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Trattati di pace del 1919: fine della Prima Guerra Mondiale, drastico mutamento della cornice
internazionale. Inizio della storia delle relazioni internazionali per come la intendiamo in Italia.
Cause:
estensione: guerra “mondiale” -> coinvolge il mondo intero
durata:
a) Necessità di consenso -> diffusione della propaganda -> discorsi sull’evil other, retaggio di odio
alimentato dai governi.
b)Necessità di centralizzare e convertire l’economia -> economia di guerra diretta dal governo
ricorso alla guerra oltre le linee nemiche -> diffuso sostegno del nazionalismo, addirittura
fomentato; basi del tramonto del colonialismo.
3 imperi completamente cancellati: crollo degli Imperi Centrali (austro-ungarico, ottomano,
tedesco) e anche fine dell’impero zarista (rivoluzione 1917).
In questo contesto -> vuoto di potere, minaccia comunista -> ci si riunisce per stipulare i trattati di
pace.
Parigi
Clima: alla Conferenza di Parigi (1919-1920) c’è un’atmosfera di precarietà, la situazione è
totalmente rivoluzionata ed inoltre incombe la minaccia comunista.
Perché Parigi: i francesi insistono per coronare la vittoria. Ma la Francia si presenta devastata dal
conflitto.
Chi partecipa: ci sono tutti ma a comandare sono Usa, Gb, Francia, Giappone, Italia. Il Giappone e
l’Italia nutrono interessi a livello locale. Di fatto i negoziati sono tra i primi tre.
USA -> Wilson si dichiara contro la diplomazia segreta, parla della necessità di creare
un’organizzazione internazionale garante della pace. I famosi “14 punti di Wilson” vengono
enunciati dallo stesso già nel 1918, come reazione alla rivoluzione russa, proposta fortemente
propagandistica e idealista. I quattordici punti presentati alla Conferenza di pace di Parigi nel 1919
prevedevano:
1) Abbandono della diplomazia segreta -> trattati di pace palesi, apertamente conclusi in seguito ai
quali non vi potranno essere accordi internazionali segreti di alcuna specie. La diplomazia agirà
sempre apertamente ed alla vista di tutti.
2) La libertà dei mari in pace e in guerra -> libertà assoluta della navigazione marittima.
3) Rimozione delle barriere doganali, libero accesso alle materie prime.
4) Riduzione degli armamenti -> procedere ad un disarmo generale.
5) Definizione delle dispute coloniali secondo modalità che tenessero conto degli interessi tanto
delle potenze occupanti quanto delle popolazioni soggette -> Autodeterminazione dei popoli:
rigorosa osservanza del principio che, nella soluzione di tutte le questioni di sovranità, gli
interessi delle popolazioni in questione debbono essere considerate alla stessa stregua degli
interessi degli Stati.
6) Evacuazione dei territori russi occupati.
7) Evacuazione dei territori belgi occupati -> il Belgio deve essere sgombrato e restaurato.
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8) Evacuazione dei territori francesi occupati, compresa l'Alsazia-Lorena -> tutto il territorio
francese deve essere liberato, le regioni invase devono essere ricostruite ed il torto fatto dalla
Prussia alla Francia nel 1871 con l’occupazione dell’Alsazia-Lorena deve essere riparato.
9) Ridefinizione dei confini italiani secondo "criteri di nazionalità chiaramente identificabili”.
10) Autonomia delle diverse popolazioni entro l’Impero austro-ungarico.
11) Risistemazione dell'area balcanica che ricostituisse tra l'altro il territorio di Serbia, Montenegro
e Romania, assicurando alla prima adeguati sbocchi al mare.
12) Autodeterminazione per le popolazioni non turche entro l’Impero ottomano ed il controllo
internazionale degli stretti dei Dardanelli.
13) Costituzione di una Polonia indipendente con accesso al mare.
14) Creazione di un'associazione di tutte le nazioni con l’obiettivo di creare un patto per la
reciproca garanzia dell'indipendenza politica e dell'integrità territoriale.
Wilson arriva a Parigi intenzionato ad applicare i suoi 14 punti.
GB -> Lloyd George ha come obiettivo quello di conservare l’impero coloniale inglese e per fare
ciò deve essere libero di muoversi autonomamente (isolazionismo) fregandosene dell’Europa e
concentrandosi sull’impero, mira ad un Balance of power: nessuno stato europeo deve essere
abbastanza forte da poter attaccare gli altri.
FR -> Clemenceau ha invece come obiettivo evitare una nuova invasione da parte della Germania;
(rendere i tedeschi inoffensivi!). Il progetto di Clemenceau era ispirato alla visione di Richelieu.
L’ideale era smembrare la Germania, ma ciò non era possibile e quindi il progetto venne ridotto e
incentrato sulla questione Renania (importante dal punto di vista economico) che doveva diventare
autonoma, separata dalla Germania e militarmente controllata dalla Francia. Su queste richieste
Clemenceau si scontra con Lloyd George, il quale crede che la Francia in tal modo acquisterebbe
troppo potere, Wilson afferma che le richieste vanno contro il principio di autodeterminazione.
Morale: si cercherà di assecondare i francesi.
Trattato di Versailles
Clausole Territoriali:
- Alsace et Lorraine alla Francia;
- Renania smilitarizzata + presenza di truppe internazionali che vigilino (comunque sovranità
tedesca);
- Saar amministrata per 15 anni dalla Società delle Nazioni con referendum allo scadere del
termine per decidere a chi assegnarla;
- Germania cede territori a favore di Belgio e Danimarca;
- Germania perde Danzica a favore della Polonia (violazione del principio di autodeterminazione
dei popoli allo scopo di dare alla Polonia uno sbocco sul mare);
- Slesia viene affidata per i 2/3 alla Germania e per 1/3 alla Polonia (la Gb non voleva uno stato
polacco interposto tra Francia e Russia;
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- Divieto collegamento (anschluss) della Germania: non può annettere l’Austria poiché si
avvicinerebbe troppo a zona Balcani. Nonostante ciò sia contro il principio di autodeterminazione
dei popoli (che si applica quando fa comodo).
- Le colonie tedesche vengono spartite tra Francia e Gb. Per l’Italia niente colonie in Africa. Le
isole a nord del Pacifico vengono date al Giappone. Le isole a sud dell’equatore ad Australia e
Nuova Zelanda (praticamente alla Gb, per bilanciare il Giappone).
Clausole Militari-Economiche:
- Ridurre flotte ed eserciti;
- Art. 231 del Trattato di Versailles: la Germania è responsabile della guerra e deve pagare delle
riparazioni agli stati vincitori. L’dea generale, soprattutto di Francia e Gb era di “spremere”
completamente la Germania imponendole una Pace estremamente punitiva.
Jean Monnet, che sarà tra i padri fondatori dell’Europa, sosteneva una voce fuori dal coro:
auspicava una collaborazione economica tra gli Stati per scongiurare i conflitti futuri,
collaborazione anche con la Germania; nessuno gli dà ascolto. La Francia si accoda agli altri per
fare spremuta di tedeschi. L’Art. 231 prevede il pagamento di un danno legato alla “responsabilità”;
il concetto di responsabilità viene associato al concetto di “colpa”; una valenza morale che offende i
tedeschi. I tedeschi non possono negoziare ed il popolo tedesco non accetterà mai la sconfitta, una
sconfitta non sentita. Negli anni successivi si assisterà al revisionismo in merito al trattato di
Versailles da parte di Germania e Ungheria. In parallelo nasce l’antirevisionismo da parte degli stati
che vedono nei trattati di pace una garanzia della propria sicurezza/esistenza: Francia, Polonia,
Romania, Cecoslovacchia, Jugoslavia.
Contrapposizione revisionismo - antirevisionismo originata dai trattati.
Gb e Usa non condividevano ma comunque comprendevano le esigenze francesi; prendono una
decisione che compensa le lacune del trattato di Versailles; 2 trattati di garanzia; Usa e Gb si
impegnano a tutelare la sovranità francese; trattati mai ratificati perché vi era in realtà un altro patto
contenuto nel Trattato Istitutivo della Società delle Nazioni che regolava l’intervento in caso di
aggressione.
Società delle Nazioni: Assemblea formata da tutti gli stati + Consiglio formato da Usa, Gb, Francia,
Giappone, Italia.
Art. 10 (voluto da Wilson): “obiettivo della Società delle Nazioni è la difesa della sovranità delle
nazioni”. In caso di violazione di quest’ultima, la Società delle Nazioni avrebbe dovuto riunirsi in
Consiglio e decidere il da farsi. Wilson non voleva essere obbligato ad intervenire, era cosciente
della maggioranza isolazionista all’interno degli Usa; voleva che il Trattato venisse approvato dal
Congresso.
Un altro meccanismo inserito all’interno del Trattato Istitutivo garantiva il diritto di chiamarsi fuori,
che si attua con la regola dell’unanimità per prendere le decisioni.
Il Trattato viene comunque rifiutato dal Congresso perché Wilson commette errori, non interpella il
Senato (repubblicano) e nemmeno l’opinione pubblica. L’art. 10 era in contrasto con la politica
estera Usa e il Congresso lo voleva modificare, mentre Wilson no. Le modifiche suggerite dal
Senato riguardavano: una clausola per poter uscire dalla Società delle Nazioni e volevano inserire la
dottrina Monroe nel Patto Costitutivo (covenant), in modo da usufruire di una certa indipendenza
senza intralci nei propri interessi dagli Stati europei.
Lo scopo di tale richiesta stava nell’avere la possibilità della completa libertà riguardo alle scelte in
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America Latina.
Wilson non transige riguardo l’Art. 10, il Congresso invece vuole preservare il proprio potere senza
essere “scavalcato” dalla Società delle Nazioni.
Wilson allora decide di fare un tour in giro per gli Usa per convincere l’opinione pubblica che
aderire alla Società delle Nazioni sia un’opportunità; tattica del going public: convincere l’opinione
pubblica per convincere il Congresso.
L’asso nella manica di Wilson stava nell’aver ottenuto che il Covenant fosse allegato al trattato di
Versailles; aveva in tal modo meno probabilità di essere bocciato. Tuttavia non riesce a far
approvare il Patto al Senato.
La Società delle Nazioni diventa quindi simile ad un club per pochi, prettamente europeo. Includeva
le aspettative di protezione dei paesi più piccoli.
Altri Trattati
Austria – Trattato di Saint Germain (Sett.1919)
L’Austria perde diversi territori: cede un pezzo di Polonia, di Jugoslavia, di Cecoslovacchia e un
po’ dà pure all’Italia. Austria diventa uno Stato microcefalo, un territorio piccolo con capitale
l’enorme Vienna. L’Austria viene anche danneggiata economicamente. Da ricordare il divieto
all’Anschluss.
Ungheria - Trattato del Trianon (dal nome di uno dei palazzi di Versailles, il Grande Trianon)
L’ultimo trattato ad essere firmato a causa di un’insurrezione comunista che allunga i tempi. subisce
la perdita di numerosi territori magiari. Ciò alimenta il revisionismo da parte dei popoli sconfitti.
Perde inoltre una parte di Cecoslovacchia (la Slovacchia), cede dei territori alla Jugoslavia e perde
la Transilvania. Viene nuovamente violato il principio di autodeterminazione.
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Perché vengono creati nuovi stati, nonostante si incorra nella violazione del principio di
autodeterminazione? L’obiettivo è la creazione di un cordone sanitario contro i comunisti, gli stati
vicini alla Russia non devono essere né troppo piccoli né troppo grandi. Ma il sistema di Versailles
è intrinsecamente debole e lacunoso nel complesso.
Tutta la storia del dopoguerra è la storia delle cause della Seconda Guerra Mondiale e dell’erosione
del sistema di Versailles (e nel Pacifico del sistema di Washington, creato a seguito della
Conferenza di Washington del ’21-22).
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Trattato delle 5 potenze
Stipulato tra GB-FR-USA-JAP-ITA: 1922 viene concluso grazie ai servizi segreti Usa. Fissava le
proporzioni tra le cinque marine militari più grandi del mondo. Usa e Gb più degli altri a parimerito.
Il Giappone all’inizio ne vuole di più, ma poi cede. Viene inoltre posto il divieto dell’incremento di
sottomarini e fortificazione per 10 anni.
Stipula inoltre un’alleanza con la Polonia, risorta come Stato indipendente a scapito della Germania
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ed è pure in guerra con la Russia (20-21). È dunque oggetto sia del revisionismo tedesco che di
quello russo. L’alleanza è di cooperazione militare, condividono le stesse apprensioni.
In Francia il governo Briand appoggiato dalla sinistra radicale cambia strategia e svolta dal dialogo
con paesi revisionisti (anche Ungheria) al dialogo con paesi anti-revisionisti tipo Cecoslovacchia
(1924), Jugoslavia (1926-27), Romania (1926-27). Questi stati si erano già uniti tra loro (Piccola
Intesa) contro l’Ungheria.
Alleanze deboli: le potenze della Piccola Intesa si schierano più che altro contro l’Ungheria, non
contro la Germania. Esse sono un ostacolo per un’alleanza con la Russia. Polonia e Cecoslovacchia
stanno discutendo tra loro. Sono tutte alleanze bilaterali.
Nonostante i limiti, non c’erano alternative:
Non poteva allearsi con la Russia comunista. Avevano inoltre delle controversie in atto perché i
bolscevichi decidono di nazionalizzare dei capitali che erano francesi, senza indennizzo per questi
ultimi. Rifiutano anche di pagare i debiti contratti dallo zar.
Non poteva allearsi con l’Italia perché le aveva impedito di prendere delle colonie tedesche in
Africa.
Non può nemmeno rinnovare l’Intesa con la Gb. Proprio questa sarà una grande causa del
fallimento del contenimento tedesco. Diversi i temi di scontro tra Fr e Gb:
1. la Gb come isola non teme più la Germania e cerca invece il balance of power temendo più la
Francia della Germania, in quanto la Francia aveva una buona aviazione e controllava un bel
tratto di Medio Oriente (Iraq, Mesopotamia, Palestina..);
2. Fr e Gb avevano visioni contrastanti sulla questione tedesca, ad esempio alla Gb non interessava
della questione Anschluss invece per la Fr l’annessione dell’Austria da parte della Germania era
assolutamente da evitare;
3. In merito al disarmo, la Gb lo vuole generalizzato mentre la Francia vuole che sia la Germania a
cominciare. La contesa è per lo più ideologica, anti-revisionismo francese vs possibilismo
inglese;
4. In merito alle riparazioni, infine, la Francia predicava l’esecuzionismo contro la Germania mentre
Russia
Anche la Russia voleva risolvere la questione degli indennizzi. La Russia era isolata e mirava ad
uscire da questo stato di isolamento grazie alla figura del ministro Čičerin (ex nobile diventato
comunista e abile diplomatico). Egli firma dei trattati di pace di mutuo riconoscimento coi paesi
confinanti. Inoltre cerca di dialogare con le potenze europee, presentando la Russia come un
potenziale mercato, facendo leva sugli interessi economici. Nel 1921 sigla trattati commerciali con
Gb e Germania. Inoltre convoca una conferenza per discutere la questione indennizzi.
La Gb era interessata ad allearsi commercialmente con la Russia perché la NEP sembrava allettante.
La Gb ritiene vantaggiosa dal punto di vista economico la ridiscussione delle riparazioni previste da
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Versailles, revisionismo; la Francia resta da convincere ma Briand sembra possibilista.
Si avvia il dialogo a Londra; la Gb propone alla Francia una garanzia britannica in cambio di una
revisione delle riparazioni tedesche e degli indennizzi russi; Briand nega la possibilità della
cancellazione degli indennizzi russi, ma si mostra possibilista per le riparazioni tedesche. Tutto
questo a patto che la garanzia britannica copra tutti i confini usciti da Versailles. La Gb non è
d’accordo perché non è interessata al destino di certe aree quali la Polonia.
Briand e Lloyd George si incontrano nel 1922 a Cannes e in disparte la Gb propone una garanzia di
tipo regionale. Briand nel frattempo è caduto in minoranza e gli viene imposto di non accettare. Egli
si dimette e gli succede Poincaré, del filone degli intransigenti. A Cannes inoltre fu deciso di riunire
dopo pochi mesi le maggiori potenze mondiali alla Conferenza Internazionale Economica di
Genova, riguardo a questioni economiche. L'obiettivo di tale incontro sarebbe stato il discutere le
misure per la ricostruzione europea in seguito alla prima guerra mondiale e i metodi di
avvicinamento delle economie europee capitalistiche all'economia del blocco socialista capitanato
dalla Repubblica Russa. Gli Usa non partecipano, quindi non si può parlare dei debiti. L’incontro
riguarda quindi fondamentalmente le questioni legate alle riparazioni. Collegato a questa conferenza
è il Trattato di Rapallo del 1922 tra Germania e Russia (Trattato di Rapallo del 1920 tra Italia e
Jugoslavia non c’entra niente). Un trattato tra esclusi: la Germania per aver perso la 1°GM e la
Russia per la sua forma di stato comunista. Cicerin parla di disarmo e di coesistenza pacifica,
suggerisce dei percorsi che attirano l’attenzione dell’opinione pubblica. La Germania si lascia
convincere e firma, nel timore che anche la Russia avanzi pretese di riparazioni. Il Trattato di
Rapallo è fondato su due pilastri:
a) politico-diplomatico: i due governi si riconoscono a vicenda (ciò comporta l’invio reciproco di
diplomatici) e segna il superamento dell’isolamento;
b) economico-militare: rinuncia ad ogni rivendicazione di tipo economico riguardo la 1°GM
Clausola della nazione favorita: se concedi qualcosa a uno stato terzo, lo devi concedere pure a
me; parte integrante del trattato era anche un protocollo aggiuntivo segreto relativo alla
cooperazione militare tra i due paesi (Clausola segreta). Tale protocollo prevedeva la possibilità
per i tedeschi di testare le proprie armi in territorio sovietico, aggirando la demilitarizzazione
imposta dal trattato di Versailles.
Alla fine della Conferenza di Genova restano tutti i problemi e la Francia con la sua intransigenza
ha aggravato la propria situazione.
Sempre nel ’22 la Germania avanza una nuova richiesta di moratoria: la Gb dice ok; la Francia dice
ok se in cambio avesse ottenuto le risorse produttive e avesse potuto sfruttare le miniere (Teoria dei
pegni produttivi). Nel 1922 la Francia aveva intenzione di invadere la Ruhr e di occuparla. In fatti
nel gennaio 1923 l’esercito francese occupa la Ruhr, sentendosi giustificato dal fatto che la
Germania non ha pagato le riparazioni, inadempienza volontaria dei tedeschi che non consegnano
migliaia di pali telegrafici. La reazione tedesca non si fa aspettare e consiste in resistenza passiva,
sciopero e un rifiuto di collaborazione con le truppe occupanti. Ciò causa una crisi in Germania e
un’iperinflazione in Francia. Servirebbe un intervento degli Usa per risolvere la situazione.
Nel 1924 in Germania viene rieletto cancelliere Stresemann (dx) e riuscirà ad ottenere la
rivisitazione di Versailles. Vuole ottenere il revisionismo attraverso il dialogo, infatti inizialmente
chiede un accordo con la Francia, ma questa rifiuta.
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Allora la Germania pone fine alla resistenza passiva. Germania, Francia e Usa decidono di costituire
un Comitato per le Riparazioni. Nel ’24 prende così forma il Piano Dawes (dal nome di un politico
e banchiere americano):
PIANO DAWES
Comporta alcuni importanti interventi e riforme sul sistema monetario tedesco e un nuovo
calendario di scadenze sul pagamento delle riparazioni.
1. Riparazioni: modificate le scadenze. La Germania deve pagare ogni anno sempre un po’ di più
(rate crescenti) per cinque anni, poi si vedrà in base all’andamento dell’economia tedesca.
Nessun riferimento alla cifra totale.
2. Riforme economiche in Germania: interventi sulla politica monetaria: viene introdotto un nuovo
marco e viene attuata una riforma della Banca Centrale Tedesca (Reichbank) a cui viene imposta
una politica deflazionistica, di contenimento dell’inflazione. Inoltre contenere la domanda di
moneta (per emetterne meno) e aumentare il tasso di sconto; ciò richiama in Germania capitali
americani, perché ci sono più interessi sui prestiti.
Nel 1924 ha luogo a Londra una conferenza per l’attuazione del piano Dawes. Presero parte il
laburista Mc Donald, il nuovo governo francese, guidato da Herriot del Partito di Sinistra vincente
su Poincaré. Herriot vuole creare un fronte amico con la Gb, ma fallì e dovette accettare di liberare
la Ruhr nel giro di un anno, perdendo così l’ultimo strumento di pressione a disposizione della FR.
Ma almeno ottiene il protocollo di Ginevra fondato su tre punti: arbitrato (obbligo di ricorso
all’arbitrato per la risoluzione di controversie: se non ricorri all’arbitrato di uno stato terzo allora sei
un aggressore), sicurezza (1. abolire il principio di unanimità, in caso di crisi e violazioni si può
votare a maggioranza di 2/3, viene meno il diritto di veto; 2. decisioni della Società delle Nazioni
vincolanti) e disarmo (politica di disarmo generalizzato).
Il protocollo di Ginevra fallisce perché Mc Donald viene sconfitto alle elezioni dal conservatore
Baldwin che negò la validità del protocollo firmato dal predecessore.
Come si è visto, il ripristino di una Pace stabile in Europa, obiettivo primo del Trattato di
Versailles, non era stato del tutto raggiunto. Quella delineata a Versailles si trattava di una pace
imposta, di un diktat che i Paesi vinti non potevano accettare. L’applicazione del principio di
nazionalità, gli squilibri economici e l’affermarsi di nuovi Stati crearono un complesso di tensioni
che mettevano costantemente alla prova il Trattato. In questo contesto si inseriscono i Trattati di
Locarno. I vari patti e convenzioni sono di diversa tipologia, e non sono stati tutti firmati dalle
stesse potenze.
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prevedeva una garanzia collettiva delle frontiere francesi e belghe con la Germania (quindi solo
confini occidentali della Germania), la smilitarizzazione di una zona sulla sponda sinistra del Reno,
il divieto di ogni aggressione, l’obbligo di ricorrere all’arbitrato pacifico in caso di controversie ed
il riconoscimento reciproco dei confini. GB e Italia riconosciute come le potenze garanti, si
impegnavano ad intervenire in aiuto dello Stato se fosse stato vittima di un’aggressione.
Mussolini tentennò al momento di firmare perché non era d’accordo sul fatto che venissero tutelati
solo i confini occidentali della Germania, operando così distinzioni tra “confini di serie A e confini
di serie B”, ma accettò spinto dalla diplomazia italiana, sperando di ottenere prestigio.
Locarno parte tutto da una proposta della GB, dinnanzi alla quale Stresemann (allora Cancelliere
tedesco) si pone degli obiettivi:
- entrare nella Società delle Nazioni (accolta);
- diritto di sottrarsi ad azioni contro Russia (accolta);
- ritornare in possesso delle colonie perse (NON accolta);
- evacuazione di una parte della Renania dal contingente internazionale che ne controllava la
smilitarizzazione (accolta);
Un’eccezione al trattato è il punto secondo cui la Francia può invadere la Germania soltanto nel
caso in cui la Germania invada gli alleati della Francia (Polonia e Cecoslovacchia).
L’esprit di Locarno
La premessa di Locarno fu il piano Dawes che aveva creato un clima di fiducia. I protagonisti
furono Briand e Stresemann (quest’ultimo vinse il nobel per la pace). Solo a metà degli anni ’30
l’idea di ottimismo e fiducia legata a Locarno venne scalfita. Briand veniva visto come colui che
aveva risolto, appariva come vincitore.
Motivi di ottimismo:
Gli stati ritrovano stabilità economica tornando nel 1925 a utilizzare il gold standard, ancorando
cioè la moneta all’oro. Nel 1926 un accordo tra Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Saar
viene firmato sancendo la collaborazione nel settore dell’acciaio; “pull dell’acciaio”, cooperazione
transnazionale tra privati che diede l’impulso ad una riflessione sulla cooperazione tra stati
L’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni (Sdn) in qualche modo legittima
quest’ultima. Tra il ’25 e il ’29 il dialogo tra Germania e Francia appare di nuovo possibile, si
assiste ad una serie di incontri informali. Nel 1926, dato il clima di distensione, si da avvio ai
preparativi della conferenza sul disarmo.
Limiti di Locarno
La garanzia delle Gb è una garanzia di tipo militare, ma in realtà la Gb non sta investendo nel
settore militare e non sarebbe in grado di intervenire
La Germania ha riconosciuto SOLO il suo confine occidentale; il lato orientale è stato trascurato;
Urss irritato (nel ’24 è salito al potere Stalin e l’Urss è stata riconosciuto da tutti gli stati). Stalin è
sostenitore della rivoluzione in un solo stato e gli altri Stati iniziano ad essere meno timorosi nei
rapporti con l’Urss, quindi si imbastiscono relazioni internazionali. Tuttavia per effetto di Locarno
questo dialogo subisce una battuta d’arresto e in Urss si crea un timore di accerchiamento. L’unica
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eccezione viene dalla Germania che stipula un trattato di amicizia con l’Urss per rassicurarla. Però
questo nuovo accordo indebolisce la stabilità del sistema europeo.
Il fatto che i confini orientali non vengano garantiti fa imbestialire Polonia e Cecoslovacchia, alleati
della Francia. Briand li aveva rassicurati con le eccezioni al trattato, ma queste dipendono
comunque dal consenso della Società delle nazioni.
L’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni provoca screzi tra Francia e Polonia perché la
Germania entra come membro del consiglio permanente e la Polonia vorrebbe lo stesso privilegio.
Invece non lo ottiene poiché la Germania accetta di entrare nella Società delle Nazioni solo se la
Polonia non è nel consiglio permanente. Sembra quasi che la Francia favorisca la Germania contro
cui è in conflitto piuttosto che la Polonia, sua alleata.
Riguardo alla Renania Stresemann ottiene una grande revisione di Versailles.
Inoltre non si ha più la certezza che la Germania si stia smilitarizzando, regnano così l’incertezza e
il timore tra gli alleati della Francia, che non ha più strumenti di controllo e perde sicurezza.
Prima di morire, Stresemann riuscì ad ottenere un’altra revisione di Versailles. Questa modifica
prese il nome di Piano Young e si sviluppò a partire dal 1929. Ha lo scopo di sostituire le sanzioni
decise dal piano Dawes. Infatti quest’ultimo faceva gravare sulla Germania ingenti sanzioni annuali
che non potevano essere ripagate. Il Piano Young (dal nome dell’economista americano che lo
propose) infatti permetteva di posticipare il pagamento di 2/3 della rata annuale, che ammontava a
circa 473 milioni di dollari. Inoltre in questo accordo venne fatta rientrare l’evacuazione di tutta la
Renania (abbandonata definitivamente nel ’30).
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Un breve riepilogo dell’ operato di Stresemann, morto a causa dei lavori estenuanti del governo
tedesco di quel periodo: -1924 evacuazione della Ruhr e rinuncia Francia pegni produttivi; -1925
Trattato di Locarno una parte della Renania - aiuti finanziari; -1929 piano Young, Renania.
Un anno dopo la Germania ottiene la moratoria di un anno delle riparazioni. Dal ’32-33 la
Germania si gioca la carta Hitler: o mi dai concessioni o favorisci l’ascesa di Hitler che sfrutta il
malcontento dei tedeschi.
Cause:
1) Finanziamenti e prestiti anche a chi non se lo può permettere e non potrà restituire;
2) Eccesso di produzione;
3) Speculazioni in borsa;
Si diffonderà in Europa tramite la Germania. La prima risposta sarà di chiusura, di adozione di
misure protezionistiche, chiusura dei mercati, crisi politiche. A soffrire in particolar modo della
chiusura dei mercati è il Giappone, poiché necessita di materie prime (per tal motivo nel ’31
invaderà la Manciuria).
Conferenza navale, Londra 1930. Vide al tavolo delle trattative i rappresentanti di Gb, Giap, Fra, Ita
e Usa. Conferenza che regolava la guerra sottomarina e gli armamenti navali e fu un’estensione
delle condizioni che erano state sancite col Trattato navale di Washington
Il Giappone vi prese parte con lo scopo di aumentare le navi. Non solo non gli fu permesso, ma fu
deciso inoltre che doveva essere interrotta la costruzione di ulteriori navi da guerra. In Giappone si
rafforzano così i sostenitori dell’espansionismo, vogliosi di riscatto e di liberarsi dall’opposizione
occidentale. Il Governo giapponese inizia così a guardare verso la regione cinese della Manciuria
per i suoi interessi economici.
La questione Manciuria ha inizio nel 1931. Con la scusa di un incidente sulla ferrovia di proprietà
del Giappone (interpretato come un boicottaggio), i militari invadono la Manciuria, venendo meno
all’accordo multilaterale Briand-Kellogg e al Trattato delle 9 Potenze, riguardanti la rinuncia alla
guerra come strumento della propria politica nazionale. La Cina allora si rivolge alla Società delle
Nazioni e agli Usa; la Società delle Nazioni risponde con la creazione di una commissione da
inviare in loco presieduta da un esponente della Gb. Nel frattempo cade il governo Giapponese
moderato e ne arriva uno che sostiene i militari.
Nel 1932 Stimson (Segretario di Stato Usa) invia una nota diplomatica alla Cina e al Giappone
dicendo che la posizione statunitense è di NON riconoscere nessuno stato frutto di un’azione
militare, teoria famosa come “Dottrina Stimson”, dottrina del non riconoscimento. Questa però
risulta una dottrina ambigua perché non comporta nessun intervento. Stimson vorrebbe un embargo
petrolifero o finanche una guerra (Hoover aborriva la guerra), la dottrina enunciata è un
compromesso. I giapponesi invadono Shangai ed anche in questo caso non c’è nessuna vera
reazione Usa.
Contemporaneamente, 1932, il Giappone crea in Manciuria uno stato fantoccio, il Manciuquo; non
riconosciuto dagli Usa.
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Intanto Lytton, commissario della Società delle Nazioni, manda un rapporto “dico-non dico” con le
conclusioni circa la situazione: auspicano una Manciuria autonoma ma annessa alla Cina. Il
Giappone lascia la Società delle Nazioni; un altro aspetto che evidenzia il crollo del sistema di
Washington.
La crisi del ’29 aveva avuto conseguenze politiche anche in Europa, colpendo i paesi più deboli; la
repubblica di Weimar e l’Austria, i quali tentarono un’unione doganale nel 1931; questo passo
venne interpretato come un tentativo di Anschluss; condanna Austria.
Approfittando della tattica “o lo fai o c’è la minaccia tedesca”, la Germania chiede l’applicazione
del principio parità tra gli stati, in poche parole chiede che alla Germania sia concesso di riarmare.
In un primo momento la Francia dice NO. Intanto le elezioni in Germania iniziano a vedere il
trionfo del partito nazista. In Francia invece arriva di nuovo Herriot il quale avvia un dibattito sulla
proposta tedesca; emerge la volontà di accogliere la richiesta tedesca, poiché essa è giuridicamente
fondata e poi permetterebbe di avviare il dialogo sul disarmo con la Germania compresa.
Fine ’32: accolta la richiesta tedesca.
La Francia è imbrigliata nelle alleanze degli anni ’20;
La Gb condivide molte istanze della Germania, e poi ha altro a cui pensare in Medio Oriente;
L’Urss, col ministro degli esteri Litvinov, conduce una politica a favore della politica di sicurezza
collettiva;
1932: patti di non aggressione con gli Stati Baltici, la Polonia e la Francia a scopo di contenere la
Germania, a capo della quale, nel frattempo, è arrivato Hitler. Nel 1933 Usa e Urss si riconoscono a
vicenda. Nel 1933 l’Urss firma un trattato di amicizia con l’Italia. Nel 1934 entra nella Società delle
Nazioni; Nello stesso anno sale al potere Hitler. Contrariamente a quanto avverrà in seguito, non
inizia subito una politica aggressiva, ma lancia segnali distensivi. Alla Conferenza per il disarmo la
Germania pretende un accordo dal valore giuridico che permetta le permetta di riarmare. In rispota
ottiene un secco “Col cazzo!”. In conseguenza a questo la Germania abbandonerà la Conferenza e
successivamente la Società delle Nazioni nel ’33.
Alla fine del 1932 Mussolini assume l’incarico di ministro degli esteri per contenere Hitler anche se
a tratti – per interessi italiani – gli va incontro. Politica del Pendolo, non dettata da ideologie.
Nel 1933 Mussolini (antirevisionista, vuole contrastare personalmente il revisionismo tedesco)
avanza una proposta di “Patto a 4”. Ovvero dar vita a una sorta di direttorio di potenze europee:
Italia, Francia, Gb, Germania. Tuttavia questo progetto fallisce perché la Francia si oppose (la
Piccola Intesa non avrebbe gradito e la Francia è ostaggio delle sue alleanze).
Nel 1934 Mussolini si riavvicina a Hitler, organizzando un incontro a Stra (vicino Venezia) per
capirne le intenzioni (timore Anschluss). In quest’incontro Hitler non si sbilancia con Mussolini e si
limita a dire che vorrebbe i nazi trionfanti in Austria. Mussolini dice che le vicende austriache non
devono essere un ostacolo per intrecciare un rapporto tra Italia e Germania.
Hitler interpreta erroneamente le parole di Mussolini, pensando che l’Italia si sarebbe definita
neutrale in uno scontro tra Germania ed Austria.
Nel 1934 c’è un colpo di stato nazista in Austria in cui viene ucciso Dolfuss mentre la moglie e i
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figli erano in Italia a Riccione ospiti di Mussolini. Anche se Dolfuss muore, il colpo di stato fallisce
e Mussolini muove le truppe al Brennero per prestare sostegno all’Austria. Hitler che inizialmente
aveva esultato per la morte di Dolfuss, non potendo sostenere un conflitto contro l’Italia, si dice
estraneo al colpo di stato. A seguito di quest’avvenimento, si assiste a un riavvicinamento Italia-
Francia in funzione anti-tedesca. Infatti il nuovo ministro Barthou fervente anti-tedesco in questo
periodo stava cercando di rafforzare le sue alleanze in funzione anti-tedesca. Barthou voleva infatti
revisionare la politica estera francese, sviluppare un progetto di ampio respiro, lungimirante e frutto
di una lucida analisi della situazione europea. Barthou vedeva nella Germania il principale pericolo
per la Francia (altri vedevano l’Urss come principale pericolo). Lui si era preoccupato leggendo il
Mein Kampf. Questa sua ricerca di nuovi alleati era dettata dal fatto che non si fidava dei
meccanismi di protezione della Sdn. Inoltre non poteva più ricucire alleanze con la Polonia poiché
quest’ultima aveva appena siglato il patto di non aggressione con la Germania.
Barthou consolida le vecchie alleanze e cerca di avvicinarsi a Urss e Italia.
La Francia segue un approccio non-ideologico alla politica estera. Barthou delinea un percorso da
seguire per arrivare all’alleanza con l’Urss; progetto della Locarno Orientale; Polonia,
Cecoslovacchia, Germania, Urss e Stati Baltici avrebbero dovuto sottoscrivere delle reciproche
garanzie di confini; inoltre era previsto un accordo tra Francia e Urss; tattica per allearsi con l’Urss.
CONSEGUENZE 1936:
4) Motivi elettorali: la vicinanza delle elezioni, le forze al governo dichiaratesi pacifiste, quindi un
alto rischio di perdere le elezioni;
5) Risorse economiche insufficienti per sostenere una guerra;
6) Periodo di isolamento diplomatico, quindi non poteva contare su particolari forze alleate;
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La Francia non fa nulla e ottiene solo la condanna da parte della Società delle Nazioni.
Le conseguenze politiche dell’astensionismo francese sono:
1. L’ulteriore rottura tra Francia e Polonia;
2. La Piccola Intesa capisce che per trovare sicurezza bisogna aspirare ad accordi con Urss o
Germania;
3. Il Belgio diventa neutrale compromettendo la solidità francese.
Per circa due anni la Germania segue una politica più accorta, Hitler evita di violare ancora
Versailles. Sviluppa la sua politica sotto 3 direttrici:
1) Sviluppo di una politica volta a minare le alleanze della zona (Piccola Intesa) e vuole ottenere
una penetrazione economica;
2) Individuazione dei definitivi alleati: Italia e Giappone.
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Guerra civile spagnola 1936
Ha ripercussioni internazionali, marca un netto avvicinamento tra Italia e Germania, coinvolge tutte
le potenze.
Scoppia nel luglio 1936, quando l’esercito del generale Francisco Franco insorge contro il governo
popolare. Viene proclamato quindi il non intervento in Spagna, rispettato solo da Francia e
Inghilterra (anticomunista, ma intenzionata a mantenere rapporti col governo spagnolo per
Gibilterra). L’Italia ufficialmente interviene a favore di Franco, non per motivi ideologici, ma per la
volontà di controllare le Baleari e di evitare una saldatura tra governo spagnolo, francese e
sovietico, evitare di essere schiacciata nel Mediterraneo. Anche la Germania ovviamente interviene
per Franco (il quale vende costantemente armi alla Germania) ed il suo intervento è anche rivolto a
testare a che punto è la potenza bellica tedesca. L’intervento Urss è controproducente poiché crea
una frattura nel fronte popolare.
Anche se la guerra civile spagnola è l’anticamera della seconda guerra mondiale, non si può ancora
parlare di un fronte fascista né di un fronte antifascista: da una parte l’ipotesi di un fronte
filofascista è prematura, poiché Germania e Italia, seppur convergenti in Spagna e avvicinate dai
protocolli dell’Asse, sono ancora divise da strategie molto distanti; dall’altra l’ipotesi di un fronte
antifascista non spiegherebbe il non intervento della Gran Bretagna né i suoi accordi con Hitler; la
Gran Bretagna non solo persegue una politica di accordo con la Germania, ma anche di
rappacificazione con l’Italia in virtù di un comune interesse a mantenere la stabilità nel
Mediterraneo: il 2 gennaio 1937 i due governi firmano un Gentlemen’s Agreement riguardante la
cessazione dell’intervento italiano in Spagna e l’impegno a non modificare lo status quo nel
Mediterraneo; la concretizzazione di tale accordo si ha con la firma degli ACCORDI DI PASQUA
nell’aprile 1938, che ribadiscono il disimpegno italiano in Spagna, il disinteresse italiano alle
Baleari, l’impegno britannico a riconoscere l’impero italiano in Etiopia.
I rapporti tra Germania e Paesi dell’Est si intensificarono. La Jugoslavia addirittura non dà più
grano all’Italia per darlo alla Germania. Nel ’37 viene siglato un accordo Romania-Germania sul
petrolio. Oltre alla strategia economica Hitler si avvale anche della diplomazia: non è pertanto un
problema allacciare legami con l’Ungheria revisionista. Polonia, Romania e Jugoslavia, invece,
erano antirevisionisti.
La Polonia viene rassicurata da Hitler. Egli dal 1936 la induce ad un accordo contro l’Urss, ma
senza sortire risultati perché la Polonia costituiva un equilibrio tra Urss e Germania. Allora Hitler fa
leva sulla contrapposizione Polonia vs Cecoslovacchia e cerca di rassicurarla.
Jugoslavia e Romania non temono la Germania. Allora Hitler tenta una rassicurazione indiretta,
facendo pressioni sull’Ungheria affinché essa spinga col revisionismo contro questi due paesi (ad
esempio rivendicare i territori ungheresi in Jugoslavia).
Fa inoltre credere che la Jugoslavia sarà violenta contro i cecoslovacchi.
Il proposito di Hitler per il biennio 1936-1938 è l’annessione della regione dei Sudeti, che faceva
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parte della Cecoslovacchia. Per perseguire il suo scopo favorisce un accordo Ungheria-Jugoslavia
per aumentare i contrasti. L’obiettivo successivo era l’annessione dell’Austria.
Nel 1937 Hitler rivela i suoi piani al comando del Reich (Hossbach Memorandum). Questi
includono i piani di pulizia etnica miranti la ricerca di uno spazio vitale per la sopravvivenza dei
tedeschi in termini di razza (non di etnia e cittadinanza come per Stresemann).
Agire contro la Cecoslovacchia, ormai abbandonata dalla Francia, non è un problema.
Il 6 novembre 1937 l’Italia si aggiunge a Germania e Giappone nel patto Anticomintern. Mussolini
va a colloquio con Ribbentrop, il quale voleva sondare la posizione italiana circa l’annessione
dell’Austria. Mussolini dichiarò di non aver più intenzione di fare la sentinella dell'indipendenza
austriaca. L’Austria si trova isolata e dovrebbe sottostare a Hitler, nominando come ministro degli
interni un esponente nazista e dando vita ad una politica economica assieme alla Germania. Dopo
una lunga campagna politica, che comprese le minacce di guerra di Hitler, un avvocato nazista,
Inquart, venne nominato Ministro degli Esteri e in seguito Cancelliere d'Austria. Il 12 marzo del
1938, la Germania annunciò l'annessione (Anschluss) dell'Austria, che divenne una provincia
tedesca. Hitler nega che l’Anschluss possa essere un primo passo verso un’espansione ai danni
dell’Italia e Mussolini è d’accordo così il 13 marzo Hitler entra a Vienna. La Francia si limita ad
inviare una nota di protesta.
Dopo l’Austria viene dunque il momento dell’annessione della regione dei Sudeti, territorio
cecoslovacco. In questa regione infatti abitano 3 milioni e mezzo di tedeschi: tra questi si diffonde
un movimento autonomistico, sempre più impregnato di nazismo. La Cecoslovacchia era
importante strategicamente ed economicamente. Nel 1937 Henlein e il movimento filo-nazista
sviluppatosi nell’area avviano una campagna mirata all’ottenimento dell’autonomia. Il passo
successivo sarebbe stata l’annessione. Francesi e inglesi si consultano ma non arrivano ad alcuna
intesa
Minaccia dell’uso della forza: crescono i concentramenti di truppe tedesche in Sassonia ed il 30
maggio 1938 Hitler dà ordine che la Wermacht sia pronta ad entrare sul territorio cecoslovacco a
partire dall’1° ottobre.
Hitler ha in mente un’idea e passa prima dalla via diplomatica. Nel suo celebre rifugio chiamato
“Nido dell’aquila” propose a Chamberlain un accordo che penalizzava i cecoslovacchi.
Chamberlain, sostenitore dell’appeasement, ci riflette.
Il 22 settembre Chamberlain si reca nuovamente in Germania: non si tratta più di negoziare, il
governo di Praga deve accettare la cessione dell’intera regione dei Sudeti alla Germania.
Il 28 settembre, senza consultare il suo governo, Chamberlain scrive a Hitler che tutto può essere
risolto “senza guerra e senza ritardi”, offrendogli così la possibilità di completare il suo scopo.
Così il 29-30 settembre 1938 viene convocata la Conferenza di Monaco (Italia, Francia, Germania,
GB) durante la quale tutte le richieste del Fuhrer vengono accolte ed il presidente cecoslovacco
Benes viene costretto ad accettare l’annessione del territorio dei Sudeti alla Germania. Mussolini
(che, convocato come mediatore della crisi, elenca una serie di proposte concordate col Fuhrer) e
Chamberlain (che ottiene la firma di un documento in cui è ribadita l’importanza primaria delle
buone relazioni anglo-tedesche e l’impegno di adoperarsi per mantenere la pace) si ergono a
pacificatori poiché la guerra è stata evitata. Diverse furono le conseguenze di questa conferenza:
- L'accordo di Monaco rimane nella memoria collettiva come esempio della nefasta politica di
appeasement;
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- Stalin non viene invitato. Questo favorirà nell’Urss la percezione che Francia e Gran Bretagna
vogliano spingere le mire di Hitler verso est;
- La conferenza ebbe indirettamente un altro effetto indesiderato: l'atteggiamento tollerante di
Gb e Fra incoraggiò enormemente l'aggressività degli stati amici della Germania; l’Italia
su tutti con Mussolini che si sentì abbastanza sicuro per procedere ad un'occupazione italiana del
Regno di Albania. L'aggressione italiana aveva soprattutto lo scopo di controbilanciare
l'espansione tedesca in Europa centrale.
Gli Usa negli anni ’30 (post crisi) attuano una politica isolazionista (e protezionismo economico).
Nel 1935 approva una legge di neutralità, che vieta di commerciare con paesi in guerra.
Roosevelt mette in quarantena gli stati che volevano scardinare l’ordine internazionale. Ma gli
americani sostengono l’isolazionismo del Congresso e quindi viene meno l’intervento statunitense.
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Francia: disponibile ma sostanzialmente inutile.
Rimangono Urss e Italia. Churchill, che intanto era divenuto Primo Ministro, era un anticomunista,
approvava l’accordo con Italia e Urss, ma invece il governo era contro e restò contro fino al ’38 per
ragioni ideologiche. Per quanto riguarda l’Italia, veniva vista troppo inaffidabile per la sua politica
del pendolo.
L’opinione pubblica britannica influenzava il governo e viceversa, in un circolo vizioso.
L’appeasement era anche un modo per convincere l’opinione pubblica di avere intenzioni pacifiste,
così quando sarebbe scoppiata la guerra l’opinione pubblica avrebbe sentito che era stato fatto tutto
il possibile per evitarla.
Fine dell’appeasement il 15 marzo 1939, ma è frutto di un processo graduale che matura
definitivamente all’inizio del ’39. Ci si rende conto che nonostante la Conferenza di Monaco, Hitler
vuole rivolgere la propria attenzione verso altri territori (Romania, Ucraina, Polonia, Olanda
probabilmente). La Gb dava la propria garanzia alla Francia in caso di attacco, accelerò il riarmo in
materia intensiva con sostegno sindacati-lavoratori. Il 15/3/1939 Hitler annette la Boemia-Moravia,
zona della Cecoslovacchia non abitata da tedeschi; violazione del principio di autodeterminazione
dei popoli e pacta sunt servanda. Abbandono ufficiale politica appeasement e presa di decisione: in
caso di altre simili azione, interverrà contro la Germania!
Il governo britannico garantisce alla Polonia (chiara prossima vittima di Hitler) il proprio appoggio
e si impegna quindi ad entrare in guerra contro la Germania. Dopo l’invasione dell’Italia in Albania
la Gb dà la garanzia anche a Turchia, Grecia e Romania. Quando ci si rende conto che la Germania
è inarrestabile, Gb inizia a contemplare anche l’idea (mai realizzata) di un’alleanza con l’Urss.
Aprile ’39 si aprono i negoziati tra Gb, Urss, Francia. Nello stesso giorno Stalin avvia un dialogo
con la Germania perseguendo la “politica del doppio binario”. Il 10 marzo 1939 la Russia dice che
non aveva problemi ideologici per la collaborazione, ma il dialogo con la Francia si rivela un po’
difficile e quindi Stalin propone un’alleanza tripartita. Gb e Francia temporeggiano chiedendo
all’Urss di dare garanzie ai paesi centrali minacciati ma loro non danno nulla in cambio; alla fine
Gb e Francia accettano la proposta di Stalin, ma solo accordo politico e non militare.
Nel 1939 viene nominato Ribbentrop al posto di Neurat e nel luglio i negoziati per accordo con
l'Urss si accelerano.
Accordo commerciale firmato il 20/08/39; la Germania propone inoltre un patto di non aggressione;
tre giorni dopo viene firmato il patto Molotv-Ribbentrop.
La parte pubblica non è un accordo ma solo un patto di non aggressione.
Il contenuto segreto invece riguarda la spartizione di Polonia e Stati Baltici tra Urss e Germania.
Inoltre la Germania riconosceva la Bessarabia come territorio dell’Urss.
Tale patto scombussolò gli equilibri politici; perché scongiurava una guerra su due fronti per la
Germania. L’Urss aveva stipulato questo patto perché temeva che la Germania andasse avanti in
Urss dopo aver preso la Polonia.
Effetti: l’Urss poteva contrastare meglio il Giappone. Sicurezza dell’Urss che Hitler attaccherà di
sicuro prima i francesi che l’Urss. L’Urss comunque rafforza i confini in caso di invasione tedesca.
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La notizia dell’accordo è una bomba diplomatica, che inaugura una grande crisi dell’immagine
dell’Unione Sovietica all’estero, persino fra i partiti comunisti europei. Ciano descriverà il patto
come un “orribile connubio”. Nell’alleanza nazi-sovietica l’ideologia conta ben poco, poiché basata
unicamente su scelte di convenienza politica per entrambe le parti.
Fronte Orientale: la blitzkriegh (Guerra lampo) ha pieno successo, infatti il 25 settembre Varsavia
è nelle mani dei tedeschi. I sovietici varcano il confine polacco, assestandosi sulla linea stabilita dai
protocolli segreti del patto Molotov-Ribbentrop. Il 28 settembre tali accordi sono perfezionati
(modifiche del protocollo segreto): l’URSS ottiene la Lituania in cambio di un’avanzata tedesca in
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Polonia; è Hitler a fare questa proposta, perché crede possibile riaprire la strada del compromesso:
infatti vuole utilizzare la Polonia come merce di scambio, pensando che Chamberlain avrebbe
accettato più probabilmente una Polonia più piccola ma non una Polonia per metà sovietica; ma
ormai la proposta di pace di Hitler trova risposta negativa prima dalla Francia e subito dopo dalla
Gb, che vede l’ingresso nel governo di uomini come Churchill (fautore dell’intransigenza
antigermanica). Nel frattempo Stalin riscuote ciò che gli spetta: Estonia, Lettonia e Lituania
accettano l’ingerenza dell’URSS (costruzione di basi sovietiche), ma la Finlandia oppone
resistenza: si apre la cosiddetta “guerra d’inverno” (1939-1940), mediocre prova delle armate
sovietiche, che incoraggia Hitler a persistere nella sua strategia occidentale, vista la presunta
fragilità militare dell’URSS. In questa occasione la Società delle Nazioni ha un ultimo soffio di vita:
espelle l’Unione Sovietica (ciò peserà molto quando, sulle ceneri della Società delle Nazioni,
nascerà l’Organizzazione delle Nazioni Unite).
Fronte Occidentale: il 9 aprile 1940 Hitler occupa Danimarca e Norvegia, per poi rivolgersi verso
la Francia. Dopo aver violato la neutralità di Belgio e Olanda, il 14 giugno 1940 le forze tedesche
entrano trionfalmente a Parigi. La Germania occupa i 2/3 della Francia e lascia 1/3 ai francesi,
repubblica di Vichy. La flotta francese rimane ferma. Il governo francese, stabilito a Vichy, è
affidato al filonazista Pètain, il quale firma l’armistizio il 22 giugno 1940 sulla vettura ferroviaria di
Rethondes (dove era stato firmato quello del 1918). Quando le operazioni contro la Francia mettono
in luce la netta supremazia tedesca, Mussolini (che aveva espresso mille critiche e perplessità e
aveva tentato di sganciarsi da Hitler) vede l’opportunità di sedere al tavolo dei vincitori con
pochissimo sforzo, così il 10 giugno 1940 l’Italia dichiara guerra ad una Francia morente e alla
Gran Bretagna.
La conseguenza dell’entrata in guerra dell’Italia è che la guerra inizierà ad estendersi oltre l’Europa,
in particolare Area Balcanica e Nord Africa.
Mentre i tedeschi elaborano la strategia contro la Gran Bretagna, rimasta sola a combattere, il 28
ottobre 1940 Mussolini inizia le operazioni contro la Grecia, ma le iniziali difficoltà costringono le
truppe tedesche a soccorrere quelle italiane, imponendo così ai greci l’armistizio nel 1941. In questo
momento tutta l’Europa è sotto il controllo tedesco, ad eccezione della Gran Bretagna. Proprio in
Gb il 9 maggio 1940 Winston Churchill sostituisce Chamberlain nella carica di Primo ministro.
Ad agosto Hitler inizia a bombardare sistematicamente la Gb. Questa resiste grazie alla compattezza
della società civile britannica e all’utilizzo dei radar (comunque difficoltà a livello economico).
Roosevelt a metà del ’40 è preoccupato dalla piega che sta prendendo il conflitto, dice che gli Usa
faranno tutto il possibile senza però inviare uomini. In particolare gli Usa utilizzano la formula degli
aiuti “cash & carry”, ovvero io te li do ma tu paghi il trasporto e in questo momento la Gb non era
in grado. Una vittoria tedesca non avrebbe consentito la sopravvivenza della democrazia americana,
così Churchill decide di incontrare Roosevelt per raggiungere un accordo che faccia entrare Usa in
guerra. Questi accordi vertono in particolare modo sugli ambiti economici come l’impegno
reciproco di rinuncia al protezionismo e l’inizio di trattative sulla leggie “affitti e prestiti” (lend-
lease). Gli Usa sono quindi in guerra ma ancora indirettamente.
Germania e Urss, intanto, si fortificano entrambe e si allontanano progressivamente.
Il 27 settembre 1940 Germania, Giappone e Italia firmano il Patto Tripartito, un’alleanza
economica, politica e militare conosciuta anche come asse Roma-Berlino-Tokyo (RoBerTo) al fine
di riconoscere le rispettive aree di influenza nel Mediterraneo, in Europa e in Asia e di offrirsi
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reciproca protezione rispetto alle mosse degli Stati Uniti.
Il Fuhrer ha già previsto l’Operazione Barbarossa, l’attacco contro l’Unione Sovietica, per il 15
maggio 1941, convinto che la superiorità della macchina militare germanica porti ad una vittoria
lampo. Tuttavia incontra ostacoli politico-diplomatici e un’inattesa situazione militare: la prima è la
costituzione del governo di militari guidati dal generale Simovic in Jugoslavia, favorevole a Gb e
Urss. Questo governo per le sue simpatie costituisce un pericolo per le potenze dell’asse, quindi
Hitler, già intervenuto in aiuto di Mussolini nella Campagna militare dei Balcani, decide di
intervenire anche in Jugoslavia. Attacca la capitale Belgrado il 5 aprile 1941 e il 17 aprile l’esercito
jugoslavo firma l’armistizio, mentre i comandi greci contro i quali era impegnato Mussolini firmano
la resa il 29 aprile.
L’attacco tedesco all’Urss è così rinviato al 22 giugno 1941: sebbene in un primo momento i
sovietici si trovarono in difficoltà e in una situazione di inferiorità, il rinvio risulterà fatale per
l’esito dell’impresa a causa del “Generale inverno”. La primavera del 1941, con l’operazione
Barbarossa, con l’approvazione della legge Affitti e Prestiti, con il trattato di neutralità nippo-
sovietico (impegnava entrambe le potenze alla reciproca neutralità, nel caso di un attacco ad una
delle due da parte di una terza potenza, e di non aggressione di una delle due nei confronti dell’altra.
e aveva una validità di cinque anni), segna per Hitler l’inizio della fine: se fino ad ora la vita
europea è stata dettata dalle sue decisioni, da qui in poi restituisce l’iniziativa agli altri, mettendo in
moto il formarsi di una coalizione che ha come unico obbiettivo un’Europa liberata dal dominio
nazista.
L’attacco contro l’Unione Sovietica ha inizio con un ottimismo del tutto fuori luogo, derivante dalla
persuasione della superiorità operativa e tecnologica delle forze tedesche. Il successo iniziale
convince Stalin della necessità di elaborare una strategia difensiva imponente. Organizza
segretamente la resistenza sovietica sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista
propagandistico. Costituisce un Comitato di difesa nazionale e chiama tutto il paese a combattere
quella che i sovietici chiameranno “la grande guerra patriottica” per l’indipendenza e la libertà
democratica (riferimento a Usa e Gb) dei popoli. Così l’Armata rossa si trasforma in un grande
esercito nazionale di liberazione dalle atrocità tedesche. L’8 dicembre, ormai a pochi chilometri dal
centro di Mosca, Hitler è costretto a fermare l’offensiva. Gli Usa nel frattempo affrontano un
processo lento e tortuoso di abbandono dell’isolazionismo: dal 1935 gli Usa si astengono
dall’intervenire in conflitti che coinvolgono altri paesi, attenendosi alle proprie leggi di neutralità
(anche se queste vengono aggirate durante il conflitto sino-giapponese: la Cina nazionalista evita di
dichiarare apertamente guerra al Giappone allo scopo di non vedersi chiusi gli aiuti USA; ciò spiega
quanto sarà dura per gli USA la perdita della Cina con l’avvento di Mao Tse Tung l’1 ottobre
1949). Nel 1937 Roosevelt pronuncia a Chicago il “Discorso della Quarantena”, in cui denuncia il
carattere totalitario del nazifascismo paragonando lo scoppio della violenza internazionale ad una
malattia contagiosa. Tuttavia tutti i sondaggi esprimono una larga opposizione a qualsiasi
coinvolgimento degli Stati Uniti delle vicende europee, perciò fino alle elezioni del 1940, che gli
assicurano il terzo mandato, Roosevelt ha le mani legate. A modificare questo stato di cose
sopraggiungono contemporaneamente le iniziative tedesche contro Norvegia, Danimarca, Olanda,
Belgio, poi l’attacco alla Francia, e al tempo stesso il maturare della convinzione che non si possa
più posticipare l’invio di aiuti alla Gran Bretagna. In questa situazione Roosevelt cerca di
convincere l’opinione pubblica in due modi:
- agisce sul profilo propagandistico: “se la casa del vostro vicino sta bruciando, potreste continuare
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a rimanere chiusi in casa vostra?”. Ribadisce che la sicurezza americana dipende dalla
sopravvivenza della Gb, la quale va aiutata con ogni mezzo;
- mette in atto una strategia step by step: dal 1939 viene messa in atto la politica del cash and carry
(paga e porta via), che permette ai belligeranti di acquistare merci in USA ma solo se in grado di
pagare in contanti e di trasportarle su loro navi. Il passo successivo è la presentazione al Congresso
del progetto per un lend-lease act (Affitti e Prestiti), che permette al Presidente di “vendere,
affittare o prestare armi, munizioni, generi alimentari e qualsiasi altro strumento di difesa a quei
paesi la cui tutela avesse giudicato vitale per gli Stati Uniti”. Per la prima volta nella sua storia il
Regno Unito aspetta ansiosamente l’approvazione di una legge americana, che entra in vigore l’11
marzo 1941. La legge Affitti e Prestiti rappresenta una svolta radicale nella politica di neutralità
americana.
In seguito all’approvazione del Lend-Lease Act, Roosevelt e Churchill si incontrano su una barca,
agosto 1941, per discutere l’evolvere della situazione mondiale, sottoscrivendo alla fine delle loro
conversazioni, il 14 agosto 1941, la Carta Atlantica (seme della nascita dell’ONU). Contiene i
principi per il futuro ordine mondiale:
- dal punto di vista politico, il disinteresse dei due paesi a ingrandimenti territoriali e la
restaurazione dei diritti di autogoverno per coloro che ne sono stati privati;
- riguardo l’ambito economico, la libertà d’accesso ai commerci e alle materie prime su basi di
eguaglianza e la rinuncia all’uso della forza nell’ambito di un sistema di sicurezza collettivo;
- la Carta auspica inoltre, a seguito della distruzione finale della tirannia nazista, la nascita di un
mondo sicuro, pacifico, libero dalla paura e dal bisogno.
Le relazioni Usa-Jap intanto sono sempre più in crisi e falliscono i tentativi di porvi rimedio; visioni
inconciliabili, il Giappone vuole via libera in Cina e Indocina.
Il coinvolgimento statunitense negli affari europei è sempre maggiore, fino ad arrivare al momento
che determina l’effettivo ingresso in guerra degli USA: il 7 dicembre 1941 il Giappone attacca la
flotta americana ancorata nelle acque di PEARL HARBOR nell’arcipelago delle Hawaii. L’attacco
non è stato autoprovocato dagli USA, tuttavia le continue tensioni nel Pacifico rendono evidente
che Roosevelt non sia stato completamente colto di sorpresa, pur non potendo prevedere dove e
quando si sarebbe verificata l’aggressione.
La seconda fase della guerra si apre con l’intervento degli Stati Uniti nel conflitto mondiale. Gli
Alleati riescono a costituire una coalizione antinazista abbastanza salda. Grande Alleanza Usa-Gb-
Urss, nonostante animati da principi e obbiettivi divergenti riguardo il futuro nel dopoguerra. tattica
L’alleanza militare è data dal nemico comune, ma restano presenti le profonde differenze
ideologiche e politiche. L’alleanza resterà sempre un’alleanza anormale e ciò peserà sulle vicende
del dopoguerra.
Il giorno dell’attacco a Pearl Harbor (7 dicembre 1941, il giorno dopo Hitler interromperà
l’operazione Barabarossa per le condizioni climatiche impossibili) il ministro degli esteri Gb va da
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Stalin a Mosca e chiacchierano sull’alleanza e su due problemi principali:
1) La Gb deve riconoscere i nuovi confini Urss, anche se conseguiti in seguito al patto Molotov-
Ribbentrop; la Gb dà risposte ambigue e tergiversa cosciente dell’entrata in guerra degli Usa;
2) Stalin vorrebbe l’apertura di un secondo fronte in Francia per diminuire la pressione tedesca sul
fronte orientale, ed anche qui Gb tergiversa.
Anche se nel 1941 Stalin è ancora in una posizione di vantaggio, già pensa al dopoguerra e aveva
obiettivi di lungo periodo come quello di avere una cintura di stati che salvaguardasse l’Urss.
La Gb di Churchill mirava invece a mantenere l’impero.
Gli Usa di Roosevelt avevano un Grand Design: la creazione di un nuovo sistema internazionale
che garantisse stabilità e sicurezza. La guerra era frutto del protezionismo azionato durante la crisi;
era dunque necessario azionare interdipendenze economiche che dissuadessero dal conflitto.
3 soggetti, 3 obiettivi diversi.
Per quanto riguarda i problemi immediati circa l’apertura del secondo fronte, Usa e Gb si
incontrano durante gli incontri della Conferenza di Arcadia tenuta nei mesi a cavallo tra il ’41 e il
‘42. Punto focale degli incontri era il dibattito sulla strategia da adottare a grandi linee nella lotta
contro l'Asse. La conferenza vide il trionfo della linea “Germany first”, ovvero di un maggiore
impegno bellico nei confronti della Germania, proposta dalla Gb.
1° gennaio 1942: Dichiarazione delle Nazioni Unite. Essa viene elaborata durante la Conferenza
di Arcadia, che Roosevelt e Churchill tengono tra dicembre 1941 e gennaio 1942, e si propone
come una sorta di manifesto della lotta contro l’Asse RoBerTo. I due statisti ribadiscono i principi
già espressi nella Carta Atlantica e assumono due impegni precisi:
1. combattere la guerra con tutte le risorse disponibili e cooperare con gli altri firmatari della
dichiarazione senza sottoscrivere paci o armistizi separati (per rassicurare Urss). Tra i 26 firmatari
anche Cina e Unione Sovietica. Per l’URSS, che da sola sta reggendo il peso della guerra,
sottoscrivere tale impegno comune significa avere la promessa di non essere abbandonata dai nuovi
alleati. Tuttavia l’apertura del Secondo Fronte, che avrebbe alleggerito la pressione tedesca sul
fronte orientale, si fa attendere per 2 lunghi anni. Parte della storiografia sostiene che ci sia stata
intenzionalità a ledere Stalin, affinché nazismo e comunismo si distruggessero vicendevolmente:
tuttavia ciò non è dimostrabile, anche perché in questa fase è prematuro parlare di guerra fredda e
poiché l’obbiettivo comune era fermare il nazismo.
2. Conferenza di Theran (28 novembre – 1 dicembre 1943) riunisce Churchill, Roosevelt e Stalin.
Viene assicurato a Stalin l’impegno per aprire il “secondo fronte” entro il 1° maggio 1944, mentre
Stalin promette l’apertura da parte sovietica di un fronte contro il Giappone. Sul piano giuridico-
politico Roosevelt e Stalin non hanno difficoltà ad accordarsi su argomenti quali Pace, Nazioni
Unite e lotta contro il colonialismo; è così aperta la via che condurrà alla messa a punto dello statuto
della nuova organizzazione universale a Dumbarton Oaks (agosto-settembre 1944; si riuniscono i 4
governi poliziotti per delineare i contorni della futura Onu; rimane ancora disaccordo su 2 questioni:
struttura del Consiglio di Sicurezza e la rappresentanza degli Stati federati Urss all’Assemblea
Generale). Ma il tema scottante a Teheran riguarda la necessità per l’Unione Sovietica di
circondarsi di “stati amici” che facciano da cuscinetto: pertanto Stalin, che fonde politica di
espansione e politica di sicurezza, chiede che non sia messa in discussione la posizione che l’URSS
sta acquisendo in Europa dell’est. La questione riguarda in primis la Polonia: USA e GB
acconsentono allo spostamento del confine polacco di 200 km a ovest, sino al fiume Older, a danno
della Germania (viene mantenuto il principio dell’indipendenza ma non quello dell’integrità). Per-
ché gli anglo-americani acconsentono alla richiesta di Stalin? Roosevelt e Churchill sono animati da
interessi diversi, anche se li accomuna un forte senso di colpa per la mancata apertura del “secondo
fronte”. Inoltre, poiché si parla per la prima volta con Stalin di Organizzazioni Unite, bisogna
considerare il coinvolgimento sovietico nella creazione di stati poliziotto; infine non si ha ancora
ben chiaro cosa Stalin intenda per “stati amici” (futuri “stati satellite”); ciò diverrà più chiaro in
occasione del mancato intervento sovietico all’insurrezione di Varsavia nell’agosto 1944: l’Armata
Rossa si ferma a poca distanza dalla città, mentre i tedeschi sterminano la resistenza polacca e
distruggono il ghetto. Così, quando i sovietici entrano a Varsavia, il vuoto di potere è totale, e dopo
essersi resi responsabili della fucilazione di alcune migliaia di esponenti dell’èlite militare polacca,
riconoscono come governo provvisorio il Comitato di Lublino che, formato da esponenti del Partito
comunista polacco, prende il posto del governo legittimo in esilio. Insomma Stalin in Polonia aveva
tenuto fuori gli alleati, applicando il precedente italiano. L’altra grande questione riguarda la
Germania: essa avrebbe dovuto essere posta sotto l’influenza della Gran Bretagna e dell’Unione
Sovietica, poiché le truppe americane si sarebbero ritirate; il problema centrale rimane se il
territorio tedesco debba restare sotto una sola autorità politica o se prevederne la divisione; si
affaccia il concetto di “zone”. Appare chiaro come sia a Teheran che compare il concetto di sfere
d’influenza e non a Yalta come da immaginario comune. Roosevelt delinea il progetto dei 4
poliziotti: Usa, Urss, Gb, Cina potenze che avrebbero dovuto collaborare nel 2° dopoguerra come
garanti dell’ordine internazionale e della pace. Sono i primi passi verso l’Onu. Roosevelt aveva in
mente un’organizzazione che funzionasse grazie ad un accordo tra grandi potenze prime inter pares.
Vennero affrontate anche le questioni Vietnam e Indocina e quella degli stretti (Stalin voleva
sbocco in Turchia).
1944 -> rapida avanzata degli alleati, armata rossa da est e Usa da ovest. Riconoscimento reciproco
Urss e Regno del sud (Italia nel biennio ’43-’45). Stalin era ancora intenzionato a partecipare alla
situazione italiana non gli bastava di aver ottenuto un insulso comitato consultivo. Negoziato con
Badoglio, concessione a Togliatti di tornare in patria. Irrita gli Usa perché Urss cerca di ritagliarsi
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spazi dove non ha diritto. Churchill in un incontro con Stalin propone le percentuali da spartirsi per
i vari Paesi (Romania 90-10, Bulgaria 75-25, Ungheria 50-50, Grecia 10-90), Churchill voleva
trasmettere comprensione all’Urss e tenersi la Grecia.
Nel 1944 ci furono le conferenze di Bretton Woods (interdipendenze economiche; obbligo per ogni
paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso
rispetto al dollaro, che veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi
oscillazioni delle altre valute; la seconda, il compito di equilibrare gli squilibri causati dai
pagamenti internazionali. Il piano istituì sia il FMI che la Banca mondiale) e Dumbarton Oaks.
3. Conferenza di Yalta (1 – 11 febbraio 1945, Crimea, vicino a Urss): la sconfitta della Germania è
alle porte; il senso di colpa che aveva in parte animato gli anglo-americani durante gli accordi di
Teheran è svanito. Roosevelt ha capito le intenzioni di Stalin riguardo gli “stati amici”, tuttavia
permane la necessità di tenere vicina l’Unione Sovietica affinché combatta ancora contro il
Giappone ed entri nell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Yalta è un momento importante ma non
dominante rispetto ad un processo iniziato parecchio tempo prima, in cui la conferenza rappresenta,
a dispetto del deteriorarsi del clima diplomatico, una pausa di moderazione. I temi affrontati sono:
1. accordi sulla Germania: non si parla di smembramento ma di creazione di 4 zone di occupazione
(sovietica + francese all’interno delle zone americana e britannica);
2. sul piano economico non è intenzione né di Roosevelt né di Churchill annientare la Germania con
le riparazioni, ma Stalin è categorico: avendo subito i danni maggiori, esige almeno la metà delle
riparazioni (10 milioni $); Roosevelt non si mostra ostile all’idea, ma le decisioni a riguardo si
rimandano a Potsdam;
3. accordi sui paesi liberati: viene firmata la Dichiarazione sull’Europa liberata, documento in base
al quale i tre grandi si impegnano affinché in ogni stato sia possibile la creazione di “istituzioni
democratiche, scelte autonomamente”, cioè mediante la formazione di governi frutto di “libere
elezioni, governi rappresentativi della volontà della popolazione”;
4. accordi sulla Polonia: resta poco da deliberare dal punto di vista territoriale, dopo i fatti di
Varsavia. Resta il problema politico, dopo il colpo di mano sovietico di porre al potere il
Comitato
di Lubino: viene stabilito che dopo la fine della guerra si costituisca un governo provvisorio di
unità nazionale, integrato con elementi del governo in esilio, col compito di tenere elezioni libere.
Dichiarazione dell’Europa liberata. Riguarda gli accordi sull’Organizzazione delle Nazioni Unite: il
1° tema riguarda il numero di rappresentanti che l’URSS avrebbe avuto nell’Assemblea generale
dell’ONU; partecipano come stati fondatori Bielorussia e Ucraina, a seguito della richiesta sovietica
di ammettere nell’organizzazione tutte le repubbliche dell’URSS singolarmente (richiesta priva di
fondamento giuridico, visto che nessuna delle repubbliche sovietiche ha una personalità
internazionale giuridicamente riconosciuta). Il 2° tema riguarda il Consiglio di sicurezza, l’organo
esecutivo dell’ONU: per evitare che esso assuma deliberazioni operative contrarie a una delle 5
potenze previste come membri permanenti (USA, GB, Francia, Cina, URSS; poliziotti del mondo),
si decide che nessuna delle votazioni del Consiglio sarà valida se avrà il voto contrario di almeno
uno di tali membri = diritto di veto (è l’URSS a proporlo, poiché sa di essere in minoranza dopo il
rifiuto di far entrare nell’ONU tutte le repubbliche sovietiche). L’ultimo tema relativo allo statuto
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dell’ONU riguarda la questione coloniale: i paesi non ancora divenuti indipendenti saranno
sottoposti ad Amministrazione fiduciaria (Trusteeship) sotto tutela delle Nazioni Unite. Per
Roosevelt il varo dell’ONU è il risultato più importante dei lavori di Yalta: “La conferenza di
Crimea è stata un momento di svolta nella storia del mondo…Essa dovrebbe segnare la fine del
sistema delle iniziative unilaterali, delle alleanze esclusive, delle sfere di influenza, della balance of
power, e di tutti gli altri espedienti che per secoli sono stati provati e hanno sempre fallito”.
Stalin conferma il suo impegno di entrare in guerra contro il Giappone e avanza le sue richieste
come contropartita per l’intervento sovietico: territori giapponesi nonché la creazione di una
compagnia sino-sovietica per il controllo della ferrovia mancese.
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sui problemi interni); cambiano gli interlocutori, perciò tendono ad affiorare con facilità
recriminazioni e reciproci sospetti. Gli argomenti di discussione a Potsdam:
Polonia: il confine con la Germania viene stabilito lungo la linea Oder-Neisse;
Germania: viene confermata la divisione in quattro zone, ma si stabilisce che una commissione
alleata di controllo coordini e amministri il paese come un’unica entità economica; anche Berlino,
nel cuore della zona sovietica, viene divisa in quattro zone di occupazione. Quanto alle riparazioni,
Truman è assai meno morbido di Roosevelt: esse devono essere pagate in termini di risorse e
relativamente a quanto sia possibile; ma poichè la zona sovietica è la meno industrializzata, si
prevede che i sovietici possano ricevere sino al 15% degli impianti in eccesso esistenti nelle altre
zone. Quanto all’amministrazione economica unitaria, essa si rivela ben presto impossibile, vista
l’enorme diversità tra il sistema economico sovietico e quello americano. La disparità di ripresa tra
la Germania occidentale e quella orientale viene presto a galla, dunque perché l’Unione Sovietica
insiste nel portare avanti tale politica? Perché necessita veramente delle riparazioni ai fini della
propria ripresa. L’URSS aveva infatti già accennato a chiedere prestiti agli USA sin dal 1942, ma
l’idea viene ripresa in varie occasioni, fino a che, poco prima della conferenza di Yalta, Molotov
illustra all’ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca Harriman la precisa proposta sovietica: un
prestito di 6 miliardi di dollari. All’interno dell’amministrazione americana il segretario del tesoro
Morgenthau è favorevole ad un prestito di 10 miliardi (non a caso pari alla domanda di riparazioni
tedesche formulata da Stalin a Yalta), ma è lo stesso Harriman, dopo la morte di Roosevelt e in
considerazione del comportamento sovietico in Polonia a irrigidirsi e a far valere la necessità che il
prestito sia accompagnato da precisi accordi politici internazionali: il rispetto delle condizioni di
Yalta. Il commento di Stalin è uno solo: gli USA utilizzano il loro potere economico per fare ricatti
sul piano politico: i sovietici scelgono perciò di provvedere da soli alla ricostruzione e diventano
sempre più ostili a ogni ipotesi americana di collaborazione; Stalin darà il via a piani economici
quinquennali e affermerà che l’Urss non ha bisogno dell’aiuto degli Usa. Queste dichiarazioni sono
interpretate come dichiarazione di guerra fredda.
Giappone: la svolta si ha dopo il successo, del primo esperimento di un ordigno nucleare bellico; il
26 luglio 1945 a Potsdam i governi degli USA, della GB e della Cina inviano un pesante ultimatum
a Tokyo, nel quale fanno allusione ai rischi impliciti nella prosecuzione delle ostilità, senza però
rendere esplicita la minaccia atomica. Stalin non firma l’ultimatum non perché c’è l’intenzione
degli anglo-americani di escludere i sovietici, ma perché l’URSS non si trova in stato di guerra
contro il Giappone: l’atomica non è lanciata in funzione antisovietica, ma per chiudere rapidamente
la questione giapponese. Il Giappone rifiuta la resa (no garanzie su prosecuzione impero): il 6
agosto il primo ordigno nucleare viene sganciato su Hiroshima; l’8 agosto l’URSS dichiara guerra
al Giappone; il 9 agosto una nuova bomba viene sganciata su Nagasaki; il 2 settembre, viene
firmato l’armistizio. Il 12 settembre cessano le ostilità in Corea ed il paese viene diviso in due zone
d’occupazione: quella sovietica a nord del 38° parallelo e quella americana a sud dello stesso.
La vittoria americana sul Giappone influisce sulla posizione sovietica per vari motivi. Stalin non
viene privato di ciò che gli è stato promesso a Yalta, ma l’importanza del successo americano sta
nel fatto che gli USA mostrano di poter dominare non solo l’Atlantico e l’Europa, ma anche il
Pacifico e l’Asia.
Alla fine della guerra gli Stati Uniti sono una potenza mondiale, poiché hanno già proiettato la loro
potenza su tutto il globo e in tutti i campi; l’Unione Sovietica è una potenza dalle enormi
dimensioni geografiche e dalle immense riserve di materie prime ma con gravi problemi di
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ricostruzione materiale e di definizione degli obbiettivi globali. Mentre l’egemonia statunitense e
l’occupazione militare dei paesi ex nemici avviene senza che le popolazioni interessate avvertano
odio per gli oppressori, l’egemonia sovietica viene esercitata in modo oppressivo. Tuttavia dagli
archivi sovietici emerge che non ci sia mai stato un progetto per assicurare a Mosca il controllo
totale degli stati dell’Europa dell’est, ma sembra che la satellizzazione sia stata il risultato delle
particolari circostanze di ogni paese e della volontà del dittatore di garantire in tutti i modi la
sicurezza e la potenza dell’Unione Sovietica. Tuttavia sembra che Stalin prema per ottenere un
dominio incontrastato soprattutto nei tre paesi collocati nella regione strategicamente vitale al di là
delle frontiere occidentali della Russia:
Polonia: viene davvero costituito un governo di coalizione secondo le intese di Yalta, ma le elezioni
del gennaio 1947 vengono alterate in modo tale da assegnare al “blocco democratico”, i comunisti,
il 90% dei voti; ormai è un regime a partito unico;
Romania: dopo lo scioglimento di tutti i partiti tranne il Partito socialdemocratico che si fonde con
il Partito comunista, e dopo l’abdicazione e l’esilio di re Michele, nel 1948-49 la Romania è uno
stato satellite a tutti gli effetti, guidato da Groza.
Bulgaria: quando l’Armata rossa abbandona il paese alla fine del ’47, si lascia alle spalle un regime
a partito unico guidato dal militante comunista Dimitrov.
Sugli altri paesi dell’Europa orientale Stalin sembra, almeno inizialmente, non intenzionato a
rafforzare eccessivamente la morsa comunista:
Ungheria: alle libere elezioni nazionali del 1945 vince il Partito dei piccoli proprietari, il cui leader
Nagy diventa Primo ministro a capo di una coalizione di governo in cui i comunisti occupano ruoli
subalterni. Tuttavia alla metà del 1946 le tensioni politiche tra Washington e Mosca sono cresciute a
tal punto che il Cremino ritiene necessaria la permanenza di un governo amico a Budapest: nel
maggio 1947 Nagy è costretto a dimettersi e nel maggio 1948 un’elezione truccata assicura la
vittoria schiacciante del Fronte di Indipendenza Nazionale controllato dai comunisti.
Cecoslovacchia: il Presidente Benes, rientrato dall’esilio londinese nella primavera del 1945,
mantiene relazioni cordiali con l’Unione Sovietica, volendo fare del proprio paese un ponte tra est e
ovest. Nel dicembre 1945 tutte le forze armate sovietiche abbandonano il paese, lasciandosi dietro
un governo di coalizione che opera secondo procedure indiscutibilmente democratiche.
Jugoslavia: il leader della resistenza jugoslava Tito, alla fine della guerra nuovo “padrone” di
Belgrado, gode di uno status singolare tra i governanti comunisti dell’Europa dell’est per due
motivi: in primo luogo ha colmato il vuoto politico lasciato dai tedeschi senza un’assistenza
decisiva da parte dell’Unione Sovietica; in secondo luogo nutre ambizioni regionali radicate nella
realpolitik più che nella classica ortodossia comunista; progetta un’ampia federazione che riunisca
l’intera penisola balcanica sotto l’egemonia jugoslava, includendo Albania, Bulgaria e la provincia
settentrionale della Grecia. Inizialmente Stalin chiude un occhio di fronte al tentativo di Tito di
perseguire una politica estera indipendente e aggressiva, ma durante l’inverno 1947-48 denuncia la
proposta di un trattato bilaterale di amicizia tra Jugoslavia e Bulgaria e critica l’appoggio jugoslavo
alla rivolta comunista greca; finchè nel giugno 1948 a Bucarest, durante un incontro del
Cominform, i delegati denunciano la Jugoslavia per aver sfidato Mosca e la espellono.
Probabilmente la conseguenza più significativa dell’uscita di Tito dalla sfera sovietica è l’aumento
dell’ansia ossessiva di Stalin riguardo alle possibili opposizioni alla sua autorità all’interno del suo
stesso blocco.
Quella che per Stalin è una prudente strategia per costruire una barriera difensiva, nel tentativo di
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proteggere le vulnerabili frontiere occidentali della Russia attraverso un “cordone sanitario” di
servili stati cuscinetto, comincia ad essere interpretata dall’amministrazione Truman come il primo
passo di una campagna russa per acquisire il controllo dell’intero continente europeo. In questo
clima di profonda diffidenza reciproca, ritorna a galla la questione tedesca: sulla base
dell’impossibilità di esercitare un’amministrazione unitaria della Germania, nel febbraio 1946 il
segretario di stato americano Byrnes fa circolare l’idea di un patto venticinquennale di garanzia
contro la rinascita del militarismo tedesco. A seguito del rifiuto di Molotov, il progetto non va in
porto, tuttavia esso rappresenta un importante capovolgimento di prospettiva americana, perché
avrebbe significato la presenza di forze militari sul territorio (mentre l’ipotesi iniziale prevedeva il
rapido ritiro di tutte le forze statunitensi dal continente europeo). A ciò segue una dichiarazione di
Stalin il 9 febbraio 1946 in occasione del discorso elettorale: egli annuncia minacciosamente che il
mondo è ormai diviso in due schieramenti ostili, comunista e capitalista, destinati a scontrarsi. Una
settimana dopo l’URSS sembra confermare la svolta aggressiva della politica estera sovietica,
poiché rifiuta di entrare a far parte del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale,
istituite nell’estate 1944 alla Conferenza di Bretton Woods. Negli Stati Uniti la percezione negativa
dei messaggi provocatori provenienti da Mosca sfocia nel Telegram Kennan: Kennan, diplomatico
che ha passato gran parte della sua carriera all’ambasciata statunitense a Mosca, il 22 febbraio 1946
invia ai suoi superiori a Washington un telegramma, proponendosi di spiegare le origini del
crescente atteggiamento bellicoso dell’Unione Sovietica nei confronti dell’Occidente; i tradizionali
nemici della Russia, Germania e Giappone, sono stati sconfitti, perciò Gran Bretagna e Stati Uniti
devono ora essere trasformati da alleati di guerra in pericolosi nemici, al fine di giustificare la
repressione interna del regime. Il telegramma ha un effetto scioccante sull’amministrazione
Truman, ed implica la necessità di una radicale riconsiderazione della politica statunitense nei
confronti dell’Unione Sovietica. Dopo la sua sconfitta elettorale alla fine della guerra Churchill,
sentendo la necessità di una collaborazione anglo-americana in chiave antisovietica, il 5 marzo 1946
pronuncia un famoso discorso: “Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro
è scesa sul continente.”
Kennan annuncia che è necessaria una politica di contenimento e paragona l’Urss a un virus.
La svolta americana riguardo la questione tedesca si ha il 6 settembre 1946 con la Dichiarazione di
Stoccarda: Byrnes rende manifesto il nuovo impegno statunitense nei confronti della Germania,
riguardo la quale non può esserci una soluzione unitaria; l’esercito americano sarebbe rimasto sul
territorio tedesco per tutto il tempo in cui sarebbe rimasta l’Armata rossa, rigiutando del tutto l’idea
di un rapido ritiro. I russi interpretano il gesto come intenzione Usa di conquistare il mondo.
Nel frattempo, dopo l’estate 1946, Gb entra nella sua più profonda fase di crisi, ulteriormente
aggravata dall’inverno più freddo nella storia del paese. Il Foreign Office britannico rende nota la
decisione di sospendere la convertibilità della sterlina, introdotta solo pochi mesi prima, e non solo
di tagliare tutti gli aiuti finanziari, ma anche di ritirare tutte le truppe britanniche da Turchia e
Grecia:
in Turchia Stalin preme per il controllo congiunto turco-sovietico degli Stretti, vitali per la sicurezza
sovietica e per avere uno sbocco sul Mar Nero. Il declino dell’influenza britannica in Turchia lascia
spazio all’intervento di Washington, che interpreta la pressione sovietica come volontà di ottenere
libero accesso al Mediterraneo: perciò Truman invia la portaerei più potente della flotta statunitense
e rinforza la presenza navale nell’area. Ciò incoraggia il governo turco a resistere, nella
determinazione a mantenere il controllo esclusivo degli Stretti;
33
in Grecia regna una situazione politica caotica: dopo il ritiro tedesco e l’arrivo delle truppe
britanniche nell’ottobre 1944, appena risulta evidente che le autorità britanniche stanno per riportare
al potere ad Atene il governo monarchico in esilio, l’Esercito comunista greco di liberazione
popolare (ELAS) ed il Fronte di liberazione nazionale (EAM) organizzano un’insurrezione. Stalin,
nel rispetto della considerazione della Grecia come zona di interesse britannico, ignora le richieste
d’aiuto dei comunisti greci. Nel febbraio 1945 c’è un cessate il fuoco e nel marzo 1946 il Partito
popolare monarchico assume il potere, assicurando un orientamento di governo conservatore e
filobritannico. Ma le forze comuniste riprendono le armi, e nella primavera 1946 iniziano a ricevere
aiuti da Jugoslavia, Bulgaria e Albania. Gli USA vedono la rivolta greca come un altro esempio
dell’ingerenza sovietica, ma in realtà Stalin non aiuta direttamente i ribelli greci sia perché diffida
delle rivoluzioni comuniste che non è in grado di controllare direttamente (caso simile è quello
cinese), sia perché comprende che USA e GB non avrebbero permesso la creazione di un regime
nemico in un paese così strategico.
Il 12 marzo 1947 Truman tiene uno storico discorso, formulando la Dottrina Truman: impegno
incondizionato di assistenza statunitense ai paesi che in ogni angolo del mondo siano minacciati sia
da un’aggressione esterna da parte dell’Unione Sovietica sia da una rivolta comunista interna
sostenuta da Mosca.
Il 1948
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Italia: gli Stati Uniti nutrono molte preoccupazioni poiché il Partito comunista italiano è molto
forte, ma nel maggio del 1947 la Democrazia Cristiana lo estromette dalla coalizione di governo,
nella previsione di ottenere più probabilmente l’assistenza economica statunitense. Le elezioni
italiane del ’48 non vedono il coinvolgimento diretto di USA e URSS, infatti le armi inviate dai
sovietici al PCI sono state in gran parte confiscate, mentre la proposta americana di fornitura di
armamenti al governo viene rifiutata da De Gasperi (perché non abbia effetti controproducenti sulle
elezioni ma anche perché l’Italia è in grado di cavarsela da sola). Se da una parte l’Unione Sovietica
annuncia di essere favorevole al ritorno delle colonie in Italia, dall’altra gli Stati Uniti rispondono di
essere favorevoli al ritorno di Trieste all’Italia. Il 18 aprile 1948 si afferma nettamente la DC di De
Gasperi con il 48% dei consensi, senza però determinare la totale esclusione del PCI.
Germania: le tre potenze occidentali procedono sulla via dell’unificazione economica e monetaria,
istituendo il 1° marzo 1948 una Banca Centrale che emetta un’unica valuta tedesca da utilizzare
nelle tre zone ovest. Il 18 giugno 1948 introducono nelle loro zone unificate una nuova moneta, il
marco tedesco, nel tentativo di combattere l’iperinflazione e il mercato nero. Il 25 giugno per tutta
risposta l’Unione Sovietica procede con l’istituzione di un proprio marco all’interno della zona est.
L’estate del 1948 segna l’interruzione totale della cooperazione inter-alleata nell’occupazione della
Germania. La zona occidentale comprende il 75% della popolazione e le zone industriali più
produttive (Ruhr, Renania e Westfalia) e tutto ciò genera notevole preoccupazione a Mosca sia
perché essa esercita una forte attrattiva sui cittadini tedeschi della zona sovietica, sia perché
potrebbe diventare un baluardo delle potenze capitaliste pericolosamente vicino all’impero
sovietico. Così, nell’estremo tentativo di ostacolare gli alleati occidentali, Stalin si serve della
questione monetaria per far scattare la scintilla: la questione riguarda quale moneta debba circolare
a Berlino, situata nella zona sovietica. Le potenze occidentali si accordano per permettere al marco
della zona sovietica di circolare in tutta la città, a patto che la moneta sia stampata sotto la
supervisione di tutte le quattro potenze, per evitare che i russi inondino la città con una moneta che
rischia di perdere in breve tempo il suo valore. I sovietici sono però irremovibili e iniziano a
distribuire unilateralmente il loro marco in tutta la città. Gli alleati occidentali quindi reagiscono
introducendo nei loro settori il marco tedesco, destinato a distruggere la debole moneta sovietica. La
contromossa delle autorità della zona sovietica non si fa attendere e si attua il 24 giugno con
l’interruzione di ogni collegamento stradale e ferroviario tra la zona occidentale e Berlino: col
Blocco di Berlino l’Urss annuncia che il governo delle 4 potenze nella città è giunto al termine.
Washington e Londra improvvisano un ponte aereo che assicuri il rifornimento di cibo, carburante e
medicine: dopo una diminuzione della visibilità nel dicembre 1948 a causa della nebbia, i
rifornimenti aerei riprendono, arrivando addirittura ad un atterraggio ogni 3 minuti. Truman non
sospende mai il ponte perché sa che Stalin non avrebbe rischiato una guerra abbattendo un aereo
statunitense o britannico, dato che gli USA godono del monopolio delle armi nucleari e possiedono
una flotta di bombardieri capace di trasportarle sopra bersagli sovietici. Il 11 maggio 1949 Stalin
interrompe il blocco e questo è per gli USA un enorme successo, soprattutto propagandistico.
Alla fine della crisi di Berlino:
l’8 maggio ’49 nasce la Repubblica Federale Tedesca (RFT) comunemente chiamata Germania
Ovest. La capitale è Bonn;
il 7 ottobre ’49 nasce la Repubblica Democratica Tedesca (RDT) comunemente chiamata
Germania Est. La capitale è il sobborgo berlinese di Pankow.
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Altre 3 grandi questioni riguardano l’anno 1949:
1. la firma del Patto Nordatlantico
2. la nascita della Repubblica Popolare Cinese
3. la nascita del bipolarismo atomico
Patto Nordatlantico
Lo statista più preoccupato della vulnerabilità dell’Europa occidentale rispetto alla minaccia tedesca
è quello il cui paese ha meno da temere. Il Ministro degli Esteri Bevin Gb abbandona il tradizionale
atteggiamento britannico di distacco rispetto alle questioni riguardanti il continente europeo e
conclude con la Francia, nel marzo 1947, il Trattato di Dunkerque, un patto di mutua difesa che
obbliga ciascun Paese a difendere l’altro da un’aggressione. Tuttavia, poiché il patto coinvolge solo
due paesi ed è diretto contro l’ormai improbabile minaccia di un’organizzazione tedesca, Bevin si
adopera per trasformare il concetto bilaterale di mutua difesa in un sistema di sicurezza
multilaterale diretto contro la minaccia sovietica. Ottenuta la risposta favorevole da Washington,
Bevin persuade i 3 paesi che da poco hanno formato l’unione doganale del BeNeLux (Belgio,
Olanda e Lussemburgo) ad iniziare le discussioni con le potenze del Trattato di Dunkerque: il 17
marzo 1948 i 5 paesi firmano il Trattato di Bruxelles, che li impegna a respingere un attacco armato
in Europa contro uno qualsiasi di loro. È ovvio che da soli questi paesi non sarebbero mai stati in
grado di difendersi dall’Unione Sovietica, così subito dopo il Trattato di Bruxelles, la Gb inizia una
serie di negoziati segreti (Pentagon Talks) con USA e Canada. Truman deve però affrontare
un’ostile maggioranza repubblicana al Senato, tradizionalmente opposta al coinvolgimento
statunitense negli affari europei in tempo di pace, ma un numero crescente di repubblicani inizia a
ripudiare l’isolazionismo del partito: tra questi il Senatore Vanderberg, Presidente della
Commissione affari esteri. Egli, in collaborazione con il sottosegretario di Stato Lovett, elabora la
cosiddetta Risoluzione Vanderberg, che viene approvata dal Senato l’11 giugno 1948: essa
autorizza gli USA a partecipare a sistemi di sicurezza regionali in ogni parte del mondo in modo da
eludere il veto sovietico in sede di Consiglio di Sicurezza ONU; essa inoltre chiarisce la
compatibilità della partecipazione statunitense a un sistema di mutua difesa a protezione di una
particolare area geografica con il principio di sicurezza collettiva espresso nella Carta delle Nazioni;
l’art.51 della Carta ONU autorizza gli stati membri a partecipare ad accordi di difesa regionali
esterni all’organizzazione mondiale (con questa scappatoia gli USA avevano già aderito agli accordi
per la sicurezza globale all’interno del Trattato di Rio del 1947). La risoluzione è in netta
contraddizione con la tradizione statunitense di non aderire ad alleanze difensive in tempo di pace:
questa inversione di tendenza è provocata dal deteriorarsi dei rapporti con i sovietici e soprattutto
dall’episodio shoccante della presa del potere da parte dei comunisti in Cecoslovacchia. Forte della
risoluzione Vanderberg, Lovett inizia il 5 luglio 1948 una serie di discussioni (exploratory talks on
security) con le 5 potenze del Trattato di Bruxelles ed il Canada, che alla fine dell’anno si allargano
anche a Italia, Norvegia, Danimarca, Islanda e Portogallo.
Il 4 aprile 1949 questi 12 paesi firmano a Washington il Patto Atlantico del Nord, cioè un patto di
difesa regionale i cui firmatari si impegnano a fornirsi assistenza reciproca in caso di aggressione
militare, sotto la sorveglianza di un’entità che prende il nome di North Atlantic Treaty Organization
37
(NATO). Il Portogallo viene coinvolto nel Patto Atlantico soprattutto a causa dell’importanza
strategica delle Azzorre, oltre che per il fatto che durante la guerra era neutrale ma filostatunitense;
al contrario la Spagna viene esclusa per via della sua vicinanza all’Asse durante il conflitto
mondiale. L’Italia non è interessata al Patto di Bruxelles sia perché durante la sua firma si stanno
svolgendo le elezioni italiane, sia perché il popolo non vuole più saperne di guerra, ed un alleanza
del genere sa proprio di guerra. Una volta vinte le elezioni, de Gasperi accetta di entrare nel Patto
Atlantico, perché informato dai suoi ambasciatori in USA dell’importanza a livello diplomatico-
politico di tale adesione. Tuttavia l’ingresso dell’Italia crea perplessità all’estero, sia per la sua
inaffidabilità, sia per il no a Bruxelles. A questo punto è la Francia a premere affinché sia accettata
l’adesione italiana, per due motivi: 1. senza l’Italia il patto avrebbe coinvolto solo i paesi del nord,
mentre inserirla significa per i francesi assumere la posizione geografica centrale del trattato ed
estendere l’alleanza al Mediterraneo (interessi soprattutto riguardanti l’Algeria); 2. senza l’Italia la
maggioranza dei firmatari sarebbero stati paesi protestanti e per la Francia cattolica sarebbe stato
difficile accettarlo.
Il Patto Atlantico contiene numerose scappatoie: l’articolo 5 obbliga ciascun firmatario a
intraprendere solo le azioni che giudicherà necessarie in risposta a un attacco armato nei confronti
di un alleato (potrà decidere per l’uso della forza sia per il non intervento); l’articolo 11 stabilisce
che le clausole del trattato devono essere rispettate in conformità con le norme costituzionali di
ciascun firmatario; nel caso degli Stati Uniti ciò significa che ogni utilizzo della forza militare
nell’ambito del trattato deve essere approvato dal Congresso = il Patto atlantico non prevede alcuna
clausola di automaticità.
Entrando a far parte della NATO, l’amministrazione Truman inverte due credenze della politica
estera francese:
- la convinzione che gli USA non abbiano alcun vantaggio a intervenire nelle controversie europee
a
meno che i loro interessi vitali non siano direttamente minacciati;
- il principio del panamericanismo, che vede l’Europa come una civiltà estranea ed una potenziale
minaccia.
Gli USA ora accettano ed implementano il costituirsi di una comunità atlantica che soppianti la
concezione tradizionale dell’Oceano Atlantico come grande fossato a difesa del nuovo mondo dalle
devastanti guerre e dalle dannose ideologie del vecchio: nasce un blocco difensivo, che, allargato,
sopravvive tutt’oggi grazie ad un allargamento dei suoi obbiettivi: la guerra in Kosovo scoppiata nel
1999, durante la quale la NATO interviene anche se il paese colpito non è suo membro, mette in
luce la necessità di un nuovo concetto strategico.
I due eventi shock per gli USA sono la perdita della Cina e del monopolio atomico.
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aria e di mare; lo sviluppo delle industrie di difesa per la produzione di armi. Per finanziare un
programma di riarmo così massiccio, l’NSC-68 prevede un aumento del 300% negli stanziamenti
per la difesa (dai 13 ai 50 miliardi di $ l’anno). Si apre un forte dibattito all’interno
dell’amministrazione Truman: il Segretario di Stato Acheson diviene il più strenuo sostenitore della
nuova linea dura, mentre i due maggiori esperti d’affari sovietici in seno al Dipartimento di Stato,
Kennan e Bohlen, osteggiano con forza il progetto in quanto riflette una grossolana esagerazione
delle ambizioni geopolitiche di Mosca. Truman è molto restio a rivolgersi al Congresso ed esita a
pronunciare un appello pubblico ai cittadini per affermare il bisogno di sostenere i duri sacrifici
economici necessari ad una tale politica di riarmo.
Ma l’occasione per avanzare la richiesta di riarmo arriva con la Guerra di Corea, che rappresenta
la concretizzazione della minaccia descritta dall’NSC-68: il 25 giugno 1950 lo Stato comunista
della Corea del Nord invade la Corea del Sud. I motivi di questa invasione sono da ricercare nei
precedenti 5 anni. Nel 1945, sconfitti i giapponesi, USA e URSS dividono al 38° parallelo la Corea
in due zone provvisorie di occupazione. Fallisce il progetto delle Nazioni Unite di tenere elezioni
per creare un unico governo per tutta la penisola: nell’agosto 1946 nasce in Corea del Sud, a seguito
di regolari elezioni, la Repubblica di Corea guidata da Rhee, nazionalista e filo-statunitense che
riscuote forti consensi per non essersi mai macchiato di collaborazione coi giapponesi. Un mese
dopo,nel settembre 1946, in Corea del Nord prende forma la Repubblica Popolare di Corea
governata da Kim Il Sung, uomo fidato del Cremlino. Molto importante per capire la guerra sono
due fattori: 1. i confini sono stati tracciati arbitrariamente; 2. entrambi i governi condividono
l’obbiettivo di unificazione del paese.
Ma cosa convince Kim Il Sung nel giugno ’50 ad invadere la Corea del Sud?
L’esercito popolare nord-coreano gode di un vantaggio decisivo: 135.000 soldati, carri armati
sovietici e artiglieria pesante; al contrario dell’esercito sud-coreano che è la metà per dimensioni e
possiede soltanto armi leggere (Truman aveva infatti negato a Rhee le armi offensive per paura che
siano usate per invadere il nord).
Kim Il Sung crede di aver scongiurato la possibilità di un contrattacco statunitense, visto che
Acheson ha dichiarato che la penisola coreana si trova al di fuori del “perimetro di difesa militare”
statunitense in Asia. Sia Mao che Stalin, pur conoscendo le intenzioni di Kim Il Sung, non si
impegnano ad aiutarlo: Stalin si limita ad acconsentire ad un’azione che è per Sung di facile
successo, mentre Mao consente il rimpatrio dei soldati coreani stanziati in Manciuria. Credere che
la Corea non sia una zona di interesse per gli USA si rivela un grave errore: gli Stati Uniti hanno già
perso la Cina, perciò è impensabile non intervenire in Corea, se si vuole evitare l’effetto domino
dell’espansione sovietica. La guerra di Corea diventa un’operazione di polizia internazionale
autorizzata dalle Nazioni Unite: infatti la Corea del Sud, in cui si sono svolte regolari elezioni, si
rivolge all’ONU come paese aggredito. Truman convoca una sessione di emergenza del Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite: grazie all’assenza del voto dei sovietici, che protestano per il
seggio assegnato alla Cina di Chiang Kai Shek e l’esclusione della Cina comunista di Mao, gli USA
ottengono dall’ONU l’approvazione dell’intervento militare. Truman invece di recarsi al Congresso
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con una dichiarazione di guerra, aggira questo passaggio definendo l’operazione coreana come
“un’azione di polizia”, ciò creerà un precedente per i successivi interventi militari statunitensi.
Tra settembre e ottobre le truppe ONU guidate dal generale Mac Arthur scatenano un’efficace
controffensiva. Sorge il problema dei “limiti della guerra”: il generale vuole oltrepassare il 38°
parallelo, ma ciò significherebbe andare oltre l’autorizzazione ONU: Washington autorizza
segretamente di proseguire la guerra in Corea del Nord. Stalin si rende conto del suo errore, così fa
rientrare il delegato sovietico al fine di bloccare qualsiasi risoluzione che minacci l’alleato nord-
coreano. In ottobre Truman persuade il governo britannico a presentare la risoluzione “Unitine for
peace”, che viene presentata all’Assemblea Generale, non soggetta alle regole dell’unanimità
(questo stratagemma permette l’approvazione della risoluzione poiché gli USA godono di una
solida maggioranza di voti, ma in futuro si rivolterà loro contro, quando verrà invocato da altri
paesi). I successi delle truppe ONU spingono Mao ad intervenire inviando, in novembre,
“volontari” cinesi (intervenire con l’esercito avrebbe significato dichiarare guerra all’ONU), mentre
Stalin evita il coinvolgimento diretto, inviando aerei sovietici camuffati con insegne nord-coreane.
Spiazzato dalla controffensiva, Mac Arthur chiede di portare la guerra sul territorio cinese,
proponendo il lancio della bomba atomica su Pechino (sottovalutando portata e conseguenze di
un’escalation nucleare), il blocco navale e l’apertura di un fronte guidato da Chiang Kai Shek.
Quando il generale, senza aver minimamente sottoposto la questione a Truman, mette Pechino di
fronte ad un ultimatum, Truman lo allontana proponendo l’apertura dei negoziati per l’armistizio. Il
26 luglio 1953 viene firmato l’armistizio, che ripristina la situazione precedente delle due coree
divise dal 38° parallelo. Ciò che è iniziato come una rivalità regionale di scarsa importanza, termina
con l’estensione della Guerra Fredda all’intera area dell’Asia orientale e del Pacifico occidentale.
Lo scoppio della guerra di Corea incoraggia Acheson ad agire in Germania: dopo l’approvazione
del riarmo della Germania occidentale nell’aprile 1950, all’incontro del Consiglio atlantico di
settembre egli propone formalmente di incorporare 10 divisioni tedesche alla NATO per rafforzare
le difese dell’alleanza. Parigi non vuole nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di un riarmo
tedesco, ma si rende conto che Washington non è disposta ad accettare un rifiuto. Così il 24 ottobre
1950 il Primo ministro francese Pleven propone un coraggioso progetto: il Piano Pleven prevede la
creazione di una forza militare tutta europea nella quale i contingenti nazionali dei paesi membri
siano integrati al più basso livello possibile; alla Germania ovest non è consentito avere un proprio
esercito nazionale, ma essa può fornire unità militari a tale forza multinazionale. Questo piano ha lo
scopo di mediare tra Usa e Fra. Permetterebbe di rinforzare la difesa europea con soldati tedeschi
(richiesta degli Usa) senza creare un esercito tedesco indipendente (richiesta della Fra), di integrare
unità tedesche in un esercito sopranazionale guidato da un comandante europeo invece che tedesco,
eliminando così la possibilità di rinascita del militarismo tedesco. Con l’astensione della Gran
Bretagna, la proposta Pleven viene accolta da Francia, Italia, Germania occidentale e BeNeLux
(l’Europa ristretta). Così il 22 maggio 1952 viene firmato dai membri della CECA (Comunità
europea del carbone e dell’acciaio del 1951) il trattato istitutivo della Comunità europea di difesa
(CED), ratificato dalla Germania ovest e dal Benelux all’inizio del 1954. L’Italia aspetta
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prudentemente il pronunciarsi dell’Assemblea Nazionale francese, dove il progetto solleva le
critiche di entrambi gli schieramenti politici: i seguaci del generale De Gaulle in pensione
denunciano la proposta di un esercito europeo come un pretesto per il riarmo e la rinascita della
Germania, una violazione intollerabile della sovranità francese; il Partito comunista condanna la
CED come strumento dell’egemonia statunitense in Europa diretta contro l’Unione Sovietica.
Probabilmente però, la causa più importante del fallimento della CED è l’allentamento delle
tensioni della Guerra Fredda in Europa, a seguito della morte di Stalin e della fine della guerra di
Corea: l’affievolirsi della possibilità del verificarsi dell’evento per il quale era nata, ovvero un
conflitto militare contro il blocco comunista. Perciò l’Assemblea Nazionale francese seppellisce la
CED il 30 agosto 1954. A seguito di questo fallimento, i funzionari dei 6 stati firmatari si
riuniscono nell’autunno 1954 insieme a USA e GB per cercare un mezzo alternativo per garantire la
difesa europea: Dulles, nuovo segretario di Stato Americano, ripropone il progetto di Acheson di
convocare i paesi NATO e semplicemente invitare una Germania Ovest riarmata a prendervi parte;
il ministro degli Esteri britannico Eden propone invece di ridare vigore al trattato di Bruxelles del
1948, affiancando a Gran Bretagna, Francia e Benelux, anche l’Italia e la Germania Ovest. Entrando
a far parte di tale organizzazione, che viene ribattezzata Unione Europea Occidentale (UEO). La
Germania Ovest sarebbe diventata membro NATO, contribuendovi con 12 divisioni dell’esercito.
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Nel dicembre 1950, in piena crisi coreana, dopo aver trasformato la NATO da sistema di forze
nazionali slegate tra loro a forza altamente integrata sotto un comando centrale, e dopo aver
trasferito in Europa 4 divisioni di combattimento statunitensi, Truman nomina come primo
Supremo Comandante Alleato il generale Eisenhower. Egli viene richiamato in patria per candidarsi
Presidente alle presidenziali del 1952: il suo avversario, il candidato democratico Stevenson,
difende con fermezza la strategia del contenimento di fronte alla minaccia sovietica; il candidato
repubblicano Eisenhower va nella direzione opposta, rappresentando la nuova ala internazionalista
del proprio partito, che guarda con favore a un ruolo attivo degli USA. Egli è affiancato dal
candidato vice Presidente Nixon e dall’avvocato Dulles per elaborare la propria piattaforma
elettorale, che giudica la politica del contenimento come vigliacca e immorale, in quanto abbandona
milioni di esseri umani alla schiavitù del dominio comunista. I repubblicani avanzano proposte per
la liberazione delle “nazioni schiave” dell’Europa orientale attraverso la strategia del ROLL BACK
= respingere la cortina di ferro, ricacciare indietro i sovietici. Contemporaneamente, una rumorosa
minoranza tra i repubblicani, capeggiata dal Senatore McCARTHY, denuncia a gran voce Truman
per aver permesso all’Europa orientale di cadere sotto la dominazione sovietica, per aver perso la
Cina e per aver perseguito una strategia senza possibilità di vittoria nella guerra di Corea; inoltre il
senatore scatena una vera e propria “caccia alle streghe” alle spie comuniste che secondo lui
infestano il Dipartimento di Stato americano.
In questo clima di dissenso e di sfiducia nei confronti delle politiche perseguite dal precedente
Presidente democratico Truman, il repubblicano Eisenhower ottiene alle elezioni una vittoria
schiacciante, nel novembre 1952. Il nuovo Segretario di Stato Dulles dipinge la Guerra Fredda non
come una rivalità tra due superpotenze che cercano di perseguire i loro interessi nel mondo, ma
come una lotta tra le forze del bene e quelle del male: l’obbiettivo principale è la sconfitta e
l’eliminazione del comunismo, piuttosto che il suo contenimento.
Ma in che modo si può dare concretezza a questi obbiettivi? Bisognerebbe accrescere le spese per la
difesa, ma esse sono già state aumentate col National Security Council (NSC-68) e l’opinione
pubblica non è disposta ad ulteriori sacrifici; inoltre l’amministrazione Eisenhower si è impegnata a
perseguire i tradizionali obbiettivi dei repubblicani, cioè un bilancio equilibrato, la riduzione della
spesa pubblica e delle tasse. Viene così elaborata la dottrina del New Look: gli stanziamenti per la
difesa vengono limitati a meno del 10% del PIL, e ciò è possibile potenziando il settore nucleare
degli armamenti, permettendo maggiore sicurezza a minor costo. Questa strategia della deterrenza
permette di ridurre le spese militari e di dissuadere l’Unione Sovietica dall’intraprendere una guerra
convenzionale in Europa: infatti i bombardieri statunitensi sono in grado di lanciare armi nucleari
contro i bersagli sovietici, mentre i russi non possiedono bombardieri a lungo raggio. Secondo
Dulles gli USA hanno sviluppato la capacità “di effettuare un’immediata rappresaglia con i mezzi e
nei luoghi più convenienti” : questa nuova strategia di Massive Retaliation (Massima Deterrenza)
presuppone che gli Stati Uniti siano pronti a minacciare una guerra nucleare allo scopo di prevenirla
(l’ironico motto del comando aereo strategico è “la pace è il nostro mestiere”). L’essenza della
deterrenza è la credibilità, e la credibilità della dottrina risiede nella First Strike Capability, ovvero
la capacità di distruggere il nemico con un solo colpo. E infatti in questa fase solo gli Stati Uniti
dispongono di bombardieri a lungo e medio raggio e di basi che i sovietici non hanno: per Dulles gli
USA devono essere disposti “ad arrivare fino al limite senza entrare in guerra” (politica di
brinkmanship, da brink=orlo).
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La morte di Stalin nel 1953
A seguito della morte di Stalin avvenuta il 5 marzo 1953, il blocco comunista è pervaso da grande
incertezza per il futuro. Il legittimo erede del dittatore, Malenkov, assume immediatamente il
controllo sia del governo, come Primo ministro, sia del partito come Primo segretario. Una
settimana dopo però i suoi due potenti rivali, il ministro degli Esteri Molotov e il capo della polizia
segreta Berija, lo obbligano ad abbandonare la massima carica di partito in favore di Chruscev. Per i
successivi due anni Malenkov, Chruscev e altri colleghi sono obbligati a governare come una
Leadership collettiva, invece che secondo l’abituale diktat di un singolo. Essa inizia subito a
promuovere una serie di riforme politiche (amnistia ai prigionieri politici, rilascio dei medici
incarcerati da Stalin, restrizione del potere della polizia segreta) ed economiche (riduzione delle
rimesse obbligatorie da parte delle fattorie collettive, aumento dei prezzi pagati ai singoli
agricoltori, riduzione del prezzo dei beni alimentari). La maggiore flessibilità sovietica in politica
estera aumenta dopo che, l’8 febbraio 1955, Chruscev riesce ad ottenere il comando del Cremlino.
La prima iniziativa di peso riguarda il destino politico dell’Austria: il 15 maggio 1955 viene firmato
un trattato che prevede l’evacuazione di tutte e quattro le forze di occupazione del paese, che
riguadagna la propria sovranità politica sotto la condizione di una perenne neutralità. Oltre ad
evacuare l’Austria orientale, Chruscev il 14 maggio 1955 rinuncia ai suoi diritti previsti
dall’accordo raggiunto l’anno precedente con la Repubblica popolare cinese e nello stesso mese
vola a Belgrado per normalizzare le relazioni con il rinnegato regime jugoslavo. Nel 1957 Chruscev
conquista definitivamente la supremazia politica. Mentre in Unione Sovietica si lavora per
sviluppare una politica estera volta al dialogo e alla riduzione delle tensioni globali, Churchill si sta
muovendo nella stessa direzione: il Primo ministro britannico, tornato al potere nel 1951 dopo sei
anni di opposizione, è divenuto strenuo difensore della distensione. Churchill era stato fermo
sostenitore delle armi nucleari, ma l’acquisizione dell’atomica da parte dell’URSS nel 1949 gli
aveva fatto sorgere il timore di un possibile Armageddon che avrebbe annientato la civiltà: una
volta tornato al potere conclude che i mezzi più efficaci per evitare l’annientamento totale siano
periodici faccia a faccia tra i leader dell’Est e dell’Ovest. L’11 maggio 1953 questo veterano delle
conferenze tra i grandi, propone pubblicamente la convocazione del primo summit dai tempi di
Potsdam (1945): la Conferenza di Ginevra si svolge tra il 18 e il 24 luglio 1955 e riunisce
Eisenhower, Bulganin (accompagnato dal Primo segretario del Partito comunista Chruscev) e i
Primi ministri di Gran Bretagna, Eden (che ha definitivamente rimpiazzato Churchill nell’aprile
precedente) e di Francia, Faure. Non emerge niente di significativo dalle conversazioni di Ginevra,
ma questa conferenza è importante non tanto per ciò che viene deciso, bensì perché rappresenta
simbolicamente un importante passo avanti nella Guerra Fredda perché riapre le relazioni tra i due
blocchi.
L’apoteosi del nuovo orientamento nella politica estera sovietica si raggiunge nel febbraio 1956,
quando Chruscev convoca il XX Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica: egli
abbandona formalmente il dogma leninista dell’inevitabilità della guerra tra il mondo capitalista e
quello comunista, difendendo esplicitamente la nuova politica di “coesistenza pacifica” con
l’Occidente. Nella parte segreta del cosiddetto Rapporto Chruscev egli pronuncia un roboante
discorso contro i crimini di Stalin: l’arresto e l’assassinio di persone innocenti; il culto della
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personalità; l’insistenza su una sottomissione assoluta e indiscutibile da parte dei capi comunisti
esteri che ha portato alla rottura con Tito. In aprile Chruscev scioglie il Cominform e in giugno
concede un caloroso benvenuto al maresciallo Tito in visita a Mosca, pronunciando un severo
discorso sulla necessità di garantire una maggiore libertà ai governi comunisti dell’Europa dell’Est.
Chruscev promuove la campagna di “Destalinizzazione” nella speranza di incoraggiare un’ordinata
trasformazione delle relazioni tra Unione Sovietica e i suoi stati satellite sulla base del principio
delle “vie alternative al socialismo”. Ma la pubblicazione del discorso di Chruscev fa ribollire i
satelliti, in primis la Polonia: nel giugno 1956 migliaia di operai della città di Poznan iniziano uno
sciopero per protestare contro il potenziamento dell’industria pesante a scapito dei beni di prima
necessità. In mezzo a questo tumulto crescente la leadership politica di Varsavia si orienta verso
l’antistalinista Gomulka, l’unico uomo capace di tenere una linea a metà strada tra l’insurrezione
anticomunista e l’intervento armato sovietico. Il 19 ottobre una delegazione sovietica guidata dallo
stesso Chruscev giunge improvvisamente a Varsavia chiedendo di essere ammessa alla riunione di
partito: il Partito comunista polacco rifiuta, ed elegge Gomulka a Segretario del partito. Di fronte al
pericoloso movimento di truppe oltre il confine, Gomulka rassicura però i funzionari russi sulla
lealtà della Polonia, dichiarando di voler seguire la campagna di destalinizzazione lanciata dallo
stesso Chruscev, il quale, soddisfatto, fa bruscamente ritorno a Mosca.
Pur riaffermando l’appartenenza della Polonia al Patto di Varsavia, conservando il monopolio del
Partito comunista e mantenendo una rigida censura sulla stampa polacca, Gomulka riesce ad
ottenere un notevole margine di manovra senza provocare la palese ingerenza sovietica negli affari
interni.
Ungheria
L’agitazione polacca si riversa anche in: a Budapest, nell’ottobre del ’56, gli insorti impongono al
governo il comunista antistalinista Nagy, la reintroduzione del sistema multipartitico e l’uscita dal
patto di Varsavia. Soprattutto quest’ultima pretesa è inaccettabile per Chruscev, perché un’Ungheria
neutrale e non comunista sarebbe un pericoloso precedente: così decide di stroncare sul nascere
l’insurrezione ungherese, inviando il 4 novembre 250mila soldati e 5.000 carri armati. Nell’arco di
tre giorni il Primo ministro Nagy viene rimpiazzato dal nuovo capo del Partito comunista Kadar: la
brutale repressione della rivoluzione ungherese rivela i limiti degli impulsi riformistici di Chruscev,
non solo scuotendo i partiti comunisti europei, ma fornendo all’Occidente una potente arma nella
sua guerra di propaganda contro l’Unione Sovietica. In questa occasione il Cremlino non teme
l’intervento statunitense, non solo perché l’amministrazione Eisenhower è colta completamente di
sorpresa, ma soprattutto perché il governo americano è concentrato sulle vicine elezioni e sulla crisi
di Suez.
Crisi di Suez
Riguarda l’assunzione del controllo della Compagnia del Canale di Suez da parte dell’Egitto, al fine
di finanziare la diga con gli introiti dei pedaggi delle navi; la Nazionalizzazione del Canale di Suez
non si scontra con le leggi internazionali, trovandosi esso in territorio egiziano; inoltre il leader
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egiziano Nasser si impegna a indennizzare gli azionisti espropriati, in maggioranza britannici e
francesi, dei cospicui utili che non avrebbero più percepito. Tuttavia l’operazione incontra
l’opposizione di Parigi e Londra: il governo francese è esasperato dal sostegno che Nasser fornisce
ai ribelli algerini, mentre il governo britannico è convinto che Nasser rappresenti una minaccia per
la stabilità del Nord Africa e che debba quindi essere allontanato per evitare gli errori della politica
di appeasement. Così Francia e Gran Bretagna, dopo essersi accordate segretamente con Israele, il
29 ottobre 1956 attaccano l’Egitto a sorpresa attraverso il Sinai ed i principali porti egiziani,
scatenando il 2° Arabo-Israeliano. L’intervento, che inizialmente è un successo militare, si rivela
un disastro diplomatico nel lungo periodo, a causa della vigorosa opposizione statunitense:
Eisenhower è alle prese con la campagna elettorale, gode ancora del merito di aver posto fine alla
guerra di Corea e considera inoltre l’operazione anglo-francese una guerra dal forte sapore di
colonialismo vecchio stampo. A peggiorare la situazione, l’attacco all’Egitto coincide con
l’intervento sovietico in Ungheria: come possono gli USA condannare i carri armati sovietici a
Budapest, mentre tollerano i carri armati israeliani nel Sinai e le truppe anglo-francesi lungo il
canale di Suez? Gli USA presentano pertanto all’ONU una risoluzione per l’immediato ritiro delle
forze d’invasione, ma le Nazioni Unite non possono esprimersi poiché vincolate dal veto anglo-
francese, così si passa all’Assemblea Generale. Nel frattempo l’Unione Sovietica propone un
intervento congiunto sovietico-statunitense, minacciando persino un attacco missilistico contro la
Gran Bretagna. Di fronte a tali pressioni Londra e Parigi accettano il cessate il fuoco il 6 novembre
1956, mentre nel maggio 1957 Israele accetta il ritiro delle proprie truppe dal Sinai in cambio
dell’accettazione da parte dell’Egitto di una forza ONU al confine tra la striscia di Gaza e Israele e
nella città di Sharm el-Sheikh. La crisi di Suez non solo è esemplificativa di una politica di non
allineamento da parte dell’Egitto, ma come l’Ungheria rivela che i satelliti comunisti devono
attenersi alle direttive di Mosca, così Suez dimostra che gli alleati NATO, pur godendo di una
maggiore libertà di perseguire gli obbiettivi nazionali, non possono farlo nel caso si scontrino con
gli interessi di Washington.
Dottrina Eisenhower
A seguito della crisi di Suez, nel gennaio 1957 viene enunciata la cosiddetta Dottrina Eisenhower =
proposta del Presidente che prevede un’estensione degli aiuti economici e militari ai paesi del
Medio Oriente e l’intervento armato in caso di aggressione da parte di un paese comunista.
Nella gara per la superiorità strategica sia per Eisenhower che per Chruscev è opinione condivisa
che il modo più efficace per prevenire lo scoppio di una grave guerra sia potenziare la forza
nucleare, permettendo anche un notevole risparmio derivante dal taglio delle forze convenzionali.
La potenza nucleare non riguarda solo il numero degli ordigni, ma anche i vettori che trasportino gli
ordigni a destinazione: ciò è un problema per i sovietici, che non possiedono un sistema in grado di
trasportare le armi atomiche dalle basi sovietiche ai bersagli statunitensi. A metà degli anni ’50 i
russi hanno operativo un bombardiere a lungo raggio, l’M-4 Bison, ma scelgono di non produrne in
numero sufficiente a controbilanciare il formidabile arsenale di B-52 statunitensi. Tuttavia, durante
uno spettacolo aereo a Mosca nel 1955, facendo volare diverse volte pochi bombardieri Bison, i
russi inducono l’intelligence americana a stimare la potenza aerea sovietica ben oltre la realtà dei
fatti, mentre gli USA possiedono un numero 5 volte superiore di bombardieri a lungo raggio. Ma
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l’URSS ben presto colma il vantaggio statunitense, facendo venir meno la certezza di first strike
capability: per superare l’ostacolo dell’estrema efficienza del sistema radar e delle batterie di missili
contraerei Nike dislocate intorno alle maggiori città statunitensi, i sovietici sviluppano un sistema di
trasporto più difficile da intercettare, cioè il missile balistico intercontinentale (ICBM). Dopo aver
testato il primo ICBM al mondo il 21 agosto 1957, il 3 novembre viene lanciato il primo satellite in
orbita, lo Sputnik, che allarga la competizione dal piano degli armamenti a quello della tecnologia.
Nonostante anche gli Stati Uniti testino con successo un Atlas ICBM nel dicembre 1957 ed il
satellite spaziale Explorer nel febbraio 1958, il danno di prestigio è immenso: i russi vincono il
primo round della sfida spaziale e per la prima volta l’URSS è in grado di colpire con un attacco
nucleare il territorio statunitense. La perdita dell’immunità da un attacco nucleare non è solo uno
shock per gli USA, ma mette in dubbio l’affidabilità dell’ombrello nucleare statunitense agli occhi
dell’Europa occidentale, non rappresentando più una sicura copertura. Ciò spinge i capi di governo
della NATO ad accogliere la proposta statunitense di creare una riserva atomica in Europa: alla fine
della presidenza Eisenhower circa 500 armi nucleari diventano operative nei paesi alleati, e missili
balistici a raggio intermedio (IRBM) vengono dislocati in Gran Bretagna (missili Thor), in Italia e
Turchia (missili Jupiter).
Questione Berlino
Sebbene l’offerta Thor-Jupiter non venga estesa alla Repubblica Federale tedesca, la possibilità che
essa possa avere accesso all’arsenale nucleare risveglia nel Cremlino antiche paure di una Germania
aggressiva. Inoltre Berlino Ovest è diventata la scintillante vetrina occidentale del capitalismo,
rappresentando perciò non solo un motivo di imbarazzo, ma anche una potenziale minaccia per i
vicini governi comunisti. Questo modello di successo nel cuore dell’Europa, l’emigrazione dalla
Germania Est e le pressioni del Segretario del Partito comunista della Repubblica democratica
Ulbricht, spingono Chruscev a riaprire la Questione di Berlino rimasta sopita per dieci anni dopo il
blocco di Stalin del ’48-’49: il 27 novembre 1958 Chruscev lancia un ultimatum, proponendo la
fine dell’occupazione inter-alleata a Berlino e la trasformazione della metà occidentale in una “città
libera” smilitarizzata; l’ultimatum è un messaggio di forza non tanto rivolto agli Stati Uniti, quanto
alla Germania Est di Ulbricht e alla Cina di Mao, il quale critica aspramente le scelte di Chruscev.
Le tre potenze occidentali occupanti respingono unanimemente l’ultimatum sovietico, ma sono
d’accordo a partecipare ai negoziati sullo status politico di Berlino. Durante gli incontri a Ginevra
dall’ 11 maggio al 5 agosto 1959, per sbloccare lo stallo delle discussioni, Eisenhower inoltra un
invito al leader sovietico di visitare gli Stati Uniti: il 15 settembre 1959 Chruscev diventa il primo
leader russo nella storia a mettere piede sul suolo statunitense. I due capi di stato si incontrano a
Camp David, la residenza presidenziale sulle montagne del Maryland: sebbene dalle discussioni
non derivino progressi significativi, Eisenhower persuade il suo ospite a cancellare l’ultimatum e a
partecipare l’anno successivo a un incontro per negoziare un accordo definitivo sulla questione di
Berlino, e accetta l’invito di Chruscev di ricambiare la visita. Le conversazioni di Camp David sono
un successo per il leader sovietico, che tratta con il Presidente statunitense a pari condizioni non
solo aumentando il proprio prestigio in patria, ma presentandosi al pubblico statunitense non come
un tiranno assetato di sangue. Tuttavia il 5 maggio 1960 il Cremlino getta un cattivo presagio
sull’imminente summit che si sarebbe dovuto tenere a Parigi, comunicando che un aereo spia
statunitense d’alta quota U-2 è stato abbattuto all’interno del territorio sovietico. Il Presidente,
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convinto che l’aereo si disintegrasse all’impatto e che il pilota si suicidasse col cianuro in suo
possesso, inventa una storia fittizia: secondo la versione americana l’aereo stava conducendo
osservazioni meteorologiche in Turchia ed era involontariamente volato fuori rotta. A questo punto
Chruscev mostra sia l’aereo (con la raccolta di informazioni di intelligence) intatto sia il pilota (che
conferma la vera natura della sua missione). Nel suo discorso iniziale all’incontro di Parigi il leader
sovietico pretende con astio le scuse pubbliche, la punizione dei responsabili e la fine dei voli spia,
ma al rifiuto del Presidente statunitense, Chruscev insiste per posticipare la conferenza di otto mesi
e revoca l’invito ad Eisenhower in Unione Sovietica. Solo con l’avvento dell’amministrazione
Kennedy, Chruscev accetta l’incontro, che avviene a Vienna il 3 e 4 giugno 1961, durante il quale
rispolvera la proposta che Eisenhiwer aveva rifiutato nel ’58: Kennedy però rifiuta la modifica dello
status politico di Berlino Ovest. Mentre le due superpotenze si atteggiano in modo provocatorio, il
flusso di tedeschi dell’Est attraverso la breccia di Berlino diventa torrenziale, fino a che il 13 agosto
1961 la polizia della Germania Est procede a tendere filo spinato lungo il confine del settore, al
quale tre giorni dopo viene aggiunto un definitivo muro di cemento. Gli USA non reagiscono, se
non condannando verbalmente la costruzione di quel muro che fino al 1989 rimane il simbolo della
Guerra Fredda.
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Nixon, il cui viaggio “di amicizia” si trasforma in un disastro sul piano dell’immagine. Ciò spinge i
funzionari di Washington a prestare maggiore attenzione alla situazione dell’America Latina: sono
perciò comprensibili le parole di Kennedy del suo discorso inaugurale del 20 gennaio 1961, durante
il quale annuncia un ampio progetto di aiuti statunitensi alla regione come perno della nuova
amministrazione. Questo programma di aiuti senza precedenti all’America Latina prevede
l’estirpazione di analfabetismo, fame e malattia e aumento della crescita annuale del 2,5%.
La differenza di questo programma rispetto al piano Marshall è che esso non prevede una struttura
intermedia che sappia destinare i fondi dove veramente ce n’è bisogno, evitando la
maldistribuzione. Kennedy si rende in parte conto del problema, così chiede ai paesi destinatari
l’approvazione di misure di distribuzione della terra e di riforma fiscale. Di fatto gli aiuti non
verranno distribuiti equamente, aumentando così il divario già esistente tra le èlite e i poveri.
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in costruzione sull’isola: tutti i consiglieri di Kennedy concordano che l’unica soluzione sia la
rimozione di tutti i lanciamissili dall’isola. Kennedy ordina di passare al massimo stato d’allerta
prima della guerra, gesto che quintuplica il numero di bombardieri atomici tenuti in volo, e il 22
ottobre 1962 annuncia pubblicamente l’imposizione di una quarantena navale all’isola, evitando
accuratamente il termine “blocco” perché questo significherebbe un atto di guerra. Inizia così il
periodo rinominato Crisi dei Missili. Gli Usa inoltre avvertono Mosca che un missile nucleare
lanciato da Cuba contro qualsiasi paese dell’emisfero occidentale sarebbe considerato come un
attacco agli Stati Uniti e innescherebbe la rappresaglia atomica. 180 navi da guerra statunitensi
creano una linea di quarantena attorno alla punta orientale di Cuba. L’Urss risponde con l’invio di
30 navi da carico sovietiche dirette a Cuba. La tensione inizia ad allentarsi il 24 ottobre, quando le
quattro navi che trasportano IRBM invertono la rotta (mentre la nave con a bordo la testata nucleare
è già arrivata nel porto cubano). La decisione sovietica di non sfidare il blocco statunitense non
risolve il problema dei missili che già si trovano sull’isola: Chruscev fa pervenire alla Casa Bianca
una lettera in cui richiede, in cambio della rimozione dei missili a Cuba, l’impegno a non invadere
l’isola e a rimuovere gli IRBM Jupiter installati in Turchia. Per non dare l’impressione di piegarsi
alla pressione sovietica, Kennedy si impegna pubblicamente a non invadere Cuba in cambio della
rimozione dei missili, mentre attraverso suo fratello assicura privatamente all’ambasciatore
sovietico di ritirare i missili dalla Turchia, una volta rientrata la crisi. Castro, ignaro delle trattative
segrete tra Mosca e Washington, chiede inutilmente a Chruscev di lanciare un attacco nucleare
preventivo contro gli USA; l’Europa non è minimamente tenuta in considerazione durante l’intera
vicenda, la sua sicurezza è secondaria.
Indocina
Spesso si tende a legare le crisi coreana e vietnamita, poiché entrambe rappresentative della
cosiddetta “teoria del domino”. Ma le due vicende sono molto differenti, perché mentre la vicenda
coreana è scatenata dall’attacco della Corea del Nord nei confronti della Corea del Sud (1950), nel
caso del Vietnam non c’è una data precisa di inizio del conflitto: si parla di escalation verso lo stato
di guerra.
La penisola indocinese, territorio compreso tra Cina e Siam (attuale Thailandia) che include
Cambogia, Laos e Vietnam, è dalla seconda metà del XIX secolo colonia francese. Il movimento
indipendentista vietnamita assume maggiore importanza dopo la prima guerra mondiale, sotto la
leadership di Ho Chi Minh: ex maestro elementare, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, nel 1918
si trasferisce a Parigi, dove si unisce a un gruppo di vietnamiti nazionalisti emigrati che si ispirano
al principio wilsoniano di autodeterminazione dei popoli -> una volta divenuto chiaro che tale
principio è riservato ai soli popoli bianchi, Ho si converte all’ideologia marxista-leninista, fondando
nel 1929 il Partito comunista indocinese. La sconfitta della Francia nel giugno 1940, rivela la
vulnerabilità del grande impero coloniale un tempo invincibile e sembra far avvicinare
l’indipendenza vietnamita: tuttavia nel settembre 1940 le forze giapponesi si riversano nel
Tonchino, la provincia più settentrionale del Vietnam, fino ad occupare l’intero paese. Ho torna
segretamente in patria, dopo l’esilio in Cina, per organizzare la resistenza contro francesi e
giapponesi: nel maggio 1941 fonda il Vietminh (Lega per l’indipendenza del Vietnam) e aiuta
l’intelligence USA fornendo informazioni sui movimenti delle truppe giapponesi, nella speranza di
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ottenere poi l’appoggio statunitense per una rapida indipendenza. Con la sconfitta del Giappone, il
25 agosto 1945 il Vietminh costringe ad abdicare Bao Dai, l’imperatore posto dai giapponesi come
governo di facciata, e il 2 settembre Ho Chi Minh proclama l’indipendenza della Repubblica
democratica del Vietnam, dichiarando (per accattivarsi il pubblico statunitense) “che tutti gli uomini
sono creati uguali e dotati di diritti inalienabili”. Roosevelt è contrario alla ricostituzione del potere
coloniale francese e propone per l’Indocina un’amministrazione fiduciaria internazionale per
prepararla all’indipendenza, tuttavia Churchill denuncia la proposta come un pericoloso precedente
che potrebbe sminuire la posizione coloniale della Gran Bretagna in Asia. La proposta va in fumo
dopo la morte di Roosevelt ed il vuoto di potere postbellico viene colmato dai cinesi a nord e dai
britannici a sud del 16° parallelo: esaurite le operazioni di disarmo dell’esercito giapponese il
controllo torna nelle mani dei francesi, i quali il 23 novembre 1946 scatenano la guerra contro il
Vietminh; Ho Chi Minh predilige la strategia della guerriglia, evitando gli scontri in campo aperto e
concentrandosi su attacchi “hit-and-run” (attacco a sorpresa e dispersione nelle campagne), mentre i
francesi costruiscono avamposti militari isolati nelle campagne da dove conducono missioni
“search-and-destroy” per snidare i vietminh dai loro nascondigli. I francesi, dopo aver riconosciuto
l’indipendenza del Vietnam all’interno dell’Unione Francese, il 14 giugno 1949 riportano al
governo Bao Dai.
Nonostante le navi non siano state colpite realmente, Johnson chiede l’intervento dell’uso della
forza: il 7 agosto il Congresso approva la Risoluzione del Tonchino, con cui dà carta bianca al
Presidente per perseguire la non-dichiarata guerra in Vietnam. A seguito della vittoria alle elezioni
presidenziali del novembre 1964, Johnson prepara una campagna di bombardamenti massicci,
chiamata Operazione Rolling Thunder: dopo l’iniziale proibizione di bombardare le aree urbane
densamente popolate del Nord, vengono gradualmente abolite le restrizioni. Tuttavia l’operazione
non distrugge la capacità bellica del Vietnam del Nord, poiché gli ufficiali Vietcong vengono
trasferiti dalle città bersagliate in sicuri nascondigli rurali; inoltre i bombardamenti strategici
americani invece di abbattere il morale, rafforzano la resistenza popolare. È necessario dunque
ripensare la strategia militare: il 10 marzo 1965 Washington annuncia l’invio in Vietnam di un 1°
contingente di truppe di combattimento regolari. Nonostante la promessa di Johnson durante la
campagna elettorale di “non mandare i ragazzi statunitensi a 15mila miglia dalle loro case per fare
quello che i ragazzi asiatici avrebbero dovuto fare da soli”, il numero delle truppe cresce
continuamente, arrivando ad un picco di 540.000 nel 1969. Gli americani si trovano di fronte ad una
guerriglia che non sono addestrati a combattere e la campagna “search and destroy” non riesce a
scovare i vietcong a causa della fitta vegetazione vietnamita. Gli Usa decidono così di ricorrere a
mezzi estremi: con gli aerei cominciano a spruzzare grandi quantità di agenti chimici, come l’agent
orange (contenente tra l’altro diossina) che col tempo ha prodotto danni enormi sia all’ambiente, sia
alla salute dei civili vietnamiti e degli stessi soldati americani.
Negli Stati Uniti nasce un acceso dibattito sull’intervento in Vietnam: chi ne sostiene l’illegalità,
condanna l’inserimento statunitense in una guerra civile; chi ne sostiene la legalità, dichiara
legittima la richiesta di aiuto da parte di Diem, visto che di fatto le due zone si comportano come
entità statuali, anche se non si sono svolte regolari elezioni. I consensi in USA crollano nel 1968,
quando il Vietnam del Nord organizza una grande offensiva contro il Sud, nella speranza di incitare
una sollevazione di massa che dimostri che il nuovo regime di Thieu (divenuto Presidente nel ’67) e
Ky (il Primo ministro) non è degno di supporto.
L’offensiva del Tet parte il 30 gennaio 1968, primo giorno di festa che i vietnamiti celebravano
all’inizio del nuovo anno lunare, nonostante i due Vietnam avessero concordato una tregua festiva:
l’attacco a sorpresa è inizialmente un successo, ma ben presto il passaggio da tattiche di guerriglia a
una guerra convenzionale si dimostra un disastro di fronte alla superiorità militare statunitense.
Tuttavia l’operazione ha un importante significato politico, poiché dimostra l’infondatezza delle
dichiarazioni di Johnson di una vittoria dietro l’angolo e mette in luce la capacità dei nord-
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vietnamiti di sopportare orrende perdite e continuare a lottare in una lunga guerra di logoramento. Il
consenso USA diminuisce ulteriormente a seguito del massacro di My Lai, lo sterminio di 347 civili
inermi da parte di un plotone americano. La crescente opposizione pubblica si manifesta nei
sondaggi della campagna presidenziale del 1968, nei quali è chiaro il vantaggio di Robert Kennedy,
candidato democratico che si muove su una piattaforma pacifista: ciò persuade Johnson a limitare i
bombardamenti e ad avvicinarsi alle condizioni nord-vietnamite per i negoziati di pace. Il 3 marzo
1968 il governo nord-vietnamita accetta l’incontro con gli statunitensi a Parigi, ma i dialoghi di
pace vengono boicottati dal governo sud-vietnamita di Thieu, che riceve segretamente, dal
candidato alla presidenza Nixon, l’invito ad attendere un’amministrazione repubblicana più vicina
ai suoi interessi.
Primavera di Praga
Nel gennaio ’68 il segretario del partito, lo staliniano Novotny, viene rimosso e sostituito da
Dubcek, comunista dissidente. La Cecoslovacchia vive una stagione di radicale rinnovamento
politico e di esaltante fermento intellettuale. Dubcek, pur non avendo intenzione di uscire dal patto
di Varsavia, costituisce una minaccia per l’URSS, preoccupata per gli effetti sugli altri stati del
blocco orientale. Il momento culminante della cosiddetta Primavera di Praga ha luogo il 21 agosto
1968, quando le truppe sovietiche occupano Praga ed il resto del Paese. Fortemente simbolica è
l’immagine dei carri armati che affrontano la protesta studentesca. Per giustificare l’intervento delle
forze armate si usa la Dottrina Brezhnev (o Dottrina della Sovranità Limitata), secondo cui è
necessario intervenire nei paesi satelliti qualora essi siano minacciati da forze ostili al socialismo;
inoltre a nessuna nazione è consentito lasciare il Patto di Varsavia o disturbare il monopolio del
potere da parte del partito comunista.
Durante l’incontro a Mosca del maggio 1972 Brezhnev e Nixon prendono accordi per procedere alla
Conferenza per la sicurezza e la collaborazione in Europa (CSCE) e ai negoziati sulla mutua e
bilanciata riduzione delle forze (Mutual and Balanced Force Reductions, MBFR). Mentre i
negoziati procedono per due anni, Nixon si dimette dal suo incarico di Presidente nell’agosto 1973 a
seguito dello scandalo Watergate (scoperta di attività illegali da parte della sua amministrazione di
Presidente durante la campagna elettorale presidenziale del 1972, e conseguente tentativo di
ostruzione della giustizia da parte dello stesso Presidente). Così è il successore Ford ad incontrare
Brezhnev alla Conferenza di Helsinki del 1° agosto 1975, durante la quale viene firmato l’Atto
Finale della Conferenza per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, considerato da molti come
il supremo coronamento della politica di distensione.
Le proposte sottoposte alla conferenza vengono divise in 3 categorie (dette cesti):
1. riconoscimento formale dell’inviolabilità delle frontiere e dell’integrità territoriale di ogni Stato
sovrano in Europa (cioè il riconoscimento degli stati così come sono usciti dalla seconda guerra
mondiale). Il primo cesto rappresenta il principale trionfo del blocco comunista, che ottiene il
riconoscimento delle acquisizioni territoriali post-belliche di Polonia, Cecoslovacchia e Unione
Sovietica, nonché l’annessione di Estonia, Lettonia e Lituania del 1940;
2. insieme di provvedimenti per l’estensione della collaborazione inter-europea per il commercio,
l’industria, la scienza e la tecnologia, pensati per ridurre le tensioni tra Est e Ovest;
3. difesa dei diritti umani e rispetto delle libertà politiche quali la “Carta Atlantica” e la
“Dichiarazione sull’Europa Liberata” in cambio del tanto desiderato riconoscimento da parte
dell’Occidente dello status quo territoriale europeo, il Cremlino è così costretto al rispetto dei
diritti umani.
Le dimissioni forzate di Nixon non fermano il progresso dei negoziati sul controllo delle armi
strategiche: Ford, che ha poca esperienza negli affari esteri, mantiene in carica il Segretario di stato
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Kissinger, il quale vola a Mosca nel gennaio 1976 per presentare la proposta finale per il trattato
SALT II. I negoziati vengono però rallentati da varie questioni: Kissinger protesta per la presenza
sovietico-cubana in Angola, mentre Mosca è risentita per la sua esclusione dai negoziati di pace in
Medio Oriente. Inoltre alcune proposte dell’amministrazione Ford per il controllo degli armamenti
si rivelano inaccettabili per i sovietici (es. aumento del limite di missili Cruise, velivoli in miniatura
privi di pilota che superano il controllo radar, ma che i russi non sono ancora riusciti a
perfezionare). Nel frattempo all’interno degli Stati Uniti si cerca di impedire all’amministrazione di
fare ulteriori concessioni nel campo del controllo degli armamenti, tanto che il repubblicano Reagan
accusa la politica estera “Ford-Kissinger” di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale
statunitense criticandoli di ignorando l’aggressività dell’Unione Sovietica. Colpito dagli attacchi del
suo stesso partito e timoroso di apparire debole di fronte all’URSS, nel marzo 1976, mentre si
prepara a lanciare la propria campagna elettorale, Ford annuncia che sta per abbandonare il termine
“distensione”, e in aprile decide di interrompere i negoziati del SALT II per il resto del suo
mandato. L’elezione del Presidente Carter nel gennaio 1977 porta alla Casa Bianca un uomo con
un’esperienza in campo di politica estera ancora minore rispetto a quella di Ford. Carter rimprovera
Nixon di aver danneggiato l’immagine degli USA e per questo già durante la sua campagna
elettorale annuncia di voler riportare moralità nella politica estera statunitense (i suoi slogan sono:
“No more Watergate, No more Vietnam”). Così si gioca subito la carta dei diritti umani: per
costringere l’Unione Sovietica a rispettare i diritti umani è però necessario che gli Stati Uniti stessi
li rispettino; per questo gli USA devono mettere in pratica la politica dei diritti umani con tutti,
amici e nemici, e ciò si realizza tagliando gli aiuti economici e militari ai paesi che violano i diritti
umani, smettendo di appoggiare qualsiasi dittatore purché anticomunista. La politica dei diritti
umani e della distensione è fortemente sostenuta dal Segretario di Stato Vance, ma si scontra con il
sostegno ad un ritorno della politica del contenimento da parte del Consigliere per la Sicurezza
Nazionale Brzezinski, un emigrato polacco che vede l’URSS come una potenza intrinsecamente
espansionista, che approfitta della fase di distensione per allargarsi sulle periferie. Carter non riesce
a creare sinergia tra queste due visioni opposte. Il SALT II, firmato il 18 giugno 1979, non viene
ratificato dal Senato a causa di un mutamento dello scenario internazionale che accresce il senso di
vulnerabilità e di perdita di prestigio nel mondo, e che spinge Carter a considerare vincenti le
posizioni di Brzezinski. Così nel 1977 Carter fa approvare il Trattato del Canale di Panama, che ne
restituisce la sovranità ai Panamensi (l’ultima nave statunitense passa nel 1999). Inoltre l’11 no-
vembre 1975 l’Angola si dichiara indipendente. Nonostante una fazione sia appoggiata da soldati
cubani, il Senato americano rifiuta di aiutare le fazioni oppositrici: la nuova Repubblica Popolare
dell’Angola rende pubblico il suo orientamento marxista e l’8 ottobre 1976 firma un trattato
ventennale di amicizia con l’Unione Sovietica. Ciò non rappresenta necessariamente una vittoria
sovietica, tanto che gli investimenti statunitensi in Angola non vengono ostacolati. Tuttavia
l’amministrazione Ford (1974-1977, solo 3 anni perché Nixon si era dimesso) interpreta la guerra
civile angolana nella peggiore luce possibile, descrivendo la forza di spedizione cubana come
volontà di Mosca e condannando l’intervento sovietico in quanto violazione dello spirito di
distensione. La preoccupazione maggiore è che il successo sovietico in Angola spinga altri
movimenti di liberazione nel Terzo Mondo a cercare il sostegno sovietico. Quando nel ’78
Brzezinski annuncia la fine della distensione, si riferisce alla vicenda africana del conflitto tra
Etiopia e Somalia nel Corno d’Africa, sostenendo che “la distensione è affondata nelle sabbie
dell’Ogaden”: l’imperatore etiope Selassiè, a lungo sostenitore degli Stati Uniti, viene rovesciato da
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un colpo militare che pone al potere, nel febbraio 1975, il colonnello Mengistu, il quale vira
nettamente a sinistra chiedendo supporto a Mosca e all’Havana. Nel frattempo la Somalia decide di
sfruttare la caotica situazione etiope per rivendicare la provincia etiope dell’Ogaden, abitato da una
maggioranza di etnia somala. Poiché la Somalia ha firmato nel 1974 un trattato di amicizia con
l’Unione Sovietica, quest’ultima si trova nell’imbarazzante situazione di decidere chi appoggiare
nel crescente conflitto nel Corno d’Africa. Quando le truppe somale invadono l’Ogaden nella
primavera del ’77, Brezhnev opta per appoggiare l’Etiopia, presumibilmente per la sua popolazione
più numerosa e per le dimensioni maggiori. Di conseguenza la Somalia effettua una brusca
inversione della propria politica estera, espellendo tutti i consulenti sovietici e cubani, ripudiando il
trattato di amicizia somalo-sovietico e chiedendo il supporto statunitense: gli USA esitano ad
appoggiare la Somalia, consapevoli di ricevere la richiesta dell’aggressore; Brzezinski propone di
inviare una forza navale nella regione per evitare l’espansione sovietica, mentre per Vance i
sovietici non hanno mire espansionistiche, considerando la vicenda come una crisi locale. Questa
volta Carter appoggia la tesi di Vance, anche se restano forti le preoccupazioni per la minaccia
sovietica. Su richiesta di Mosca le forze etiopi interrompono la controffensiva evitando di
sconfinare in territorio somalo, ed il conflitto finisce nel ’78 con entrambi i regimi al potere e
nessun cambiamento territoriale.
Il teatro della svolta è però l’Asia: il 25 dicembre 1979 l’Unione Sovietica invade l’Afghanistan,
rovesciando il governo del presidente Amin (il cui governo non era considerato scomodo dagli
USA) e insediando il filo-comunista Karmal. Questo intervento armato è il primo da parte
dell’URSS in uno stato non satellite, un paese libero e non allineato, ma nonostante sia
un’aggressione, essa non è espressione di una politica espansionistica, bensì di una politica di
sicurezza: Amin attuava una politica vicina alla Cina, al Pakistan e di riavvicinamento agli USA,
ma l’URSS non vuole perdere l’Afghanistan come stato amico, per la sua importanza in quanto
stato cuscinetto. Mentre i sovietici insediano il nuovo governo, una coalizione di fondamentalisti
islamici organizza un’insurrezione contro il governo Karmal: ciò determina la diserzione di un terzo
dell’esercito afghano in favore dei ribelli e dunque richiede lo spiegamento di ulteriori truppe
sovietiche, fino a raggiungere le 100mila unità nella primavera del 1980. Il governo statunitense
reagisce con indignazione, informando Breznev che la presenza di forze sovietiche in quel paese
avrebbe danneggiato ciò che restava dello spirito della distensione. Il Cremlino ignora gli
avvertimenti, pensando che gli USA avrebbero acconsentito tacitamente come in Ungheria nel 1956
e in Cecoslovacchia nel 1968: invece gli Stati Uniti si uniscono a Egitto, Pakistan e Cina per fornire
assistenza militare coperta alla resistenza islamica (scompare la priorità per la difesa dei diritti
umani); impongono sanzioni all’URSS (embargo alle esportazioni di grano, restrizioni all’accesso
alle acque statunitensi adibite alla pesca e alle esportazioni di alta tecnologia); propongono il
boicottaggio dei Giochi Olimpici di Mosca del luglio 1980 (sono per lo più i paesi del Terzo Mondo
a boicottare, eccetto i paesi africani che non erano stati appoggiati dagli USA nel boicottaggio di 4
anni prima contro l’apartheid). Carter aumenta il budget per la difesa, rinvia la ratifica del SALT II
e porta la questione in seno alle Nazioni Unite. Tuttavia il Consiglio di Sicurezza non riesce a
esprimere un giudizio per via del veto sovietico, ma l’Assemblea Generale chiede il ritiro
dell’Unione Sovietica, e ciò è interessante perché esprime la volontà di molti paesi di nuova
indipendenza, che evidentemente temono che si sia creato un pericoloso precedente (appoggiano i
sovietici solo i paesi ad essa allineati e l’India). Carter considera ormai l’operazione militare
sovietica come l’ultima goccia di una serie di atti di aggressione per mezzo dei quali l’Unione
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Sovietica cerca di sfruttare “l’era dei buoni sentimenti”, così nel gennaio 1980 egli inaugura la
Dottrina Carter: gli Stati Uniti considerano il Golfo Persico così importante per la propria sicurezza
che da ora in poi negheranno a qualsiasi potenza straniera il controllo della regione, con ogni mezzo
necessario, incluso l’intervento militare. Al momento di lasciare la Casa Bianca nel 1981, in favore
del repubblicano Reagan, Carter si è trasformato, da strenuo sostenitore dei diritti umani e della
distensione, in un acceso oppositore della minaccia dell’espansionismo sovietico. Le truppe
sovietiche vengono bloccate in una fase di stallo dai mujaheddin musulmani, che continuano a
ricevere armi statunitensi e cinesi attraverso il Pakistan. L’amministrazione Reagan aumenta il
coinvolgimento militare statunitense fornendo il più avanzato missile manuale, lo Stinger. Con
l’aumentare delle vittime sovietiche molti osservatori iniziano a riferirsi alla situazione afghana
come alla versione sovietica del Vietnam. Gorbachev, nuovo Segretario Generale del Partito
Comunista Sovietico, informa privatamente Reagan della sua intenzione di ritirarsi dall’Afghanistan
durante il loro primo incontro al summit di Ginevra del novembre 1985: nel febbraio 1988 il
Cremlino annuncia pubblicamente l’intenzione di ritirarsi entro un anno ed effettivamente farà ciò
nel febbraio 1989.
Un altro duro colpo accusato dagli Stati Uniti proviene dall’Iran: nel gennaio 1979 lo Scià, il Re
iraniano, lascia il paese, e il potere va nelle mani dell’ayatollah Khomeini, che trasforma il paese da
Monarchia laica e moderna in Repubblica fondamentalista islamica, la cui costituzione è ispirata
alla legge coranica (Sharia). Tutti i legami tra Iran e Stati Uniti vengono troncati di colpo. I vasti
interessi economici statunitensi vengono interamente confiscati e il personale militare e di
intelligence americano viene espulso; i membri filo-statunitensi della vecchia élite politica e
militare che non riescono a fuggire sono imprigionati o uccisi: Khomeini da la dimostrazione che
Teheran non ricoprirà più il ruolo di surrogato degli USA nel Golfo Persico assegnatogli da Nixon,
al contrario l’Iran avrebbe guidato i gruppi islamici contro il cosiddetto “Grande Satana”. Quando
militanti iraniani sospettano un complotto statunitense per rimettere lo Scià sul trono, il 4 novembre
1979, centinaia di essi si precipitano all’ambasciata statunitense a Teheran, prendendo in ostaggio
69 membri del personale diplomatico e consolare. La Crisi degli Ostaggi sfinisce l’amministrazione
Carter per il resto del suo mandato, fino a quando non verranno liberati nel gennaio 1981, con
l’insediamento di Reagan.
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