La storiografia psicologica contemporanea riconosce a Wilhelm Wundt (1832-1920) il merito di aver costituito la psicologia come scienza indipendente. Wundt non fu un innovatore come Freud, ma seppe sintetizzare, in un’opera colossale, tutte le concezioni e i risultati empirici di carattere psicologico emersi sia nel passato sia nell’epoca a lui contemporanea. Nell’ambito di scienze fra loro distanti quanto la fisiologia e la filosofia, l’etica e l’antropologia, grazie alla sua cultura, che comprendeva la conoscenza della tradizione anglosassone dalla filosofia empirica all’evoluzionismo darwiniano, egli riuscì a fornire una base concettuale unitaria alla nuova scienza psicologica. Nel 1873-74 uscì la prima edizione degli Elementi di psicologia fisiologica, che può essere considerata la prima opera sistematica della psicologia scientifica moderna. In essa vengono trattati temi filosofici, epistemologici, fisiologici, psicofisiologici, psicologici; molto spazio viene dedicato alla psicofisica di Weber e Fechner, pietra miliare nello sviluppo della psicologia sperimentale. Nel 1879 fondò il primo laboratorio di psicologia sperimentale nella storia della psicologia scientifica. In esso, egli affronta sperimentalmente quattro campi d’indagine: la psicofisiologia dei sensi, l’attenzione misurata con la tecnica dei tempi di reazione, la psicofisica e le associazioni mentali. Molte delle teorie psicologiche wundtiane sono oggi improponibili, come il “volontarismo”, secondo cui i processi psichici umani passano attraverso quattro fasi: la stimolazione; la percezione, che rende cosciente l’esperienza psichica; l’appercezione, che costituisce una fase durante la quale l’esperienza cosciente viene identificata qualificata e sintetizzata dalla mente; l’atto di volontà, che suscita la reazione psichica e che è connotato dal libero arbitrio, vissuto come sede di stati d’animo risolutivi organizzati in una specifica successione temporale. Nell’opera di Wundt vi è il patrimonio della psicologia scientifica contemporanea: diede definizione programmatica dell’oggetto dell’indagine psicologica: l’esperienza umana immediata, contrapposta a quella mediata, oggetto delle scienze fisiche; codificò il metodo sperimentale nell’ambito dell’indagine psicologica, insistendo sull’importanza dell’accurata identificazione, dello stretto controllo e della precisa quantificazione delle variabili psichiche, che nel suo laboratorio erano circoscritte ai processi sensoriali e percettivi semplici; enunciò un principio che continua oggi a caratterizzare le sistematizzazioni psicologiche: il principio del “parallelismo psicofisico”. Secondo tale principio, i processi mentali e fisici dell’organismo umano sono paralleli: né i primi causano i secondi, né i secondi causano i primi, ma ciascun cambiamento dei primi corrisponde ad un cambiamento dei secondi. Molte delle istanze contenute nella sua opera sono divergenti: da un lato egli si contrappone alla tradizionale psicologia introspezionistica di derivazione hobbesiana, perché insiste nel porre gli eventi mentali in relazione a stimoli e a reazioni conoscibili e misurabili, e difende l’importanza della ricerca sugli animali, dall’altro, conferisce all’introspezione lo status di metodo psicologico privilegiato; da un lato, esclude dalla propria indagine sperimentale il pensiero, ma dall’altro esprime posizioni che sono in linea con l’odierna psicologia cognitivista; da un lato può essere considerato il padre delle psicologie elementistiche, cioè di quelle psicologie che scompongono la coscienza o il comportamento in elementi semplici ed irriducibili, dall’altro formula e sviluppa concetti, quali quello di sintesi creativa, che precorrono le psicologie antielementistiche o globalistiche, come le psicologia della Gestalt; da un lato, pone le premesse storiche di una psicologia dell’uomo astratto generalizzato, non interessata alle differenze interindividuali e alle applicazioni nella vita sociale, ma dall’altro dedica molta attenzione ai problemi della psicologia applicata e della psicopatologia. lo strutturalismo: uno schizzo storico Titchener tradusse in inglese l’opera di Wundt e la riflessione su di essa fu il punto di partenza verso l’elaborazione di un sistema personale, rigoroso e coerente, che va sotto il nome di “strutturalismo” o “esistenzialismo titcheneriano” o “introspezionismo”, che trova il proprio manifesto in The Postulates of a Structural Psychology. la psicologia secondo gli strutturalisti La psicologia ha per oggetto l’esperienza, come la fisica, e la scientificità intrinseca della psicologia ha la stessa natura e lo stesso livello potenziale rispetto alla scientificità intrinseca della fisica. La differenza tra fisica e psicologia sta nel fatto che la prima studia l’esperienza in quanto indipendente dal soggetto esperiente, mentre la seconda studia l’esperienza in quanto dipendente dal soggetto esperiente. “Mente” e “coscienza” sono le due categorie generali che si riferiscono all'esperienza umana immediata: la “mente” è la somma di tutti i processi mentali che hanno luogo nella vita di un individuo; la “coscienza” è la somma di tutti i processi mentali che hanno luogo hic et nunc, in un determinato momento della vita dell’individuo. Titchener considera l’“Io”, o il “Sé”, una dimensione non sottoponibile all’indagine sperimentale ed estranea alla psicologia scientifica. Lo scopo dell’indagine psicologica consiste nel descrivere i contenuti elementari della coscienza e nell’evidenziare le leggi che presiedono al loro combinarsi e al loro susseguirsi. La psicologia titcheneriana è pertanto eminentemente descrittiva. Il perché del termine “strutturalismo”: nel linguaggio titcheneriano, la “struttura” mentale è il complesso risultato della somma di molteplici elementi coscienti semplici, come in un mosaico o meccano psichico. Scopo dell’indagine psicologica è la scomposizione e la ricomposizione analitica dei “pezzi”. i tre elementi della coscienza L'esperienza cosciente si presenta sotto forma di percezioni, idee, emozioni o sentimenti. Ma l'interesse analitico dello psicologo è rivolto agli elementi semplici o costitutivi delle percezioni, che sono le “sensazioni”; agli elementi semplici o costitutivi delle idee, che sono le “immagini” mentali; agli elementi semplici o costitutivi delle emozioni o dei sentimenti, che sono gli “stati affettivi”. Dei tre elementi, la sensazione è la più importante. Corrisponde allo stato di coscienza concomitante alla stimolazione di un organo sensoriale periferico. Oltre ai cinque sensi, Titchener sottolinea l'esistenza delle sensazioni “cinestesiche”, che provengono dai nostri muscoli. L'elemento “immagine” compare nei processi mentali relativi a esperienze non attuali, come i ricordi e le anticipazioni del futuro. Nell'esperienza soggettiva l'immagine è molto simile alla sensazione, ma si presenta come più “trasparente” e “vaporosa” rispetto alla seconda. Il rapporto fra immagine e sensazione è semplice e diretto: quando un organo sensoriale periferico è stato stimolato più volte, si instaura nel cervello uno stato di eccitazione centrale che può sostituire la stimolazione periferica e produrre l'immagine al posto della sensazione. L'elemento “stati affettivi” è costitutivo delle emozioni e dei sentimenti quali l'amore, l'odio, la gioia, la tristezza. Come l'immagine, anch'esso è molto simile alla sensazione; in particolare, tanto gli stati affettivi quanto le sensazioni si stemperano qualora vengano ripetuti. L’esperienza quotidiana è costellata di combinazioni tra sensazioni e stati affettivi. Per quanto semplici o irriducibili, gli elementi della coscienza hanno degli attributi. Quelli fondamentali della sensazione e dell'immagine sono quattro: la “qualità”; l’“intensità”; la “durata”; la “chiarezza”. Quanto agli stati affettivi, essi possiedono solo gli attributi della qualità, dell'intensità e della durata, cioè manca loro l'attributo della chiarezza. Fra le sensazioni e le immagini da un lato e gli stati affettivi dall'altro esiste un'ulteriore differenza: mentre i secondi sono sempre e necessariamente o piacevoli o spiacevoli, le prime sfuggono a questa legge del contrasto. il metodo: l’introspezione Come la fisica, la psicologia procede mediante osservazione empirica. Nella fisica, è un’“ispezione” rivolta ai contenuti del mondo esterno; nella psicologia, è un’“introspezione” rivolta ai contenuti della coscienza. L'introspezione è il metodo che caratterizza la psicologia rispetto alle altre scienze; i dati empirici oggettivi diventano psicologici solo se e nella misura in cui possono essere interpretati dall'introspezione. Nelle intenzioni di Titchener, questo introspezionismo sperimentalistico è il criterio che differenzia la psicologia scientifica dalla psicologia razionale prescientifica. Nel proprio procedere, lo psicologo introspezionista deve seguire due norme: deve adottare il criterio elementistico; deve salvaguardarsi dall'incorrere nell’“errore dello stimolo”. L'adozione del criterio elementistico implica che ogni dato cosciente sia scomposto in elementi non suscettibili di ulteriore scomposizione; elementari sono quei dati coscienti che l'introspettore non riesce, malgrado un'analisi introspettiva persistente, a ridurre a componenti più semplici. L'“errore dello stimolo”, da cui lo sperimentatore introspezionista deve salvaguardarsi, consiste nell'attribuzione di significati o valori ai dati dell'esperienza cosciente, che vanno riportati nella loro nuda esistenzialità. Con un addestramento, il soggetto impara a riferire la propria esperienza cosciente immediata, scindendola dall'involucro sociale-culturale-linguistico in cui è ingabbiata; impara a descrivere il processo cosciente determinato dall'oggetto-stimolo. il funzionalismo: uno schizzo storico Il movimento funzionalistico apparve come un’espressione della cultura nordamericana. Il suo principale ispiratore fu il più venerato fra gli psicologi americani, William James, il cui Principi di psicologia (1890) rappresenta il simbolo della nascente indipendenza americana nei confronti della psicologia tedesca, e in cui, in modo esplicito e specifico, veniva fatto riferimento al significato e alla rilevanza per la psicologia delle teorie evoluzionistiche di Darwin e Spencer; teorie che, insistendo sul rapporto tra organismo e ambiente, trovavano risonanza nel contesto socioculturale nordamericano dei primi anni del secolo. Rispetto allo strutturalismo, si presentò come un sistema eterogeneo e tollerante delle altre prospettive. la psicologia secondo i funzionalisti Facendo riferimento alle concezioni di Darwin, i funzionalisti considerano l’organismo umano come l’ultimo stadio del processo evolutivo. I processi mentali sono quelli che sono perché hanno aiutato l’organismo a sopravvivere, gli sono stati utili nel suo adattarsi all’ambiente. L’interrogativo principale per la psicologia diventa non “cosa sono”, ma “a cosa servono e come funzionano i processi mentali”. L’accento è posto sulle operazioni dell’intero organismo biologico umano, anziché sui contenuti della mente umana isolata dal corpo. Scompare il dualismo “mente-corpo”. Per i funzionalisti, i processi mentali sono espressi dal medesimo organismo che esprime i processi biologici. Acquisendo valenza biologica, la psicologia acquisisce valenza esplicativa: i funzionalisti “descrivono” e “spiegano” rimanendo nella psicologia. Oggetto della ricerca psicologica sono “le attività mentali relative all'acquisizione, all'immagazzinamento, all'organizzazione e alla valutazione delle esperienze, e alla loro utilizzazione nella guida del comportamento” (Carr, 1930). Ciò che è centrale è il concetto di “comportamento adattivo”, caratterizzato da tre componenti: una stimolazione motivante, interna o esterna; una situazione sensoriale; una risposta che alteri la situazione per soddisfare le condizioni motivanti. Grande importanza rivestono i processi mentali coscienti. La coscienza non sfugge alla legge dell'adattamento, anzi, ne costituisce il massimo esempio: emerge quando il comportamento è ostacolato da eventi problematici in ordine alla sopravvivenza dell'organismo, e, dopo aver svolto il proprio ruolo adattivo, tende a eclissarsi e a farsi sostituire dagli automatismi comportamentali. il funzionalismo come antielementismo Il funzionalismo sferra un attacco alla tradizione psicologica elementistica. Secondo Dewey l'arco riflesso non è scomponibile in due entità indipendenti (stimolo e risposta), bensì costituisce un anello unitario in un'ininterrotta catena di archi riflessi. Ogni attività dell'organismo è un processo globale e continuo. Tuttavia, aggiunge Dewey, è lecito distinguere fra stimolo e risposta, perché l'uno e l'altra assolvono funzioni diverse nell'adattare l'organismo alla situazione ambientale. La distinzione fra stimolo e risposta è “funzionale” e si fonda su ciò che fanno; non è “esistenziale” e non si fonda su ciò che sono. In definitiva, il concetto di “funzione” è antielementistico in due sensi distinti. Da un lato, le funzioni mentali sono attività globali, in sé non scomponibili; dall'altro, sono processi dinamici di carattere strumentale con i quali l'organismo si adatta all'ambiente circostante. le funzioni mentali Oggetto della ricerca funzionalistica sono i processi mentali già studiati da Titchener, ridefiniti in termini di “funzioni”, e i processi mentali nuovi. I primi sono sensazione ed emozione. I secondi sono percezione, motivazione, apprendimento e pensiero. Oggetto centrale della ricerca strutturalistica, la sensazione diventa, proprio in quanto elementare, oggetto molto marginale della ricerca funzionalistica. Tuttavia i funzionalisti riconoscono il valore adattivo dei processi sensoriali: mediante l'“abilità spaziale”, che è tanto maggiore quanto più si sale nella scala filogenetica, l'organismo assolve la funzione adattiva del localizzare gli oggetti nello spazio circostante e nel discriminarne le dimensioni. Quanto all'emozione, i funzionalisti ne sottolineano il carattere adattivo, di riadattamento organico automatico, che aumenta l'efficacia della risposta a situazioni particolari. I funzionalisti ammettono l'esistenza di emozioni “gratuite”, non direttamente funzionali o antifunzionali alla sopravvivenza. Nell'approccio funzionalista la percezione è un processo mentale a sé stante, non una somma di sensazioni elementari, come nell'approccio strutturalista. Carr la definisce: “cognizione di un oggetto presente in relazione a un comportamento adattivo”. Dato il suo orientamento biologizzante e la sua vocazione esplicazionistica, la psicologia funzionalistica attribuisce grande importanza alla motivazione. Carr la definisce così: “qualsivoglia stimolo relativamente persistente che domina il comportamento dell'individuo fino a quando quest'ultimo non reagisce in modo tale da soddisfarlo”. Ma l'oggetto principale della ricerca funzionalistica è l'apprendimento. Funzione adattiva per eccellenza, consiste nell'acquisizione, da parte dell'organismo animale o umano, di appropriate modalità di risposta a situazioni problemiche presenti nell'ambiente dell'organismo stesso; modalità di risposta che hanno valore di sopravvivenza. Se questa caratterizzazione evoluzionistica del significato globale dell'apprendimento costituisce una “esclusiva” dei funzionalisti, la loro spiegazione dei meccanismi interni dell'apprendimento è debitrice della tradizione psicologica associazionistica. Carr eredita da Thorndike la “legge dell’effetto”, formulata nel 1905: “ogni atto che, in una data situazione, produce soddisfazione finisce con l'essere associato a quella situazione. Così, quando la situazione si ripresenta, l'atto ad essa relativo ha maggiori probabilità di ripetersi rispetto al passato. Viceversa, ogni atto che in una data situazione produce insoddisfazione finisce con l'essere dissociato da quella situazione. Così, quando la situazione si ripresenta, l'atto ad essa relativo ha minori probabilità di ripetersi rispetto al passato”. Rispetto agli associazionisti, i funzionalisti danno meno importanza all'apprendimento “per prove ed errori”. Sostengono che, fin dal primo impatto con la situazione problemica, l'organismo vivente si comporta in modo selettivo e analitico. Per quanto concerne il pensiero (inteso come flusso continuo), i funzionalisti ne sottolineano gli aspetti adattivi o strumentali: un'idea, un ragionamento, un'aspettativa possono avere una funzione adattiva tanto quanto le percezioni. i metodi del funzionalismo Il funzionalismo detronizza l'introspezione dal suo status di unico metodo psicologico. Da un lato le funzioni mentali non compaiono nell'esperienza diretta; dall’altro, secondo la definizione di William James, la coscienza è “un fiume che scorre”, un'ininterrotta corrente, e non può essere colta mediante un metodo statico e parcellizzante qual è quello introspettivo titcheneriano. Si può parlare di “eclettismo metodologico” dei funzionalisti. Valorizzano la sperimentazione di laboratorio, soprattutto nel campo dell'apprendimento: ma da un lato, rispetto a Titchener, essa è intesa e praticata in modo meno sistematico, dall’altro è accompagnata e spesso sostituita dal metodo genetico e dal metodo osservazionale, ritenuti idonei a cogliere le funzioni mentali nel loro contesto naturale. I funzionalisti (soprattutto Angell) accettano i contributi alla conoscenza psicologica della filosofia, della storia, della letteratura, dell'arte. In un certo senso, possono essere considerati anticipatori del contemporaneo interdisci-plinarismo. I funzionalisti ricorrono talora all'osservazione oggettivistica o comportamentale, quale integrazione all'osservazione soggettivistica, che rimane il fondamentale criterio metodologico. I funzionalisti aprono la psicologia allo studio delle differenze individuali, dello sviluppo infantile, del comportamento animale, e abituano lo psicologo a considerare con minore diffidenza l'ambito delle applicazioni psicologiche. la polemica fra strutturalisti e funzionalisti Intorno al 1910 la psicologia americana conobbe un dibattito fra Titchener e i suoi allievi (Ruckmick e Dallenbach), da un lato, e i rappresentanti della Scuola di Chicago dall'altro. Strutturalisti e funzionalisti, pur polemizzando fra loro, sanno di appartenere alla medesima grande famiglia soggettivistica: Titchener non scomunica il funzionalismo come poi invece scomunicherà il comportamentismo, e d'altro lato Angell e Carr riconoscono alla coscienza lo status di oggetto fondamentale della ricerca psicologica, limitandosi ad affermare che di essa intendono studiare non solo e non tanto i contenuti, quanto piuttosto le funzioni. Al funzionalismo Titchener rivolge soprattutto due critiche. In primo luogo, egli contrappone il proprio sperimentalismo sistematico alle componenti filosofiche o aprioristiche presenti nella Scuola di Chicago, componenti che, a suo avviso, tendono a riportare la psicologia al periodo prescientifico. In secondo luogo, Titchener, pur riconoscendo scientificamente legittimo lo studio delle funzioni mentali, sostiene che esso deve essere preceduto dallo studio esaustivo dei contenuti mentali: non ha senso cercare di capire cosa “fanno” per l'organismo i processi coscienti, se prima non si è capito cosa essi “sono”. Quanto ai funzionalisti, la loro critica principale allo strutturalismo è quella secondo cui i “momenti di coscienza” rilevati mediante introspezione sono transitori ed evanescenti, e cessano di esistere non appena trascorsi; mentre le funzioni mentali, come quelle fisiologiche, sono persistenti e continuative, e, rimanendo identiche a sé stesse, possono essere svolte da strutture di volta in volta diverse. Della polemica fra strutturalisti e funzionalisti va ricordato un altro aspetto, che è rimasto problematico anche nell'odierna riflessione psicologica: quello relativo all'“utilità” o meno della psicologia. Da un lato, Titchener si erige a difensore di una scienza psicologica pura, disinteressata, circoscritta al laboratorio accademico, gestita con lo stesso rigore impersonale che caratterizza il procedere del fisico. D'altro lato, attirandosi l'accusa titcheneriana di tecnologismo, i funzionalisti operano una scelta radicalmente opposta: influenzati dalla filosofia pragmatistica, che identifica il “vero” con l'“utile”, essi in ultima analisi giustificano la scienza psicologica sulla base del valore sociale dei suoi risultati.
LA PSICOLOGIA RESA SEMPLICE - VOL 2 - Introduzione alla psicologia delle emozioni. Da Darwin alle neuroscienze, cosa sono le emozioni e come funzionano.
LA PSICOLOGIA RESA SEMPLICE - VOL 4 - LA COSCIENZA Alla scoperta degli stadi della mente: dal conscio all’inconscio, dall’influsso dei ritmi biologici, al sonno e ai sogni.
LA PSICOLOGIA RESA SEMPLICE - VOL 1 - Storia della psicologia scientifica. Dalla nascita della psicologia alla neuropsicologia e agli ambiti di applicazione più attuali.
Pendekatan sederhana terhadap Freud: Panduan untuk menjelaskan penemuan Sigmund Freud dan prinsip-prinsip psikologi mendalam dengan cara yang sederhana