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1. Discorrere le storie
* Università di Urbino.
1
Cfr. C. PINCIN, Osservazioni sul modo di procedere di Machiavelli nei «Di-
scorsi», in Renaissance Studies in Honor of Hans Baron, ed. by Antony Molho
and John A. Tedeschi, Firenze, Sansoni 1971, pp. 385-408, qui 399-403.
2
Ivi, p. 399.
3
Cfr. C. PINCIN, Le prefazioni e la dedicatoria dei «Discorsi» di Machiavel-
li, in «Giornale storico della letteratura italiana», CXLIII, 1966, pp. 72-83,
qui 77-78.
4
Ivi, pp. 82-83.
5
Ivi, p. 77
6
Cfr. N. MACHIAVELLI, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, a c. di G.
Inglese, Milano, Rizzoli 1984, pp. 56, 60. Uno studio delle varianti in Pincin,
«Le prefazioni e la dedicatoria», cit., pp. 72-75.
7
N. MACHIAVELLI, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I, [Proemio],
in Opere, a c. di C. Vivanti, Vol. I, Torino, Einaudi-Gallimard 1997, p. 198.
8
Ibidem.
9
Ibidem.
10
Ibidem.
11
Vivanti, nella sua ed. (cit., pp. 898-899), cita in nota, tra le altre pos-
sibili fonti, Lucrezio, De rerum natura, V, 677-680 e II, 300-302. Machiavelli
aveva scritto, si noti, «come se il cielo, il sole, li elementi, l’anima, li uomini
fussino variati di substantia, di moti, d’ordine et di potenza», quindi correg-
ge sopprimendo «anima» e «di substantia». Il testo della prima versione del
Proemio è pubblicato e discusso da Pincin, «Le prefazioni e la dedicatoria»,
cit., p. 74, che nota a questo proposito: «È notevole il duplice rifiuto di residui
del linguaggio di una certa tradizione [...]. Rimangono solo termini antichi»
(Ivi, p. 79).
12
Cfr. già Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati: «Io ho
sentito dire che le istorie sono la maestra delle actioni nostre, et maxime de’
principi, et il mondo fu sempre ad un modo abitato da uomini che hanno avu-
14
Su questo tema cfr. G. CADONI, Machiavelli teorico dei conflitti sociali,
«Storia e Politica», XVII, 1978, n. 2, pp. 197-220; F. DEL LUCCHESE, «Dispu-
tare» e «combattere». Modi del conflitto nel pensiero politico di Machiavelli,
in «Filosofia politica», XV, 2001, n. 1, pp. 71-95 (sul rapporto tra Discorsi e
Istorie fiorentine); ID., Tumulti e indignatio. Conflitto, diritto e moltitudine in
Machiavelli e Spinoza, Milano, Edizioni Ghibli 2004, pp. 241-264.
15
Sulla struttura e sulla funzione del concetto di religione in Machiavelli
cfr. A. TENENTI, La religione di Machiavelli, in ID., Credenze, ideologie, liberti-
nismi tra Medio Evo ed Età Moderna, Bologna, Il Mulino 1978, pp. 175-219.
Sul rapporto tra religione e politica cfr. G. Procacci, Introduzione a N. MA-
CHIAVELLI, Il Principe e Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Milano, Fel-
trinelli 1960, pp. XVII-XCII, qui LIX-LX.
16
«[...] non il bene particulare, ma il bene comune è quello che fa grandi
le città. E sanza dubbio, questo bene comune non è osservato se non nelle
republiche, perché tutto quello che fa a proposito suo si esequisce, e quantun-
que e’ torni in danno di questo o di quello privato, e’ sono tanti quegli per chi
detto bene fa, che lo possono tirare innanzi contro alla disposizione di quegli
pochi che ne fussono oppressi» (Discorsi, II, 2, p. 331).
17
Ivi, I, 5, p. 211. Cfr. anche Il Principe, IX, Opere, a c. di C. Vivanti, Vol. I,
cit., p. 143: «[...] et e’ grandi desiderano comandare e opprimere el populo».
18
Discorsi, I, 5, p. 211. Cfr. anche Il Principe, IX, p. 143: «[...] il populo
desidera non essere comandato né oppresso da’ grandi».
Ma quello che lo istorico nostro [Livio] dice della natura della mol-
titudine [«Haec natura moltitudinis est: aut humiliter servit, aut superbe
dominatur»], non dice di quella che è regolata dalle leggi, come era la ro-
mana; ma della sciolta, come era la siragusana: la quale fece quegli errori
che fanno gli uomini infuriati e sciolti, come fece Alessandro Magno, ed
Erode ne’ casi detti. Però non è più da incolpare la natura della moltitu-
dine che de’ principi, perché tutti equalmente errano, quando tutti sanza
rispetto possono errare. [...] Conchiudo adunque contro alla commune
opinione, la quale dice come i popoli, quando sono principi, sono varii,
mutabili ed ingrati, affermando che in loro non sono altrimenti questi
peccati che siano ne’ principi particulari22.
19
Discorsi, I, 4, p. 210.
20
Ivi, I, 37, p. 276.
21
Ibidem. Cfr. anche ivi, I, 46, p. 293.
22
Ivi, I, 58, p. 317.
23
«Gli uomini non operono mai nulla bene, se non per necessità; ma,
dove la elezione abonda, e che vi si può usare licenza, si riempie subito ogni
cosa di confusione e di disordine» (ivi, I, 3, p. 208).
24
Cfr. p. es. ivi, I, 3, pp. 207-208, in cui si spiega che, dopo la cacciata dei
Tarquinii, pareva «che i nobili avessono diposto quella loro superbia, e fossero
diventati d’animo popolare, e sopportabili da qualunque ancora che infimo».
Questo «inganno» nasceva, spiega Machiavelli, dalla paura che, volendo i Tar-
quinii rientrare nell’Urbe, la plebe li appoggiasse. Pertanto, finché i Tarquinii
vissero, l’inganno «se ne stette nascosto». Dopo la morte di tutti i Tarquinii,
quando «fu ai nobili la paura fuggita, cominciarono a sputare contro alla plebe
25
Discorsi, I, 47, p. 297.
26
N. MACHIAVELLI, Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati,
cit., p. 24.
27
Uso il termine «passivo» nell’accezione di A. GRAMSCI, Quaderni del
carcere, edizione critica dell’Istituto Gramsci a c. di Valentino Gerratana, To-
rino, Einaudi 19772, pp. 41-42, 133, 504.
28
Discorsi, I, 16, p. 240.
29
Il Principe, V, p. 130.
30
Su questa accezione di libertà cfr. PH. PETTIT, Il repubblicanesimo. Una
teoria della libertà e del governo, trad. it. di P. Costa, Milano, Feltrinelli 2000,
e Q. SKINNER, La libertà prima del liberalismo, trad. it. di M. Geuna, Torino,
Einaudi 2000.
31
Sottolinea questo aspetto C. Vivanti nell’Introduzione
nell’ all’edizione da
lui curata delle Opere, Vol. I, cit., pp. IX-CIX, qui LXXI e LXXXII. Cfr. an-
che Giuliano Procacci, Introduzione a N. MACHIAVELLI, Opere scelte, a c. di
G. F. Berardi, Roma, Editori Riuniti 1969.
32
TITO LIVIO, Storia di Roma dalla sua fondazione. Libri I-III, I, 59, trad.
it. di M. Scàndola, Milano, Rizzoli 1963, p. 98.
33
Cfr. Discorsi, I, 7 e 8, pp. 217-222.
34
Ivi, I, 7, p. 217.
35
Ibidem.
36
Il Principe, [Dedica], p. 118.
37
Sulla politica come revoca della distribuzione naturale dello spazio
cfr. J. RANCIÈRE, La Mésentente. Politique et philosophie, Paris, Galilée 1995,
pp. 31, 36-37.
38
Per questa ragione «conoscere» il principe ed «essere conosciuto» da
lui sono nozioni inseparabili: un principe non conosce il popolo che governa,
che è ridotto a insieme di sudditi, ma conosce solo quel popolo che gli sta
dinnanzi come gruppo che rivendica per sé il potere, o rivendica una precisa
limitazione del potere principesco, a partire dalla sua particolare prospettiva
«dal basso» (e che rivendica questa prospettiva come sua propria).
39
Questa distinzione, presente in Principe, IX, è alla base di tutto il tratta-
to. Cfr. G. CADONI, Crisi della mediazione politica e conflitti sociali. Niccolò Ma-
chiavelli, Francesco Guicciardini e Donato Giannotti di fronte al tramonto della
Florentina Libertas, Roma, Jouvence 1994, pp. 93-165. Ma il tema è già ampia-
mente sviluppato, in una prospettiva fortemente storicistica, da V. MASIELLO,
Classi e Stato in Machiavelli, Bari, Adriatica Editrice 1971, pp. 49-124.
40
Cfr. Il Principe, VII, p. 136.
41
Su tutta la questione cfr. G. CADONI, Machiavelli. Regno di Francia e
principato civile, Roma, Bulzoni 1974, pp. ***.
42
Il Principe, XIX, p. 169.
43
Ibidem.
44
Ivi, I, 9, p. 224.
45
Ivi, I, 10, pp. 225-228.
46
Ivi, I, 16, p. 241.
47
Ibidem, pp. 241-242.
48
Ivi, p. 242.
49
Ibidem.
50
Ibidem.
51
E. FASANO GUARINI, Machiavelli and the crisis of the Italian republics,
in Machiavelli and Republicanism, ed. by G. Bock, Q. Skinner and M. Viroli,
Cambridge (Mass.), Cambridge U.P. 1990, pp. 17-40, qui 28.
52
Su questo concetto cfr. supra, nota 30.
53
Cfr. Discorsi, II, [Proemio], p. 325, e I, 55, p. 310.
54
Ivi, I, 17, p. 245.
55
Ivi, I, 55, p. 311.
56
Il caso di Firenze, discusso nelle Istorie fiorentine, è esemplare del
modo in cui potenza e crisi si intrecciano nel moderno (cfr. F. DEL LUCCHESE,
La città divisa: esperienza del conflitto e novità politica in Machiavelli, in Ma-
chiavelli: immaginazione e contingenza, a c. di F. Del Lucchese, L. Sartorello,
S. Visentin, Pisa, Edizioni ETS 2006, pp. 17-29). Tale intreccio vi è bensì an-
che nell’antico: anche a Roma «il processo attraverso cui si instaura il «vivere
libero» è [...] quello stesso che lo conduce a distruzione» (G. CADONI, Ma-
chiavelli. Regno di Francia e principato civile, cit., p. 206), in quanto la crescita
della potenza, che esprime la crescita della libertà attraverso il conflitto tra
plebei e nobili, è al contempo la progressiva dissipazione dell’iniziale fondo di
«bontà» riposante nella «buona» fondazione di Roma. Per quanto l’origine di
Roma non sia (come quella di Sparta) riconducibile a un individuo, essendo il
risultato di un accumularsi casuale di individui ed eventi, essa svolge insomma
nella sua «storia» sempre e comunque un ruolo decisivo. Diversamente stanno
le cose per il mondo moderno, che è già sempre corrotto e che perciò cerca
(e talvolta trova) la «ragione» della propria «libertà» nel corso del suo stesso
faticoso costruirsi.
57
Cfr. N. MACHIAVELLI, Discursus florentinarum rerum post mortem Iunio-
ris Laurentii Medices, in Opere, a c. di C. Vivanti, Vol. I, cit., p. 738.