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Il termine comunemente usato per indicare i materiali polimerici è PLASTICA che deriva dal greco
PLASTEIN (dare forma, modellare) e che quindi fa riferimento alla facile processabilità. Il termine sarebbe
adatto solo per i polimeri TERMOPLASTICI che sono molto semplici da formare, mentre non va bene per
quelli TERMOINDURENTI che non sono affatto semplici da lavorare o comunque per i quali non si può
alterare la forma una volta che sono induriti. Quando si parla di polimeri siamo, inoltre, nel campo della
chimica organica, ovvero la chimica di quei composti i cui costituenti principali sono carbonio ed idrogeno.
TERMOINDURENTI: sono caratterizzati dal fatto che ad un certo stadio del loro processo di
ottenimento, modificano la loro struttura, diventano più rigidi e resistenti e non sono più lavorabili
ELASTOMERI: possono subire grandi allungamenti e poi riprendere la forma originale (gomme), non sono
generalmente riprocessabili (lo sono invece gli ELASTOMERI TERMOPLASTICI)
Il termine POLIMERO è più tecnico perché fa riferimento alla struttura chimica: sta ad indicare
materiali le cui molecole sono ottenute legando fra loro molte molecole di piccole dimensioni:
Il termine MATERIALI MACROMOLECOLARI indica l’elevato peso molecolare del materiale (MACRO =
grande dal latino e MOLECOLA = massa dal greco).
I polimeri sono presenti in quasi ogni oggetto della nostra vita:
MINOR RIGIDEZZA
STORIA DEI POLIMERI
STRUTTURA DEI POLIMERI
I polimeri hanno una struttura molecolare costituita da LUNGHE CATENE contenenti unità più o
meno complesse che si ripetono in maniera regolare e definita. Quando le unità ripetitive sono
tutte uguali abbiamo un OMOPOLIMERO.
L’UNITA’ RIPETITIVA si ottiene dal MONOMERO, ovvero da una molecola che possiede almeno
2 FUNZIONALITA’ capaci di formare legami con altri monomeri oppure un sito (per esempio un
doppio legame) capace di formare legami con altri due monomeri.
= FUNZIONALITA’
MONOMERO (bifunzionale)
+
DIMERO
La reazione tra due momomeri bifunzionali porta alla formazione del dimero, anch’esso
bifunzionale. Di conseguenza la reazione di polimerizzazione può continuare.
TRIMERO
POLIMERO
n
n = GRADO DI POLIMERIZZAZIONE
Monomeri bifunzionali danno origine a macromolecole LINEARI. Monomeri con tre o più funzionalità
portano a polimeri RAMIFICATI. Le ramificazioni possono essere lunghe o corte ma in tutti i casi siamo
nell’ambito dei polimeri non reticolati, ovvero ogni singola catena è individuabile e separabile dalle altre
(POLIMERI TERMOPLASTICI).
MACROMOLECOLE LINEARI
MACROMOLECOLE CON
RAMIFICAZIONI LUNGHE
MACROMOLECOLE CON
RAMIFICAZIONI CORTE
L’impiego di trimeri può portare a strutture ramificate sempre più complesse fino ad avere una struttura
RETICOLATA. Nei polimeri reticolati le singole catene non sono separabili a causa dei legami covalenti
che agiscono da ponte tra le diverse catene (POLIMERI TERMOINDURENTI). Questo tipo di polimeri
possono essere ottenuti oltre che utilizzando monomeri con più di due funzionalità, eseguendo una
successiva reazione di reticolazione (VULCANIZZAZIONE). I legami tra le catene sono legami di tipo
covalente e quindi forti come quelli presenti nella macromolecola.
MACROMOLECOLE CON
RETICOLAZIONI
Quando le unità strutturali che compongono la macromolecola sono due otteniamo un COPOLIMERO (se sono
tre diversi, un terpolimero). I polimeri sintetici, in genere, sono al massimo dei terpolimeri, mentre i polimeri
di origine naturale possono essere costituiti da molte unità monomeriche differenti (ad esempio le proteine
sono costituite da 20 aminoacidi diversi).
La struttura del copolimero può essere diversa in funzione della sequenza delle due unità ripetitive.
Una macromolecola polimerica è costituita da una lunga sequenza di legami covalenti (forti) tra gli atomi
di carbonio. L’angolo formato tra i legami C-C-C è circa 109° (il carbonio ha ibridazione sp3). Durante la
formazione del polimero la catena può ruotare e la macromolecola può assumere diverse conformazioni.
GOMITOLO
STATISTICO
ETILENE
POLIETILENE
(unita’ ripetitiva)
CERE
POLIETILENE
Dal punto di vista della struttura i polimeri TERMOPLASTICI sono polimeri LINEARI o con
ramificazioni più o meno lunghe. Sono caratterizzati da forti forze intramolecolari e deboli forze
intermolecolari. Ad alte temperature, l’energia cinetica delle macromolecole è sufficiente perché si
possano rompere questi legami intermolecolari ed avere scorrimento fra le macromolecole. Questo
permette di poter nuovamente fondere un prodotto ottenuto con un polimero termoplastico che quindi
è RILAVORABILE più volte e RICICLABILE. I polimeri termoplastici possono essere anche
solubilizzati in opportuni solventi.
TERMOINDURENTI
termoindurenti con
scarsa reticolazione una volta formati non
possiamo più avere
scorrimento viscoso ad alta
temperatura
scorrimento viscoso ad
alta temperatura
SINTESI DEI POLIMERI
La reazione di polimerizzazione può avvenire secondo diversi meccanismi, di cui i principali sono la
poliaddizione e la policondensazione.
INIZIO
Per la fase di inizio di una polimerizzazione a catena radicalica si usano in genere dei composti
particolarmente reattivi (perossidi organici) che, in presenza di calore possono decomporsi
formando radicali.
PROPAGAZIONE
Il processo di successiva addizione di unità monometriche, con continuo aumento del peso molecolare,
rappresenta la fase di propagazione.
TERMINAZIONE
Il processo di terminazione è quello che porta alla completa disattivazione della specie attiva radicalica.
La terminazione può avvenire disattivando, mediante opportuni reagenti o attraverso reazione con il
solvente, il radicale della catena in crescita ed, in questo caso, la reazione di polimerizzazione ha
effettivamente termine. Quando la disattivazione del radicale della catena in crescita avviene mediante
sottrazione di un atomo di H da un’altra catena con trasferimento del radicale su quest’ultima, la prima
catena termina effettivamente il processo di polimerizzazione ma la seconda catena, riattivata, può
riprendere a polimerizzare. In questo caso non si ha una vera e propria interruzione del processo di
polimerizzazione.
POLICONDENSAZIONE (o POLIMERIZZAZIONE A STADI)
Più simile ad una reazione chimica di tipo classico con formazione, in alcuni casi, di sottoprodotti
(di solito piccole molecole come l’acqua, il metanolo, etc. da cui trae origine il nome di reazione di
“condensazione”). Nelle polimerizzazioni a stadi, il processo di crescita delle macromolecole si
sviluppa molto più lentamente, attraverso un numero di stadi successivi in ognuno dei quali il
monomero (o uno dei monomeri) reagisce con il gruppo terminale del polimero con formazione di
una catena più lunga ma contenente un gruppo terminale disattivato, al quale compete la stessa
reattività del monomero. Per questa ragione la reazione di una molecola di monomero può avvenire
con velocità confrontabili sia con quella di un altro monomero, sia con quella del polimero. Di
conseguenza, la polimerizzazione avviene in modo molto più graduale ed il peso molecolare medio
del polimero formatosi al tempo t cresce al crescere di t. Tale peso molecolare medio rimane
comunque molto basso fino a quando la conversione del monomero non è prossima al 100%.
Una sostanziale differenza che caratterizza le reazioni a stadi rispetto alle reazioni a catena, sta
nella variazione della velocità globale di reazione in funzione del tempo. Nelle reazioni a stadi, la
velocità di reazione è massima al tempo zero (perché è massima la concentrazione dei reagenti) e
decresce gradualmente all’aumentare del tempo e della conversione.
Nelle reazioni a catena, invece, la velocità iniziale è vREAZ
nulla e cresce poi rapidamente quando, a seguito delle
reazioni di inizio, cresce la concentrazione delle specie
a catena
attive. Segue poi un periodo più o meno lungo durante il
quale la velocità resta praticamente costante perché:
i tt
Solo quando la conversione è molto alta, la velocità della reazione decresce a causa della riduzione, ora
sensibile, della concentrazione del monomero. In molti casi si osserva anche un periodo di induzione (i) prima
che la reazione cominci a decorrere con velocità apprezzabile.
Un’altra caratteristica delle reazioni a catena è che esse sono molto sensibili alla presenza di tracce di
sostanze che possono avere un effetto ritardante o addirittura inibente, in quanto capaci di interagire con
l’iniziatore o con le specie attive da esso generate dando luogo a reazioni di terminazione. Tale sensibilità è
legata al fatto che la concentrazione delle specie attive, anche a causa della loro elevatissima reattività,
deve essere mantenuta molto bassa.
Le catene polimeriche non sono tutte uguali, ovvero non hanno tutte la stessa lunghezza. Di conseguenza
avremo una certa DISTRIBUZIONE DEI PESI MOLECOLARI ed un determinato PESO MOLECOLARE
MEDIO.
𝑁𝑖 ∙𝑀𝑖
𝑀𝑛 = 𝑥𝑖 ∙ 𝑀𝑖 = 𝑁𝑖 = 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑡𝑒𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑚𝑜𝑙𝑒𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑀𝑖
𝑁𝑖
𝑥𝑖 = 𝑁𝑖 𝑁𝑖 = 𝑓𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑎𝑐𝑟𝑜𝑚𝑜𝑙𝑒𝑐𝑜𝑙𝑒
𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑚𝑜𝑙𝑒𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑀𝑖
𝑁𝑖 ∙𝑀𝑖2
𝑀𝑤 = 𝑤𝑖 ∙ 𝑀𝑖 = 𝑁𝑖 = 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑡𝑒𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑚𝑜𝑙𝑒𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑀𝑖
𝑁𝑖 ∙𝑀𝑖
𝑤𝑖 = 𝑁𝑖 ∙𝑀𝑖 𝑁𝑖 ∙𝑀𝑖 = 𝑓𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑟𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑎𝑐𝑟𝑜𝑚𝑜𝑙𝑒𝑐𝑜𝑙𝑒
𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑚𝑜𝑙𝑒𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑀𝑖
Peso molecolare numerale e ponderale possono
essere notevolmente diversi. Il grado di
polimerizzazione è legato al peso molecolare
medio numerale. Molte proprietà fisiche e
meccaniche (come ad esempio la viscosità)
sono, invece, correlate al peso molecolare
medio ponderale.
volume specifico
attivare ad una temperatura alla quale si ha un
cambiamento di pendenza (TEMPERATURA DI materiale
materiale
TRANSIZIONE VETROSA, Tg). A questa temperatura il gommoso e
vetrificato
volume libero assume un valore critico per cui i segmenti flessibile
fragile
macromolecolari non hanno più la possibilità di scorrere gli
uni sugli altri e restano bloccati in una struttura vetrosa.
Al di sopra della temperatura di transizione vetrosa il
materiale è gommoso e flessibile, al di sotto si comporta temperatura
come un vetro fragile. T g
Nel caso di un polimero SEMICRISTALLINO e quindi
capace di assumere una conformazione ordinata e
volume specifico
regolare allo stato solido, durante il raffreddamento
dallo stato fuso si verifica una netta ed improvvisa
diminuzione del volume specifico, determinata da un più
efficiente impacchettamento delle catene polimeriche
in regioni cristalline. A questa temperatura abbiamo
una parte di catene macromolecolari cristallizzate in
una struttura ordinata ed una parte nello stato amorfo
ma viscoso. Continuando a raffreddare si arriva alla temperatura
Tg Tm
temperatura di transizione vetrosa dove la parte
amorfa vetrifica. La struttura di un polimero
semicristallino è quindi costituita da regioni cristalline
in una matrice vetrosa amorfa.
A differenza di un solido cristallino, duro e fragile, i polimeri termoplastici semicristallini sono duri ma
tenaci e flessibili. Al di sopra della temperatura di transizione vetrosa la fase amorfa flessibile dà
mobilità alle zone cristalline rigide. Le sollecitazioni meccaniche vengono perciò scaricate sulla frazione
amorfa che garantisce così flessibilità, mentre le zone cristalline consentono di avere un materiale
resistente e duro.
Le proprietà meccaniche di un materiale polimerico cambiano sensibilmente se la temperatura di
transizione vetrosa è maggiore o minore della temperatura ambiente:
I polimeri semicristallini che hanno una Tg > Tamb (come il PET e la PA):
si comportano come vetri, hanno elevata resistenza meccanica ma sono fragili.
I polimeri semicristallini che hanno una Tg < Tamb (come il PE e il PP):
sono caratterizzati da una parte amorfa gommosa e quindi deformabile e plastica, mentre la parte
cristallina è rigida e resistente; sono perciò rigidi e tenaci.
POLIMERO Tg (°C) Tm (°C)
LDPE -130 110/115
HDPE -130 125/135
PP -10 164/170
PA 6,6 50/57 264
PVC 78/81 -
PS 82/100 -
PMMA 100/125 -
PTFE -122 327
PBT -100 -
LA TEMPERATURA DI TRANSIZIONE VETROSA
La Tg dipende dalla struttura della catena principale; quanto più la struttura è rigida quanto più la
temperatura di transizione vetrosa è elevata, ovvero quanto più la catena è bloccata quanto più è
necessario scaldare per riuscire a far scorrere le catene.
Come già detto, i polimeri possono cristallizzare solo se hanno un elevato grado di REGOLARITA’
COSTITUZIONALE e CONFIGURAZIONALE e possono assumente una CONFORMAZIONE
REGOLARE nel passaggio dallo stato fluido (gomitolo statistico) allo stato cristallino.
REGOLARITA’ COSTITUZIONALE
L’uguaglianza delle unità strutturali lungo la catena, la regolarità costituzionale (successione
regolare delle unità monomeriche), è necessaria per poter garantire un ordine tridimensionale a
lunga distanza, caratteristica fondamentale dello stato cristallino.
Il concatenamento delle unità monomeriche, nel caso di monomeri non simmetrici, deve essere
invariante, ovvero deve essere sempre delle stesso tipo in modo da avere una struttura
regiospecifica
Un polimero regolare dal punto di vista della COSTITUZIONE e della CONFIGURAZIONE è anche in
grado di dare luogo a REGOLARITA’ CONFORMAZIONALE.
STEREOISOMERI
CRISTALLIZZAZIONE DEI POLIMERI
Durante la cristallizzazione le macromolecole si organizzano in modo da massimizzare il grado di
impacchettamento: le catene di avvicinano tra loro a distanze intermolecolari simili a quelle che si
realizzano nei composti a basso peso molecolare, in modo da riempire lo spazio nel miglior modo possibile,
ovvero in modo da garantire la massima densità ed il massimo numero di interazioni così da ottenere una
elevata energia reticolare. Nel caso di polimeri molto cristallini (ad es. il PET) non si riesce, ad esempio, a
sciogliere in un opportuno solvente il polimero a meno che non si riduca la sua cristallinità. Durante la
dissoluzione si distrugge il reticolo cristallino e l’energia recuperata nelle interazioni tra macromolecole e
solvente insieme all’aumento di entropia non sono sufficienti per compensare la perdita di energia
reticolare. Attraverso la tempra (riscaldamento nel fuso e rapido raffreddamento), il grado di
cristallizzazione viene sensibilmente ridotto ed è possibile sciogliere il polimero.
Le forze intermolecolari sono molto
importanti nella formazione dei
cristalli polimerici. Il KEVLAR è una
poliammide aromatica che permette di
ottenere fibre di elevata resistenza
meccanica. Le ottime proprietà
meccaniche sono dovute all’elevata
cristallinità ed ai numerosi legami KEVLAR
intermolecolari che ostacolano lo
scorrimento delle catene sottoposte a
trazione, rendendo quindi le fibre
altamente resistenti e con ottimo
modulo elastico.
POLIMERI AMORFI
hanno irregolarità strutturali tali da non permettere l’organizzazione delle macromolecole nel
reticolo cristallino (PVC, PS, PMMA)
sono debolmente (ELASTOMERI) o fortemente (TERMOINDURENTI) RETICOLATI. Gli
elastomeri reticolati sono costituiti da polimeri amorfi con bassa temperatura di transizione
vetrosa che hanno subito una blanda reticolazione. Questa non influisce sul comportamento elastico
del polimero ma ne impedisce la deformazione plastica. Un materiale di questo tipo, a differenza
dello stesso non reticolato, è capace di riprendere la sua forma iniziale una volta che viene rimosso
il carico. Nella gomma naturale (poliisoprene) la reticolazione si ottiene con un processo, detto
VULCANIZZAZIONE, che opera a temperature tra 120 e 180 °C, in presenza di zolfo. Gli atomi di
zolfo creano legami covalenti tra le macromolecole, reagendo con le insaturazioni presenti in
catena.
CIS 1,4-POLIISOPRENE
Il modulo elastico cambia, quindi, in maniera significativa con la temperatura. Nello stato vetroso, al di
sotto della temperatura di transizione vetrosa, i materiali termoplastici, amorfi o semicristallini, hanno
un modulo elastico dell’ordine di qualche GPa. Nel caso di un materiale termoplastico amorfo quando la
temperatura aumenta e si supera la temperatura di transizione vetrosa, il comportamento cambia
rapidamente da vetroso a gommoso ed il modulo elastico si riduce di circa mille volte ed ha valori
dell’ordine dei MPa. Nel caso di un termoplastico semicristallino si osserva una diminuzione del modulo
elastico in seguito alla transizione vetro-gomma della parte amorfa, tuttavia il materiale risulta ancora
parzialmente rigido per la presenza della frazione cristallina. Superata la temperatura di fusione della
parte cristallina il modulo crolla ed il polimero fluisce.
Rafforzamento dei polimeri termolastici
Lo snervamento (e la rottura) dei materiali polimerici può avvenire in modi diversi a seconda che il
materiale abbia un comportamento duttile o fragile. Le materie plastiche termoindurenti sono
generalmente caratterizzate da frattura fragile. Un materiale termoplastico, invece, può andare
incontro a frattura fragile o duttile in funzione della temperatura. Fragile se T<Tg, duttile se T>Tg.
Nel caso di frattura di duttile, per sollecitazioni superiori al carico di snervamento, il materiale subisce
una elevata deformazione in corrispondenza di una determinata sezione e si parla di strizione. Durante
questa fase le macromolecole tendono ad allinearsi nella direzione della sollecitazione, aumentando la
resistenza del materiale. Di conseguenza, a differenza dei materiali metallici, la zona che subisce
strizione si allunga progressivamente.
Anche la velocità di deformazione è determinante nel comportamento a frattura dei materiali
termoplastici, in quanto più basse velocità di deformazione favoriscono la frattura duttile perché basse
velocità di deformazione permettono alle catene macromolecolari di riallinearsi tra loro.
Se il polimero è semicristallino, le zone
cristalline esercitano un ruolo fondamentale
sull’entità della deformazione.
Nella fase iniziale della deformazione
la parte cristallina del polimero rimane
inalterata, mentre le zone amorfe
iniziano ad orientardi nella direzione di
stiro. Solo quando gran parte delle
macromolecole della parte amorfa
sono orientate, anche le lamelle
cristalline cominciano ad orientarsi
nella direzione di stiro.
Successivamente si ha la rottura delle
lamelle con la formazione di blocchi
cristallini separati. Infine si realizza
l’orientazione dei segmenti cristallini
lungo la direzione di stiro, per arrivare
alla rottura. In condizioni di stiro si
può talvolta avere anche la
ricristallizzazione del polimero che si
orienta nella direzione di trazione.
Questo provoca un aumento dello
sforzo prima che si arrivi a rottura.
Acciaio
X
strizione
strizione
Nei materiali a comportamento fragile, durante un carico di trazione, lo snervamento può avvenire
attraverso la formazione di microvuoti all’interno dei quali sono ancora presenti le fibrille di
catene macromolecolari che vengono orientate nella direzione di stiro (snervamento per crazing).
La formazione di questi microvuoti rende il materiale fragile.
PRINCIPALI TIPI DI MATERIALI POLIMERICI
n
LDPE
Costo relativamente basso ma dotato di elevata
tenacità a temperatura ambiente, buona flessibilità
anche a basse temperatura (Tg molto bassa),
elevata resistenza alla corrosione, ottime proprietà
isolanti, bassa permeabilità al vapor d’acqua. LLDPE
Tg = -10°C
Tm = 165 °C
r = 0.90-0.91 g/cm3
legame ureico
Questa reazione porta alla formazione di legami ureici e quindi a polimerizzazione, con formazione di
CO2, che agisce da espandente
In base al tipo di monomeri si
possono ottenere poliuretani con
diverse caratteristiche in funzione
del grado di reticolazione raggiunto.
Polioli di alto peso molecolare sono
utilizzati soprattutto per la
produzione di schiume flessibili,
mentre quelli di basso peso
molecolare sono utilizzati per dare
schiume rigide.
Nello stato condensato, a causa di forti legami idrogeno
che si vengono ad esplicare tra gruppi uretanici
appartenenti a macromolecole diverse, i segmenti rigidi
tendono ad aggregarsi costituendo delle microfasi.
Pertanto il materiale può essere considerato un sistema a
due fasi interconnesse tra loro che si differenziano
sostanzialmente per le diverse caratteristiche chimico-
fisiche. In molti PU segmentati questa struttura bifasica
determina un comportamento termico del materiale
caratterizzato da due transizioni vetrose: quella dei
segmenti flessibili a bassa temperatura e quella della fase
rigida a temperature più elevate. I segmenti rigidi, a
temperature relativamente basse (T < Tg della fase rigida)
agiscono da cross-link di natura fisica contribuendo a dare
consistenza al materiale. A temperature elevate
(T > Tg della fase rigida) i legami intercatena si rompono e
pertanto il polimero può essere lavorato come un normale
termoplastico. Riportato alle basse temperature si
riformano i legami idrogeno e il materiale conserva la
forma conferitagli nel corso del processo di lavorazione.
La micromorfologia in massa di un PU-segmentato, risulta
così caratterizzata dalla presenza di due fasi,
hard e soft.
alcuni esempi di ISOCIANATO
lycra
TECNICHE DI TRASFORMAZIONE DEI MATERIALI POLIMERICI
LAVORAZIONE DELLE RESINE TERMOINDURENTI
stampaggio per compressione diretta: utilizzato per la formatura delle resine fenoliche, ureiche
e melamminiche. Si articola nelle fasi di caricamento della polvere da stampaggio, riscaldamento,
compressione, degasaggio e, infine, di formatura
stampaggio per trasferimento: è un sistema di formatura misto tra lo stampaggio per
compressione e la formatura per iniezione utilizzata per le resine termoplastiche. Richiede uno
stampo più complesso, con la matrice divisa in due parti: una inferiore nella quale è ricavata
l’impronta dell’oggetto da formare e una superiore contenente la camera di caricamento della
polvere da stampaggio.
RESINE TERMOINDURENTI
stampaggio per compressione diretta stampaggio per trasferimento
Nella lavorazione delle resine termoplastiche, le reazioni di polimerizzazione vengono completate prima
della formatura e gli stampi vengono riscaldati esclusivamente per rendere malleabile il materiale.
ESPANSI
ADESIVI
PITTURE e RIVESTIMENTI PROTETTIVI
SIGILLANTI
PRODUZIONE DI TUBAZIONI E TELI IMPERMEABILI
PRODUZIONE DI PROFILATI PER INFISSI
PRODUZIONE DI VETRATE
ESPANSI
I materiali espansi (in particolare polistirene e poliuretano) vengono prodotti con una struttura cellulare,
che conferisce loro densità notevolmente inferiore rispetto ai comuni materiali polimerici. L’espansione
porta all’ottenimento della struttura cellulare facendo espandere un gas (pentano, esano) nel polimero
fuso, in modo da creare sottili pareti di polimero che intrappolano le bolle di gas. I vuoti possono essere
aperti o chiusi, con dimensioni variabili, con forma sferica, irregolare o allungata, con distribuzione delle
dimensioni più o meno uniforme. Le proprietà del materiale espanso sono determinate dalle proprietà del
polimero utilizzato, dalla densità ottenuta con l’espansione e dalla struttura dei vuoti. All’aumentare del
volume dei vuoti diminuiscono le caratteristiche meccaniche e la densità, mentre aumentano le
prestazioni in relazione all’isolamento termico e all’assorbimento acustico. Una struttura a celle
completamente aperte in una matrice di un materiale con una buona elasticità, può deformarsi sotto
sforzo e ritornare allo stato iniziale una volta che questo cessa, ed è quindi un materiale adatto per
imbottiture. Inoltre, se le celle sono irregolari, provocano una cattiva riflessione delle onde sonore
conferendo buone proprietà di isolamento acustico. In un materiale a celle parzialmente aperte, l’aria
contenuta nelle celle può entrare ed uscire con difficoltà; poiché la deformazione ed il suo recupero
risultano ritardati, un simile materiale può essere impiegato per ammortizzare gli urti, assorbendo
energia. Infine un materiale a celle completamente chiuse, in cui non sono possibili movimenti convettivi
dei gas all’interno, sarà un buon isolante termico.
ISOLANTI TERMICI IN EDILIZIA
Il più importante uso del polistirene espanso sinterizzato in edilizia è costituito dal suo impiego come
isolante termico in edifici sia nuovi sia in fase di ristrutturazione. L'EPS è un materiale rigido, di bassa
densità. Attraverso la polimerizzazione dello stirene si ottiene il polistirene. Quest'ultimo, prima di essere
espanso, si presenta sotto forma di piccole perle semitrasparenti contenenti pentano, un idrocarburo a
basso punto di ebollizione. Portato a contatto con il vapore acqueo, a 100°C circa, il pentano evapora e si
espande facendo rigonfiare le perle fino a 60 volte il loro volume iniziale. Si forma così al loro interno una
struttura a celle chiuse che conferisce al polistirene le sue eccellenti caratteristiche di isolante termico e
ammortizzatore di urti. La sinterizzazione è il processo di saldatura delle perle che, sottoposte nuovamente
a vapore acqueo a 105-110°C, si uniscono fra loro fino a formare un blocco omogeneo di espanso.
Grazie alla sua efficacia come materiale isolante, l'EPS svolge un ruolo prezioso in edilizia; contribuisce,
infatti, al risparmio dei combustibili fossili usati per il riscaldamento e riduce le emissioni di anidride
carbonica che concorrono alla creazione del cosiddetto “effetto serra”.
Il rivestimento in EPS offre prestazioni di alto livello non solo in termini di conducibilità termica, ma
anche di reazione al fuoco, resistenza al vento, alla neve, al gelo, agli urti. Inoltre, è permeabile al vapore,
ma è caratterizzato anche da un ridottissimo assorbimento d’acqua e le sue caratteristiche si
mantengono inalterate nel tempo.
L'isolamento termico in intercapedine è
un sistema molto diffuso. isolamento delle pareti verticali in intercapedine e dall'interno
Consiste nell'utilizzare lastre in EPS
(nell’immagine sono additivate con
grafite) preferibilmente a tutta altezza
e possibilmente poste fra due strati di
laterizio con caratteristiche fisiche e
morfologiche diverse.
L'isolamento termico in intercapedine
può essere: EPS additivato con grafite
DISCONTINUO: l'intercapedine
viene interrotta in corrispondenza
dei solai; in questo caso bisogna
evitare il ponte termico applicando
una lastra in EPS a cappotto a per la
correzione del ponte termico. EPS (isolamento a
CONTINUO l'isolante viene pavimento)
posizionato sull'esterno del cordolo
dei solai o della struttura dando così
continuità all'isolante ed evitando i
ponti termici, tamponando poi
esternamente con un tavolato di
laterizio.
2
isolamento di pavimenti
1
Un contributo importante alle dispersioni termiche di
un edificio si registra attraverso i pavimenti. Queste
avvengono maggiormente nel caso di soletta a diretto
contatto del terreno, su solai ventilati non accessibili, o
sopra locali non riscaldati (garage) o su solai esposti
direttamente all'esterno (piani porticati).
1. isolamento a pavimento
2. isolamento in intercapedine
isolamento di soffitti
Elemento debole delle abitazioni, e degli edifici in
generale, sono i soffitti degli ultimi piani, dai quali, se
non adeguatamente isolati, penetra facilmente il
freddo invernale e il caldo estivo.
Per risolvere questo problema una soluzione può essere
quella di intervenire con delle lastre di EPS nel
2
controsoffitto.
La posa è semplice: si applicano i pannelli sull'intradosso 4
della copertura e si procede con la realizzazione della 3
1. pannelli in EPS
struttura del controsoffitto che sarà terminata con il 2. ancore per malta
fissaggio dei pannelli di cartongesso che garantiscono 1 3. Telaio a muro
una buona resa estetica. 5 4. pinze in acciaio
5. pannello in cartongesso
isolamento delle fondazioni
1. guaina bituminosa
2. divisorio
3. pannelli in EPS
4. vespaio
5. giunto separatore in EPS
2 6. massetto in c.a.
4 6 1
3
Polistirene espanso estruso - XPS
Il polistirene espanso estruso è un materiale isolante plastico rigido e cellulare, che viene prodotto a
partire dal polistirene cristallo. Presenta una struttura cellulare chiusa, con celle di piccole dimensioni
separate tra di loro da pareti piane di polistirene. Questa proprietà è una delle più importanti per
garantire una buona resistenza all’assorbimento dell’umidità, dato che non vi sono interstizi attraverso i
quali questa possa introdursi. La produzione dell’XPS avviene attraverso un processo dove il polistirene
assieme a coloranti ed altri additivi viene portato a fusione e ad alta pressione. Si iniettano, quindi, gli
agenti espandenti (esempio CO2) che si sciolgono nella matrice polimerica. La massa fluida e viscosa, così
formata, è fatta passare, a temperatura e pressioni controllate, attraverso una testa di estrusione a
fessura calibrata. All’uscita da questa, il polistirene, sotto la spinta degli agenti espandenti, non più
controbilanciata dalle pareti dell’estrusore, si espande e raffreddandosi si solidifica sottoforma di una
lastra continua con una struttura cellulare omogenea. Il prodotto, così ottenuto, viene rifilato in lastre di
varie misure con la possibilità di effettuare lavorazioni meccaniche di battentatura, maschiatura e
goffratura delle superfici.
Il polistirene espanso estruso mantiene le sue proprietà nel tempo poichè le sue
prestazioni termiche non sono influenzate dall’umidità che non viene assorbita
grazie alla sua struttura cellulare chiusa. Inoltre, quando le lastre di XPS sono
installate sotto carico, le loro ottime proprietà meccaniche fanno si che esse
non subiscano deformazioni, mantenendo invariato il loro spessore che è
direttamente proporzionale alla resistenza termica. Altri vantaggi nell’uso
dell’XPS sono la sua buona lavorabilità, vista la facilità di taglio, posa in opera e
l’assoluto non rilascio di polveri e/o fibre, la riutilizzabilità del materiale in
cantiere oltre alla totale riciclabilità industriale.
Il più importante uso di XPS in edilizia, è costituito dal suo impiego come isolante termico. Grazie alla sua
bassa conducibilità termica, l’XPS, analogamente ad EPS, svolge un ruolo prezioso in edilizia come materiale
isolante.
Le lastre isolanti in polistirene estruso sono adatte per resistere a esposizioni prolungate sia all'acqua, sia a
ripetuti cicli di gelo/disgelo. Questa particolare resistenza ai cicli gelo/disgelo fa si che il polistirene
estruso sia il prodotto ideale per quelle applicazioni dove sono presenti elevati gradienti di temperatura e
forti pressioni di vapore. Qualunque sia l’elemento della costruzione, il relativo materiale di isolamento
termico deve durare almeno quanto la struttura portante. In aggiunta, il materiale isolante deve mantenere
le sue prestazioni anche quando l’elemento della costruzione è parzialmente danneggiato. Ad esempio, quando
si verificano delle perdite in una membrana impermeabilizzante o sulla parte esterna di un muro a
intercapedine, le caratteristiche di resistenza all'umidità della schiuma isolante in polistirene estruso
garantiscono le prestazioni isolanti di questo materiale per un certo numero di anni a livello praticamente
invariato. Si può, quindi, affermare che le schiume in polistirene estruso continuano a fornire un efficace
isolamento termico anche in condizioni estreme.
Esempi di impiego di un prodotto XPS commercializzato da BASF
isolamento perimetrale a
isolamento dei ponti termici
pavimenti e solai contatto con il terreno
Poliuretano espanso rigido – PUR-PIR
Il poliuretano espanso rigido è un polimero reticolato termoindurente che viene prodotto dalla
reazione di due componenti principali, POLIOLI e POLIISOCIANATI, in presenza di un AGENTE
ESPANDENTE (generalmente idrocarburi, CO2 o altre miscele) e di altri additivi. Nel corso della
reazione che porta le materie prime dallo stato liquido a quello solido del polimero finale, la schiuma
manifesta elevate proprietà di adesione a quasi tutti i tipi di supporti. L’impiego del poliuretano
espanso rigido come isolante termico è estremamente diffuso in edilizia, anche se una quota viene
utilizzata nell’industria del freddo (frigoriferi domestici, mezzi per il trasporto refrigerato, celle
frigorifere commerciali e industriali). In entrambi i settori, il suo successo è dovuto alle seguenti
proprietà: eccellente isolamento termico determinato dalla più bassa conduttività termica disponibile,
leggerezza, elevate caratteristiche meccaniche, stabilità dimensionale alle alte e basse temperature,
inerzia ai più comuni agenti chimici, capacità di adesione, in fase produttiva, a praticamente tutti i
supporti, compatibilità con tutti i sistemi applicativi, resistenza a temperature elevate, reazione al
fuoco adeguata agli impieghi previsti e rispondente alle più severe normative vigenti, compatibilità con
l’uomo e l’ambiente garantita dall’inerzia fisica e chimica della schiuma.
In funzione della formulazione e delle condizioni di processo, si possono ottenere diversi tipi di
schiume poliuretaniche:
Il poliuretano espanso rigido è il materiale isolante che, a parità di spessore rispetto ad altri materiali,
garantisce le migliori prestazioni. Il suo valore di conducibilità termica stabile nel tempo è compreso tra
0,023 e 0,028 W/m∙K in funzione del tipo di schiuma e del tipo di rivestimento.
Questa eccellente prestazione permette di ottenere elevati livelli di isolamento termico con spessori
significativamente ridotti rispetto a quelli necessari utilizzando altri materiali isolanti.
Spessori di materiali isolanti necessari ad ottenere una trasmittanza pari a 0,25 W/mK.
La struttura a celle chiuse della schiuma di poliuretano espanso rigido, oltre ad un perfetto isolamento
termico, garantisce anche altre caratteristiche, determinanti per il successo delle applicazioni, quali:
Tubi in PVC rigido per lo Tubi in PVC rigido per lo scarico Tubi in PVC rigido per
scarico di acque fredde civili delle acque calde delle condotte di scarico
ed industriali. apparecchiature interrate non in
elettrodomestiche. pressione
PVC è utilizzato per la produzione di profilati per serramenti. Il
PVC ha numerosi vantaggi: assicura un’elevata prestazione a costi
accessibili, è un materiale isolante, stabile, resistente e versatile,
è resistente al fuoco, è durevole, è igienico ed è riciclabile. Una
delle caratteristiche principali che contraddistingue i serramenti
in PVC è l'impermeabilità; le finestre in PVC sono le meno sensibili
alle infiltrazioni d’acqua e al contempo resistono bene alle
sollecitazioni del vento. Questa loro caratteristica ne ha
permesso la diffusione soprattutto nelle zone di mare. Gli infissi
in PVC sono leggeri e maneggevoli, ciò li rende la soluzione migliore
nei casi in cui sia necessario realizzare finestre o porte finestre
di grandi dimensioni. Inoltre tali finestre sono ignifughe in quanto
il PVC è un materiale auto-estinguente, che non alimentare le
fiamme in caso di incendio.
PC in edilizia
Il policarbonato è un polimero termoplastico utilizzato,
in particolare, per la realizzazione di manufatti
trasparenti come i lucernari. Le sue ottime
caratteristiche meccaniche ne hanno facilitato una
larga diffusione: resiste, infatti, sino a una
temperature intorno ai 140 “C. Le caratteristiche che
ne hanno fatto il materiale plastico più impiegato in
termini di numero di possibili applicazioni sono l’elevata
resistenza meccanica e all’urto, le eccellenti proprietà
elettriche, la stabilità dimensionale, l’innocuità
fisiologica, l’ottima permeabilità alla luce, nei tipi
trasparenti, e la possibilità di realizzare tipologie
dotate di protezione antifiamma. L:industria delle
costruzioni ha utilizzato diffusamente il PC per le sue
doti di resistenza alla rottura e di trasparenza: ampi
impieghi si sono anche avuti nella realizzazione di lastre
alveolari per vetrate e costruzioni leggere (vetrate
industriali e serre) e pareti protettive trasparenti.
PMMA in edilizia
Il polimetilmetacrilato (PMMA) è noto con il nome comune di plexiglass ed è tra le materie plastiche di
più antica produzione e diffusione essendo stato introdotto sul mercato nel lontano 1928. Dal punto di
vista dei costi, il PMMA, occupa una posizione intermedia tra il polistirene (50% del costo del PMMA) e
il policarbonato (150% del costo del PMMA). La proprietà più interessante del prodotto è la sua
perfetta trasparenza che lo rende idoneo a moltissime applicazioni in cui questo requisito risulta
essere predominante. Si tratta di un materiale ad alta resistenza ma incline alle rotture anche a bassi
valori di allungamento, mentre, al contrario, presenta superfici molto dure e considerevolmente
resistenti alle graffiature. L’elevata resistenza all’azione dei raggi UV e al deterioramento causato
dall’esposizione agli agenti atmosferici, lo rendono adattissimo alla realizzazione di elementi da
utilizzare in esterno. Il PMMA risulta essere facilmente infiammabile, ma attualmente sono sul
mercato validi prodotti appositamente trattati che ne garantiscono un ritardo di fiamma offrendo,
conseguentemente, buone prestazioni dal punto di vista della sicurezza antincendio. Trasparenza e
durabilità sono comunque le peculiarità che ne hanno favorito l’enorme diffusione in particolare nel
settore delle costruzioni, dove il PMMA trova ampio impiego nella realizzazione, tra le altre, di
chiusure trasparenti, impianti ricreativi e per lo sport, serre. Il materiale si propone, quindi, come
valida alternativa al polistirene, che costa meno ma è molto più fragile, e al policarbonato, che è più
tenace e rigido ma costa molto di più.