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Quintiliano

Quintiliano fu il retore più importante della sua epoca.

Gusto classicheggiante simile all’età di Cesare e Ottaviano, lontano dal gusto barocco di Seneca.

Primo professore pagato dallo stato.

In età tarda compose L’ Institutio Oratoria, manuale che parla di come un ragazzo debba istruirsi
per diventare un perfetto oratore: inventio, dispotio, eloquitio, memoria e actio.

Si può considerare come il primo trattato di pedagogia della storia.

Nacque a calahurris nel 35, suo padre era maestro di retorica. Si trasferì a Roma per studiare e
poi tornó in Spagna e svolse attività giudiziarie. Venne chiamato nel 68 da Galba a Roma e iniziò
la sua attività di maestro di retorica. Nel 78 Vespasiano gli a do la prima cattedra statale
stipendiata.

Domiziano lo incaricò dell’educazione dei suoi due nipoti e gli fece ottenere gli ornamenti
consularia. Nell’88 si ritirò dedicandosi esclusivamente agli studi, morì dopo il 95.

OPERE
Composto da 12 libri, venne iniziato nel 93 e pubblicato nel 96.

Perduto un tratto di “de causis currupte eloquentia”;

2 raccolte di declamazioni: declamationes maiores e minores.

La critica tende a considerare spurie entrambe, soprattutto le maiores a causa del colorito
stilistico.

Nella sua epoca fu avvertita una generale corruzione dell’eloquenza e la ricerca delle cause fu un
argomento molto dibattuto, e riguardava sia la morale che il gusto letterario.

C’era una di usione della delazione a ni di ricatto. Nelle scuole erano presenti insegnati corrotti e
corruttori.

Le virtù e i vizi della scrittura rispecchiavano il modo di essere della persona.

Quintiliano vedeva come principale esponente e responsabile dello stile corrotto Seneca, motivo
per cui era promotore di una reazione classicista.

Questo momento di decadenza che non sapevano spiegare venne visto come una conseguenza
della nuova generazione.

Le cause della decadenza vennero individuate da Tacito nel dialogus de oratoribus, il


cambiamento dalla res publica all’impero, che non lasciava spazio al dibattito. Nei tribunali
proliferavano false accuse in cui si sviluppò una retorica priva di scrupoli morali, nonostante il
verdetto non veniva in uenzato dalle orazioni degli avvocati.

L’unica simulazione delle orazioni avveniva nelle scuole, cause immaginarie su situazioni
paradossali che riportavano in vita il ricordo della libertà dell’antica Roma.

Questo esercizio portava al preferire uno stile barocco e simile all’Asianesimo.

Quintiliano pensa che una causa della decadenza dell’oratoria sia la decadenza dei costumi ma
anche cause tecniche (decadimento delle scuole).

L’istitutio oratoria era dedicata a Vittorio Marcello.

12 libri, scopo di riprendere l’eredità di Cicerone adattandola ai propri tempi (sia stilistica quindi
concinnitas sia politica).

Vuole ritrovare una sobrietà dello stile.

Nel libro 12 Quintiliano accenna alla questione dei rapporti tra oratore e principe.

Anche lui come Tacito considerava il principato come un male necessario.

Quintiliano si mostra avverso all’arcaismo sia all’eccessivo modernismo dell’asianesimo


senecano. Lo stile non é ampio e simmetrico come quello di Cicerone, ma pare aver subito
l’in uenza proprio di Seneca. Rappresenta però il miglior esempio delle virtù che lui stesso
raccomanda, si vede equilibrio nella scelta dei modelli.

LE DECLAMATIONES
A partire dall’età imperiale gli esercizi oratori a dati agli allievi del rhetor, noti come
declamationes. I temi sviluppati era quasi sempre a carattere pseudo-storico. Si costruivano delle
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situazioni immaginarie, basate su personaggi storici realmente esistiti, su cui poi poter veri care le
abilità oratorie e competenze giuridiche: il tutto spesso a scapito della verosimiglianza.

T1: PROEMIO ISTITUTIO ORATORIA


La peculiarità che distingue l’Istitutio Oratoria di Quintiliano è l’ampio spazio dedicato alle basi
educative del futuro oratore. Al maestro è così richiesta perfetta integrità di costumi. L’ambiente
della scuola è infatti un primo banco di prova per il futuro oratore.

L’autore ricorda le pressanti sollecitazioni di alcuni amici, elemento topico di questo tipo di
prologhi, di mettere per iscritto le sue lezioni. Sappiamo che che senza il suo consenso alcune
delle sue lezioni erano state pubblicate dagli allievi, quindi era nel suo interesse mettere ordine.

Dichiara subito la sua ammirazione per gli scrittori di manuali che lo hanno preceduto, ma senza
citarli, e vengono ricordati per i disaccordi. Decide di prendere posizione sulle questioni più
dibattute. L’opera non si limita a mettere per iscritto l’arte retorica ma in essa si ritrova
un’autentica verità: lui é infatti consapevole di quanto sia fondamentale una educazione completa
a partire dalla tenera età, trovandosi in contrapposizione con altri maestri che invece non davano
giusta importanza agli studi dell’infanzia.

È una preziosa testimonianza sull’educazione e la scuola della Roma imperiale del 1 secolo dopo
cristo.

Periodare ampio, costruzioni ipotattiche, concinnitas, ricorso a un linguaggio metaforico e ricco di


similitudini.

L’educazione romana fu a lungo impartita a livello domestico e privato, facendosi veicolo di una
cultura improntata all’esaltazione dello stato, alla res publica e dei maiores. L’istruzione romana fu
un fatto relativamente tardo, in seguito all’acquisizione della magna Grecia. L’istruzione pubblica
non si sostituì mai completamente a quella familiare. La madre era la prima responsabile della
formazione del carattere del bambino, insieme a cui seguiva gli studi no al 7 anno di età,
successivamente no ai 16 anni guidata dal padre. Già in etá arcaica, c’era uno schiavo il litterator
che svolgeva la funziona di maestro di lingua, quando era possibile era greco. A 17 anni, con
l’assunzione della toga virile, il giovane entrava nella vita pubblica “tirocinium fori” a ancato da
una persona data che lo guidasse. I contenuti erano il timore verso gli dei, la difesa del mos
maiorum, la difesa delle leggi, la sobrietà della condotta e delle parole, condanna dell’otium.

DE ORATORE DI CICERONE
I 5 momenti dell’arte oratoria: inventio (trovare gli argomenti per poter dimostrare qualcosa),
dispositio (concatenare e disporre correttamente questi argomenti), elocutio (servirsi di exempla e
argomenti a prova o a confutazione), memoriae (ricordare il discorso per recitarlo), actio (un buon
attore).

O 3 scopi: movere (produrre sentimento o emozione), probare (dimostrare qualcosa), delectare


(produrre piacere a chi ascolta).

T3: IL MAESTRO IDEALE


Il maestro deve sentire nei confronti dello alunno un senso di responsabilità quasi genitoriale,
atteggiamento equilibrato e positivo.

L’autore consiglia al maestro di assumere un atteggiamento Paterno, non solo perché il padre gli
ha a dato il glio ma anche perché il maestro deve volere bene al ragazzo, anche se ciò signi ca
essere severo e punirlo. Anche il ragazzo sentirà quindi nascere un sentimento di amore,
ammirazione e rispetto che si prova verso il genitore. Il maestro deve essere presente in ogni
momento della vita dell’alunno, anche se non strettamente legato all’insegnamento, deve evitare
che il ragazzo odi lo studio senza evitare gli aspetti più sgradevoli dell’insegnamento come il
rimprovero e la correzione, che deve estendersi anche alla sfera etica e morale non solo alla
cultura. Quintiliano fa una critica alla pratica retorica tradizionale, si scaglia contro le esibizione
degli allievi in classe. Per eliminare questa pratica Quintiliano vuole ristabilire i ruoli, il maestro
deve guidare il gusto degli allievi e non il contrario. Questa critica doveva essere frequente nelle
lezioni di Quintiliano. Lo stile si adegua alla semplicità delle idee che vuole imprimere, gusto per
l’antitesi, massime di carattere generale (sententie) per ra orzare il concetto.

Inizialmente i maestri prendevano compensi dalle famiglie per tenere lezioni a una ventina di
ragazzi. L’insegnamento domestico rimase prevalente, anche se lo stesso Quintiliano si esprime a
favore della scuola pubblica. Suddivisione in: scuola primaria (7-11), secondaria (12-16) e
superiore no ai 20. La scuola primaria era frequentata anche dalle bambine, il maestro insegnava
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a scrivere leggere e far di conto, i bambini venivano accompagnati a scuola dallo schiavo
paedogogus e portavano una tavoletta ricoperta di cera e uno stilo per scrivere e cancellare, l’uso
del papiro era costoso e raro. Mentre i greci guidavano la mano dei bambini i romani utilizzavano il
tracciato su cera. Il bambino era considerato come un piccolo adulto.

Apprendimento mnemonico, prima lettere sillabe parole e porzioni di testo. Lo studio della lingua
greca proseguiva anche nelle fasi successive ed era fondamentale.

A 12 anni si passava alla scuola del grammaticus, il professore, il numero degli allievi diminuiva, le
ragazze abbandonavano gli studi e le spese erano onerose. I ragazzi venivano avviati a ben
parlare, cultura di tipo enciclopedico in funzione dell’oratoria. La lettura dei testi prevedeva 2 fasi,
lettura e commento lessicale e contenutistica. Le opere di Virgilio acquisirono preminenza, gli
esercizi assegnati costituivano la preparazione alla scuola del rhetor.

La scuola del rhetor era l’ultima fase, dove i giovani sotto la guida di un famoso oratore venivano
guidati ai 5 momenti dell’arte oratoria: inventio (trovare gli argomenti per poter dimostrare
qualcosa), dispositio (concatenare e disporre correttamente questi argomenti), elocutio (servirsi di
exempla e argomenti a prova o a confutazione), memoriae (ricordare il discorso per recitarlo),
actio (un buon attore).

L’esercizio più comune era la composizione e l’esposizione di un discorso, la declamationes.


L’istruzione veniva perfezionata da un soggiorno in Grecia.

(No) Instruire: informare, istruire, mettere dentro delle cose perché siamo come dei contenitori
vuoti;

Educare: (condurre “e o ex”, fuori) è il compito del maestro. Ovvero il maestro non deve in lare
cose dentro al bambino come se fossimo dei contenitori vuoti ma deve tirar fuori il bene che c’è in
lui.

T4 : L’ ALUNNO IDEALE
Rapporto tra allievi e maestro, rispetto e cura liale.

Illustra i doveri degli allievi nei confronti dei maestri. Focus sulla pietas, signi cato originale del
termine, rispetto a ettuoso dovuto ai genitori da parte dei gli. Quintiliano ricorre a un linguaggio
metaforico, termini e immagini dal mondo dell’agricoltura.

T7: L’ORATORE DEVE ESSERE ONESTO


Quintiliano riprende la de nizione catoniana di “vir bonus dicendi peritus” fatta propria già da
Cicerone. Quintiliano non si ferma soltanto a questa a ermazione, ma va oltre, a ermando che
senza l’onestà e la ricerca del vero è impossibile diventare oratore. Infatti, se la mente non è libera
dai vizi, non può dedicarsi allo studio e all’arte. Inoltre, chi è conosciuto per la propria integrità
riuscirà a convincere gli altri della verità e dell’onestà di quello che sostiene, e sarà dunque un
advocatus più e cace.

Quintiliano a partire dalla frase catoniana porta, in tre paragra diversi del suo testo, tre
argomentazioni distinte a favore della sua tesi. La prima argomentazione è di tipo provvidenziale.
Infatti nel primo paragrafo dimostra la bontà di questa a ermazione, ovvero della necessità che il
buono oratore sia anche onesto, argomentando: la natura, che ha creato l’eloquenza, non può
tollerare che un’arma così pericolosa capiti in mano di gente disonesta.

Quintiliano passa all’argomentazione morale. C’è una perfetta coincidenza tra oratoria e onestà.
Chi è buono può diventare oratore e chi è oratore deve essere buono. Quindi non c’è alcuna
possibilità che il malvagio riesca nella carriera oratoria. Di conseguenza il malvagio viene
considerato stupido e incapace.

Quintiliano passa alla terza ed ultima argomentazione che è quella di tipo pratico. Quintiliano
sostiene: poiché anche una mente onesta, se è occupata in vari pensieri, non riesce bene allo
studio, tanto meno ci riuscirà una mente viziosa, sempre intenta a tramare e a sfoggiare ai
processi.

Dopo le argomentazioni fa una preoccupatio (prevenzione di un’obiezione), e ammette per


assurdo che i malvagi possano essere bravi oratori tanto quanto gli onesti. Risulterà che i malvagi
non risulteranno credibili, mentre gli onesti, anche quando saranno obbligati qualche volta a
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mentire, gli potranno prestare maggiore fede rispetto ad un malvagio. Termina il brano con “come
nella vita, così anche nei processi”, l’identità tra condotta di vita e cultura retorica.

Quintiliano nel brano intende le virtus e la ricerca del bene da parte dell’oratore in senso più
intimo, perciò le sue parole non turbano l’ordine costituito: un’ordine fatto di sentenze già scritte
dall’imperatore in un ordine fatto di mancanza di libertas.

Ben diversa sarà invece la posizione di Tacito nel Dialogus De Oratoribus, che vede nella ne della
libertas e della lotta politica la causa principale della decadenza dell’oratoria. È a ascinante
immaginare il giovane storico che ascolta dal vecchio maestro le esortazioni alla virtù e decide di
trasformarle in una critica ben più fondata, ampliando il discorso alla sfera politica.

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