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Sogno ed esistenza in Binswanger

Nel presentare nel 1947 il suo saggio, Sogno ed esistenza (che Foucault definirà ‹‹il primo dei
testi di Binswanger che appartiene alla Daseinanalyse››)1, Binswanger chiarì la sua intenzione
di elaborare (sull’influenza della lettura di Essere e tempo di Heidegger) un’ interpretazione
esistenziale del sogno, a partire dalla distinzione eraclitea tra sonno e veglia, che vedeva nel
sogno l’immersione in un proprio mondo, contrapposta all’apertura al mondo comune della
veglia. In Binswanger, ritroviamo il carattere fenomenologico dell’analisi onirica che si ferma
al “contenuto manifesto” del sogno, cioè al sogno così com’è, e non nel suo presunto
travestimento in qualcos’altro. Per Binswanger non si deve separare ciò che è uno, cioè
l’immagine dalla tonalità affettiva (che sia gioia o tristezza) che si esprime spontaneamente
nel sogno; ad esempio, nel riportare il sogno di un paziente in cui un’aquila plana liberamente
nell’aria a ghermire un nibbio stremato egli scrive: ‹‹l’immagine rallegrante e la gioia,
l’immagine triste e la conseguente tristezza sono la stessa cosa, sono cioè l’espressione della
stessa fase ascendente e poi discendente di un’onda›› 2, lasciando a intendere che ciò che è
fondamentale non è ciò che il sogno simbolizza, ma il fatto che sia il Dasein stesso, l’essere, a
darsi un tema nel sogno. E questo anche se Binswanger non muove direttamente dal sogno in
sé come essenza, ma dal sogno in quanto esistenza: ‹‹il sogno, in fondo, non è altro che un
modo particolare dell’essere dell’uomo››3. Un’importante dimensione esistenziale da cui
Binswanger parte è il tema della spazialità: sull’onda delle suggestioni heideggeriane, egli
scopre una nuova relazione tra lo spazio, la tonalità affettiva e il corpo. E’ proprio nell’ambito
psicopatologico che Binswanger parla di “spazio timico”, che non è più lo spazio geometrico,
ma le mille forme che esso assume nelle multiforme varietà psicopatologiche; la psicosi viene
così vista come una metamorfosi completa dell’esistenza, in cui tutto lo spazio tra il malato e
il mondo esterno subisce, come in uno specchio deformante, le trasformazioni più
drammatiche: nella depressione profonda, la malinconia, lo spazio si ingigantisce
mostruosamente, un metro diventa un chilometro, un piccolo impegno diventa qualcosa di
impossibile a effettuarsi in questo spazio immenso, dal quale il paziente si sente schiacciare.
Nella condizione opposta, la mania, lo spazio si rimpicciolisce e perde la sua profondità, ogni
cosa è più vicina, afferrabile e tutto diventa possibile; parallelamente anche la dimensione
temporale nelle sue scansioni di passato, presente e futuro subisce analoghe deformazioni, e
laddove il passato con le sue presunte colpe insanabili pesa, fino a schiacciarlo, sul depresso,
così all’opposto, nel maniacale, il tempo diventa una pista in cui lanciarsi a folle velocità, in
1 M. Foucault, Il sogno.
2L. Binswanger, Sogno ed esistenza.
3
cui non c’è un attimo di sosta per riflettere sul passato e neppure sul presente, è solo il futuro
a fare da protagonista con i suoi continui progetti da realizzare e nel quale ogni sogno diventa
possibile. Binswanger ha ben intuito tutto questo nell’apparente incomprensibilità delle
psicosi, è dunque la trasformazione di tutto il mondo del malato, quale si evidenzia
nell’alterazione delle coordinate spazio-temporali, a essere oggetto dell’indagine esistenziale.
Così, in Sogno ed esistenza, Binswanger analizza l’esperienza della delusione, compresa
immediatamente come una caduta:
Quando, a causa di una delusione improvvisa, “cadiamo dalle nuvole”, cadiamo veramente […] il mondo
cambia così improvvisamente che noi, come sradicati, perdiamo qualsiasi punto d’appoggio su di esso. Non si
tratta di un cadere puramente corporeo o metaforico […]. E’ proprio dalla delusione o dallo sgomento
improvvisi, che l’armonia con il mondo familiare che ci sorreggeva subisca all’improvviso un colpo che la fa
vacillare. In un momento simile la nostra esistenza subisce effettivamente un danno, è strappata dal suo
sostegno nel “mondo”, e rigettata su se stessa, […] la nostra intera presenza assume il significato
dell’inciampare, dello sprofondare, del cadere.4

Binswanger precisa che questo “sprofondare” non è una metafora, e neppure la trasposizione
di vissuti corporei nella sfera psichica, anche se ‹‹il linguaggio usa espressioni tratte dalla
sfera spazio-sensoriale per definire proprietà e processi di genere psichico›› 5: non cadiamo
quindi “dalle nuvole” come metafora per indicare il fatto che la delusione ci fa perdere il tono
muscolare fino a farci venir meno (è questa la spiegazione del biologo), ma perché, in seguito
alla delusione, è tutta la nostra esistenza a indebolirsi nelle sue fondamenta o a perderle del
tutto: ‹‹quando il suo accordo con il mondo viene infranto, la nostra esistenza si sente
mancare la terra sotto i piedi e rimane sospesa, e se la delusione continua, il sentirsi sospesi
diventa uno sprofondare, un cadere›› 6. E’ il linguaggio che scopre, spiega Binswanger, una
direzione generale di significato che per la delusione va “dall’alto verso il basso”: ‹‹con
questa apparente similitudine, il linguaggio scopre un tratto essenziale tipico della più
profonda struttura ontologica dell’uomo, l’essere orientato dall’alto verso il basso, e perciò lo
denomina un “cadere”››7. All’opposto, quando siamo felici, ci sentiamo in alto, “in paradiso”:
si tratta di una linea verticale lungo la quale l’esistenza dell’uomo oscilla dall’alto verso il
basso e viceversa, uomo come presenza che sale o che cade, ed è a questa struttura ontologica
che il linguaggio attinge per esprimere l’infelicità o la felicità umana. Struttura alla quale, per
Binswanger, si riferisce anche l’immaginazione del poeta e, soprattutto, il sogno. Binswanger,
rispetto a una delle questioni più problematiche di tutta la storia dell’umanità, quale il
rapporto tra anima e corpo, fa deviare la questione dagli antichissimi binari metafisici e
4 L. Binswanger, Sogno ed esistenza.
5

7
religiosi, mostrando che le concezioni di azione reciproca, parallelismo o identità tra anima e
corpo sono un problema, in generale, mal posto: ciò che ci fa veramente comprendere
l’esistenza umana non è più il concetto di corpo e anima quanto l’esistenza stessa, a partire dal
vissuto della spazialità: nell’ascesa e nella successiva caduta noi troviamo i significati
esistenziali alle domande ancestrali: Chi è colui che esiste? Chi siamo e cosa siamo
propriamente noi uomini, questo “noi” che quando è felice sale e quando è infelice cade? A
questa domanda ‹‹la poesia, il mito, il sogno hanno dato risposte più soddisfacenti che non la
scienza e la filosofia››8. Come dice Kierkegaard: “Si tenga ben fermo cosa significhi essere un
uomo”: è quindi nella poesia e nel mito e soprattutto nel sogno (più che nella scienza e nella
filosofia) che va cercata per Binswanger la risposta: poeti e sognatori hanno da sempre intuito
che ‹‹il noi non è qualcosa che si offre apertamente alla vista, ma che al contrario si cela sotto
mille forme, e non può ridursi al corpo individuale e alla sua forma esteriore›› 9. Il sogno per
Binswanger, è una modalità particolare dell’essere uomo, e non soltanto un modo fisiologico
che ci separa dallo stato di veglia: è la tonalità affettiva l’essenziale del sogno, la vera matrice
delle immagini oniriche. Il sogno trapassa così dalla dimensione di fenomeno psicologico a
fenomeno ontologico. Proprio nei sogni l’esperienza di volare o cadere ci si presenta come un
librarsi o un precipitare della nostra stessa forma corporea; a differenza dei suoi predecessori
che hanno messo in relazione tali sogni di volo o caduta con un fatto somatico, quale la
respirazione (sogno suscitato da uno stimolo corporeo) oppure con desideri sessuali (Freud),
anche se non respinge come false tali interpretazioni, Binswanger si chiede qual è la struttura
a priori di queste determinanti che egli considera soltanto specificazioni secondarie: per
comprendere (e non soltanto interpretare) il sogno ‹‹bisogna spiegare perché proprio in quel
momento colui che sogna prova desideri sessuali […] cioè l’esistenza di un motivo
determinato fondato sulla storia interiore ed esteriore del sognatore›› 10. E’ nella
drammatizzazione, uno dei principali mezzi di rappresentazione del sogno, che avviene come
una trasfigurazione di un proprio stato psichico in una persona altra o perfino in un animale:
Binswanger cita l’esempio di un sogno in cui il conflitto psichico è rappresentato da un’aquila
che piomba su una martora rannicchiata nel suo buco, e se la porta via in volo: è il desiderio e
l’ansia che assumono le sembianze di una seconda o terza persona o di un dramma fra
animali, e la comprensione psicologica richiederà il processo inverso di ritraduzione delle
singole figure umane o animali nelle corrispondenti aspirazioni psichiche.

10 L. Binswanger, Sogno ed esistenza.


Nell’ultima parte del suo saggio Binswanger evidenzia che dai tempi dei Greci si è operata
sempre una distinzione dualistica nella concezione del sogno: già a partire dalla classica
distinzione platonica tra l’immaginazione o doxa (il pensiero soggettivo), e la verità o
conoscenza epistemica (il pensiero filosofico oggettivo), fino ad arrivare a Freud (con la
distinzione tra l’Io e l’Es), e a Jung (inconscio individuale e inconscio collettivo); avverso a
questa concezione dualistica Binswanger tende a rilevare come tutta la storia del sogno in
Occidente evidenzia, dai Greci ai romantici, che esso è stato sempre messo costantemente in
relazione con la globalità del cosmo, termine che sta per mondo. A conclusione del suo
saggio, Binswanger ritorna al “sentirsi cadere dalle nuvole” in seguito a un’improvvisa e
tremenda delusione: ‹‹più tardi, quando mi sono ripreso, esprimo quella caduta dicendo che
“non sapevo cosa mi stava succedendo”[…] Questo è il tratto ontologico fondamentale di
qualsiasi sogno, ciò che definisce la sua parentela con l’angoscia›› 11. Sogno d’angoscia come
il prototipo dell’angoscia esistenziale primaria: ‹‹sognare significa: non so cosa mi succede né
come mi succede››12. Così il sogno si presenta ogni notte senza che l’individuo sappia come:
il sognatore, per Binswanger, non è all’origine del sogno, ma è colui che lo subisce
passivamente.
La concezione del sogno alla luce della Daseinalyse e il confronto con la Traumdeutung di
Freud: In un primo momento Binswanger si avvicina al modello scientifico-esplicativo della
dottrina psicoanalitica, proprio a partire dall’Interpretazione dei sogni di Freud: tale modello
mostrava che era possibile l’elaborazione di regole in psicologia, indipendentemente dalla
correttezza o meno delle interpretazioni che potevano derivarne. Il tema del sogno viene visto
in questi anni fra ‘800 e ‘900 e, soprattutto, in ambienti psichiatrici di avanguardia (il
prestigioso ospedale psichiatrico universitario del Bugholzli a Zurigo), come una sorta di
strumento ausiliario per affrontare la patologia mentale e dimostrare la validità del metodo e
della teoria psicoanalitica: la famosa equivalenza freudiana del sogno come “via regia” di
accesso all’inconscio (di cui la teoria sessuale forniva il coronamento) era la chiave di lettura
che, seguendo fedelmente le spiegazioni freudiane, poteva finalmente consentire di spiegare
tutta una serie di sintomi fino allora inintelligibili perfino nelle forme di dementia praecox,
secondo la classica definizione di Kraepelin per le psicosi schizofreniche. In quegli anni si era
quindi ottimisti a Zurigo sul metodo psicoanalitico e lo stesso Bleuler (che prenderà nel 1898
le redini del Burgholzli) credeva alla possibilità di applicare il metodo impiegato da Freud nel
campo delle nevrosi anche nell’ambito più strettamente psichiatrico delle psicosi: si era tentati
11 L. Binswanger, Sogno ed esistenza
12Ibid.
di riconoscere nei sintomi psichiatrici gli stessi meccanismi di condensazione, spostamento e
simbolizzazione che già Freud aveva individuato nella vita onirica. Lo stesso Jung, nel saggio
sulla dementia praecox del 1909, aveva riconosciuto nel metodo psicanalitico e nei
meccanismi del sogno quei principi che gli avrebbero consentito di affrontare i disturbi
psichiatrici dal punto di vista psicologico. E’ soprattutto il metodo freudiano della libera
associazione a fare il suo ingresso nella psichiatria universitaria, e l’interpretazione dei sogni
diventa lo strumento principe per osservare concretamente i principali meccanismi teorizzati
dalla psicoanalisi (soprattutto la rimozione e il simbolismo). Fin dal 1907-1908, anni in cui gli
fu affidato un grave caso di isteria, Binswanger avrà una corrispondenza trentennale con
Freud, ma così com’era avvenuto per Jung, da una fase iniziale di apprendimento della
dottrina psicanalitica egli comincia a divergere da Freud soprattutto per la questione della
religiosità e spiritualità in generale; in un incontro a Vienna del 1927, Binswanger rievoca le
parole che Freud gli rivolse: ‹‹ l’umanità è stata senz’altro informata di avere lo spirito,
dovevo pur mostrargli che ci sono anche gli istinti›› 13: per Freud la religione non era che una
delle tante nevrosi dell’umanità, ed è questa concezione che Binswanger non poté accettare, il
naturalismo freudiano che faceva derivare dalla sfera biologica anche la vita spirituale
dell’individuo, ridotto a un “serbatoio” di forze energetico-pulsionali. Anche per quanto
riguarda lo studio del sogno, più che alla veste strettamente scientifica, a Binswanger
interessava quella dell’”ascolto” dell’uomo che sogna, come fenomeno inscindibile tra il
giorno e la notte; tuttavia Binswanger riconobbe il giusto merito all’osservazione di Freud ne
l’interpretazione dei sogni sul fatto che ‹‹ogni sogno ha almeno un punto in cui esso è
insondabile, quasi un ombelico, attraverso il quale il sogno è congiunto all’ignoto›› 14.
Nell’analisi di due serie di sogni che appartiene alla fase precedente, quella della
sperimentazione personale della dottrina freudiana, Binswanger analizzerà diversi sogni dei
suoi pazienti alla luce del sistema dell’inconscio elaborato da Freud, anche se non segue alla
lettera il metodo freudiano (come mostrerà Foucault nella sua introduzione a Sogno ed
esistenza); successivamente rifiuterà il simbolismo del sogno compreso alla maniera di Freud:
solo l’assunzione, da parte della filosofia, della dimensione spirituale della nostra esperienza
del mondo, può davvero aprirci, per Binswanger, la porta del sogno. Per comprendere meglio
l’evoluzione della concezione onirica di Binswanger, occorre soffermarsi sull’atmosfera
professionale in cui egli si formò negli anni di frequenza al Burgholzli: Bleuler era stato per
lui il maestro incontrastato il cui merito principale, nello studio del paziente schizofrenico era
stata l’attenzione per la globalità dell’essere schizofrenico: si può percepire una persona

13 L. Binswanger, Ricordi di Sigmund Freud.


14 S. Freud, L’interpretazione dei sogni.
schizofrenica a partire da un aspetto o da un sintomo particolari (per esempio una
dispercezione acustica come “la voce”), ma si può parimenti partire dal percepirla nella sua
interezza, come un modo particolare di essere al mondo della persona di fronte a noi, e
soltanto successivamente porre l’attenzione sui singoli tratti schizofrenici: sta qui la differenza
tra il “sentire psicologico” e il “sentire fenomenologico”, cioè il considerare i singoli vissuti
psicopatologici (e sistemarli in categorie ben definite) oppure considerare la schizofrenia
come un unico complesso strutturale, una peculiare relazione del malato con la realtà. Dal
“sintomo” schizofrenico della descrizione psicologica si passa così al “modo di essere” dello
schizofrenico secondo la descrizione fenomenologica, che ne fa un caso unico fra tutti gli
altri, come unico è ciascun uomo fra miliardi di uomini. Qualunque sia la forma in cui la
storia interiore ci si presenta è la metodologia husserliana, secondo Binswanger, a offrire,
mediante l’intuizione dell’essenza, la possibilità di cogliere l’oggetto in modo più originario e
totale, di essere trasportati fin dentro l’oggetto osservato. Rispetto alla psicoanalisi, il
vantaggio della fenomenologia sta nella semplice osservazione del fenomeno, nel ritenere
valido solo ciò che vediamo realmente attraverso l’intuizione sensibile o la visione delle
essenze, evitando che a quanto si vede possa sovrapporsi una qualsiasi teoria (scientifica o
metafisica). La seconda svolta di Binswanger è all’inizio degli anni ’30 e consiste
nell’incontro con il pensiero di Heidegger, in cui la ricerca si rivolge all’esistenza. Dalla
lettura di Essere e tempo Binswanger ne trae la conclusione che in psichiatria non ci è
possibile soddisfare le esigenze fenomenologiche nel senso di Husserl, come visione delle
esperienze nella loro universalità: possiamo tutt’al più mirare all’essenza a partire dal fatto
particolare, mentre con l’approccio heideggeriano ci si può spingere a un’interpretazione
esistenziale e biografica di ogni singolo paziente, così come di ogni singolo uomo.
Binswanger lavorerà al fine di canalizzare il metodo psicanalitico e quello fenomenologico
nella direzione di una ricerca di carattere antropologico (e in questo senso il termine
“daseinanalyse” è stato tradotto con “antropoanalisi”), rivolta allo studio dell’Esserci, l’uomo
nella sua esistenza nel mondo. Proprio il tema del sogno giocherà un ruolo importante in
questo contesto: in Sogno ed esistenza Binswanger non si rivolge così ai contenuti tematici
dei vissuti individuali secondo il metodo freudiano, ma al tratto ontologico fondamentale di
tutti i sogni, che egli intravede (anche a differenza di Heidegger) nell’intersoggettività, come
autentico carattere fondativo dell’essere dell’uomo. La daseinanalyse non si discosta, in ogni
caso, dal monito husserliano, quello di volgersi al fenomeno “senza partito preso”, per
coglierne l’essenza o norma intrinseca e nel caso della psicopatologia, come strumento per
afferrare il nucleo strutturale delle molteplici forme in cui si manifestano i disturbi mentali,
quell’ a priori che le sottende e le accomuna, fornendo al contempo una chiave per
affrontarle. E’ in questo modo che Binswanger scopre i diversi progetti di mondo manifestati
nella mania o nella depressione, nella schizofrenia o nell’isteria. La psichiatria (con i suoi
molteplici metodi compresa l’indagine sui sogni) ha il compito, per Binswanger, di
interpretare dall’interno il progetto del mondo del paziente, in linea col principio
fenomenologico secondo cui il fenomeno va compreso a partire da se stesso: da qui la ricerca
di Binswanger alla scoperta dei progetti di mondo psicopatologici nei casi di Ellen West,
Suzanne Urban, Lola Voss. Tale digressione era necessaria per comprendere l’atteggiamento
di Binswanger nei confronti del sogno che egli non vede più come un fenomeno da analizzare
e interpretare secondo le modalità psicoanalitiche, ma come categoria-guida per un compito
infinito, un’opera sempre in fieri, e per questo frammentaria, molto diversa quindi dalla
soluzione definitiva prospettata dalla psicanalisi che aveva fornito finalmente le “cause” delle
malattie psichiche (cause di cui, si badi bene, la psichiatria era sempre andata alla ricerca). Il
problema del sogno si lega con ogni evidenza alla problematica epistemologica della
psicologia che può, da una parte, interpretare il sogno secondo il metodo freudiano, al fine di
saldare la frattura tra i vissuti onirici e quelli della veglia (con un conseguente accesso ai
propri sogni dall’esterno), ma può anche cogliere nel sogno il destino interiore dell’individuo
fino alle profondità dell’anima: in questo senso l’essenza dell’uomo, per Binswanger, non si
può concepire come staccata dalla storia della sua vita, e proprio il sogno, questo perfetto
drammaturgo, rivela la storia e il dramma del sognatore come soggetto vivente. A Freud che,
in una lettera, lo mette in guardia dal “diavolo” della filosofia, Binswanger dimostrerà di
avere imboccato proprio la strada della filosofia, e nell’arco di quasi cinquant’anni riuscirà a
combinare, in una nuova alchimia metodologica, il metodo psicanalitico (in cui il materiale
dell’esperienza clinica veniva raggruppato in maniera scientifica e sistematica) con la critica
della ragione offertagli dalla filosofia trascendentale di Kant e, successivamente, dalla
fenomenologia. Proprio volgendosi a quest’ultima e alla “daseinanalyse” di cui sarà il
fondatore, Binswanger approfondirà notevolmente il problema dell’inconscio, nella direzione
di una dimensione antropologica di cui la psicoanalisi non si era curata: nessuno riuscirebbe a
guarire veramente fino in fondo se il medico non riuscisse a risvegliare in lui quella scintilla di spiritualità, che
dev’esservi […] Già Goethe se n’era reso conto e assai meglio dei nostri odierni psicoterapeuti. Citerò la
sentenza che egli fa pronunciare a Parmenide (Die Weisen und die Leute): “Entra in te stesso! Se vi sei
sprovvisto/Di infinità nello spirito e nel senso/ Allora non si può far nulla per te!”. Con il risveglio del senso
dell’infinità […] non vengono sottratti al singolo le sue immagini e i suoi sentimenti, i suoi desideri e le sue
speranze; essi vengono invece sottratti all’inquietudine tantalica, all’irrequietezza, alla disperazione, alla vita
che cade, che precipita, attratta verso il basso, e vengono trasformati […] in una vita che sale, che si libra verso
l’alto senza fatica, con una sorta di ebbrezza, come una mia paziente l’ha veduta, dopo il trattamento, in una
serie di immagini oniriche che mostrano come la spiritualità, una volta risvegliata, sia in grado di trasformare
persino il sogno, e di renderlo immagine della vita universale15.

15 L. Binswanger, Sogno ed esistenza.

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