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QUALITÁ DELLA RADIAZIONE: TIPO E ENERGIA

Per radiazione ionizzante si intende qualsiasi tipo di radiazione in grado di produrre la


ionizzazione di atomi e/o molecole del mezzo che attraversano. Ciò può avvenire:
 direttamente: e  , p, α  ionizzano per collisione
 indirettamente: γ, n  mettono in moto particelle direttamente ionizzanti o danno
luogo a reazioni nucleari.
Oltre alla ionizzazione, le particelle ionizzanti perdono energia anche per eccitazione
del mezzo attraversato. L'energia spesa da una particella ionizzante nell'attraversare un
mezzo è ripartita circa in eguale misura tra eccitazione e ionizzazione della materia. Le
energie di soglia per i due processi sono confrontabili e dell'ordine di alcuni eV per gli
elettroni meno legati.
Il mezzo in cui hanno origine i processi promossi dalle radiazioni ionizzanti può essere
significativo a livello biologico cellulare. Discipline come la radiobiologia, la radioterapia, la
medicina nucleare, la radioprotezione e la radiochimica cercano di mettere in relazione
l'effetto prodotto nel mezzo biologico con le caratteristiche fisiche del campo di radiazione.
Gli effetti, biologici, fisici o chimici indotti dalle radiazioni ionizzanti si manifestano soltanto
a seguito di una cessione di energia alla materia. Pertanto per risolvere nel modo più
intuitivo il problema è stata introdotta una grandezza, la dose assorbita, che rappresenta
l'energia assorbita dal mezzo irradiato per unità di massa.
Tuttavia tale quantità non è in grado di dare una spiegazione e una misura completa
degli effetti biologici prodotti. Quindi sono state introdotte altre grandezze fisiche, dette
dosimetriche, per descrivere le varie fasi dei processi di trasferimento di energia dalla
radiazione alla materia.
La dosimetria è la disciplina che si occupa della misura dell'energia ceduta dalla
radiazione e assorbita dal corpo irradiato.
Per valutare le grandezze dosimetriche è necessario conoscere le caratteristiche del
campo di radiazioni e quelle dei mezzi materiali, in rapporto alle interazioni con le
radiazioni ionizzanti. Per descrivere il campo di radiazione si ricorre alle grandezze
radiometriche, mentre le caratteristiche del mezzo vengono rappresentate mediante i
coefficienti di interazione, il potere frenante, ecc. Tutte le grandezze dosimetriche possono
essere espresse da una grandezza radiometrica moltiplicata per una costante
caratteristica del mezzo.
L'International Commission on Radiological Units (ICRU), organizzazione internazionale
fondata nel 1925, ha, tra gli altri, lo scopo di formulare raccomandazioni riguardo alle
grandezze e alle unità di misura di interesse radiologico.

GRANDEZZE RADIOMETRICHE
Grandezze di sorgente
Attività
Si definisce attività della sorgente radioattiva il numero di disintegrazioni nell'unità di
tempo (non il numero di particelle o di fotoni emessi):

dN dN = numero di trasformazioni nucleari spontanee che avviene


A nella quantità di radionuclide considerata nell'intervallo di tempo
dt dt (cambiamento di nuclide o transizione isomerica).
L’attività è altresì proporzionale al numero totale di atomi della specie considerata. Si
può quindi scrivere
dN
A   N
dt

Cap 1 - grandezze 1
dN
Dove il segno meno indica la diminuzione nel tempo del numero di atomi ( è una
dt
grandezza negativa).
Risolvendo l’equazione differenziale scritta precedentemente si ottiene:
N (t )  N 0  e  t
che rappresenta l’evoluzione nel tempo del numero di atomi della specie considerata.
Allo stesso modo si potrà scrivere:
A(t )  A0  e  t
λ prende il nome di costante di decadimento e dimensionalmente si esprime in s-1.
Fisicamente rappresenta la probabilità per unità di tempo che un determinato nuclide
subisca un decadimento.
Di particolare importanza è il tempo di dimezzamento, ossia il tempo necessario
affinché una popolazione originaria di N nuclidi dimezzi il proprio numero. Il tempo di
dimezzamento può essere facilmente ricavato dall’equazione
N0
N 0  e  t 
2
ln 2
da cui si ricava facilmente t = T1/ 2  .
λ
Esempi: La costante di decadimento del 99mTc è λ=3,2037x10-5 s-1
pertanto T1/2(99mTc)= ln2  0,6931
 21636s  6,01h
λ 3,2037x10  5
Il 60Co dimezza la propria attività in 5,2714 anni, la costante di decadimento è pertanto

λ 60 Co ln2

0,6931
T1/2 5,2714  365  24  60  60
 4,1696x10 9 s -1

L'unità di misura dell’attività è il Becquerel (Bq):


1 Bq = 1 s-1
La prima unità di misura utilizzata è il Curie (Ci); 1 Ci = 3.7 x 1010Bq.
Attività specifica
L'attività non dà informazioni sulla quantità di materia radioattiva presente. Serve
conoscere l'attività specifica AS , che è espressa in Bq/g.
Considerando un radionuclide allo stato puro, la sua attività, come già detto, è data dal
prodotto tra la costante del decadimento e il numero di atomi presenti:
AN
Tuttavia il numero di atomi presenti si ottiene moltiplicando il numero di Avogadro (NAV),
che rappresenta il numero di atomi in una mole, per il numero di moli M, che è dato dalla
m
massa del radionuclide diviso il suo peso atomico: M 
PA
Possiamo così sostituire nell'espressione dell'attività specifica
A N N Av  M N AV  m
= = = AS    
m m m m  PA
cioè
N AV
AS   
PA

Cap 1 - grandezze 2
Costante Г specifica
Nel caso di sorgente puntiforme di fotoni si usa definire la costante gamma specifica 
secondo la relazione:
12  X = rateo di esposizione (grandezza dosimetrica che verrà
 X illustrata in seguito)
A
A = attività
1 = distanza di 1m dalla sorgente
Rm 2 C  m2
Le dimensioni di Γ sono nelle unità di misura storiche ( ).
hCi kg  s  Bq
Avendo una sorgente  nota di attività A, la costante Γ permette di conoscere la X a 1m
dalla sorgente.
 Si può in generale calcolare X a una distanza d  1m con la legge dell'inverso del quadrato
della distanza.
Supponiamo che una sorgente isotropa emetta N di particelle al secondo su l’angolo solido
4  . Calcoliamo quante particelle incidono al secondo su unità di superficie di una sfera di
raggio d centrata sulla sorgente:
N N
Id  
sup erficie 4d 2
Vediamo il rapporto dei valori di I calcolati a 2 distanze diverse:
I1 N 4d 22 d 21
   2
I 2 4d 12 N d1
Poiché X  I, avremo:

X 1m d 2 1 1
 2  X d  X 1m  2    A  2

Xd 1 d d
 ci consente quindi di calcolare l'intensità di esposizione ad una distanza d:
X d    A(Ci )

Altre caratteristiche di sorgente: qualità e filtrazione


La qualità della radiazioni emessa da una sorgente è rappresentata dal tipo e
dall'energia delle particelle e radiazioni emesse. E' nota a partire dallo schema di
decadimento o è determinata mediante spettrometria. Essa viene ovviamente modificata
dal materiale interposto tra sorgente e rivelatore.
Per alcune sorgenti sigillate è necessario fornire anche le caratteristiche di filtrazione
delle capsule sigillate, come ad esempio i preparati di Radio di uso terapeutico con pareti
filtranti di 0,5 mm di platino-iridio ("aghi") oppure 1mm di platino-iridio ("tubi"). Le capsule
per sorgenti di radio devono sottostare a specifiche regolamentazioni per garantire la
tenuta di gas. Il 226Ra decade infatti in 222Rn che è un gas nobile radioattivo.
Grandezze caratterizzanti per macchine radiogene
Per “macchine radiogene” si intendono gli apparecchi generatori di radiazione
ionizzante, come tubi a raggi X e acceleratori di particelle di vario tipo e energia.
Nel caso degli acceleratori i parametri che più interessano la radioprotezione sono
l'energia delle particelle accelerate e le potenze medie del fascio (prodotto della tensione
per la corrente media).
Nel caso dei tubi a raggi X sono grandezze caratterizzanti:
 ∆V = d.d.p. applicata al tubo
 I = corrente che fluisce nel tubo
 Filtrazione propria del tubo e aggiuntiva
 Rateo di esposizione a 1 m dalla superficie del tubo per determinate condizioni di
impiego.

Cap 1 - grandezze 3
Schema di un tubo a raggi X.
Lo spettro di emissione del tubo a raggi X dovrebbe avere, in linea teorica, un
andamento raffigurato in figura 2a, dove V0 rappresenta la tensione di alimentazione del
tubo:

dN/dE dN/dE

e·Vo E e·Vo E
Fig. 2a Fig. 2b
In realtà lo spettro che si misura sperimentalmente è qualitativamente indicato in figura
2b. I materiali strutturali del tubo infatti producono un’attenuazione del fascio di radiazione
che si evidenzia in misura maggiore per le basse energie.
Quest’effetto può essere esaltato utilizzando una filtrazione aggiuntiva costituita da una
o più lastre di alluminio, rame, stagno, piombo di vario spessore (decimi di mm fino a
qualche mm) interposte sul fascio. Per eliminare le righe caratteristiche (fluorescenza X)
del metallo del 1° filtro si aggiunge a valle un altro filtro di metallo di numero atomico (Z)
più piccolo che assorbe tali righe. È possibile che l’ultimo filtro sia costituito di materiale
plastico.
La filtrazione, come si dice comunemente, "indurisce" il fascio, ossia produce uno
spostamento verso destra dell’energia più probabile, il che aumenta l’energia media e
rende il fascio più penetrante. L’intensità totale di emissione, ovvero l’area tratteggiata in
figura 2, diminuisce. In genere per ddp<120 kV si usano filtri di alluminio, tra 120 e 400 kV
2 filtri, di rame e alluminio, o 3 filtri, di stagno, rame e alluminio.
Per un rapido apprezzamento della qualità di un fascio filtrato si ricorre alla valutazione
del primo spessore emivalente (I SEV), ovvero lo spessore in mm di un filtro metallico
opportuno che dimezza il rateo di esposizione ad una distanza prefissata. Lo SEV è
espresso in mm di Al per ddp  120 kV, in mm di Cu per ddp superiori.
La corrente anodica è funzione della ddp applicata e della temperatura del catodo (filo
di tungsteno reso incandescente per mezzo di una corrente, detta corrente di
riscaldamento del catodo o corrente catodica). Dalla corrente catodica dipende la quantità
di radiazione emessa.
Per un tubo RX è definibile l'erogazione normalizzata, che è il rateo di esposizione a 1m
di distanza dal fuoco, in determinate condizioni di filtrazione, per corrente unitaria (1mA) di
R
elettroni attraverso il tubo (corrente anodica). Viene espressa abitualmente in a1
min mA

Cap 1 - grandezze 4
m, specificando la ddp e i filtri usati. L’erogazione normalizzata è particolarmente utile per
il calcolo delle schermature.
Infine, si chiama potenza del tubo il prodotto tra ddp applicata e corrente anodica; si
esprime in mA · kV o in W.

Grandezze di campo
Fluenza di particelle
La fluenza di particelle  è definita in un punto del mezzo irradiato da
dN
 misurata in m 2
da
DN

dN è il numero di particelle che attraversano la sezione


massima “da" di una sfera di raggio infinitesimo avente
centro nel punto considerato

N.B.: si utilizza la notazione differenziale poiché la definizione deve potersi applicare anche nel
caso di campi non uniformi, ove la fluenza cambia da punto a punto. A causa della natura
statistica propria dei campi di radiazione, le variabili sono sempre di tipo casuale. Tale è anche
il numero di particelle N, il cui differenziale dN deve intendersi come differenziale del numero
medio atteso di particelle.
Si definisce anche l’intensità o rateo di fluenza di particelle  (spesso chiamata densità
di flusso di particelle)
d d 2N
  misurata in m 2 s 1
dt da  dt
Fluenza di energia
Talvolta è più importante conoscere l'energia totale trasportata dalle particelle, piuttosto
che il loro numero. Si introduce quindi la fluenza di energia delle particelle 

dR dR rappresenta la somma dell'energia, esclusa quella di quiete,


 di tutte le particelle che attraversano la sezione massima da
da della sfera infinitesima centrata nel punto considerato.
Analogamente a prima, si definisce l'intensità di fluenza di energia o densità di fluenza,
definita da
d d 2R J W
   ( ) ovvero ( 2 )
dt da  dt 2
m s m
 Riassumendo, le grandezze di campo illustrate sono:
dN
  fluenza di particelle (m 2 )
da
d d 2N
   rateo di fluenza di particelle ( m 2 s 1 )
dt da  dt
dR
  fluenza di energia ( Jm 2 )
da
d d 2R
    intensità di fluenza di energia ( Jm 2 s 1 )
dt da  dt

Cap 1 - grandezze 5
GRANDEZZE CARATTERISTICHE DELLE INTERAZIONI
RADIAZIONE – MATERIA
Un importante obiettivo della dosimetria è valutare l'energia depositata in una certa
regione del mezzo irradiato. Non basta conoscere le grandezze di campo, per tale
valutazione bisogna conoscere anche le costanti che specificano le proprietà del mezzo in
rapporto alle interazioni tra radiazione e materia. Serve quindi conoscere, per le radiazioni
indirettamente ionizzanti, la probabilità di subire interazioni da parte delle particelle; per le
particelle direttamente ionizzanti, le modalità di cessione di energia del mezzo.

Particelle indirettamente ionizzanti


Coefficiente di attenuazione
dN
Supponiamo che nel tratto dl di un mezzo di densità  la frazione di particelle
N
subisca interazioni, ovvero per esse vi siano variazioni nell'energia o/e nella direzione. É
intuitivo pensare che tale frazione sia proporzionale al tratto “dl”. Si potrà pertanto scrivere:
dN
   dl
N
avendo indicato con µ tale costante di proporzionalità che prende il nome di coefficiente di
attenuazione lineare. Esso rappresenta la probabilità di interazione per unità di percorso
della radiazione nel mezzo in questione.
Si definisce anche il coefficiente di attenuazione massico 
 del materiale di densità
 , per ogni fissata energia delle particelle considerate, la grandezza:
 1 dN
 
 N dl

Infatti 
 è la probabilità di interazione delle particelle per unità di spessore massico -
ovvero espresso in ( g ).
cm 2
Inviando N particelle sul mezzo, le interazioni sono:
dN    N  dl .
Volendo esprimere lo spessore come spessore massico, moltiplico ambo i membri per  :
dN    N  dl   dl  = spessore massico
 1 dN
da questa ricavo l'espressione di cui sopra:  
 N dl

Poiché  ha le dimensioni di cm 1 , il coefficiente di attenuazione massico ha le

cm 2 m2
dimensioni di . Anche se nel sistema SI sarebbero , viene praticamente usata solo
g kg
cm 2
l'unità . Integrando l'equazione differenziale, si ottiene l'espressione del numero di
g
particelle che non ha subito interazioni nell’attraversare lo spessore (massico) l :

Cap 1 - grandezze 6

N 0 è il numero delle particelle incidenti sul mezzo,
  l
N  N 0e  N è il numero di particelle che hanno attraversato lo
spessore l senza subire interazioni.
NB: tale legge descrive correttamente la penetrazione del fascio nella materia soltanto nelle
condizioni di buona geometria, ovvero quando sperimentalmente vengono contate, in uscita del
mezzo, solo le particelle che non hanno subito interazioni e quindi non sono state deviate.

Condizioni di buona geometria. Condizioni di cattiva geometria.

 Per quanto riguarda i fotoni, se la loro energia non è sufficiente a dar luogo a interazioni
nucleari (tipo , n) le principali interazioni sono: l'effetto fotoelettrico (τ), l'effetto
Compton (σ), la diffusione coerente (σcoh) e la creazione di coppie (κ).

Possiamo esplicitare il contributo di ciascuno nel computo di

    coh 
   
    

Se il mezzo è miscela di più elementi, può essere valutato come media pesata dei

  
coefficienti i degli elementi costituenti   i wi i ove wi è la frazione in peso dell'i-
i  i
esimo elemento.
 Per i neutroni, a causa delle particolari caratteristiche del trasporto di energia nella
materia, i coefficienti di attenzione massici risultano molto meno significativi che per i
fotoni e difficilmente vengono impiegati nei problemi pratici.
Coefficiente di trasferimento di energia

Nessuna delle interazioni che concorrono a calcolare comportano il completo

trasferimento dell'energia delle particelle all'elemento di valore considerato. Ad esempio,
nei processi di diffusione in cui la particella diffusa conserva una frazione della sua
energia; oppure nel caso della radiazione di frenamento (Bremsstrahlung) emessa dai
secondari carichi prodotti: queste energie possono essere dissipate anche in punti lontani
da quelli ove è avvenuta l'interazione. Pertanto quando si è interessati alle cessioni locali
di energia è necessario prendere in considerazione altri coefficienti.
La cessione di energia avviene tramite 2 processi successivi:
1) messa in moto dei secondari carichi, con trasferimento a loro di parte o tutta
l'energia
2) dissipazione di energia da parte dei secondari carichi attraverso le collisioni che
subiscono nella materia.
Cap 1 - grandezze 7
Si introduce pertanto un nuovo coefficiente d'interazione, il coefficiente di trasferimento di
energia massico:
dE tr
è la frazione dell'energia delle particelle incidenti trasferita in
EN
 tr 1 dE tr energia cinetica di particelle secondarie a causa delle interazioni
= 
 EN dl subite dai primari nel tratto dl del mezzo di densità  .
N è il numero di particelle incidenti ed
E l’energia della singola particella.
N.B.: Nel computo  tr si devono escludere tutte le perdite di energia che non ricompaiono

sotto forma di energia cinetica dei secondari carichi messi in moto.
Analogamente a quanto visto per il coefficiente di attenuazione, si può esplicitare il
coefficiente di trasferimento d'energia massico nei suoi contributi:
 tr  a  a  a
  
   
ovviamente manca il termine della diffusione coerente, che non comporta cessione di
energia ai secondari.
Coefficiente di assorbimento di energia
Quando si vuole conoscere l'energia effettivamente depositata in un certo volume è
 EN
necessario far uso del coefficiente di assorbimento di energia massico definito come

 EN  tr g = frazione di energia che i secondari carichi dissipano in
 (1  g )
  radiazione di frenamento nel materiale d'interesse.

N.B.:  EN e  tr sono molto diversi solo quando le energie delle particelle cariche secondarie
 
sono molto maggiori dalle loro energie di quiete, e soprattutto nei materiali a Z elevato.
Nel caso dei neutroni in genere non ha significato distinguere tra  tr e  EN poiché i valori
 
numerici sono sostanzialmente coincidenti, a causa della trascurabile frazione d'energia che i
secondari carichi dissipano in radiazione di frenamento.
Lunghezza di rilassamento
L'attenuazione di neutroni ( E n  1MeV ) con uno schermo dello spessore x è descritta
dall’equazione
x
 ( x)   0 e L

L si chiama lunghezza di rilassamento e dipende da:


 energia neutroni incidenti
 materiale e geometria dello schermo
Sezione d’urto di rimozione
Una legge di attenuazione esponenziale per il rateo di dose approssima le interazioni
dei neutroni di fissione con il materiale
D ( x )  D (0)  e   r x  r  na r  sezione d'urto macroscopica di rimozione
na è il numero di atomi per unità di volume (cm3)
1
con  r   e   ine
2

Cap 1 - grandezze 8
La teoria della rimozione è spesso usata come prima stima per dimensionare schermi
neutronici.
Particelle direttamente ionizzanti
La perdita di energia in un mezzo avviene per ionizzazione ed eccitazione (perdita per
collisione). Esistono altri processi, ma a fini radioprotezionistici si considera di questi solo
la perdita per irraggiamento, nel caso di particelle cariche leggere (e  ) a energie
relativistiche.
Potere frenante massico
Per descrivere le interazioni si fa ricorso ad alcune grandezze fisiche, la più importanti
S
delle quali è il potere frenante massico definito da

S 1 dE dE è l'energia persa da una particella carica di data energia nel

  dl tratto dl del materiale di densità ρ

S Jm 2 keV  cm 2
si misura in nel SI; in pratica si usa il
 kg g
Può essere espresso come somma di 2 contributi: perdita per collisione e perdita per
irraggiamento.
1 dE 1 dE
( S ) Tot  ( ) col  ( ) rel
  dl  dl
S S
Per i miscugli o le sostanze composte:   i ( ) i i (regola di Bragg – Kleeman) ove
 
con Pi si intende la frazione in massa dei diversi elementi costituenti.
Linear energy transfer (LET)
Non basta conoscere il potere frenante massico per interpretare gli effetti della
radiazione ionizzante sulla materia vivente. Infatti è fondamentale la distribuzione spaziale
dell'energia trasferita lungo le tracce delle particelle cariche.
I secondari carichi messi in moto possono infatti avere energia sufficiente per costituire
a loro volta tracce distinte da quelle della particella carica primaria (raggi delta) e produrre
quindi ionizzazione a distanza da questa, ovvero possono formare solo qualche gruppo di
ioni in prossimità della traccia primaria stessa, se la loro energia è modesta.
Cluster di
ioni

Raggi δ
Raggi δ
secondario
carico secondario
carico

Per tenere conto di questo si introduce il LET, trasferimento lineare di energia (Linear
Energy Trasfer) o potere frenante lineare ristretto da collisioni, che si indica con L .
Chiamiamo dE l'energia dissipata della particella carica primaria considerata nel tratto
dl in collisioni che comportano trasferimenti di energia inferiori ad un prefissato valore ∆;
si definisce
dE
L  ( )  ove normalmente ∆ è espresso in eV.
dl

Cap 1 - grandezze 9
Esempio: L100 prende in esame tutte le collisioni che comportano i trasferimenti di energia in
quantità inferiore a 100 eV.
Solo questi trasferimenti verranno considerati come energia ceduta localmente nel
mezzo. Se non si impone il valore limite ∆, il LET viene indicato come L e ha lo stesso
valore numerico del potere frenante lineare da collisione. Il LET si esprime in J ; più
m
frequentemente usato è il keV
m .
Energia media per coppia di ioni
Se il mezzo è un gas, si usa spesso un'altra grandezza, che esprime l'energia media
necessaria per creare una coppia di ioni in un gas.
E N rappresenta il numero di coppie di ioni prodotte quando una
W particella direttamente ionizzante di energia cinetica E viene
N
completamente arrestata nel gas considerato
NB: nel computo di N sono inclusi anche gli ioni prodotti dalla radiazione di frenamento a da
altre reazioni secondarie prodotte dalla particella carica.

Apparentemente W dovrebbe coincidere con il potenziale di ionizzazione del gas, i cui


valori sono compresi tra 5 e 20 eV. In pratica però non tutta l'energia ceduta dalle
particelle cariche viene spesa in ionizzazione poiché una parte va dissipata in processi di
eccitazione. Pertanto il valore di W sarà maggiore. W dipende poco dal tipo e dall'energia
della particella carica incidente e dalla natura del gas: i valori misurati si trovano tutti
compresi tra 30 e 40 eV.
Quindi in prima approssimazione si considera W  34eV (valore valido per elettroni in
aria) indipendentemente dal tipo di particella e dal gas.
Calcolo dei poteri frenanti
L'energia critica per cui la frazione di energia persa per irraggiamento è circa pari a
quella persa per ionizzazione è data per gli elettroni dalla formula empirica
800 dove Z è il numero atomico del materiale, EC è
EC 
Z  1.2 l'energia espressa in MeV.
Esempio: Formula applicata ad H 2 O
16 2 65
Z H 2O  8   1   7,22
18 18 9
800
E cH 2 O   95MeV
Z H 2O  1.2
Per il carbonio E C =111 MeV e per il piombo EC =9,6 MeV.
S 1 dE
Il potere frenante massico   ( ) risulta proporzionale a (si veda più avanti la
  dx
formula di Bethe):
S 1 dE na  z 2 Z
  na = numero di atomi per unità di volume
  dx 
 N
poiché na =  AV  
Au A
ne consegue che

Cap 1 - grandezze 10
S Z z è la carica della particella
 z2 Z è il numero atomico del materiale
 A
u = massa dell'unità di massa atomica
A è il peso atomico del materiale
A  u = peso di 1 atomo
Z
Dato che varia poco lungo il sistema periodico degli elementi, il potere frenante
A
massico è abbastanza indipendente dal tipo di materiale in cui le particelle interagiscono.
dE
Tuttavia dipende dall'energia stessa della particella, pertanto il range della
dx
0
dE
particella è dato da R   che corrisponde approssimativamente alla lunghezza del
E
dE
dx
percorso della particella.
Un discorso differente si applica nel caso di particelle adroniche. Per queste la perdita
per irraggiamento è assolutamente trascurabile e si considera esclusivamente la perdita di
energia per collisione.
dE
S 
dX
Data una particella adronica carica (la formula seguente non vale per elettroni, per i
quali vale un’altra formula) S aumenta al diminuire dalla velocità (energia) della particella.
La dipendenza funzionale di S è descritta dalla formula di Bethe:
dE 4  e 4  z 2
  N B
dX m0  v 2

dove N = na, numero di atomi per cm3.


Il fattore B è dato da
 2  m0  v 2  v2  v2  v = velocità della particella
B  Z  ln  ln1  2   2  z·e = carica della particella
 I  c  c  Z = numero atomico del mezzo
m0 = massa a riposo dell’elettrone (511 keV)
I = potenziale medio di ionizzazione ed
eccitazione del mezzo
Per particelle non relativistiche (v<<c) solo il primo termine di B è significativo e varia
dE 1
poco con l’energia della particella: quindi per particelle non relativistiche  2 . A parità
dX v
2
di v, S risulta proporzionale a z , il che significa particelle con carica maggiore hanno
maggiori perdite di energia per unità di percorso. Il prodotto NZ rappresenta la densità di
elettroni nel mezzo. Maggiore è Z e maggiore è S.
La formula di Bethe fallisce a basse energie a causa del fenomeno di pickup di elettroni.
Ossia le particelle possono strappare elettroni dal mezzo diminuendo così la loro carica.
La perdita di energia in funzione della penetrazione di una particella nel mezzo è
descritta dalla curva di Bragg, il cui andamento qualitativo è portato di seguito:

Cap 1 - grandezze 11
Andamento della perdita di energia per unità di
lunghezza in funzione del percorso in un mezzo.

Stima del range


Nella pratica, si usano formule empiriche.
 Per particelle α (con E > 2,5 MeV) in aria:
Ra (cm)  0,31  E 3 / 2 ( MeV )
Energia (MeV) range (cm)
5 3,4
7 5,7
 Per particelle α in una sostanza di densità  e peso atomico A:
A1 / 3 g
R  (5  6  10 4 )  Ra con ρ in
e R in cm
 cm 3
Nella tabella è riportato il range di particelle α in acqua.
Energia (MeV) range (cm)
5 4,6  10 3 (46 μm)
7 7,7  10 3 (77 μm)
 Per i protoni con E p  0,6 MeV in aria:

E ( MeV ) 1.8
R pa (cm)  100( )
9,3
Energia (MeV) range (cm)
1 1,8
2 6,3
6 32,7
7 60
 Il percorso degli elettroni nei diversi materiali non può essere facilmente calcolato
perché la traccia non è una linea dritta, la sua lunghezza è molto superiore al range nel
materiale.
Per E e   0,6 MeV una correlazione empirica è:
g
  Re( )  0,526 E ( MeV )  0,094
cm 2
g cm H 2 O
Energia (MeV)
cm 2
1 0,43 0,43
2 0,958 0,96
5 2,5 2,5

Cap 1 - grandezze 12
 Nel caso di β da sorgente radioattiva, quindi con una distribuzione energetica da 0 a
Emax, il numero di particelle registrate per unità di tempo diminuisce inizialmente in modo
esponenziale all'aumentare dello spessore x:
a x
z  z0  e μa = coefficiente di assorbimento lineare
da cui si deduce lo spessore di dimezzamento:
z0
2
a d 1
 z 0 e 2  ln 2   a d 1  d 1 
2 2
ln 2
a
cm oppure d 1  ln 2 g  cm 2
2
 
a

La curva di assorbimento devia da quella sperimentale per d  3d 1 :
2

Si ha un fondo causato da radiazione x di


z
ln frenamento e di fondo naturale/cosmico. Il
z0 range massimo si ottiene dopo aver sottratto
questo fondo perché la curva di
assorbimento raggiunge asintoticamente la
linea verticale in corrispondenza di d  Rmax

La formula di Flammersfeld fornisce una relazione tra il range massimo e l'energia


massima della radiazione β

Rmax (
g
cm 2

)  0,11  1  22,4 E max
2
1/ 2
( MeV )  1 
g
Energia (MeV)
cm2
1 0,38
2 0,937
Backscattering
Il backscattering è il fenomeno per cui un fascio di radiazione β viene riflesso da uno
schermo. Lo spettro dei β riflessi è tanto più degradato verso le basse energie, quanto più
piccolo è il numero atomico del materiale scatterante.
L’intensità del fascio di β scatterati aumenta all'aumentare dello spessore del materiale,
fino a giungere a saturazione; l’intensità di saturazione si raggiungerebbe, teoricamente,
per d s  0,5 Rmax , ma in pratica è già raggiunta per d  0,2 Rmax . Inoltre, il rateo di
backscattering aumenta approssimativamente con la radice quadrata nel numero atomico.
Pertanto per ridurre il fenomeno si devono usare materiali a basso Z.

ZB

ds spessore di saturazione
ZB intensità di backscattering

ds d

Cap 1 - grandezze 13
GRANDEZZE DOSIMETRICHE
Deposito di energia
Si definisce energia ceduta della radiazione, ε in un certo volume la grandezza
  Rin  Rout  Q(J ) con
Rin  energia radiante incidente nel volume considerato, cioè la somma delle energie
(escluse quelle di quiete) di tutte le particelle, direttamente o indirettamente
ionizzanti, che entrano nel volume
Rout  l'equivalente di Rin , ma uscente dal volume considerato
Q  la somma delle energie liberate meno la somma di quelle consumate in ogni
trasformazione di nuclei e particelle elementari avvenuta in tale volume (esempio
cattura neutronica con emissione di γ, ovvero d'energia)
ε è una grandezza stocastica e può avere fluttuazioni anche grandi se si considerano
volumi piccoli o flussi di particelle (φ) modesti. Comunque si considera il valore medio  .
Si definisce dose assorbita in un elemento di volume dm la quantità
d
D
dm
1J
L'unità di misura è il Gray: 1Gy  . Tuttavia è ancora molto diffuso il RAD
kg
erg J
1 RAD  100  10 2  10 2 Gy
g kg
Pertanto 1Gy  100 RAD
La dose assorbita non è comunque sufficiente per interpretare quantitativamente gli
effetti della R.I. nei tessuti biologici.
 1 Gy  1 J è tanto o poco?
Kg
Esempio 1: Prendiamo una massa di 0,1 Kg, portiamola a 1 m di altezza e facciamola cadere
su un piano. L'energia acquisita nel volo è pari a: E  mgh  0,1 9.8  1  1 J .
Supponendo che nell'impatto tale energia
venga assorbita, come calore, dalla massa,
abbiamo: 1J  10 J  10 Gy
0,1kg kg
Per un oggetto di massa m la caduta da 1
m comporta sempre 10 J assorbiti.
kg
Esempio 2: Abbiamo 1 litro d'acqua a temperatura ambiente, vogliamo riscaldare di 1°C
quest'acqua. Essendo 1cal il calore specifico dell'acqua, dovrò fornire
gC
1cal
1000g  1C(T )  1000cal
gC
ovvero
1000cal 4160 J
  4160Gy
1kg 1kg
Sembrerebbe che il Gy sia una unità piccola. Questo è vero solo se l'energia viene assorbita
come calore dalla massa. Di fatto i meccanismi di danno sono innescati dalla ionizzazione e
non dal calore, per cui una dose di 1 Gy è una dose elevata! 4 Gy costituiscono la dose
emiletale per l’uomo.

Cap 1 - grandezze 14
dD Gy  RAD 
Si definisce intensità (o rateo) di dose assorbita D  e si esprime in  .
dt s  s 
Trasferimento di energia
La cessione di energia al mezzo avviene in due fasi successive:
1) Messa in moto dei secondari da parte dei primari (trasferimento E)
2) Collisioni dei secondari con cessione di energia
Per calcolare D si devono considerare entrambi i processi, problema arduo da risolvere.
Informazioni dosimetriche importanti possono essere dedotte trascurando lo studio della
seconda fase e descrivendo solo la fase di trasferimento dell'energia ai secondari.
Pertanto si introduce una grandezza chiamata kerma (kinetic energy released in matter):
dE tr dEtr è la somma delle energie cinetiche iniziali di tutte le particelle
K
dm cariche prodotte da particelle indirettamente ionizzanti in un
elemento di volume del materiale di massa dm.
N.B.: nel termine dE tr è inclusa anche l'energia che i secondari irradiano per frenamento o le
energie delle particelle cariche prodotte in processi secondari nel volume considerato (p.e.
elettroni Auger)
Si ricorda l'effetto Auger: al seguito di un effetto fotoelettrico si ha un riassesto delle shell
elettroniche con emissione di una radiazione X caratteristica. Nel caso dell’effetto Auger accade
che l'energia in eccesso invece di essere liberata come X viene trasferita ad un altro elettrone
orbitale che abbandona l'atomo.
dK Gy
Si definisce intensità o rateo di kerma K 
dt s
Ai fini della dosimetria il campo di radiazioni è descritto in termini di intensità di kerma
per un opportuno materiale. Per γ di energia modesta il materiale di riferimento è l'aria,
negli altri casi il tessuto.
Se è nota la fluenza di energia delle particelle indirettamente ionizzanti incidenti in un
 tr
punto di un mezzo il cui coefficiente di trasferimento di energia massico sia , è

possibile determinare il valore del kerma in quel punto:
 dE tr
 K  dm
 1 dE tr 
 tr   dE tr  tr  ENdl
  EN dl 
dl
allora
tr dl
K EN N radiazioni
 dm di energia E
da

tuttavia dm    dv    dl  da per cui


 tr dl  EN
K   EN  tr
   dl  da  da
dR EN
ricordando la definizione di fluenza di energia   
da da
 tr
possiamo scrivere K  

Cap 1 - grandezze 15
Esposizione
La più antica grandezza dosimetrica è l'esposizione.
dQ dQ = valore assoluto della carica totale degli ioni di un segno
X prodotti in aria quando tutti gli elettroni (positivi e negativi) liberati
dm
dai fotoni nell'elemento di volume di massa dm sono stati
completamente fermati in aria (anche fuori dall'elemento di
volume).
C
Si misura in . È facile imbattersi ancora nella la vecchia unità, il roentgen indicato con
Kg
R
C
1R  2,58  10  4
Kg
Per maggior chiarezza nella figura seguente sono indicati con linea continua i secondari
carichi che producono ionizzazione che entra nel computo dell’esposizione, mentre con la
linea tratteggiata secondari carichi che, pur ionizzando all’interno del volume d’aria di
interesse, non concorrono alla definizione dell’esposizione.

Per definizione infatti vanno considerati solo i secondari carichi generati nel volume di
interesse; la ionizzazione prodotta dall'assorbimento di radiazione di frenamento emessa
dai secondari liberati in un elemento dm, non deve essere computata ai fini del calcolo dQ.
A parte questa differenza, significativa solo alle alte energie, (per gli abituali γ-emettitori
la frazione di energia persa per bremsstrahlung è dell'ordine di qualche per mille)
l'esposizione coincide con la ionizzazione equivalente al kerma in aria.
A differenza del kerma, l’esposizione è definita solo in aria.
L'esposizione è definita per fotoni fino a 3 MeV.
Si definisce anche l’intensità o rateo di esposizione
dX C A R mR
X  misurato in  , nelle vecchie unità , .
dt kg  s kg h h
Condizioni EPC
Si possono trovare relazioni semplici tra le grandezze dosimetriche quando nel mezzo
irradiato con radiazioni indirettamente ionizzanti si verificano le condizioni di equilibrio di
particelle cariche (EPC) noto anche come equilibrio elettronico.
Si ha EPC quando l'energia dissipata al di fuori di un piccolo volume sferico centrato nel
punto in esame da particelle secondarie cariche in esso prodotte è compensata
dall'energia dissipata al suo interno da particelle secondarie cariche prodotte al di fuori:
dEin c  (dE ex ) c
Di fatto si è in condizioni EPC quando si verifica contemporaneamente:
1) L'elemento dv sia immerso in un corpo o materiale di dimensioni non inferiori al
percorso massimo dei secondari carichi messi in moto dalla radiazione primaria
2) La fluenza d'energia della radiazione primaria non vari apprezzabilmente su
distanza dell'ordine di tale percorso.

Cap 1 - grandezze 16
Relazione tra dose assorbita e kerma
Supponiamo di essere in condizioni di EPC e di avere un volume M esposto ad un
fascio di fotoni, e supponiamo inoltre che l'energia dissipata per bremsstrahlung dagli
elettroni secondari sia trascurabile.
Se tutti i secondari si comportassero come l'elettrone "a" in figura,
c

c M
a

ovvero originati in M e energia cinetica dissipata in M, allora l'energia dissipata dai fotoni
(ovvero trasferita ai secondari) coinciderebbe con quella depositata nel mezzo, quindi la
dose assorbita e il kerma avrebbero lo stesso valore.
a) D  K
Nel caso del secondario "b", invece, si ha origine fuori dal volume M, quindi l'energia
cinetica non è computata in K, tuttavia si ha una cessione di energia nel volume M, quindi
cresce il valore di D, pertanto:
b) D  K
Viceversa l'elettrone "c" è generato in M, quindi la sua energia è computata in K, ma
una frazione di energia viene ceduta fuori M, diminuendo così la dose assorbita in M:
c) D  K
Nel caso di equilibrio elettronico i fenomeni "b" e "c" si compensano, pertanto si ha
ancora
DK
Relazione tra dose assorbita e esposizione
Possiamo indicare con dN il numero di coppie di ioni aventi carica "e" prodotti da fotoni
nel volumetto di aria di massa dm. L'esposizione può quindi essere espressa come
dQ dN  e
X  
dm dm
Ricordando che W a è l'energia media per produrre una coppia di ioni in aria, la dose
assorbita in aria può essere espressa come
d  dN  W a
Da  
dm dm
N.B.: il dN nelle 2 equazioni è lo stesso solo se sono verificate le condizioni di EPC
Sotto queste condizioni, allora
dm W a Xdm
dN  X  Da  
e dm e
Wa
In condizioni EPC quindi Da  X D  K (1  g )
e

Cap 1 - grandezze 17
Analogamente a quanto visto per il kerma, la dose assorbita può essere espressa in
funzione della fluenza di energia (per semplicità si considera il caso di fotoni
monoenergetici).
  en

  ENdl
d     EN  
D   ( en )  ( en )  tr (1  g )
dm dlda  da  
Considerando quindi un mezzo m diverso dall'aria, il rapporto tra le dosi assorbite nel
mezzo e nell'aria sarà:
  en    en 
    
Dm    m   m
  Dm  Da
Da   en    en 
    
  a   a
sostituendo in questa la relazione trovata che lega la dose assorbita in aria con
l'esposizione si ottiene
  en 
 
W a   m
Dm  X
e   en 
 
  a
N.B.: la relazione precedente è valida solo se sono verificate le condizioni EPC.

Equivalente di dose e dose equivalente


Le grandezze dosimetriche viste non sono in grado di descrivere i diversi effetti indotti
nella materia vivente dalle radiazioni ionizzanti. Per esempio, la distribuzione spaziale
della dose ha una grande influenza sull'effetto biologico della radiazione. Reazioni
immediate sono molto più evidenti dopo l'irradiazione di tutto il corpo o grandi parti di esso
piuttosto che di piccole parti. Anche la distribuzione temporale gioca un ruolo importante,
per quelle che sono le capacità di recupero dell'organismo. Un irraggiamento singolo, a
parità di dose assorbita, è più efficace. L'effetto sarà più piccolo se la stessa dose totale è
applicata in frazioni o diluita su un lungo periodo.
In particolare, a parità di dose assorbita, gli effetti sanitari dipendono dalla qualità della
radiazione: è quindi necessario introdurre grandezze che tengano conto di questa qualità
e pertanto esprimano meglio la probabilità di manifestazione di effetti dannosi.
Viene introdotta a questo scopo la grandezza equivalente di dose (H), adesso detta
dose equivalente (a seguito dell'attuazione direttiva 96/29/Euratom) il cui valore, in un
certo punto di un tessuto irradiato, è dato da:

H  D  fQ D dose assorbita
fQ fattore di qualità della radiazione ionizzante
La grandezza H è una delle grandezze per mezzo delle quali l'ICRP raccomanda i limiti
di dose per gli individui esposti.
Il fattore di qualità serve a tener conto della distribuzione dell'energia assorbita a livello
microscopico. Vi è quindi un legame tra fQ e il potere frenante lineare da collisione ( L ) in
acqua nel punto considerato. Il legame si ha attraverso una grandezza f*Q (fattore di
qualità microscopico) che verrà descritta in seguito.

Cap 1 - grandezze 18
ICRP 26 ICRP 60
*
L in acqua (keV/μm) fQ L in acqua (keV/μm) f *Q
Valori di f*Q
3,5 (o meno) 1 (raggi X) meno di 10 1
secondo le
7 2 (n termici)
direttive ICRP 26 10 – 100 0,32  L  2,2
e ICRP 60 23 5 (n veloci)
53 10 (n veloci) 
1

175 o più 20 (α) oltre 100 300  L 2

35
30
25
20
f*Q

Andamento di f*Q 15
in funzione del
10
LET della
radiazione 5
0
0 100 200 300 400 500
L (keV/µm)

ICRP 26 ICRP 60

Per i neutroni, l’ICRP 60 ha fissato i valori di fQ seguenti.


Energia neutroni fQ( WR )
Relazione analitica
meno di 10 keV 5
10 - 100 keV 10  (ln 2 E ) 2 
WR  5  17 exp  
100 keV - 2 MeV 20  6 
2 - 20 MeV 10 E = energia neutroni in MeV
oltre 20 Mev 5

Fattore di qualità in funzione dell'energia dei


neutroni

25
20
15
fQ

10
5
0
0,001 0,01 0,1 1 10 100
Energia neutroni (MeV)

Cap 1 - grandezze 19
Teoria per il calcolo di fQ
Modelli e teorie sugli effetti della radiazione sono descrizioni semplificate di complessi
fenomeni biologici.
Una moderna teoria è quella dell'azione duale della radiazione. Essa sostiene che sono
necessarie almeno due sottolesioni in stretta connessione spaziale e temporale per la
formazione di un effetto biologicamente rilevante e che singoli "disordini" non causano tale
effetto. Il danno primario può essere descritto come funzione della dose dalla seguente
espressione (che dipende dall'assunto)
 ( D )  k ( D  D 2 ) ε caratterizza il numero medio di mutazioni primarie.
k è una costante di proporzionalità assunta indipendente
dal tipo di radiazione
λ rispecchia le proprietà della radiazione e cresce con il
LET.
Per radiazioni di LET elevato (p da 2 MeV  fQ  5 , n,   fQ  20 ) dall'equazione
deriva una curva dose effetto apparentemente lineare, mentre per radiazione con LET
modesto (γ, β, e) il termine quadratico è dominante.
Questo modello presenta incongruenze, soprattutto alle basse dosi, tuttavia illustra
abbastanza bene la dipendenza degli effetti biologici dalla qualità della radiazione.
La probabilità che 2 o più sublesioni appaiono in connessione spazio - temporale a
formare una lesione cresce con la dose e il LET. Lo studio degli effetti di una radiazione di
tipo “y” si basa principalmente sul confronto con gli stessi effetti prodotti da una radiazione
standard presa a riferimento. Tale radiazione di riferimento è la radiazione gamma o la
radiazione X.
La grandezza di riferimento è l'efficacia biologica relativa indicata con RBE; si definisce
D cioè il rapporto tra la dose da gamma di riferimento e la dose
f * RBE  di radiazione in esame (y) che causino lo stesso effetto
Dy ( y   )
 y  

Dal modello dell'azione duale della radiazione e da indagini sperimentali consegue che
keV
il fattore RBE cresce con il LET, raggiunge un massimo a L  L0  110 e quindi torna
m
a scendere di nuovo.
*
Per il fattore microscopico RBE f RBE che descrive il danno all'unità strutturale biologica
possono essere usate le approssimazioni
2
 L 
 
L 
1 e  0 
f * RBE 
L
f * RBE  L per L  L0
Descrivendo il danno a grosse regioni di tessuto o all'intero corpo, bisogna considerare
che per processi di interazione della radiazione monoenergetica incidente si produce uno
spettro del LET D L (L) . La frazione di dose per intervallo di LET permette di calcolare il
fattore RBE macroscopico:

 D (L) f (L)dL ovvero il fattore RBE macroscopico è ottenuto come


*
L RBE
f RBE  pesatura di quello microscopico, che varia al variare
 D (L)dL
L di L, con la dose, anch'essa funzione di L.

Cap 1 - grandezze 20
La funzione f RBE serve per descrivere il danno in un volume di tessuto o organo.
I fattori RBE dipendono dalla dose, dal rateo di dose e dall'effetto considerato. Sono
adatti per caratterizzare l'effetto della radiazione, per esempio, nella radiobiologia, nella
radioterapia o in caso di irradiazioni incidentali. Non possono essere applicati per
caratterizzare l'effetto della radiazione per piccole dosi o ratei di dose, che sono tipici delle
esposizioni della popolazione e dei lavoratori in condizioni normali, proprio per le
dipendenze menzionate. In questi casi si deve usare il fattore di qualità fQ, che dovrebbe
teoricamente risultare da
fQ  lim f RBE
D 0 , D  0

Poiché non è possibile una verifica sperimentale nella regione delle piccole dosi, la
dipendenza del fattore di qualità microscopico f * Q dal LET viene fissata. Questa
convenzione tiene conto dei valori sperimentali di RBE ad alte dosi e di risultati teorici per
piccole dosi ed è raccomandata da ICRP.
Si deve notare che la funzione f * Q( L) fornita da ICRP 21, 26 è stata successivamente
aggiustata sulla base di nuovi risultati sperimentali, specialmente per quanto riguarda il
nuovo fattore RBE per i neutroni. L'ICRP 60 riporta la nuova curva e la sua descrizione
matematica (vedi pagina 19).
Per uno spettro di LET noto, il fattore di qualità macroscopico fQ vale:

fQ 
D L ( L) f *Q ( L)dL

D L ( L)dL

In tabella sono riportati i valori del LET nel tessuto standard per varie energie di e, p, α.
LET (keV/μm)
E (MeV)
e p α
10 4 55,2
10 3 7,48 Si ricorda che la composizione del tessuto standard è
10 2 0,98 Elemento % in massa
0,1 0,152 H 10,1
1 0,06 13,9 182 g
C 11,1  1 3
2 7,6 101 N 2,6 cm
4 4,12 55,4 O 76,2
6 2,87 38,9
8 2,23 30,1
10 1,83 24,7
Se, come di solito accade nella pratica, lo spettro della radiazione incidente non è noto,
è consentito usare un valore approssimato, f Q , per il fattore di qualità, riferito
semplicemente al tipo di radiazione primaria in gioco:
Tipo radiazione Q
x, γ, e 1
n, p, ioni di carica unitaria 10
α, ioni di carica multipla 20
I fattori Q e Q (usato quando non è nota l'energia) sono stati proposti per essere usati
esclusivamente nel campo della radioprotezione. Essi devono servire per ricavare i valori
di H da confrontare con i limiti raccomandati o prescritti. Detti valori sono stati desunti

Cap 1 - grandezze 21
estrapolando i risultati di osservazioni fatte con elevate dosi assorbite e per le quali gli
effetti dannosi sull'uomo sono osservabili o valutabili.
L'equivalente di dose H nel sistema internazionale si esprime in Sievert (Sv). Le
J
dimensioni del Sievert sono J . Vale la relazione 1Sv  1 soltanto se il fattore di
Kg Kg
qualità è unitario ( Q  1 ).
La vecchia unità era il REM, che esprimeva l'equivalente di dose quando la dose
assorbita era misurata in RAD. Quando si utilizza il RAD per misurare la dose,
l’equivalente di dose espressa in REM sarà:
1 Sv = 100 REM (poiché 1 Gy = 100 RAD)
considerando, ovviamente, ancora un fattore di qualità unitario.
La variazione di H nell’unità di tempo fornisce l’intensità o rateo di equivalente di dose
dH
H 
dt
Sv  REM 
la cui unità di misura è ovviamente oppure  .
s  h 
E’ particolarmente importante notare che la grandezza equivalente di dose H, per
come è definita, può essere usata soltanto nell'ambito di esposizioni non superiori ai limiti
raccomandati in radioprotezione. Il suo uso è ristretto a tale disciplina, ma anche in questo
caso con esclusione delle occasioni in cui i limiti di dose ammessi siano superati
(esposizioni accidentali). H possiede inoltre una debolezza intrinseca, che riflette
l'incompletezza delle conoscenze circa gli effetti delle piccole dosi sugli organismi viventi.
Inoltre, a rigor di logica, essa non può essere considerata nemmeno una grandezza fisica,
in quanto rappresenta soltanto un mezzo per esprimere su scala comune gli effetti prodotti
da radiazioni di qualità diversa. Pertanto, dal punto di vista sperimentale ed operativo, è
impensabile sfruttare qualche effetto fisico per poter valutare tale grandezza. In realtà, la
grandezza che si utilizza per fornire giudizi radioprotezionistici è l’equivalente di dose
efficace, che verrà ampiamente trattata in seguito.
Infine è utile riportare i fattori di conversione tra unità del SI e unità tradizionali per le
grandezze precedentemente trattate.
Dose assorbita attività
1 Gy = 100 rad 1 Bq ~ 27 pCi
1 rad = 10 mGy 1 MBq ~ 27 µCi
EQUIVALENTE DI DOSE 1 GBq ~ 27 mCi
1 Sv = 100 rem 1 TBq ~ 27 Ci
1 rem = 10 mSv 1pCi ~ 37 mBq
esposizione 1 µCi ~ 37 kBq
1 C.kg-1 = 3876 R 1 mCi ~ 37 MBq
1 R = 2578 µC.kg-1 1 Ci ~ 37 GBq

Fattori di conversione tra unità di misura.

Cap 1 - grandezze 22

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