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Psicologia dinamica

Introduzione alla psicologia dinamica

Il movimento che ebbe origine in Francia di “psicologia clinica” fu definito psichiatria dinamica,
perché fu caratterizzato dalla scoperta che alla base di certi disturbi mentali potevano non esserci
lesioni riscontrabili a livello anatomico, ma lesioni dinamiche o funzionali, basate su una generica
vulnerabilità del sistema nervoso, che producevano alterazioni nella percezione soggettiva e/o
comportamentale: sintomi tipici erano dolori o le paralisi isteriche, o le manifestazioni delle
personalità multiple.

Anche e soprattutto le nevrosi venivano studiate, e si cercava di individuarne le cause. Ci si


focalizzò sempre di più non sul soma ma sulla psiche dell’individuo. Dunque si ritenne necessario
studiare la psiche dell’individuo e migliorare la terapia delle parole.

Psicoanalisi

La psicoanalisi è lo studio delle motivazioni e degli affetti per la comprensione e spiegazione


psicologica del disturbo mentale e delle problematiche di adattamento psicosociale delle persone,
ovvero che le motivazioni, gli affetti, lo stato emotivo e i pensieri del paziente sono la base per
spiegare i disturbi mentali.
La psicoanalisi è una teoria della psicopatologia poiché ci aiuta a capire cosa accade a livello
disfunzionale nel comportamento, ma è anche una teoria del funzionamento mentale per cui ci
aiuta a capire la mente.
La psicoanalisi si occupa sostanzialmente di nevrosi, le sue cause non sono statiche e dunque
relative ad un danno visibile da una radiografia ma dinamiche poiché stanno nella mente e non nel
cervello che è la parte “visibile” della nostra testa.
Per cui se le cause dei disturbi mentali sono psichiche e stanno nella mente è necessario indagare
il funzionamento mentale con le idee, i sogni ecc… la psicoanalisi nasce come terapia che cura
attraverso il dialogo, una terapia della psiche attraverso le parole.
La psicoanalisi dal punto di vista metodologico utilizza un approccio idiografico in cui si osserva la
specificità dei singoli casi tenendo in considerazione le relazioni passate e attuali del paziente, è
dunque il contrario degli approcci empirici, tipici delle scienze naturali, in cui attraverso
l’esperimento si riesce a controllare le situazioni di laboratorio per arrivare poi a delle leggi del
funzionamento psicologico.
Nelle direzioni di ricerca che utilizza la psicoanalisi è presente quella sugli approfondimenti dal
punto di vista neurologico e biologico che si aggancia ai modelli neurofisiologici della mente,
un’altra direttrice è quella del rapporto corpo-mente ovvero come la nostra mente influenza il
nostro corpo che oggi si apre agli studi in adolescenza, l’ultima direttrice è quella che riguarda gli
aspetti più sociali, come il ruolo della famiglia.
Alla base di tutto ciò è presente il concetto di inconscio, ovvero qualcosa che va al di là di ciò che
noi possiamo essere consapevoli, per Freud tutto quello che riesce a spiegare la nostra vita
psichica sta nell’inconscio e può essere riportato alla coscienza attraverso determinate situazioni
come i sogni, l’ipnosi, lapsus ecc… essi devono essere interpretati grazie all’aiuto di chi pratica la
psicoanalisi.
Isteria

L’isteria ricade nelle forme di nevrosi, ha dei sintomi somatici che si suddividono in generali (come
ad esempio le convulsioni o gli svenimenti) in sintomi locali (come mutismo, tremori, contratture,
disturbi viscerali ecc…), o in sintomi psicologici (umore depresso o umore euforico, amnesie). Gli
psichiatri arrivano a parlare di personalità isterica, ovvero, quella personalità che è caratterizzata
da grande suscettibilità emotiva, scarso controllo emotivo, immaturità affettiva e egocentrismo. Il
concetto di personalità isterica ha molta importanza soprattutto per il vantaggio secondario,
ovvero, un inconsapevole volontà del paziente isterico di voler trarre beneficio dalla
manifestazione del sintomo, per cui si ha un utilizzo del sintomo a livello strumentale.
Charcot
Charcot collegava l’isteria con la capacità di essere ipnotizzati, nella seduta ipnotica il medico cerca
di scoprire le cause che hanno portato a quel comportamento, dimostrando che quello che quello
che il paziente dice durante la seduta ipnotica è ciò che ha portato alla formazione del sintomo.
Dunque per Charcot l’isteria ha origine fisiologica, per cui dal cervello, e non psicologica e può
essere scatenata da vari fattori tra cui i traumi. Janet diede vita alla scissione psichica, concordava
con Charcot il fatto che l’isteria potesse essere legata a dei problemi profondi, egli però riteneva
che all’origine dell’isteria e dei problemi mentali non ci fossero solo problemi del sistema nervoso
ma che ci fosse qualche contenuto nella mente in cui le cose più profonde e che sono di difficile
accesso preme nella nostra mente influenzando anche il corpo.
Bernheim
E’ presente anche la scuola di Nancy ma in particolare di Bernheim in cui si afferma che l’isteria
non deve essere necessariamente condotta al poter o meno essere ipnotizzati poiché sono
presenti delle situazioni in cui anche delle persone sane possono essere ipnotizzate, possono
essere presenti delle situazioni in cui non vi è un’alterazione del sistema nervoso ma è solo
presente un sovraccarico di pensieri ed emozioni che non riescono ad essere rese omogenee
all’interno della mente.
Breuer
Un caso molto importante che viene ricondotto alla nascita della psicoanalisi è quello di Anna O
che era una paziente di Breuer, egli utilizzò delle varianti dell’ipnosi per cui non induceva uno stato
ipnotico profondo ma la invitava a parlare in uno stato di grande rilassamento di ciò che poteva
essere connesso allo stato di sofferenza e al termine di questa procedura la paziente si sentiva
meglio e in alcuni casi il sintomo scompariva. Questo convinse Breuer e Freud che la parola e far
andare indietro alla ricerca di alcuni traumi potessero bastare per far stare meglio la persona, si
diete dunque molta importanza al ricordo e alla storia di vita del paziente. Breuer riteneva che alla
base dell’isteria, come nel caso di Anna O, ci fosse un eccesso di eccitamento nervoso, un
sovraccarico nel sistema nervoso di pensieri e emozioni che non riuscivano a essere canalizzati.
Freud
Nella visione di Freud le nevrosi sono la conseguenza di traumi sessuali vissuti nell’infanzia, in
modo passivo per cui si ha l’isteria o in modo attivo nel caso delle ossessioni.
Per Freud dunque i sintomi derivano, dalle pulsioni, ovvero un energia psichica collegata a delle
rappresentazioni inaccettabili spesso a livello sessuale che viene bloccata dalla nostra coscienza
poiché troppo pesante visto che può essere inaccettabile per la società, è quindi collegato al senso
del pudore. Le pulsioni rimangono dunque livello dell’inconscio, l’inconscio però lascia intravedere
qualcosa poiché la pressione di questi pensieri è talmente forte che vengono poi convertiti in
soma, ovvero sintomo, nella parte conscia. La causa del sintomo rimane dunque nella parte
inconscia.
Il sogno

Il sogno è un prodotto psichico, per cui viene formato dalla mente, un pensiero che si manifesta
mentre dormiamo ha sempre un senso che però viene mascherato, Freud parla di formazione del
compromesso, il sogno è dunque un compromesso tra i contenuti che sono relegati nell’inconscio
e quelli che arrivano alla coscienza.
Il lavoro onirico è il lavoro che la nostra mente fa per trasformare il nostro contenuto onirico
latente, ovvero che è nascosto, in un contenuto onirico manifesto ovvero quello che noi ci
ricordiamo di aver sognato. Il lavoro onirico prende spazio da ricordi, da ciò che è rilegato
nell’inconscio e da percezioni somatiche che abbiamo vissuto nella realtà.
Un concetto molto importante è quello della censura onirica in cui viene deciso cosa dall’inconscio
in cui sono presenti gli elementi primari, nonostante sia mascherato, può essere tradotto in un
elemento secondario.

Le due topiche di Freud

‘Topica’ è una parola che viene dal greco ‘topos’ ovvero ‘luogo’, è una spiegazione delle ipotesi che
Freud da su come è formato il nostro apparato psichico che permette di individuare
metaforicamente dei luoghi dando così una rappresentazione spaziale.
Freud differenzia due topiche, la prima che si chiama “ipotesi topografica” che è la vera e propria
ipotesi topos e la seconda che si chiama “ipotesi strutturale”. L’ipotesi topografica è l’inizio di tutte
le sue teorizzazioni mentre l’ipotesi strutturale è stata creata poiché la prima non lo soddisfaceva
pienamente dal punto di vista della spiegazione di alcuni meccanismi.
Nell’ipotesi topografica: Per Freud la nostra mente è divisa in inconscio-preconscio-conscio,
nell’inconscio sono presenti tutti i contenuti che non possono accedere alla coscienza poiché la
censura/resistenza/rimozione non gli permette di arrivare nella parte conscia. All’interno
dell’inconscio troviamo frammenti di vita quotidiana, ricordi e percezioni che possono però
avvicinarsi al conscio attraverso il sistema intermedio preconscio, che funzione da filtro, e
permette ad alcuni pensieri dell’inconscio di transitare e arrivare al conscio come attività motoria,
movimento ecc…
Questa è dunque un’ipotesi riduttiva perché permette di avere una visione molto limitata della
persona.
Nell’ipotesi strutturale: aggiunge la tripartizione di tre strutture ovvero di istanze psichiche, per cui
non si parla più solo di luoghi. Queste sono Es/Io/Super-io in cui l’Es coincide con l’inconscio per
cui l’energia pulsionale ed è inacessibile, l’io sta tra il preconscio e conscio e svolge il ruolo di
intermediario tra Es, Super-io e ambiente e forma il modello ideale al quale ci si vorrebbe
conformare, mentre il super io risiede nel conscio ed emerge con il superamento del complesso di
Edipo ed è la sede della nostra moralità. Ciò che differenzia queste tre strutture sta nei principi dei
processi di funzionamento secondo cui nel processo primario (dunque la base) è tutto ciò che
riguarda i contenuti che stanno nell’inconscio e ciò che riguarda l’Es dunque l’immaturità, gli
impulsi, l’arte ecc… in cui domina il principio di piacere ovvero la tendenza alla gratificazione
immediata, si cerca dunque di procurare piacere ed evitare dolore, il pensiero primario è destinato
a non poter dominare. Nel processo secondario ci si riferisce all’Io maturo in cui domina il principio
di realtà e rappresenta il modo cosciente di pensare rispettando le leggi ed è fondamentalmente
verbale.
Perché Freud passa dalla prima topica alla seconda? Perché la prima era troppo generica dato che
riguardava solo i luoghi geografici ipotetici della nostra mente, mentre l’ipotesi strutturale ci
permette di parlare in termini più precisi.
Determinismo
Tutto quello che noi viviamo è determinato, per cui ha una causa e deve essere ricondotto a
qualcosa che lo spiega.

Jung e Anna Freud (psicoanalisi delle origini)

Essi fanno parte della psicoanalisi delle origini ma iniziano a distaccarsi dalla psicoanalisi di Freud.
Le prime critiche che vennero mosse furono che la psicoanalisi non poteva seguire un metodo
scientifico poiché non era possibile avere delle oggettività dato che si trattava dell’ascolto delle
parole del paziente per poi interpretarle, come altra critica vi era il fatto che era impossibile
determinare se i racconti dei pazienti fossero veri o meno e l’inconscio non poteva essere
dimostrato era solamente deducibile il fatto che ci fosse.
Jung
Jung parla di immaginazione attiva dando molta importanza a un costante dialogo che c’è tra
l’inconscio e il conscio (mentre Freud dava molta importanza all’inconscio) poiché ritiene che ci sia
la possibilità di muoversi tra questi due stati, utilizzando il potenziale creativo dell’inconscio. Per
Jung un fattore importante è l’inconscio personale che è formato da contenuti che prima erano
consci e che sono stati poi rimossi come immagini, sensazioni che appartengono alla storia del
soggetto, ed è formato da complessi. I complessi sono una serie di schematizzazioni che si
riferiscono a degli avvenimenti che hanno avuto una connotazione emotiva importante. Egli parla
anche di inconscio collettivo in cui i contenuti non sono mai stati consci perché esistono grazie
all’ereditarietà che riguarda tutte le esperienze globali di tutte le generazioni passate e che
accomunano tutta l’umanità, per cui qualcosa di posseduto da tutti. Il contenuto dell’inconscio
collettivo è formato dunque da archetipi che sono delle forme a priori che organizzano la nostra
esperienza, sono degli schemi di riferimento universali ed ereditari. Jung riconduce poi
all’inconscio collettivo anche il concetto di persona che è un sistema di relazioni tra l’individuo e la
società, in cui si indossa una maschera per vivere normalmente la propria vita ma al di sotto di
essa nascondiamo la nostra vera natura. Il rischio secondo Jung è che ci si può identificare o farci
identificare dagli altri con quello che è la nostra persona quando invece non si è così,
l’unilaterizzazione della personalità può provocare la perdita dell’unicità individuale. “C’è della
gente che crede sul serio di essere ciò che rappresenta”.
La parte nascosta della nostra personalità viene definita ‘ombra’ in cui non si concentrano solo le
qualità negative ma anche ad esempio la creatività.
Nel conflitto tra le teorie sul sogno di Jung e Freud, Freud vede il sogno come quello che ci
permette di interpretare il viaggio che i contenuti hanno fatto dall’inconscio alla coscienza in cui ci
sono i contenuti sessuali, Jung invece afferma che il sogno è un linguaggio simbolico per cui sta
nella nostra mente il compito di creare e attribuire un significato e non va interpretato.
Anna Freud
Anna Freud a differenza di suo padre sposta l’attenzione dall’Es, dunque dagli istinti, all’Io e in
particolare ai meccanismi di difesa di esso, dando molta importanza anche al suo aspetto adattivo
e quindi alla sua relazione con la realtà, indagando anche sugli stati di salute dell’io.
Critica Freud anche riguardo al concetto di angoscia poiché secondo lui è qualcosa che insorge
quando il soggetto non riesce ad accettare la spinta degli impulsi dell’inconscio, mentre per Anna
attraverso i meccanismi di difesa l’Io protegge da pulsioni troppo intense che non è in grado di
fronteggiare, in cui si cerca di eliminare situazioni di conflitto che generano angoscia quando
l’individuo diventa conscio dei pensieri inaccettabili. I meccanismi di difesa sono la rimozione: in
cui l’Io impedisce all’impulso indesiderato che proviene dall’Es di arrivare alla coscienza, un altro
meccanismo è la formazione reattiva: in cui se è presente un forte conflitto tra due sentimenti
opposti si rende inconscio un sentimento attraverso la supervalutazione dell’altro, si ha poi la
negazione: in cui si rifiutano delle impressioni sensoriali che arrivano dal mondo esterno per cui gli
viene negato l’accesso alla coscienza, abbiamo poi la proiezione: in cui si attribuisce a qualche altra
persona o oggetto un proprio desiderio (ES una persona proietta i propri impulsi violenti e poi ha
paura di essere aggredita dal vicino di casa).

Sviluppi della psicoanalisi inglese

Melanie Klein
Il suo conflitto maggiore è con Anna Freud, chi si identifica seguace del pensiero di Klein si
identifica nella scuola di Londra, invece coloro che seguono di più gli orientamenti di Anna Freud si
identificano nella scuola di Vienna e il punto principale è quello del coinvolgimento dei bambini
nella psicoterapia. Secondo la scuola di Londra i bambini sono analizzabili proprio come gli adulti
dando molta importanza al gioco poiché è il modo per entrare nell’inconscio del bambino e farlo
parlare dato che non hanno lo sviluppo verbale di un adulto, all’opposto nella scuola di Vienna si
pensa che i bambini piccoli non siano analizzabili perché l’Io del bambino è troppo debole e quindi
non sa gestire ciò che la psicoterapia implica, come entrare a contatto con i conflitti o richiamare
determinate vicende.
La Klein utilizzava la tecnica del gioco per raggiungere i processi inconsci del bambino poiché
esprimono simbolicamente fantasie e pensieri, ha lavorato con bambini al di sotto dei 3 anni.
Lei arriva a proporre una nuova teoria evolutiva dello sviluppo del bambino, inizialmente era vicina
alla visione della libido di Freud poi distanziandosi ha proposto questa visione secondo cui la
nostra mente utilizzi nel relazionarsi con le pulsioni due tipi di processi, ovvero, l’introiezione in cui
si portano all’interno degli elementi e la proiezione invece portare all’esterno dei contenuti e
fantasie, legato a questo concetto c’è la visione di oggetto buono e oggetto cattivo in cui l’oggetto
(può essere anche una persona) con cui il bambino/adulto entra in contatto può essere diviso in
una parte buona e una cattiva in base al vissuto e alle aspettative (es seno. Seno buono (da
nutrimento) seno cattivo (nel momento in cui non c’è è fonte di frustrazione).
Questo tipo di meccanismo è molto importante per quanto riguarda le posizioni ovvero le
modalità in cui il bambino si relaziona all’oggetto significativo, lei parla di posizioni poiché vuole
intendere qualcosa di più dinamico e mobile, nel caso di posizione schizo-paranoide in cui vista la
presenza del conflitto tra pulsioni per proteggersi da questa confusione l’Io scinde in componenti
positive e negative in cui quelle positive rappresentano le pulsioni di vita e viceversa. Schizo deriva
dalla scissione dell’oggetto in due componenti mentre paranoide perché quando si mette in atto
questa scissione c’è anche il pericolo per il bambino di essere poi perseguitato dagli impulsi che il
bambino ha proiettato.
Nel momento in cui il bambino dopo diversi mesi è alle prese con la posizione schizo-paranoide
entra nella posizione depressiva in cui cerca di integrare ciò che prima ha scisso e quindi di
ricondurre le parti buone e cattive all’oggetto intero, si crea la fase depressiva perché c’è la paura
di perdere l’oggetto amato e di averlo distrutto.
Wilfred Bion
Egli aveva ipotizzato che nel comportamento di tutti noi anche quando siamo in gruppo ci siano
degli assunti di base, ovvero dei meccanismi primitivi di funzionamento della mente legati al
nostro inconscio, che possono dare spiegazioni di tutte le situazioni della vita quotidiana. E sono 3,
ovvero: assunto di base di dipendenza in cui un gruppo rimane unito perché identifica qualcuno da
cui il gruppo stesso dipende, abbiamo poi l’assunto di base di attacco-fuga in cui in cui il gruppo
identifica in una persona o situazione la negatività e quindi bisogna attaccare o fuggire, infine
abbiamo l’assunto di base di accoppiamento in cui c’è la credenza cognitiva che vi sia qualcuno nel
gruppo che risolverà qualsiasi problema.
Bion è noto anche per il concetto di Reverie materna ovvero la capacità della madre di trasformare
esperienze sensoriali o emotive del bambino in una forma che possa essere accettata da lui. Lui
chiama elementi (alfa) e elementi (beta) i contenuti che la madre trasforma sotto forma pensiero
al bambino, gli elementi (alfa) sono quegli elementi trasformati dalla mamma per il bambino
mentre gli elementi (beta) sono quegli elementi che ancora non sono digeribili per il bambino.
Donald Winnicot
E’ colui che si è occupato del Sé e per primo ha parlato di Sé del bambino e di come il bambino
attraverso il rapporto con la madre riesca a sviluppare una propria individualità.
Per winnicot non esiste il bambino da solo ma l’accoppiata mamma-bambino, poiché prima della
nascita e per diverso tempo dopo, la madre e il bambino costituiscono un’unità ambiente-
individuo e non possono essere studiati in modo sperato, il bambino esiste in funzione delle cure
materne. Egli ci parla anche della preoccupazione materna primaria che è uno stato di devozione
che la madre ha fin da quando il bambino non è nato, per Winnicot la mamma sufficientemente
buona è la madre che è in grado di dispensare le cure al bambino e di fornire al bambino le
attenzioni, egli definisce questo uno stato di malattia normale che consente poi al bambino di
passare in uno stato dove individuerà quello che è lui e quello che è la madre. La situazione
cruciale è che tutto questo passa per una simbiosi in cui la capacità della madre di essere
sufficientemente buona fa la differenza per quando il bambino avrà la capacità di acquisire la
propria strada, se si rimane bloccati in una fase in cui si pensa che la simbiosi è troppo importante
e la mamma non spinge il bambino verso l’autonomia ci possono essere dei problemi.
Un altro concetto importante è quello dell’onnipotenza soggettiva ovvero uno stato che la madre
involontariamente crea nel figlio di essere onnipotente in cui ha ad esempio l’illusione di creare
oggetti con il pensiero. Ed è quando la madre si allontana che il bambino comincia a capire che i
suoi pensieri non sono onnipotenti, qui si aggiunge poi la realtà oggettiva in cui abbandona la
sensazione di onnipotenza soggettiva che gli veniva garantita dalla presenza della madre. Tra
l’onnipotenza e la realtà oggettiva è presente lo spazio transizionale in cui sono presenti gli oggetti
transizionali ovvero un oggetto importante affettivamente per il bambino perché sta al posto della
madre e rappresenta l’estensione del Sé.

L’Attaccamento

Si occupa della valutazione della qualità tra il rapporto madre-bambino. Bowlby trovò ispirazione
nell’etologia, ovvero, il processo in cui si forma una connessione legata alla dotazione genetica
della specie (imprinting). Egli affermò che il comportamento di attaccamento si attiva nel bambino
con lo scopo di cercare e mantenere vicinanza fisica con la figura di attaccamento, vi sono delle
fasi che fanno capire in che fase dello sviluppo del sistema di attaccamento si trova il bambino,
nella fase 1 i bambini mostrano già dalla nascita dei comportamenti orientati a stabilire una
relazione con qualcuno (sorriso, pianto, aggrapparsi, seguire) in cui troviamo il riflesso di grasp
(mano) il riflesso di moro (arti che si tirano) riflesso di rooting e sucking. Nella fase 2 fra i 3-6 mesi
ci sono delle risposte mirate nei confronti delle persone familiari (sorriso, babbling selettivo
ovvero vocalizzazioni che mette in atto solo dopo stimoli di voce della mamma, nonna ecc…) e
inizia a scegliere una figura di attaccamento primaria. Nella fase 3, tra i 6 mesi 1 anno, in cui il
bambino inizia a diventare autonomo e si costruisce il legame di attaccamento esclusivo con una
persona e si inizia ad avere paura dell’estraneo, seguire la figura e protestare quando si allontana.
I modelli operativi interni sono delle rappresentazioni mentali che ciascuno di noi si è costruito sul
rapporto preferenziale con una determinata persona in base all’esperienza, in base ai modelli
operativi si struttura il Sé e dunque il modello che ognuno di noi ha di se stesso come persona
capace, degna di amore ecc… il modello operativo della figura di attaccamento riassume la storia
delle risposte affettive e dalla disponibilità del genitore.
Grazie alla strange situation oggi si può parlare di attaccamento sicuro, insicuro e disorganizzato. Il
modello di attaccamento sicuro è costituito da un bambino che percepisce la madre come una
base sicura poiché riceve risposte adeguate ai tentativi di vicinanza, nei momenti di lontananza è
in grado di accettare che non può avere la vicinanza assoluta da parte della madre, per cui il
bambino riesce a badare a se stesso nonostante abbia una madre presente, il sé di questi bambini
è rappresentato come degno di cure e di avere sostegno emotivo. Nel modello insicuro i bambini
hanno avuto esperienze non sempre positive nella relazione con la madre come esperienze di
abbandono, di rifiuto o incoerenti, il sé di questi bambini è rappresentato come non degno di cure
e attenzioni. L’attaccamento disorganizzato porta a rappresentazioni di sé e degli altri multiple e
dissociate.
Ciò a cui si presta molta attenzione nella strange situation è la capacità del bambino di usare la
madre come base sicura per esplorare l’ambiente e come rifugio per ricevere sicurezza se è
spaventato, dunque è importante la modalità interattiva nella riunione con sua madre.
Si ha poi ancora il modello insicuro-evitante ovvero bambini in cui nella procedura della strange
situation sono distaccati ed evitano il contatto con la madre poiché non ha fiducia dell’adeguata
risposta materna dato che le madri rifiutano il contatto fisico e sono indisponibili perché sono
interessate ad altre attività. Nel modello insicuro-resistente si hanno invece bambini incerti sul
fatto che la madre possa fornire aiuto e protezione, quindi resta vicino alla madre ma di
conseguenza non riesce ad esplorare, quando vengono separati dalle madri sono inconsolabili e al
riavvicinamento alternano comportamenti aggressivi e lamentele, le madri sono molto centrate su
se stesse quindi non rispondono sempre alle richieste del bambino. Nei modelli atipici abbiamo i
bambini disorientati/disorganizzati che sono privi di strategie che esprimono emozioni come paura
(dovuti anche da maltrattamenti).
L’Adult attachment interview
L’Adult attachment interview è una valutazione sul genitore ed è l’analogo della strange situation
sui figli, per cui lo studio del comportamento di attaccamento nella relazione genitore-figlio.
Questo strumento è stato coniato da M.Main negli anni 80 e va a esplorare i ricordi che gli adulti
hanno rispetto alla relazione con i loro genitori, così da capire quali sono i modelli operativi
interiori dell’adulto rispetto a delle esperienze significative. Quasi sempre c’è una correlazione tra
questa valutazione e la strange situation per i loro figli. Le domande non si fanno in maniera
casuale ma in base alle risposte che vengono date dal paziente. Un adulto può essere classificato
come attaccamento/autonomo se ha una narrazione coerente e riesce a dare una sintesi sia dei
ricordi positivi che di quelli negativi, sono persone aperte. Abbiamo poi l’attaccamento
distanziante ovvero una persona che prende molta distanza rispetto alle esperienze passate che
vengono richieste narrando in maniera generica e poco dettagliata. Vi è poi l’attaccamento
preoccupato in cui si hanno principalmente persone ansiose che provano rabbia per situazioni
irrisolte, in alcuni momenti è troppo vago e in altri troppo specifico, e nelle narrazioni c’è anche
incoerenza. Poi abbiamo l’attaccamento irrisolto/disorganizzato/disorientato in cui i pazienti
hanno difficoltà a parlare poiché hanno subito violenza e hanno difficoltà ad accedere ai ricordi.
Infine si ha il non classificabile in cui non è possibile capire se l’intervista coincide con qualche tipo
di attaccamento perché c’è troppa ambiguità nella narrazione.
Valutazione clinica psicodinamica nello sviluppo infantile

Ci sono dei problemi nel definire dei disturbi psichiatrici nei bambini nella prima infanzia (0-3 anni)
perché non parlano come gli adulti e non possono esprimere verbalmente il loro disagio, è
fondamentale capire se è un disturbo del bambino singolo o della relazione con la madre.
E’ molto importante il contributo che è stato dato dalla developmental psychopathology
(psicopatologia evolutiva/dello sviluppo) che studia la psicopatologia in relazione ai processi e
cambiamenti evolutivi prendendo come riferimento le tappe dello sviluppo biologico, cognitivo
ecc… questa disciplina afferma che sono presenti delle linee evolutive (dei percorsi) tipiche che
tutti noi possiamo intraprendere e superare e anche delle linee evolutive atipiche disfunzionali, in
tutto questo è molto importante la famiglia perché è la relazione che viene presa in
considerazione, è dunque importante non solo la relazione genitore-figlio ma anche l’esperienza
dei genitori con le proprie figure di attaccamento poiché potrebbero condizionare la relazione
attuale con il proprio figlio.
La diagnosi nella prima infanzia si fa attraverso innanzi tutto una monitorazione dello sviluppo del
bambino a livello di aspetti maturativi e nel funzionamento adattivo, si pone il focus sulla
specificità dei problemi, bisogna esaminare il contesto in cui il bambino si muove.
Fasi del processo diagnostico: La diagnosi comincia con la segnalazione per cui lo psicologo prende
in carico il bambino, si avviano poi i colloqui clinici con i genitori poiché si tratta di minori,
successivamente si ha la fase dell’esame psicodiagnostico del bambino in cui si somministrano test
psicologici, si procede con un colloquio clinico e si ha un’osservazione diretta del bambino, per poi
arrivare all’elaborazione di una diagnosi e comunicarla alla famiglia con un colloquio. Dal punto di
vista psicodinamico si va a classificare il disturbo all’interno di una tassonomia dei disturbi come il
DSM-5, successivamente si valuta l’organizzazione mentale e affettiva in relazione alla specifica
fase di sviluppo, bisogna osservare e considerare le sua fantasie e il vissuto della famiglia per poi
considerare la prognosi.
In questo processo di valutazione psicodiagnostica la diagnosi nosografica riguarda la
classificazione del disturbo, il profilo di sviluppo descrive quali sono le linee di sviluppo del
bambino riguardo le competenze (com’è andato la sviluppo biologico dal punto di vista dello
svezzamento ecc), la diagnosi psicopatologica infine descrive la sua personalità in rapporto con
ansie, paure ecc…
La valutazione psicologica in questo caso viene definita multidimensionale perché tiene a mente la
dimensione individuale, la dimensione dei genitori e la dimensione della relazione tra bambino e
genitori.
Uno strumento che è molto importante e ci aiuta nella valutazione psicodiagnostica del bambino
è l’utilizzo dei test poiché alcuni di essi utilizzano i disegni così da poter permettere al bambino di
esprimersi nonostante non abbia ancora sviluppato le capacità per poter sostenere un colloquio
clinico. Una grande distinzione metodologica all’interno dei test è tra i test grafici detti anche
proiettivi (quelli che utilizzano il disegno ed è un’attività piacevole per il bambino, sono test
altamente soggettivi mostrando come è formata la personalità di quel singolo soggetto, si utilizza
il test di Rorschach che utilizza delle macchie ambigue in base alle quali il soggetto elabora
un’interpretazione toccando così il suo inconscio. Test qualitativo) e i test cognitivi (si utilizzano
per l’accertamento dei ritardi mentali in cui si valuta la prestazione del soggetto e poi si confronta
con le prestazioni dei soggetti che hanno le sue stesse caratteristiche, essi sono considerati dei
test oggettivi poiché sono dei testpsicometrici ovvero che misurano la capacità della psiche. Test
quantitativo). La via ottimale sarebbe integrarli.
I test orientano alla diagnosi confermando una determinata situazione ma non si può valutare
utilizzando solo essi.
- Test grafici (basati sul disegno, vi è la narrazione dell’inconscio che è proiettato in quella
attività) – test tematico-costruttivi (si chiamato tematici perché sono presenti delle tavole
in cui ci sono delle situazioni e si chiede al bambino di raccontare ciò che vede) – Test
strutturali (basati su macchie e il tipico è il rorschach in cui di fronte a uno stimolo ambiguo
il soggetto proietta dall’inconscio i propri sentimenti) – Test di completamento di parole
(bisogna completare le frasi facendo ricorso alla propria lettura della vita).

Abbiamo così due grandi categorie: -Test strutturali (in cui si indaga la struttura della personalità
ovvero conflitti, situazioni irrisolte ecc…) -Test tematici (si basano su tematiche tipiche).

Psicoanalisi statunitense

Ci troviamo negli Stati Uniti dove iniziano a svilupparsi molti studi da parte di esponenti della
psicoanalisi che accendono dei dibattiti su concetti che erano stati proposti dalla psicoanalisi delle
origini (Freud), parliamo in particolare di Sullivan.
Sullivan
É colui che ha dato vita al filone della psicoanalisi interpersonale in cui si comincia a dare
importanza alle relazioni e alle modalità attraverso le quali la mente si interfaccia con l’esterno.
Sullivan a livello professionale si occupò principalmente di pazienti schizofrenici dando molta
importanza all’influenza che l’ambiente aveva nella malattia psichica poiché ha la capacità di
favorire dei percorsi di cura o viceversa, coniando così il termine di ambiente necessario ovvero un
ambiente che permette alla persona di vivere le situazioni relazionali in maniera completa poiché
l’esistenza comunitaria è essenziale.
Egli ricondusse le difficoltà relazionali che hanno pazienti con diagnosi schizofrenica a inadeguate
cure materne, per cui alla base della schizofrenia è presente il Sé dissociato carico di angoscia
perché non è presente la figura capace di soddisfare i bisogni primari del bambino, portando a una
disorganizzazione psicotica. Parliamo di disorganizzazione psicotica quando la personalità non
riesce a mantenersi organizzata, per cui nei pazienti psicotici viene annullata la capacità di
strutturare una personalità organizzata, di conseguenza sono persone sole poiché non riescono a
superare le loro paure verso gli altri.
Alla presenza di una madre attenta e supportiva corrisponde con più possibilità la strutturazione di
un Mè buono a cui corrisponde la capacità di vedersi in termini positivi, mentre nel caso in cui la
madre abbia situazioni irrisolte e difficoltà proprie si avrà un Mè cattivo.
Un principio molto importante per cui Sullivan è passato alla storia è che egli sosteneva che,
proprio perché secondo il suo ragionamento è importante l’ambiente in cui il paziente
disorganizzato dal punto di vista mentale si trova, poteva essere più utile che i pazienti
schizofrenici psicotici venissero curati da persone che soffrono delle sue stesse problematiche,
poiché tra simili ci si può supportare.
Hartmann
Hartmann si riconduce al concetto di psicoanalisi come psicologia generale ovvero che preferì
parlare di psicoanalisi non solo a livello di psicopatologia ma anche mostrando dei quadri in cui la
personalità è funzionante e in cui ci si sofferma nel rapporto tra il soggetto nell’ambiente
circostante e l’Io dunque la componente interna.
Egli si soffermò molto dal punto di vista psicoanalitico sull’organizzazione mentale della
personalità non centrandosi sul conflitto e sulle pulsioni, ma sull’Io.
Per Hartmann l’Io esiste anche “sganciato” dalle dinamiche dell’Es, si parla quindi di un’autonomia
primaria dell’Io ovvero che può esistere in termini di capacità di adattamento per cui può
funzionare grazie agli apparati biologici, alla capacità di pensiero, di percezione ecc… per cui ci
sono delle componenti che permettono all’Io di maturare indipendentemente da situazioni che
riguardano conflitti e pulsioni derivati dall’Es. Afferma che esiste una sfera dell’Io libera dai
conflitti e che dunque non media il rapporto tra l’Es e la realtà.
Vi è poi anche un concetto di autonomia secondaria secondo cui può essere necessario, nelle
vicissitudini della vita, modificare il modo di funzionamento dell’Io potenziandolo.
Spitz
Spitz è uno dei primi autori psicoanalisti che comincia a testare molti concetti psicoanalitici
attraverso osservazioni dirette, test e interviste. Egli studiò i bambini abbandonati dalla nascita
negli orfanotrofi che sviluppavano delle forme depressive o gravi problemi fisici a causa della
deprivazione del rapporto con la figura materna, per cui quando al bambino vengono a mancare le
soddisfazioni dei bisogni fisici essenziali ha la possibilità di sviluppare gravi forme di disagio. La
deprivazione della figura materna porta a una sofferenza che può portare anche alla morte.
Un concetto importante è quello della depressione anaclitica, è una forma di depressione che
insorge intorno ai 9 mesi e si manifesta con rifiuto del cibo, senso di tristezza, apatia, ansia ecc… la
depressione anaclitica può avvenire se precedentemente c’è stata una buona relazione con la
figura materna.
Gli organizzatori psichici sono degli elementi che organizzano il funzionamento con cui il bambino
matura e costruisce la propria personalità con la relazione tra lui e l’oggetto libidico (madre), ad
esempio il sorriso (organizzatore psichico) è un momento cruciale, tutti i bambini inizialmente
sorridono in maniera indifferenziata ma quando cominciano a sorridere in maniera discriminata
significa che vi è un processo per cui stanno selezionando e preferendo alcune figure, inizialmente
verso i due mesi il bambino sorride a qualunque configurazione facciale, anche a una maschera,
purchè ci sia la Gestalt di due occhi, un naso e una bocca. Un altro indicatore degli organizzatori
psichici è la reazione di angoscia di fronte a un estraneo, con la crescita il bambino diventa
consapevole della specificità della madre e l’estraneo o la maschera non suscitano sorriso ma
pianto. Si ha poi la comparsa del no durante il secondo anno e permette al bambino di giungere
alla distinzione tra lui e la madre creando così frustrazione poiché l’oggetto libidico ci provoca
dispiacere.
Uno degli aspetti che oppone le teorizzazioni di Spitz con quelle della psicoanalisi delle origini è
quello che riguarda le pulsioni libidiche, secondo Freud i legami libidici avvenivano per la necessità
di gratificare gli impulsi collegata ad un energia di tipo sessuale mentre secondo Spitz l’oggetto
libidico ha un’importanza relazionale per cui è fondamentale nella relazione umana all’interno
della quale avviene lo sviluppo psicologico. In base a come il soggetto gestisce i propri legami
libidici vi sono o meno le basi per la costruzione del legame con l’altro.
Mahler
Mahler sottolinea l’importanza dell’ambiente umano poiché ha bisogno di un livello ottimale di
piacere per crescere a livello psichico nella relazione con la madre, la madre fornisce la situazione
di rispecchiamento ovvero che si ha la capacità di vivere all’interno delle relazioni perché il
genitore prima ci ha fornito dei feedback nel momento in cui vi era il bisogno, per cui se una
madre si impegna può aiutare il bambino a crescere psicologicamente.
Lo sviluppo all’interno dell’organizzazione psichica del bambino avviene in tre tappe fondamentali:
- fase dell’autismo normale (tutti i bambini nei primi mesi non hanno intenzione di relazionarsi con
l’ambiente esterno) – fase simbiotica (dai 3 mesi fino all’anno, il rapporto con la madre viene
protetta da una membrana simbiotica che permette lo svilupparsi della personalità del bambino)
-fase della separazione individuazione (la capacità del bambino di riconoscere che oltre a sé stesso
è presente un’altra realtà).
Kernberg
Kernberg è il più noto esponente della psichiatria psicodinamica e definisce importante l’ambiente
esterno che definisce ambiente interpersonale, l’Io è impegnato nel raggiungere compromessi tra
l’istinto e le richieste del sistema, egli ci parla di diversi sistemi di interiorizzazione dell’esperienza
ovvero dei diversi livelli, a partire dal più primitivo fino ad arrivare a quello più evoluto, attraverso
i quali interiorizziamo e organizziamo l’esperienza della relazione con l’altro. La nostra personalità
si sviluppa inizialmente attraverso le forme più primitive dell’organizzazione mentale ovvero
quelle dell’introiezione in cui si imagazzina il senso di sé e dell’oggetto in cui le forme di esperienza
sono organizzate in maniera aggressiva e pulsionale. Un passaggio più maturo è quello
dell’identificazione che ci permette di cogliere dentro di noi delle capacità appartenenti all’altro e
di interiorizzarle facendole nostre. Il livello più maturo è l’identità dell’Io in cui si ha il
consolidamento delle strutture dell’Io e della concezione coerente del mondo degli oggetti, per cui
riesce a relazionarsi in maniera adattiva.
Kernberg parla anche dell’importanza del temperamento (tendenze innate a reagire in un modo
particolare a determinati stimoli ambientali, facendo quindi riferimento alla componente genetica)
nella formazione della personalità separandolo dal carattere (organizzazione globale del nostro
modo di funzionare dal punto di vista comportamentale, si interfaccia con la realtà esterna) e dalla
personalità (è determinata dal temperamento e dal carattere ma anche dal Super-Io).
Parla anche di inconscio dinamico che sostituisce l’Es e lo definisce il fattore determinante del
funzionamento del soggetto.
Rapaport
Rapaport è colui che definisce la psicoanalisi è psicologia generale alla quale bisogna dare delle
basi scientifiche. Poiché secondo lui i comportamenti umani possono essere esaminati secondo
diversi modelli di osservazione tra cui quello dinamico ovvero che si connettono i comportamenti
di una persona dal punto di vista delle pulsioni, ma anche dal punto di vista economico ovvero una
connessione con i flussi di energia, anche dal punto di vista strutturale in cui i connettono i
comportamenti con le strutture che possono o meno governare le pulsioni, e infine dal punto di
vista genetico-adattivo quindi connessione tra Io e ambiente.
Kohut
Un rappresentante che si identifica con l’analisi del sé è Kohut, egli trattò del concetto di sé
affermando che si struttura internamente nella nostra psiche e che è all’origine della nostra
personalità “nucleo centrale della personalità”. Egli in particolare si concentrò sul narcisismo
infantile paragonandolo con il narcisismo maturo, per kohut tutti noi passiamo per una fase
narcisistica normale in cui il sé che si sviluppa, dunque parliamo di bambini, sente la necessità di
instaurare un rapporto con l’altro in cui è presente l’oggetto sé, ovvero, la persona che permette
la gratificazione, che protegga e che assicuri la sopravvivenza. In questo senso la figura della
madre è importante perché accompagna il bambino in una fase in cui il sé, prima di essere
integrato, transita nel sé grandioso in cui dato che la figura assicura la sopravvivenza il bambino ha
la possibilità di sentirsi al mondo e di essere connesso con l’oggetto sé, ovvero colui che ci
permette la sopravvivenza. Un altro concetto importante è quello della image prenatale
idealizzata ovvero una rappresentazione che il bambino costruisce in funzione della capacità del
genitore di saper rispondere ai suoi bisogni, quindi c’è una costruzione interna di un imago
(immagine) che è fortemente ancorata a quanto il genitore è riuscito a rispondere empaticamente
al bisogno del bambino.
E’ quindi importante vedere il sé come una struttura della personalità in funzione della quale le
persone potranno andare incontro ad un organizzazione funzionale e adattiva oppure ad aspetti di
disgregazione e frustrazione. L’organizzazione trasmutante è un’organizzazione che permette di
costruire un sé solido e flessibile, per cui può mutare e permettere al sé nucleare e agli stati di
narcisismo originari di adattarsi alla realtà affinchè la personalità non vada incontro a degli esiti
disfunzionali.
Mitchell
Mitchell e il suo modello apre una strada che si concretizzerà nella psicoanalisi contemporanea.
Egli concilia i modelli originali della psicoanalisi delle origini e il modello della psicoanalisi
interpersonale, portando maggiore rilievo al fatto che la mente nasce, cresce e si sviluppa
all’interno delle relazioni per cui viene chiamata da Mitchell mente diadica in opposizione alla
mente monadica di Freud in cui vi era la visione del neonato che si interfaccia alla realtà esterna in
relazione dei propri impulsi per poterli gestire, mentre la mente diadica dà importanza
all’interazione e alla figura dell’altro per cui è una mente interattiva dato che si rapporta con altre
menti.
Egli integra il modello pulsionale e il modello relazionale dando vita al modello di sintesi che
chiama modello del conflitto relazionale, un conflitto che tutti hanno internamente tra le
esperienze e sensazioni che sono state interiorizzate a partire dalle relazioni che si hanno nella
prima infanzia con gli altri significativi. Gli schemi relazionali delle volte vengono agiti in maniera
rigida dal soggetto per cui uno degli obbiettivi della terapia è quello di aiutare il paziente a
sperimentare una variabilità degli schemi relazionali, a vivere diverse configurazioni relazionali con
l’altro.

Test proiettivi grafici “la psicodinamica utilizza i test proiettivi”

Il soggetto riesce a proiettare delle componenti di sé nelle elaborazioni che gli vengono richieste
ma sono eccessivamente soggettivi per cui l’interpretazione è lasciata allo psicologo, sono degli
strumenti qualitativi e non quantitativi.
Questi usano il disegno come strumento di conoscenza psicologica, inizialmente si è utilizzato il
disegno della figura umana per dare una valutazione cognitiva del bambino, al contrario vi sono
psicologi che utilizzano il disegno della figura per dare un’analisi della personalità (si utilizza più
per questi).
Gli scarabocchi, ovvero come disegna il bambino nei primi anni di vita, sono formati da delle fasi
individuate da Luquet di progresso della capacità dei bambini di disegnare, fino ai tre anni si tratta
di realismo fortuito in cui il bambino non rispetta le proporzioni della realtà nonostante cerchi di
disegnare ciò che vede, nella fase del realismo mancato (3-5 anni) decide prima dell’esecuzione
quale sarà il soggetto ma il risultato sarà incomprensibile sia all’osservatore che a lui poiché nel
racconto menziona cose che nel disegno effettivamente non sono presenti, nel realismo
intellettuale (5-8 anni) il bambino riesce a disegnare ed è fedele alla realtà il risultato ma non c’è
considerazione della prospettiva, in fine nel realismo visivo (9 anni) il bambino si rende conto che
ci sono delle contraddizioni tra ciò che disegna e la realtà per cui si sforza maggiormente per
evitare che ciò accada.
I disegni vengono interpretati in maniera individuale dato che non sono presenti specifici aspetti di
validità.
Un altro test molto importante è quello dell’albero di Koch, l’albero dal punto di vista
psicodinamico esprime una proiezione dell’immagine di sé e la parte bassa può essere identificata
con la parte più profonda di noi (inconscio) mentre la parte alta l’aspetto più razionale (conscio).
Sono dei test che però non godono di proprietà psicometriche ovvero non hanno la capacità di
misurare la qualità del funzionamento ma possono dare una lettura che orienta il clinico.
Nonostante ciò sono utilizzati dall’80% degli psicologi infantili. Un altro test importante è quello
della famiglia che è un ampliamento del disegno della figura umana in cui si chiede al bambino di
disegnare la famiglia per cui il clinico entra in contatto con la percezione che il bambino ha di se
stesso e delle sue figure genitoriali, è dunque possibile capire il modo in cui sono interiorizzati gli
oggetti della relazione.

Test proiettivi tematici

CAT (children’s Apperception test) stimola nel soggetto, in maniera non del tutto consapevole, una
proiezione di ciò che è dentro di se e non è esplicita. Viene utilizzato nei bambini dai 2 ai 10 anni
perché è un’estensione verso le persone più piccole del TAT che era stato ideato per adolescenti e
adulti.
Il suo scopo è quello di osservare come il soggetto riporta nel compito che gli viene richiesto, che
consiste nell’interpretazione e successivamente narrazione di immagini che gli vengono mostrate,
si utilizzano immagini legate ai vissuti di aggressività, al rapporto dei genitori come coppia, i
conflitti, le paure ecc… attraverso la narrazione di ciò che gli viene mostrato il soggetto racconta di
se. Il CAT analizza dunque la struttura di personalità del bambino, le sue reazioni relative a
momenti importanti dello sviluppo come si comporta di fronte ai conflitti, ed è composto da 10
tavole in cui ci sono come protagonisti degli animali rappresentati in bianco e nero, gli animali
vengono raffigurati mentre svolgono attività della vita quotidiana.
Vi sono delle critiche rivolte a questo test, relative alla scarsa validità dello strumento poiché dal
punto di vista psicometrico non può darci informazioni, non ci sono delle misure standardizzate e
nemmeno riferimenti normativi.
Ci sono però dei criteri che ci fanno da bussola per cui si guarda se la narrazione è stata coerente,
qual è stato lo stato emotivo che ha accompagnato la narrazione, osservare se fossero presenti
personaggi più importanti rispetto ad altri oppure se alcuni personaggi sono stati omessi. Una cosa
molto importate però riguarda l’esito della storia, a prescindere da come sia stata narrata, per cui
se l’esito è negativo o positivo.

Test psicodiagnostico di Rorschach (test proiettivo strutturale)

Il test fu ideato da Hermann Rorschach uno psichiatra svizzero che sperimenta una tecnica
costituita da macchie di inchiostro poiché per lui era una modalità che attivava nei soggetti il
meccanismo della proiezione per poi dare un’interpretazione molto approfondita della
personalità. Ha una validità più forte rispetto agli altri test perché essendoci un sistema di codifica
rispetto alle risposte date dal soggetto.
Però non essendo un test psicometrico ma nonostante ciò permette una quantificazione delle
risposte e un’elaborazione statistica.
E’ un test formato da 10 tavole 5 delle quali in bianco e nero, 2 rosse e nere e le altre tre colorate,
in cui vi sono delle immagini simili a quelle che si formano quando una macchia d’inchiostro cade
sul foglio e si espande, successivamente il foglio viene piegato in due parti avendo così la visione
bilaterale simmetrica dell’immagine. Le tavole devono essere presentate nel loro ordine senza
interruzioni ma se un paziente si mostra particolarmente stanco si può fare una breve pausa dopo
la tavola 5. L’esaminatore annota ciò che il paziente dice e anche il comportamento non verbale
specificando il tempo di latenza quanto passa prima che il soggetto interpreti dopo che gli è stata
consegnata la tavola, e il tempo totale ovvero quello che passa dalla consegna della tavola a
quando viene restituita. Alla fine della somministrazione viene condotta l’inchiesta in cui si chiede
al soggetto maggiore spiegazione di ciò che è stato annotato.
Ogni risposta che il paziente da a quella macchia deve essere tradotta in una sigla e ogni risposta
viene siglata secondo 4 categorie: localizzazione (dove il soggetto ha localizzato la sua risposta),
determinante (cosa lo ha portato a rispondere proprio in quel modo) , contenuto (qual è il
contenuto della risposta) , frequenza (è una risposta frequente nella popolazione generale o è
particolarmente singolare).
Prevede una somministrazione individuale ma c’è una variante chiamata “z-test” che prevede la
somministrazione collettiva, può essere utilizzata dopo una serie di colloqui in cui è stata fatta la
raccolta anamnestica. Nella consegna viene chiesto al paziente di riportare a parole ciò che vede
nelle immagini, quando il soggetto non vede più niente si passa a un’altra tavola.
Nell’interpretazione classica in termini psicodinamici andremo a interpretare una lettura
descrittiva della personalità in cui parleremo della sua personalità, caratteristiche relazionali,
conflitti ecc…
Nell’interpretazione psicoanalitica assume le caratteristiche di una tecnica proiettiva per cui fa
intendere qualcosa riguardo le dinamiche interne del soggetto.

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