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Karl Jaspers

La psichiatria fenomenologico-esistenziale ha opposto una critica serrata ai modelli


psichiatrici positivistici, e ha introdotto il concetto della pluridimensionalità della malattia
psichica, che non si fonda per essa esclusivamente su uno stato patologico o
psicopatologico organico (secondo la nosografia psichiatrica di Kraepelin), ma risente di
altri importanti fattori come l’ambiente familiare e sociale, l’esperienza esistenziale della
persona, il suo substrato culturale. Karl Jaspers, psichiatra e filosofo, è considerato insieme
ad Heidegger, il maggior pensatore dell’esistenzialismo tedesco; la sua filosofia punta
sull’esistenza dell’uomo nella sua concretezza, singolarità e irripetibilità: essa è soprattutto
ricerca dell’essere. Egli fu il primo a sottolineare la necessità di un approccio
plurimetodologico alla malattia psichica così come al fenomeno “uomo” in generale.
Jaspers, in particolare, connette il metodo fenomenologico al metodo causale-esplicativo
nella terapia psichiatrica: soprattutto il primo è essenziale per analizzare il vissuto psichico
del paziente, fino a cogliere quei vissuti che risultano per esempio incomprensibili nelle
psicosi (quali i deliri) e non analizzabili nella loro logica. Inoltre Jaspers fu critico nei
confronti della psicanalisi che pretendeva di descrivere la psiche come un modello logico-
causale, derivato dalle scienze della natura, mentre per lui la psiche è incomprensibile
senza il riferimento imprescindibile alla libertà, alla vita e, in generale, all’esistenza.
Un’altra importante osservazione di Jaspers è il fatto che la psicanalisi tende a oggettivare
il paziente e la sua psiche, analizzandola e “sezionandola” nelle sue presunte parti
costitutive (l’Es, l’Io e il Super-Io), perdendo di vista l’unità del soggetto e soprattutto la
sua dignità esistenziale:
Freud fraintende se stesso perché la sua teoria, creata per
l’interpretazione del singolo, finisce in realtà con lo
spiegare gli ipotetici processi delle singole modalità
operative dell’apparato mentale […] per cui non fonda
una psicologia che tenga conto della soggettività
individuale ma cerca, come si fa nelle scienze naturali,
con l’osservazione, la sperimentazione e la raccolta dei
dati ottenuti, quelle relazioni di causalità, al fine di
formulare la regola universale.1

In tal modo i fatti psicologici non sono più l’espressione di una visione del
mondo individuale (Weltanschaung), ma diventano processi energetico-
pulsionali, in una parola dei “sintomi”, allo stesso modo dei fatti fisiologici

1
K. Jaspers, Psicopatologia generale.
della medicina del corpo, misurabili quantitativamente e regolati da
relazioni di causalità. Jaspers attribuisce alla coscienza tre significati:
è in primo luogo, l’interiorità di un’esperienza vissuta […] è
coscienza oggettiva, cioè un sapere qualcosa, e come tale, è sempre
in opposizione con un’esperienza vissuta interiormente […],in terzo
luogo è autoriflessione, coscienza di se stessi, e come tale sta in
opposizione all’inconscio […] Coscienza è l’incessante
manifestazione dell’anima […] Dove non c’è coscienza, non c’è
nemmeno anima.2

Ma la vita psichica, sostiene Jaspers, non può essere compresa solo come
coscienza: occorre sottintendere alla vita psichica, vissuta nella sua
pienezza, una sottostruttura extracosciente: ‹‹la vita psichica direttamente
accessibile, realmente vissuta, è come la schiuma che galleggia sule
profondità dell’oceano. Queste profondità sono inaccessibili e possono
essere indagate solo indirettamente››3. Per spiegare lo psichico quindi è
necessario ricorrere ai processi inconsci, che non si presentano mai in modo
diretto, ma possono pensarsi solo ‹‹per similitudini ed immagini, secondo i
casi corporee o psichiche››4. I processi psichici inconsci si dividono, per
Jaspers, in quei processi che non vengono notati dall’individuo (che pure li
vive) e i processi realmente extracoscienti (che non sono vissuti). Nella sua
monumentale Psicopatologia generale, del 1913, Jaspers differenzia il
termine “comprendere” che corrisponde alla visione intuitiva di qualcosa dal
di dentro, dal termine “spiegare” che riguarda la conoscenza dei nessi
causali obiettivi, visti dal di fuori: ‹‹è possibile spiegare pienamente
qualcosa senza comprenderlo››5. Tale distinzione ricalca quella più generale
tra l’indagine fenomenologica che rende evidenti di per sé gli stati d’animo
che i malati sperimentano, astenendosi dalle interpretazioni descrittive, e la
spiegazione scientifica che assume i fenomeni sotto le leggi naturali oppure
li analizza dopo averli sezionati artificiosamente: tale spiegazione è anche
una riduzione, nel senso che riduce il fenomeno alle leggi ultime di chi
indaga, considerandolo quindi né più meno che un oggetto da indagare. Per
Jaspers, sia la psichiatria classica, con la supposizione di meccanismi
anatomo-fisiologici, sia la stessa psicoanalisi di Freud, che suppone una
libido istintuale, sono teorie riduttive, perché si propongono di trovare

4
Tutte le note sono tratte dal vol. “Psicopatologia Generale”.
5
nell’uomo la conferma delle teorie preposte alla sua spiegazione. Jaspers è
invece favorevole a una psicologia comprensiva che alla contrapposizione
tra soggetto e oggetto, sostituisca un insieme di relazioni psichiche da
comprendere dal punto di vista del soggetto. Il suo opposto è la psicologia
esplicativa, dove le stesse relazioni psichiche vengono ricondotte a cause,
cioè spiegate, in tal modo ‹‹l’insieme della vita psichica viene dissolto negli
elementi del pensiero causale››6. Jaspers supera il dualismo cartesiano di
anima e corpo che aveva condizionato la psichiatria classica, fino a ‹‹ridurre
ogni espressione psicologica ad affezioni cerebrali›› 7, e impostando il
problema psicologico a partire dall’essere umano considerato come un tutto,
consapevole che ‹‹la contrapposizione di psiche e soma è una semplice
astrazione atta a disturbare piuttosto che a favorire qualsivoglia
comprensione››8. Il limite della scienza sta nella natura del suo metodo, che
prevede l’oggettivazione di tutto il reale mediante ipotesi di natura
matematica: così facendo, la scienza non pensa se il volto del reale sia
proprio quello che risulta dalla sua matematica oggettivazione: ‹‹Questo
“non pensato” è ciò che resta da pensare, ma è anche ciò che la scienza, per
la sua struttura metodologica, non può pensare››9. Nella sua Autobiografia
filosofica, l’inevitabile conclusione di Jaspers, che racconta di una riunione
dell’Associazione psichiatrica forense a Heidelberg, fu che ‹‹i medici e gli
psichiatri devono incominciare a pensare. La risposta amichevole ma decisa,
dei convenuti fu: “Jaspers lo si deve prendere a bastonate”›› 10. La battuta
indica la fede indiscussa della psichiatria dell’epoca nei metodi della scienze
naturali, con la seguente riflessione di Jaspers:
Se l’oggetto della psichiatria è l’uomo, e non solo il suo corpo, ma
lui stesso, nella totalità della sua persona […] occorreva rendersi
conto che l’uomo, nella sua totalità, sta oltre ogni possibile e
afferrabile oggettivazione. In quanto aperto alla comprensione delle
cose, l’uomo non può essere ridotto a oggetto di studio, perché così
si distrugge quella totalità comprensiva che noi siamo, per far
emergere solo qualche suo aspetto oggettivo.11

9
Jaspers, La natura e il valore della scienza.
10
Jaspers, Autobiografia filosofica.
11
Jaspers ribadisce così, il carattere non assoluto della scienza: era necessario,
per lui, oltrepassare la scissione di soggetto-oggetto e riuscire a pensare “al
di là” di ciò che è oggettivo. Tale idea, rivoluzionaria nel campo medico, gli
valse l’accusa di nichilismo da parte di un collega che fu impressionato dalle
critiche di Jaspers al metodo scientifico:
Lei non ha alcuna convinzione. Impostando le cose come lei dice
non si può fare alcuna ricerca. Senza una teoria generale non c’è
scienza, la scienza nasce e si sviluppa solo mediante la teoria. Lei
distrugge la solidità delle posizioni mediche. Lei è un nichilista
pericoloso.12

Questa critica metteva a nudo un tratto tipico della mentalità scientifica che,
una volta ridotto il reale al suo aspetto conosciuto, pensa che al di là
dell’oggetto confermato dalla verifica sperimentale, non ci sia più niente.
Per cui, pretendere di andare oltre l’oggettività significava avere a che fare
col niente, un puro nichilismo! Soltanto in un modo, dice Jaspers, si poteva
oltrepassare l’oggettività, e uscire dalla scissione soggetto-oggetto:
‹‹radicalizzando l’orizzonte della presenza sino ad avvertire quella presenza
originaria che abbracciando accoglie e, accogliendo, fonda la presenza di un
soggetto a un oggetto […] Noi dobbiamo imparare dai filosofi››13.
Sarà nell’opera successiva, Psicologia delle visioni del mondo, che crollerà,
per Jaspers, ogni distinzione tra malattia e salute: le manifestazioni
psicologiche non sono più ricondotte alle loro cause, né comprese per
partecipazione affettiva, come avveniva nella sezione esplicativa e
comprensiva della Psicopatologia generale, ma esaminate come
rivelatrici dei modi essenziali in cui un’esistenza riceve, trasforma,
si progetta nel mondo. Parlando delle visioni del mondo, non
abbiamo altro intento che quello di caratterizzare e dare rilievo a ciò
che per noi ha i distintivi dell’essenzialità. Essenziale in una visione
del mondo non è ciò che si può constatare dal punto di vista del
soggetto o dal punto di vista dell’oggetto, ma ciò che si cela dietro
questa scissione.14

E ciò che si cela è una struttura trascendentale, presente sia nel sano che
nell’alienato, e che condiziona il modo sano o alienato di rapportarsi al
mondo: ciò significa che l’alienazione, per Jaspers, non dipende da un
contenuto psicotico, in quanto questa struttura è un vuoto e nudo reticolato
da cui dipende il significato che il mondo assume per ciascuna esistenza:
12

13

14
K. Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo.
Ogni forma trascendentale è come un vuoto e nudo reticolato che
condiziona tutto ciò che è oggettivo; essa non appartiene né
all’anima né al corpo, non è né soggettiva né oggettiva, ma a
seconda che il soggetto guardi attraverso questo o quel reticolato,
scopre particolari oggetti e fa, dal punto di vista psicologico,
un’esperienza specifica […] Dovunque il soggetto abbia di fronte
alcunché di oggettivo, sia nell’allucinazione di chi delira, sia
nell’illusione o negli infinitesimi brandelli di coscienza dell’alienato,
vi si danno quelle forme. Esse sono l’inerte, non vivo di per sé, ma
indispensabile elemento che non bisogna mai perdere di vista.15

Cogliendo questo “a-priori” esistenziale dalle cui variazioni dipende


l’appiattimento del mondo del nevrotico o dello psicotico, è possibile
descrivere sia il soggetto nevrotico che quello psicotico sulla base della loro
visione del mondo, dal loro versante, e non dal nostro eretto a misura. Non
saranno più le singole allucinazioni o idee deliranti a rendere
incomprensibile l’alienato, ma la sua visione del mondo a renderlo
comprensibile: i vissuti di morte, di colpa o di dolore che ogni essere umano
può sperimentare, nel paziente psichiatrico sono condizionati dalla sua
visione del mondo troppo ristretta, limitata e appiattita, per cui essi non si
distendono, per così dire, nel loro spazio e tempo naturali, ma assumono la
caratteristica dell’incombenza quotidiana e angosciante. Una visione così
ristretta fa sì che l’esistenza non si orienti più nel mondo: non è più un
contenuto inconscio del passato a disturbare l’esistenza (come per Freud),
ma è la modalità con cui l’esistenza considera e vede il mondo a causare la
sua alienazione. Jaspers quindi oltrepassa i contenuti traumatici e inconsci
della psicoanalisi per approdare alla forma in cui questi contenuti si
presentano, cioè alla personale visione del mondo: ‹‹L’ottica nuova a cui
perviene Jaspers, non consiste più nel descrivere (Dilthey) o nel
comprendere (lo Jaspers della Psicopatologia) i vissuti (Erlebnisse) che
compongono i mondi dei sani e dei malati, ma nel vedere in questi mondi
delle varianti di quell’invariabilità ontologica che è la visione del mondo›› 16.
A proposito della sua Psicopatologia generale, nella Prefazione alla settima
edizione del 1959, Jaspers, riferendosi alla prima edizione Psicopatologia
generale del 1913, premette:
Oggi certamente sarebbe possibile scrivere un libro migliore di
questo anche per quanto riguarda il problema del metodo. Ma tale
impresa rimane il compito di un ricercatore giovane, che potrebbe
ben riuscire nell’intento se volesse appropriarsi con spirito critico

15

16
U. Galimberti, Psichiatria e fenomenologia.
della coscienza metodica fin qui acquisita, ampliarla e forse porla su
nuovi piani. Io saluterei con gioia un tale libro. Però fino a quando
questo non sarà pubblicato, il mio vecchio libro sarà ancora adatto
ad aiutare il medico che vorrà imparare a ‘pensare’ in modo
psicopatologico.17

17
K. Jaspers, Psicopatologia generale.

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