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La ceramica è un termine generale che indica tutto ciò che è composto da un impasto di argilla e acqua e
poi è cotto. Da questa definizione capiamo che diversi tipi di ceramica si distinguono in base a due
variabili: la temperatura di cottura e il tipo di argilla utilizzata. Queste sono le due variabili fondamentali
che distinguono la ceramica in tre grandi gruppi che sono la terracotta, il grès e la porcellana. In cinese
viene usato il termine taoci 陶瓷 dove tao indica terracotta e gres e ci che indica invece la porcellana.
L’elemento base di qualsiasi tipo di ceramica è l’argilla. L’argilla è un minerale che risulta dalla
decomposizione di rocce ignee ad opera degli agenti atmosferici quindi acqua, vento e via discorrendo..
Ovviamente le argille sono diverse tra di loro e molto si deve alla composizione chimica della roccia
madre e al modo in cui gli agenti atmosferici hanno formato poi l’argilla.
La prima grande distinzione che possiamo fare, funzionale al discorso che stiamo facendo, è in argille
primarie o residuali, e argille secondarie o sedimentarie.
Le argille primarie si trovano nel loro luogo di origine, vicino alla roccia madre. Sono il prodotto di
reazioni avvenute sul posto e sono piuttosto rare perché l’opera degli agenti atmosferici comprende
spesso anche il trasporto dell’argilla. Non essendo state sottoposte, se non in misura ridotta, alla
selezione degli agenti atmosferici, l’argilla primaria è pura, grossolana e poco plastica.
Le argille secondarie, invece, sono state trasportate lontane dalla roccia madre, principalmente ad opera
dell’acqua o del vento e dei ghiacciai. Sono molto più comuni, molto più abbondanti delle argille
primarie; i loro granelli sono più sottili perché già sono state sottoposte a un processo di
sedimentazione, con le particelle più grandi depositate prima e quelle più sottili ancora in sospensione.
Sono impure perché nel loro viaggio dalla roccia madre si combinano con altri materiali, e sono
plastiche.
Infine, abbiamo l’argilla primaria, e cioè il caolino, che si presenta piuttosto grossolana, relativamente
pura e altamente refrattaria. Fonde a 1600 °C e non cuoce non è possibile avere corpi ceramici maturi ad
una temperatura inferiore ai 1250 °C. È poco plastica ed è difficile da lavorare. Il caolino è l’ingrediente
base della porcellana che probabilmente tra le produzioni ceramiche dell’Asia orientale, è la più nota
anche qui da noi.
Abbiamo detto che la ceramica è il termine generale che indica i composti di acqua e di argilla sottoposti
a cottura. Se utilizziamo argille secondarie, fusibili e quindi cuociamo a bassa temperatura otterremo la
terracotta. Se invece utilizziamo sempre argille secondarie ma refrattarie e cuociamo quindi i corpi
ceramici ad alta temperatura, otterremo il grès, detto anche stoneware. Infine, se utilizziamo l’argilla
primaria, cioè il caolino, a causa della sua bassa plasticità e per il problema del lavorarlo da solo, lo
uniamo ad altri tipi di argilla e cuocendo il tutto ad altissime temperature, otterremo la porcellana, che è
probabilmente, sinonimo dell’Asia orientale anche qui da noi.
Da quello che abbiamo detto fino ad ora potete immaginare come la ceramica già in produzione del
Neolitico fosse per l’appunto terracotta,
dove l’argilla era più facile da reperire e anche le tecniche di cottura erano meno sofisticate e quindi era
più facile raggiungere temperature più basse, mentre era quasi impossibile raggiungere le alte
temperature che richiedono gli tipi di argilla.
Ciononostante la terracotta continua ad essere prodotta ancora oggi in Cina, in Giappone e nel mondo.
In Giappone è un tipo di ceramica prediletta, che più incontra il gusto giapponese.
In Cina ma anche in Giappone iniziano ad essere utilizzate molto presto anche le argille refrattarie quelle
che poi permetteranno di produrre recipienti come quelli nella slide.
In sezione il grès si presenta di colore grigio, molto compatto con pochi vacuoli, pochi inclusi. Questa
conoscenza degli artigiani dell’Asia orientale delle proprietà delle argille e l’uso delle argille refrattarie si
rivelerà molto utile anche per quello che riguarda i processi di fusione del bronzo.
Ultimato il processo di decantazione, si può passare alla preparazione dell’impasto vero e proprio. La
pasta ceramica ottenuta dalla decantazione non è ancora uniforme, ad esempio l’acqua non è distribuita
in modo uguale in tutta quanta la pasta, per cui questa viene tirata, arrotolata, lasciata asciugare, lasciata
invecchiare, quindi viene lavorata in modo da ottenere una pasta modellabile che presenti il meno
possibile impurità o bolle d’aria al suo interno. Ultimata la preparazione di quello che chiamiamo
impasto, cioè di questo misto di argilla e acqua, si può passare al processo di modellatura dell’oggetto .
Una volta che abbiamo ottenuto l’impasto possiamo passare alla modellatura del vaso o dell’oggetto che
vogliamo produrre. Il modo più semplice, più primitivo, è di partire da un blocco di argilla e con il pugno
o anche con un utensile in pietra scavarlo all’interno in modo da renderlo concavo e poi man mano con
le dita alzare le pareti.
Un’altra tecnica molto diffusa nel mondo antico è la tecnica a cercine o a “colombino”
Il metodo che forse più di tutti associamo alla lavorazione dei vasi in ceramica è il metodo della ruota
veloce, o tornio. Viene introdotto sia in Cina sia in Giappone durante il neolitico, e per la velocità e per la
regolarità della produzione che consente, per il fatto di trasformarla in qualche modo in una produzione
anche di tipo industriale rappresenta una vera e propria rivoluzione nell’ambito della tecnologia
ceramica, una conquista di grandissima importanza.
Infine, una volta che il vaso è stato modellato, veniva lasciato ad asciugare al sole e poi poteva essere
cotto. (In questa trattazione ho saltato quella che è la decorazione dell’oggetto esistono moltissimi modi
per decorare la ceramica ma questi li vedremo man mano quando studieremo gli oggetti nello specifico.)
Un altro metodo ancora piuttosto rudimentale lo vedete nella slide, nella figura numero 1:
Il combustibile viene sostanzialmente messo attorno al cumulo di vasellame da cuocere, in questo modo
quando si da fuoco al combustibile, la maggior parte del calore viene disperso però all’interno si
raggiunge una temperatura tale da permettere la cottura della ceramica.
La cottura è un momento fondamentale della lavorazione della ceramica e questo ha fatto sì che sin dal
neolitico si iniziasse a pensare a dei modelli primitivi di fornaci che permettessero da un lato la divisione
tra camera di combustione, cioè la parte dove il combustibile veniva messo e accesso, e dall’altro di una
camera di cottura, cioè dove venivano posti il vasellame.
Questo, come si vede nella figura 2, si potrebbe fare con una fossa nel terreno dove viene per l’appunto
messo il combustibile e poi al di sopra di questo viene posto, un po’ seminterrato e un po’ coperto da
una cupola di mattoni, il vasellame da cuocere e vengono praticati alcuni fori per lasciare passare il fumo.
Questo tipo di fornace rudimentale si evolve ben presto in fornaci che prevedono una divisione chiara tra
camera di cottura, dove per l’appunto si trova il vasellame, e camera di combustione, dove si trova il
combustibile, e queste sono le prime fornaci a tiraggio ascensionale.
Da queste prime fornaci a tiraggio ascensionale, sia la Cina che il Giappone inventeranno nuovi tipi di
fornaci sempre più complessi e sempre più funzionali che permetteranno sia di controllare l’ingresso
nella camera di cottura dell’ossigeno, il che dà poi a risultati differenti, sia di controllare la temperatura di
cottura durante tutto il processo che è una cosa fondamentale per la riuscita della produzione.
(Questi tipi di fornaci li vedremo poi in seguito. Questa introduzione serve come base per tutto quello
che diremo nelle prossime lezioni sulle culture neolitiche)
link di due video:
https://www.youtube.com/watch?v=_YDuLCIzbN4 immagine visiva della produzione della ceramica nel
mondo preistorico.