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Sigmund Freud è il padre della psicoanalisi. Come è stato osservato dagli studiosi, la psicoanalisi rappresenta la terza grande
rivoluzione della storia occidentale, dopo la rivoluzione copernicana e quella darwiniana. La psicoanalisi nasce in un rapporto di
continuità e discontinuità rispetto alla psichiatria dell'epoca. Nel clima positivistico e materialistico di fine Ottocento, anche la
psichiatria, come il resto della ricerca scientifica, cercava di spiegare la sofferenza mentale come conseguenza di lesioni cerebrali. Se
esiste un disturbo, deve esserci una corrispondente patologia organica che ne costituisce la causa. Come vedremo, è proprio questa
credenza che la psicoanalisi porta ad abbandonare definitivamente.
Il massimo esperto d’isteria era il medico Chercot dal quale apprese la pratica dell’ipnosi, pratica che in realtà era già utilizzata dal
medico Breuer per studiare l’isteria.
Uno dei casi riguardanti l’isteria più importanti trattati da Freud (e Breuer) è quello di Anna O. Anna O. è una giovane donna
affascinante e intelligente, affetta da una strana forma di isteria con i seguenti gravi sintomi: paralisi motorie, tosse nervosa, turbe
dell'udito e della vista, anoressia, afasia e paura del bere (idrofobia). Breuer aveva scoperto, sottoponendo la paziente a ipnosi - una
pratica che induce nel soggetto uno stato psicofisico simile al sonno, diminuendo la capacità critica e aumentando la
suggestionabilità- che quando era bambina aveva visto bere in un bicchiere il cane della sua governante (verso la quale nutriva
sentimenti di odio), provando grande ripugnanza.
L'episodio era stato dimenticato, ma Anna O. aveva sviluppato sintomi di idrofobia grave, che soltanto attraverso l'ipnosi, e quindi
attraverso la rievocazione del fatto, era riuscita a superare. Si trattava di un metodo che, proprio perché consentiva una liberazione
(una "catarsi"') delle energie psichiche rimaste bloccate, fu definito "catartico".
In questa fase "sperimentale", caratterizzata dal trattamento con l'ipnosi dei casi di isteria, che Freud può constatare la connessione
tra i sintomi del paziente e determinati fatti, dimenticati, della sua vita passata: questa scoperta lo condurrà all'intuizione del
concetto dell'inconscio.
A questo punto si tratta di comprendere il motivo dell'oblio. Vengono formulate a tal proposito due ipotesi:
-la prima, preferita da Breuer, è che gli eventi dimenticati dal paziente siano fatti vissuti in un particolare stato "ipnoide", cioè uno
stato al limite della coscienza, dovuto a "scosse" emotive o ad esaurimento nervoso;
-la seconda ipotesi, verso cui Freud comincia da subito a propendere, è invece che l'oblio subentri per la particolare natura
spiacevole dell'avvenimento stesso, che susciterebbe una reazione di difesa da parte della persona interessata, portandola a
eliminare dalla coscienza, in modo inconsapevole, un ricordo per lei inaccettabile.
A partire da queste considerazioni, Freud estende l'ipotesi dell'«oblio da difesa» ad altre patologie nervose ed evidenzia
l'applicabilità del metodo catartico a casi più complessi rispetto a quelli isterici, ad esempio alle nevrosi ossessive.
Freud trae dallo studio dell'isteria e dei casi di nevrosi il riconoscimento che esistono processi psichici non consapevoli:
-basti pensare, ad esempio, alla tesi secondo cui i fatti traumatici vengono dimenticati, ma continuano ad agire nella psiche
-teoria della rimozione, in base alla quale vi sono eventi, pulsioni o tendenze che la persona, attivando una sorta di reazione di difesa
inconsapevole, desidera cancellare.
-AUTOANALISI E IL SOGNO
Freud si sottopose a quattro anni di autoanalisi, in questo periodo egli individua come via privilegiata per attingere ai contenuti
inconsapevoli il sogno. Per gli antichi i sogni erano presagi del futuro. Per Freud i sogni sono sintomi di qualcosa, ma non
riguardano il futuro, bensì il passato. Secondo il padre della psicoanalisi, il sogno è l'espressione di un desiderio; potremmo dire che,
se un bambino sogna Babbo Natale, desidera avere dei giocattoli. Il problema è che non sempre i sogni si prestano a
un'interpretazione così semplice; anzi, spesso sono camuffati e per interpretarli bisogna attingere a tecniche specifiche.
Freud scopre l'esistenza di due livelli di significato nel sogno: il primo, più appariscente e immediato, è costituito dalla
scena onirica cosi come è esposta e vissuta, ed è definito «contenuto manifesto»; il secondo, il lato nascosto, si identifica con
l'insieme di tendenze, idee e desideri inconsci che, in forma "travestita"', si esprimono attraverso la scena onirica, ed è definito
«contenuto latente». il sogno è il risultato di un compromesso tra queste due forze. La difficoltà insita nell'interpretazione dei sogni
risiede proprio nel fatto che per accedere al contenuto latente bisogna superare le barriere e le difese che la psiche mette in atto;
motivo per cui è necessaria la figura dell'analista, che coopera con il paziente al raggiungimento di tale obiettivo.
Nei sogni i desideri non vengono espressi direttamente, ma in una forma allusiva e simbolica, questi sono sottoposti a un trattamento
deformante che Freud definisce «lavoro onirico».
Come i sogni, anche i lapsus e le altre disattenzioni quotidiane devono dunque essere intesi come le spie di un'energia psichica
nascosta alla nostra coscienza, bisogna dunque capirne le cause e aprire la via che conduce all'inconscio, alla zona d'ombra dei
desideri rimossi, ma non cancellati.
Dunque afferma Freud che l'individuo si dice normale quando riesce a comporre le spinte contraddittorie presenti in lui. Quando
le pulsioni dell'Es sono troppo forti e il Super-Io troppo debole, può accadere che l'equilibrio non si raggiunga e l'individuo sviluppi
comportamenti condannati dalla società come immorali. Può avvenire, al contrario, che il Super-Io, preponderante, rimuova il
desiderio e che le richieste dell'Es siano confinate nell' inconscio, da dove riemergono generando i sintomi nevrotici.
-METODO DELLE LIBERE ASSOCIAZIONI
Uno dei procedimenti fondamentali utilizzati da Freud per decifrare e interpretare il linguaggio dell'inconscio, dopo l'abbandono
della tecnica dell'ipnosi, è quello delle libere associazioni. Il presupposto di tale metodo è il seguente: il paziente è esortato a
raccontare tutto quello che gli viene in mente, il soggetto deve lasciar scorrere le immagini, abbandonarsi alle libere associazioni
mentali che affiorano alla coscienza, riferendone i particolari con la massima sincerità, senza operare alcuna selezione o scelta
motivata. Grazie a tale metodo è possibile non tanto eliminare le difese dell'lo di fronte all'insorgere delle pulsioni dell'Es, quanto
eluderle, aggirarle, in modo da avere accesso alle regioni nascoste dell'inconscio.
La difficoltà principale che emerge nella terapia analitica consiste secondo Freud nel fatto che quelle stesse forze che hanno
determinato la rimozione dei ricordi spiacevoli in qualche luogo oscuro della psiche, sono anche causa di una profonda
"resistenza" esercitata dal paziente nei confronti della cura. Si tratta non tanto di un'opposizione consapevole, quanto piuttosto di un
inconsapevole desiderio di conservare nell'oblio, e quindi in un luogo "sicuro", quelle rappresentazioni potenzialmente pericolose.
Obiettivo del terapeuta deve essere allora quello di forzare tale resistenza, riuscendo a far emergere i materiali rimossi e a liberare le
energie represse, causa della nevrosi.
-IL TRANSFERT
Nel momento in cui il paziente inizia la terapia,si stabilisce un patto tra il medico e il paziente: quest'ultimo parlerà con la massima
sincerità, il primo ascolterà e manterrà il massimo riserbo. L'obiettivo è quello di vincere la rimozione e di far emergere gli elementi
inconsapevoli all'origine della patologia. A questo scopo concorre la positiva interazione che si instaura tra i due soggetti, che
Freud definisce transfert o «traslazione affettiva»: essa è dovuta al fatto che il nevrotico, sempre carente a livello affettivo, dopo le
prime sedute acquista fiducia nel proprio medico, sviluppando sentimenti di amore nei suoi confronti; un trasporto emotivo che in
qualche modo riproduce e ripropone quello provato, nell'infanzia, per le figure genitoriali. Tale circostanza risulta favorevole al buon
esito dell'analisi, perché il soggetto "innamorato" cerca in ogni modo di compiacere il terapeuta, rientra nella professionalità dello
psicoanalista non farsi coinvolgere personalmente dai sentimenti del malato, ma utilizzarli al fine di risolvere il suo conflitto
interiore.
Freud non condivide la tesi della psicologia tradizionale, che identificava l'oggetto della sessualità con l'individuo di sesso opposto e il
suo fine con la riproduzione. Freud concepisce l’istinto sessuale come una forza indipendente da un oggetto e da una finalità.
In relazione alla pulsione sessuale Freud parla di libido, intendendo con questo termine un'energia specifica che può subire variazioni
nei diversi momenti dello sviluppo, che può indirizzarsi a oggetti o a finalità molteplici e differenti, che, insomma, possiede il
carattere della plasticità e del polimorfismo (assume forme differenti a seconda delle situazioni).
La visione dinamica dell'istinto sessuale come «energia in sviluppo» e l'allargamento del concetto di sessualità, genericamente intesa
come ricerca di piacere e appagamento, consentono di gettare una nuova luce sul periodo dell'infanzia e di comprendere un
aspetto in precedenza mai esplorato dalla psicologia: la sessualità dei bambini. Freud ritiene infatti che anche nell'infanzia siano
attive le pulsioni sessuali : il bambino è un essere che vive una complessa vita sessuale, la quale si esprime in gesti semplici e istintivi.
Freud definisce provocatoriamente il bambino come un essere «perverso polimorfo». E "perverso", poiché la sua pulsione sessuale
non tende alla procreazione e neppure al soddistacimento della genitalità. Il neonato, infatti, prova piacere nella suzione della
mammella e nel contatto con il calore del corpo materno: di qui la sua "perversione". "Polimorfismo", invece, si riferisce al fatto che il
bambino, nei primi anni di vita, prova piacere attraverso varie parti del corpo, che caratterizzano le diverse tappe del
suo sviluppo psicosessuale. Queste sono sostanzialmente tre:
- la fase orale;
-la fase anale;
- la fase genitale.
Nella fase orale il piacere è rappresentato dalla suzione e la zona erogena si identifica con la bocca; in quella anale, che va da uno a tre
anni circa, la zona erogena è costituita dall'ano, con le connesse funzioni corporali; nella fase genitale, che inizia all'incirca alla fine
del terzo anno, la zona erogena è rappresentata dagli organi sessuali; essa si distingue ulteriormente in una fase fallica e in una
genitale in senso stretto. Nella fase fallica il bambino diviene consapevole del possesso del pene mentre là bambina scopre di non
averlo (prova «invidia» per il maschietto) e ne vive la mancanza come una colpa. Dopo la fase fallica segue un periodo di latenza - che
va dai cinque-sei anni fino alla pubertà -, in cui si assiste a un'interruzione o inibizione della sessualità. Con la pubertà la sessualità
ritorna a esplodere, nelle forme che anche la letteratura descrive come una "tempesta dei sensi", e si consolida de-
finitivamente il primato erogeno della sfera genitale.
All'analisi delle tre zone erogene che caratterizzano lo sviluppo della sessualità infantile è connessa una delle più note teorie della
psicoanalisi: quella relativa al complesso di Edipo (si ispira alla celebre tragedia Edipo Re di Sofocle, autore vissuto nel V secolo a.C.,
il quale aveva narrato le sventure dell'eroe greco a cui il destino aveva riservato la triste sorte di sposare la madre e uccidere il padre).
Con questa espressione Freud indica l'insieme dei sentimenti che caratterizzano il rapporto del bambino con i genitori, e che si
manifestano fra i tre e i cinque anni(fase fallica). Tale complesso è caratterizzato dall'attaccamento erotico del maschietto verso la
madre e della femmina verso il padre.
Il maschio, dunque, sviluppa sentimenti ostili verso il padre, considerato come un rivale, e desidera avere la madre tutta per sé;
pretende di dormire nel suo stesso letto e, spesso, promette di sposarla o di non abbandonarla mai. La femmina si sente attratta
verso il padre da un analogo sentimento di amore, che tende a escludere la madre, e manifesta una civetteria che prefigura il
comportamento della futura femminilità. Freud aggiunge che, molto spesso, questi sentimenti sono incoraggiati dai genitori, che si
abbandonano a preferenze dello stesso tipo.
-TOTEM E TABÙ: L’ORIGINE DELLA CIVILTÀ
Freud focalizza in particolare la sua attenzione sull'istituto del totemismo, che, con molte varianti ma anche alcuni caratteri
costanti, si ritrova in popolazioni primitive talora geograficamente molto distanti tra loro. In tale forma di organizzazione sociale i
componenti di una comunità sono divisi in tante unità caratterizzate da un totem, cioè nella maggior parte dei casi un animale
sacro. La cosa interessante è che coloro che appartengono a un'unità totemica si comportano nei confronti del totem, cioè
dell'animale simbolico assunto come autorità, in modo caratteristico, ad esempio evitando di dare la caccia ai membri della
specie che esso rappresenta o aspettandosi da esso protezione e aiuto. Il legame totemico sembra finalizzato, soprattutto, a evitare
rapporti tra consanguinei, perché implica la proibizione di sposare donne appartenenti allo stesso gruppo totemico e, dunque, im-
pedisce legami di tipo incestuoso;
Al totem è legato il concetto di tabù, cioè di tutti quegli aspetti che, in riferimento al totem, sono ritenuti sacri e quindi proibiti.
Freud arriva alla conclusione che, se esistono proibizioni cosi rigide e regole cosi ferree, è perché in esse si esprime la repressione
di pulsioni molto forti - ad esempio la tendenza all'incesto -, che sono connaturate agli esseri umani.
Tale principio, però, si scontra con il principio di realtà. Si tratta della presa di coscienza dei limiti che la realtà pone al singolo e
alle sue esigenze, cioè il fatto che, nella realizzazione dei propri desideri, molto spesso occorre differire il loro appagamento o
selezionare tra bisogni diversi nel rispetto delle regole sociali.
Il principio di realtà ci limita e ci procura più sofferenze che piacere. Quanto più la società è progredita e civilizzata, aggiunge
Freud, tanto più siamo destinati all'infelicità, in quanto maggiori sono le forze repressive che agiscono sull'individuo. Da questo
punto di vista, l'uomo primitivo si trovava in condizioni migliori rispetto a noi, perché poteva soddisfare più liberamente i propri
istinti.
-LA MORALE
Freud ritiene che la morale, pur gravando sull'individuo e limitandone la piena realizzazione, vada accettata, o almeno
considerata un «disagio» necessario: infatti, chi non fosse disposto a sottostare alle norme etiche socialmente determinate
perderebbe l'amore e il rispetto da parte del prossimo, e pertanto anche la serenità.