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Liquido sottoraffreddato
In scienze dei materiali, il vetro è tecnicamente definito un liquido
sottoraffreddato. La tecnica più antica è quella del vetro soffiato, eseguita
ancora oggi a mano, da esperti artigiani, che danno vita a oggetti meravigliosi
servendosi solamente di pochi semplici oggetti e della propria abilità. Questa
tecnica prevede l’utilizzo di una lunga canna, detta “canna da soffio”: l’artigiano,
soffiando dentro la canna, gonfia come se fosse un palloncino un grumo di vetro
tanto caldo da sciogliersi ed essere fluido come miele. Mentre il vetro si espande,
l’abilità sta nel fargli prendere la forma voluta, tenendo conto della finestra di tempo
utile per la lavorazione, prima che tenda a solidificare.
Ovviamente è sempre possibile avvicinare alla fiamma il manufatto per far rinvenire
la morbidezza, spesso per una modellazione supplementare, spesso per effettuare
la giunzione con un altro elemento. Oltre a questa tecnica detta a vetro a soffio
libero, ne esiste anche una a soffio in stampo.
Al contrario del primo caso, in cui l’artigiano procede modellando ad arte l’oggetto,
utilizzando soltanto l’aria e alcuni semplici strumenti come forbici e pinze, nel
secondo caso il vetro incandescente viene fatto espandere e aderire alle pareti di
uno stampo.
Vetro soffiato con la tecnica murrina
Il vetro soffiato con la tecnica decorativa delle murrine è tra le più antiche
conosciuta già dai Romani e recuperata a Murano all’inizio dell’ottavo decennio del
XIX secolo. Il termine è stato coniato in epoca moderna nel 1878
dall’abate Vincenzo Zanetti, che tanto contribuì alla rinascita della vetraria
muranese dopo un lungo periodo di crisi e deriva probabilmente dal termine myrra
(profumo) sia perché questi vasi erano destinati a contenere profumi sia perché
quelli realizzati dai maestri vetrai alessandrini e portati a Roma da Pompero erano
fatti con una varietà di fluorite che emana un particolare profumo.
Per formare una semplice murrina a strati concentrici sovrapposti è necessario che
nella fornace ci siano dei crogioli con vetro allo stato molle di colori diversi. Un
operaio preleva quindi sulla punta di un’asta di ferro una piccola quantità di vetro
dal primo crogiolo, passando subito dopo a ricoprirlo con più strati di colori diversi
fino a ottenere un cilindro che viene fatto rotolare sopra una spessa piastra di ferro
o di bronzo; gli operai “tiracanna” stirano il pastone per portarlo al diametro
programmato. In questo caso si otterrà una murrina con disegni a cerchi
concentrici, ma il pastone di vetro molle può essere infilato in uno stampo con
delle costolature verticali a forma di fiore, di stella, di cuore. Le bacchette così
ottenute (o meglio le canne) servono per produrre le perle “mosaico”, piatti e ciotole
e infine ciondoli. Ma possono essere usate anche per comporre realizzazioni
uniche come questi preziosi vasi di Venini.
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