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BIOGRAFIA: Sigmund Freud nasce il 6 Maggio 1856 a Freiberg, in Moravia, città allora dominata

dall'impero asburgico. La sua è una tipica famiglia di commercianti. Laureatosi in medicina nel
1881, e dopo un trasferimento di tutta la famiglia a Vienna, lavora per un certo periodo nel
laboratorio di neurofisiologia diretto da Brücke.

Nel 1882, per ragioni economiche, abbandona la ricerca scientifica e si dedica alla professione
medica, specializzandosi in neurologia. Nel 1885 ottiene una borsa di studio che gli permette di
accedere alla leggendaria scuola di neuropatologia della Salpetrière, diretta dal celebre Charcot.
Questa esperienza assai intensa e l'incontro-conoscenza con il grande scienziato, lascia una
profonda impressione sul giovane studioso. Ciò però non toglie che Freud in seguito mantenne
sempre un atteggiamento assai originale ed autonomo rispetto alle convinzioni dell'illustre
studioso. Ad esempio, Freud non accettava le conclusioni di Charcot circa l'isteria, da lui
considerata come una malattia dovuta a cause organiche, paragonandola poi ad una sorta di stato
di ipnosi. Inoltre, per Freud cominciano a prendere corpo alcune osservazioni sul ruolo della
sessualità nel comportamento umano, proprio a partire da osservazioni che per Charcot erano
marginali, come quella della connessione fra isteria e sessualità.

Tornato a Vienna, si dedica completamente alla professione di neurologo. Nel frattempo stringe
amicizia con Josef Breuer, con il quale pubblica nel 1895 gli "Studi sull'isteria" e con cui inizia
quella grande avventura intellettuale e clinica che lo porterà alla fondazione della psicoanalisi. → Il
termine psicoanalisi è di Freud e lo usò per la prima volta al primo congresso di psicoanalisi nel
1908 e successivamente venne fondata la società psicoanalitica.

Gli inizi, ironia della sorte, sono dovuti proprio al comune interesse per l'ipnosi. Breuer, infatti,
utilizzando questo metodo, era riuscito a far ricordare ad una sua paziente (la celebre Anna O.
degli scritti freudiani), gli eventi traumatici connessi con l'insorgere dell'isteria.

Freud costretto ad emigrare, perché di ascendenza ebraica, dall’Austria zarista verso l’Inghilterra,
muore nel 1939.

Dal nazismo fu definita come teoria ebraica. Nel momento in cui Hitler perseguiterà gli ebrei,
vieterà l’insegnamento della psicoanalisi e della lettura dei libri di F.

1 metodo L’IPNOSI COME TERAPIA DELL’ISTERIA: Tornato a Vienna, seguì numerosi pazienti
isterici, in stretta collaborazione con lo psichiatra Breuer (Ellenberger, 1970).

In Studi sull’Isteria (Breuer & Freud, 1895), iniziò a descrivere esplicitamente l’ipnosi come
terapia dell’isteria, poiché soltanto questa tecnica si dimostrava capace di risalire alle cause
profonde, conflittuali e inconsce all’origine della sintomatologia del paziente.

In questo scritto riferì, tra gli altri, il caso di Anna O., che soffriva di vari sintomi isterici tra cui
l’idrofobia; una forte repulsione a bere. Sotto ipnosi, la paziente raccontò un episodio vissuto
nell’infanzia nel quale aveva osservato il cane della governante, a lei invisa, bere da un bicchiere.

Ciò le provocò un senso di repulsione, che riuscì a superare soltanto dopo aver ricordato e
raccontato quell’esperienza sepolta. Sul piano cognitivo, il trauma veniva infatti rimosso, cioè
dimenticato, ma sul piano emotivo, l’effetto connesso all’esperienza continuava ad operare,
“innervandosi” nel corpo e bloccandone una parte.

Analizzando il caso di Anna O. (1895), fu messo a punto il metodo catartico che consisteva nel
ricordo di un trauma rimosso e nella scarica, “abreazione”, delle emozioni connesse ad esso, con
conseguente remissione dei sintomi.
Il medico Charot cosi si accorgeva che i disturbi scomparivano una volta capita la causa della
fobia.

Breuer spaventato del legame affettivo troppo stretto che Anna O. nutriva nei suoi confronti, lasciò
il caso.

Freud invece vide nel legame affettivo che si era creato tra Anna O. e Breuer una parte essenziale
del processo terapeutico: il transfert (Valerio & Mammini, 2009) → un’intensa relazione emotiva
che si sviluppa tra paziente e analista e che quest’ultimo può utilizzare a fini terapeutici.

Nel corso dell’analisi, il paziente tende a “trasferire” inconsciamente sul terapeuta una serie di
impulsi e sentimenti riferiti originariamente a figure significative della sua infanzia.

Studiando l’eziologia delle nevrosi, scoprì che la causa dei sintomi isterici risiedeva in un conflitto
tra pulsioni inconsce, cioè tra forze operanti al di sotto della soglia della coscienza, in una vasta e
caotica zona d’ombra della psiche, l’inconscio.

(Nel 1899, propose un modello psicologico che procedeva oltre le concezioni cartesiane
tradizionali, secondo le quali la mente era un meccanismo interamente cosciente, chiaro, evidente,
basato sulla logica, sulla consequenzialità, sul rigore, rivoluzionando il modo di concettualizzare la
normalità e la patologia.)

Questo modello di psiche, dettagliatamente descritto nel settimo capitolo dell’Interpretazione dei
sogni (1899), venne definito “topica”, dal greco topos ossia luogo, in quanto è di tipo spaziale,
perché colloca i contenuti mentali in tre diverse zone della psiche.

Affinché questi contenuti rimossi possano salire alla coscienza sono necessarie tecniche che
indeboliscano le resistenze, come l’ipnosi, che consiste nel suggestionare i pazienti che riportano
sintomi da conversione somatica per risalire al trauma che li ha generati.

Con lo studio dell’isteria e delle libere associazioni elabora un modello di struttura psicologica,
ovvero la prima topica (topos=luogo) = i luoghi della psiche.

La prima topica ricalca l’immagine dell’iceberg (emerge solo per 1/9) → la parte emersa
dell’iceberg è la parte conscia mentre l’altra è quella del subconscio fino ad arrivare all’ inconscio.

Il conscio è la parte dell’apparato psichico che, attraverso gli organi di senso, si trova a diretto
contatto con il mondo esterno e consapevolmente utilizza pensieri, ricordi e desideri per compiere
azioni volontarie nella propria vita, esaminando con attenzione la realtà.

Il subconscio, attiguo alla coscienza, in cui si raccolgono tutti quei contenuti che, pur essendo
latenti, sono facilmente riconducibili alla coscienza (ricordi).

Infine l’inconscio venne considerato nella prima topica freudiana come il luogo del rimosso, di tutto
ciò che non può o non deve emergere alla coscienza e il cui nucleo è costituito da esperienze
infantili.

2 metodo: Un altro metodo è quello delle libere associazioni: la tecnica delle libere associazioni,
individuata e sviluppata da Freud, consiste nel fatto che il paziente si impegna a riferire al
terapeuta, senza alcuna eccezione, tutti i pensieri che vengono in mente.
L’analista lavora dunque sulle libere associazioni del paziente.

Ma nella pratica analitica un ruolo primario lo ha l’interpretazione dei sogni, i quali hanno un
legame profondo con i desideri repressi nell’inconscio, e quasi sempre questi desideri sono di
natura sessuale.

Oltre alla libera associazione delle idee, oltre ai sogni, l’analista è un interprete degli atti mancati,
dei lapsus, delle dimenticanze, dei ritardi, tutto ciò che costituisce la “psicopatologia della vita
quotidiana”. Attraverso questi pensieri l’analista riporta il paziente al suo inconscio, a quegli
ingorghi che hanno causato la malattia, così facendo ci si potrà liberare dalla sofferenza.

IL CONCETTO DI LIBIDO: Freud, nelle sue indagini inerenti all'inconscio, giunge a ricondurre la
vita dell'uomo a una libido originaria, ossia a un'energia connessa principalmente con il desiderio
sessuale.

Diversamente però da ogni altro genere di desiderio o impulso, come per esempio la fame, le
pulsioni sessuali vengono rimosse perché sono incompatibili con i valori e le esigenze etiche dell’io
conoscente.

Questa rimozione avviene a livello dell'inconscio, ma non cancella tali pulsioni, che tendono a
riapparire sotto forma di sogni o di nevrosi.

Dunque il ricordare, il dimenticarsi, i sogni, e le nevrosi trovano la loro spiegazione casuale in


pulsioni respinte e in desideri rimossi nell'inconscio, ma non cancellati.

Ci si chiede perché certe pulsioni vengono respinte o perché certi desideri e certi ricordi sono a
disposizione della coscienza mentre altri appaiono essere sottratti a essa e rimossi nell'inconscio.

/La ragione è da trovare nel fatto che si tratta di pulsioni e di desideri in palese contrasto con i
valori e le esigenze etiche proclamate e ritenute valide dall’ individuo cosciente./

Per cui quando c'è incompatibilità tra l’io cosciente e certe pulsioni e certi desideri, allora entra in
azione una sorta di “repressione” che strappa queste cose “vergognose” e indicibili alla coscienza
e le trascina dall'inconscio.

Freud analizzando questi sogni scopre la sessualità infantile.

LA SESSUALITA’ INFANTILE: il bambino non è privo di istinti, e tantomeno privo di pulsioni


erotiche.

Infatti dice Freud che il bambino fin dall'età più tenera presenta le manifestazioni di questo istinto.

Dapprima, la sessualità infantile è indipendente dalla funzione riproduttiva, al servizio della quale si
metterà più tardi.

Essa serve, piuttosto, a procurare molti tipi di sensazioni piacevoli. Infatti Freud afferma che la
principale fonte del piacere sessuale infantile è l’eccitazione di alcune parti del corpo quali la
bocca, l'ano, l'uretra e l'epidermide.

La sessualità infantile è quindi “autoerotismo” che si manifesta come “conquista del piacere” che
trova in zone erogene del corpo l'oggetto stesso del piacere.

Un primo grado di organizzazione degli istinti sessuali infantili compare sotto il predominio delle
componenti orali per esempio la poppata dei neonati è un buon esempio di soddisfazione
autoerotica procurata da una zona erogena ( è questa la fase orale è copre il primo anno di vita);
segue poi una fase anale, dominata dal piacere di soddisfare lo stimolo delle evacuazioni ( la fase
anale copre il periodo del secondo e del terzo anno di vita); solo la terza fase, ovvero la fase
fallica, (si sviluppa tra i 4 e 5 anni) e in questa fase si ha il complesso di Edipo, l'interesse del
bambino si rivolge in questa fase al genitore di sesso opposto; il maschio si innamora della madre.

Nella tragedia greca, Edipo, figlio del re di Tebe, uccide suo padre e prende in moglie la propria
madre; questo mito di Freud “è la manifestazione poco modificata del desiderio infantile contro il
quale si alza più tardi, per scacciarlo, la barriera dell’incesto”.

La seconda topica si trova esposta nell’opera L’io e L’es (1923)

ES, EGO, SUPER-EGO: l’apparato psichico è composto dall’Es, dall’Ego e dal Super-Ego.

 L’ES: è l’insieme degli impulsi inconsci della libido; è l’inconscio amorale ed egoistico.
 L’EGO: è la parte più superficiale dell’apparato psichico, si costituisce come mediazione tra
i bisogni pulsionali propri dell’Es e il mondo esterno; è la punta consapevole dell’iceberg
 SUPER-EGO: si forma verso il quinto anno di età e differenza l’uomo dall’animale; è la
sede della coscienza morale e del senso di colpa. Il super-ego nasce come
interiorizzazione dell’autorità familiare e si sviluppa successivamente come
interiorizzazione di altre autorità, come interiorizzazione di ideali, di valori proposti dalla
società.

L’ego si trova a commerciare tra l’Es e il Super Ego, tra le pulsioni dell’Es, aggressive ed
egoiste e le proibizioni del Super Ego che impone tutte le restrizioni e le limitazioni della morale
e della “civiltà”.

Le forze istintive sono regolate da due principi: quello di piacere e quello di realtà. Per il
principio di piacere, la libido, tende a trovare un soddisfacimento immediato e totale.

Poi c’è il principio di realtà che costringe le pulsioni egoistiche, aggressive e autodistruttive a
incanalarsi per altre vie, le vie della produzione artistica, della scienza e così via: le vie della
civiltà.

EROS/ THANATOS: l’ultimo Freud ha distinto un istinto di vita, o Eros, che si esprime
nell’amore, nella creatività, nella costruttività da un istinto di morte o Thanatos, che si
manifesta nell’odio e nella distruzione.

Il secondo istinto è potente; l’aggressività radicale dell’uomo è minaccia continua di rovina. Tra
i due istinti c’è una lotta interna, i cui esiti sono imprevedibili.

L’eterna lotta tra Eros e Thanatos costituisce la forma più profonda dell’ambivalenza,
dell’angoscia e del senso di colpa nell'uomo.

EDMUND HUSSERL E LA FENOMENOLOGIA


La fenomenologia è “lo studio di ciò che appare” letteralmente, è la capacità di mettere tra
parentesi ogni oggetto e ridurlo ad un fenomeno, ecco perché essa rappresenta una continua
ricerca, una continua elaborazione del pensiero, un’indagine interminabile.
Il suo iniziatore Edmund Husserl, afferma che la cultura legata a forme di indagine positivistiche e
naturalistiche si sia imbattuta in errori teoretici che hanno portato verso un atteggiamento di
oggettivizzazione del mondo, della natura, dello stesso uomo.

Le sensazioni, i colori, i suoni, le percezioni tattili hanno definito in modo superficiale l’uomo, la
natura, il mondo.

La ricerca fenomenologica è ricerca d’essenza, è ricerca dell’eidos.

Nel 1929 nelle Meditazioni cartesiane Husserl afferma che la fenomenologia ha l’obbiettivo di
costituirsi come scienza di essenze, la fenomenologia invita ad avvicinarsi all’autenticità dei
fenomeni. Occorre prendere i fenomeni cosi come sono, cosi come si manifestano, comprendere il
senso degli aventi nell’ambito esclusivo dell’erlebnis, dell’esperienza vissuta, il loro luogo
originario. Il fenomeno si offre come dato immediato.

……Se i fenomeni devono giungere solo ed esclusivamente nei limiti e nei modi in cui si danno
allora è necessario sfrondare gli stessi dalle concrezioni teoriche e dalle ovvietà che dominano la
scena, ci riferiamo alle leggi metafisiche e razionalistiche che danno un senso di eccesso al
fenomeno.

Accanto all’immediatezza del fenomeno occorre fare epochè, cioè sospendere il giudizio, mettere
tra parentesi.

Nella comunicazione fare epochè significa sospendere ogni giudizio sulla realtà predefinita,
avvicinarsi al mondo con gli occhi di un bambino che guarda tutto come se fosse la prima volta per
poter giungere verso un’esperienza autentica.

Risulta importante concentrarsi sull’erlebniss, il puro fluire dei fenomeni nella loro nudità ed
essenza percettiva.

L’atteggiamento fenomenologico mette in evidenza che esiste un mondo precategoriale, il mondo


della vita, e il mondo categoriale o mondo del pensiero ma solo nel primo, il mondo precategoriale
esiste il presupposto del conoscere. E’ nella nostra esperienza di vita che l’oggetto diventa noema,
ovvero un oggetto mentale percepito, immaginato, desiderato correlato ad un atto intenzionale.

L’oggetto si presenta alla nostra coscienza attraverso un preciso contenuto noematico, quasi come
se quell’oggetto si presentasse come un particolare senso, uno scorcio particolare di prospettiva
del reale. Il nostro desiderio, la nostra percezione sensibile ci consente di vedere l’oggetto, nel suo
significato reale e di cogliere tutti quei dati significativi dell’oggetto.

Edmund Husserl nacque a Prossnitz (in Moravia) nel 1859. Studiò matematica a Berlino, dove
seguì i corsi di algebra di Weierstrass. Si laureò nel 1883 con una tesi sul calcolo delle variazioni.
A Vienna, seguì le lezioni di Brentano. Pubblicò nel 1891 Filosofia dell’aritmetica.

Libero docente a Halle nel 1887, venne nominato professore di filosofia a Gottinga nel 1901.

In questo anno apparvero Ricerche logiche. Del 1911 è la Filosofia come scienza rigorosa e del
1913 le Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica.
Passò a insegnare a Friburgo nel 1916 dove rimase fino al 1928, anno in cui venne collocato a
riposo. Non potè, come emerito, proseguire la sua attività didattica, perché, essendo ebreo, ne fu
ostacolato dal regime nazista. La Logica formale e la logica trascendentale è del 1929, e nel 1931
vennero pubblicate le conferenze parigine col titolo Meditazioni cartesiane. Morì nel 1938. Alla sua
morte Husserl lasciò una grande quantità di inediti (circa 45.000 pagine stenografate) che, salvate
a stento durante la guerra dal belga padre Hermann van Breda, costituiscono ora l’“Archivio
Husserl” di Lovanio. Da questa grande mole di manoscritti sono stati tratti parecchi libri, il più noto
e importante dei quali è La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale,
pubblicata nel 1950, ma scritta negli anni 1935-1936.

Nel '91 pubblica la Filosofia dell'aritmetica, con la quale cerca di chiarire i concetti fondamentali
dell'aritmetica (unità, molteplicità, numero...) rifacendosi agli atti psichici corrispondenti, cioè
tenta di fondare l'oggettività dei numeri riportandola all'oggettività dell'atto psichico, contrariamente
ai logisti. Lo strumento che usa è la psicologia analitico-descrittiva di Brentano, secondo cui,
mediante la descrizione delle intenzioni interiori si raggiunge la fonte della certezza. Il concetto
fondamentale di cui egli si serve è "intenzione", mutuato da Brentano (il quale a sua volta si era
ispirato alla logica scolastica medievale).

Per Brentano il carattere specifico dei fenomeni psichici sta nella loro intenzionalità, cioè nella loro
direzione verso l'oggetto (dotato di assoluta autonomia rispetto alle rappresentazioni della
coscienza). L'oggetto dell'intenzionalità è sempre un oggetto reale: ogni fenomeno psichico è
sempre "coscienza di qualcosa". L'oggettività sta dunque nell'atto intenzionale, immediato, che
solo la psicologia può studiare.

Husserl tuttavia è più complesso. Egli cerca una corrispondenza fra la struttura necessaria e
immutabile delle proposizioni logico-matematiche e la struttura oggettiva che Brentano aveva
creduto di ravvisare nell'atto intenzionale, psicologico. Ma, così facendo, Husserl si distacca dallo
psicologismo di Brentano e cerca di indirizzare l'attività psicologica verso la logica matematica. Egli
infatti riteneva che il soggetto delle operazioni aritmetiche deve essere posto al di sopra dei limiti
del soggetto psicologico. Secondo Husserl le forme a-priori dell'intuizione spazio-temporale poste
da Kant a fondamento della geometria e dell'aritmetica, sono condizioni necessarie a originare il
concetto logico-matematico, ma non sufficienti. Sono cioè condizioni psicologiche preliminari, ma
non garantiscono l'oggettività del concetto.

D'altra parte Husserl nega che l'oggettività possa essere raggiunta per via logico-matematica
senza il supporto del soggetto. L'oggetto per lui ha valore nella misura in cui rinvia,
correlativamente, all'intenzionalità del soggetto. Egli insomma cercava di ricomporre l'antitesi fra
empirico e razionale, fra psicologismo e logicismo.

Husserl giunge alla conclusione che le leggi logiche non dipendono dagli eventi psichici, in quanto
hanno valore a prescindere dalla nostra consapevolezza. Cioè a dire non è possibile, per Husserl,
ridurre le descrizioni di ciò che il soggetto pensa alle descrizioni dei processi interni attraverso i
quali egli pensa un determinato oggetto. Tuttavia, il valore delle leggi logiche -a suo giudizio-
dev'essere "ontologico" non formale o convenzionale. Le condizioni ideali che rendono possibile la
conoscenza sono non solo logiche, ma anche "noetiche", cioè in grado di fondare il senso
profondo della conoscenza.

Evidenze apodittiche non sono i principi logici ma anche le leggi base della matematica pura.

E oggetti ideali sono anche l’idea di “rosso” o di “altezza” o anche proposizioni come “il rosso è un
colore”, o “l’altezza non è un colore”, la cui validità non dipende dai dati d’osservazione.
Anche categorie come la coniugazione, la disgiunzione, sono irriducibili a fatti di osservazione e il
loro uso sbagliato conduce immediatamente a nonsensi, riguardo ai quali nonsensi vediamo, con
evidenza apodittica, che “non può corrispondere loro alcun contenuto”.

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