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CAPITOLO IV

LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE

Ora, abbiamo detto che l’imprenditore commerciale è destinatario di una peculiare disciplina dell’attività
che in parte è comune agli altri imprenditori (perché, come sappiamo, tutti gli imprenditori sono soggetti
allo statuto generale dell’imprenditore), in parte è invece specifica per l’imprenditore commerciale (in
quanto l’imprenditore commerciale è soggetto allo statuto speciale dell’imprenditore commerciale). Per
cui, è opportuno analizzare la disciplina che riguarda specificatamente l’imprenditore commerciale, ossia lo
statuto speciale dell’imprenditore commerciale.

LA PUBBLICITA’ LEGALE
La pubblicità delle imprese commerciali:
Il legislatore prevede per le imprese commerciali un sistema di pubblicità legale, nel senso che è previsto
l’obbligo di rendere di pubblico dominio, secondo forme e modalità previste dalla legge, determinati atti o
fatti relativi alla vita dell’impresa. Ciò al fine di permettere ai terzi interessati di venirne a conoscenza (e si
parla in questo caso di pubblicità notizia) e allo stesso tempo per rendere tali atti opponibili a chiunque
indipendentemente dall’effettiva conoscenza (conoscibilità legale).

Ora, il codice civile del 1942 riconosce come strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali non
piccole e delle società il “registro delle imprese”. Tuttavia, nonostante il codice lo prevedesse, tale
strumento è rimasto inoperante per oltre cinquant’anni, in quanto l’entrata in funzione del registro delle
imprese era subordinata all’emanazione del relativo regolamento di attuazione, che si è fatto attendere a
lungo (la situazione si è sbloccata solo nel 1997).

Per tutti i lunghi anni in cui il registro delle imprese è rimasto inoperante, ha trovato attuazione il regime
transitorio previsto dallo stesso codice civile. In particolare, il regime transitorio prevedeva l’iscrizione degli
atti di impresa commerciale nei preesistenti registri di cancelleria, che si trovavano presso il tribunale.
Inoltre, il regime transitorio era caratterizzato dall’esonero temporaneo dall’iscrizione degli imprenditori
commerciali individuali. Di conseguenza, nel periodo in cui era previsto questo regime transitorio, un
sistema di pubblicità legale (sostitutivo del registro delle imprese) operava solo per le società commerciali.

Sempre in attesa del registro delle imprese, la situazione si era ulteriormente complicata per l’introduzione
di nuove ed ulteriori forme di pubblicità per le società di capitali e per le società cooperative. In particolare:

Per le società di capitali nel 1969 fu prevista la pubblicazione del Bollettino ufficiale delle società per
azioni e a responsabilità limitata (il così detto “Busarl”), in aggiunta all’iscrizione nel registro delle imprese.

Per le società cooperative invece, fu introdotta nel 1973 la pubblicazione nel bollettino ufficiale delle
società cooperative (Busc), sempre in aggiunta all’iscrizione nel registro delle imprese.

Oltre a questo, vi erano poi anche delle leggi speciali che prevedevano degli ulteriori adempimenti
pubblicitari, con valore di pubblicità-notizia, come ad esempio l’iscrizione nel registro delle ditte.

Ne risultava perciò un sistema di pubblicità delle imprese particolarmente disorganico e complesso, che da
tempo sollecitava una radicale riforma.

Ci furono al riguardo una serie di tentativi falliti, fino ad arrivare alla legge n. 580/1993, contenente norme
per il riordino delle camere di commercio. L’articolo 8 di tale legge ed il relativo regolamento di attuazione
hanno finalmente istituito il regime delle imprese, che è divenuto pienamente operante agli inizi del 1997,
ponendo così finalmente fine al lungo regime transitorio.
Allo stesso tempo, ha cessato di esistere il Registro delle ditte e, a partire dal 1° Ottobre 1997, sono stati
soppressi anche il Busarl ed il Busc.

Per cui, a partire dal 1997, l’unico strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali è oggi costituito
dal registro delle imprese.

Tuttavia, la nuova disciplina del registro delle imprese ha introdotto alcune novità rispetto al sistema
previsto dal codice del 1942. In particolare:

1. Una prima novità rispetto alla disciplina prevista dal codice del ’42 è che l’attuale registro delle
imprese non è solo uno strumento di pubblicità legale delle imprese commerciali – come previsto
dal codice civile del ’42-. Con la riforma del 1993, il registro delle imprese è diventato anche uno
strumento di informazione sui dati organizzativi di tutte le altre imprese. Infatti, l’iscrizione nel
registro delle imprese è stata estesa agli imprenditori agricoli, ai piccoli imprenditori ed alle società
semplici, seppure inizialmente solo con effetti di mera pubblicità-notizia per tutte e tre le categorie,
ma oggi con effetti di pubblicità legale anche per gli imprenditori agricoli.
2. Altra novità rispetto alla disciplina del codice del ’42 è che la tenuta del registro delle imprese è
affidata alle camere di commercio, con conseguente cessazione dei compiti di pubblicità legale
delle imprese in passato svolti dalle cancellerie dei tribunali;
3. Ancora, altra novità rispetto alla disciplina codicistica è che oggi il registro delle imprese è tenuto
con tecniche informatiche (e non più in forma cartacea), in modo da garantire la tempestività
dell’informazione su tutto il territorio nazionale.

Il registro delle imprese:

A questo punto, dunque, è opportuno capire in che cosa consiste il registro delle imprese e analizzarne la
disciplina. Anzitutto, va detto che il registro delle imprese è istituito in ciascuna provincia presso la camera
di commercio. L’attività dell’ufficio è svolta sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del
tribunale del capoluogo di provincia.

Il registro delle imprese è articolato in una sezione ordinaria ed in varie sezioni speciali. In particolare:

Sezione ordinaria Nella sezione ordinaria del registro delle imprese sono iscritti gli imprenditori (non
agricoli) per i quali l’iscrizione nel registro delle imprese produce gli effetti di pubblicità legale previsti dal
codice civile. In particolare, sono tenuti all’iscrizione nella sezione ordinaria:

- Gli imprenditori individuali commerciali non piccoli;


- Tutte le società tranne la società semplice, anche se non svolgono attività commerciale;
- I consorzi tra imprenditori con attività esterna;
- I gruppi europei di interesse economico con sede in Italia;
- Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale;
- Le società estere che hanno in Italia la sede dell’amministrazione o comunque l’oggetto principale
della loro attività.

Sezioni speciali Ora, abbiamo detto che, oltre alla sezione ordinaria, il registro delle imprese presenta
varie sezioni speciali, il cui numero è andato via via crescendo in base alle previsioni di leggi speciali. In
particolare:

- È presente una sezione speciale degli imprenditori agricoli e dei piccoli imprenditori. In questa
sezione sono iscritti gli imprenditori che secondo il codice civile erano esonerati dall’iscrizione nel
registro delle imprese. Per tali imprenditori, l’obbligo di iscrizione è stata introdotta nel 1993 e
aveva originariamente solo una funzione di pubblicità-notizia, mentre oggi ha a tutti gli effetti
anche funzione di pubblicità legale. In sostanza, dunque, in questa sezione speciale devono
iscriversi gli imprenditori agricoli individuali; i piccoli imprenditori; le società semplici. Nella stessa
sezione speciale sono poi annotati gli imprenditori artigiani, già iscritti nel relativo albo.
- Nel registro delle imprese è poi presente una sezione speciale delle società tra professionisti. In
questa sezione, istituita dal d.lgs. n. 96/2001, si iscrivono le società tra avvocati e le altre società tra
professionisti con efficacia di pubblicità notizia;
- Sezione speciale dei soggetti che esercitano attività di direzione e coordinamento. Questa sezione
speciale del registro delle imprese è dedicata alla pubblicità dei legami societari di gruppo. In
sostanza, in questa sezione vi si indicano le società o gli enti che esercitano attività di direzione e
coordinamento e quelle che vi sono soggette, in aggiunta all’iscrizione nel registro a cui ciascuna di
queste società è autonomamente tenuta;
- Sezione speciale delle imprese sociali;
- Sezione speciale degli atti di società di capitali in lingua straniera. In questa sezione speciale, le
società di capitali possono pubblicare la traduzione di atti per i quali è obbligatoria l’iscrizione o il
deposito. Bisogna precisare che la pubblicazione in lingua straniera è facoltativa e non fa venir
meno l’obbligo di pubblicazione dell’atto in lingua italiana
- Sezione speciale delle start-up innovative e degli incubatori certificata. In questa sezione speciale
si iscrivono le società che rispondono ai requisiti fissati dalla legge n. 179/2012 per la qualifica come
“start-up innovative” o “incubatore certificato”, al fine di accedere alla speciale disciplina di favore
prevista per esse sotto il profilo civile, fiscale e laburistico.

Ora, una volta aver stabilito com’è strutturato il registro delle imprese e quali sono le varie sezioni speciali
in esso contenute, è opportuno capire quali sono gli atti da registrare in esso. Al riguardo, va detto che i
fatti e gli atti da registrare nel registro delle imprese sono specificati da una serie di norme e sono diversi a
seconda della struttura soggettiva dell’impresa. In linea di massima, gli atti da registrare sono comunque
quelli che permettono di individuare l’impresa e l’imprenditore (ad esempio i dati anagrafici
dell’imprenditore, la ditta, l’oggetto dell’attività ecc.), nonché la struttura e l’organizzazione delle società
(come l’atto costitutivo, la nomina e la revoca degli amministratori, dei sindaci, dei liquidatori ecc.).

Inoltre, nel registro delle imprese devono essere registrate tutte le eventuali modifiche di tali atti. Non è
invece consentita l’iscrizione di atti non previsti dalla legge.

Per quanto riguarda, poi, le modalità di iscrizione nel registro delle imprese, va detto che – ai sensi dell’art.
2199 c.c.- le iscrizioni possono essere fatte nel registro presente nella provincia di cui l’impresa ha sede.
Inoltre, l’art. 2250 c.c. sancisce che, per agevolare le ricerche da parte dei terzi, negli atti e nella
corrispondenza deve essere indicato il registro presso il quale l’iscrizione è avvenuta.

L’iscrizione è eseguita su domanda dell’interessato, ma può avvenire anche di ufficio se l’iscrizione è


obbligatoria e l’interessato non vi provvede. Inoltre, d’ufficio può anche essere disposta la cancellazione di
un’iscrizione avvenuta senza che sussistano le condizioni richieste dalla legge.

Infine, d’ufficio può essere disposta anche la cancellazione di un’impresa che ha definitivamente cessato
l’attività e ciò risulti da una serie di circostanze indicate dalla legge, sia pure con elencazione non identica
per gli imprenditori individuali, le società di persone e le società di capitali.

Prima di procedere all’iscrizione, l’ufficio del registro deve controllare che la documentazione sia
formalmente regolare (ossia deve controllare la regolarità formale della documentazione), nonché
l’esistenza e la veridicità dell’atto o del fatto (quindi anche la regolarità sostanziale). L’ufficio non può
invece rilevare eventuali cause di nullità o annullabilità dell’atto.

Inoltre, salvo che per la società per azione, quando l’iscrizione è richiesta sulla base di un atto pubblico o di
una scrittura privata autenticata, l’accertamento delle relative condizioni richieste dalla legge rientra
nell’esclusiva responsabilità del pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l’atto. Perciò, il
conservatore del registro deve procedere all’iscrizione immediata.

Per quanto riguarda le modalità con cui viene eseguita l’iscrizione, va detto che essa è eseguita mediante
l’inserimento dei dati nella memoria dell’elaboratore elettronico e i dati sono messi a disposizione del
pubblico sui terminali per la visione diretta. Ciascun ufficio rilascia, anche per corrispondenza e con
tecniche telematiche, certificati e copie di atti tratti dai propri archivi informatici.

Le imprese sono obbligate alla registrazione nel relativo registro, per cui l’eventuale inosservanza
dell’obbligo di registrazione è punita con sanzioni pecuniarie amministrative, ma non è più motivo si
esclusione dal benefizio del concordato preventivo.

Per quanto riguarda gli effetti dell’iscrizione, va detto che al riguardo è necessario distinguere fra l’iscrizione
nella sezione ordinaria e quella nella sezione speciale. In particolare:

L’iscrizione nella sezione ordinaria ha funzione di pubblicità legale, nel senso che serve non solo a
rendere conoscibili i dati pubblicati, ma ha anche – a seconda dei casi- efficacia dichiarativa, costitutiva o
normativa. Di regola, l’iscrizione nella sezione ordinaria ha efficacia semplicemente dichiarativa, nel senso
che rileva solo sul piano della conoscenza e dell’opponibilità dell’atto o del fatto. In altri termini, i fatti e gli
atti soggetti ad iscrizione ed iscritti sono opponibili a chiunque e lo sono dal momento stesso della loro
registrazione – hanno, cioè, un’efficacia positiva immediata-. Dal momento in cui avviene la registrazione,
quindi, i terzi non potranno eccepire l’ignoranza del fatto o dell’atto iscritto e qualsiasi prova daranno al
riguardo, sarà inutilmente data (ciò è quanto disposto dall’art. 2193, II comma).

Un parziale temperamento a questa regola dell’efficacia positiva immediata, è previsto per le società di
capitali. Infatti, per esse l’opponibilità diventa piena solo dopo quindici giorni dall’iscrizione nel registro
delle imprese e durante tale periodo i terzi sono ammessi a provare di essere stati nell’impossibilità di aver
conoscenza dell’atto iscritto.

Nel caso in cui venga omessa l’iscrizione, ovviamente, impedisce che il fatto possa essere opposto ai terzi (e
quindi ha un’efficacia negativa). Tuttavia, l’imprenditore che ha omesso la registrazione non è senza difesa,
in quanto gli è consentito di provare che, nonostante l’omessa registrazione, i terzi hanno ugualmente
avuto conoscenza effettiva del fatto o dell’atto (ad esempio, perché è stato direttamente comunicato loro
tramite una lettera).

In alcune ipotesi, tassativamente previste, l’iscrizione produce degli effetti ulteriori e più rilevanti. In
particolare, in alcuni casi tassativamente previsti, l’iscrizione è presupposto perché l’atto sia produttivo di
effetti, sia tra le parti che per i terzi (e in questo caso si parla di efficacia costitutiva totale). In altri casi,
invece, l’iscrizione è presupposto perché l’atto sia produttivo di effetti solo nei confronti dei terzi (e in
questo caso si parla di efficacia costitutiva parziale).

In particolare, ha efficacia costitutiva totale (quindi al fine di produrre effetti sia tra le parti che nei confronti
dei terzi) la registrazione delle società di capitali e delle società cooperative. Per cui, prima della
registrazione, la società per azioni non esiste giuridicamente come tale né per gli aspiranti soci e né per i
terzi. E lo stesso vale per le altre società di capitali e le cooperative.

Ha invece efficacia parziale (quindi solo ai fini degli effetti nei confronti di terzi) la registrazione della
deliberazione di riduzione reale del capitale sociale di una società in nome collettivo. L’omissione della
registrazione impedisce il decorso del termine di tre mesi entro il quale i creditori possono proporre
opposizione e perciò la riduzione del capitale, anche se attuata, è per loro improduttiva di effetti.

In altri casi, infine, l’iscrizione è presupposto per la piena applicazione di un determinato regime giuridico. È
questo il caso della società in nome collettivo e della società in accomandita semplice. Tali società, infatti,
vengono in esistenza anche se non registrate (quindi per esse la registrazione non ha efficacia costitutiva),
ma la mancata registrazione impedisce che operi il regime di autonomia patrimoniale proprio di tali società
e comporta l’applicazione del regime dettato per le società semplici (che è più gravoso per i soci). La società
in tal caso si definisce irregolare.

L’iscrizione nella sezione speciale Ora, abbiamo detto che l’iscrizione produce effetti differenti a seconda
che si tratti dell’iscrizione nella sezione ordinaria oppure nelle sezioni speciali. In particolare, l’iscrizione
nella sezione speciale del registro delle imprese non produce tutti quegli effetti tipici che produce
l’iscrizione nella sezione ordinaria (ossia sia effetto di pubblicità-notizia che efficacia legale). Infatti, di
regola, l’iscrizione nella sezione speciale ha sol una funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità
notizia. In altri termini, l’iscrizione nella sezione speciale consente di prendere conoscenza dell’atto o del
fatto iscritto, ma non lo rende di per sé opponibile ai terzi dovendosi a tal dine sempre provare l’effettiva
conoscenza da parte degli stessi.

Ora, va detto che nel 2001 è venuta meno la netta distinzione fra sezione ordinaria e sezione speciale
introdotta dalla riforma del 1993 (e ciò ha fatto sì che si ritornasse in una situazione di disordine). Infatti,
con il d. lgs. n. 228/2001 è stato stabilito che per gli imprenditori agricoli anche piccoli e per le società
semplici esercenti attività agricola, l’iscrizione nella sezione speciale ha anche efficacia di pubblicità legale
(di conseguenza, viene meno la differenza con la sezione ordinaria, dal momento che la funzione di
pubblicità legale è tipica della sezione ordinaria). In questo modo, tra l’altro, viene cancellata sotto il profilo
della registrazione anche la diversità di disciplina tra l’imprenditore agricolo (anche piccolo) e
l’imprenditore commerciale.

LE SCRITTURE CONTABILI
L’obbligo di tenuta delle scritture contabili:
Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o
monetari, dei singoli atti di impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato
economico dell’attività svolta.

Ora, in linea di massima le scritture contabili sono spontaneamente tenute da qualsiasi imprenditore, dal
momento che esse contribuiscono a rendere razionale ed efficiente l’organizzazione e la gestione
dell’impresa.

Tuttavia, la tenuta delle scritture contabili è anche un obbligo per tutti gli imprenditori che esercitano
attività commerciale, fatta eccezione per i piccoli imprenditori (ciò è quanto disposto dall’art. 2214 c.c.).

Inoltre, le società commerciali (tutte tranne la società semplice) sono obbligate alla tenuta delle scritture
contabili anche se non esercitano attività commerciale.

Oltre che dal codice civile, le scritture contabili sono disciplinate anche dalla legislazione tributaria secondo
criteri che solo in parte coincidono con quelli fissati dal codice civile, sia per quanto riguarda i soggetti
obbligati alla tenuta delle scritture contabili, sia per quanto riguarda le scritture contabili obbligatorie (ad
esempio, nella legislazione tributaria l’obbligo di tenuta delle scritture contabili è esteso anche a soggetti
che non sono imprenditori, come i liberi professionisti).

Le scritture contabili obbligatorie:

Ora, a questo punto è opportuno chiarire quali sono le scritture contabili obbligatorie previste dal nostro
codice civile. Al riguardo, va detto che il problema più delicato che il legislatore ha dovuto risolvere nel
disciplinare le scritture contabili è stato proprio quello di fissare quali scritture debbano essere
obbligatoriamente tenute. Il problema principale è dato dal fatto che le scritture necessarie per un’ordinata
contabilità variano a seconda del tipo di attività svolta, delle dimensioni e dell’articolazione territoriale
dell’impresa, per cui è impossibile optare per una disciplina univoca. Proprio partendo da questa
consapevolezza, il legislatore ha optato per una soluzione di tipo misto, fissata dall’art. 2214 c.c.

Ora, questo articolo 2214 è rubricato “libri obbligatori e altre scritture contabili” e sancisce che:
“l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari.
Deve altresì tenere le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e
conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture
ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. Le disposizioni di questo
paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori”.

In sostanza, dunque, tale articolo detta anzitutto la disciplina di carattere generale, in base alla quale
l’imprenditore deve tenere le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni
dell’impresa.

Allo stesso tempo, però, la norma sancisce che in ogni caso devono essere tenuti il libro giornale ed il libro
degli inventari (che sono dei libri contabili). Per cui, si pone l’esigenza di capire che cos’è il libro giornale e
cos’è il libro degli inventari (che sono, appunto, le scritture contabili obbligatorie che devono essere tenute
a prescindere dalla dimensione e dalla natura dell’impresa). In particolare:

Il libro giornale è un registro cronologico-analitico in cui vengono annotate giorno per giorno le
operazioni relative all’esercizio dell’impresa (ciò è quanto stabilito dall’art. 2216 c.c). Ora, il contenuto di
questa norma deve essere interpretato in senso elastico, nel senso che è sufficiente che le operazioni siano
registrate nell’ordine in cui sono compiute e non necessariamente il giorno stesso del loro compimento.
Inoltre, non è necessario registrare separatamente ciascuna operazione, ovviamente sempre che le singole
registrazioni riguardino operazioni omogenee compiute nella stessa giornata (ad esempio, si può registrare
l’importo complessivo delle merci vendute in un dato giorno).

Infine, va detto che il libro giornale può anche essere articolato in libri parziali in relazione alle articolazioni
dell’impresa.

Il libro degli inventari è l’altro libro contabile che tutte le imprese devono avere. In particolare, il libro
degli inventari è un registro periodico-sistematico che deve essere redatto all’inizio dell’impresa e
successivamente ogni anno. L’inventario ha la funzione di fornire il quadro della situazione patrimoniale
dell’imprenditore. Per cui – ai sensi dell’art. 2217 c.c.- deve contenere l’indicazione e la valutazione delle
attività e delle passività dell’imprenditore, anche estranee all’impresa.

L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, ossia con il bilancio
comprensivo dello stato patrimoniale e del contro economico. In altri termini, il bilancio è un prospetto
contabile riassuntivo dal quale devono risultare con evidenza e verità la situazione complessiva del
patrimonio (ossia lo stato patrimoniale) alla fine di ogni anno, nonché gli utili conseguiti o le perdite
sofferte nel medesimo arco di tempo.

L’art. 2217, comma 2, rinvia, per la disciplina analitica della redazione del bilancio, agli artt. 2423-2435 bis)
in tema di società per azioni. Per cui, tutti gli imprenditori devono osservare – in quanto compatibili- le
disposizioni che disciplinano il bilancio della società per azioni.

Ora, bisogna precisare che la norma generale in tema di tenuta delle scritture contabili (ossia l’art. 2214) fa
riferimento alle scritture contabili obbligatorie che tutte le imprese devono tenere, a prescindere dalla
natura e dalle dimensioni dell’impresa (ossia il libro giornale ed il libro degli inventari). Allo stesso tempo,
però, la norma impone la tenuta di tutte le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni
dell’impresa (ad esempio il libro mastro, nel quale le singole operazioni sono registrate non
cronologicamente ma sistematicamente; libro cassa, che contiene le entrate e le uscite di denaro; libro
magazzino, che registra le entrante e le uscite di merci).

Inoltre, l’imprenditore dovrà tenere anche i libri e le scritture contabili previsti dalla legislazione tributaria e
lavoristica.

Regolarità delle scritture contabili. Efficacia probatoria:

Per garantire la veridicità delle scritture contabili e soprattutto per impedire che le stesse siano
successivamente alterate, è imposta l’osservanza di alcune regole formali e sostanziali nella loro tenuta. Per
la verità, va detto che le regole formali sono state progressivamente ridotte, anche per agevolare la tenuta
della contabilità con procedure informatiche.

Secondo le regole attuali, il libro giornale ed il libro degli inventari devono essere solo numerati
progressivamente pagina per pagina prima di essere messi in uso. Sono invece state soppresse la
vidimazione annuale e l’obbligo della bollatura, foglio per foglio, da parte dell’ufficio del registro delle
imprese o di un notaio.

Inoltre, secondo l’art. 2219 c.c., tutte le scritture contabili devono essere tenute secondo le norme di
ordinata contabilità e, in particolare, senza spazi in bianco, senza interlinee, senza abrasioni ed in modo che
le parole cancellate restino leggibili.

L’inosservanza di tali regole formali rende le scritture contabili irregolari e quindi giuridicamente irrilevanti.
Le scritture contabili e la corrispondenza commerciale devono essere conservate per dieci anni, e la
conservazione può avvenire anche con sistemi informatici.

L’art. 2720 c.c. dispone che l’imprenditore che non tiene regolarmente le scritture contabili non può
utilizzarle come mezzo di prova a suo favore. Inoltre, è assoggettato alle sanzioni penali per i reati di
bancarotta semplice o fraudolenta in caso di fallimento.

In ogni caso, comunque, a prescindere che le scritture contabili siano o meno tenute regolarmente,
possono sempre essere utilizzate dai terzi come mezzo processuale di prova contro l’imprenditore che le
tiene. Il terzo che vuole trarre vantaggio dalle scritture contabili di un imprenditore non può però scinderne
il contenuto, nel senso che non si può avvalere solo della parte a lui favorevole.

Inoltre, l’imprenditore potrà dimostrare con qualsiasi mezzo che le proprie scritture non rispondono a
verità.

Più rigorose sono invece le condizioni previste affinché l’imprenditore possa utilizzare le proprie scritture
contabili come mezzo processuale di prova contro i terzi. In particolare, a tal fine è necessario che ricorrano
tre condizioni:

- Anzitutto, affinché l’imprenditore possa utilizzare le proprie scritture contabili come mezzo
processuale di prova contro terzi è necessario che si tratti di scritture contabili regolarmente
tenute.
- Inoltre – per garantire la parità di trattamento- è ulteriormente necessario che la controparte sia a
sua volta un imprenditore (obbligato alla tenuta delle scritture contabili);
- Ed inoltre è necessario che la controversia sia relativa a rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa.

In ogni caso, comunque, è rimesso all’apprezzamento del giudice riconoscere valore probatorio alle
scritture contabili.
LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
Ausiliari dell’imprenditore commerciale e rappresentanza:
Nello svolgimento della propria attività l’imprenditore può avvalersi – e di regola si avvale- della
collaborazione di altri soggetti. In particolare, si può trattare sia di soggetti stabilmente inseriti nella propria
organizzazione aziendale per effetto di un rapporto di lavoro subordinato che li lega all’imprenditore (si
parla in questo caso di ausiliari interni o subordinati) e sia di soggetti esterni all’organizzazione
imprenditoriale, che collaborano con l’imprenditore in modo occasionale o stabile, sulla base di rapporti
contrattuali di varia natura quali il mandato, la commissione, la spedizione, l’agenzia, la mediazione (in
questo caso si parla di ausiliari esterni o autonomi).

In entrambi i casi (ossia sia che si tratti di collaboratori interni che esterni), la collaborazione può riguardare
anche la conclusione di affari con terzi in nome e per conto dell’imprenditore, e questo significa che il
collaboratore può agire in rappresentanza dell’imprenditore.

Ora, il fenomeno della rappresentanza è regolato in via generale dagli artt. 1387 ss c.c. E’ però regolato da
norme speciali quando si tratta di atti inerenti all’esercizio dell’impresa commerciale posti in essere da
alcune figure tipiche di ausiliari interni – institori, procuratori e commessi- che, per la posizione loro
assegnata nell’impresa, sono destinati ad entrare stabilmente in contatto con i terzi ed a concludere affari
per l’imprenditore.

In particolare, in questi casi si fa riferimento ad uno speciale sistema di rappresentanza, prevista dagli artt.
2203-2213 c.c.

Ora, questo speciale sistema di rappresentanza prevede che, per la posizione rivestita nell’organizzazione
aziendale, institori, procuratori e commessi sono automaticamente investiti del potere di rappresentanza
dell’imprenditore e di un potere di rappresentanza ex lege commisurato al tipo di mansioni che la qualifica
comporta. In sostanza, dunque, il potere di institori, procuratori e commessi di vincolare direttamente
l’imprenditore, non si fonda sulla presenza e sulla validità di una procura, ma bensì costituisce effetto
naturale di quella determinata collocazione nell’impresa ad opera dell’imprenditore.

Questi principi sono comuni a tutte e tre le figure di ausiliari interni, che si differenziano però tra loro per la
diversa posizione occupata nell’impresa e quindi per la diversa ampiezza del rispettivo potere
rappresentativo.

Si pone dunque l’esigenza di analizzare le diverse figure di collaboratori interni dell’imprenditore (ossia
institori, procuratori e commessi), al fine di comprendere la posizione occupata da ciascuno di essi
nell’impresa e il relativo potere rappresentativo.

L’institore:

La principale figura di collaboratore dell’imprenditore è quella dell’institore, disciplinata dall’art. 2203 c.c.
In particolare, ai sensi di tale articolo, è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa o
di una sede secondaria o di un ramo particolare della stessa. In altri termini, l’institore è il direttore
generale dell’impresa o di una filiale o di un settore produttivo.

Generalmente, l’institore è un lavoratore subordinato con la qualifica di dirigente, posto a vertice della
gerarchia del personale. Più precisamente, l’institore può essere al vertice della gerarchia del personale in
maniera assoluta (e in questo caso dipenderà solo dall’imprenditore, solo da lui riceverà ordini e solo a lui
dovrà rendere il conto del suo operato) oppure in maniera relativa (nell’ipotesi in cui sia preposto ad una
filiale o ad un ramo dell’impresa ed in tal caso potrà eventualmente trovarsi in posizione subordinata anche
rispetto ad un altro institore- ad esempio il direttore generale dell’intera impresa-).
Inoltre, è possibile che più institori siano contemporaneamente preposti all’esercizio dell’impresa ed in tal
caso agiranno disgiuntamente se nella procura non è diversamente previsto.

Ora, il fatto che l’imprenditore investa l’institore di un potere di gestione generale comporta una serie di
obblighi a suo carico. Anzitutto, l’institore è tenuto, congiuntamente con l’imprenditore, all’adempimento
degli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili dell’impresa o della
sede cui è preposto.

Inoltre, in caso di fallimento dell’imprenditore, troveranno applicazione anche nei confronti dell’institore le
sanzioni penali a carico del fallito – fermo restando che solo l’imprenditore potrà essere dichiarato fallito e
solo l’imprenditore sarà esposto agli effetti personali e patrimoniali del fallimento-.

Oltre al potere di gestione, all’institore spetta anche un ampio e generale potere di rappresentanza, sia
sostanziale che processuale (ciò è quanto sancito dall’art. 2204 c.c.). In particolare:

Rappresentanza sostanziale Il fatto che all’institore spetta un potere di rappresentanza sostanziale,


comporta che anche in mancanza di espressa procura, egli può compiere a norma dell’imprenditore tutti gli
atti pertinenti all’esercizio dell’impresa o della sede o del ramo cui è preposto. L’institore non può invece
compiere atti che esulano dall’esercizio (inteso nel senso di gestione) dell’impresa quali, ad esempio, la
vendita o l’affitto dell’azienda, il cambiamento dell’oggetto dell’attività.

Inoltre, gli è espressamente vietato di alienare o ipotecare i beni immobili del preponente, se non è stato a
ciò specificatamente autorizzato.

Rappresentanza processuale L’institore gode poi di poteri di rappresentanza processuale, in virtù dei
quali egli può stare in giudizio sia come attore (ed in questo caso si parla di rappresentanza processuale
attiva), sia come convenuto (ed in questo caso si parla di rappresentanza processuale passiva) per le
obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto.

Quindi, bisogna sottolineare che l’institore gode di poteri di rappresentanza processuale non solo per gli atti
da lui stesso compiuti, ma anche per quelli posti in essere direttamente dall’imprenditore.

Ora, questi poteri di rappresentanza previsti dalla legge per l’institore, possono essere ampliati o limitati
dall’imprenditore, sia all’atto della preposizione sia in un momento successivo. Eventuali limitazioni del
potere di rappresentanza, però, saranno opponibili ai terzi solo se la procura originaria o il successivo atto
di limitazione siano pubblicati nel registro delle imprese (ciò è quanto stabilito dall’art. 2206), salvala prova
da parte dell’imprenditore che i terzi effettivamente conoscevano l’esistenza di limitazioni al momento
della conclusione dell’affare. Stessi principi valgono per la revoca della procura, nel senso che la revoca è
opponibile ai terzi solo se pubblicata o se l’imprenditore prova la loro effettiva conoscenza.

Ora, il presupposto che bisogna sempre tenere presente è che l’institore è un rappresentante
dell’imprenditore. Di conseguenza – al parti di ogni rappresentante-, l’institore deve rendere palese al terzo
con cui contratta la sua veste, affinché l’atto compiuto e i relativi effetti ricadano direttamente sul
rappresentato (in altri termini, l’institore deve rendere noto al terzo con cui contratto di essere l’institore di
un dato imprenditore). Perciò, l’institore è personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che
egli tratta per il preponente.

Ai fini della tutela del terzo, è poi importante la disposizione prevista dall’art. 2208 c.c. In particolare, tale
norma prevede che personalmente obbligato è anche il preponente (ossia l’imprenditore), quando gli atti
compiuti dall’institore siano pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto. In questo modo, in
sostanza, si evita che sul terzo ricada il rischio di comportamenti dell’institore che possano generare
incertezza circa il reale dominus dell’affare. Infatti, se l’atto è pertinente all’esercizio dell’impresa (e quindi
il terzo è indotto a pensare che l’institore tratti in tale veste), ma nel contempo le modalità di conclusione
dell’affare sono tali da rendere incerto se l’institore abbia operato per sé o per l’imprenditore, il legislatore
vieta ogni possibilità di contestazione a danno del terzo. Nei confronti del terzo, infatti, risponderanno
solidalmente sia l’institore che il proponente. Spetterà poi a loro stabilire su chi debba realmente ricadere il
pesi del debito ed il regolamento dei reciproci rapporti.

I procuratori:

Tra i collaboratori dell’imprenditore vi sono poi i procuratori. In particolare, ai sensi dell’art. 2209 c.c., i
procuratori sono coloro che in base ad un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per
l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso.

In sostanza, dunque, i procuratori sono degli ausiliari di grado inferiore rispetto all’institore. In particolare, a
differenza dell’institore, i procuratori:

- Non sono posti a capo dell’impresa o di un ramo o di una sede secondaria;


- Inoltre, pur essendo degli ausiliari con funzioni direttive, il loro potere decisionale è circoscritto ad
un determinato settore operativo dell’impresa. Ad esempio, sono procuratori il direttore del
settore acquisti, il dirigente del personale o il direttore del settore pubblicità.

Ora, per quanto riguarda quelli che sono i poteri spettanti ai procuratori, va detto che in mancanza di
specifiche limitazioni iscritte nel registro delle imprese, i procuratori sono ex lege investiti di autonomo
potere decisionale. Ad esempio, il dirigente del settore acquisti potrà compiere in nome dell’imprenditore
tutti gli atti che tipicamente rientrano in tale funzione, ma non ha né potere decisionale né potere di
rappresentanza per quanto riguarda il settore pubblicità o il settore del personale.

Inoltre, a differenza dell’institore il procuratore non gode di rappresentanza processuale dell’imprenditore,


neppure per gli atti da lui posti in essere; e non è soggetto agli obblighi di iscrizione nel registro delle
imprese e di tenuta delle scritture contabili.

I commessi:

Infine, tra i collaboratori dell’imprenditore rientrano i commessi. In particolare, i commessi sono ausiliari
subordinati cui sono affidate mansioni esecutive o materiali che li pongono in contatto con i terzi. Ad
esempio pensiamo al commesso di un negozio, al commesso viaggiatore, all’impiegato di banca addetto agli
sportelli.

In virtù della loro posizione, ai commessi è riconosciuto il potere di rappresentanza dell’imprenditore anche
in mancanza di uno specifico atto di conferimento. Si tratta, però, di un potere di rappresentanza più
limitato rispetto a quello che spetta agli institori o ai procuratori. Infatti, il principio base – enunciato
dall’art. 2210, II comma-, è che i commessi possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la
specie di operazioni di cui sono incaricati.

In particolare, quindi, i commessi:

- Non possono esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, né concedere
dilazioni o sconti che non siano d’uso;
- Inoltre, se preposti alla vendita nei locali dell’impresa, non possono esigere il prezzo fuori dei locali
stessi, né possono esigerlo all’interno dell’impresa se alla riscossione è destinata un’apposita cassa.

Anche per quanto riguarda i commessi, va detto che l’imprenditore può ampliare o limitare tali poteri.
Tuttavia, a differenza di quanto accade per l’institore, non è previsto un sistema di pubblicità legale e perciò
le limitazioni saranno opponibili ai terzi solo se portate a conoscenza degli stessi con mezzi idonei (ad
esempio, tramite avvisi affidi nei locali di vendita), o se si prova l’effettiva conoscenza.

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