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SILICE CRISTALLINA
SILICE AMORFA
Raffreddando in modo estremamente lento la silice fusa,
questa può cristallizzare. In corrispondenza della
formazione del solido cristallino (alla temperatura di
cristallizzazione-fusione, Tf) si verifica una netta
diminuzione del volume specifico.
Il raffreddamento veloce dallo stato liquido o
sottoraffreddamento fa sì che le molecole rimangano allo
stato liquido (disordinato) al di sotto della temperatura di
fusione visto che la velocità del processo non rende
possibile la formazione di nuclei di accrescimento per
iniziare la cristallizzazione. Visto che la viscosità cresce
molto col diminuire della temperatura si raggiungerà una
situazione per cui non sarà più possibile la formazione di un
reticolo cristallino. All’aumentare della viscosità le
molecole si aggregano per formare prima la pasta di vetro
e quindi il solido amorfo. In questo stato le molecole sono
distribuite in maniera disordinata ma sufficientemente
coesa per mantenere la rigidezza. Questo è quello che si
definisce stato vetroso. La temperatura alla quale avviene
questo irrigidimento è detta temperatura di transizione
vetrosa, Tg.
I costituenti principali per la formazione di un vetro sono i FORMATORI.
I principali formatori di reticolo (per questo detti anche VETRIFICANTI) sono la silice (SiO2),
l'anidride borica (B2O3), l’anidride fosforica (P2O5) e l’allumina (Al2O3).
La silice (SiO2, biossido di silicio) è sicuramente il più comune formatore del reticolo vetroso ed è
quindi la più importante materia prima per la produzione del vetro. Circa metà della crosta terrestre
è formata da minerali di silice (silicati e quarzo), il maggior costituente di rocce e sabbie. Tuttavia la
silice naturale non ha, in generale le caratteristiche necessarie per la produzione del vetro, sia
perché forma dei minerali complessi con altri ossidi (come ad esempio nelle argille e nei feldspati con
l'allumina, Al2O3), sia perché contiene degli elementi come il ferro che, anche in piccola quantità,
danno al vetro una colorazione indesiderata. Solo silice che contiene meno dello 0,1% di ossido di
ferro (Fe2O3) può essere usata per la produzione di lastre; ma, per produrre vetro da tavola e
artistico, tale percentuale scende al 0,01% e solo pochi giacimenti di quarzo garantiscono questi
limiti. Per il vetro usato nell'ottica la quantità accettabile è ancora più bassa, meno dello 0,001%.
Ancora minore deve essere il contenuto di altri minerali, come gli ossidi di cromo, cobalto, rame, ecc..
che hanno un potere colorante maggiore di quello del ferro. Nessuna sabbia naturale è in grado di
rispondere ai requisiti del vetro per l'ottica; per questo, anche le sabbie dei migliori giacimenti
devono essere ulteriormente purificate con speciali trattamenti.
L’elevata temperatura di fusione della silice (ca. 1600-1700 °C), rende il processo di produzione molto
difficile. Per questo motivo si aggiungono dei MODIFICATORI, ovvero sostanze che modificano la
struttura cristallina della silice, abbassando la temperatura di fusione.
I modificatori si distinguono in FONDENTI (ossidi alcalini, principalmente di sodio e potassio) e
STABILIZZANTI (ossidi alcalino-terrosi di calcio, magnesio, bario, piombo, zinco ...). I modificatori
vengono aggiunti alla sabbia silicea sotto forma dei rispettivi carbonati che, nel forno fusorio, si
trasformano negli ossidi.
MODIFICATORI
CaCO3 CaO + CO2↑
STABILIZZANTI
MgCO3 MgO + CO2↑
Il carbonato di sodio, (Na2CO3), a circa 800°, si decompone in anidride carbonica (gas) ed ossido di sodio.
Quest'ultimo ha la capacità di reagire, allo stato solido, con la silice trasformando il quarzo in silicati di
sodio che fondono a più bassa temperatura. Il catione Na+ si sostituisce al catione Si4+ nella struttura
tetragonale della silice, rompendo la regolarità della struttura stessa.
Allo stesso modo si comporta il carbonato di potassio (K2CO3), anch'essa prodotta oggi industrialmente.
Oltre a rendere più fusibile la silice, l’aggiunta dei carbonati di metalli alcalini ha la funzione di allungare
l'intervallo di temperature entro il quale il vetro solidifica (intervallo di lavorazione), e rende, come si dice
in gergo, il vetro più lungo.
AFFINANTI
La miscela vetrificabile non è ancora completa. Il fuso è un fluido viscoso nel quale si
trovano disperse numerose bolle gassose formatesi per decomposizione dei carbonati o per
altra origine. Per eliminarle, vengono aggiunti dei composti detti AFFINANTI, come gli
ossidi di arsenico (As2O5) e di antimonio (Sb2O3) associati a nitrati e solfati di sodio
(NaNO3, Na2SO4). Fino all'era industriale era usato quasi esclusivamente il biossido di
manganese (MnO2). Nei moderni forni continui gli affinanti principali sono solfati associati a
piccole quantità di composti riducenti (carbone, loppa d'altoforno, ...). Questi composti si
decompongono ad alta temperatura (oltre 1200°C) liberando bolle di ossigeno che,
risalendo nel fuso, assorbono le bollicine che incontrano fino a raggiungere la superficie.
Attraversando le stratificazioni di vetro a diversa densità, le bolle svolgono anche una
azione di omogeneizzazione del fuso.
DECOLORANTI
Il vetro, così ottenuto, non è ancora il vetro puro trasparente ed incolore o colorato delle vetrerie
artistiche. Non basta usare materie prime di sintesi o scegliere quelle più pure; alcuni elementi, come
il ferro ed il cromo, sono sempre presenti anche se in piccolissima quantità, comunque sufficiente a
colorare leggermente. Il vetro è, infatti, spesso colorato per la presenza inevitabile di piccole
quantità di ferro; ad esempio lo ione Fe2+ impartisce una colorazione verde. Si deve aggiungere un
altro componente alla miscela: un decolorante. Si tratta di alcuni elementi che in piccola quantità
correggono la tonalità di colore secondo un principio fisico (sovrapposizione di un colore
complementare che annulla quello ad esempio del ferro) o chimico (ossidazione o riduzione
dell'elemento colorante). Il decolorante più noto, che agisce in tutti e due i modi, è il biossido di
manganese che, per questa sua proprietà, era chiamato il sapone dei vetrai. L'aggiunta all'impasto di
MnO2 ha due effetti. Un primo effetto è ossidare il Fe2+ a Fe3+, che è molto meno colorato. Inoltre, il
manganese si riduce a specie di Mn(III) che hanno un colore rosso, complementare a quello del ferro,
per cui il vetro appare "incolore". Tuttavia il manganese, fissato nel vetro, ha ancora la capacità di
catturare l'energia della luce solare e quindi di ossidarsi, dando al vetro una colorazione giallo-viola.
Ne sono un esempio i lampioni che illuminano piazza San Marco a Venezia. Inizialmente incolori, a
causa del manganese sono diventati viola, liberando così una luce soffusa. Per questa sua instabilità
oggi il manganese è sostituito da una miscela di elementi come il selenio, il cobalto e terre rare che,
dosate singolarmente, danno un risultato più completo e stabile.
PROCESSO DI PRODUZIONE
3. FORMATURA
La formatura si effettua mediante procedimenti diversi ed a temperature differenti in funzione della
forma e delle proprietà da impartire al prodotto. In uscita dal forno di fusione, il vetro viene
raffreddato fino alla temperatura di formatura. Il vetro, infatti, può essere lavorato in un
determinato intervallo di temperatura, tipico di ogni vetro, nel quale la viscosità ha valori adeguati al
tipo di metodo di formatura impiegato. Il vetro, infatti, ha comportamento viscoelastico: a basse
temperature tende a prevalere il comportamento elastico, mentre ad alte temperature domina quello
viscoso. La sua lavorazione avviene a temperature intermedie, nelle quali il materiale può essere
deformato ed è in grado di mantenere la forma applicata.
Per la produzione di lastre si utilizza il processo FLOAT (galleggiamento), messo a punto da Sir
Alastair Pilkington (Gran Bretagna) alla fine degli anni '50. Nel processo FLOAT, il vetro allo stato
pastoso è versato su di un bagno di stagno fuso a circa 1000° C, sul quale galleggia avendo una densità
minore. Alcuni dispositivi permettono l’accelerazione o il rallentamento dello spandersi del vetro per
determinare lo spessore delle lastre, standardizzato tra i 2 e i 22 mm.
Il prodotto è poi "lucidato a fuoco", cioè riscaldato ancora su entrambi i lati per ottenere così due
superfici perfettamente parallele, cioè immuni da aberrazioni. All’uscita dal bagno di stagno, il nastro di
vetro è praticamente ormai rigido e passa attraverso tunnel di raffreddamento che ne abbassano la
temperatura da circa 600° C alla temperatura ambiente, preparandolo per le successive operazioni di
taglio.
4. RICOTTURA
A causa dei bruschi raffreddamenti ai quali è
sottoposto durante il ciclo di produzione, il vetro
presente uno stato di tensioni residue che possono
favorirne la rottura. Queste tensioni vengono in genere
rimosse con un trattamento di RICOTTURA
(riscaldamento fino a 600°C e lento raffreddamento).
FILATURA
PRINCIPALI TIPI DI VETRO
Il vetro al borosilicato, grazie alla presenza di anidride borica è un vetro con SiO2 81%
una buona resistenza agli sbalzi termici (basso coefficiente di dilatazione B2O3 13%
termica) ed una buona resistenza chimica. Sono molto utilizzati nei laboratori Al2O3 2%
chimici e sono presenti sul mercato come vetri PYREX o DURAN. Na2O 3,5%
K2O 0,5%
Tram = 830 °C
Sostituendo il piombo ai metalli alcalini e alcalino-terrosi, si ottengono vetri con SiO2 63%
un intervallo di rammollimento più basso, peso specifico ed indice di rifrazione Al2O3 1%
più elevato, che li rende più brillanti. Si utilizzano per la vetreria fine da tavola Na2O 8%
(vengono impropriamente detti cristalli). Sono più costosi ma più facili da K2O 6%
lavorare e da formare. Si utilizzano anche nell’industria ottica e come schermi
PbO 21%
protettivi nei confronti dei raggi X e g. Il titanio può sostituire il piombo per
motivi di leggerezza (lenti per occhiali). Il coefficiente di dilatazione termica è
simile ai vetri sodico-calcici.
VETRI OPACIZZATI
La principale caratteristica dei vetri è la TRASPARENZA, ovvero la capacità di trasmettere le
radiazioni nel campo del visibile. Per essere trasparente un vetro deve essere omogeneo e non deve
assorbire nessuna delle lunghezze d’onda incidente. Quando si vogliono ottenere vetri traslucidi o
opacizzati, si introducono appositamente delle eterogeneità. La presenza di particelle con indice di
rifrazione diverso da quello del vetro altera la trasparenza poiché disperdono parte della radiazione
luminosa. La modifica della trasparenza di un vetro è legata a fattori estetici oppure alla necessità di
non far passare alcune lunghezze d’onda.
VETRI COLORATI
I vetri colorati si ottengono mediante aggiunta di ioni metallici (Cu2+, Mn3+, Fe3+, Cr6+). Il vetro
assume il colore complementare a quello della radiazione assorbita da questi elementi. Il colore
dipende dal tipo di catione e dal suo stato di ossidazione. I vetri colorati, oltre alle applicazioni
estetiche come le vetrate colorate, vengono anche utilizzati perché non consentono la trasmissione
di determinate lunghezze d’onda. Un esempio sono i contenitori per uso alimentare, nei quali la
colorazione può servire per prevenire l’ingresso di radiazioni che possono alterare il contenuto. Un
secondo esempio riguarda il controllo della trasmissione del calore nelle lastre per finestre. Il vetro
chiaro trasmette fino all’80% della radiazione visibile ed infrarossa (quella responsabile della
radiazione termica). I vetri colorati riducono la trasmittanza della radiazione infrarossa ma anche di
quella visibile. Il miglior compromesso è dato dalla colorazione verde.
VETRI RIFLETTENTI
I vetri riflettenti si ottengono per deposizione sulla superficie esterna della lastra di metalli e/o ossidi
metallici. Questi vetri riflettono verso l’esterno una percentuale dell’energia solare incidente notevolmente
maggiore rispetto ai vetri chiari e consentono un migliore isolamento termico rispetto al vetro chiaro ma
riducono anche la frazione trasmessa nel visibile e quindi la luminosità.
VETROCAMERA
Il vetro viene usualmente considerato un materiale termicamente isolante: la sua conducibilità termica è di
circa 1 W/m K, paragonabile a quella di un mattone. In edilizia il vetro viene normalmente utilizzato in
lastre di spessore molto piccolo, tipicamente da 4 a 8 mm, e quindi l’isolamento termico che può fornire una
singola lastra non è molto elevato. Una vetrata monolitica ha una trasmittanza termica di 5.8 W/m2 K per
uno spessore di 4 mm che diventano 5.7 W/m2 K per uno spessore di 8 mm. Per migliorare l’isolamento di
una vetrata è quindi pressoché inutile agire sullo spessore della lastra: è necessario utilizzare un materiale
con caratteristiche isolanti molto più spinte, ma che, tuttavia, non alteri le caratteristiche di trasparenza
alla radiazione solare che sono il principale motivo dell’utilizzo del vetro nell’edilizia.
A tale scopo viene utilizzato uno strato di gas opportunamente intrappolato tra due lastre di vetro,
ottenendo la cosiddetta vetrata isolante o vetrocamera. Nei casi più semplici il gas utilizzato è aria,
disidratata per evitare fenomeni di condensa sulle superfici interne del vetrocamera. La trasmittanza
termica di una vetrata isolante tradizionale composta da due vetri float di spessore 4 mm ed
un’intercapedine di 12 mm contenente aria disidratata è di 2.9 W/m2 K, cioè circa la metà di quella di un
vetro di 8 mm di spessore. Prestazioni migliori, in termini di riduzione del valore di trasmittanza termica, si
possono ottenere sostituendo l’aria con altri gas, o miscele di gas, con minore conducibilità termica; a tale
scopo vengono utilizzati gas nobili e chimicamente inerti come l’argon, il kripton e lo xenon.
VETRI STRATIFICATI
Il vetro stratificato per la sicurezza è realizzato assemblando due o più strati di vetro con uno o più
fogli di materiale plastico (PVB, POLIVINILBUTIRRALE) in modo da ottenere una maggiore resistenza
agli impatti. La fitta rete di filamenti plastici contenuti nell’anima della lavorazione impedisce che il
vetro, in caso di rottura, disperda i suoi frammenti, tenendoli “incollati” alla lamina, prevenendo ferite
da schegge e ritardando o impedendo l’intrusione da parte di malintenzionati.
I vantaggi del vetro stratificato sono:
- la capacità di mantenere intatta la propria struttura anche in caso di rottura;
- la prevenzione del rischio incidenti dovuti alla scheggiatura del vetro;
- la capacità di proteggere gli ambienti da atti vandalici.