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Sono costituiti da piccole lastre fotografiche, simili a quelle impiegate dai dentisti,
contenute in appositi astucci. L’insieme prende il nome di FILM - BADGE.
La radiazione, interagendo con la pellicola, ne provoca l’annerimento, il cui grado viene
poi messo in relazione con l’equivalente di dose.
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Astuccio contenente il pacchetto delle pellicole. Visibili gli inserti metallici per la filtro-
analisi
FOTONI E BETA
La pellicola per tali radiazioni è costituita da uno strato di GELATINA (emulsione) nel
quale sono sospesi grani di AGBR depositato su un supporto di TRIACETATO (spessore
200μm) DI CELLULOSA (o poliestere).
Gelatina (nei dosimetri
20 25 μm)
Granuli di alogenuri
d’argento (AgI, AgCl),
nei dosimetri diametro
2 3 μm
~200 μm
Base (triacetato di
cellulosa)
Struttura tipica di una pellicola fotografica
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Lo spessore della gelatina va da qualche μm a qualche centinaia di μm (DOSIMETRI A
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FENOMENOLOGIA
Grano di AgBr
Particella di impurezza
(solfuro di Ag)
Ioni insterstiziali
di Ag
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SVILUPPO DEI FILM
L’emulsione viene messa in un bagno chimico RIDUCENTE (sviluppo in soluzione di
+
idrochinone, C6H4(OH)2, cioè paradifenolo) che riduce Ag a Ag. Dove è presente
l’immagine latente la reazione è catalizzata e procede molto più velocemente. Il tempo e la
temperatura sono parametri fondamentali che devono essere rigorosamente rispettati.
Pertanto, bloccando la reazione –con un LAVAGGIO (H2O + ACIDO ACETICO) dopo un
opportuno tempo di sviluppo, solo gli atomi Ag vicino all’immagine latente sono stati
trasformati in Ag metallico. Se lo sviluppo continua tutto l’Ag si riduce e l’informazione è
persa.
FISSAGGIO
Segue quindi l’operazione di fissaggio. Il film viene messo in un bagno
(iposolfitosodico, Na2S2O3·5H2O) che scioglie il bromuro di argento residuo, lasciando sul
supporto solo Ag metallico. Il tempo non è più un parametro vincolante.
Infine si opera un lavaggio LAVAGGIO FINALE (con tensioattivo, per evitare gocce residue)
e l’asciugatura in flusso d’aria. Il lavaggio deve essere prolungato per togliere ogni residuo
dalla lastra. L’asciugatura è fatta con aria filtrata per evitare che la gelatina, che si è
gonfiata perché è bagnata, inglobi particolato. La temperatura non deve superare i 30°C
perché altrimenti la gelatina si scioglie.
A questo punto l’emulsione è trasparente, con colore dal bianco al grigio se non è stata
impressionata, con zone più o meno scure (fino al nero) dove è stata impressionata
(globalmente il processo intero dura circa 6 min.).
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Bagni chimici in camera oscura
LETTURA
Ora il dosimetro deve essere letto. Si usa uno strumento chiamato DENSITOMETRO
OTTICO:
Diaframma
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Lettura dei dosimetri fotografici
Un fascio di luce collimato e stabile viene inviato sulla lastra fotografica. La luce
trasmessa viene poi letta dalla fotocellula.
Chiamiamo: Co = corrente alla fotocellula quando viene effettuata una lettura a vuoto
sul testimone non irraggiato
C = corrente alla fotocellula quando viene letta una lastra impressionata
C<Co
Si definisce:
C
T TRASMITTANZA FOTOGRAFICA (<1)
Co
Co I
O OPACITÀ (>1)
C T
D lg10 O DENSITÀ FOTOGRAFICA (>0)
1
D 1 solo della luce è trasmessa
10
1
D 2 solo della luce è trasmessa
100
Il limite del lettore è raggiunto per D = 4 5
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I
i
n
t
e
n
s
i
t
à
d
i
d
o
s
e
t
t
e
m
p
o
Esiste un legame tra la densità fotografica D e l’esposizione E I t con
Supponiamo di avere grani di AgBr tutti uguali e chiamo “a” la loro sezione. Chiamo
quindi: n = numero di fotoni “giunti” per unità di superficie.
Supponiamo quindi che ogni grano di sia reso sviluppabile se colpito, ovvero a seguito
dell’assorbimento di un fotone.
a n a 2n2
(1 e ) 1 - 1 an - ……..
2!
Per piccoli valori di an:
D
a n
D max
Ma la fluenza n è proporzionale all’esposizione, quindi LA DENSITÀ OTTICA È
ESPOSIZIONI!).
In realtà il primo tratto della curva D può essere approssimato con una retta, ma per
X
esposizioni superiori ciò non è più vero (TENDE A SATURAZIONE).
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Se i grani di un’emulsione non sono sufficientemente sensibili perché siano resi
sviluppabili a seguito di una singola interazione, ma richiedono 2, 3, 4 …… interazioni
l’equazione caratteristica della curva sarà:
D
1 e an 1 an
a 2n2
...........
an r 1
D max 2! r 1!
dove r = numero di interazioni necessarie per rendere il grano sviluppabile.
D
Per r = 2 1 e an (1 an)
D max
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Al variare di r si ottiene una famiglia di curve:
1
r=1
0,5
r=2
r=4 r=8
r=16 ...
a·n
D
zona di SOLARIZZAZIONE (ad alte esposizioni Ag
metallico sembra tornare Ag+)
IN QUESTA ZONA NON SI USA LA PELLICOLA
γ , coefficiente
angolare del
tratto lineare
lg E
piede
Grani grossi = γ
Grani piccoli = γ (nella curva con assi lineari, i grani piccoli riducono il primo tratto lineare)
Il tratto ideale ove usare la pellicola è quello lineare; in dosimetria si utilizza comunque
anche il tratto non lineare.
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γ dipende in primo luogo dalla composizione dell’emulsione: distribuzione e grandezze
dei grani
Elevata densità γ elevato RAPIDITÀ (O SENSIBILITÀ) DELLA PELLICOLA: inverso
γ dipende anche dal tempo, dalla temperatura e dalla natura (EFFICACIA) dello sviluppo.
All’aumentare del tempo, γ tende alla saturazione. Non si arriva a saturazione perché
altrimenti si svilupperebbe anche dove non ci sono immagini latenti.
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LATITUDINE DELL’EMULSIONE
E’ l’intervallo di esposizione che può essere compreso nel tratto lineare, espresso in
ordine di grandezza. Normalmente arriva a 3 ORDINI DI GRANDEZZA.
PIÙ ELEVATO È IL CONTRASTO γ, PIÙ È BASSA LA LATITUDINE:
D γ 1 γ 2 L 2 L1
L1
L2 lg E
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Pertanto si ricava la CURVA CARATTERISTICA (curva H-D, HUNTER E DRIFFIELD) per una certa
serie di pellicole sviluppate in un dato bagno di sviluppo. Fissando T e t e cambiando tutte
le volte il bagno, la curva caratteristica non varia molto.
Volendo fare misure qualitative, è meglio costruire la curva sviluppando assieme ai
dosimetri alcune pellicole sottoposte a esposizioni note e differenti. Il numero minimo di
punti di riferimento è 3. Dopo aver letto la densità delle pellicole di riferimento si traccia la
curva caratteristica. Misurate le altre densità (dei dosimetri), tramite la curva caratteristica
si risale alle esposizioni incognite.
Tuttavia ci sono alcuni problemi:
la DENSITÀ dipende dal tipo di radiazione ( β o hν)
e dall’energia della radiazione, ovvero
LA SENSIBILITÀ È FUNZIONE DELL’ENERGIA DELLA RADIAZIONE.
PARTICELLE CARICHE:
Eβ crescente
A parità di DENSITÀ potremmo
avere esposizioni differenti, infatti la
Emulsione sensibilità cambia per effetto delle
Supporto diverse energie delle radiazioni.
Emulsione
E (Kev)
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La dosimetria fotografica per β non è molto affidabile e lascia sempre dubbi. Le
tarature stesse sono difficili. Per esempio, a che distanza fare l’esposizione? Come è lo
spettro energetico dei β utilizzati?
L’impiego principale è per radiazione elettromagnetica.
L’andamento della sensibilità relativa di una pellicola è il seguente:
Srel
15÷50
E (Kev)
40
L’emulsione CESNEF attorno a 40 keV ha un picco di S relativa pari a circa 20. Ciò
significa che a parità di esposizione la densità D sarà 20 volte maggiore per E = 40 keV
rispetto a energie più elevate.
La sensibilità della pellicola viene determinata come il reciproco dell’esposizione
necessaria per ottenere una densità D = 0,3. Il grande vantaggio con i fotoni rispetto la
luce è che la forma della curva caratteristica è indipendente dall’energia; al variare di
questa le curve traslano orizzontalmente.
Se i grani anneriti sono sovrapposti, non si ottiene un oscuramento proporzionale.
Tuttavia si potrebbe “contare” il numero di grani impressionati, in tal caso la curva
caratteristica cambia (curva Ag RIMASTO SULLA LASTRA/ESPOSIZIONE).
L’argento rimasto sulle lastre si può misurare mediante attivazione neutronica, nel caso
di saturazione della pellicola.
Tornando alla curva di sensibilità in funzione dell’energia, il picco di massimo si
presenta a 40 keV, invece dei 20 keV corrispondenti al picco fotoelettrico. Questo è dovuto
40 keV.
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CORREZIONI PER L’ENERGIA
S Scint. STOT
Film
E E
Esp = I × t
Ciò significa che nella mia pellicola posso ottenere lo stesso annerimento, a parità di
esposizione, al variare dei parametri I e t; la risposta dipende solo dal loro prodotto.
QUESTA RELAZIONE VALE SOLO PER LA RADIAZIONE IONIZZANTE, MA NON VALE PER LA LUCE NEL
VISIBILE e quindi per lo scintillatore, pertanto la relazione lineare vista diviene
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E=I×tp con P 1
Un’altra tecnica prevede l’inserimento di un opportuno filtro metallico tra due pellicole
(Sn, Pb):
Filtro
2^ Film
1^ Film
E
Sommando le densità fotografiche delle due pellicole si ottiene una risposta all’energia
quasi piatta a partire da energie di 20 - 25 keV:
STOT
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che il dosimetro avrà un lato ANTERIORE e uno POSTERIORE rispetto alla radiazione che
devono essere rispettati. E’ impossibile poi fornire la dose profonda (H(10)), se non è nota
l’energia.
Per ottenere un’informazione sull’energia, si opera generalmente una FILTRO ANALISI
DIFFERENTI. Dai rapporti calcolati delle densità ottenute nei diversi CAMPI si ottiene
un’informazione indicativa sull’energia.
WAXMANN.
D) Cu 1,2 mm 3
N° film
E) Pb 0,8 mm 4
D E C
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TIPO FILTRO DENSITÀ DOSE APPARENTE
Finestra A a
1° Cu B b
2° Cu C c
3° Cu D d
4° Pu E e
1 b
R2 1
2 c
2 c
R3 1
3 d
3 d
R4 1
4 e
Il sistema deve essere tarato, si espongono una serie di pellicole a radiazioni quasi
monocromatiche (fasci X filtrati).
Si trovano così gli andamenti dei rapporti R1…4 in funzione dell’energia:
R1..3 R4
E E
Calcolando R1, R2, R3 per un dosimetro tramite le curve viste risalgo a 3 valori di
energia E1, E2, E3. Se la radiazione è monocromatica: E1 = E2 = E3.
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Se il fascio è policromatico, si trova: E1 < E2 < E3
perché all’aumentare dello spessore del filtro SI INDURISCE IL FASCIO.
Per quanto riguarda il filtro di Pb, l’andamento di R4 è diverso:
Srel
S1
S2
S3
E1 E2 E3 E
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Riportiamo il logaritmo delle dosi apparenti in funzione dei 3 spessori dei filtri in rame:
lg dose app.
b
c ex
d ex
d
mm Cu
0,05 0,5 1 1,2
Estrapoliamo a spessore zero i tratti assunti lineari (come se avessi tre componenti
monocromatiche).
Iniziamo dall’energia più alta: E3. Ad essa corrisponde la dose apparente più bassa.
Dividendo la dose ad essa attribuibile per la sensibilità corrispondente a E3, ottengo il
contributo di dose effettiva dovuto all’energia E3:
d estrapolata
d effettiva (E3) =
S3
Passando all’energia E2, procederò nello stesso modo, sottraendo il contributo di dose
apparente già attribuito all’energia 3:
c estrapolata - d estrapolata
d effettiva (E2) =
S2
Pertanto:
d estrap. c estrap. - d estrap. f c estrap.
d effettiva (tutto il fascio) =
S3 S2 S1
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Se R3, R2 non sono dovuti solo a radiazione dura, ma ad una miscela di dura e più
molle, i rapporti sono falsati, con il rischio di stimare l’energia più bassa dell’effettiva. Ciò
mi porta a valutare S3 più elevata del reale e quindi a SOTTOVALUTARE LA DOSE (sono indotto
a credere che la densità trovata sia elevata a causa dell’elevata sensibilità S).
Posso sfruttare il rapporto R4 che mi dice se c’è o meno una componente dura nel
fascio.
DOSIMETRI CESNEF
Sotto il Cd il massimo della curva S si sposta verso energie più alte e il massimo
E
scende da 29 a 3.1 nell’intorno dei 100 keV. Sotto 65 keV tuttavia S<1.
Per fasci di energia mista questa tecnica induce errori troppo grossi, non essendo le
curve R e S lineari.
E E
In questo caso si usa l’astuccio con i filtri WAXMANN. Quando la sorgente è un tubo a
raggi X, l’energia è sempre attorno a 80 - 100 keV, quindi possono andare bene entrambi
gli astucci. Il Cadmio è fondamentale perché lo spessore di 1mm è completamente OPACO
ai neuroni termici. Per chi lavora solo con X il filtro di Cadmio non servirebbe.
Negli astucci γ è presente anche lo Sn, sotto il suo campo si ha la lettura di dose γ.
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Cd e Sn danno circa la stessa attenuazione verso i γ, ma il Cd cattura i neutroni termici
e emette γ di cattura, che impressionano i film. La dose apparente sotto il campo Cd,
depurata da quella γ valutata sotto il campo Sn, può essere messa in relazione con la
dose da neutroni termici (dividendo per due la dose apparente netta si ottiene la dose da n
termici).
1) NEUTRONI TERMICI
Si sfrutta la tecnica del doppio filtro:
CADMIO-STAGNO (HEARD e JONES)
La dose da neutroni termici sarà data da:
Dose apparente Cd - Dose apparente Sn
Dosenth = REM
F
con F = 2 2,5
e la dose γ:
Dose nth
Dose γ = Dose apparente Sn - RAD IN ARIA
3
La dose apparente è riferita ai fotoni del Co-60.
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2) il conteggio è difficile se la traccia consiste di pochi grani, ovvero per En<0.5 MeV
3) l’individuazione delle tracce è più difficile se è presente un fondo dovuto ai γ
4) il numero di tracce prodotte per unità di area per REM diminuisce al crescere di En
5) l’immagine latente della traccia dei protoni è soggetta ad un significativo FADING.
AgBr
Rapporto in peso = = 5/1 – Sensibilità: 104 protonicm2 per REM prodotti da
gelatina
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L’impiego di un radiatore idrogenato esterno all’emulsione può compensare la diversa
dipendenza della dose dall’energia poiché solo i protoni che hanno sufficiente energia
tracce
raggiungono l’emulsione (si appiattisce la curva in fusione di En).
cm 2 REM
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