Sei sulla pagina 1di 8

1) Carbury Schweppes: questo caso contiene in se alcune notazioni che poi vengono riprese

nella sentenza Vale e che però continuano un po’ eccentriche rispetto all’intero percorso
come segnato da Centros perché Schweppes investe direttamente ed immediatamente i
profili fiscali. Sul tema fiscale si gioca uno dei resistenti e resilienti e fondamentali baluardi
della sovranità nazionale pur nella cessione di sovranità che dipende dall’appartenenza
all’ordinamento europeo. Ovviamente perché oltre le convenzioni c’è l’esigenza di
mantenere i paesi di assicurarsi quel gettito. Le controversie tra il fisco italiano e le imprese
ora sono finite con transazioni sempre favorevole ai convenuti. Se volessimo sublimare due
profili su cui rimangono dei profili di sovranità e resistenza delle legislazioni nazionali
rispetto alla legislazione sovranazionale sono: fisco e fallimento.
Fatto questo quadro vediamo la sentenza. Società di diritto inglese vuole aprire delle
controllate in Irlanda dove ci sono aliquota convenienti sulla tassazione delle imprese. Ne
nasce una controversia e si chiama il giudice che finisce con questioni pregiudiziali dinnanzi
alla CGUE. L’Inghilterra sostiene che c’è un abuso della libertà di stabilimento e una frode
nei confronti del fisco. Allora la CGUE riconosce invece che la Schweppes ha realizzato un
trasferimento ed esercitato correttamente la libertà transfrontaliera ma la fa con una
precisazione che conduce ad una definizione della giurisprudenza dello stabilimento. La
CGUE dice che non è una forma di abuso nella scelta di ordinamento conveniente dal punto
di vista fiscale. L’unica condizione è che non vi sia una costruzione di mero artificio e quindi
costruzione di scatole vuote che non siano destinate a realizzare nemmeno una parte delle
scelte. In Irlanda si devono creare condizioni economiche ideali e quindi delle vere e
proprie sedi secondarie e organizzazioni. Ci devono essere organizzazioni destinate a
svolgere l’attività di impresa anche in Irlanda. Le strutture devono essere destinate a
produrre anche in Irlanda. Sarebbe invece un abuso se invece in Irlanda, ad esempio, si
creasse una scatola vuota in cui si mettono i soldi e poi si tassano in Irlanda. Lo stabilimento
è l’insediamento in pianta stabile destinato a svolgere una porzione della attività economica
di impresa. Se noi giriamo questo discorso a Centros diremmo che la sede legale anche di
Inspire Arts sono invece scatole vuote. Quindi c’è un’attenzione particolare e peculiare per
la sede reale. In Uberseering invece viene addirittura considerato il male quindi notiamo
che questa sentenza è un po’ eccentrica. Inoltre, abbiamo per la prima volta una
definizione di stabilimento.

2) Cartesio: il caso è il neurone specchio di Daily Mail con una differenza: che mentre il
principio di diritto riporta il principio dalla sentenza Daily Mail, dal momento che siamo nel
2008 e di mezzo c’è stata Centros e le altre descritte prima, ecco che ci sono degli obiter
dicta che tengono conto di questa sentenza antecedenti.
Cartesio è una società di diritto ungherese che intende trasferire trasferirsi in Milano,
mettendo in campo una mobilità transfrontaliero primario perché vuole spostare tutto
(sede legale, amministrativa, oggetto sociale etc.) lì. Il problema è che la Cartesio vuole
lasciare una cosa sola in Ungheria, la sua storia e quindi la sua iscrizione al registro delle
imprese e quindi vuole essere retta dal diritto ungherese. La parte dell’iscrizione al fine di
godere del diritto ungherese. I problemi emergono. Il problema del paese di partenza, e
quindi dell’Ungheria è che in Ungheria si applica il criterio della sede reale. Il diritto privato
internazionale ungherese sosteneva quindi che andasse usato il diritto italiano perché
prevalesse il criterio della sede reale. In Italia invece il principio era il contrario quindi c’è un
problema. La CGUE dice come Daily Mail: le società esistono solo perché l’ordinamento
giuridico le riconosce e quindi dal momento che non c’è un criterio di collegamento univoco
e non c’è un’armonizzazione di diritto internazionale privato lo stato può usare il criterio
che più gli conviene. Quindi ribadisce Daily Mail paro paro. Uberseering, nel frattempo,
aveva detto (con Centros) il contrario. L’avvocato generale die che per evitare che questo sia
un vincolo alla restrizione della libertà di stabilimento la CGUE prevede la trasformazione
transfrontaliera. L’Ungheria non avrebbe potuto obiettare alcunché a patto che la Cartesio
nel trasferirsi in Italia si fosse convertita in un tipo societario italiano assoggettandosi in
società italiana. Uberseering = il criterio della sede reale va disapplicato quando limita la
libertà di stabilimento. Se così è, si dice che il criterio della sede reale è legittimo: il
bilanciamento va trovato quindi nella trasformazione transfrontaliero. Se ti vuoi trasferire in
un paese diverso ma devi diventare una società che sia soggetta al diritto del paese di
destinazione e per quello il criterio di sede reale non può essere un limite e deve essere
una scelta della società.

3) VALE: spostamento a carattere primario in una mobilità completa e non parziale e abbiamo
una società italiana iscritta al registro delle imprese di Roma che vuole realizzare l’obiter
dictum di Cartesio. Vale vuole fare una trasformazione transfrontaliera, convertendosi in
una società di tipo ungherese e iscriversi in Ungheria. Di base vuole vare quello che si dice
in Cartesio. Quindi abbiamo un cambiamento del diritto applicabile della lex societatis
realizzata attraverso il trasferimento di sede. Vale cambia sede e cambiando sede cambia
diritto per effetto del cambio di sede. Tutto bene? No. L’Ungheria obietta altro: neppure
come stato di destinazione va bene perché nel 2012 al tempo della sentenza res sul caso
l’Ungheria aveva una disciplina che limitava l’ambito di applicazione alle sole trasformazioni
interne e quindi che coinvolgessero società ungheresi. In altri termini la trasformazione
poteva essere da tipo a tipo ungherese. Invece Vale voleva iscriversi come società risultante
dlala trasformazione da società originariamente italiana in società ungherese. Quindi
trasformazione transfrontaliera non era possibile in Ungheria e il registro delle imprese
rifiuta. La controversia solleva questioni pregiudiziali alla corte di giustizia che chiamata a
giudicare dà attuazione all’obiter dictum di Cartesio tanto la possibilità di riconoscere un
modo legittimo della libertà di stabilimento e quindi giudica come contraria alle norme
imperative del trattato le disposizioni ungheresi che discriminavano tra società interne e
straniere come soggetti passibili di trasformazioni (il diritto ungherese consentiva la
trasformazione solo alle società interne). Il cambiamento dello status per effetto del cambio
di sede è esercizio della libertà di stabilimento quindi qualunque norma contro questo va
anche contro le norme del trattato. Quindi va disapplicata la disposizione ungherese.
Dapprima c’è una precognizione di una modalità di esercizio della libertà di stabilimento
che diventa attuale quando usa quella operazione e la norma interna di diritto nazionale
viene considerata in contrasto.

4) Caso Polbud: nel 2017. Ha coinvolto una società polacca. Polbud decide in assemblea
straordinaria il trasferimento in Lussemburgo. Il caso è intricato: i soci della Polbud prima
decidono il trasferimento in Lussemburgo, poi cambiano denominazione e assumono una
denominazione francofona, poi stabiliscono anche che vogliono fare questo: vogliono
portare in Lussemburgo non gli uffici, non i negozi, non la produzione o commercio, niente
della sede reale. Vogliono solo portarci l’iscrizione al registro delle imprese per
assoggettarsi al diritto societario lussemburghese. L’operazione è quella di trasferire
esclusivamente la sede legale e non la sede reale, cancellarsi dal registro delle imprese
polacco e iscriversi dal registro delle imprese di Lussemburgo ma mantenendo la sede reale
tutta dove era sempre stata. La Polbud diventerebbe la società di diritto lussemburghese
che opera in polonia con la sede secondaria. È Centros al rovescio sia dal punto di vista
dello spazio che del tempo (danesi vanno in Inghilterra creando la scatola, ma aprono la
sede secondaria in Danimarca e lavorano solo lì) (qui invece fondano e tengono il
contenuto dove vogliono lavorare ma vogliono spostare la scatola vuota in Lussemburgo).
La Polonia si oppone a questa operazione e si oppone perché una legge polacca prevedeva
che fosse possibile la cancellazione dal registro delle imprese solo dimostrando l’avvenuta e
completa liquidazione del patrimonio. La polonia consentiva la cancellazione dal registro
delle imprese solo previo scioglimento e liquidazione. Ovviamente l’obiettivo di Polbud era
una trasformazione internazionale e quindi di certo non vuole liquidarsi. Le questioni
pregiudiziali sono tre ma la prima in ordine logico è la terza: in buona sostanza i giudici di
Lussemburgo decidono in senso favorevole all’operazione dicendo che se in Centros è stato
possibile fare quello che hanno fatto, deve essere logicamente possibile fare l’inverso. In
buona sostanza con la sentenza sul caso Polbud si chiarisce il distacco tra diritto ed
economia: sede legale e il contenuto cioè l’azienda. Questo è possibile anche in un
momento successivo e quindi in fase di reincorporazione.

La valutazione dei casi Cartesio, Polbud e Vale rendono evidente che tutto non è risolto dato che
manca il coordinamento dei diritti internazionali privati.
Il decreto di marzo 2023 tratta in maniera unitaria le tre operazioni fondamentali (trasformazione
scissione e fusione) con una giurisprudenza (specificamente per la trasformazione) e con la decima
direttiva. Un’autorità amministrativa deve redigere e consegnare perché l’operazione sia realizzata.
Nei considerando c’è una menzione dei possibili abusi e si dice che c’è una presunzione di
mancanza di abuso quando vi sia (Carbury Schweppes) uno stabilimento in pianta stabile del paese
di destinazione con l’approntamento di una struttura duratura che realizza effettivamente impresa.

Rapporto che si considera controverso tra l’armonizzazione dei diritti societari europei e la
concorrenza. La competizione tra ordinamenti nasce con Centros. Da quando si può scegliere il
paese che offre il diritto più interessante è ovvio che c’è un mercato dei diritti. E’ interesse dei
singoli stati evitare che le imprese vadano in altri settori e l’altro interesse è quello di attrarre
imprenditori che scelgano quel paese per costituire e reincorporare o aprire sedi secondarie
arricchendo il tessuto economico. La divisione di opinioni tra armonizzazione e competizione dei
diritti.
Da un canto la competizione tra ordinamenti:
- Corsa al rialzo della costituzione delle imprese: race to the top. Quindi si legge nella
competizione lo sprone per i singoli stati nazionali per redigere e formare norme sempre
più raffinate che possono fungere come attrattiva.
- Race to the bottom: possibilità di scrivere norme che sono meno garantistiche e quindi che
tendono a favorire soci di controllo e amministratori (ricchi), tralasciando l’interesse degli
stakeholders.
- Convergenza dal basso.

Armonizzazione:
- Comunque, può determinare una mediazione tra gli ordinamenti. Infatti, nasce dalla CGUE
che è lungimirante. L’armonizzazione non è sostituita dalla competizione dei diritti, ma
accostata da essa, anzi, il secondo nasce dall’armonizzazione.
- Convergenza dall’alto.

Armonizzazione e la concorrenza tra ordinamenti non sono antitetici ma contribuiscono in modi


diversi alla convergenza degli ordinamenti e alla creazione del mercato unico europeo.

La private limited company ha creato molti corollari: inizia infatti un opera di revisione dei tipi
omologhi negli altri paesi, come in italia, spagna, belgio, germania, grecia e tutte le srl sono state
modificate creando la srl inglese in termini di alleggerimento del peso della gestione e
l’evaporazione del CS.
Voto plurimo maggiorato: stellantis: fiat + kraisler, in Olanda c’era il voto plurimo o il voto
maggiorato per le quotate

Sistemi alternativi di amministrazione e controllo


La riforma del 2003 si è contrassegnata per molte novità e una è proprio questa: Nell’esperienza
tradizionale abbiamo una species del modello dualistico. Il modello latino è una variante del
sistema dualistico. Il modello latino è diffuso in paesi del bacino del mediterraneo (Francia, Grecia,
Belgio, portogallo, Italia e spagna). Organo gestorio e uno di controllo nominato dall’assemblea. Le
cose non sono così in tutti gli ordinamenti.
Il lgs del 2003 si è aperto ad altre scelte normative di altri ordinamenti, ma la risposta è perchè si
vuole consentire nella spa la possibilità di modulazione della corporate governance e anche per
rendere più competitiva la corporate governance. In questo modo si aprono le porte anche agli
investitori stranieri. In Italia dal 2003 quindi si possono adottare sistemi che gli stranieri
dovrebbero già conoscere e con meno diffidenza.

Sistema monistico
Così come lo troviamo nelle esperienze straniere e per poi capire come si è inserito in Italia e le
differenze.
Sul sistema monistico c’è da dire che è un modello gestorio che si crea nel modello anglosassone,
prima in gran Bretagna e poi negli stati uniti. Bisogna aprire una lunga parentesi per
contestualizzare la materia. La società è company in UK e corporation sugli USA. Gli USA hanno
creato il terreno adeguato e perfetto per le corporations. Infatti siamo ad una confederazione di
stati con territorio ampio in cui si parla la stessa lingua e c’è la stessa moneta e le dogane interne
(limitate a sanità) che non riguardano il profilo societario. Ci sono 50 diritti societari ma questo non
è sembrato un grandissimo limite. In ottica competitiva rende possibile lo sviluppo di grandi
imprese. Vince chi riesce a sfruttare al meglio le condizioni legali. In Europa è molto più
frammentato e che si può notare guardando la struttura media dell’azionariato. Per costituire
imprese di grandi dimensioni c’è bisogno di grandi capitali. La raccolta di risparmio è stata fatta in
maniera sistematica e l’azionariato è estremamente frammentato. L’azionariato medio europeo è
differente: abbiamo spesso società con azionariato di maggioranza anche familiare. Negli stati uniti
l’azionariato è molto frammentato. Le logiche di corporate governance ne risentono non in
dialettica tra maggioranza contro minoranza, ma di potenziale composizione tra l’azionariato e il
manager della società. Gli amministratori non sono espressione tendenzialmente di dimostrazione
di grande azionisti ma al contrario, l’organo amministrativo è quello che presenta una lista di
candidati. Di fronte a questa situazione di amministratori che hanno un altissimo livello di
professionalizzazione ma sono distanti dalla proprietà possono crearsi problemi. Il tema di fondo è
quello nel modello monistico di allineare gli interessi di base (shareholders) con quelli dei manager.
Il ragionamento valso fino a qualche anno fa era lo shareholder’s value e quindi evitare che i
manager non curassero gli interessi degli shareholders. Questo però ha portato a dare vantaggi
personali ai manager. In questo modo si puntava alla massimizzazione degli shares. Si pensi ai
bonus skims o stock options.
La teoria dello shareholders value ha subito battute d’arresto perché ha incentivato meccanismi
perversi segnatamente: atteggiamento di amministratori a far massimizzare nel breve periodo in
modo che convenisse all’azionariato di vendere poco dopo. Plurime situazioni in cui gli
amministratori ritenendo vantaggioso prendere decisioni che nel breve periodo avrebbero creato
disastri.

Negli ultimi decenni si è sostituita una nuova teoria dell’enlightened shareholder’s value. La stella
polare non è della massimizzazione dei profitti ma devono essere tenuti in conto altri fattori:
interessi degli stakeholders. Un ruolo fondamentale è degli amministratori non esecutivi! Nel
modello monistico abbiamo l’assemblea che nomina il board of directors che è il consiglio di
amministrazione che non deve essere assimilato al CdA. Si tratta del luogo in cui si riuniscono gli
amministratori ma anche se potenzialmente ha tutte le prerogative gestorie, la gestione è
demandata solo a quelli degli amministratori che hanno il potere effettivamente gestorio.
Amministratori esecutivi e amministratori non esecutivi. E’ per quello che noi nel sistema
angloamericano non abbiamo un organo di controllo come il CS ma abbiamo degli amministratori
esecutivi come il CEO, e gli amministratori non esecutivi che si occupano di determinati aspetti. Per
le ragioni già menzionate è difficile immaginare un controllo nella stanza dei bottoni. L’esperienza
dimostra invece che non è vero che il modello monistico metta al riparo di scandali gestori. La
sostanza è che il sistema di controlli era interno al board ma questo non significa che si vada esenti
da qualsiasi tipo di rischio. Il non executive directors dovrebbe assumere un ruolo sempre più
preponderante. A loro, ad esempio, sono riservate alcune decisioni delicate come: comitati sulle
remunerazioni, le audit committee. Requisito di indipendenza.

Le soluzioni per l’indipendenza vengono dalla prassi. Creazione di commissioni di studio che
curano la creazione di regole ma traendole dalla prassi. La Uk ha creato un corporate governance
code. Questi codici vanno verso l’implementazione dei poteri sulla base di uno stimolo
reputazionale e sulla responsabilizzazione degli stessi.
Altre tendenze vanno nel senso di separare il chairman dal ceo. La differenza è tra l’amministratore
delegato e il presidente del consiglio di amministrazione. Perché si è diffuso un sistema del genere?
Perché avere soggetti non esecutivi permetteva a questo di non essere abbastanza controllato.

Il lgs ha aperto l’ordinamento a questo sistema.


In che misura? Numericamente lo ha importato inserendo quattro articoli. Il modello alternativo è
condensato in quattro articoli. Questi quattro articoli 2409-sexiesdecies al 2409-noviesdecies. La
disciplina va integrata in molte norme italiane. Quindi: abbiamo come nell’esperienza anglosassone
la assemblea che nomina il consiglio di amministratore. Non abbiamo distinzione tra executive e
non executive. L’assemblea vota il comitato di gestione e alcuni di comitato di controllo per la
gestione. Questi componenti devono avere gli stessi requisiti dei sindaci: professionalità,
indipedenza. Hanno altri ruoli tipici degli amministratori. L’amministrazione è esercitata
interamente dal CdA. L’articolo 2409-octiesdecies non devono essere membri di un comitato
esecutivo o non possono avere deleghe o non possono fare azioni di mero fatto di gestione.
Nonostante le deroghe comunque svolge funzioni di amministrazione sedendo lì.
La disciplina è scarsamente disciplinata e la normativa non è molto ricco. Presenta incongruenze
tra quello che dicono i paesi anglofoni (indipendenza) e quello he dice il lgs italiano (comitato di
controllo non è forte come il collegio sindacale, si pensi alla revoca per giusta causa del CS che
deve avvenire sentito il tribunale). Il lgs si sta muovendo in una direzione di indebolimento
dell’organo di controllo: non ha senso.
Se si voleva veramente arrivare a dire di creare un modello appealing, non ce l’abbiamo fatta:
disciplina risicata che richiama la disciplina di amministrazione e CS e quindi l’investitore ha un
sistema ibrido mal disciplinato e non un sistema simile al suo.

Sistema Dualistico
Molto più affine al nostro modello. Tipico della esperienza europea continentale. Si pensa sempre
alla Germania. Si sostanzia nel fatto che oltre all’assemblea abbiamo due organi: uno di controllo e
uno di gestione: consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza (quest’ultimo con funzioni di
controllo). La prima peculiarità è che la assemblea provvede alla nomina del consiglio di
sorveglianza che va a nominare il consiglio di gestione. L’assemblea nomina i controllori che a loro
volta nominano i gestori. Questo acuisce la separazione che è meno fisiologica dell’esperienza di
common law: infatti si creano situazioni favorevoli alla distanza tra azionariato e amministratori
creando un equilibrio fondante su cosa?
La Germania storicamente ha avuto influenza su quella italiana e spesso risente della dogmatica
tedesca che spesso ha avuto evoluzione e i pensatori giuristi hanno avuto un grande ruolo. Una
concezione esportata è la concezione istituzionalistica degli interessi sociali, contrapposto alla
concezione contrattualistica degli interessi sociali. L’interesse sociale significa l’interesse dei soci
(come common law e quindi ipotesi contrattualistica) o altro (tesi istituzionalistica della Germania).
La società è vista come istituzione e non come contratto. In termini di efficienza deve essere
valutata verso l’esterno: non deve essere valutata da interessi dei soci ma altri interessi. L’impresa
deve essere uno strumento di sviluppo economico e non per la società intesa come singoli soci.
Questo principio è consacrato nel nazionalsocialismo della legge sull’azionariato che diceva che il
consiglio di gestione dirige sotto la sua responsabilità la società come richiesto dall’azienda, dai
dipendenti e dal bene comune e dell’impero. Ovviamente l’impero è stato eliminato. Il principio
però è rimasto.
La struttura di corporate governance ne risente infatti il consiglio di sorveglianza nomina il consiglio
di gestione. Si pensi all’intervento dei dipendenti che non c’è nella nostra esperienza nazionale.
Frutto della teoria istituzionalistica c’è il meccanismo di cogestione che è sconosciuto al sistema
italiano. Il meccanismo di cogestione consiste nella partecipazione dei lavoratori nella “gestione”.
La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori istituzionalizzati negli organi sociali non è mai
stata presente nel nostro ordinamento. Il consiglio di sorveglianza in realtà ha un compito non solo
di controllo ma anche il più importantissimo compito di rubare competenze sia al cda che
all’assemblea. Al comitato di sorveglianza devono-possono in base alla dimensione della società
(<500 no obblighi ma si può realizzare la cogestione volontaria; >500 obbligatoria; >2000). 1/3 del
consiglio di sorveglianza deve essere espressione dei lavoratori. Se ha oltre 2000 dipendenti ½ del
consiglio di sorveglianza.
La nomina del Arbeit Direktor che è il direttore del lavoro nel senso che nell’organo di gestione
sopra certi numeri la rappresentanza dei lavoratori nomina questa figura ed è una figura che ha
una rappresentazione chiara dei lavoratori. Il vantaggio è di ridurre le conflittualità tra capitale e
lavoro.

Consiglio di sorveglianza: (1) il consiglio nomina, revoca e fa l’azione di responsabilità sul consiglio
di gestione (diverso dal nostro CS, da noi è dell’assemblea). Nel sistema tedesco gli amministratori
devono essere revocati per importanti motivi: c’è già un vincolo. L’elaborazione li ha tipizzati.
Bisogna sapere che è difficile revocare gli amministratori con importanti motivi soggettivi. Viene
creato anche un maggior motivo di stabilità del consiglio di gestione.
Il consiglio di sorveglianza si occupa di una prerogativa che nel sistema tradizionale italiano è
dell’assemblea: (2) approva il bilancio. Anche se l’assemblea può approvare il bilancio se il consiglio
di gestione e di sorveglianza lo decidono congiuntamente o se non lo fa in primis.
Una particolarità del consiglio di sorveglianza è che i titolari e i consiglieri di sorveglianza (3) non
devono essere in possesso di particolati qualifiche.
Il consiglio di sorveglianza ha prerogative di essere coinvolto nella (4) alta gestione,
esclusivamente. L’alta gestione non toglie responsabilità agli amministratori, ma non possono
occuparsene da soli, devono anche coinvolgere il consiglio di sorveglianza.

Per il resto funzionano come nel sistema tradizionale questa cosa. L’assemblea dei soci ne escono
molto depotenziati. Il consiglio di gestione, salvo il tema dell’alta gestione, spetta molto al consiglio
di gestione, salvo alcuni casi particolari. Gli amministratori possono decidere di richiedere
all’assemblea dei soci di assumere determinate gestioni. Non confonderle con il sistema
autorizzatorio permesso nel nostro ordinamento. La gestione da noi spetta SOLO agli
amministratori. Ci può essere spostamento competenze CON ANCHE DI RESPONSABILITà.

La gestione nel sistema dualistico spetta al consiglio di gestione salvo: investire assemblea con
spogliamento anche di resp, alta gestione, e nel caso in cui il consiglio di sorveglianza abbia chiesto
di essere coinvolto anche da parte sua con una ratifica e quindi veto. Se non lo autorizza si va in
assemblea.
Contratto di dominazione: è un contratto che serve a istituire contrattualmente una situazione di
controllo societario. L’assemblea di una società può decidere di assoggettare su base volontaria alle
decisioni di un soggetto terzo. La previsione va letta nell’ottica di gruppi societari. In gruppi di
società i problemi attengono ad esempio all’azionariato di minoranza. Questi collegamenti si
possono creare quindi anche contrattualmente e non necessariamente con controllo indiretto. Se
l’assemblea di una spa tedesca fa un contratto di dominazione tedesca gli amministratori perdono
poteri gestorio. In Italia invece si dice che l’amministratore spetta in via esclusiva agli
amministratori.

L’assemblea si trova ad essere ridimensionata, non approvai l bilancio e non nomina gli
amministratori: può assumere decisioni in via d’eccezioni e non come regola generale.
Giurisprudenzialmente si è creata una dottrina Hoztmuller che riguarda una sentenza riguardata
nel 2004 che prevede che l’assemblea seppur depotenziata può sempre assumere decisioni
gestorie che possono mettere a repentaglio la società stessa.

Il sistema dualistico come si è recepito in Italia: otto articoli anziché quattro lol. La disciplina sta
come quella italiana salve deroghe: dall’esperienza tedesca viene la revocabilità anche senza giusta
causa dei componenti del consiglio di sorveglianza. L’amministrazione in Germania può essere
unipersonale o pluripersonale. Invece viene mantenuto e non è importato il principio per cui non si
applica la regola degli amministratori che possono essere revocati solo per importanti motivi ma è
revocabile in qualsiasi momento. L’amministratore non può esentarsi da responsabilità se non
prende decisioni. Quello che manca inoltre è la cogestione che in Germania colora il consiglio di
sorveglianza ma che in Italia non c’è. C’è invece il requisito di sorveglianza. Ecco perché è ibrido. A
fronte di questo altri temi oltre la alta gestione non è riservata ex lege anziché statutariamente.

Considerazioni: rispetto agli obiettivi iniziali rende appetibile l’ordinamento italiano? No perché de
iure condendo forse si ma ora non è il caso, perché: (1) è difficile esportare in un paese usi e
costumi diversi; (2) le tempistiche dei processi; (3) non ha senso.

Potrebbero piacerti anche