punti di
controllo considerati.

103
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.40 – Pianta piano terra con indicazione dei nodi di controllo

Per ciascuna distribuzione di forze, direzione e verso di verifica si riporta:


- la curva di capacità ottenuta;
- la verifica grafica allo stato limite SLV;
- la tabella riportante i parametri utili ai fini della verifica globale
dell’edificio;
- il confronto tra le curve di capacità dei tre nodi di controllo.

Nell’ipotesi di un eventuale intervento di miglioramento atto a rendere rigido


anche gli impalcati voltati del seminterrato, è stata condotta un’analisi PO anche
in queste condizioni in modo da poterne valutare l’utilità di un tale intervento.

104
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.6.4.1. Solaio sottotetto rigido-interpiano deformabile

X+ Uniform acceleration

700

650

600

550

500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.41 – Curva di capacità Taglio-spostamento

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare

d*max Tr= 949 anni d*u

Fig. 4.42 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 634,075 0,523 0,449 0,5961g 0,04044 0,04044 0,01646

105
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni

d*u Spettro Tr= 98 anni d*max Tr= 98 anni

Fig. 4.43 – Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 98 anni du>dmax (0,01646> 0,01644)

VERIFICA SODDISFATTA

700
650
600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Nodo 102 Nodo 120 Nodo 116

Fig. 4.44 – Confronto tra le curve di capacità dei tre nodi considerati

106
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

X-Uniformacceleration

700

650

600

550

500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.45 – Curva di capacità Taglio-spostamento

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare

d*max Tr= 949 anni d*u

Fig. 4.46 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 634,049 0,512 0,449 0,6094g 0,03964 0,03964 0,01673

107
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni

d*u Spettro Tr= 106 anni d*max Tr= 106 anni

Fig. 4.47 – Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 106 anni du>dmax (0,01673> 0,01669)

VERIFICA SODDISFATTA

700
650
600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Nodo 102 Nodo 120 Nodo 116

Fig. 4.48 – Confronto tra le curve di capacità dei tre nodi considerati

108
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Y+Uniformacceleration

600

550

500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.49 – Curva di capacità Taglio-spostamento

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare

d*max Tr= 949 anni d*u

Fig. 4.50 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 533,826 0,606 0,449 0,5137g 0,04691 0,04691 0,01471

109
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni

d*u Spettro Tr= 56 anni d*max Tr= 56 anni

Fig. 4.51 – Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 56 anni du>dmax (0,01471> 0,01460)

VERIFICA SODDISFATTA

600

550

500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Nodo 102 Nodo 120 Nodo 116

Fig. 4.52 – Confronto tra le curve di capacità dei tre nodi considerati

110
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Y-Uniformacceleration

600

550

500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.53 – Curva di capacità Taglio-spostamento

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare

d*max Tr= 949 anni d*u

Fig. 4.54 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 535,169 0,619 0,449 0,5025g 0,04784 0,04784 0,01488

111
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni

d*u Spettro Tr= 55 anni d*max Tr= 55 anni

Fig. 4.55 – Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 55 anni du>dmax (0,01488> 0,01479)

VERIFICA SODDISFATTA

600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Nodo 102 Nodo 120 Nodo 116

Fig. 4.56 – Confronto tra le curve di capacità dei tre nodi considerati

112
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.6.4.2. Solai rigidi

X+ Uniformacceleration

700
650
600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.57 – Curva di capacità Taglio-spostamento

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare


d*max Tr= 949 anni d*u

Fig. 4.58 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 634,602 0,515 0,449 0,6053g 0,03990 0,03990 0,01642

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

113
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni


d*u Spettro Tr= 100 anni d*max Tr= 100 anni

Fig. 4.59 – Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 100 anni du>dmax (0,01642> 0,01636)

VERIFICA SODDISFATTA

X-Uniformacceleration

700
650
600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.60 – Curva di capacità Taglio-spostamento

114
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni d*u

Fig. 4.61 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 634,442 0,511 0,449 0,6102g 0,03960 0,03960 0,01677

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni


d*u Spettro Tr= 107 anni d*max Tr= 107 anni

Fig. 4.62 – Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 107 anni du>dmax (0,01677> 0,01674)

VERIFICA SODDISFATTA

115
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Y+Uniformacceleration

600

550

500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.63 – Curva di capacità Taglio-spostamento

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni d*u

Fig. 4.64 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 532,903 0,571 0,449 0,5456g 0,04425 0,04425 0,01391

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

116
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni


d*u Spettro Tr= 57 anni d*max Tr= 57 anni

Fig. 4.65– Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 57 anni du>dmax (0,01391> 0,01390)

VERIFICA SODDISFATTA

Y-Uniformacceleration

600

550

500

450

400

350

300

250

200

150

100

50

0
0,000 0,004 0,008 0,012 0,016 0,020 0,024 0,028 0,032 0,036 0,040 0,044

Curva di capacità Bilineare du

Fig. 4.66 – Curva di capacità Taglio-spostamento

117
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni


d*u Spettro Tr= 56 anni d*max Tr= 56 anni

Fig. 4.67 – Verifica per TR = 949 anni

m* Γ F*y T* Tc Se(T*) d*et dmax du


775,203 1 531,916 0,576 0,449 0,5417g 0,04458 0,04458 0,01390

- du<dmax VERIFICA NON SODDISFATTA

Si procede quindi al calcolo del TR per il quale la relazione risulta soddisfatta.

0,75
0,70
0,65
0,60
0,55
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
0,000 0,006 0,012 0,018 0,024 0,030 0,036 0,042 0,048 0,054 0,060

Spettro Tr= 949 anni Bilineare d*max Tr= 949 anni


d*u Spettro Tr= 56 anni d*max Tr= 56 anni

Fig. 4.68 – Ricerca TR massimo per cui la verifica risulta soddisfatta

- per TR = 56 anni du>dmax (0,01390> 0,01388)

VERIFICA SODDISFATTA

118
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.6.5. Sintesi dei risultati

I risultati, riportati precedentemente, sono stati ottenuti eliminando dal modello di


calcolo 4 maschi del piano terra (fig. 4.53), in quanto andavano in crisi sia a taglio
che a momento nei i primissimi steps di carico; quindi si è ritenuto che il loro
contributo alla resistenza possa ritenersi ininfluente. L’eliminazione dal modello
di questi non ha creato tuttavia situazioni di labilità e i carichi agenti su di essi
sono stati affidati ai maschi murari adiacenti.

Fig. 4.69 – Pianta piano terra con indicazione dei maschi murari eliminati

La verifica di sicurezza consiste nel confronto tra la capacità di spostamento


ultimo della costruzione e la domanda di spostamento.
Dai risultati ottenuti emerge che la struttura in esame non risulta verificata per
l’azione sismica di progetto, pari a un tempo di ritorno di 949 anni. Mantenendo
inalterati i parametri meccanici definiti al § 4.3 della presente tesi e diminuendo lo
spettro di risposta elastico in accelerazione della componente orizzontale, sono
stati ricercati i Tempi di Ritorno massimi per cui la struttura risulta verificata
(tab. 4.7).

119
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Analisi/Modello Solaio sottotetto rigido Solai rigidi


X+ Unif.acc. TR= 98 anni TR= 100 anni
X- Unif.acc. TR= 106 anni TR= 107 anni
Y+ Unif.acc. TR= 56 anni TR= 57 anni
Y- Unif.acc. TR= 55 anni TR= 56 anni

Tab. 4.7 – Tempi di ritorno che verificano la struttura del caso studio

Per entrambi i modelli è risultato che la condizione più gravosa (cioè che fornisce
la vulnerabilità più alta, cioè il Tempo di Ritorno più basso) è quella relativa al
verso negativo per la direzione per la direzione Y.
Si osserva che l’ipotesi di impalcato rigido anche a livello d’interpiano, permette
di ottenere un incremento del Tempo di Ritorno più che trascurabile. Questo
induce ad asserire che un eventuale intervento volto a rendere rigido anche
l’impalcato d’interpiano, sarebbe una soluzione scarsamente migliorativa, ben
lontana dal raggiungimento del Tempo di Ritorno previsto per lo stato limite SLV.
Inoltre analizzando i diagrammi riportati nelle fig. 4.44-4.48-4.52-4.56, si può
notare che la variazione del nodo di controllo non incide significativamente sulla
curva di capacità; quindi i risultati ottenuti considerando il nodo 120 possono
ritenersi validi.

4.7. Analisi parametrica della struttura

Ipotizzando di effettuare alcune tecniche di intervento volti a migliorare le


proprietà meccaniche della muratura, si è proceduto alla valutazione del Tempo
di Ritorno per cui la struttura risulta verificata nelle nuove condizioni. In questo
modo è stato possibile valutare la sicurezza dell’edificio rinforzato e l’influenza
dei parametri meccanici nelle verifiche di sicurezza.
I casi considerati che hanno portato all’incremento dei suddetti parametri in
funzione del tipo di intervento, sono:

120
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

- malta buona: in realtà non rappresenta un intervento migliorativo ma la


condizione in cui la malta presenti caratteristiche migliori rispetto a quelle
a cui fa riferimento la tabella C8A.2.1 (malta di scadenti caratteristiche);
- consolidamento con iniezioni di miscele leganti;
- consolidamento con intonaco armato in condizioni di malta scadente;
- consolidamento con intonaco armato in condizioni di malta buona;
- consolidamento con intonaco armato e iniezioni di miscele leganti.
I parametri meccanici equivalenti a ciascuno dei casi considerati sono stati
ottenuti applicando i coefficienti4 indicati in tabella 4.8, diversificati per le due
tipologie di muratura presenti nella struttura, sia ai parametri di resistenza (fm e
τ0), sia ai moduli elastici (E e G).

Iniezione di
Tipologia di muratura Malta buona Intonaco armato
miscele leganti
pietrame disordinato 1,5 2 2,5
mattoni pieni e malta di calce 1,5 1,5 1,5

Tab. 4.8 – Coefficienti migliorativi dei parametri meccanici

Inizialmente si è mantenuto un Fattore di Confidenza FC = 1,35 relativo a un


Livello di Conoscenza LC1; successivamente si è ipotizzato un Livello di
Conoscenza LC3, portando ad adottare un Fattore di Confidenza FC = 1.
I valori dei parametri meccanici utilizzati per i due livelli di conoscenza, sono:

LC1 LC3
Tipologia di muratura fd τ0d E50% fd τ0d E50%
[kN/m2] [kN/m2] [kN/m2] [kN/m2] [kN/m2] [kN/m2]
pietrame disordinato 740,74 14,81 435000 1000 20 435000
mattoni pieni e malta
di calce 1777,78 44,4 750000 2400 60 750000

Tab. 4.9 – Valori iniziali di riferimento dei parametri meccanici

4 § C.8.A.2 della Circolare applicativa n.617 del D.M. 14/01/2008

121
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Di seguito si riporta l’istogramma con cui sono stati messi a confronto i Tempi di
Ritorno ottenuti per i due Livelli di Conoscenza (fig. 4.70).

Parametri meccanici Tab. C.8A.2.1 NTC


650
LC1 LC3
600
550
500
450 LC3
TR [anni]

400
350
300
250 LC1
200
LC1 LC3
150 LC1 LC3
LC1 LC3
100 LC1 LC3
50
0

Fig. 4.70 – Influenza dei parametri meccanici nella verifica di sicurezza

Dall’analisi dell’istogramma emerge che, a parità di intervento di consolidamento,


passando da un Livello di Conoscenza LC1 a LC3, si ottiene via via un lieve
miglioramento della struttura, ma senza mai raggiungere il Tempo di Ritorno
richiesto dalla normativa (pari a 949 anni) in quanto, nella migliore delle ipotesi
(consolidamento con intonaco armato e iniezioni di miscele leganti), i risultati
tendono a convergere per un Tempo di Ritorno di 580 anni.
A questo punto sembra lecito concludere che la verifica globale della struttura,
espressa come confronto tra la capacità e la domanda di spostamento, non può
essere soddisfatta migliorando i soli parametri meccanici della muratura.
Inoltre, in riferimento al § 3.11 della presente tesi, si è ritenuto doveroso effettuare
un’analisi parametrica considerando i parametri meccanici ottenuti dalle prove
sperimentali sull’edificio “Livi”. Quest’ultimi sono molto diversi da quelli
suggeriti dal D.M. 14/01/2008. In particolare, il valore della resistenza a
compressione ottenuto dalle prove è inferiore al minimo previsto per la stessa
tipologia di muratura (“muratura in pietrame disordinato”). Al contrario, i

122
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

moduli elastici sono molto maggiori (dalla Tab. C8A.2.1 della Circolare5: fmc = 1-
1.8MPa, E= 690-1050 MPae G= 230-350 MPa).
Si può osservare che l’elevata non linearità del comportamento della muratura
rende difficile stabilire un valore esatto dei moduli elastici. Pertanto è apparso
opportuno adottare in relazione ai moduli elastici un criterio di fascia, svolgendo
le analisi per due valori dei moduli stessi (valori medi dell’intervallo di Tab.
C8A.2.1 e valori delle prove sperimentali). I valori dei parametri meccanici
utilizzati per i due livelli di conoscenza, sono:

LC1 LC3
Tipologia di muratura fd τ0d E50% fd τ0d E50%
[kN/m2] [kN/m2] [kN/m2] [kN/m2] [kN/m2] [kN/m2]

1500000 1500000
pietrame disordinato 592,60 23,70 800 32
435000 435000
mattoni pieni e malta
di calce 1777,78 44,4 750000 2400 60 750000

Tab. 4.10– Valori iniziali di riferimento dei parametri meccanici

Di seguito si riportano gli istogrammi, relativi ai due valori di E, con cui sono stati
messi a confronto i Tempi di Ritorno ottenuti per i due Livelli di Conoscenza (fig.
4.71-4.72).

5 Circolare applicativa n.617 del D.M. 14/01/2008

123
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Parametri meccanici prove edificio Livi (E=870 MPa)


650
LC1 LC3
600
550
500
450
LC1 LC3
TR [anni]
400
350
300
LC1 LC3
250
200
LC3
LC1
150 LC3
LC1 LC3 LC1
100
50
0

Fig. 4.71 – Analisi parametrica con valori delle prove sperimentali (E50% = 435 MPa)

1300
Param. mecc. prove edificio Livi (E=300 MPa)
LC1 LC3
1200
1100
1000 TR = 949 anni LC3
900
LC1
TR [anni]

800
700
600
LC1 LC3
500
400 LC3
LC1
300
200
100
0

Fig. 4.72 – Analisi parametrica con valori delle prove sperimentali (E50% = 1500 MPa)

Dal confronto degli istogrammi riportati in figura 4.70 e 4.71, emerge che,
nonostante la minore resistenza a compressione, si ottengono risultati maggiori
considerando i valori derivanti dalle prove sperimentali sull’edificio “Livi”, ma
senza mai raggiungere il Tempo di Ritorno richiesto dalla normativa.

124
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Evidentemente i risultati sono governati dalla tensione tangenziale a taglio τ0, in


quanto il valore ottenuto dalle prove (τ0= 0,032MPa) è superiore a quello
considerato nell’analisi parametrica con riferimento alla tabella C8A.2.1 (τ0=
0,020 MPa).
Invece per quanto riguarda l’istogramma di figura 4.72, l’adozione di un valore
maggiore di E, porta al soddisfacimento della verifica di sicurezza, effettuando un
consolidamento con intonaco armato. Pertanto, data la forte discrepanza dei
risultati ottenuti considerando i due valori del modulo elastico, si può concludere
che un valore di E pari a 3000 MPa va adottato con cautela, in quanto potrebbe
portare a sovrastimare la capacità strutturale.

4.8. Analisi dei meccanismi locali

La valutazione della vulnerabilità deve essere completata con l’analisi del


comportamento delle pareti al di fuori del piano. Occorre cioè individuare la
possibilità di attivazione di meccanismi locali fuori piano, determinandone poi la
corrispondente capacità resistente.
L’individuazione delle modalità di collasso significative per gli edifici si compie
quindi attraverso la ricerca disconnessioni, presenti o che possono formarsi nella
compagine muraria a causa delle azioni sismiche, che individuano macroelementi
(porzioni più o meno estese della struttura muraria) suscettibili di instabilità.
I principali meccanismi di collasso locale possono essere riassunti in:
- ribaltamento semplice;
- ribaltamento composto;
- flessione verticale;
- flessione orizzontale.
Di seguito si riporta una sintetica descrizione delle modalità di collasso associate
al meccanismo trattato, illustrazioni schematiche e riferimenti fotografici di
dissesti realmente manifestatisi a seguito di sismi passati in edifici esistenti, oltre
alla formulazione analitica del relativo problema cinematico, con l’indicazione
delle espressioni che consentono di valutare il moltiplicatore orizzontale dei

125
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

carichi agenti sugli elementi strutturaliα = α0, rapporto tra le forze orizzontali
applicate ed i corrispondenti pesi delle masse presenti, che porta all’attivazione
dei cinematismi di collasso locali considerati. Accanto alle espressioni è riportato
lo schema di calcolo al quale è esplicitamente riferita la formulazione proposta e
che consente una rapida individuazione del significato di ciascun termine, oltre
che della configurazione geometrica assunta per il sistema, delle condizioni di
vincolo ipotizzate per gli elementi della catena cinematica e delle azioni
considerate agenti sui macroelementi.

4.8.1. Ribaltamento semplice

Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione rigida di intere facciate o


porzioni di pareti rispetto ad assi in prevalenza orizzontali alla base di esse e che
percorrono la struttura muraria sollecitata da azioni fuori dal piano. Le condizioni
di vincolo della parete, o porzioni di parete coinvolta nel cinematismo sono
l’assenza di vincolo in sommità, come cordoli o catene, e l’assenza di
collegamento alle pareti ortogonali. Inoltre orizzontamenti deformabili e la
presenza di spinte non contrastate sulla parete, possono indurre l’attivazione di
tale meccanismo di collasso.
Il ribaltamento può coinvolgere uno o più livelli della parete, in relazione alla
presenza di collegamento ai diversi orizzontamenti (fig. 4.71).

Fig. 4.71 – Schema del meccanismo di ribaltamento semplice

126
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Un edificio a seguito di un sisma, può manifestare lesioni


verticali in corrispondenza delle intersezioni murarie
(angolate e martelli murari), fuori piombo della parete
ribaltante, sfilamento delle travi degli orizzontamenti,
sintomi che rivelano l’attivazione del meccanismo in
questione.

Fig. 4.72 – Esempi di ribaltamento semplice

127
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.8.2. Ribaltamento composto

Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione rigida di intere facciate o


porzioni di pareti rispetto ad assi in prevalenza orizzontali, accompagnata dal
trascinamento di parti delle strutture murarie appartenenti alle pareti di
controvento.
Le condizioni di vincolo della parete, o porzioni di parete coinvolta nel
cinematismo sono l’assenza di vincolo in sommità, come cordoli o catene, e
l’efficace connessione con le murature ortogonali. Inoltre orizzontamenti
deformabili e la presenza di spinte non contrastate sulla parete, possono indurre
l’attivazione di tale meccanismo di collasso.
Il ribaltamento può coinvolgere uno o più livelli della parete, in relazione alla
presenza di collegamento ai diversi orizzontamenti (fig. 4.73).

Fig. 4.73 – Schema del meccanismo di ribaltamento composto

Lesioni diagonali sulle pareti di controvento, fuori piombo della parete ribaltante e
sfilamento delle travi dagli orizzontamenti, sono sintomi che manifestano
l’avvenuta attivazione del meccanismo in questione.

128
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.74 – Esempio di ribaltamento composto

Un particolare meccanismo di ribaltamento composto è rappresentato dal


ribaltamento del cantonale. Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione
rigida di un cuneo di distacco, delimitato da superfici di frattura ad andamento
diagonale nelle pareti concorrenti nelle angolate libere, rispetto ad una cerniera
posta alla base dello stesso.

129
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Meccanismi di questo tipo sono frequenti in edifici che presentano spinte


concentrate in testa ai cantonali dovute in particolar modo ai carichi trasmessi dai
puntoni dei tetti a padiglione. Si suppone che il ribaltamento avvenga nella
direzione di spinta del puntone e che il cinematismo sia definito dalla rotazione
del macroelemento individuato intorno ad un asse perpendicolare al piano
verticale.
La geometria del macroelemento è variabile in relazione alla qualità del materiale
costituenti le murature confluenti nel nodo e alla presenza di aperture in
prossimità del cantonale (fig. 4.75).

Fig. 4.75 – Schema ed esempi del meccanismo di ribaltamento del cantonale

130
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.8.3. Flessione verticale

Il meccanismo si manifesta con formazione di una cerniera cilindrica orizzontale


che divide la parete in due blocchi ed è descritto dalla rotazione reciproca degli
stessi attorno a tale asse per azioni fuori dal piano.
È questo il caso, ad esempio, di una parete che presenta un trattenimento efficace
in testa e carenza di collegamento alle pareti ortogonali. Inoltre spinte orizzontali
localizzate e una snellezza eccessiva delle pareti possono indurre l’attivazione di
tale meccanismo di collasso.
La flessione verticale può coinvolgere uno o più livelli della parete, in relazione
alla presenza di collegamento ai diversi orizzontamenti (fig. 4.76).

Fig. 4.76 – Schema del meccanismo di flessione verticale

131
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Un edificio a seguito di un sisma, può manifestare spanciamenti e fuori pombo


della parete, lesioni orizzontali e verticali, sfilamento delle travi degli
orizzontamenti, sintomi che rivelano l’attivazione del meccanismo in questione.

Fig. 4.77 – Esempio di flessione verticale

132
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.8.4. Flessione orizzontale

Il meccanismo si manifesta con l’espulsione di materiale dalla zona sommitale


della parete e col distacco di corpi cuneiformi. Il meccanismo di flessione
orizzontale si manifesta nella zona alta delle pareti. È il caso di pareti
efficacemente collegate alle pareti ortogonali e non vincolate in sommità. Inoltre
un solaio di copertura mal collegato alla muratura e la presenza di coperture
spingenti possono indurre l’attivazione di tale meccanismo di collasso.
La flessione orizzontale può interessare l’intero spessore del muro o il solo
paramento esterno, in relazione alle caratteristiche della struttura muraria (fig.
4.78).

Fig. 4.78 – Esempi di flessione orizzontale

133
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Un particolare meccanismo di flessione orizzontale è rappresentato dallo


sfondamento della parete del timpano, provocato dall’azione ciclica di
martellamento della travedi colmo della copertura. In fase sismica la presenza di
travi di colmo di notevoli dimensioni causa il trasferimento di una elevata spinta
alla parete del timpano e può determinare il distacco di macroelementi cuneiformi
e l’instaurarsi delle condizioni di instabilità che si manifestano attraverso la
rotazione degli stessi attorno a cerniere oblique (fig. 4.80).

Fig. 4.79 –Esempio di sfondamento della parete del timpano

134
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fig. 4.80 – Schema ed esempio di sfondamento della parete del timpano

4.8.5. Verifica di sicurezza per lo Stato Limite di Salvaguardia della Vita

Calcolato il moltiplicatore di collasso α0, secondo le modalità viste nei paragrafi


precedenti per ogni meccanismo di collasso, si procede con la valutazione della
massa partecipante al cinematismo, espressa come:
n+ m
( ∑ Pi δx ,i )
2

M *= i= 1
n+ m
g ∑ Pi δ2x , i
i= 1

L’accelerazione di attivazione del meccanismo (o accelerazione sismica spettrale)


è espressa dalla seguente relazione:
n+ m
α 0 ∑ Pi
* i= 1 α0 g
a 0= * = *
M FC e FC

dove g è l’accelerazione di gravità, FC è il fattore di confidenza e e*è la frazione


di massa partecipante definita come:
* g M*
e= n+ m

∑ Pi
i= 1

135
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Nel caso in cui la verifica riguardi un elemento isolato o una porzione di


costruzione comunque sostanzialmente appoggiata a terra, la verifica di sicurezza
nei confronti dello SLV è soddisfatta se l’accelerazione spettrale a0* che attiva il
meccanismo soddisfa la seguente diseguaglianza:

* a g ( PVR )S
a 0≥
q

in cui ag è funzione della probabilità di superamento dello stato limite scelto e


della vita di riferimento6, S è il coefficiente che tiene conto della categoria di
sottosuolo e delle condizioni topografiche7 e q è il fattore di struttura che può
essere assunto pari a 2.
Se il meccanismo locale interessa una porzione della costruzione posta ad una
certa quota, si deve tener conto del fatto che l’accelerazione assoluta alla quota
della porzione di edificio interessata dal cinematismo è in genere amplificata
rispetto a quella al suolo. In questo caso si deve verificare che:

* Se ( T1) ψ( Z) γ
a 0≥
q

dove Se(T1) è lo spettro elastico7 calcolato per il periodo di vibrazione nella


direzione considerataT1, ψ(Z) è il primo modo di vibrazione nella direzione
considerata, normalizzato ad uno in sommità all’edificio (in assenza di
valutazione più accurate può essere assunto pari a Z/H, con H altezza della
struttura rispetto alla fondazione), Z è l’altezza, rispetto alla fondazione
dell’edificio, del baricentro delle linee di vincolo tra i blocchi interessati dal
meccanismo e il resto della struttura, infine γ è il corrispondente coefficiente di
partecipazione modale (in assenza di valutazioni più accurate può essere assunto
pari a 3N/(2N+1), con N numero di piani dell’edificio).

6 § 3.2 del D.M. 14/01/2008


7 § 3.2.3.2.1 del D.M. 14/01/2008

136
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

4.8.6. Analisi dei meccanismi locali di collasso del caso studio

Per l’edificio oggetto di studio, sono stati analizzati due meccanismi locali di
collasso considerati significativi, e individuati attraverso lo studio delle deformate
modali di seguito riportate.

Fig. 4.81 – Deformata modale principale in direzione x

Fig. 4.82 – Deformata modale principale in direzione y

137
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Quindi per l’edificio oggetto di studio, caratterizzato, come riportato al § 4.2 della
presente tesi, dall’assenza di cordoli e/o catene ai piani e dalla presenza di spinte
non contrastate sulla parete, sono stati considerati il ribaltamento semplice della
parete A e il ribaltamento del cantonale B (fig.4.83).

Fig. 4.83 – Individuazione in pianta dei macroelementi analizzati

Le verifiche dei due cinematismi sono state condotte utilizzando l’applicativo


“C.I.N.E”, realizzato con il contributo di risorse del Commissario Delegato per le
attività post-sisma 2002 in Molise e del Progetto Reluis-DPC 2005-2008.
L’applicativo consente di valutare l’accelerazione di picco su suolo rigido
associata al raggiungimento dello specifico Stato Limite in esame, per il confronto
con la PGA di riferimento, secondo l’approccio utilizzato nella seguente tesi,
ovvero quello semplificato con fattore di struttura (Analisi Cinematica Lineare).

4.8.6.1. Parete A

Sono state ipotizzate diverse posizioni della cerniera cilindrica, in corrispondenza


dell’impalcato d’interpiano e di sottotetto. Nelle tabelle seguenti sono evidenziati

138
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

i dati significativi del macroelemento (dimensioni della parete, peso proprio,


carichi dovuti ai solai) attraverso i quali viene calcolato il coefficiente di
attivazione del meccanismo di collasso α.
GEOMETRIA DELLA FACCIATA (*)
Altezza delle fasce murarie Larghezza delle fasce murarie
Larghezza della Larghezza della Peso specifico
Larghezza della della muratura
Elevazione fascia fascia
Quota del Quota del fascia intermedia
sottofinestra al soprafinestra al γi [kN/m3]
sottofinestra [m] soprafinestra [m] al netto delle
netto delle netto delle
aperture [m]
aperture [m] aperture [m]
1 0,97 3,91 6,00 2,60 6,00 19,0
2 1,22 6,00 19,0

CARATTERIZZAZIONE GEOMETRICA DEI MACROELEMENTI


Braccio
orizzontale del
Quota del
Spessore della Altezza di carico del solaio
baricentro della
parete al piano i- interpiano al al piano i-esimo
Elevazione parete al piano i-
esimo piano i-esimo rispetto alla
esimo
s i [m] hi [m] cerniera
yGi [m]
cilindrica
di [m]
1 0,55 4,42 0,37 2,07
2 0,55 1,22 0,37 0,61

AZIONI SUI MACROELEMENTI

Peso proprio Carico trasmesso


della parete al dal solaio al
Elevazione
piano i-esimo piano i-esimo
W i [kN] PSi [kN]

1 172,7 64,8
2 76,5 80,2

MOMENTO DELLE AZIONI STABILIZZANTI MOMENTO DELLE AZIONI RIBALTANTI

Ribaltamento Peso proprio Ribaltamento


Carico dei solai Inerzia delle Inerzia dei solai
delle delle pareti delle
elevazioni: [kNm] elevazioni: pareti [kNm] [kNm]
[kNm]
2-1 68,5 53,6 2-1 742,4 738,6
2 21,0 29,7 2 46,7 97,8

Ribaltament Fattore di Massa Frazione massa Accelerazione


o delle Valore di α0 Confidenza partecipante partecipante spettrale
FC M* e* a0* [m/sec2]
elevazioni:
2-1 0,082 34,436 0,857 0,699
1,35
2 0,351 14,398 0,901 2,829

139
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fattore di struttura q 2,00


Coefficiente di amplificazione topografica ST 1,10
Categoria suolo di fondazione C
PGA di riferimento ag(PVR) [g] 0,174
Fattore di amplificazione massima dello spettro FO 2,522
Periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro TC * [sec] 0,281
Fattore di smorzamento η 1,000
Altezza della struttura H [m] 11,93
Coefficiente di amplificazione stratigrafica SS 1,437
Coefficiente CC 1,596
Fattore di amplificazione locale del suolo di fondazione S 1,581
Numero di piani dell'edificio N
Coefficiente di partecipazione modale γ 0,974
Primo periodo di vibrazione dell'intera struttura T1 [sec] 0,370

Ribaltamento Baricentro delle


ag(SLV) Se(T1)
delle linee di vincolo ψ(Z) = Z/H
(C8A.4.9) (C8A.4.10)
elevazioni: Z [m]
2-1 0,090
2 4,42 0,370 0,401 15,673

Tab. 4.10 – Tabelle estrapolate dall’applicativo C.I.N.E., ribaltamento semplice

Il coefficiente di partecipazione modale e il primo periodo di vibrazione


dell’intera struttura sono stati ricavati da un’analisi modale eseguita con
Midas/Gen. Ai fini della verifica, l’accelerazione di picco al suolo rigido che
determina il raggiungimento dello SLV relativamente al cinematismo considerato
(ag(SLV)), va confrontato con la PGA di riferimento (ag(PVR)). In questo caso:

- ribaltamento delle elevazioni 2-1: 0,090g < 0,174g NON VERIFICATO


- ribaltamento delle elevazioni 2: 0,401g > 0,174g VERIFICATO

4.8.6.2. Cantonale B

Sono state ipotizzate diverse posizioni della cerniera cilindrica, in corrispondenza


dell’impalcato d’interpiano e di sottotetto. Inoltre è stato ipotizzato un angolo
critico di lesionamento θ della muratura, angolo tra la linea di distacco e la
verticale, pari a 30°. Nelle tabelle seguenti sono evidenziati i dati significativi del
macroelemento (dimensioni del cuneo di distacco, peso proprio, carichi dovuti ai
solai e spinta trasmessa dalla copertura) attraverso i quali viene calcolato il
coefficiente di attivazione del meccanismo di collasso α.

140
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

CARATTERIZZAZIONE GEOMETRICA DEL CUNEO DI DISTACCO

Distanza orizzontale,
Braccio orizzontale
Spessore delle misurata nella direzione Braccio orizzontale del carico Braccio orizzontale del
Altezza globale Quota del del carico trasmesso
pareti del ribaltamento, del P trasmesso in testa al carico trasmesso in
del cuneo di baricentro del in testa alla parete 1
convergenti baricentro del cuneo di cantonale rispetto alla testa alla parete 2
distacco cuneo di distacco rispetto alla cerniera
nell'angolata distacco rispetto alla cerniera A rispetto alla cerniera A
A
h [m] yG [m] cerniera A
s [m] dP [m] d2 [m]
d1 [m]
xG [m]

0,50 5,64 4,06 0,78 0,46 0,67 1,14

COORDINATE DEI PUNTI DI APPLICAZIONE DELLE AZIONI SUL CANTONALE NEL PIANO ORIZZONTALE

Distanza Distanza
dall'intersezione dall'intersezione
Distanza Distanza dall'intersezione
muraria ed muraria ed
dall'intersezione muraria muraria ed arretramento
Coordinate nel arretramento arretramento rispetto
ed arretramento rispetto rispetto alla superficie
sistema di rispetto alla alla superficie
alla superficie interna interna della parete del
riferimento del superficie interna interna della parete
della parete del punto di punto di applicazione del
piano orizzontale della parete del del punto di
applicazione del carico P carico in testa alla parete 1
baricentro del applicazione del
sul cantonale [m] [m]
cuneo di distacco carico in testa alla
[m] parete 2 [m]

d 0,05 -0,16 0,13 -0,17


a -0,05 0,18 0,18 -0,78

AZIONI SUL CUNEO DI DISTACCO

Carico verticale Carico verticale in testa


Peso proprio del concentrato Spinta statica
alla parete 1 ed alla
cuneo di trasmesso in trasmessa in testa
parete 2
distacco testa al al cantonale
cantonale PV1 , PV2
W [kN] PH [kN]
P [kN] [kN]

2,1
67,4 10,8 4,2
4,8

MOMENTO DELLE AZIONI STABILIZZANTI


Peso proprio del
Carico in testa al Carico in testa alle
cuneo di
cantonale [kNm] pareti [kNm]
distacco [kNm]
52,5 5,0 6,8

MOMENTO DELLE AZIONI RIBALTANTI


Inerzia del cuneo Inerzia del carico Inerzia del carico
Spinta statica sul
di distacco in testa al in testa alle pareti
cantonale [kNm]
[kNm] cantonale [kNm] [kNm]

273,6 60,9 38,9 23,7

Fattore di Massa Frazione massa Accelerazione spettrale


Valore di α0 Confidenza partecipante partecipante
a0 * [m/sec2]
FC M* e*
0,109 1,35 8,387 0,967 0,818

141
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

Fattore di struttura q 2,00


Coefficiente di amplificazione topografica ST 1,10
Categoria suolo di fondazione C
PGA di riferimento ag(P VR) [g] 0,174
Fattore di amplificazione massima dello spettro FO 2,522
Periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro TC * [sec] 0,281
Fattore di smorzamento η 1,000
Quota di base del macroelemento rispetto alla fondazione [m] 4,50
Altezza della struttura H [m] 11,93
Coefficiente di amplificazione stratigrafica S S 1,437
Coefficiente CC 1,596
Fattore di amplificazione locale del suolo di fondazione S 1,581
Coefficiente di partecipazione modale γ 0,750
Primo periodo di vibrazione dell'intera struttura T1 [sec] 0,479

Baricentro delle
ag(SLV) Se(T1)
linee di vincolo ψ(Z) = Z/H
(C8A.4.9) (C8A.4.10)
Z [m]

4,50 0,377 0,148 5,785

Tab. 4.11 – Tabelle estrapolate dall’applicativo C.I.N.E., ribaltamento cantonale 2-1

- ribaltamento cantonale 2-1: 0,148g < 0,174g NON VERIFICATO

CARATTERIZZAZIONE GEOMETRICA DEL CUNEO DI DISTACCO

Quota del punto di Distanza orizzontale, Braccio orizzontale


Spessore delle Quota del applicazione dell'azione misurata nella direzione del del carico P
Altezza globale
pareti baricentro del trasmessa da archi o ribaltamento, del baricentro trasmesso in testa al
del cuneo di
convergenti cuneo di distacco volte al cuneo di distacco del cuneo di distacco cantonale rispetto
distacco
nell'angolata rispetto alla cerniera A rispetto alla cerniera A alla cerniera A
h [m] yG [m]
s [m]
hV [m] xG [m] dP [m]

0,50 1,22 0,91 0,33 0,46

COORDINATE DEI PUNTI DI APPLICAZIONE DELLE AZIONI SUL


CANTONALE NEL PIANO ORIZZONTALE
AZIONI SUL CUNEO DI DISTACCO
Distanza
dall'intersezione
Distanza
muraria ed Carico verticale
dall'intersezione muraria
Coordinate nel arretramento Peso proprio del concentrato Spinta statica
ed arretramento rispetto
sistema di rispetto alla cuneo di trasmesso in trasmessa in testa
alla superficie interna
riferimento del superficie interna distacco testa al al cantonale
della parete del punto di
piano orizzontale della parete del cantonale
applicazione del carico P W [kN] PH [kN]
baricentro del P [kN]
sul cantonale [m]
cuneo di distacco
[m]

d -0,25 -0,16
3,8 10,8 4,2
a 0,28 0,18

142
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

MOMENTO DELLE AZIONI MOMENTO DELLE AZIONI


STABILIZZANTI RIBALTANTI

Peso proprio del Inerzia del cuneo Inerzia del carico


Carico in testa al di distacco in testa al
cuneo di
cantonale [kNm] [kNm] cantonale [kNm]
distacco [kNm]
1,2 5,0 3,4 13,2

Fattore di Massa Frazione massa Accelerazione spettrale


Valore di α0 Confidenza partecipante partecipante
a0* [m/sec2]
FC M* e*
0,067 1,35 1,458 0,982 0,494

Fattore di struttura q 2,00


Coefficiente di amplificazione topografica ST 1,10
Categoria suolo di fondazione C
PGA di riferimento ag(PVR) [g] 0,174
Fattore di amplificazione massima dello spettro FO 2,522
Periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro TC * [sec] 0,281
Fattore di smorzamento η 1,000
Quota di base del macroelemento rispetto alla fondazione [m] 8,92
Altezza della struttura H [m] 11,93
Coefficiente di amplificazione stratigrafica SS 1,437
Coefficiente CC 1,596
Fattore di amplificazione locale del suolo di fondazione S 1,581
Coefficiente di partecipazione modale γ 0,750
Primo periodo di vibrazione dell'intera struttura T1 [sec] 0,479

Baricentro delle
ag(SLV) Se(T1)
linee di vincolo ψ(Z) = Z/H
(C8A.4.9) (C8A.4.10)
Z [m]

8,92 0,748 0,045 1,764

Tab. 4.12 – Tabelle estrapolate dall’applicativo C.I.N.E., ribaltamento cantonale 2

- ribaltamento cantonale 2: 0,045g < 0,174g NON VERIFICATO

4.8.7. Analisi dei risultati

I risultati ottenuti dimostrano che sia la parete A che il cantonale B sono


vulnerabili rispetto all’azione sismica per lo Stato Limite considerato SLV,
caratterizzata da un Tempo di Ritorno di 949 anni. Pertanto si è ritenuto
opportuno effettuare un’ulteriore verifica prendendo in riferimento il minimo
Tempo di Ritorno per cui l’analisi statica non lineare risulta soddisfatta (pari a 55
anni).

143
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

La nuova verifica ha portato a concludere che il cantonale 2 rimane vulnerabile e


quindi il relativo meccanismo locale sopraggiungerà prima della crisi globale
della struttura.

4.9. Valutazione dell’indice di rischio

In base alle indicazioni della legge n°77/2009, delle OPCM 3779 e 3790, nella
valutazione degli edifici esistenti, e per l’assegnazione di eventuali
contributi monetari, è necessaria la determinazione dell’Indicatore di
Rischio Sismico, grazie al quale si stabilisce in modo estremamente sintetico
e univoco il comportamento sismico di una struttura.
L’Indicatore di Rischio Sismico (IR) allo Stato Limite di Salvaguardia della Vita, è
definito dal seguente rapporto:

IR = (PGACLV/PGADLV)

dove PGACLV e PGADLV sono rispettivamente l’accelerazione orizzontale massima


su suolo rigido che può essere sostenuta dall’edificio (capacità) e l’accelerazione
orizzontale massima su suolo rigido attesa per lo stato limite considerato
(domanda).
Il coefficiente IR così ottenuto, risulta compreso tra un massimo di 1 (caso in cui le
due PGA si eguagliano) e un minimo di 0,270 (caso in cui PGADLV assume il
valore minimo 0,047 previsto dal D.M. 14/01/2008, per un TR pari a 30 anni). In
riferimento a quanto appena detto, la capacità della struttura di far fronte
all’azione sismica, sarà tanto maggiore quanto più l’Indicatore di Rischio Sismico
assumerà un valore prossimo all’unità.

PGADLV PGACLV IR
Scheda GNDT/CNR 0,174 0,572 3,286
SAVE-VM 0,174 0,122 0,701
Analisi Statica non Lineare 0,174 0,062 0,356
Analisi cinematica lineare 0,174 0,045 0,259

Tab. 4.13 – Valori di IR ricavati per ciascuna delle procedura eseguite

144
CAPITOLO 4 – CASO STUDIO: L’OBITORIO

0,600

0,500

0,400

0,300
PGAc
0,200

0,100

0,000
Scheda GNDT/CNR SAVE-VM Analisi Statica non Analisi cinematica
Lineare lineare

Fig. 4.84 – Istogramma delle PGA di capacità

3,50

3,00

2,50

2,00

1,50 IR

1,00

0,50

0,00
Scheda GNDT/CNR SAVE-VM Analisi Statica non Analisi cinematica
Lineare lineare

Fig. 4.85 – Istogramma dell’Indicatore di Rischio Sismico

Dall’analisi degli istogrammi riportati in figura 4.84 e 4.85, si osserva la forte


discrepanza tra i risultati ottenuti con la Scheda GNDT/CNR e il resto delle
procedure di analisi. Essa è basata su rilievi sommari “a vista”, e difficilmente può
tener conto dei dettagli costruttivi e delle resistenze dei materiali che
caratterizzano l’edificio. Se da un lato l’applicazione di questa stessa procedura a
diversi edifici permette di raffrontare in maniera diretta, e su base quantitativa, i
loro livelli di vulnerabilità e di rischio, dall’altro non può fornire indicazioni
verosimili sul singolo edificio, portando come in questo caso a sovrastimare.

145
CAPITOLO 5 – CONCLUSIONI

4.10. Conclusioni

Il lavoro della presente tesi è stato caratterizzato dallo studio del comportamento
sismico di 11 edifici in muratura presenti nel Presidio Ospedaliero di Volterra,
con particolare riferimento a un caso studio.
Gli edifici risultano in gran parte risalenti a edificazioni avvenute nei primi anni
del ‘900. Queste strutture sono state interessate negli anni da interventi di
ristrutturazione anche importanti su solai e coperture, ma nonostante tutto,
mantengono ancora oggi le caratteristiche costruttive originarie, in particolare
nelle strutture portanti in muratura, caratterizzate da pietrame con tessitura
irregolare.
In una prima fase, l’attenzione è stata concentrata sulla procedura SAVE-VM,
messa a punto dal GNDT e dall’Università della Basilicata, che ha permesso di
valutare la vulnerabilità sismica degli 11 edifici analizzati, in riferimento allo
Stato Limite di Operatività (SLO) e di Collasso (SLC). Questa prima analisi ha
portato a concludere che nel complesso gli edifici possono ritenersi sicuri in
presenza di sismi di lieve intensità (SLO), ma bisognosi di interventi strutturali
per soddisfare lo Stato Limite di Collasso (SLC).
L’adozione di numerose ipotesi sulle caratteristiche delle strutture, legate alla non
perfetta conoscenza delle stesse, basata su indagini sicuramente non esaustive,
nonché l’adozione di modelli semplificati, ha limitato, ovviamente, l’affidabilità
dei risultati ottenuti in termini assoluti, rendendo pertanto necessarie verifiche
sismiche più approfondite. Ciononostante, l’applicazione della stessa procedura
SAVE-VM ai diversi edifici, ha permesso di raffrontare i loro livelli di
vulnerabilità e di rischio, e di stimare una graduatoria delle priorità di intervento.
In secondo luogo, sono state condotte delle verifiche sismiche più approfondite
(Analisi Statica non Lineare) su un caso studio, rappresentato dall’edificio
nominato “Obitorio”.
I risultati ottenuti con l’analisi Pushover, condotta con controllo di spostamento,
conducono a un giudizio negativo della capacità di far fronte all’azione sismica di
progetto. Pertanto, riducendo lo spettro di risposta, si è ricercato per tentativi il

146
CAPITOLO 5 – CONCLUSIONI

Tempo di Ritorno per il quale la struttura è in grado di soddisfare la verifica di


sicurezza. Riferendosi necessariamente, per sicurezza, al valore più basso
ottenibile con il procedimento appena illustrato, l’edificio risulta verificato per un
Tempo di Ritorno pari a 55 anni.
Inoltre, si è ritenuto opportuno, eseguire un’analisi parametrica in modo da poter
stimare l’influenza dei parametri meccanici sulle verifiche di sicurezza, ma
soprattutto, valutare i benefici ottenibili in presenza di eventuali interventi di
consolidamento. Questo tipo di analisi ha portato a concludere che la sicurezza
richiesta dal D.M. 14/01/2008 “Norme Tecniche per le Costruzioni” non appare
perseguibile migliorando i soli parametri meccanici della muratura.
La valutazione della vulnerabilità è stata completata con l’analisi del
comportamento di macroelementi (in questo caso parete e cantonale) al di fuori
del piano. Per il caso studio, il metodo di calcolo utilizzato è quello dell’Analisi
Cinematica Lineare. Dai risultati ottenuti, emerge che sia la parete che il
cantonale considerati, sono vulnerabili all’azione sismica di progetto. Pertanto si è
ritenuto opportuno effettuare un’ulteriore verifica prendendo in riferimento il
minimo Tempo di Ritorno per cui l’analisi statica non lineare risulta soddisfatta
(pari a 55 anni), in modo da poter stimare l’evoluzione dei meccanismi locali
rispetto alla crisi globale.
Infine, sono stati calcolati gli Indicatori di Rischio Sismico per le diverse
procedure di analisi adottate. Dallo studio dei risultati ottenuti, emerge che lo
studio della vulnerabilità sismica condotto tramite Schede GNDT/CNR porta a
sovrastimare le capacità strutturali dell’edificio, in quanto, essendo basata su
rilievi sommari “a vista”, difficilmente può tener conto dei dettagli costruttivi e
delle resistenze dei materiali che caratterizzano l’edificio.

147
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

NOME SCHEDA: CISAL (Unità strutturale in muratura)

NUMERO PRESIDIO: 4

Ed.Cisalpino – Officina elettricisti - N°.4

INDIVIDUAZIONE DEL COMPLESSO EDILIZIO E CORISPONDENTE


NUMERAZIONE

148
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

DESCRIZIONE SINTETICA DELL’UNITÀ STRUTTURALE

L’edificio (Presidio n°4), realizzato tra il 1921 e il 1930 è costituito da un piano


fuori terra ed è interamente in muratura con struttura formata da pietra sbozzata
con spigoli, mazzette e ricorsi in mattoni e pietra squadrata.
Dai sopralluoghi condotti, emerge una configurazione planimetrica regolare,
disposizione regolare delle aperture nelle pareti, buona qualità del materiale con
buono stato conservativo.
L’analisi dei risultati emersi da una prima indagine storico-critica, porta a
concludere che l’organismo resistente della costruzione coincide con quello
originario di progetto, dato che non sono stati effettuati ampliamenti e
sopraelevazioni.
L’edificio ha una conformazione planimetrica rettangolare: il parametro b1, che
nel caso in esame è uguale a 43 e comporta l’inserimento dell’edificio in classe C.

149
ALLEGATI

La copertura risulta essere a padiglione con struttura portante in legno.


Relativamente all’analisi della distribuzione delle masse in elevazione, emerge
l’assenza di logge e ballatoi esterni; inoltre, sulla base del rilievo effettuato,
l’edificio si può considerare “regolare” in altezza dato che non sono state
riscontrate variazioni significative dello spessore della sezioni muraria lungo tutto
il loro sviluppo verticale.
La pendenza del terreno su cui insiste l’edificio è molto accentuata come si può
vedere anche dalle immagini fotografiche sotto riportate, dove viene raffigurato il
suo inserimento ambientale.
La valutazione del sistema resistente (efficacia del collegamento fra pareti
ortogonali interne ed esterne con relative ammorsature tale da assicurare il
comportamento scatolare della struttura), viene presunta buona vista la mancanza
di fessurazioni tra murature esterne ed interne. Tutti i sistemi resistenti verticali si
estendono per tutta l’altezza della costruzione (D.M. 14/1/2008 par.7.2.2).

- Volumetria complessiva edificio 1800 mc


- Superficie complessiva edificio 295 mq

150
ALLEGATI

SCHEDA SINTETICA DI RILIEVO DELL’UNITÀ STRUTTURALE

Az. USL (1) ASL5 PISA


Presidio (2) ASL 5 PISA - VOLTERRA
Complesso Edilizio (3) ASL 5 PISA – VOLTERRA- ED.CISALPINO
Unità Strutturale (4) Unità strutturale in muratura: CISAL
Indirizzo Borgata San Lazzaro
Coordinate geografiche Latitudine: 43°24'14.51"N Longitudine: 10°52'20.66"E
Anno di costruzione 1921-1930
Data del rilievo 18-04-2011
Rilevatori Ing. Elisa Bonannini
1. Prospetti esterni di fronte (5) S
2. Prospetti esterni di lato (5) S
3. Elementi di interesse in esterno (6) S
(7)
4. Locali interni più importanti S
A 5. Volte ed archi interni (8) N
(9)
6. Solai N
DOCUMENTAZIONE
7. Copertura (10) N
FOTOGRAFICA (*)
8. Scale (11) N
9. Locali interrati (12) N
10. Dissesti (13) N
(14)
11. Condizioni geomorfologiche particolari N
1. Verifica globale di congruenza con la documentazione (15)
2. Lunghezze in esterno (16)
B
3. Lunghezze o diagonali di locali interni e corridoi (17)
4. Spessori di murature o dimensioni di pilastri (18)
VERIFICHE METRICHE (**)
5. Altezze di interpiano
6. Altezze massime e minime della gronda fuori terra
1. Individuazione dei corpi di fabbrica S
2. Individuazione di corti e spazi aperti S
3. Individuazione di ampliamenti in pianta (19) S
(20)
4. Individuazione di aggetti S
C
5. Individuazione di sopraelevazioni (21) N
6. Individuazione edifici adiacenti o circostanti (22) S
ESAME GENERALE
7. Scale o ascensori realizzati in epoche successive N
8. Presenza e localizzazione di archivi e biblioteche N
9. Presenza e localizzazione di vani con particolari
destinazioni d’uso (23) S
1. Tipologia della struttura verticale (25)
2. Tipologia e orditura dei solai e delle volte (26)
3. Presenza di orizzontamenti sfalsati (mezzanini, ecc.)
D 4. Tipologia e orditura della copertura (27)
5. Tipologia e localizzazione di scale e ascensori
ESAME DI DETTAGLIO (**) 6. Presenza di giunti strutturali e loro dimensione
(DA ESEGUIRE AD OGNI PIANO) 7. Tipologia tramezzi
8. Tipologia tamponamenti
9. Individuazione di balconi, controsoffitti e comignoli
10. Stato delle finiture e degli impianti (28)

151
ALLEGATI

1. Dissesti alle murature (29) N


2. Dissesti a travi, pilastri e setti in c.a. (29) N
(29)
E 3. Dissesti ai solai N
4. Dissesti alle volte (29) N
ESAME DEI DISSESTI (**) (29)
5. Dissesti ai tramezzi N
6. Dissesti ai tamponamenti (29) N
6. Degrado da infiltrazioni di acqua (29) N
1. Murature o pilastri in falso N
F 2. Ammorsamenti non corretti tra murature ortogonali
non rilevabili
SITUAZIONI PARTICOLARI (**) 3. Ammorsamenti non corretti tra orizzontamenti e strutture
verticali non rilevabili
G
1. Chiedere notizie al personale (30)
INFORMAZIONI AGGIUNTIVE

H
1. Compilare apposita Scheda
APPARECCHIATURE E IMPIANTI

I
1. Compilare apposita Scheda
UTENTI

152
ALLEGATI

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA PROSPETTI ESTERNI


(massimo due pagine prospetti esterni)

Foto 1 Foto 2

Foto 3 Foto 4

Foto 5 Foto 6

Foto 7 Foto 8

153
ALLEGATI

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA VISTE INTERNE


(massimo due pagine viste interne)

Foto 9 Foto 10

Foto 11 Foto 12

Foto 13 Foto 14

Foto 15 Foto 16

154
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

NOME SCHEDA: CISAL (Unità strutturale in muratura)


NUMERO PRESIDIO: 4

SCHEDA DI RILEVAMENTO

155
ALLEGATI

PARAMETRO 3:

156
ALLEGATI

PARAMETRO 6:

CALCOLO DELL’INDICE DI VULNERABILITA’

1,0

157
ALLEGATI

PARAMETRO CLASSE PUNTEGGIO PESO


1 – Tipo ed organizzazione del sistema
C 20 1.0
resistente
2 – Qualità del sistema resistente C 25 0.25
3 – Resistenza convenzionale B 5 1.5
4 – Posizione edificio e fondazioni A 0 0.75
5 – Orizzontamenti B 5 1
6 – Configurazione planimetrica D 45 0.5
7 – Configurazione in elevazione A 0 1
8 – D max murature A 0 0.25
9 – Copertura C 25 0.50
10 – Elementi non Strutturali B 0 0.25
11 – Stato di fatto A 0 1

- CALCOLO DEL’INDICE DI VULNERABILITA’: Il punteggio totale si


ottiene dalla somma pesata dei punteggi dei singoli parametri della scheda
di secondo livello

V tot = ∑ Vi *Pi = (20*1.0)+ (25*0.25)+(5*1.5)+ (5*1)+ (45*0. 5)+(25*0.50) =


= 73,75

- CALCOLO DEL’INDICE DI VULNERABILITA’IN SCALA


COMPRESA TRA ( 0 E 100):

73,75/3,825 = 19,28

158
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

NOME SCHEDA: GUARD (Unità strutturale in muratura)


NUMERO PRESIDIO: 14 a

NOME SCHEDA: CUCIN (Unità strutturale in c.a.p.)


NUMERO PRESIDIO: 14 b

Guardaroba e cucina centrale n°14a-14b

INDIVIDUAZIONE DEL COMPLESSO EDILIZIO E CORISPONDENTE


NUMERAZIONE
UNITA’ STRUTTURALE IN MURATURA

UNITA’ STRUTTURALE PREFABBRICATA

159
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

DESCRIZIONE SINTETICA DELL’UNITÀ STRUTTURALE

L’edificio (Presidio n°14a-14b), è costituito da due unità strutturali:

- GUARDAROBA: è costituito da due piani fuori terra (piano terra, primo


piano) e un piano seminterrato, interamente in muratura come si può
vedere dall’immagine soprastante.
L’analisi dei risultati emersi da una prima indagine storico-critica, porta a
concludere che l’organismo resistente dell’unità guardaroba coincide con

160
ALLEGATI

quello originario di progetto, dato che non sono stati effettuati


ampliamenti e sopraelevazioni.
L’edificio ha una conformazione planimetrica prevalentemente
rettangolare come si può evincere dal parametro β1, pari a uguale a 31,6 e
dal parametro β2 pari a 37,8 , i quali comportano l’inserimento
dell’edificio in classe D.
- CUCINA: è costituito da due piani fuori terra ed è una struttura in c.a.p.
(vedi fasi costruttive immagini 23-24 e tav.3)

Dai sopralluoghi condotti, emerge una configurazione planimetrica regolare in


entrambe le unità strutturali disposizione regolare delle aperture nelle pareti,
buona qualità del materiale con buono stato conservativo.
Relativamente all’analisi della distribuzione delle masse in elevazione, emerge
l’assenza di logge e ballatoi esterni in entrambe le unità strutturali; inoltre, sulla
base del rilievo effettuato, l’edificio si può considerare “regolare” in altezza dato
che non sono state riscontrate variazioni significative dello spessore della sezioni
muraria lungo tutto il loro sviluppo verticale.
La valutazione del sistema resistente (efficacia del collegamento fra pareti
ortogonali interne ed esterne con relative ammorsature tale da assicurare il
comportamento scatolare della struttura), viene presunta buona vista la mancanza
di fessurazioni tra murature esterne ed interne. Tutti i sistemi resistenti verticali si
estendono per tutta l’altezza della costruzione (D.M. 14/1/2008 par.7.2.2).

- Volumetria complessiva guardaroba 11705 mc


- Volumetria complessiva cucina 2640 mc
- Superficie complessiva guardaroba 1897 mq
- Superficie complessiva cucina 672 mq

161
ALLEGATI

162
ALLEGATI

SCHEDA SINTETICA DI RILIEVO DELL’UNITÀ STRUTTURALE

Az. USL (1) ASL5 PISA


Presidio (2) ASL 5 PISA - VOLTERRA
Complesso Edilizio (3) ASL 5 PISA – VOLTERRA- GUARDAROBA E CUCINA CENTRALE
Unità Strutturale (4) Unità strutt.in muratura: GUARD Unità strutt.in c.a.p.: CUCIN
Indirizzo Borgata San Lazzaro
Coordinate geografiche Latitudine: 43°24'12.43"N Longitudine: 10°52'28.64"E
Anno di costruzione Guardaroba:1900 Cucina:1993
Data del rilievo 18-04-2011
Rilevatori Ing. Elisa Bonannini
1. Prospetti esterni di fronte (5) S
2. Prospetti esterni di lato (5) S
3. Elementi di interesse in esterno (6) S
(7)
4. Locali interni più importanti S
A 5. Volte ed archi interni (8) S
(9)
6. Solai N
DOCUMENTAZIONE
7. Copertura (10) N
FOTOGRAFICA (*)
8. Scale (11) S
9. Locali interrati (12) S
10. Dissesti (13) N
(14)
11. Condizioni geomorfologiche particolari N
1. Verifica globale di congruenza con la documentazione (15)
B 2. Lunghezze in esterno (16)
3. Lunghezze o diagonali di locali interni e corridoi (17)
VERIFICHE METRICHE 4. Spessori di murature o dimensioni di pilastri (18)
(**) 5. Altezze di interpiano
6. Altezze massime e minime della gronda fuori terra
1. Individuazione dei corpi di fabbrica S
2. Individuazione di corti e spazi aperti S
3. Individuazione di ampliamenti in pianta (19) S
(20)
4. Individuazione di aggetti S
C
5. Individuazione di sopraelevazioni (21) N
ESAME GENERALE 6. Individuazione edifici adiacenti o circostanti (22) S
7. Scale o ascensori realizzati in epoche successive S
8. Presenza e localizzazione di archivi e biblioteche N
9. Presenza e localizzazione di vani con particolari destinazioni d’uso S
(23)

1. Tipologia della struttura verticale (25)


2. Tipologia e orditura dei solai e delle volte (26)
D 3. Presenza di orizzontamenti sfalsati (mezzanini, ecc.)
4. Tipologia e orditura della copertura (27)
ESAME DI DETTAGLIO 5. Tipologia e localizzazione di scale e ascensori
(**) 6. Presenza di giunti strutturali e loro dimensione
(DA ESEGUIRE AD OGNI 7. Tipologia tramezzi
PIANO) 8. Tipologia tamponamenti
9. Individuazione di balconi, controsoffitti e comignoli
10. Stato delle finiture e degli impianti (28)

163
ALLEGATI

1. Dissesti alle murature (29) N


2. Dissesti a travi, pilastri e setti in c.a. (29) N
E 3. Dissesti ai solai (29)
N
4. Dissesti alle volte (29) N
ESAME DEI DISSESTI (29)
5. Dissesti ai tramezzi N
(**)
6. Dissesti ai tamponamenti (29) N
6. Degrado da infiltrazioni di acqua (29) N
F 1. Murature o pilastri in falso N
2. Ammorsamenti non corretti tra murature ortogonali non rilevabili
SITUAZIONI 3. Ammorsamenti non corretti tra orizzontamenti e strutture verticali non
PARTICOLARI (**) rilevabili
G
1. Chiedere notizie al personale (30)
INFORMAZIONI
AGGIUNTIVE
H
1. Compilare apposita Scheda
APPARECCHIATURE E
IMPIANTI
I
1. Compilare apposita Scheda
UTENTI

164
ALLEGATI

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA PROSPETTI ESTERNI


(massimo due pagine prospetti esterni)

Foto 1 Foto 2

Foto 3 Foto 4

Foto 5 Foto 6

Foto 7 Foto 8

165
ALLEGATI

Foto 9 Foto 10

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA VISTE INTERNE


(massimo due pagine viste interne)

Foto 11 Foto 12

Foto 13 Foto 14

166
ALLEGATI

Foto 15 Foto 16

Foto 17 Foto 18

Foto 19 Foto 20

Foto 21

Foto 21 Foto 22

167
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

SCHEDA DI RILEVAMENTO UNITA’ 1

168
ALLEGATI

CALCOLO DELL’INDICE DI VULNERABILITA’

1,0

PARAMETRO CLASSE PUNTEGGIO PESO


1 – Tipo ed organizzazione del sistema resistente C 20 1,0
2 – Qualità del sistema resistente A 0 0.25
3 – Resistenza convenzionale D 45 1.5
4 – Posizione edificio e fondazioni A 0 0.75
5 – Orizzontamenti B 5 1
6 – Configurazione planimetrica D 45 0.5
7 – Configurazione in elevazione A 0 1
8 – D max murature A 0 0.25
9 – Copertura B 15 0.50
10 – Elementi non Strutturali B 0 0.25
11 – Stato di fatto A 0 1

- CALCOLO DEL’INDICE DI VULNERABILITA’: Il punteggio totale si


ottiene dalla somma pesata dei punteggi dei singoli parametri della scheda
di secondo livello

V tot = ∑ Vi *Pi = (20*1,0) + (45*1.5)+(5*1)+(45*0.5)+(15*0.50)= 122,5

- CALCOLO DEL’INDICE DI VULNERABILITA’IN SCALA


COMPRESA TRA ( 0 E 100)

122,5/3,825 = 32,03

169
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

NOME SCHEDA: KRA-U1 (Unità strutturale in muratura)


NUMERO PRESIDIO: 8a

NOME SCHEDA: KRA-U2 (Unità strutturale in cap)


NUMERO PRESIDIO: 8b

Ed.Kraepelin –Farmacia ospedaliera - n°.8a-8b

INDIVIDUAZIONE DEL COMPLESSO EDILIZIO E CORISPONDENTE


NUMERAZIONE

170
ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

DESCRIZIONE SINTETICA DELL’UNITÀ STRUTTURALE

L’edificio (Presidio n°8°-8b), è costituito da due unità strutturali, una in muratura


l’altra prefabbricata.
L’unità in muratura KRA-U1 si sviluppa su due piani fuori terra (piano terra,
primo piano) ed è interamente in muratura con struttura formata da pietra sbozzata
con spigoli, mazzette e ricorsi in mattoni e pietra squadrata, mentre l’unità in
c.a.p. KRA-U2 si sviluppa su un unico piano.
Dai sopralluoghi condotti, anche con l’ausilio di termocamera, emerge una
configurazione planimetrica regolare, disposizione regolare delle aperture nelle
pareti, buona qualità del materiale con buono stato conservativo.
L’analisi dei risultati emersi da una prima indagine storico-critica, porta a
concludere che l’organismo resistente della costruzione coincide con quello
originario di progetto, dato che non sono stati effettuati ampliamenti e
sopraelevazioni.
L’edificio KRA-U1 ha una conformazione planimetrica rettangolare: il parametro
b1, che nel caso in esame è uguale a 75 e comporta l’inserimento dell’edificio in
classe B.

171
ALLEGATI

La copertura risulta essere a padiglione con struttura portante in legno.


Relativamente all’analisi della distribuzione delle masse in elevazione, emerge
l’assenza di logge e ballatoi esterni; inoltre, sulla base del rilievo effettuato,
l’edificio si può considerare “regolare” in altezza dato che non sono state
riscontrate variazioni significative dello spessore della sezioni muraria lungo tutto
il loro sviluppo verticale.
Le unità strutturali in esame si sviluppano su più livelli e la costruzione in esame è
posta ad una quota altimetrica maggiore rispetto ai presidi ospedalieri come
Lombroso, Zani, Verga.
La valutazione del sistema resistente (efficacia del collegamento fra pareti
ortogonali interne ed esterne con relative ammorsature tale da assicurare il
comportamento scatolare della struttura), viene presunta buona vista la mancanza
di fessurazioni tra murature esterne ed interne. Tutti i sistemi resistenti verticali si
estendono per tutta l’altezza della costruzione. (D.M. 14/1/2008 par.7.2.2).

- Volumetria complessiva edificio 9044 mc


- Superficie complessiva edificio 1178 mq

172
ALLEGATI

SCHEDA SINTETICA DI RILIEVO DELL’UNITÀ STRUTTURALE

Az. USL (1) ASL5 PISA


Presidio (2) ASL 5 PISA - VOLTERRA
ASL 5 PISA – VOLTERRA- ED.KRAEPELIN - FARMACIA
Complesso Edilizio (3)
OSPEDALIERA
Unità Strutturale (4) Unità strutturale in muratura: KRA-U1 unità strutturale in cap: KRA-U2
Indirizzo Borgata San Lazzaro
Coordinate geografiche Latitudine: 43°24'9.53"N Longitudine: 10°52'23.35"E
Anno di costruzione Prima del 1900
Data del rilievo 18-04-2011
Rilevatori Ing. Elisa Bonannini
1. Prospetti esterni di fronte (5) S
2. Prospetti esterni di lato (5) S
3. Elementi di interesse in esterno (6) S
(7)
4. Locali interni più importanti S
A 5. Volte ed archi interni (8) S
(9)
6. Solai S
DOCUMENTAZIONE
7. Copertura (10) S
FOTOGRAFICA (*)
8. Scale (11) S
9. Locali interrati (12) N
10. Dissesti (13) N
(14)
11. Condizioni geomorfologiche particolari N
1. Verifica globale di congruenza con la documentazione (15)
B 2. Lunghezze in esterno (16)
3. Lunghezze o diagonali di locali interni e corridoi (17)
VERIFICHE METRICHE 4. Spessori di murature o dimensioni di pilastri (18)
(**) 5. Altezze di interpiano
6. Altezze massime e minime della gronda fuori terra
1. Individuazione dei corpi di fabbrica S
2. Individuazione di corti e spazi aperti S
3. Individuazione di ampliamenti in pianta (19) S
(20)
4. Individuazione di aggetti S
C
5. Individuazione di sopraelevazioni (21) N
ESAME GENERALE 6. Individuazione edifici adiacenti o circostanti (22) S
7. Scale o ascensori realizzati in epoche successive N
8. Presenza e localizzazione di archivi e biblioteche N
9. Presenza e localizzazione di vani con particolari destinazioni d’uso S
(23)

1. Tipologia della struttura verticale (25)


2. Tipologia e orditura dei solai e delle volte (26)
D 3. Presenza di orizzontamenti sfalsati (mezzanini, ecc.)
4. Tipologia e orditura della copertura (27)
ESAME DI DETTAGLIO 5. Tipologia e localizzazione di scale e ascensori
(**) 6. Presenza di giunti strutturali e loro dimensione
(DA ESEGUIRE AD OGNI 7. Tipologia tramezzi
PIANO) 8. Tipologia tamponamenti
9. Individuazione di balconi, controsoffitti e comignoli
10. Stato delle finiture e degli impianti (28)

173
ALLEGATI

1. Dissesti alle murature (29) N


2. Dissesti a travi, pilastri e setti in c.a. (29) N
(29)
E 3. Dissesti ai solai N
4. Dissesti alle volte (29) N
ESAME DEI DISSESTI (**) 5. Dissesti ai tramezzi (29) N
6. Dissesti ai tamponamenti (29) N
6. Degrado da infiltrazioni di acqua (29) N
1. Murature o pilastri in falso N
F
2. Ammorsamenti non corretti tra murature ortogonali non
rilevabili
SITUAZIONI
3. Ammorsamenti non corretti tra orizzontamenti e strutture verticali non
PARTICOLARI (**)
rilevabili
G
1. Chiedere notizie al personale (30)
INFORMAZIONI
AGGIUNTIVE
H

1. Compilare apposita Scheda


APPARECCHIATURE E
IMPIANTI

1. Compilare apposita Scheda

UTENTI

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ALLEGATI

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA PROSPETTI ESTERNI


(massimo due pagine prospetti esterni)

Foto 1 Foto 2

Foto 3 Foto 4

Foto 5 Foto 6

Foto 7 Foto 8

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ALLEGATI

Foto 9 Foto 10

Foto 11 Foto 12

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA VISTE INTERNE


(massimo due pagine viste interne)

Foto 13 Foto 14

Foto 15 Foto 16

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ALLEGATI

Foto 17 Foto 18

Foto 19 Foto 20

Foto 21 Foto 22

Foto 23 Foto 24

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ALLEGATI

Az. USL 5 PISA PRESIDIO OSPEDALIRO VOLTERRA

09060901 PI S.Maria Maddalena Volterra

NOME SCHEDA: KRA-U1 (Unità strutturale in muratura)


NUMERO PRESIDIO: 8a

SCHEDA DI RILEVAMENTO

178
ALLEGATI

CALCOLO DELL’INDICE DI VULNERABILITA’

1,0

PARAMETRO CLASSE PUNTEGGIO PESO


1 – Tipo ed organizzazione del sistema resistente C 20 1,0
2 – Qualità del sistema resistente A 0 0.25
3 – Resistenza convenzionale D 45 1.5
4 – Posizione edificio e fondazioni A 0 0.75
5 – Orizzontamenti B 5 1
6 – Configurazione planimetrica B 5 0.5
7 – Configurazione in elevazione A 0 1
8 – D max murature A 0 0.25
9 – Copertura C 25 0.50
10 – Elementi non Strutturali B 0 0.25
11 – Stato di fatto A 0 1

- CALCOLO DEL’INDICE DI VULNERABILITA’: Il punteggio totale si


ottiene dalla somma pesata dei punteggi dei singoli parametri della scheda
di secondo livello

V tot = ∑ Vi *Pi = (20*1,0) + (45*1.5)+(5*1)+(5*0.5)+(25*0.5)= 107,50

- CALCOLO DEL’INDICE DI VULNERABILITA’IN SCALA


COMPRESA TRA ( 0 E 100)

107,50/3,825 = 28,10

179
BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA

Documentazione tecnica

Lenza P., Ghersi A., Calderoni B., Edifici in muratura-alla luce della nuova
normativa sismica, Dario Flaccovio Editore, 2013.

Magenes G., Bolognini D., Braggio C., Metodi Semplificati per l’analisi sismica
non lineare di edifici in muratura, CNR-Gruppo Nazionale per la Difesa dei
Terremoti, Roma, 2000.

Pazzagli A., Il fabbricato Baccelli dell’ospedale di Volterra: Evoluzione


costruttiva e analisi di sismoresistenza, Tesi di Laurea, Università di Pisa, Facoltà
di Ingegneria, relatori: Prof. Ing. M. Sassu, Ing. A. De Falco, Ing. M. Andreini,
A.A. 2010/2011.

Polidori A., Vulnerabilità sismica di edifici in muratura: L’ex palazzo dei Vicari
di San Miniato, Tesi di Laurea, Università di Pisa, Facoltà di Ingegneria, relatori:
Prof. Ing. M. Sassu, Ing. A. De Falco, Ing. M. Andreini, Ing. R. Condello, Ing. A.
Annunziati A.A. 2011/2012.

Dolce M., Moroni C., La valutazione della vulnerabilità e del rischio sismico
degli edifici pubblici mediante le procedure VC (vulnerabilità c.a) e VM
(vulnerabilità muratura), Università degli Studi della Basilicata, Potenza, 2005.

Tuzza C., Analisi non lineare di strutture in muratura - Metodo a telaio


equivalente, Tutorial, CSPfea, 2010.

Tuzza C., Analisi non lineare di strutture in muratura - Metodi di modellazione


della muratura con MIDAS/Gen, Tutorial, CSPfea, 2010.

Midas I.T.Co, Analisi Pushover, Tutorial, CSPfea, 2007.

Calliari R., Manzini C.F., Morandi P., Magenes G., Remino M., Manuale d’uso
Andilwall, Roma, 2010.

Ferrini M., Melozzi A., Pagliazzi A., Scarparolo S., Manuale per la compilazione
della Scheda GNDT/CNR di II, Regione Toscana, 2003.

Milano L., Mannella A., Morisi C., Martinelli A., Schede illustrative deli
principali meccanismi di collasso locali negli edifici esistenti in muratura e dei
relativi modelli cinematici di analisi, Reluis.

180
BIBLIOGRAFIA

Pasquale C., Lemme A., Analisi dei meccanismi locali di collasso in edifici
esistenti in muratura, Allegato 3G, Regione Molise, 2006.

Pasquale C., Lemme A., Esempi di calcolo per meccanismi locali, Allegato 3I,
Regione Molise, 2006.

Andreini M., De Falco A., Giresini L., Sassu M., Mechanical Characterization of
Mansory Walls with Chaotic Texture: Procedures and Results of In-Situ Tests,
Università di Pisa, Pisa, 2013.

Riferimenti normativi

NTC 2008 – Norme Tecniche per le Costruzioni 2008 (D.M. 14 Gennaio 2008)

Circolare 2 Febbraio 2009, n. 617 – Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove


norme tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 Gennaio 2008.

Siti internet

www.cspfea.net

www.midasuser.com

www.reluis.it

www.rete.toscana.it

www.ingv.it

www.ing.unipi.it/~a005843/

181

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