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Antonio Grande

Una rete di ascolti


Viaggio nell’Universo musicale neo–riemanniano

Prefazione di
Mario Baroni
Aracne editrice

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Copyright © MMXX
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

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via Vittorio Veneto, 


 Canterano (RM)
() 

 ----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

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senza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: maggio 


Indice

13 Prefazione
di Mario Baroni

27 Introduzione

51 Capitolo I
Per cominciare
1.1. Un nuovo mondo, 51 – 1.1.1. Liszt, Consolazione n. 3, 51 – 1.1.2. Chopin, Pre-
ludio op. 28 n. 4, 59 – 1.2. Una Seconda Pratica della Tonalità, 68 – 1.2.1. Nuove
famiglie di relazioni, 71 – 1.2.2. Simmetrie e quasi-parità, 72 – 1.2.3. Simmetria in-
versionale e dualismo, 74 – 1.2.4. Nuova struttura profonda, 79 – 1.2.5. Accordi come
forme liquide, 80 – 1.2.6. Una nuova temporalità, 84

87 Capitolo II
L’eredità di Riemann
2.1. Il contesto, 87 – 2.2. Il Tonnetz e i suoi percorsi, 91 – 2.3. Il sistema Schritt/Wech-
sel, 103 – 2.3.1. Schritt, 105 – 2.3.2. Wechsel, 106 – 2.3.3. Elenco di Schritt/Wechsel,
108 – 2.4. Verso una nuova Tonalità, 110

113 Capitolo III


La nuova organizzazione tonale
3.1. L’Introduzione di Cohn, 113 –3.2. Proprietà delle triadi, 115 – 3.3. Le Trasfor-
mazioni, 118 – 3.4. Strutture di gruppo e implicazioni teoriche, 123 – 3.4.1. Azioni di
un gruppo, 126 – 3.5. Considerazioni sulle proprietà di gruppo, 128 – 3.5.1. Relazioni
vs cose, 128 – 3.5.2. Teoria dei gruppi e ruolo della Mente, 129 – 3.5.3. Altro modo
di vedere, 130 – 3.5.4. Come ci appaiono le cose, 131 – 3.5.5. L’equivalenza enarmo-
nica, 133 – 3.6. Una tassellazione di note, 134

137 Capitolo IV
Le collezioni neo-riemanniane
4.1. Famiglie parsimoniose, 137 – 4.1.1. Ciclo PL. La collezione esatonica, 139 –
4.1.2. Ciclo PR. La collezione ottatonica, 144 – 4.1.3. Ciclo PLR, 148 – 4.1.4. Ciclo
RL, 153 – 4.1.5. Regioni di Weitzmann, Ciclo N/R, altri usi di N, 154 – 4.1.6. Combi-
nazioni di cicli Esatonici e di Weitzmann, 159 – 4.1.7. Altre etichette e lunghezza della
stringa, 160 – 4.1.8. Il Tonnetz a rete, 162 – 4.2. Distanze e relazioni fra triadi: il Cube
Dance, 165 – 4.3. Le Zone di VL, 168 – 4.4. Chopin, Preludio op. 28 n. 24, 172

99
10
10 Indice

179 Capitolo V
L’integrazione delle Settime
5.1. Questioni preliminari, 179 – 5.2. Reti di 2 Settime: 7Mm e 7ø, 181 – 5.2.1. Re-
gioni Ottatoniche, 184 – 5.2.2. Regioni di Boretz, 188 – 5.3. Reti di Settime: 7Mm,
7min, 7ø, 192 – 5.3.1. Power Torus, 195 – 5.4. Il 4–Cube Trio, 197 – 5.5. Due esempi
analitici, 199 – 5.5.1. Chopin, Mazurka op. 68 n. 4, 199 – 5.5.2. Chopin, Mazurka op.
6 n. 1, 205 – 5.6. Il Tonnetz tridimensionale, 209

215 Capitolo VI
Analisi
6.1. Schubert, Der Doppelgänger, 215 – 6.2. Schubert, Sonata D 959/I, 223 – 6.3.
Chopin, Studio Op. 25 n. 3, 234 – 6.4. Chopin, Studio op. 25 n. 11, 236 – 6.5. Chopin,
Scherzo op. 31, 240 – 6.6. Liszt, Un Sospiro, 252 – 6.7. Liszt, Consolazione n. 2, 261
– 6.8. Liszt, Liebestraum n. 3, 266 – 6.9. Brahms, Op. 118 n. 4, 271

279 Capitolo VII


Trasformazioni tra differenti cardinalità
7.1. Premessa, 279 – 7.2. Comuni trasformazioni di intercardinalità, 281 – 7.3. La
matrice–P di Rockwell e il grafico Birdcage, 286 – 7.4. Esempi analitici, 290 – 7.4.1.
Franz Liszt, Blume und Duft, 293 – 7.4.2. Peter Cornelius, Ein Ton, 301 – 7.5. Il
sistema nonatonico di Mattew Santa, 307 – 7.5.1. Esempio analitico: Liszt, Consola-
zione n. 3, 313

317 Capitolo VIII


Sviluppi
8.1. Ancora su simmetrie e quasiparità, 317 – 8.2. Esempi di Analisi: Liszt e Scria-
bin, 329 – 8.2.1. Liszt, R.W. Venezia, 329 – 8.2.2. Scriabin, Op. 69 n. 1, 340 – 8.2.3.
Scriabin, Op. 74 n. 5, 347 – 8.2.4. Scriabin, Op. 74 n. 3, 353 – 8.2.5. Scriabin, Feuillet
d’Album, op. 58, 357 – 8.3. Spazi di pitch classes, 361 – 8.3.1. Franz Liszt: Nuages
Gris, 369 – 8.4. I cicli commutativi di Michael Siciliano, 374 – 8.5. Le UTT di Julian
Hook, 391 – 8.5.1. UTT e serie dodecafoniche: approccio a Webern, 403

417 Capitolo IX
Sentire come
9.1. Guardare la tonica. Riemann e il concetto di Funzione, 417 – 9.2. Vedere (o
sentire) come, 423 – 9.3. David Lewin e il vedere come, 430 – 9.3.1. Un ascolto qua-
litativo, 433 – 9.3.2. Esempi analitici, 439 – 9.3.3. Chopin, Preludio op. 28 n. 9, 447

453 Capitolo X
La discussione
10.1. L’energia perduta, 453 – 10.1.1. D. Harrison e il mondo senza peso, 454 –
10.1.2. Cohn e le diverse Letture della Sonata D 960, 457 – 10.1.3. Kenneth Smith:
l’energia e il desiderio, 464 – 10.2. Modelli cognitivi e teoria neoriemanniana, 474
– 10.2.1. Carol Krumhansl: la prova sperimentale, 474 – 10.2.2. Il Tonal Pitch Space
di Fred Lerdahl, 481 – 10.3. Teoria neoriemanniana e schenkerismo, 492 – 10.3.1.
Indice
Indice 11
11

René Rusch e la teoria di Tovey, 493 – 10.3.2. Tra due Mondi. Impromptu D899/2 di
Schubert, 500

515 Capitolo XI
Per finire
11.1. Profondo/Superficie, 519 – 11.2. Selezioni differenti, oggetti nuovi, 522 – 11.3.
Doppia sintassi, 525

529 Bibliograa

543 Indice Analitico


Introduzione

In un suo recente libro — Tonality and Transformation — Stephen


Rings sostiene che la teoria trasformazionale «è ormai una presenza fa-
miliare in ambito musicologico, diffusa nei programmi delle confe-
renze e nelle riviste teoriche» [2011, 9]. E tuttavia aggiunge che essa
rimane pur sempre «una sottodisciplina specialistica di un campo spe-
cialistico». Insomma qualcosa che, seppure entrata di diritto nel voca-
bolario della teoria musicale, resta laterale, una nicchia per pochi, “un
libro chiuso” [9].
L’intento del presente lavoro è proprio di aprire questo libro met-
tendo in circolo le idee che vi sono racchiuse, sebbene restringendo il
suo focus alla teoria neoriemanniana che è, più propriamente, un sot-
toinsieme di quella trasformazionale. Ciò che caratterizza questo ap-
proccio è soprattutto un nuovo paradigma di pensare e ascoltare la mu-
sica. Non si tratta, cioè, solo di un fatto tecnico ma, vorremmo dire, di
una filosofia, nel senso di una visione del mondo. Benché sia nata di
recente, non più di una trentina di anni fa, essa fa riferimento a un pe-
riodo — l’Ottocento, soprattutto nella sua seconda metà — che ha vis-
suto uno dei più cruciali e profondi cambiamenti di paradigma della
modernità. È dunque espressione di questo nuovo modo di sentire, di
“vedere”, di relazionarsi, di vivere il proprio contesto.
La teoria musicale, con l’approccio neoriemanniano, si fa carico
di questa differente visione del mondo, applicando delle categorie pro-
spettiche e di ascolto che modificano profondamente il brano che inten-
diamo analizzare. Suzannah Clark, discutendo il problema della sele-
zione posta in essere da una qualsiasi prospettiva analitica, usa una sug-
gestiva metafora, in parte riprendendola da un articolo di Richard Cohn:
la teoria musicale può diventare come un certo tipo di occhiali che, se
indossati, ci obbligano a vedere in un particolare modo. E ipotizza al-
cune situazioni paradossali:
Immaginiamo un paio di occhiali che consentono ad un osservatore di vedere
solo una specifica forma, diciamo delle circonferenze. A questo punto egli ve-
drà la luna piena, degli orologi, delle tavole rotonde e delle ruote. Immagi-
niamo poi di rimpiazzare questi occhiali con un paio che consente di vedere

27
24
28 Introduzione

solo angoli retti. Immediatamente verranno alla nostra attenzione le tavole ret-
tangolari, come gli angoli di una stanza, le cornici di un quadro, i libri e così
via. Immaginiamo quindi di camminare in una stanza dove ogni cosa è circo-
lare, ma il nostro osservatore sta indossando gli occhiali sbagliati. I cerchi ci
sono, ma gli occhiali non li rilevano. Il risultato è il caos o la cecità, tutto a
causa delle lenti [2011a, 4].

Forse l’idea più essenziale per cogliere questo cambio di paradigma è


la sostituzione di una visione monolitica del Mondo, basato su un unico
asse e un unico punto di riferimento, con un’altra che accoglie invece
la molteplicità e la polivalenza1. Ne segue che noi, abitanti di quel
Mondo, abbiamo bisogno di ricostruire di volta in volta il nostro punto
di appoggio e la realtà acquista nuove e differenti dimensioni.
Questo comporta soprattutto un diverso modo di ascoltare perché
tutto diventa contestuale e non più univoco o centralizzato. Pensiamo
ad esempio al tipico ascolto della musica tonale, come ce lo insegna, ad
esempio, la teoria schenkeriana. Un unico centro, che deriva da
un’unica e generale sintassi, dà senso al tutto, come il tronco di un al-
bero da cui partono e si ricollegano, a vari livelli di profondità, i rami
dai più grossi e strutturali ai più piccoli e sottili. Questa visione orga-
nica e monolitica non si accorda più tanto bene ai brani della grande
stagione romantica: si fanno più piccoli i dettagli dotati di senso e que-
sto comporta un aumento delle informazioni per l’ascoltatore che deve
riassestare il fuoco con cui si relaziona agli eventi musicali. Per un verso
le varie parti del tutto possono rispondere a principi d’ordine differenti,
per l’altro la coerenza si sgancia da riferimenti acustici per riguardare
invece forme di legami alternativi, facilmente rappresentabili in geo-
metrie spaziali.
In pratica, l’ascoltatore si deve mettere più vicino, deve ridisegnare
un contesto e, nel contempo, può assegnare il giusto peso a particolari
che, sebbene locali, sembrano scritti proprio per essere valorizzati di
per sé e non colti a partire da elementi strutturali gerarchicamente su-
periori.
Questa “seconda pratica” della tonalità [Kinderman & Krebs 1996]
richiede un modo diverso di porsi davanti alla musica. Anzi, forse an-

1. Steven Rings ha paragonato l’approccio trasformazionale (e neoriemanniano) ad un


cambio di paradigma, nell’accezione di Kuhn, avvenuto nello studio dell’armonia [2007, 33].
Questo per dare la misura di cosa costituisca, oggi, questo tipo di approccio nel quadro della
teoria musicale contemporanea.
Introduzione 25
29

che il concetto di stare davanti alla musica perde di significato, sosti-


tuito da uno stare dentro ad essa, per non esserne un semplice spetta-
tore, da fuori, ma per viverla in prima persona, da dentro2.
Il titolo del libro mette in primo piano oltre all’ascolto anche l’idea
di rete. La teoria neoriemanniana si caratterizza infatti proprio per il
suo esplicito riferimento a differenti spazi di note o di accordi dove gli
oggetti che li abitano si muovono secondo traiettorie definite dalle pro-
prietà degli spazi stessi. Si tratta di reticoli dai percorsi definiti, su cui
agiscono le proprietà dei gruppi matematici. Un brano, o una sua parte,
diventa un cammino lungo le vie di un particolare sistema formalizzato.
Ogni spazio ha un ventaglio di possibilità predefinite che il brano può
realizzare in tutto o in parte, sia a livello di superficie che a livelli più
profondi della struttura3.
Quando gli oggetti di questi spazi sono delle singole note, si intrec-
ciano variamente percorsi di intervalli privilegiati, quali la 5a giusta, la
3a maggiore e la 3a minore. Ciò si riflette a livelli superiori, per cui
accade che se i nodi dello spazio non sono più solo singole note, ma
triadi o settime, il criterio della reciproca vicinanza o lontananza si basa
sulla possibilità che essi hanno di agganciarsi l’un l’altro con un movi-
mento delle voci ridotto al minimo, definito parsimonioso dalla teoria.
Nel caso delle triadi si tratta di una sola voce che si muove di semitono
o di tono, mentre le altre due rimangono ferme.
In un certo senso è proprio il movimento — inteso come un insieme
di pratiche di condotte lineari (Voice Leading, d’ora in avanti VL) — il
fulcro più essenziale della teoria4. Un movimento che viene inteso e
declinato in un modo peculiare, come il motore di una trasformazione
che interessa un certo particolare oggetto. La conseguenza di questo
approccio è che il focus analitico non riguarda le singole figure del per-
corso musicale, ma le trasformazioni che intervengono dall’una all’al-
tra. I vari spazi si qualificano non tanto per gli oggetti di cui si compon-
gono, ma per il tipo di trasformazioni che li riguardano. Anzi, si può

2. Si veda su questo H. BESSELER [1993]. Si discuterà più avanti anche il senso di stare
dentro la musica secondo David Lewin.
3. Sulla priorità degli aspetti visivi su quelli uditivi per gli umani si veda J. HOOK [2002b]
e R. COHN [2016]. A sua volta Nicholas Cook vede il modello spaziale della teoria come «la
fase finale nella storia della teorizzazione musicale tra arte e natura» [2002, 101].
4. HARRISON [2011, 564] parla di un dinamismo diffuso, che definisce energetico, alla base
della lettura che la teoria neoriemanniana dà dei pezzi che studia. Si tratta di un movimento
del tutto particolare, come di un assestamento di forze molecolari che tendono ad agganciarsi
fra loro.
26
30 Introduzione

dire che sono le trasformazioni che agiscono su un certo spazio ad in-


durre la presenza degli oggetti che lo abitano. La musica viene colta
così nel suo trasformarsi, piuttosto che nel suo essere. E queste trasfor-
mazioni, sebbene indagate in modi formali, non sono altro che dei gesti
che l’ascoltatore può cogliere e che si colorano di un preciso status fe-
nomenologico.
Sia che avvenga in superficie o piuttosto in profondità, il trasfor-
marsi di un oggetto nell’altro non segue criteri legati a funzioni tonali.
Non c’è una dominante che è spinta verso la tonica, o una sottodomi-
nante che si muove sulla dominante. Piuttosto gli oggetti si agganciano,
come in una sorta di legame chimico, sulla base della facilità con cui le
componenti dell’uno si interfacciano con le componenti dell’altro, dal
quale differisce di poco5. Una trasformazione è l’accadere di questo le-
game, e ogni legame ha un suo colore. Si creano così intere famiglie di
oggetti basate sul tipo di legame che li unisce, dunque una famiglia di
colori trasformazionali. In genere sono due o al massimo tre per ogni
famiglia. Spesso poi questi legami si ripetono ciclicamente finché non
si ritorna al punto di partenza. E il compimento di un ciclo viene a co-
stituire quella chiusura che mancherebbe in assenza di un centro di ri-
ferimento qual era la tonalità tradizionale.
La teoria neoriemanniana deve il suo nome al teorico tedesco
Hugo Riemann, sebbene solo una minima parte del suo complesso e
articolato lascito di idee ne può costituire una diretta discendenza. Rie-
mann, vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, si trovò ad ope-
rare in un momento cruciale della musica, quando le strutture tonali
cominciavano a non tenere più, sfaldandosi e facendo sembrare molti
brani privi di una tangibile coerenza interna. Tra gli obiettivi di Rie-
mann vi fu proprio quello di trovare una ratio che rendesse certi pas-
saggi — tonalmente deboli per le relazioni in esso presenti o perché
carichi di cromatismo — dotati di una loro coerenza. Oltre ad aver le-
gato il suo nome ad uno dei concetti più importanti e fortunati della
teoria musicale, quello di funzione tonale, egli elaborò contestualmente
un sistema di connessione fra triadi (detto Harmonieschritte, ossia passi
armonici, o anche sistema Schritt/Wechsel, ossia passo/cambio, un
nome che deriva dalle operazioni necessarie per andare da uno all’altro)

5. Nel nostro lavoro faremo riferimento essenzialmente a questo criterio, detto della parsi-
monia, ma in linea di principio l’attività trasformazionale può interessare sistemi che non sod-
disfano questa condizione.
Introduzione 27
31

costruendo una tassonomia di relazioni basata sulle loro fondamentali


che teneva conto della direzione, verso l’alto o il basso, della progres-
sione stessa. Questo sistema, benché non proprio coerente con quello
delle Funzioni, convisse in modo abbastanza singolare insieme a
quello.
La particolarità del sistema Schritt/Wechsel, che ci riporta ai nostri
fini, è che non aveva alcun riferimento con il sistema tonale in quanto
si limitava a codificare le singole relazioni, anche molto cromatiche,
che un accordo — una potenziale tonica — può intrattenere con tutti gli
altri ad opera di semplici operazioni di trasformazione in cui agiscono
alcuni intervalli fondamentali nonchè la loro direzione. Riemann spiega
questa impostazione in un suo studio del 1890 (Katekismus der Musik),
dove dissente dalla notazione con numeri romani adottata da Weber so-
stenendo, invece, «la specificità dei singoli tipi di progressione accor-
dale, indipendentemente dal carattere che vengono ad assumere entro
una tonalità» [Kopp 1995, n. 9]. In pratica, questo approccio costituiva
un via libera per le successioni tra accordi anche le più strane e inusi-
tate, perché non c’era da trovare una tonica comune e la coerenza deri-
vava piuttosto dal fatto che tutto si riconduceva all’applicazione di po-
chi e semplici operatori intervallari (5G e 3M), applicati verso l’alto o
verso il basso — a seconda del modo maggiore o minore degli accordi
— unici per ciascuna successione. Come verrà notato molti anni dopo
[Klumpenhouwer 1994], con il sistema Schritt/Wechsel le relazioni ac-
cordali vengono ad assumere proprietà strutturali tipiche delle trasfor-
mazioni matematiche della teoria dei gruppi. Questo è forse il punto
concettualmente più specifico che getta un ponte tra Riemann e la teoria
neoriemanniana.
Ma non è tutto. Un altro particolare tassello deriva dall’idea di Rie-
mann di trovare per ciascuno dei tre accordi principali della tonalità —
Tonica (T), Sottodominante (S) e Dominante (D) — dei sostituti in cui
due note sono comuni e una terza viene fatta slittare di semitono o di
tono. In particolare, egli introduce il concetto di Parallelklang (accordo
parallelo, che in area non tedesca è definito accordo relativo) e di Leit-
tonwechselklang (accordo di cambio di sensibile). Sono “sostituti” per-
ché possono prendere le veci delle triadi principali sebbene siano meno
28
32 Introduzione

puri, contenendo una nota che, pur sembrando consonante, di fatto non
lo è, in quanto è subentrata a quella primitiva6.
Più in dettaglio, un accordo come DoM può mantenere la 3a mag-
giore e far slittare un tono verso l’alto la nota rimanente, ossia il sol va
a la. Si forma così il Parallelklang (C  a) che produce anche un cam-
bio di modo. Nel modo minore, per effetto di una lettura dualistica, lo
slittamento avviene di un tono verso il basso dell’unica nota che si
muove formando, nel nostro caso, la successione c  E. Ma DoM può
anche tener ferma la 3a minore (misol) e far scendere di semitono la
nota rimanente (che è il do) a si, ossia verso la sua sensibile (in tedesco
Leitton). Si forma così l’accordo di mi min, che è il Leittonwechsel-
klang, anche qui con cambio di modo. Nel modo minore tutto avviene
in modo speculare e la nota che si muove viene fatta slittare di semitono
verso l’alto (c  A)7. Aggiungiamo infine la trasformazione che pro-
duce un cambio di modo (da maggiore a minore, e viceversa): in tal
caso a rimanere ferma è la quinta dell’accordo (dosol), mentre la 3a
viene fatta slittare di semitono.
L’ingresso di questi accordi sostituti nello scenario delle relazioni
viene a legittimare una pratica già da tempo in essere nella letteratura
romantica: il ruolo sempre crescente della relazione di 3a (Magg. o mi-
nore) a fianco, o anche in sostituzione, della 5a. Sono le stesse relazioni
di 3a che diventeranno la base delle trasformazioni neoriemanniane.
Va accennato, per finire, anche ad un ulteriore aspetto che trasmette
bene l’idea di una trasfigurazione che ha ricevuto ormai il concetto di
tonalità. Nella teoria di Riemann, non si pensa ad una rigida connes-
sione tra un singolo accordo e la sua funzione in quanto lo stesso ac-
cordo può modulare il suo significato a seconda del contesto. Ad esem-
pio, in DoM l’accordo di Lam può essere un Parallelklang (una rela-
tiva, in termini neoriemanniani), ossia con la trasformazione da

6. A tal proposito Riemann definisce il concetto di Scheinkonsonanzen, ossia di consonanze


apparenti.
7. Nelle parole di Riemann, il sostituto detto Leittonwechselklang è «l’accordo di modo
opposto che nasce sostituendo la prima di un accordo con la sua controseconda minore (seconda
del lato opposto all’accordo principale)» [RIEMANN 1896, 192]. Qui sono necessari alcuni chia-
rimenti: per prima Riemann intende la nostra fondamentale se l’accordo è maggiore, mentre la
nostra 5a se è minore. Viene anche chiamata fondamentale riemanniana. Mentre per controse-
conda intende l’intervallo di 2a preso all’incontrario rispetto al senso normale della scala:
ascendente se maggiore, discendente se minore. Pertanto la controseconda rispetto alla prima
di DoM è si. Ovviamente in questo approccio prende corpo la tipica visione dualistica dell’au-
tore.
Introduzione 29
33

domisol a domila; ma può essere anche un sostituto della Sotto-


dominante, quindi da falado a milado. In entrambi i casi, due note
su tre sono uguali all’accordo di riferimento e questo favorisce una sorta
di confusione di ruoli che mette in luce un sostanziale indebolimento
della tonalità e un possibile reindirizzamento dell’attenzione sulla tra-
sformazione in sé piuttosto che sui ruoli e i significati dei singoli og-
getti8.
Scomparso Riemann il suo sistema, non privo di contraddizioni,
verrà messo da parte, quantomeno nei suoi punti più problematici. Ri-
marrà incompiuto un “possibile” progetto di integrazione tra l’idea di
funzione (che è un significato, o un’interpretazione mentale) e quello
di successione armonica, modellata sul sistema degli Schritte e Wech-
sel, dove incontriamo solo mere operazioni sulle triadi e non dei gesti
sintattici. Non si compì quel “potenziale algebrico” — come l’ha chia-
mato Brian Hyer [2011, 131] — che avrebbe invece avuto un ruolo de-
terminante nella successiva rilettura avvenuta alla fine del XX secolo,
con il nascere della teoria neoriemanniana. Bisognerà aspettare, in-
fatti, gli anni ’80 del secolo scorso perché alcuni spunti di Riemann
vengano ripresi e, sotto questo aspetto, il nome di riferimento è sicura-
mente quello del teorico americano David Lewin.
Un suo articolo del 1982 può essere considerato uno dei più signi-
ficativi precedenti della nostra teoria benché gli intenti dell’autore pun-
tassero verso altri obiettivi. Vi si descrive, infatti, in modo formale un
sistema armonico che chiama Sistema Riemann (RS), partendo da una
sequenza di note costruita secondo un particolare principio [Lewin
1982a].
Formalmente, Lewin pensa ad un sistema identificato da una terna
di elementi nella forma (T, d, m), dove T è una qualunque pitch class,
mentre d ed m sono degli intervalli che possono assumere differenti va-
lori, pur essendo soggetti ad alcune condizioni. Il sistema presenta delle
triadi primarie che sono la triade di Tonica, ottenuta con (T, T+m, T+d),
la triade di Dominante, ossia (T+d, T+d+m, T+2d) e la triade di Sotto-
dominante, (Td, Td+m, T). Disponendo insieme queste triadi si

8. Gjerdingen sottolinea l’indubbia complessità del sistema riemanniano dove le tre cate-
gorie funzionali (S, D, T), variamente intese, possono dar luogo a 18 possibilità. Ossia: T, Tp,
Tl, t, tP, tL, S, Sp, Sl, s, sP, sL, D, Dp, Dl, d, dP, dL [cfr. DAHLHAUS 1990, 13]. Ricordiamo
che P e L stanno per Parallela (la nostra relativa) e per Leittonwechselklang, mentre le lettere
maiuscole o minuscole identificano il modo maggiore o minore della triade.

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