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Remo Caponi

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sono stranieri, ma si provvede per una traduzione simultanea a spese della parte che ha chiesto di esprimersi
in inglese o ha richiesto tali testimoni o periti.
7. – L’esempio tedesco (Francoforte). Nella Repubblica Federale Tedesca, nell’aprile 2018, è stato pre-
sentato in parlamento un progetto di legge, che riproduce sostanzialmente il testo di un progetto già
presentato nel 2014, per l’istituzione di sezioni specializzate per controversie commerciali internazionali.
Il legislatore tedesco si vale dell’eccellente reputazione che il sistema giudiziario del paese gode a livello
internazionale, ma osserva che la possibilità di scegliere un foro tedesco per la risoluzione delle controversie
commerciali internazionali è frustrata dal fatto che il § 184 del Gerichtsverfassungsgesetz, GVG, la legge
sull’organizzazione dei tribunali, prevede solo la lingua tedesca come lingua processuale, per cui importanti
controversie attinenti al diritto dell’economia, che potrebbero essere trattate presso corti tedesche, vengono
trattate all’estero, presso sedi giudiziarie che consentono l’uso della lingua inglese, oppure seguono la via
arbitrale. Il disegno di legge rende possibile l’istituzione di sezioni per le controversie commerciali inter-
nazionali, con impiego della lingua inglese (su accordo delle parti), muovendo dal riconoscimento che in
Germania ci sono numerosi giudici che conoscono in modo eccellente la lingua inglese, ivi compresa la
terminologia tecnica, talché – almeno dopo una formazione professionale complementare – possono leggere
atti e documenti, condurre udienze e redigere provvedimenti in lingua inglese.
In questo contesto si segnala in modo particolare l’iniziativa per rafforzare la piazza giudiziaria di Fran-
coforte come sede per la risoluzione delle controversie commerciali internazionali (18), che può trarre profitto
anche dalla crescita del suo ruolo come centro finanziario globale (19). Oltre alle prevedibili caratteristiche
che l’accomunano a quelle già ricordate, come la creazione di sezioni specializzate presso le corti di primo
e secondo grado, composte di giudici versati nella lingua inglese e nella disciplina del commercio interna-
zionale, nonché impiego avanzato di tecnologie informatiche e telematiche, l’iniziativa di Francoforte si
profila per il tentativo di creare sinergie con l’ambiente dell’arbitrato. Si progetta contestualmente infatti la
creazione di una nuova istituzione arbitrale per la risoluzione delle controversie commerciali internazionali
e un interscambio di esperienze tra corti statali e istituzione arbitrale. Sotto il profilo processuale, si pensa
di: impiegare la prima udienza del processo come “conferenza di case management”; sfruttare in modo
intensivo i poteri giudiziali di direzione sostanziale del processo (par. 139 ZPO), nonché la produzione di
testimonianze scritte (par. 377, 3° comma ZPO); valersi della cosiddetta German disclosure (par. 142 to 144
ZPO); registrare le udienze e predisporne un relativo verbale in formato digitale (par. 160-164 ZPO); fare
ampio uso della lingua inglese entro la cornice delle norme vigenti e future della legge sull’organizzazione
delle corti (par. 184-185 GVG), ma non disporre udienze in inglese ex lege, bensì ope judicis, rispettando
la volontà concorde delle parti per quanto possibile; produrre documenti redatti originariamente in lingua
inglese senza necessità di tradurli (par. 142, 3° comma ZPO); redigere i provvedimenti giudiziali in una
tecnica tale da favorirne la rapida traduzione in lingua inglese (20).
8. – L’esempio irlandese (Dublino). – Non rientra nel fenomeno di accelerazione istituzionale dell’ultimo
biennio, ma merita sicuramente di essere segnalata pur in questo contesto, l’istituzione della corte commerciale
irlandese, come sezione della High Court, che avvenne nel 2004 a Dublino. Fin dall’inizio essa si caratteri-
zzò per la speditezza nella trattazione delle controversie. Di regola, la competenza è determinata attraverso
un’ampia indicazione tipologica di controversie commerciali (compravendita e trasporto di merci, mercati
finanziari, assicurazioni e riassicurazioni, servizi, eccetera), aventi un valore non inferiore a un milione di euro.
Vi sono poi casi che rientrano nella competenza della corte commerciale senza limite minimo di valore, come
quelli attinenti alla proprietà intellettuale. Infine, pur quando la controversia portata alla sua attenzione non
rientri nella lista predefinita, la corte può decidere di ammetterla alla propria cognizione, se lo ritiene appro-
priato, come nel caso di ricorsi proposti avverso decisioni di autorità regolatrici. La disciplina processuale è
18 Si veda in particolare l’iniziativa lanciata dai professori B. Hess (MPI Lussemburgo) e T. Pfeiffer (Università di Heidelberg), nonché dall’Avv. Chris-
tian Duve (Fresshfields, Bruckhaus & Deringer), con il coinvolgimento di Roman Poseck, Presidente della Corte d’appello di Francorte. L’iniziativa
è stata presentata a Francoforte il 30 marzo 2017, ad un incontro organizzato dal Ministero della giustizia del Land Assia.
19 Nel Global Financial Centres Index (v. la relativa voce Wikipedia), Francoforte ha risalito nel 2018 dieci posizioni.
20 Su tutto ciò, v. B. Hess, The Justice Initiative Frankfurt am Main 2017, in http://conflictoflaws.net/2017/the-justice-initiative-frankfurt-am-main-
-2017-law-made-in-frankfurt/.
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dettata in termini ampi e preordinati ad assegnare alla corte una notevole flessibilità nella gestione dei casi.
Altri tratti dell’esempio irlandese lo accomunano alle altre esperienze (21).
9. – La corte commerciale d’Inghilterra e del Galles. Per ultima la “regina”: che è finora in Europa la Com-
mercial Court londinese. Essa fu creata nel 1895 come sezione specializzata all’interno della Queen’s Bench
Division della High Court e divenne nel 1970 una corte distinta all’interno della High Court Division, con
giurisdizione attualmente focalizzata su controversie commerciali, bancarie e attinenti ai mercati finanziari.
Si applicano le Civil Procedure Rules con modificazioni. Una guida pratica all’applicazione della disciplina
processuale è contenuta nella Admiralty and Commercial Courts Guide, ove si prevede che le parti debbano
comportarsi con “un alto livello di cooperazione e realismo” nei loro rapporti reciproci e nei rapporti con la
corte, in attuazione dell’obbligo processuale di assistere la corte nel trattare la causa in modo adeguato (justly)
e ad un costo proporzionato. Inoltre, esse sono stimolate a esperire metodi consensuali di composizione
delle controversie. Vi è possibilità di nominare un giudice della corte che conduca una iniziale valutazione
neutrale (early neutral evaluation) della controversia. Successivamente, tale giudice non può essere coinvolto
nella trattazione di quest’ultima. Le parti sono tenute a redigere gli atti introduttivi del giudizio nel “modo
più breve e conciso possibile”. È previsto un limite massimo di 25 cartelle A4, che la corte può autorizzare a
superare solo in circostanze eccezionali. Le controversie sono assoggettate a case management e sono assegnate
a un giudice istruttore per la trattazione. La prima conferenza di case management si tiene entro sei settimane
dalla notifica del primo atto difensivo. Le parti sono tenute a informare regolarmente la corte per iscritto circa
i progressi della fase pre-trial, nonché ad inviare promemoria riassuntivi prima delle conferenze. L’obbligo di
esibizione (disclosure) di documenti è normalmente limitato ai documenti rilevanti (favorevoli o sfavorevoli alla
propria posizione). Lo svolgimento del dibattimento può essere accelerato per ragioni di urgenza o qualora sia
comunque importante che la controversia sia risolta prima possibile. È incoraggiato l’impiego delle tecnologie
informatiche e telematiche. Le dichiarazioni testimoniali sono assoggettate a cross-examination. Le pronunce
possono essere anche in forma orale, sebbene la forma scritta (successiva alla conclusione del dibattimento)
sia più frequente. L’appello è soggetto ad autorizzazione da parte della stessa corte commerciale o della corte
d’appello, che è rilasciata se l’impugnazione ha una reale prospettiva di successo o se vi è un’altra seria ragio-
ne. Sempre su autorizzazione è inoltre possibile adire la corte suprema su un punto di diritto. Secondo una
riforma sperimentale avviata dall’ottobre 2015 le parti possono concordare l’anticipazione dello svolgimento
del dibattimento o variazioni dello svolgimento del processo (Short Trial Pilot Scheme e Flexible Trial Pilot
Scheme). Più in generale, la corte commerciale londinese è stata sempre all’avanguardia dell’innovazione pro-
cessuale, promuovendo metodi consensuali di composizione delle controversie, la semplificazione degli atti
introduttivi e l’assunzione di dichiarazioni testimoniali in forma scritta (22).
Nello spazio giudiziario europeo, la corte commerciale inglese si è posizionata come il centro più impor-
tante per la composizione di controversie transfrontaliere, specialmente finanziarie. Sono trattate circa mille
controversie all’anno, fra le quali almeno duecento vedono coinvolte parti di altri paesi europei. Il valore delle
controversie si aggira di regola intorno a cifre con sei o sette zeri.
10. – La situazione italiana. In Italia si registra fondamentalmente la stasi, in linea con la situazione
difficile in cui si trova il paese. Il che però potrebbe anche significare che ci attende un futuro radioso, in ogni
caso migliore del presente. Innanzitutto stasi non significa “ora zero”, purché abbiamo pur sempre le sezioni
specializzate in materia di impresa, su cui si potrebbero innestare questi sviluppi, almeno in una grande città
(senza fare nomi, ma ve n’è una che negli ultimi anni sta visibilmente accelerando su molti fronti rispetto alle
altre). Sul piano dell’insegnamento universitario si segnalano inoltre i corsi di diritto processuale dell’impresa,
all’interno dei quali si comincia a trattare il tema delle corti commerciali internazionali (23).
21 Di queste informazioni sono debitore nei confronti del Justice irlandese Paul Gilligan, grazie al suo incisivo intervento all’incontro di Riga, menzio-
nato indietro, nella nota n. 1. Paul Gilligan, a riposo dal maggio 2018, è uno dei più noti giudici irlandesi, per aver trattato molti casi delicati e di alto
profilo, e anche per aver ricoperto prestigiosi incarichi a livello internazionale, tra cui nel 2012 quello di presidente della rete europea dei consigli
per la magistratura (ENCJ).
22 Le informazioni riportate in questo capoverso sono tratte da J. Sorabji, The Commercial Court in England and Wales, in Tijdschrift voor Civiele
Rechtspleging (TCR), 2016, 140 ss.
23 Si veda per esempio il corso di Diritto processuale dell’impresa svolto da M. A. Lupoi e M. Zoppellari presso la Scuola di Giurisprudenza dell’Uni-
versità degli Studi Bologna nell’anno accademico 2018/2019. Cfr. inoltre A. Giussani, Corso di diritto processuale delle imprese, BUP, 2015.
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Gli stessi precedenti contributi, progetti, gruppi di lavoro e realizzazioni in materia di buon uso della
lingua italiana nella giurisprudenza (24) potrebbero essere recuperati e funzionalizzati in questa direzione,
poiché – come è oggetto di osservazione comune – non vi è miglior strumento per promuovere il buon uso
della lingua che la “prova del forestiero”, cioè compiere l’esperimento mentale (e pratico) di concepire il testo
in funzione della traduzione in una lingua diversa o comunque in funzione della comprensione da parte di
una persona appartenente per cultura al settore sociale cui ci si riferisce, ma proveniente da un altro ordina-
mento. Inoltre, una proposta legislativa tesa a rendere più flessibile la disciplina della lingua processuale, sulla
falsariga di esempi esteri appena passati in rassegna (25), potrebbe avvalorare caute aperture già presenti nella
giurisprudenza in tema di interpretazione degli artt. 122 e 123 c.p.c. (26).
Inoltre, sul piano teorico, nel quadro di studi risalenti a più di dieci anni fa sugli accordi processuali, si
erano già lamentati i limiti di una concezione di stampo classicamente liberale, che specialmente nell’ambiente
italiano non conosceva chiaroscuri o vie intermedie tra la giustizia arbitrale, da un lato, e la giustizia statale,
dal lato opposto (27).
Infine, nel quadro di studi di poco successivi relativi agli elementi di giusto processo nelle controversie
transnazionali si era riflettuto sulla crisi del principio della lex fori, cui indirettamente si collega il tema attuale (28).
11. – Tra neoliberalismo ‘spinto’ e dottrina ordoliberale. Poiché l’intento di questo articolo è essenzialmente
informativo, esso si potrebbe concludere a questo punto. Tuttavia, vorrei soddisfare la curiosità di qualche
lettore, eventualmente interessato a conoscere almeno un primo abbozzo di indice degli argomenti da affron-
tare in una ipotetica futura riflessione critico-ricostruttiva.
Punto di partenza metodologico è che il processo, come oggetto di riflessione teorica e di pratica profes-
sionale, riflette le conoscenze, i valori, le attitudini e i modi di comportamento della società in cui si inserisce;
mentre dall’altro lato, il processo può a sua volta contribuire a costruire conoscenze, valori, attitudini e modi
di comportamento che influenzano a loro volta la società (29). Processo civile e valori “sentiti” (30) nella società
sono collegati da nessi di reciproco condizionamento (31), anche se molto spesso tali nessi seguono un “anda-
mento carsico” e possono essere ricostruiti solo con una certa dose di pazienza nel cimentarsi lungamente con
i problemi tecnico-processuali, unita alla conservazione (o maturazione) della consapevolezza che tale cimento
può avere un senso compiuto solo se poi si sforza di inserire la maggior parte delle scelte tecnico-processuali in
un contesto più ampio, quasi in un campo magnetico generato da una pluralità di polarità ideali o ideologiche.
24 Se si limitano i riferimenti alla letteratura ormai ampia sul tema ai recenti interventi in questa Rivista, v. la silloge Il linguaggio della giurisprudenza,
in Foro it., 2016, V, 357 (con contributi di G. Barbagallo, V. Ferrari, S.L. Gentile, G. Grasso, E. Scoditti). Cfr. anche L’involuzione del linguaggio
giuridico, atti del XXVIII seminario della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Bologna, 16 dicembre 2016, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,
2017, 393 (con relazioni e contributi di G. Alpa, P. Biavati, B. Brunelli, G. De Nova, E. Ferrante, R. Guastini, M. Guernelli, N. Lipari, B. Pozzo, M.
Taruffo).
25 Ma si potrebbe semplicemente prendere spunto dagli ALI/UNIDROIT Principles of Transnational Civil Procedure, Principio n. 6.
26 Cfr. Cass. 18 maggio 2018, n. 12365, che non ha ritenuto tardiva la produzione, con la memoria di cui all’art. 183, 6° comma, n. 3, c.p.c., della tra-
duzione in italiano di documenti redatti in lingua straniera tempestivamente depositati. Infatti detta traduzione non integra un nuovo mezzo di prova
soggetto alle preclusioni istruttorie di cui alla norma citata, poiché l’attitudine dimostrativa di uno scritto discende dal contenuto che esso esprime,
quale che sia l’idioma impiegato nella sua redazione, sicché è con la produzione del documento in lingua straniera che la parte assolve all’onere di
comprovare le proprie allegazioni difensive, mentre la traduzione, che può essere disposta dal giudice ai sensi dell’art. 123 c.p.c. senza previsione di
termini, è incombente meramente accessorio e facoltativo che si colloca al di fuori dell’area delle attività processuali finalizzate alla definizione del
thema decidendum e del thema probandum, soggette a termini perentori.
27 Cfr. R. Caponi, Autonomia privata e processo civile: gli accordi processuali, in Riv. trim. dir. proc. civ. civ., 2008, supplemento al n. 3, 99-120; in
Accordi di parte e processo, Milano, 2008, 99-119. Il contributo è pubblicato altresì in Poteri del giudice e diritti delle parti nel processo civile, a cura
di G. Scarselli, Napoli, 2010, 145-161 (con leggere modifiche); nonché in Coleção grandes temas do novo cpc, vol. I, Negócios processuais, terza
ed., a cura di P. H. Nogueira e A. do Passo Cabral, Editora Juspodium, 2017, 239-253; e in www.civilprocedurereview.com. Traduzione in spagnolo:
Autonomía privada y proceso civil: los acuerdos procesales, a cura di L. Cárdenas Rodríguez, in Convenciones Procesales. Estudios sobre Negocio
jurídico y proceso, a cura di P. E. Nogueira e R. Cavani, Lima, Raguel Ediciones, 2015, 59-84.
28 Cfr. R. Caponi, Giusto processo e controversie transnazionali, Rapporto generale presentato al XIV congresso mondiale dell’Associazione inter-
nazionale di diritto processuale, IAPL, Heidelberg, 25-30 luglio 2011, paragrafo 5, inedito, disponibile su file presso l’autore. In quel paragrafo si
concludeva che il fondamento dell’applicazione della regola della lex fori è da individuare in considerazioni di ordine pragmatico attinenti alla sua
adeguatezza pratica, per cui l’applicazione è chiamata ad incontrare eccezioni tutte le volte in cui il canone di proporzionalità suggerisca soluzioni di
segno opposto. Antesignano sotto questo profilo, W. Grunsky, Lex fori und Verfahrensrecht, in ZZP 89 (1976), 241. Una sintesi del rapporto generale
è stata pubblicata in lingua inglese: R. Caponi, Transnational Litigation and Elements of Fair Trial, in Procedural Justice, a cura di P. Gottwald e B.
Hess, Gieseking, Bielefeld, 2014, 493-536.
29 Cfr. O. Chase, Gestire i conflitti. Diritto, cultura, rituale, trad. it. di M. R. Ferrarese, Bari, 2009. Titolo originale: Law, Culture and Ritual. Disputing
Systems in Cross-Cultural Context, New York – London, 2005.
30 Cfr. M. Scheler, Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik. Neuer Versuch der Grundlegung eines ethischen Personalismus, a cura
di C. Bermes e A. Hand, Hamburg, 2014, 321.
31 Cfr., nella letteratura italiana, i classici studi di M. Cappelletti, Processo e ideologie, Bologna, 1969; V. Denti, Processo civile e giustizia sociale,
Milano, 1971; M. Cappelletti, Giustizia e società, Milano, 1972.
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Da questo punto di vista, il fenomeno delle corti commerciali internazionali si trova al centro di un
interessante crocevia di concezioni ideali e di movimenti storici. Esso è un aspetto della introduzione, nell’am-
ministrazione statale della giustizia di diversi paesi, di strumenti che si ispirano parzialmente alla concezione
neoliberale, dominante da qualche decennio a livello globale. Alla base di questa concezione vi è l’idea che
il benessere umano può essere promosso nel modo migliore liberando le energie e i talenti imprenditoriali
individuali, all’interno di un quadro istituzionale caratterizzato da una tutela incisiva dei diritti di proprietà,
della libertà dei mercati e del commercio (32).
Uno degli assunti di base dell’approccio neoliberale, che si potrebbe qualificare come ‘spinto’, è che,
se si rende più efficiente il quadro istituzionale in cui si esercita la libertà d’impresa, abbassandone
fondamentalmente la densità della regolazione e invocando una Rule of Law protesa ad assecondare le
esigenze del mercato, si sviluppa l’intero sistema economico, cosicché alla fine si incrementa il benessere
di ciascuno dei membri della compagine sociale. Insomma, si genera la mitica marea che solleva tutte le
imbarcazioni, dagli yacht alle piccole barche. Specialmente lo scoppio della crisi economico-finanziaria
del 2008 e l’aumento delle disuguaglianze in campo sociale, economico hanno rivelato gli inconvenienti
profondi di un approccio così ‘nord americaneggiante’ nella sua esasperazione tesa a liberare i talenti im-
prenditoriali da ‘lacci e lacciuoli’, nel puntare sugli stimoli all’offerta (supply-side economics) per agevolare
la crescita economica e nel considerare quest’ultima come il fattore esclusivo del benessere individuale e
sociale (33), ma il canovaccio recitato dai principali attori sulla scena internazionale è duro a cambiare. Si è
trattato di un completo ribaltamento della stagione, propria del primo trentennio successivo alla seconda
guerra mondiale, caratterizzata da grande fiducia nell’espansione del novero di interessi pubblici che le
pubbliche amministrazioni erano chiamate a proteggere.
Provvisoriamente perdente è rimasta la versione che si potrebbe definire ‘moderata’ dell’orientamento
neoliberale, che ha conosciuto il suo momento più alto nella dottrina ordoliberale di matrice tedesca e
nelle sue concrete realizzazioni attraverso lo sviluppo di un’economia sociale di mercato dopo la seconda
guerra mondiale in Germania. L’esigenza di ordine affianca l’idea di libertà su un piano di parità e di reci-
proca integrazione. L’obiettivo di mettere in condizione iniziale paritaria gli individui nel dispiegare le loro
energie creatrici rimane l’obiettivo di fondo da perseguire, ma si riconosce un ruolo decisivo dello Stato
(e del diritto) nel creare e preservare, con incrementi e manutenzioni continui, una cornice istituzionale
appropriata a mantenere concretamente aperta la prospettiva di realizzare quest’obiettivo.
“Se si imposta la questione in termini di maggiore o minore intervento dello Stato – scriveva Walter
Eucken all’inizio degli anni ’50 – si omette di cogliere il punto essenziale. Non si tratta di un problema
quantitativo, ma qualitativo. Lo Stato deve evitare di dirigere il processo economico, ma deve parimenti
evitare di abbandonare il sistema economico a se stesso. Pianificazione statale delle forme: sì! Pianificazione
e direzione statale del processo economico: no! È essenziale riconoscere la differenza tra forma e processo
e comportarsi di conseguenza. Solo così si può raggiungere l’obiettivo che non una piccola minoranza, ma
tutti i cittadini possano indirizzare l’economia attraverso il meccanismo dei prezzi. L’unico sistema eco-
nomico, in cui questo è possibile, è quello della ‘concorrenza completa’. Esso è realizzabile solo se tutti gli
attori del mercato vengono privati della possibilità di modificare le regole del gioco del mercato. Lo Stato
deve predeterminare attraverso una corrispondente cornice giuridica la forma del mercato – cioè le regole
del gioco nelle quali il sistema economico opera” (34).
Mi sembra che negli ambienti italiani, specialmente della pubblicistica quotidiana, frequentemente
nelle opere di divulgazione e talvolta anche nei contributi scientifici animati da precomprensioni più o
meno larvatamente ideologiche, vengano bollati come genericamente neoliberali e assoggettati a una critica
complessiva approcci teorici e applicazioni pratiche spesso molto diversi tra di loro, che vanno dalle opere

32 Cfr. la definizione di D. Harvey, A Brief History of Neoliberalism, Oxford University Press, 2005, Introduction (citato dalla edizione digitale).
33 Uno dei maggiori critici italiani della concezione neoliberale è Luciano Gallino, in una serie di scritti degli ultimi anni. Si veda per esempio, Il de-
naro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti, Einaudi, Torino, 2015.
34 Così W. Eucken, Unser Zeitalter der Misserfolge. Fünf Vorträge zur Wirtschaftspolitik, Tubingen, 1951, 71. Cfr. I. Pies, Eucken und von Hayek im
Vergleich. Zur Aktualisierung der ordnungspolitischen Konzeption, Tübingen, 2001, 136, con indicazione dei passi di Hayek similmente orientati.
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dei Chicago boys al servizio di Augusto Pinochet, passano per l’era di Margaret Tatcher nel Regno Unito e
di Ronald Reagan negli Stati Uniti, conglobano in una sorta di hysteron proteron il classico ordoliberalismo
tedesco, non lasciano indenne la presidenza di Bill Clinton, cui viene rimproverato di aver lasciato passare
senza colpo ferire il superamento della netta separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria
d’investimento, approdano da ultimo alla teoria dei “mercati radicali” (35).
Le ragioni di questo fare di tutte le erbe un fascio sono molteplici. Innanzitutto vi è la tendenza,
cresciuta impetuosamente dopo la crisi finanziaria ed economica del 2008, a cercare un nemico esterno
all’origine dei problemi italiani, che invece hanno fattori causali prevalentemente interni (come può facil-
mente constatare chi ha occasione di viaggiare in giro per il mondo con attenzione alla comparazione). In
secondo luogo, se si considera specificamente l’approccio che tende ad appiattire la dottrina ordoliberale
tedesca su quella neoliberale di matrice anglosassone, campeggia talvolta un sentimento antitedesco non di
rado becero e ignorante (nel senso proprio che non sa di che cosa parla, quando parla della Germania). Solo
in terza posizione collocherei certe rigidità tedesche dell’era di Angela Merkel. Dinanzi a tali appiattimenti
sia sufficiente richiamare il vecchio detto: Distingue frequenter!
Il lettore si domanderà a questo punto quale percorso sotterraneo potrà mai collegare la classica dot-
trina ordoliberale al fenomeno delle corti commerciali internazionali. Ebbene, nel nesso di interdipendenza
e di reciproco arricchimento della liberale disciplina attuale delle clausole di scelta del foro nell’art. 25 del
reg. UE 1215/2012, da un lato, e il rigoglio istituzionale di quel fenomeno, dall’altro lato, davvero non si
potrà cogliere il riflesso, nei recessi della giustizia civile statale, di quel nesso tra ordine e libertà, Ordnung
und Freiheit, proclamato da quella dottrina? Ma tutti gli sviluppi nel dettaglio dovranno essere affidati a
una futura pars costruens, poiché adesso si imposta solo qualche elemento di un indice.
12. Tra globalizzazione e rete internazionali di dispositivi intonati a un sovranismo moderato (soft). Sono
consapevole che discorrere di sovranismo moderato o soft è un poco come parlare di una ruota quadrata o
di un quadrato rotondo, ma il lettore perdonerà l’impiego di un mero espediente retorico per continuare
a catturare la sua attenzione verso la fine di un discorso ormai lungo.
All’inizio si è scritto che l’idea di creare corti commerciali internazionali presso le giurisdizioni statali
tiene dietro a sollecitazioni scaturenti da una comune realtà sociale ed economica, quella della globalizza-
zione. In particolare le International Business Courts costituiscono uno degli aspetti del fenomeno messo in
luce da Saskia Sassen: “La trasformazione dell’epoca che si chiama globalizzazione si sta producendo all’in-
terno della dimensione nazionale più di quanto comunemente si pensi. È qui che i significati più complessi
della dimensione globale vengono a costituirsi […]. Una buona parte della globalizzazione consiste in una
enorme varietà di microprocessi che iniziano a denazionalizzare ciò che era stato costruito come nazionale:
politiche, capitali, soggettività politiche, spazi urbani, cornici temporali e una varietà di altri elementi” (36).
Il discorso si attaglia perfettamente alle corti internazionali d’impresa. In questa cornice anche la mobile
collocazione dell’aggettivo “internazionale” (37), poiché segnala che il carattere transnazionale delle con-
troversie trasmuta anche i tratti delle corti che le conoscono, dispiega una notevole forza immaginifica,
evocatrice di uno di questi processi di denazionalizzazione.
È però passato ormai un decennio da quando Saskia ha pubblicato il suo libro: quasi un’era geologica
se lo si commisura alla rapidità del cambiamento degli umori sociali. Può così accadere che un fenomeno
promosso dalla globalizzazione, come le corti commerciali internazionali, possa rivelare un profilo nuovo,
illuminato da un fascio di luce di moderata nazionalizzazione. In fondo potrebbe trattarsi di una variante
della “glocalizzazione” (38).
Si ripensi all’attuale situazione politica italiana. Abbiamo un governo per il quale il lancio di una
corte commerciale internazionale in Italia potrebbe avere un notevole impatto di immagine (collegata alla

35 E. A. Posner, E. G. Weyl, Radical Markets. Uprooting Capitalism and Democracy for a Just Society, Princeton, 2018.
36 Così, S. Sassen, Territory, Authority, Rights: From Medieval to Global Assemblages, Princeton, 2008, 1.
37 V. indietro, il primo capoverso del primo paragrafo.
38 Per un primo avvicinamento, v. https://it.wikipedia.org/wiki/Glocalizzazione.
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sostanza), da spendere come affermazione di una identità nazionale competitiva nel quadro internazionale,
financo nutrita di qualche stoccata retorica diretta ad arginare le élites europee (rifiuto di una centralizzata
corte commerciale europea, in favore di una valorizzazione delle esperienze e delle specificità nazionali, pur
inserite in reti transnazionali), nonché forse diretta ad arginare le élites dell’arbitrato commerciale interna-
zionale. L’apparato giudiziario statale al servizio delle imprese, soprattutto di quelle medio-piccole (access
to justice for small business, si potrebbe dire): una concreta innovazione istituzionale interstiziale, piuttosto
che roboanti prospettive di riforma costituzionale, fragorose nella loro caduta.
13. – Dalla tutela giurisdizionale differenziata alla tutela giurisdizionale frammentata? – L’ultimo punto
dell’indice provvisorio della parte ricostruttiva è il più delicato. Il rapporto tra autonomia e strumentalità
del processo civile (nei confronti del diritto sostanziale) non è mai dato una volta per tutte nel suo modo
di essere, ma è il punto d’ingresso nella teoria della giustizia civile dei mutamenti delle atmosfere politiche,
culturali e ideologiche negli ambienti sociali in cui lo studio e la pratica del processo civile si svolgono.
Mantenere vigile la consapevolezza del ruolo strumentale del processo civile contribuisce a percepire i
nessi tra i mutamenti della disciplina processuale e le oscillazioni negli orientamenti politici e ideologici
di fondo di una società.
A tale proposito l’esperienza italiana è particolarmente significativa. All’inizio degli anni ’70 del
secolo XX, l’introduzione del procedimento di repressione della condotta antisindacale (39) e la riforma
del processo del lavoro (40) costituirono importanti riflessi processuali di un ambiente politico-sociale
fortemente intonato alla tutela dei diritti dei lavoratori, sebbene non dimentico del quadro di compa-
tibilità con le esigenze più generali del sistema economico. All’epoca, la costituzionalità di quelle scelte
legislative fu difesa teorizzando la necessità di una “tutela giurisdizionale differenziata” alla luce dell’art.
3, 2° comma Cost. (41).
Si potrà dire che l’istituzione di corti commerciali internazionali rappresenta oggi un esempio di
tutela giurisdizionale differenziata a vantaggio dell’impresa multinazionale, sorretto da un ambiente po-
litico radicalmente mutato, che si ispira alle concezioni ordoliberali? In effetti, negli ambienti tedeschi
si tende a sostenere che la notevole concentrazione di risorse giudiziali necessarie alla creazione di corti
commerciali internazionali non lede la parità di trattamento nei confronti dell’accesso alle corti, poiché è
la risposta adeguata e proporzionata all’importanza qualitativa del contenzioso, nonché ai bisogni di tutela
delle imprese multinazionali.
Indubbiamente, la simmetria tra la tutela giurisdizionale differenziata di allora e – in ipotesi – una
tutela giurisdizionale differenziata di oggi si presenta come accattivante, dal momento che illumina il nesso
intercorrente tra mutamenti delle atmosfere politiche, culturali e ideologiche, da un lato, e scelte tecniche
dei sistemi processuali, dall’altro.
Si dovrà però resistere a questa tentazione.
In primo luogo, il perno sul quale girava la teoria della tutela giurisdizionale differenziata era l’art. 3,
2° comma Cost., ma il principio di eguaglianza in senso sostanziale invano si ricercherebbe a fondamento
della scelta di introdurre corti commerciali internazionali. Quest’ultima è piuttosto espressione di quella
che si potrebbe definire, con un poco di fantasia: “supply side justice and economics”.
In secondo luogo, allargando la prospettiva, la teoria della tutela giurisdizionale differenziata si muo-
veva allora nella consapevolezza di un sistema politico che, fondamentalmente, riusciva a governare ancora
i processi di cambiamento della società, nonché era in grado di impartire direttive ispirate all’obiettivo
del bene comune. Viceversa, al giorno d’oggi, i sistemi politici, gli apparati amministrativi e giudiziari
(nazionali, internazionali e sovranazionali) appaiono difficilmente in grado, da un lato, di arginare gli

39 Cfr. art. 28 l. 20 maggio 1970 n. 300.


40 Cfr. l. 11 agosto 1973 n. 533.
41 A questo punto sarebbe necessario il riferimento all’opera di un autore, che tuttavia si omette poiché egli probabilmente non gradirebbe di essere
citato nel contesto di un contributo che pone in qualche modo in correlazione – sebbene in modo critico – il tema della tutela giurisdizionale diffe-
renziata con il fenomeno delle corti commerciali internazionali. Si legga peraltro anche l’ultima nota a piè di pagina di questo contributo.
Remo Caponi 1053

effetti distruttivi di determinate energie sociali, particolarmente avvertibili non solo nell’economia, ma
anche nella scienza e nella tecnologia e nei nuovi mezzi di comunicazione (42), dall’altro non riescono a
fronteggiare movimenti migratori che interpellano fino in fondo la storia dell’occidente, il suo modo di
essere e di rappresentarsi.
Sistemi politici e apparati amministrativi e giudiziari appaiono oggi piuttosto alla mercé di ambienti
sociali ed economici sempre più frammentati lungo linee di frattura alimentate dal progredire delle disu-
guaglianze. Tali frammenti collidenti quasi s’impadroniscono degli apparati amministrativi e giudiziari,
con la forza d’impatto del loro potere economico (è il fenomeno che si è analizzato in questo articolo),
o – viceversa – con l’urgenza e la forza d’impatto financo fisica dei movimenti epocali sui quali si assidono
(per esempio, è il fenomeno dell’immigrazione e del conseguente contenzioso, che si vorrebbe affrontare
in un prossimo contributo; per tacere di coloro che tale contenzioso non riescono ad alimentare, perché
muoiono nel tragitto).
Non sorprenda questo affiancamento finale di mondi così diversi. Essi meriterebbero di essere inseriti e
analizzati in un unico contesto, in cui quella frammentazione sociale ed economica frammenta la stessa tutela
giurisdizionale dei diritti (43).

ABSTRACT – INTERNATIONAL BUSINESS COURTS


This contribution is dedicated to the dear memory of Ada Pellegrini Grinover and José Carlos Barbosa Moreira.
The governments of a number of Member States of the European Union have set up or are about to set up
“international business (or commercial) courts” to make transnational litigation easier for business. In February
2018, the French Ministry of Justice launched the International Commercial Chamber within the Paris Court of
Appeal. In March, the Dutch House of Representatives adopted the proposal establishing the Netherlands Commer-
cial Courts (NCC). In May, the proposal for the creation of the Brussels International Business Court (BIBC) was
put before the Belgian Parliament. In 2017 an initiative had already been launched in Germany to strengthen
Frankfurt as a centre for commercial litigation in Europe.
This article is to inform the Italian readership about these developments, check whether such perspectives could
open up in Italy too, and make some critical points.

42 Cfr. G. Teubner, Verfassungsfragmente, Suhrkamp, 2012, 11. Edizione italiana: G. Teubner, Nuovi conflitti costituzionali. Norme fondamentali dei
regimi transnazionali, Milano, 2012.
43 Certamente alcuni di noi avrebbero voluto nascere intorno al 1945, per poter vivere, nella giovinezza e nell’età matura, in quel periodo di progresso
sociale ed economico in cui le speranze e l’impegno di lavoro per l’attuazione della Costituzione si tradussero in realtà, almeno in parte significativa.
Fondamentalmente, non è colpa nostra se siamo costretti a interessarci di una tutela giurisdizionale dei diritti che va in frammenti.
ARTIGO: NOTAS A RESPEITO DA VALORIZAÇÃO DOS PRECEDENTES
NO NOVO CPC

Ricardo de Barros Leonel1

Sumário: 1. Introdução. 2. A denominada “teoria dos precedentes” no novo CPC. 3. Escopo da


diretriz legislativa. 4. Posicionamento e alcance. 5. Crítica sistemática: ausência de diferenciação e
tratamento idêntico de institutos essencialmente distintos. 6. A eficácia vinculante e sua discutível
constitucionalidade. 7. Delimitação da hipótese da inconstitucionalidade. 8. Argumentos pela in-
constitucionalidade. 9. Argumentos contra a inconstitucionalidade. 10. Ainda sobre a questão da
inconstitucionalidade ou constitucionalidade da vinculação. 11. Falta de homogeneidade quanto ao
emprego da técnica. 12. Importância da motivação no contexto da valorização dos precedentes. 13.
Conclusões. 14. Bibliografia.
Resumo: O texto analisa de forma crítica a valorização dos precedentes no novo Código de Pro-
cesso Civil.
Sumary: The text brings a critical analysis over the precedents system in the new procedural Law.
Palavras-chave: Precedentes. Constitutionalidade. Novo CPC.
Key-words: Precedentes. Constitutionality. New procedural Law.

1. INTRODUÇÃO
Como toda obra humana, o novo CPC apresenta inúmeros pontos positivos e negativos. É necessá-
ria a reflexão crítica em torno da disciplina por ele implantada, com o espírito essencialmente científico e
construtivo, voltado aos objetivos de melhor conhecê-lo e compreendê-lo. Com isso será viável dele extrair
os melhores resultados ou potencialidades, sem prejuízo de indicar fragilidades e deficiências, quando tal
conclusão se mostrar necessária.
A finalidade deste texto é, de forma objetiva, trazer reflexões a respeito dos pontos positivos e negativos
da valorização dos precedentes adotada no novo CPC, examinando, ademais, as perspectivas a respeito do
debate sobre a constitucionalidade ou inconstitucionalidade desse sistema, sem perder de vista a preocupação
em dar sentido prático e possível aos dispositivos legais envolvidos.

2. A DENOMINADA “TEORIA DOS PRECEDENTES” NO NOVO CPC


Não nos parece correto afirmar que a adoção, como diretriz legislativa, da valorização dos precedentes,
signifique que o Direito Processual Civil brasileiro esteja abandonando o sistema de “civil law” e ingressando
nos confins do denominado “common law”.
A realidade contemporânea, plasmada por fenômenos que demonstram a interação de todos os ocupantes
do orbe terrestre em diferentes perspectivas (econômicas, culturais, políticas, etc.), inclusive no âmbito do
Direito, permite o aproveitamento de experiências de outros países e outros sistemas.
O legislador brasileiro tem feito isso em reformas legislativas. O fenômeno se repete no Direito Proces-
sual, sem significar simples transposição ou importação de institutos.

1 Professor Associado do Departamento de Direito Processual da Faculdade de Direito da Universidade de São Paulo. Promotor de Justiça em São
Paulo.
Ricardo de Barros Leonel 1055

Exemplos como o desenvolvimento da “teoria dos precedentes”, no novo CPC, ou mesmo o desenvol-
vimento de técnicas de julgamento de casos repetitivos, demonstram que a experiência estrangeira tem sido,
em alguma medida, aproveitada, sem simples transposição, com adequações à nossa realidade.
Reforça tal conclusão, na temática examinada, a constatação de que o novo
CPC não se refere, em verdade, apenas aos precedentes, mas também à jurisprudência e às súmulas,
sendo, notadamente as últimas, típicas da realidade nacional, sob a influência do direito lusitano.
No mesmo sentido é importante lembrar que a nossa sistemática de precedentes surge por imposição
legislativa, ao passo que nos países filiados ao sistema de “common law” a valorização dos precedentes, em
linhas gerais, foi um fenômeno que surgiu e se desenvolveu naturalmente, sem que para tanto tenha sido
necessária previsão ou determinação legislativa.2

3. ESCOPO DA DIRETRIZ LEGISLATIVA


Os escopos da diretriz legislativa adotada pelo novo CPC, com o incremento do valor atribuído aos
entendimentos firmados nos tribunais a respeito de determinadas questões de direito, direcionam-se, quando
menos, à isonomia na aplicação da lei, à previsibilidade dos julgamentos do Poder Judiciário, à proteção da
confiança e à segurança jurídica.
Inegável, ainda, que esse sistema de valorização dos entendimentos firmados pelos tribunais a respeito
de determinadas questões de direito também é utilizado pelo legislador como um mecanismo de gestão da
massa de processos que, aos milhões, têm ano após ano chegado ao Poder Judiciário.
Trata-se de tentativa de resposta, eleita pelo legislador, para fazer frente à busca cada vez maior do Poder
Judiciário, sem, entretanto, incorrer em alternativa mais drástica e necessariamente inconstitucional de pura-
mente negar-se o acesso à Justiça; reconhece, ademais, a realidade de que o incremento da estrutura do Poder
Judiciário encontra limites materiais (inclusive orçamentários) e que, por si só, não responderia à demanda
por prestação de Justiça.

4. POSICIONAMENTO E ALCANCE
O legislador optou por alocar os principais dispositivos sobre o tema entre as disposições gerais do
Título I do Livro III do novo CPC, que cuida “Dos processos nos tribunais e dos meios de impugnação das
decisões judiciais”.
As regras centrais a propósito, portanto, estão nos artigos 926, 927 e 928 do novo CPC.
Merecem reflexão, entretanto, outros preceitos cuja compreensão é imprescindível ao conhecimento e
adequado funcionamento do sistema de precedentes, como: (a) a disciplina peculiar da motivação das decisões
(art. 489, § 1º); (b) bem como as aplicações dessa diretriz (tutela da evidência [art. 311, II]; improcedência
liminar [art. 332]; o reexame necessário [art. 496, § 4º]; a dispensa de caução no cumprimento provisório de
sentença [art. 521, IV]; os poderes do relator nos recursos [art. 932, IV e V]; o conflito de competência [art.
955, parágrafo único]; a reclamação [art. 988]).
A análise sistemática e compreensiva dessa disciplina é, portanto, imprescindível.

5. CRÍTICA SISTEMÁTICA: AUSÊNCIA DE DIFERENCIAÇÃO E TRATAMENTO


IDÊNTICO DE INSTITUTOS ESSENCIALMENTE DISTINTOS
O novo CPC insere na disciplina ora examinada três institutos diversos, ou seja, os precedentes, os

2 Neil Duxbury (The Nature and Authority of Precedent. Cambridge (UK): Cambridge University Press, 2008, p. 57) recorda que, independentemente
de imposição legal, os precedentes passaram naturalmente, num processo de evolução histórica, a ser seguidos. (“The authority of precedent has
much to do with the fact that precedents came to be understood, and valued, as sources of reason, not merely as rulings, in materially identical ca-
ses.”). Análoga observação é formulada por José Rogério Cruz e Tucci (Precedente judicial como fonte do direito. São Paulo: RT, 2004, p. 158), ao
pontuar que “é então a partir das primeiras décadas do século XIX que vem reconhecida a eficácia vinculante do precedente judicial”.
1056 ESTUDOS EM HOMENAGEM A ADA PELLEGRINI GRINOVER E JOSÉ CARLOS BARBOSA MOREIRA

enunciados de súmulas, bem como a jurisprudência.


A propósito, algumas críticas importantes são pertinentes:
a. não houve delineamento, para fins de distinção, dos institutos (embora, em regra, seja premissa geralmente
aceita a ideia de que a lei não trazer conceitos, na matéria em exame talvez fosse melhor que isso tivesse
sido feito);
b. por consequência, não foram estabelecidas as diferenças entre eles existentes;
c. foram eles empregados, no tratamento do tema, de forma casuística, e, consequentemente, com deficiên-
cia técnica.
Cumpre registrar, nesse sentido, ainda que de modo sintético, que:
a. precedente é o caso concretamente julgado, do qual se pode ou não extrair regra de julgamento (ratio
decidendi) que, entre outros aspectos, pela sua consistência, valerá como referência para o julgamento de
casos futuros;3
b. jurisprudência é corrente de entendimento jurídico a respeito de determinada questão de direito, formada
em razão da reiteração de julgamentos nos quais foi adotada certa posição quanto à matéria discutida;4
c. enunciados de súmulas são disposições sintéticas, que pretendem exprimir a essência de determina-
do entendimento referente a específica questão jurídica, que se assentou no âmbito do tribunal que
os editou.5
A síntese conceitual acima não esgota todas as nuances de cada um dos referidos institutos, que com-
portam descrição e explicação mais aprofundada, mas, como indício de sua conceituação, demonstra: (a) a
insuficiência do novo CPC, nesse ponto, pois, reitere-se, determinou o emprego dos três institutos (prece-
dentes, jurisprudência, e enunciados de súmulas), sem fazer qualquer distinção entre eles; e (b) previu seu
emprego indistintamente.
Em outras palavras, em que pese a imprecisão terminológica, evidencia-se que o emprego da expressão
precedentes, nesse contexto, vem ganhando sentido impróprio, de sorte a abranger todas as formas de enten-
dimento consolidado dos tribunais, sejam eles o precedente (em sentido estrito), a jurisprudência dominante,
ou mesmo os enunciados sumulados.
3 Rupert Cross e J. W. Harris (Precedent in English law. New York: Oxford University Press, 2004, p. 4), assinalam, precisamente, que o “predente” é
a decisão de caso singular (“The fact that English law is largely a system of case-law means that the judge’s decision in a particular case constitutes
precedent”). Neil Duxbury (op. cit., p. 1), observa tratar-se de evento (singular) passado (“A precedent is a past event – in the law is nearly always
a decision – wich serves as a guide for present action”). A mesma linha de raciocínio é perceptível em José Rogério Cruz e Tucci (op. cit., p. 12),
ao afirmar que “pressupondo, sob o aspecto temporal, uma decisão já proferida, todo precedente judicial é composto por duas partes distintas: a) as
circunstâncias de fato que embasam a controvérsia; e b) a tese ou o princípio jurídico assentado na motivação (ratio decidendi) do provimento decisó-
rio.” Rosenberg, Schwab e Gottwald (Zivilprozessrecht, 17. Auflage. München, Beck, 2010, p. 865), muito embora destacando a inexistência de efei-
to vinculante dos casos antes julgados (ressalvando os julgados do Tribunal Constitucional alemão), examinam o precedente (Präjudizienwirkung)
acentuando tratar-se do caso concretamente decidido, e seu efeito de persuasão para julgamentos futuros. (“Diese Wirkung besteht darin, dass das
Präjudiz Hilfsmittel Richtiger Normenkentnnis, -auslegung und –fortbildung ist.” Trad. Livre: esse efeito consiste em que o precedente é meio pelo
qual se pode alcançar o correto conhecimento, interpretação e desenvolvimento do direito).
4 Entre os vários sentidos tributáveis à locução, demonstrando a complexidade do estudo do tema, anota Gino Gorla (“Giurisprudenza”, Enciclopedia
del diritto. Milano: Giuffrè, 1970, p. 490) que a jurisprudência pode ser compreendida como “l’attività dei tribunali (o loro decisioni, o gli stessi
tribunali) nella loro funzione di interpretare la legge per applicarla al caso sub judice”. Rodolfo de Camargo Mancuso (Divergência jurisprudencial
e súmula vinculante. 4. Ed., São Paulo: RT, 2010, p. 148, lembra que numa acepção técnico-jurídica a jurisprudência é a “sequência ordenada de
acórdãos consonantes sobre certa matéria”. Eduardo de Albuquerque Parente (Jurisprudência: da divergência à uniformização. São Paulo: Atlas,
2006, p. 5), pontua que ”jurisprudência é o conjunto de decisões provindas de tribunais sobre determinada matéria em sentido isonômico, reiterado
e predominante. Também, apesar de entendimentos diversos, há diferença conceitual entre jurisprudência e precedente. Este último é a decisão inte-
grante ou não de um conjunto harmônico e reiterado e não necessariamente gerado por colegiado”. José Marcelo Menezes Vigliar (Uniformização
de jurisprudência: segurança jurídica e dever de uniformizar. São Paulo: Atlas, 2003, p. 74), acentuando a nota nos adjetivos (“a jurisprudência que
se deseja unificada e com efeitos vinculantes”) e com apoio na doutrina de Rubens Limongi França, aponta que “há, portanto, jurisprudência, (...)
quando se pode falar em um ‘conjunto de pronunciamentos, por parte do mesmo Poder Judiciário, num determinado sentido, a respeito de certo
objeto, de modo constante, reiterado e pacífico’”. V. ainda, Cândido Rangel Dinamarco (Instituições de direito processual civil, t. I, 4. Ed. São Paulo:
Malheiros, 2004, p. 83).
5 José Rogério Cruz e Tucci (op. cit., p. 135), com apoio em Guilherme Braga da Cruz, lembra da origem histórica dos “assentos”, no direito lusi-
tano, anotando que “os julgamentos que então eram efetivados à luz dessa lei e devidamente registrados no ‘livrinho”, logo ‘tomaram o nome de
‘assentos’; e tinham um valor normativo em tudo idêntico ao das próprias leis interpretadas’, e, portanto, ‘projetavam eficácia vinculativa para casos
semelhantes’”. No mesmo sentido Rodolfo de Camargo Mancuso, op. cit., p. 217 e ss. Pedro Miranda de Oliveira (“O binômio repercussão geral e
súmula vinculante”, ‘in’ Direito jurisprudencial, coord. Teresa Arruda Alvim Wambier, São Paulo: RT, 2010, p. 708), anota que a súmula identifica-se
com “um resumo das ideias contidas em reiteradas decisões de um tribunal, proferidas num mesmo e determinado sentido. Na verdade, trata-se da
apreensão do conteúdo jurídico essencial de decisões num mesmo sentido. Resume-se, no enunciado da súmula, a posição jurídica que se adotou,
repetidamente, num mesmo sentido, em certo tribunal.” Luiz Guilherme Marinoni (Precedentes Obrigatórios, São Paulo: RT, 2010, p. 216/217),
lembra que as súmulas são “enunciados do tribunal acerca de suas decisões, e não uma decisão que se qualifica como precedente. Trata-se, neste
sentido, de uma metalinguagem, pois votada a enunciar algo que já faz parte da linguagem da decisão judicial”.
Ricardo de Barros Leonel 1057

Ademais, quanto à jurisprudência, há outro problema.


O novo CPC refere-se ao emprego da “jurisprudência dominante”, sem definir em que consiste ela.
Esse problema, é verdade, não é novo, pois nesse vício já incorria o CPC/73, notadamente após as reformas
que procuraram, na mesma linha do novo CPC, prestigiar os entendimentos consolidados dos tribunais6.
Ficam, entretanto, possíveis indagações: em que consiste a jurisprudência dominante? Quantos julgados
são necessários para que determinado entendimento possa ser considerado dominante? Quem poderá definir
qual corrente de entendimento em determinado tribunal configura jurisprudência dominante?
Não há novidade, entretanto, na conclusão quanto à extrema dificuldade em encontrar-se uma definição
precisa do que vem a ser a jurisprudência dominante.
Manteve-se, portanto, um problema que já existia.
Talvez fosse melhor que, em ponto de valorização dos posicionamentos assentados dos tribunais, tivesse
sido utilizada a referência exclusivamente aos precedentes formados no julgamento de casos paradigmáticos
(julgamento de processos repetitivos) e enunciados de súmulas, por ter-se, nesse contexto, maior objetividade
nas definições.

6. A EFICÁCIA VINCULANTE E SUA DISCUTÍVEL CONSTITUCIONALIDADE


Ponto essencial, que irá permear a discussão sobre a validade e alcance das regras relativas à valorização
dos entendimentos firmados nos tribunais diz respeito ao reconhecimento (ou não) do seu caráter vinculante
e à constitucionalidade (ou inconstitucionalidade) dessa diretriz legal7.
O novo CPC não emprega o adjetivo “vinculante” para qualificar todos os entendimentos firmados nos
tribunais sobre questões de direito. A expressão é empregada para qualificar determinados enunciados, ou
seja, as súmulas vinculantes (art. 311, II; art. 927, II; art. 988, III), sem criar, nesse passo, qualquer novidade,
dada a sede constitucional dessas súmulas, e a eficácia imperativa que a norma constitucional lhes atribui (art.
103-A da CF, red. EC 45/2004).
Por outro lado, ao tratar do incidente de assunção de competência, o art. 947,
§ 3º, afirma que o acórdão nele proferido “vinculará todos os juízes e órgãos fracionários, exceto se
houver revisão de tese”.
A inexistência de afirmação literal, entretanto, do caráter vinculante quanto aos demais entendimentos
firmados (referidos no art. 927), não elimina a nítida percepção de que a intenção do legislador é de que
tais posicionamentos dos tribunais tornem-se mesmo impositivos aos demais órgãos a eles hierarquicamente
vinculados, por força da estrutura judiciária nacional.
Ademais, o art. 927, “caput”, afirma que os juízes e tribunais “observarão”, seguindo-se, no dispositivo,
o arrolamento dos entendimentos assentados que devem ser atendidos pelos tribunais e juízos singulares.
O caráter imperativo da redação do referido preceito não deixa espaço para discussão, no sentido de que
não há alternativa, para os juízos e tribunais, quanto a atender ou não o que estiver fixado nos entendimentos
assentados nos órgãos judiciários com posição superior na estrutura judiciária. Trata-se, portanto, de verda-
deiro dever de observância, não mera faculdade, o que, de forma concreta e prática, deve ser compreendido
como vinculação.
Some-se a isso que ao cuidar da reclamação o novo CPC arrola entendimentos assentados cuja
6 Araken de Assis (Manual dos recursos, São Paulo: RT, 2007, p. 275), acentuou a dificuldade de delimitação do conceito, ponderando que “entende-se
por tal a existência de um número variável de precedentes uniformes e reiterados no mesmo sentido. Não é necessário que a tese seja pacífica; obvia-
mente há de ser atual: nenhum sentido presidiria a invocação de tese já vencida no tribunal. É a jurisprudência que poderia se encontrar sumulada,
mas ainda não alcançou semelhante status por falta de amadurecimento e oportunidade”.
7 Nelson Nery Júnior e Rosa Maria de Andrade Nery (Comentários ao Código de Processo Civil. São Paulo: RT, 2015, p. 1837, nota n. 5 ao art. 927 do
CPC/2015), apontam para a inconstitucionalidade, afirmando que “O objetivo almejado pelo CPC/927 necessita ser autorizado pela CF. Como não
houve modificação na CF para propiciar ao Judiciário legislar, como não se obedeceu ao devido processo, não se pode afirmar a legitimidade desse
instituto previsto no texto comentado. (...) Portanto, saber que é necessário alterar-se a Constituição para criar-se decisão vinculante todos sabem.
Optou-se, aqui, pelo caminho mais fácil, mas inconstitucional.”

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