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Dopo la Prima Guerra Mondiale

Trattati di pace del 1919: fine della Prima Guerra Mondiale, drastico mutamento della cornice
internazionale. Inizio della storia delle relazioni internazionali per come la intendiamo in Italia.
Cause:
estensione: guerra “mondiale” -> coinvolge il mondo intero
durata:
a) Necessità di consenso -> diffusione della propaganda -> discorsi sull’evil other, retaggio di odio
alimentato dai governi.
b)Necessità di centralizzare e convertire l’economia -> economia di guerra diretta dal governo
ricorso alla guerra oltre le linee nemiche -> diffuso sostegno del nazionalismo, addirittura
fomentato;  basi del tramonto del colonialismo.
3 imperi completamente cancellati: crollo degli Imperi Centrali (austro-ungarico, ottomano,
tedesco) e anche fine dell’impero zarista (rivoluzione 1917).
In questo contesto -> vuoto di potere, minaccia comunista -> ci si riunisce per stipulare i trattati di
pace.

Parigi
Clima: alla Conferenza di Parigi (1919-1920) c’è un’atmosfera di precarietà, la situazione è
totalmente rivoluzionata ed inoltre incombe la minaccia comunista.
Perché Parigi: i francesi insistono per coronare la vittoria. Ma la Francia si presenta devastata dal
conflitto.
Chi partecipa: ci sono tutti ma a comandare sono Usa, Gb, Francia, Giappone, Italia. Il Giappone e
l’Italia nutrono interessi a livello locale. Di fatto i negoziati sono tra i primi tre.
USA -> Wilson si dichiara contro la diplomazia segreta, parla della necessità di creare
un’organizzazione internazionale garante della pace. I famosi “14 punti di Wilson” vengono
enunciati dallo stesso già nel 1918, come reazione alla rivoluzione russa, proposta fortemente
propagandistica e idealista. I quattordici punti presentati alla Conferenza di pace di Parigi nel 1919
prevedevano:
1) Abbandono della diplomazia segreta -> trattati di pace palesi, apertamente conclusi in seguito ai
quali non vi potranno essere accordi internazionali segreti di alcuna specie. La diplomazia agirà
sempre apertamente ed alla vista di tutti.
2) La libertà dei mari in pace e in guerra -> libertà assoluta della navigazione marittima.
3) Rimozione delle barriere doganali, libero accesso alle materie prime.
4) Riduzione degli armamenti -> procedere ad un disarmo generale.
5) Definizione delle dispute coloniali secondo modalità che tenessero conto degli interessi tanto

delle potenze occupanti quanto delle popolazioni soggette -> Autodeterminazione dei popoli:
rigorosa osservanza del principio che, nella soluzione di tutte le questioni di sovranità, gli
interessi delle popolazioni in questione debbono essere considerate alla stessa stregua degli
interessi degli Stati.
6) Evacuazione dei territori russi occupati.
7) Evacuazione dei territori belgi occupati -> il Belgio deve essere sgombrato e restaurato.

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8) Evacuazione dei territori francesi occupati, compresa l'Alsazia-Lorena -> tutto il territorio
francese deve essere liberato, le regioni invase devono essere ricostruite ed il torto fatto dalla

Prussia alla Francia nel 1871 con l’occupazione dell’Alsazia-Lorena deve essere riparato.
9) Ridefinizione dei confini italiani secondo "criteri di nazionalità chiaramente identificabili”.
10) Autonomia delle diverse popolazioni entro l’Impero austro-ungarico.
11) Risistemazione dell'area balcanica che ricostituisse tra l'altro il territorio di Serbia, Montenegro
e Romania, assicurando alla prima adeguati sbocchi al mare.
12) Autodeterminazione per le popolazioni non turche entro l’Impero ottomano ed il controllo
internazionale degli stretti dei Dardanelli.
13) Costituzione di una Polonia indipendente con accesso al mare.
14) Creazione di un'associazione di tutte le nazioni con l’obiettivo di creare un patto per la
reciproca garanzia dell'indipendenza politica e dell'integrità territoriale.
Wilson arriva a Parigi intenzionato ad applicare i suoi 14 punti.
GB -> Lloyd George ha come obiettivo quello di conservare l’impero coloniale inglese e per fare
ciò deve essere libero di muoversi autonomamente (isolazionismo) fregandosene dell’Europa e
concentrandosi sull’impero, mira ad un Balance of power: nessuno stato europeo deve essere
abbastanza forte da poter attaccare gli altri.
FR -> Clemenceau ha invece come obiettivo evitare una nuova invasione da parte della Germania; 
(rendere i tedeschi inoffensivi!). Il progetto di Clemenceau era ispirato alla visione di Richelieu.
L’ideale era smembrare la Germania, ma ciò non era possibile e quindi il progetto venne ridotto e
incentrato sulla questione Renania (importante dal punto di vista economico) che doveva diventare
autonoma, separata dalla Germania e militarmente controllata dalla Francia. Su queste richieste
Clemenceau si scontra con Lloyd George, il quale crede che la Francia in tal modo acquisterebbe
troppo potere, Wilson afferma che le richieste vanno contro il principio di autodeterminazione.
Morale: si cercherà di assecondare i francesi.

Trattato di Versailles
Clausole Territoriali:
- Alsace et Lorraine alla Francia;
- Renania smilitarizzata + presenza di truppe internazionali che vigilino (comunque sovranità
tedesca);
- Saar amministrata per 15 anni dalla Società delle Nazioni con referendum allo scadere del
termine per decidere a chi assegnarla;
- Germania cede territori a favore di Belgio e Danimarca;
- Germania perde Danzica a favore della Polonia (violazione del principio di autodeterminazione
dei popoli allo scopo di dare alla Polonia uno sbocco sul mare);
- Slesia viene affidata per i 2/3 alla Germania e per 1/3 alla Polonia (la Gb non voleva uno stato
polacco interposto tra Francia e Russia;

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- Divieto collegamento (anschluss) della Germania: non può annettere l’Austria poiché si
avvicinerebbe troppo a zona Balcani. Nonostante ciò sia contro il principio di autodeterminazione
dei popoli (che si applica quando fa comodo).
- Le colonie tedesche vengono spartite tra Francia e Gb. Per l’Italia niente colonie in Africa. Le
isole a nord del Pacifico vengono date al Giappone. Le isole a sud dell’equatore ad Australia e
Nuova Zelanda (praticamente alla Gb, per bilanciare il Giappone).

Clausole Militari-Economiche:
- Ridurre flotte ed eserciti;
- Art. 231 del Trattato di Versailles: la Germania è responsabile della guerra e deve pagare delle
riparazioni agli stati vincitori. L’dea generale, soprattutto di Francia e Gb era di “spremere”
completamente la Germania imponendole una Pace estremamente punitiva.
Jean Monnet, che sarà tra i padri fondatori dell’Europa, sosteneva una voce fuori dal coro:
auspicava una collaborazione economica tra gli Stati per scongiurare i conflitti futuri,
collaborazione anche con la Germania; nessuno gli dà ascolto. La Francia si accoda agli altri per
fare spremuta di tedeschi. L’Art. 231 prevede il pagamento di un danno legato alla “responsabilità”;
il concetto di responsabilità viene associato al concetto di “colpa”; una valenza morale che offende i
tedeschi. I tedeschi non possono negoziare ed il popolo tedesco non accetterà mai la sconfitta, una
sconfitta non sentita. Negli anni successivi si assisterà al revisionismo in merito al trattato di
Versailles da parte di Germania e Ungheria. In parallelo nasce l’antirevisionismo da parte degli stati
che vedono nei trattati di pace una garanzia della propria sicurezza/esistenza: Francia, Polonia,
Romania, Cecoslovacchia, Jugoslavia.
Contrapposizione revisionismo - antirevisionismo originata dai trattati.
Gb e Usa non condividevano ma comunque comprendevano le esigenze francesi; prendono una
decisione che compensa le lacune del trattato di Versailles; 2 trattati di garanzia; Usa e Gb si
impegnano a tutelare la sovranità francese; trattati mai ratificati perché vi era in realtà un altro patto
contenuto nel Trattato Istitutivo della Società delle Nazioni che regolava l’intervento in caso di
aggressione.
Società delle Nazioni: Assemblea formata da tutti gli stati + Consiglio formato da Usa, Gb, Francia,
Giappone, Italia.
Art. 10 (voluto da Wilson): “obiettivo della Società delle Nazioni è la difesa della sovranità delle
nazioni”. In caso di violazione di quest’ultima, la Società delle Nazioni avrebbe dovuto riunirsi in
Consiglio e decidere il da farsi. Wilson non voleva essere obbligato ad intervenire, era cosciente
della maggioranza isolazionista all’interno degli Usa; voleva che il Trattato venisse approvato dal
Congresso.
Un altro meccanismo inserito all’interno del Trattato Istitutivo garantiva il diritto di chiamarsi fuori,
che si attua con la regola dell’unanimità per prendere le decisioni.
Il Trattato viene comunque rifiutato dal Congresso perché Wilson commette errori, non interpella il
Senato (repubblicano) e nemmeno l’opinione pubblica. L’art. 10 era in contrasto con la politica
estera Usa e il Congresso lo voleva modificare, mentre Wilson no. Le modifiche suggerite dal
Senato riguardavano: una clausola per poter uscire dalla Società delle Nazioni e volevano inserire la
dottrina Monroe nel Patto Costitutivo (covenant), in modo da usufruire di una certa indipendenza
senza intralci nei propri interessi dagli Stati europei.
Lo scopo di tale richiesta stava nell’avere la possibilità della completa libertà riguardo alle scelte in
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America Latina.
Wilson non transige riguardo l’Art. 10, il Congresso invece vuole preservare il proprio potere senza
essere “scavalcato” dalla Società delle Nazioni.
Wilson allora decide di fare un tour in giro per gli Usa per convincere l’opinione pubblica che
aderire alla Società delle Nazioni sia un’opportunità; tattica del going public: convincere l’opinione
pubblica per convincere il Congresso.
L’asso nella manica di Wilson stava nell’aver ottenuto che il Covenant fosse allegato al trattato di
Versailles; aveva in tal modo meno probabilità di essere bocciato. Tuttavia non riesce a far
approvare il Patto al Senato.
La Società delle Nazioni diventa quindi simile ad un club per pochi, prettamente europeo. Includeva
le aspettative di protezione dei paesi più piccoli.

Altri Trattati
Austria – Trattato di Saint Germain (Sett.1919)
L’Austria perde diversi territori: cede un pezzo di Polonia, di Jugoslavia, di Cecoslovacchia e un
po’ dà pure all’Italia. Austria diventa uno Stato microcefalo, un territorio piccolo con capitale
l’enorme Vienna. L’Austria viene anche danneggiata economicamente. Da ricordare il divieto
all’Anschluss.

Italia – Trattato di Rapallo (1920)


L’Italia era entrata in guerra grazie al patto segreto di Londra (siglato da Sonnino) in cambio di
Alto-Adige, Trieste, Istria, Dalmazia; ma NON chiesero Fiume. Wilson durante la Conferenza di
Pace si infuriò perché innanzitutto il patto di Londra essendo segreto veniva condannato dagli Usa
che non erano coinvolti; in secondo luogo molte richieste italiane violavano il principio di
sovranità. Nonostante ciò, Wilson accetta paradossalmente di concedere all’Italia l’Alto-Adige, in
quanto il nuovo confine garantisce stabilità. Sul confine orientale invece, non transige; Sonnino e
Orlando per protesta se ne vanno. La questione viene lasciata definire a Italia e Jugoslavia. Viene
firmato il trattato di Rapallo, il quale assegna all’Italia Trieste, l’Istria e un pezzo di Dalmazia.
Fiume invece alla Società delle Nazioni. Questo trattato risulta particolarmente vantaggioso per
l’Italia grazie al fatto che Francia e Gb se ne disinteressano e grazie agli sforzi di Sforza (ah ah),
allora ministro degli esteri, che perseguiva la tattica di cercare il sostegno delle grandi potenze.

Bulgaria – Trattato di Neuilly (1919)


Perde dei territori, ma tra gli sconfitti è quella che subisce di meno.

Ungheria - Trattato del Trianon (dal nome di uno dei palazzi di Versailles, il Grande Trianon)
L’ultimo trattato ad essere firmato a causa di un’insurrezione comunista che allunga i tempi. subisce
la perdita di numerosi territori magiari. Ciò alimenta il revisionismo da parte dei popoli sconfitti.
Perde inoltre una parte di Cecoslovacchia (la Slovacchia), cede dei territori alla Jugoslavia e perde
la Transilvania. Viene nuovamente violato il principio di autodeterminazione.

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Perché vengono creati nuovi stati, nonostante si incorra nella violazione del principio di
autodeterminazione? L’obiettivo è la creazione di un cordone sanitario contro i comunisti, gli stati
vicini alla Russia non devono essere né troppo piccoli né troppo grandi. Ma il sistema di Versailles
è intrinsecamente debole e lacunoso nel complesso.
Tutta la storia del dopoguerra è la storia delle cause della Seconda Guerra Mondiale e dell’erosione
del sistema di Versailles (e nel Pacifico del sistema di Washington, creato a seguito della
Conferenza di Washington del ’21-22).

Conferenza di Washington – Il Pacifico


In Europa la seconda guerra mondiale sarà frutto dello sfaldamento dell’ordine di Versailles. Per
quanto riguarda l’area del Pacifico e i Paesi che hanno la propria sfera d’influenza su esso, invece, il
secondo conflitto mondiale è conseguenza dello sfaldamento dell’ordine di Washington.
La conferenza di Washington ha luogo nel 1921-22 ed è l’espressione della politica internazionale
degli Stati Uniti, una politica di isolazionismo (che li porta peraltro a non ratificare il covenant).
L’immagine degli Usa isolazionisti va tuttavia ridimensionata, si tratta infatti di un isolazionismo
solo apparente. La stessa conferenza di Washington parte da un’iniziativa americana.
Gli interessi Usa erano concentrati sul contenimento del Giappone:
Il Giappone viene visto come una minaccia a seguito del Rinnovamento Meji (tra il 1866 e il 1869),
il quale portò all’occidentalizzazione del paese, segnò il passaggio dal feudalesimo ad una
modernizzazione dell’economia e portò un importante incremento demografico.
A livello strutturale il Giappone aspirava ad espandersi (fa guerra a Cina e Russia. Si allea inoltre
con la Gb in funzione anti-russa e per questo esce dal conflitto rafforzato: annette le isole a nord
dell’equatore ed ottiene una presenza in Cina. Wilson si oppose alla presenza giapponese in Cina,
ma alla fine cedette poiché i giapponesi minacciarono di non aderire alla Società delle Nazioni e
inoltre tornavano utili contro Russia.
Un altro motivo di contrasto fu dato dal fatto che il Giappone pretendeva una clausola di
eguaglianza razziale ma Wilson si rifiutò di aggiungerla.
Gli Usa possedevano dei territori nel Pacifico (Filippine, Hawaii, Samoa) che erano direttamente
minacciati dal Giappone. Del resto dopo il primo conflitto mondiale, il Giappone investe
moltissimo nel riarmo. Anche gli Usa vorrebbero aumentare la flotta pareggiando quella inglese, ma
hanno contro il Congresso e l’opinione pubblica; allora il Segretario di Stato architetta un progetto
che prende corpo con la conferenza di Washington: impone cioè la convocazione di una conferenza
sul disarmo navale. Vengono convocate 9 potenze: Gb, Giappone, Usa, Fr, Italia + Cina, Portogallo,
Belgio e Olanda per estendere il dibattito ai problemi in generale riguardanti il Pacifico.

Trattato delle 4 potenze


Stipulato tra USA-GB-JAP-FR: è un trattato di carattere politico. Le potenze si impegnano a non
modificare l’assetto territoriale vigente ed a consultarsi preventivamente in caso di controversie.

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Trattato delle 5 potenze
Stipulato tra GB-FR-USA-JAP-ITA: 1922 viene concluso grazie ai servizi segreti Usa. Fissava le
proporzioni tra le cinque marine militari più grandi del mondo. Usa e Gb più degli altri a parimerito.
Il Giappone all’inizio ne vuole di più, ma poi cede. Viene inoltre posto il divieto dell’incremento di
sottomarini e fortificazione per 10 anni.

Trattato delle 9 potenze


Si affronta la questione delle Cina; accesso ai commerci “porta aperta” con impegno a non violare
la sovranità cinese. Quest’ultimo principio viene subordinato alla capacità dei cinesi di essere in
grado di darsi un governo stabile.

Il bilancio totale segna una vittoria diplomatica degli Usa. 

Politica Estera Francese


In Europa alle origini della seconda guerra mondiale c’è il fallimento della politica di contenimento
sulla Germania. La Francia coglie la minaccia tedesca, ma non adotta buone misure per prevenirla.
Intreccio di politiche settoriali e specifiche, manca un disegno globale coerente. Politica
contraddittoria e pertanto destinata al fallimento. infatti le istituzioni Francesi sono divise tra
intransigenza e dialogo.
La politica in Renania presenta caratteri sia di separatismo che di collaborazione economica, con
l’obiettivo di allontanare la Renania dalla Germania.
Inizia a prendere forma la teoria dell’esecuzionismo, con riferimento al trattato di Versailles. Indica
la volontà di far rispettare le riparazioni incombenti sulla Germania sancite dall’Art. 231. La
questione delle riparazioni tedesche si connette:
- ai problemi della sicurezza;
- alla situazione economica postbellica.
Infatti al termine del conflitto il debito contratto dagli alleati con gli Usa era di 1890 milioni di
sterline. In questo senso andava la proposta dell’economista britannico Keynes di cancellare il
debito a patto che anche gli altri creditori internazionali facessero lo stesso, tuttavia il rifiuto è netto
da ogni parte per due ragioni:
- dal punto di vista Usa, la cancellazione del debito sarebbe la rinuncia volontaria al primato e
soprattutto sarebbe in controtendenza rispetto all’isolazionismo post-wilsoniano;
- dal punto di vista Francese, come di molti altri, non si tratta di una mera questione economica, ma
i debiti infatti sono la conseguenza della gestione bellica e sono legati alla riparazione da parte
degli Stati.
L’aspetto più importante della politica estera francese è da ricercare nelle alleanze.
Nel 1920 stipula un’alleanza col Belgio: anche il Belgio teme la Germania, ma di solito è neutrale.
Nel ’36 violerà anche quest’alleanza dichiarandosi neutrale in occasione della rimilitarizzazione
della Renania.

Stipula inoltre un’alleanza con la Polonia, risorta come Stato indipendente a scapito della Germania
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ed è pure in guerra con la Russia (20-21). È dunque oggetto sia del revisionismo tedesco che di
quello russo. L’alleanza è di cooperazione militare, condividono le stesse apprensioni.
In Francia il governo Briand appoggiato dalla sinistra radicale cambia strategia e svolta dal dialogo
con paesi revisionisti (anche Ungheria) al dialogo con paesi anti-revisionisti tipo Cecoslovacchia
(1924), Jugoslavia (1926-27), Romania (1926-27). Questi stati si erano già uniti tra loro (Piccola
Intesa) contro l’Ungheria.
Alleanze deboli: le potenze della Piccola Intesa si schierano più che altro contro l’Ungheria, non
contro la Germania. Esse sono un ostacolo per un’alleanza con la Russia. Polonia e Cecoslovacchia
stanno discutendo tra loro. Sono tutte alleanze bilaterali.
Nonostante i limiti, non c’erano alternative:
Non poteva allearsi con la Russia comunista. Avevano inoltre delle controversie in atto perché i
bolscevichi decidono di nazionalizzare dei capitali che erano francesi, senza indennizzo per questi
ultimi. Rifiutano anche di pagare i debiti contratti dallo zar.
Non poteva allearsi con l’Italia perché le aveva impedito di prendere delle colonie tedesche in
Africa.
Non può nemmeno rinnovare l’Intesa con la Gb. Proprio questa sarà una grande causa del
fallimento del contenimento tedesco. Diversi i temi di scontro tra Fr e Gb:
1. la Gb come isola non teme più la Germania e cerca invece il balance of power temendo più la
Francia della Germania, in quanto la Francia aveva una buona aviazione e controllava un bel
tratto di Medio Oriente (Iraq, Mesopotamia, Palestina..);
2. Fr e Gb avevano visioni contrastanti sulla questione tedesca, ad esempio alla Gb non interessava
della questione Anschluss invece per la Fr l’annessione dell’Austria da parte della Germania era
assolutamente da evitare;
3. In merito al disarmo, la Gb lo vuole generalizzato mentre la Francia vuole che sia la Germania a
cominciare. La contesa è per lo più ideologica, anti-revisionismo francese vs possibilismo
inglese;
4. In merito alle riparazioni, infine, la Francia predicava l’esecuzionismo contro la Germania mentre

la Gb il “ricostruzionismo”, con la teoria Keynes che metteva in guardia sulle conseguenze


economiche delle riparazioni e sul pericolo di una deriva comunista.

Russia
Anche la Russia voleva risolvere la questione degli indennizzi. La Russia era isolata e mirava ad
uscire da questo stato di isolamento grazie alla figura del ministro Čičerin (ex nobile diventato
comunista e abile diplomatico). Egli firma dei trattati di pace di mutuo riconoscimento coi paesi
confinanti. Inoltre cerca di dialogare con le potenze europee, presentando la Russia come un
potenziale mercato, facendo leva sugli interessi economici. Nel 1921 sigla trattati commerciali con
Gb e Germania. Inoltre convoca una conferenza per discutere la questione indennizzi.
La Gb era interessata ad allearsi commercialmente con la Russia perché la NEP sembrava allettante.

La Gb ritiene vantaggiosa dal punto di vista economico la ridiscussione delle riparazioni previste da

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Versailles, revisionismo; la Francia resta da convincere ma Briand sembra possibilista.
Si avvia il dialogo a Londra; la Gb propone alla Francia una garanzia britannica in cambio di una
revisione delle riparazioni tedesche e degli indennizzi russi; Briand nega la possibilità della
cancellazione degli indennizzi russi, ma si mostra possibilista per le riparazioni tedesche. Tutto
questo a patto che la garanzia britannica copra tutti i confini usciti da Versailles. La Gb non è
d’accordo perché non è interessata al destino di certe aree quali la Polonia.
Briand e Lloyd George si incontrano nel 1922 a Cannes e in disparte la Gb propone una garanzia di
tipo regionale. Briand nel frattempo è caduto in minoranza e gli viene imposto di non accettare. Egli
si dimette e gli succede Poincaré, del filone degli intransigenti. A Cannes inoltre fu deciso di riunire
dopo pochi mesi le maggiori potenze mondiali alla Conferenza Internazionale Economica di
Genova, riguardo a questioni economiche. L'obiettivo di tale incontro sarebbe stato il discutere le
misure per la ricostruzione europea in seguito alla prima guerra mondiale e i metodi di
avvicinamento delle economie europee capitalistiche all'economia del blocco socialista capitanato
dalla Repubblica Russa. Gli Usa non partecipano, quindi non si può parlare dei debiti. L’incontro
riguarda quindi fondamentalmente le questioni legate alle riparazioni. Collegato a questa conferenza
è il Trattato di Rapallo del 1922 tra Germania e Russia (Trattato di Rapallo del 1920 tra Italia e
Jugoslavia non c’entra niente). Un trattato tra esclusi: la Germania per aver perso la 1°GM e la
Russia per la sua forma di stato comunista. Cicerin parla di disarmo e di coesistenza pacifica,
suggerisce dei percorsi che attirano l’attenzione dell’opinione pubblica. La Germania si lascia
convincere e firma, nel timore che anche la Russia avanzi pretese di riparazioni. Il Trattato di
Rapallo  è fondato su due pilastri:
a) politico-diplomatico: i due governi si riconoscono a vicenda (ciò comporta l’invio reciproco di
diplomatici) e segna il superamento dell’isolamento;
b) economico-militare: rinuncia ad ogni rivendicazione di tipo economico riguardo la 1°GM
Clausola della nazione favorita: se concedi qualcosa a uno stato terzo, lo devi concedere pure a
me; parte integrante del trattato era anche un protocollo aggiuntivo segreto relativo alla
cooperazione militare tra i due paesi (Clausola segreta). Tale protocollo prevedeva la possibilità
per i tedeschi di testare le proprie armi in territorio sovietico, aggirando la demilitarizzazione
imposta dal trattato di Versailles.

Alla fine della Conferenza di Genova restano tutti i problemi e la Francia con la sua intransigenza
ha aggravato la propria situazione.
Sempre nel ’22 la Germania avanza una nuova richiesta di moratoria: la Gb dice ok; la Francia dice
ok se in cambio avesse ottenuto le risorse produttive e avesse potuto sfruttare le miniere (Teoria dei
pegni produttivi). Nel 1922 la Francia aveva intenzione di invadere la Ruhr e di occuparla. In fatti
nel gennaio 1923 l’esercito francese occupa la Ruhr, sentendosi giustificato dal fatto che la
Germania non ha pagato le riparazioni, inadempienza volontaria dei tedeschi che non consegnano
migliaia di pali telegrafici. La reazione tedesca non si fa aspettare e consiste in resistenza passiva,
sciopero e un rifiuto di collaborazione con le truppe occupanti. Ciò causa una crisi in Germania e
un’iperinflazione in Francia. Servirebbe un intervento degli Usa per risolvere la situazione.
Nel 1924 in Germania viene rieletto cancelliere Stresemann (dx) e riuscirà ad ottenere la
rivisitazione di Versailles. Vuole ottenere il revisionismo attraverso il dialogo, infatti inizialmente
chiede un accordo con la Francia, ma questa rifiuta.

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Allora la Germania pone fine alla resistenza passiva. Germania, Francia e Usa decidono di costituire
un Comitato per le Riparazioni. Nel ’24 prende così forma il Piano Dawes (dal nome di un politico
e banchiere americano):

PIANO DAWES
Comporta alcuni importanti interventi e riforme sul sistema monetario tedesco e un nuovo
calendario di scadenze sul pagamento delle riparazioni.
1. Riparazioni: modificate le scadenze. La Germania deve pagare ogni anno sempre un po’ di più
(rate crescenti) per cinque anni, poi si vedrà in base all’andamento dell’economia tedesca.
Nessun riferimento alla cifra totale.
2. Riforme economiche in Germania: interventi sulla politica monetaria: viene introdotto un nuovo
marco e viene attuata una riforma della Banca Centrale Tedesca (Reichbank) a cui viene imposta
una politica deflazionistica, di contenimento dell’inflazione. Inoltre contenere la domanda di
moneta (per emetterne meno) e aumentare il tasso di sconto; ciò richiama in Germania capitali
americani, perché ci sono più interessi sui prestiti.

Nel 1924 ha luogo a Londra una conferenza per l’attuazione del piano Dawes. Presero parte il
laburista Mc Donald, il nuovo governo francese, guidato da Herriot del Partito di Sinistra vincente
su Poincaré. Herriot vuole creare un fronte amico con la Gb, ma fallì e dovette accettare di liberare
la Ruhr nel giro di un anno, perdendo così l’ultimo strumento di pressione a disposizione della FR.
Ma almeno ottiene il protocollo di Ginevra fondato su tre punti: arbitrato (obbligo di ricorso
all’arbitrato per la risoluzione di controversie: se non ricorri all’arbitrato di uno stato terzo allora sei
un aggressore), sicurezza (1. abolire il principio di unanimità, in caso di crisi e violazioni si può
votare a maggioranza di 2/3, viene meno il diritto di veto; 2. decisioni della Società delle Nazioni
vincolanti) e disarmo (politica di disarmo generalizzato).
Il protocollo di Ginevra fallisce perché Mc Donald viene sconfitto alle elezioni dal conservatore
Baldwin che negò la validità del protocollo firmato dal predecessore.

Trattati di Locarno - 1925

Come si è visto, il ripristino di una Pace stabile in Europa, obiettivo primo del Trattato di
Versailles, non era stato del tutto raggiunto. Quella delineata a Versailles si trattava di una pace
imposta, di un diktat che i Paesi vinti non potevano accettare. L’applicazione del principio di
nazionalità, gli squilibri economici e l’affermarsi di nuovi Stati crearono un complesso di tensioni
che mettevano costantemente alla prova il Trattato. In questo contesto si inseriscono i Trattati di
Locarno. I vari patti e convenzioni sono di diversa tipologia, e non sono stati tutti firmati dalle
stesse potenze.

Il trattato principale, detto Patto Renano, tra Germania, Francia, Belgio, Gran Bretagna e Italia,

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prevedeva una garanzia collettiva delle frontiere francesi e belghe con la Germania (quindi solo
confini occidentali della Germania), la smilitarizzazione di una zona sulla sponda sinistra del Reno,
il divieto di ogni aggressione, l’obbligo di ricorrere all’arbitrato pacifico in caso di controversie ed
il riconoscimento reciproco dei confini. GB e Italia riconosciute come le potenze garanti, si
impegnavano ad intervenire in aiuto dello Stato se fosse stato vittima di un’aggressione.
Mussolini tentennò al momento di firmare perché non era d’accordo sul fatto che venissero tutelati
solo i confini occidentali della Germania, operando così distinzioni tra “confini di serie A e confini
di serie B”, ma accettò spinto dalla diplomazia italiana, sperando di ottenere prestigio.
Locarno parte tutto da una proposta della GB, dinnanzi alla quale Stresemann (allora Cancelliere
tedesco) si pone degli obiettivi:
- entrare nella Società delle Nazioni (accolta);
- diritto di sottrarsi ad azioni contro Russia (accolta);
- ritornare in possesso delle colonie perse (NON accolta);
- evacuazione di una parte della Renania dal contingente internazionale che ne controllava la
smilitarizzazione (accolta); 

Un’eccezione al trattato è il punto secondo cui la Francia può invadere la Germania soltanto nel
caso in cui la Germania invada gli alleati della Francia (Polonia e Cecoslovacchia).

L’esprit di Locarno
La premessa di Locarno fu il piano Dawes che aveva creato un clima di fiducia. I protagonisti
furono Briand e Stresemann (quest’ultimo vinse il nobel per la pace). Solo a metà degli anni ’30
l’idea di ottimismo e fiducia legata a Locarno venne scalfita. Briand veniva visto come colui che
aveva risolto, appariva come vincitore.

Motivi di ottimismo:
Gli stati ritrovano stabilità economica tornando nel 1925 a utilizzare il gold standard, ancorando
cioè la moneta all’oro. Nel 1926 un accordo tra Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Saar
viene firmato sancendo la collaborazione nel settore dell’acciaio;  “pull dell’acciaio”, cooperazione
transnazionale tra privati che diede l’impulso ad una riflessione sulla cooperazione tra stati
L’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni (Sdn) in qualche modo legittima
quest’ultima. Tra il ’25 e il ’29 il dialogo tra Germania e Francia appare di nuovo possibile, si
assiste ad una serie di incontri informali. Nel 1926, dato il clima di distensione, si da avvio ai
preparativi della conferenza sul disarmo.

Limiti di Locarno
La garanzia delle Gb è una garanzia di tipo militare, ma in realtà la Gb non sta investendo nel
settore militare e non sarebbe in grado di intervenire
La Germania ha riconosciuto SOLO il suo confine occidentale;  il lato orientale è stato trascurato; 
Urss irritato (nel ’24 è salito al potere Stalin e l’Urss è stata riconosciuto da tutti gli stati). Stalin è
sostenitore della rivoluzione in un solo stato e gli altri Stati iniziano ad essere meno timorosi nei
rapporti con l’Urss, quindi si imbastiscono relazioni internazionali. Tuttavia per effetto di Locarno
questo dialogo subisce una battuta d’arresto e in Urss si crea un timore di accerchiamento. L’unica

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eccezione viene dalla Germania che stipula un trattato di amicizia con l’Urss per rassicurarla. Però
questo nuovo accordo indebolisce la stabilità del sistema europeo.
Il fatto che i confini orientali non vengano garantiti fa imbestialire Polonia e Cecoslovacchia, alleati
della Francia. Briand li aveva rassicurati con le eccezioni al trattato, ma queste dipendono
comunque dal consenso della Società delle nazioni.
L’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni provoca screzi tra Francia e Polonia perché la
Germania entra come membro del consiglio permanente e la Polonia vorrebbe lo stesso privilegio.
Invece non lo ottiene poiché la Germania accetta di entrare nella Società delle Nazioni solo se la
Polonia non è nel consiglio permanente. Sembra quasi che la Francia favorisca la Germania contro
cui è in conflitto piuttosto che la Polonia, sua alleata.
Riguardo alla Renania Stresemann ottiene una grande revisione di Versailles.
Inoltre non si ha più la certezza che la Germania si stia smilitarizzando, regnano così l’incertezza e
il timore tra gli alleati della Francia, che non ha più strumenti di controllo e perde sicurezza.

Perché Briand dovette accettare un trattato così lacunoso?


Perché un accordo tra Francia e Gb era già fallito e quindi non aveva molte altre scelte. Briand
almeno ottiene la garanzia britannica. La Francia era ancora vulnerabile e dipendeva da Gb e Usa
per via della debolezza del franco e della conseguente necessità di capitali. Inoltre cercava
veramente un minimo di distensione con la Germania.
Briand era consapevole delle lacune del trattato di Locarno, lo capiamo da alcune scelte fatte per
rimediare fino al ‘32:
1) tra il ’26 e il ’29 intensifica i rapporti con la Piccola intesa (Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia).
2) sul piano militare inizia a fortificare la linea Maginot, in quanto la Renania non è più sicura, ma
come conseguenza sarà accusata dagli alleati orientali del fatto che quest’ultima sia interessata
soltanto ai suoi confini;
3) nel 1928 patto Briand (Fr)-Kellogg (Usa): ha il fine di eliminare la guerra come strumento
politico internazionale; in realtà è un metodo francese per ottenere una protezione da parte degli
Usa. Ma Kellogg non si lascia ingannare e non vuole veramente assecondare Briand, solo che è
costretto dalla pressione dei movimenti pacifisti e allora per disimpegnarsi lo trasforma in un
accordo multilaterale (a cui aderiranno la maggior parte dei Paesi occidentali), privo peraltro di
misure pratiche;
4) Nel 1929 Briand progetta un’Unione Europea economica, progetto tuttavia lasciato decadere.
poiché nessuno ne aveva intuite le potenzialità. La creazione di un mercato comune e il
riconoscimento reciproco della sovranità era qualcosa di anacronistico, il nazionalismo era
dilagante in quel periodo. L’unico favorevole, Strasemann, morì poco dopo.

Prima di morire, Stresemann riuscì ad ottenere un’altra revisione di Versailles. Questa modifica
prese il nome di Piano Young e si sviluppò a partire dal 1929. Ha lo scopo di sostituire le sanzioni
decise dal piano Dawes. Infatti quest’ultimo faceva gravare sulla Germania ingenti sanzioni annuali
che non potevano essere ripagate. Il Piano Young (dal nome dell’economista americano che lo
propose) infatti permetteva di posticipare il pagamento di 2/3 della rata annuale, che ammontava a
circa 473 milioni di dollari. Inoltre in questo accordo venne fatta rientrare l’evacuazione di tutta la
Renania (abbandonata definitivamente nel ’30).

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Un breve riepilogo dell’ operato di Stresemann, morto a causa dei lavori estenuanti del governo
tedesco di quel periodo: -1924 evacuazione della Ruhr e rinuncia Francia pegni produttivi; -1925
Trattato di Locarno una parte della Renania - aiuti finanziari; -1929 piano Young, Renania.
Un anno dopo la Germania ottiene la moratoria di un anno delle riparazioni. Dal ’32-33 la
Germania si gioca la carta Hitler: o mi dai concessioni o favorisci l’ascesa di Hitler che sfrutta il
malcontento dei tedeschi.

CRISI DEL ‘29

Cause:
1) Finanziamenti e prestiti anche a chi non se lo può permettere e non potrà restituire;
2) Eccesso di produzione;
3) Speculazioni in borsa;
Si diffonderà in Europa tramite la Germania. La prima risposta sarà di chiusura, di adozione di
misure protezionistiche, chiusura dei mercati, crisi politiche. A soffrire in particolar modo della
chiusura dei mercati è il Giappone, poiché necessita di materie prime (per tal motivo nel ’31
invaderà la Manciuria).

Conferenza navale, Londra 1930. Vide al tavolo delle trattative i rappresentanti di Gb, Giap, Fra, Ita
e Usa. Conferenza che regolava la guerra sottomarina e gli armamenti navali e fu un’estensione
delle condizioni che erano state sancite col Trattato navale di Washington
Il Giappone vi prese parte con lo scopo di aumentare le navi. Non solo non gli fu permesso, ma fu
deciso inoltre che doveva essere interrotta la costruzione di ulteriori navi da guerra. In Giappone si
rafforzano così i sostenitori dell’espansionismo, vogliosi di riscatto e di liberarsi dall’opposizione
occidentale. Il Governo giapponese inizia così a guardare verso la regione cinese della Manciuria
per i suoi interessi economici.
La questione Manciuria ha inizio nel 1931.  Con la scusa di un incidente sulla ferrovia di proprietà
del Giappone (interpretato come un boicottaggio), i militari invadono la Manciuria, venendo meno
all’accordo multilaterale Briand-Kellogg e al Trattato delle 9 Potenze, riguardanti la rinuncia alla
guerra come strumento della propria politica nazionale. La Cina allora si rivolge alla Società delle
Nazioni e agli Usa; la Società delle Nazioni risponde con la creazione di una commissione da
inviare in loco presieduta da un esponente della Gb. Nel frattempo cade il governo Giapponese
moderato e ne arriva uno che sostiene i militari.
Nel 1932 Stimson (Segretario di Stato Usa) invia una nota diplomatica alla Cina e al Giappone
dicendo che la posizione statunitense è di NON riconoscere nessuno stato frutto di un’azione
militare, teoria famosa come “Dottrina Stimson”, dottrina del non riconoscimento. Questa però
risulta una dottrina ambigua perché non comporta nessun intervento. Stimson vorrebbe un embargo
petrolifero o finanche una guerra (Hoover aborriva la guerra), la dottrina enunciata è un
compromesso. I giapponesi invadono Shangai ed anche in questo caso non c’è nessuna vera
reazione Usa.
Contemporaneamente, 1932, il Giappone crea in Manciuria uno stato fantoccio, il Manciuquo; non
riconosciuto dagli Usa.
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Intanto Lytton, commissario della Società delle Nazioni, manda un rapporto “dico-non dico” con le
conclusioni circa la situazione: auspicano una Manciuria autonoma ma annessa alla Cina. Il
Giappone lascia la Società delle Nazioni; un altro aspetto che evidenzia il crollo del sistema di
Washington.
La crisi del ’29 aveva avuto conseguenze politiche anche in Europa, colpendo i paesi più deboli;  la
repubblica di Weimar e l’Austria, i quali tentarono un’unione doganale nel 1931; questo passo
venne interpretato come un tentativo di Anschluss; condanna Austria.

Conferenza sul Disarmo Terrestre – Ginevra 1932

Approfittando della tattica “o lo fai o c’è la minaccia tedesca”, la Germania chiede l’applicazione
del principio parità tra gli stati, in poche parole chiede che alla Germania sia concesso di riarmare.
In un primo momento la Francia dice NO. Intanto le elezioni in Germania iniziano a vedere il
trionfo del partito nazista. In Francia invece arriva di nuovo Herriot il quale avvia un dibattito sulla
proposta tedesca;  emerge la volontà di accogliere la richiesta tedesca, poiché essa è giuridicamente
fondata e poi permetterebbe di avviare il dialogo sul disarmo con la Germania compresa.
Fine ’32: accolta la richiesta tedesca.
La Francia è imbrigliata nelle alleanze degli anni ’20;
La Gb condivide molte istanze della Germania, e poi ha altro a cui pensare in Medio Oriente;
L’Urss, col ministro degli esteri Litvinov, conduce una politica a favore della politica di sicurezza
collettiva; 
1932: patti di non aggressione con gli Stati Baltici, la Polonia e la Francia a scopo di contenere la
Germania, a capo della quale, nel frattempo, è arrivato Hitler. Nel 1933 Usa e Urss si riconoscono a
vicenda. Nel 1933 l’Urss firma un trattato di amicizia con l’Italia. Nel 1934 entra nella Società delle
Nazioni;  Nello stesso anno sale al potere Hitler. Contrariamente a quanto avverrà in seguito, non
inizia subito una politica aggressiva, ma lancia segnali distensivi. Alla Conferenza per il disarmo la
Germania pretende un accordo dal valore giuridico che permetta le permetta di riarmare. In rispota
ottiene un secco “Col cazzo!”.  In conseguenza a questo la Germania abbandonerà la Conferenza e
successivamente la Società delle Nazioni nel ’33.
Alla fine del 1932 Mussolini assume l’incarico di ministro degli esteri per contenere Hitler anche se
a tratti – per interessi italiani – gli va incontro.  Politica del Pendolo, non dettata da ideologie.
Nel 1933 Mussolini (antirevisionista, vuole contrastare personalmente il revisionismo tedesco)
avanza una proposta di “Patto a 4”. Ovvero dar vita a una sorta di direttorio di potenze europee:
Italia, Francia, Gb, Germania. Tuttavia questo progetto fallisce perché la Francia si oppose (la
Piccola Intesa non avrebbe gradito e la Francia è ostaggio delle sue alleanze).
Nel 1934 Mussolini si riavvicina a Hitler, organizzando un incontro a Stra (vicino Venezia) per
capirne le intenzioni (timore Anschluss). In quest’incontro Hitler non si sbilancia con Mussolini e si
limita a dire che vorrebbe i nazi trionfanti in Austria. Mussolini dice che le vicende austriache non
devono essere un ostacolo per intrecciare un rapporto tra Italia e Germania.
Hitler interpreta erroneamente le parole di Mussolini, pensando che l’Italia si sarebbe definita
neutrale in uno scontro tra Germania ed Austria.
Nel 1934 c’è un colpo di stato nazista in Austria in cui viene ucciso Dolfuss mentre la moglie e i
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figli erano in Italia a Riccione ospiti di Mussolini. Anche se Dolfuss muore, il colpo di stato fallisce
e Mussolini muove le truppe al Brennero per prestare sostegno all’Austria.  Hitler che inizialmente
aveva esultato per la morte di Dolfuss, non potendo sostenere un conflitto contro l’Italia, si dice
estraneo al colpo di stato. A seguito di quest’avvenimento, si assiste a un riavvicinamento Italia-
Francia in funzione anti-tedesca. Infatti il nuovo ministro Barthou fervente anti-tedesco in questo
periodo stava cercando di rafforzare le sue alleanze in funzione anti-tedesca. Barthou voleva infatti
revisionare la politica estera francese, sviluppare un progetto di ampio respiro, lungimirante e frutto
di una lucida analisi della situazione europea. Barthou vedeva nella Germania il principale pericolo
per la Francia (altri vedevano l’Urss come principale pericolo). Lui si era preoccupato leggendo il
Mein Kampf. Questa sua ricerca di nuovi alleati era dettata dal fatto che non si fidava dei
meccanismi di protezione della Sdn. Inoltre non poteva più ricucire alleanze con la Polonia poiché
quest’ultima aveva appena siglato il patto di non aggressione con la Germania.
Barthou consolida le vecchie alleanze e cerca di avvicinarsi a Urss e Italia.
La Francia segue un approccio non-ideologico alla politica estera. Barthou delinea un percorso da
seguire per arrivare all’alleanza con l’Urss; progetto della Locarno Orientale; Polonia,
Cecoslovacchia, Germania, Urss e Stati Baltici avrebbero dovuto sottoscrivere delle reciproche
garanzie di confini; inoltre era previsto un accordo tra Francia e Urss;  tattica per allearsi con l’Urss.

Litvinov era favorevole a questo progetto.


La Germania si oppose.
La Polonia si oppose ancora più tenacemente;   entrando in conflitto con la Francia e temeva
l’invasione sovietica.
Barthou allora si accorge di avere bisogno dell’appoggio della Gb, in quanto garante del patto di
Locarno;  Barthou va a Londra e incontra resistenze (anche se poi comunque darà il suo appoggio),
la Gb vorrebbe rimanere il garante della pace tra Francia e Germania;  Barthou si arrabbia
tantissimo, anche perché nel frattempo in Germania c’è stata la notte dei lunghi coltelli per mano
delle SS (giugno 1934, epurazione SA e altri oppositori politici), insomma ormai la minaccia
tedesca è chiara! Anche il tentativo di colpo di stato in Austria lo conferma;  Barthou coglie
l’occasione per esprimere solidarietà nei confronti dell’Italia.
Sia Italia che Francia dopo il colpo di stato in Austria appoggiano l’entrata nell’Urss nella Società
delle Nazioni.
La Locarno Orientale è fallita (Berlino e Varsavia contrarie) e Barthou si concentra allora su Urss e
Italia. Visto che l’Italia ha rapporti tesi con la Jugoslavia, Barthou deve cercare di tranquillizzarla; 
invita il re Jugoslavo in Francia ma vengono uccisi entrambi a Marsiglia in un attentato di un
nazionalista macedone. Muore l’unico francese con le palle e gli subentra Laval, il quale si impegna
a proseguire la politica di Barthou, senza riuscirci. Infatti torna ad una politica ambigua e oscillante.
Laval finirà per andare a patti con Hitler. Per perseguire questa strada, la Fr si disimpegna in merito
all’imminente plebiscito nella Saar (previsto per inizio 1935). Il povero Barthou aveva già iniziato
la campagna elettorale e c’erano buone possibilità di vincere. Laval invece smette di far campagna
elettorale e il 90% dei saarois vota per l’annessione alla Germania. Così Laval crede ingenuamente
di aver quietato Hitler (il quale invece sta riarmando da mesi).
Intanto Laval continua l’avvicinamento con l’Italia. Sorgono però dei problemi, quelli che fino ad
allora avevano impedito un accordo: la mancata concessione di alcuni territori all’Italia, questione
tunisina. Si arriva comunque nel 1935 agli accordi Mussolini-Laval:
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- concessione all’Italia di aggiustamenti territoriali in Africa;
- status dei cittadini italiani in Tunisia assimilato a quello dei francesi;
- collaborazione tra i due governi in caso di Anschluss e concentrazione di un’azione comune nel
caso di riarmo tedesco.
Il governo italiano fa pressioni al fine di raggiungere anche accordi militari oltre che politici e la
Francia accetta perché ormai la situazione è chiara.
È chiaro nel 1935 che la Germania sta riarmando (violando Versailles). La Gb allora rinuncia alla
regola dei 10 anni e inizia a riarmare, la Francia porta la leva obbligatoria da uno a due anni. Hitler
utilizzerà questa mossa francese come un pretesto per annunciare la violazione del Trattato di
Versailles, reintromettendo la coscrizione obbligatoria.

REAZIONE;  IL FRONTE DI STRESA - 1935

Francia, Italia, Gb   


Discutono circa la reazione al gesto di Hitler, si chiedono se portare la questione alla Societ à delle
Nazioni. Lo scopo dell'accordo fu quello di riaffermare i principi degli Accordi di Locarno e di
dichiarare che l'indipendenza dell'Austria "avrebbe dovuto continuare ad ispirare la loro politica
comune". Le tre parti, inoltre, si dichiararono pronte a reagire ad ogni futuro tentativo da parte della
Germania di modificare o violare il Trattato di Versailles.
La Francia nel 1935 si allea con l’Urss, un trattato di mutua assistenza che fa riferimento alla
Società delle Nazioni;  il trattato non riguarda meccanismi automatici, ma sancisce solo un
impegno politico e non militare. Alleanza debole in partenza a causa delle perplessità francesi
sull’Urss, ma comunque ha l’obiettivo di intimorire la Germania con la minaccia di una guerra su
due fronti. L’alleanza francese con l’Urss spaventò Italia e Gb.
Il fronte di Stresa inizia quindi a sgretolarsi da solo a causa di decisioni prese nel corso del 1935.
La principale riguarda la firma di un accordo navale tra Gb e Germania: la Germania può violare
Versailles, ma non deve superare il 35% della flotta inglese; revisionismo limitato: la Gb vuole
contenere la Germania, sa che vuole riarmare, glielo consente ma limitandola. La concessione alla
Germania serve a rimandare la guerra nel breve periodo (la Gb non era ancora pronta a un
conflitto), è la scelta del male minore.
La scelta italiana di invadere l’Etiopia è il colpo fatale al fronte di Stresa. L’Italia aveva avuto nel
corso del ‘900 un certo controllo dell’Etiopia. Nel ’34 gli etiopi si ribellarono e attaccarono gli
italiani. Negli accordi con Laval era previsto l’intervento francese anche in una situazione simile:
Mussolini sosteneva che Laval gli aveva dato carta bianca per l’Etiopia. Inoltre alla conferenza di
Stresa, Mussolini aveva fatto in modo che si stabilisse l’accordo secondo cui “niente più violazioni
di Versailles in Europa”, in modo da avere via libera in Africa. Mussolini espresse l’intenzione di
entrare in guerra con l’Etiopia. Quest’intenzione palese divenne un problema per Francia e Gb. La
Francia non ha interessi a intervenire in Etiopia, cerca di non far condannare l’Italia e di non farla
allontanare dal Fronte di Stresa (evitare sia la guerra che l’allontanamento italiano). La Gb non
aveva solo questo problema politico; possedeva anche dei territori in zona e aveva condotto un
sondaggio dal quale era emerso che secondo l’opinione pubblica la Gb doveva opporsi alle
violazioni del diritto internazionale e astenendosi dall’uso della forza. Davanti alla determinazione
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italiana della guerra propongono due soluzioni:
1. un mandato, non un’annessione;
2. l’annessione soltanto di una parte del territorio etiope.
Mussolini respinse entrambe le proposte. Egli infatti era convinto che Francia e Gb non
intervenissero. Così nell’ottobre del ’35 l’Italia muove guerra all’Etiopia. Gb e Francia appoggiano
sanzioni della Società delle Nazioni contro l’Italia che si sostanziano in un embargo economico (ad
esclusione del petrolio). Le sanzioni non sono volontariamente troppo dure poiché c’è la volontà di
lasciare aperto uno spiraglio di dialogo e infatti elaborano il compromesso Laval-Hoare. Questo
prevedeva che se l’Italia avesse cessato il fuoco avrebbe ottenuto i 2/3 dell’Etiopia; questo patto
non va in porto e i due ministri si dimettono. Si ha così la definitiva rottura del Patto di Stresa.
Defunto il Patto con Gb e Francia, a Mussolini non resta che rivolgersi a Hitler (continuando la sua
politica del pendolo). Hitler (che era già uscito dalla Società delle Nazioni nel 1933) da parte sua
continua a rifornire l’Italia di materie prime. Le relazioni tra i due Capi di Stato si concretizzano
con Mussolini che si dice d’accoro nell’ammettere una forma di controllo tedesco sull’Austria
purché essa rimanga uno stato indipendente (palesemente fantoccio fantoccio).

CONSEGUENZE 1936:

La Germania rimilitarizza la Renania, violando ancora Versailles e violando Locarno.


Secondo una note emanata da Hitler la Germania è autorizzata a rimilitarizzare perché gli accordi di
Locarno sono già stati violati dalla Francia (che ha stipulato accordi di mutua assistenza con l’Urss).
Inizia una massiccia politica diplomatica con gli Stati europei: propone un patto di non aggressione
a Belgio, Francia e poi Cecoslovacchia;  Hitler inoltre ha garanzie di non aggressione da Italia e Gb.
Garanzia dall’Italia: Mussolini dichiara sciolto l’accordo di Stresa
Garanzia dalla Gb: disposti a chiudere un occhio (rispetto a violazione Locarno) se la Germania
entra in Renania con un ingresso non armato.
La Francia invece non dà garanzie. Tuttavia alla rimilitarizzazione della Renania né interviene né si
oppone!
Perché la Francia non si oppone alla rimilitarizzazione della Renania?
Molti i motivi di questo errore da parte della Fra:
1) Pensano di aver sopravvalutato la potenza militare tedesca;
2) Applicano l’appeasement (politica, condotta allo stesso tempo dall’Inghilterra, che ha lo scopo di

placare le mire espansionistiche di Hitler e conseguentemente scongiurare l'intervento militare


contro la Germania);
3) Non ha strumenti militari per intervenire (poche armi e obsolete, impostazione tattica difensiva,
non di attacco)

4) Motivi elettorali: la vicinanza delle elezioni, le forze al governo dichiaratesi pacifiste, quindi un
alto rischio di perdere le elezioni;
5) Risorse economiche insufficienti per sostenere una guerra;
6) Periodo di isolamento diplomatico, quindi non poteva contare su particolari forze alleate;
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La Francia non fa nulla e ottiene solo la condanna da parte della Società delle Nazioni.
Le conseguenze politiche dell’astensionismo francese sono:
1. L’ulteriore rottura tra Francia e Polonia;
2. La Piccola Intesa capisce che per trovare sicurezza bisogna aspirare ad accordi con Urss o
Germania;
3. Il Belgio diventa neutrale compromettendo la solidità francese.

In più vi è un ulteriore conseguenza militare:


- La Germania rimilitarizzata, rafforzata è divenuta quasi inattaccabile.

La conseguenza generale dell’astensionismo francese è quindi la definitiva posizione di


predominio di Hitler sul panorama europeo.

Nuova fase della politica tedesca

Per circa due anni la Germania segue una politica più accorta, Hitler evita di violare ancora
Versailles. Sviluppa la sua politica sotto 3 direttrici:
1) Sviluppo di una politica volta a minare le alleanze della zona (Piccola Intesa) e vuole ottenere
una penetrazione economica;
2) Individuazione dei definitivi alleati: Italia e Giappone.

Perché il Giappone? Perché poteva minacciare l’Urss, soprattutto in Manciuria, e indurla ad


allentare i legami con Francia e Piccola Intesa. Può preoccupare anche la Gb e farla arrivare ad un
accordo con la Germania. L’alleanza col Giappone prende forma grazie agli uffici dei diplomatici
Von Ribbentrop e Oshima, il 25 novembre 1936 la Germania ed il Giappone intensificarono i loro
rapporti stipulando il Patto anticomintern, in funzione anticomunista. Carattere esclusivamente
politico, in quanto la Germania ha rapporti anche con Chan Kai Shek, non ha mai riconosciuto il
Manciuquo, e il Giappone teme di essere trascinato in guerra.
Perché l’Italia? Avvicinamento grazie alla “politica del pendolo” di Mussolini durante la guerra in
Etiopia. Il nuovo ministro degli esteri è Galeazzo Ciano, fermo sostenitore dell’alleanza coi
tedeschi. Nel 1936 l’Italia riconosce un accordo tra Austria e Germania (accordo secondo il quale
Hitler riconosceva l’indipendenza dell’Austria in cambio dell’annullamento dell’interdizione dei
nazisti in Austria). Firma dei protocolli di ottobre “Asse Roma-Berlino”, per iniziativa tedesca. Non
si tratta di un’alleanza, ma di accordi. Con questi vengono riconosciuti la missione in Etiopia, gli
impegni e viene riconosciuto la politica di Franco. Mussolini si sta avvicinando alla Germania,
assecondando i piani di Hitler (mire su Austria), in cambio della zona mediterranea.
Mussolini non abbandona del tutto la politica del pendolo, lascia aperto uno spiraglio di dialogo
anche con gli altri paesi: nel 1937 stipula infatti il “Gentlemen’s Agreements” con Gb: in cui
l’Italia si impegna a mantenere lo status quo nel Mediterraneo.

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Guerra civile spagnola 1936

Ha ripercussioni internazionali, marca un netto avvicinamento tra Italia e Germania, coinvolge tutte
le potenze.
Scoppia nel luglio 1936, quando l’esercito del generale Francisco Franco insorge contro il governo
popolare. Viene proclamato quindi il non intervento in Spagna, rispettato solo da Francia e
Inghilterra (anticomunista, ma intenzionata a mantenere rapporti col governo spagnolo per
Gibilterra). L’Italia ufficialmente interviene a favore di Franco, non per motivi ideologici, ma per la
volontà di controllare le Baleari e di evitare una saldatura tra governo spagnolo, francese e
sovietico, evitare di essere schiacciata nel Mediterraneo. Anche la Germania ovviamente interviene
per Franco (il quale vende costantemente armi alla Germania) ed il suo intervento è anche rivolto a
testare a che punto è la potenza bellica tedesca. L’intervento Urss è controproducente poiché crea
una frattura nel fronte popolare.
Anche se la guerra civile spagnola è l’anticamera della seconda guerra mondiale, non si può ancora
parlare di un fronte fascista né di un fronte antifascista: da una parte l’ipotesi di un fronte
filofascista è prematura, poiché Germania e Italia, seppur convergenti in Spagna e avvicinate dai
protocolli dell’Asse, sono ancora divise da strategie molto distanti; dall’altra l’ipotesi di un fronte
antifascista non spiegherebbe il non intervento della Gran Bretagna né i suoi accordi con Hitler; la
Gran Bretagna non solo persegue una politica di accordo con la Germania, ma anche di
rappacificazione con l’Italia in virtù di un comune interesse a mantenere la stabilità nel
Mediterraneo: il 2 gennaio 1937 i due governi firmano un Gentlemen’s Agreement riguardante la
cessazione dell’intervento italiano in Spagna e l’impegno a non modificare lo status quo nel
Mediterraneo; la concretizzazione di tale accordo si ha con la firma degli ACCORDI DI PASQUA
nell’aprile 1938, che ribadiscono il disimpegno italiano in Spagna, il disinteresse italiano alle
Baleari, l’impegno britannico a riconoscere l’impero italiano in Etiopia.

I rapporti tra Germania e Paesi dell’Est

I rapporti tra Germania e Paesi dell’Est si intensificarono. La Jugoslavia addirittura non dà più
grano all’Italia per darlo alla Germania. Nel ’37 viene siglato un accordo Romania-Germania sul
petrolio. Oltre alla strategia economica Hitler si avvale anche della diplomazia: non è pertanto un
problema allacciare legami con l’Ungheria revisionista. Polonia, Romania e Jugoslavia, invece,
erano antirevisionisti.
La Polonia viene rassicurata da Hitler. Egli dal 1936 la induce ad un accordo contro l’Urss, ma
senza sortire risultati perché la Polonia costituiva un equilibrio tra Urss e Germania. Allora Hitler fa
leva sulla contrapposizione Polonia vs Cecoslovacchia e cerca di rassicurarla.
Jugoslavia e Romania non temono la Germania. Allora Hitler tenta una rassicurazione indiretta,
facendo pressioni sull’Ungheria affinché essa spinga col revisionismo contro questi due paesi (ad
esempio rivendicare i territori ungheresi in Jugoslavia).
Fa inoltre credere che la Jugoslavia sarà violenta contro i cecoslovacchi.
Il proposito di Hitler per il biennio 1936-1938 è l’annessione della regione dei Sudeti, che faceva

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parte della Cecoslovacchia. Per perseguire il suo scopo favorisce un accordo Ungheria-Jugoslavia
per aumentare i contrasti. L’obiettivo successivo era l’annessione dell’Austria.
Nel 1937 Hitler rivela i suoi piani al comando del Reich (Hossbach Memorandum). Questi
includono i piani di pulizia etnica miranti la ricerca di uno spazio vitale per la sopravvivenza dei
tedeschi in termini di razza (non di etnia e cittadinanza come per Stresemann).
Agire contro la Cecoslovacchia, ormai abbandonata dalla Francia, non è un problema.
Il 6 novembre 1937 l’Italia si aggiunge a Germania e Giappone nel patto Anticomintern. Mussolini
va a colloquio con Ribbentrop, il quale voleva sondare la posizione italiana circa l’annessione
dell’Austria. Mussolini dichiarò di non aver più intenzione di fare la sentinella dell'indipendenza
austriaca. L’Austria si trova isolata e dovrebbe sottostare a Hitler, nominando come ministro degli
interni un esponente nazista e dando vita ad una politica economica assieme alla Germania. Dopo
una lunga campagna politica, che comprese le minacce di guerra di Hitler, un avvocato nazista,
Inquart, venne nominato Ministro degli Esteri e in seguito Cancelliere d'Austria. Il 12 marzo del
1938, la Germania annunciò l'annessione (Anschluss) dell'Austria, che divenne una provincia
tedesca. Hitler nega che l’Anschluss possa essere un primo passo verso un’espansione ai danni
dell’Italia e Mussolini è d’accordo così il 13 marzo Hitler entra a Vienna. La Francia si limita ad
inviare una nota di protesta.

Dopo l’Austria viene dunque il momento dell’annessione della regione dei Sudeti, territorio
cecoslovacco. In questa regione infatti abitano 3 milioni e mezzo di tedeschi: tra questi si diffonde
un movimento autonomistico, sempre più impregnato di nazismo. La Cecoslovacchia era
importante strategicamente ed economicamente. Nel 1937 Henlein e il movimento filo-nazista
sviluppatosi nell’area avviano una campagna mirata all’ottenimento dell’autonomia. Il passo
successivo sarebbe stata l’annessione. Francesi e inglesi si consultano ma non arrivano ad alcuna
intesa
Minaccia dell’uso della forza: crescono i concentramenti di truppe tedesche in Sassonia ed il 30
maggio 1938 Hitler dà ordine che la Wermacht sia pronta ad entrare sul territorio cecoslovacco a
partire dall’1° ottobre.
Hitler ha in mente un’idea e passa prima dalla via diplomatica. Nel suo celebre rifugio chiamato
“Nido dell’aquila” propose a Chamberlain un accordo che penalizzava i cecoslovacchi.
Chamberlain, sostenitore dell’appeasement, ci riflette.
Il 22 settembre Chamberlain si reca nuovamente in Germania: non si tratta più di negoziare, il
governo di Praga deve accettare la cessione dell’intera regione dei Sudeti alla Germania.
Il 28 settembre, senza consultare il suo governo, Chamberlain scrive a Hitler che tutto può essere
risolto “senza guerra e senza ritardi”, offrendogli così la possibilità di completare il suo scopo.
Così il 29-30 settembre 1938 viene convocata la Conferenza di Monaco (Italia, Francia, Germania,
GB) durante la quale tutte le richieste del Fuhrer vengono accolte ed il presidente cecoslovacco
Benes viene costretto ad accettare l’annessione del territorio dei Sudeti alla Germania. Mussolini
(che, convocato come mediatore della crisi, elenca una serie di proposte concordate col Fuhrer) e
Chamberlain (che ottiene la firma di un documento in cui è ribadita l’importanza primaria delle
buone relazioni anglo-tedesche e l’impegno di adoperarsi per mantenere la pace) si ergono a
pacificatori poiché la guerra è stata evitata. Diverse furono le conseguenze di questa conferenza:
- L'accordo di Monaco rimane nella memoria collettiva come esempio della nefasta politica di
appeasement;
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- Stalin non viene invitato. Questo favorirà nell’Urss la percezione che Francia e Gran Bretagna
vogliano spingere le mire di Hitler verso est;
- La conferenza ebbe indirettamente un altro effetto indesiderato: l'atteggiamento tollerante di
Gb e Fra incoraggiò enormemente l'aggressività degli stati amici della Germania; l’Italia
su tutti con Mussolini che si sentì abbastanza sicuro per procedere ad un'occupazione italiana del
Regno di Albania. L'aggressione italiana aveva soprattutto lo scopo di controbilanciare
l'espansione tedesca in Europa centrale.

L’accordo portò inoltre a 3 azioni di politica distensiva di Hitler:


- inviolabilità dei confini cecoslovacchi;
- trattato di non aggressione con la Gran Bretagna (settembre);
- trattato di non aggressione con la Francia (dicembre);
Il 15 marzo 1939, in contrapposizione a quanto deciso a Monaco, Hitler viola i confini
cecoslovacchi: le truppe tedesche entrano a Praga, annettendo il resto della Boemia e della Moravia.
Se fino alla conferenza di Monaco le azioni di Hitler potevano essere ricondotte ad un principio di
legittimità, ora l’invasione dei confini cecoslovacchi è totalmente illegittima poiché viola un
accordo firmato pochi mesi prima da Hitler in persona. Ciò rende da ora in poi impossibile ogni
compromesso. Chamberlain dichiara finita la politica dell’appeasement ed il 31 marzo 1939 offre
la propria garanzia all’indipendenza della Polonia.
La conferenza di Monaco fu la massima espressione della politica di appeasement inglese, teoria
considerata da Truman tra le cause della 2° Guerra Mondiale. L’appeasement britannico degli anni
’30 è la naturale prosecuzione della politica estera intrapresa negli anni ’20. Esempi di appeasement
inglesi sono: l’accordo navale anglo-tedesco del 1935, la promozione della parità tra Francia e
Germania, posizioni prese in merito alla Renania e all’Anschluss. L’appeasement rispecchia la
volontà inglese di ritardare (non scongiurare!) lo scontro con la Germania. Chamberlain si dichiarò
soddisfatto del compromesso di Monaco e per questo è stato fortemente criticato.
Perché Chamberlain riteneva inopportuno affrontare subito Hitler?
Per prima cosa non aveva solide capacità di militari tali da poter sostenere una guerra contro una
nazione militarmente superiore. Inoltre era in corso in Gb una crisi strutturale accentuata dalla crisi
del ’29. Non poteva affrontare una guerra da sola, doveva organizzare una coalizione e non godeva
dell’appoggio dei dominios, ormai semi-indipendenti e disinteressati alle vicende tedesche.

SITUAZIONE POSSIBILI ALLEATI GB

Gli Usa negli anni ’30 (post crisi) attuano una politica isolazionista (e protezionismo economico).
Nel 1935 approva una  legge di neutralità, che vieta di commerciare con paesi in guerra.
Roosevelt mette in quarantena gli stati che volevano scardinare l’ordine internazionale. Ma gli
americani sostengono l’isolazionismo del Congresso e quindi viene meno l’intervento statunitense.

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Francia: disponibile ma sostanzialmente inutile.
Rimangono Urss e Italia. Churchill, che intanto era divenuto Primo Ministro, era un anticomunista,
approvava l’accordo con Italia e Urss, ma invece il governo era contro e restò contro fino al ’38 per
ragioni ideologiche. Per quanto riguarda l’Italia, veniva vista troppo inaffidabile per la sua politica
del pendolo.
L’opinione pubblica britannica influenzava il governo e viceversa, in un circolo vizioso.
L’appeasement era anche un modo per convincere l’opinione pubblica di avere intenzioni pacifiste,
così quando sarebbe scoppiata la guerra l’opinione pubblica avrebbe sentito che era stato fatto tutto
il possibile per evitarla.
Fine dell’appeasement il 15 marzo 1939, ma è frutto di un processo graduale che matura
definitivamente all’inizio del ’39. Ci si rende conto che nonostante la Conferenza di Monaco, Hitler
vuole rivolgere la propria attenzione verso altri territori (Romania, Ucraina, Polonia, Olanda
probabilmente). La Gb dava la propria garanzia alla Francia in caso di attacco, accelerò il riarmo in
materia intensiva con sostegno sindacati-lavoratori. Il 15/3/1939 Hitler annette la Boemia-Moravia,
zona della Cecoslovacchia non abitata da tedeschi; violazione del principio di autodeterminazione
dei popoli e pacta sunt servanda. Abbandono ufficiale politica appeasement e presa di decisione: in
caso di altre simili azione, interverrà contro la Germania!
Il governo britannico garantisce alla Polonia (chiara prossima vittima di Hitler) il proprio appoggio
e si impegna quindi ad entrare in guerra contro la Germania. Dopo l’invasione dell’Italia in Albania
la Gb dà la garanzia anche a Turchia, Grecia e Romania. Quando ci si rende conto che la Germania
è inarrestabile, Gb inizia a contemplare anche l’idea (mai realizzata) di un’alleanza con l’Urss.
Aprile ’39 si aprono i negoziati tra Gb, Urss, Francia. Nello stesso giorno Stalin avvia un dialogo
con la Germania perseguendo la “politica del doppio binario”. Il 10 marzo 1939 la Russia dice che
non aveva problemi ideologici per la collaborazione, ma il dialogo con la Francia si rivela un po’
difficile e quindi Stalin propone un’alleanza tripartita. Gb e Francia temporeggiano chiedendo
all’Urss di dare garanzie ai paesi centrali minacciati ma loro non danno nulla in cambio; alla fine
Gb e Francia accettano la proposta di Stalin, ma solo accordo politico e non militare.

Patto Molotov-Ribbentrop - 1939

Nel 1939 viene nominato Ribbentrop al posto di Neurat e nel luglio i negoziati per accordo con
l'Urss si accelerano.
Accordo commerciale firmato il 20/08/39; la Germania propone inoltre un patto di non aggressione;
tre giorni dopo viene firmato il patto Molotv-Ribbentrop.
La parte pubblica non è un accordo ma solo un patto di non aggressione.
Il contenuto segreto invece riguarda la spartizione di Polonia e Stati Baltici tra Urss e Germania.
Inoltre la Germania riconosceva la Bessarabia come territorio dell’Urss.
Tale patto scombussolò gli equilibri politici; perché scongiurava una guerra su due fronti per la
Germania. L’Urss aveva stipulato questo patto perché temeva che la Germania andasse avanti in
Urss dopo aver preso la Polonia.
Effetti: l’Urss poteva contrastare meglio il Giappone. Sicurezza dell’Urss che Hitler attaccherà di
sicuro prima i francesi che l’Urss. L’Urss comunque rafforza i confini in caso di invasione tedesca.
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La notizia dell’accordo è una bomba diplomatica, che inaugura una grande crisi dell’immagine
dell’Unione Sovietica all’estero, persino fra i partiti comunisti europei. Ciano descriverà il patto
come un “orribile connubio”. Nell’alleanza nazi-sovietica l’ideologia conta ben poco, poiché basata
unicamente su scelte di convenienza politica per entrambe le parti.

Patto d’Acciaio – 22 maggio 1939

La Germania si rafforza diplomaticamente. Perché sopraggiunge il patto tra Italia e Germania?


1) L’Italia si accorge che la politica del pendolo non funziona e che Gb e Francia ora se ne
disinteressano;
2) Mussolini non era più in grado di influenzare Hitler, quindi deve fare un accordo in modo anche
da essere informato delle decisioni tedesche.
3) La Gb non era ancora in grado di contrastare Hitler e Ciano capisce che alzando la posta con la
Germania si alza anche quella con la Gb.
Viene specificato da Mussolini che l’Italia non era in grado di scendere in guerra prima di 2 o 3
anni: rafforzare esercito, sistemare questioni sospese in Albania, spostare apparato industriale a
Sud. Ciano incontra Ribbentrop, viene lasciato alla Germania il compito di redigere il testo.
Ecco il testo tedesco:
di carattere offensivo e non difensivo (nega la possibilità di rinvio della guerra) e sancisce l’obbligo
di consultazione tra i 2. Inoltre Mussolini fa arrivare ad Hitler il “Memoriale Cavallero” una lettera
che ribadisce l’incapacità italiana di scendere subito in guerra.
L’Italia ribadisce che se la Germania attacca la Polonia e la Gb interviene, l’Italia non interviene in
guerra. La Germania violerà il trattato perché non consulterà l’Italia.
1° settembre 1939 la Germania attacca la Polonia.

Fasi della Seconda Guerra Mondiale


Le macro-fasi della 2°GM sono:
- Dallo scoppio della guerra (1° settembre 1939) fino all’invasione tedesca dell’Unione Sovietica
(giugno-dicembre 1941);
- Dall’attacco giapponese a Pearl Harbor (7 dicembre 1941), che porta gli USA ad entrare in guerra,
fino alla co-belligeranza italiana con le forze alleate (USA, URSS, GB) nel settembre 1943;
- Grandi conferenze.

PRIMA FASE: 1 settembre 1939 la Germania invade la Polonia.


2 settembre 1939 l’Italia dichiara la sua non belligeranza.
3 settembre 1939 Fra e Gb dichiarano guerra alla Germania in difesa della Polonia.

Fronte Orientale: la blitzkriegh (Guerra lampo) ha pieno successo, infatti il 25 settembre Varsavia
è nelle mani dei tedeschi. I sovietici varcano il confine polacco, assestandosi sulla linea stabilita dai
protocolli segreti del patto Molotov-Ribbentrop. Il 28 settembre tali accordi sono perfezionati
(modifiche del protocollo segreto): l’URSS ottiene la Lituania in cambio di un’avanzata tedesca in
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Polonia; è Hitler a fare questa proposta, perché crede possibile riaprire la strada del compromesso:
infatti vuole utilizzare la Polonia come merce di scambio, pensando che Chamberlain avrebbe
accettato più probabilmente una Polonia più piccola ma non una Polonia per metà sovietica; ma
ormai la proposta di pace di Hitler trova risposta negativa prima dalla Francia e subito dopo dalla
Gb, che vede l’ingresso nel governo di uomini come Churchill (fautore dell’intransigenza
antigermanica). Nel frattempo Stalin riscuote ciò che gli spetta: Estonia, Lettonia e Lituania
accettano l’ingerenza dell’URSS (costruzione di basi sovietiche), ma la Finlandia oppone
resistenza: si apre la cosiddetta “guerra d’inverno” (1939-1940), mediocre prova delle armate
sovietiche, che incoraggia Hitler a persistere nella sua strategia occidentale, vista la presunta
fragilità militare dell’URSS. In questa occasione la Società delle Nazioni ha un ultimo soffio di vita:
espelle l’Unione Sovietica (ciò peserà molto quando, sulle ceneri della Società delle Nazioni,
nascerà l’Organizzazione delle Nazioni Unite).

Fronte Occidentale: il 9 aprile 1940 Hitler occupa Danimarca e Norvegia, per poi rivolgersi verso
la Francia. Dopo aver violato la neutralità di Belgio e Olanda, il 14 giugno 1940 le forze tedesche
entrano trionfalmente a Parigi. La Germania occupa i 2/3 della Francia e lascia 1/3 ai francesi,
repubblica di Vichy. La flotta francese rimane ferma. Il governo francese, stabilito a Vichy, è
affidato al filonazista Pètain, il quale firma l’armistizio il 22 giugno 1940 sulla vettura ferroviaria di
Rethondes (dove era stato firmato quello del 1918). Quando le operazioni contro la Francia mettono
in luce la netta supremazia tedesca, Mussolini (che aveva espresso mille critiche e perplessità e
aveva tentato di sganciarsi da Hitler) vede l’opportunità di sedere al tavolo dei vincitori con
pochissimo sforzo, così il 10 giugno 1940 l’Italia dichiara guerra ad una Francia morente e alla
Gran Bretagna.
La conseguenza dell’entrata in guerra dell’Italia è che la guerra inizierà ad estendersi oltre l’Europa,
in particolare Area Balcanica e Nord Africa.
Mentre i tedeschi elaborano la strategia contro la Gran Bretagna, rimasta sola a combattere, il 28
ottobre 1940 Mussolini inizia le operazioni contro la Grecia, ma le iniziali difficoltà costringono le
truppe tedesche a soccorrere quelle italiane, imponendo così ai greci l’armistizio nel 1941. In questo
momento tutta l’Europa è sotto il controllo tedesco, ad eccezione della Gran Bretagna. Proprio in
Gb il 9 maggio 1940 Winston Churchill sostituisce Chamberlain nella carica di Primo ministro.
Ad agosto Hitler inizia a bombardare sistematicamente la Gb. Questa resiste grazie alla compattezza
della società civile britannica e all’utilizzo dei radar (comunque difficoltà a livello economico).
Roosevelt a metà del ’40 è preoccupato dalla piega che sta prendendo il conflitto, dice che gli Usa
faranno tutto il possibile senza però inviare uomini. In particolare gli Usa utilizzano la formula degli
aiuti “cash & carry”, ovvero io te li do ma tu paghi il trasporto e in questo momento la Gb non era
in grado. Una vittoria tedesca non avrebbe consentito la sopravvivenza della democrazia americana,
così Churchill decide di incontrare Roosevelt per raggiungere un accordo che faccia entrare Usa in
guerra. Questi accordi vertono in particolare modo sugli ambiti economici come l’impegno
reciproco di rinuncia al protezionismo e l’inizio di trattative sulla leggie “affitti e prestiti” (lend-
lease). Gli Usa sono quindi in guerra ma ancora indirettamente.
Germania e Urss, intanto, si fortificano entrambe e si allontanano progressivamente.
Il 27 settembre 1940 Germania, Giappone e Italia firmano il Patto Tripartito, un’alleanza
economica, politica e militare conosciuta anche come asse Roma-Berlino-Tokyo (RoBerTo) al fine
di riconoscere le rispettive aree di influenza nel Mediterraneo, in Europa e in Asia e di offrirsi
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reciproca protezione rispetto alle mosse degli Stati Uniti.
Il Fuhrer ha già previsto l’Operazione Barbarossa, l’attacco contro l’Unione Sovietica, per il 15
maggio 1941, convinto che la superiorità della macchina militare germanica porti ad una vittoria
lampo. Tuttavia incontra ostacoli politico-diplomatici e un’inattesa situazione militare: la prima è la
costituzione del governo di militari guidati dal generale Simovic in Jugoslavia, favorevole a Gb e
Urss. Questo governo per le sue simpatie costituisce un pericolo per le potenze dell’asse, quindi
Hitler, già intervenuto in aiuto di Mussolini nella Campagna militare dei Balcani, decide di
intervenire anche in Jugoslavia. Attacca la capitale Belgrado il 5 aprile 1941 e il 17 aprile l’esercito
jugoslavo firma l’armistizio, mentre i comandi greci contro i quali era impegnato Mussolini firmano
la resa il 29 aprile.
L’attacco tedesco all’Urss è così rinviato al 22 giugno 1941: sebbene in un primo momento i
sovietici si trovarono in difficoltà e in una situazione di inferiorità, il rinvio risulterà fatale per
l’esito dell’impresa a causa del “Generale inverno”. La primavera del 1941, con l’operazione
Barbarossa, con l’approvazione della legge Affitti e Prestiti, con il trattato di neutralità nippo-
sovietico (impegnava entrambe le potenze alla reciproca neutralità, nel caso di un attacco ad una
delle due da parte di una terza potenza, e di non aggressione di una delle due nei confronti dell’altra.
e aveva una validità di cinque anni), segna per Hitler l’inizio della fine: se fino ad ora la vita
europea è stata dettata dalle sue decisioni, da qui in poi restituisce l’iniziativa agli altri, mettendo in
moto il formarsi di una coalizione che ha come unico obbiettivo un’Europa liberata dal dominio
nazista.
L’attacco contro l’Unione Sovietica ha inizio con un ottimismo del tutto fuori luogo, derivante dalla
persuasione della superiorità operativa e tecnologica delle forze tedesche. Il successo iniziale
convince Stalin della necessità di elaborare una strategia difensiva imponente. Organizza
segretamente la resistenza sovietica sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista
propagandistico. Costituisce un Comitato di difesa nazionale e chiama tutto il paese a combattere
quella che i sovietici chiameranno “la grande guerra patriottica” per l’indipendenza e la libertà
democratica (riferimento a Usa e Gb) dei popoli. Così l’Armata rossa si trasforma in un grande
esercito nazionale di liberazione dalle atrocità tedesche. L’8 dicembre, ormai a pochi chilometri dal
centro di Mosca, Hitler è costretto a fermare l’offensiva. Gli Usa nel frattempo affrontano un
processo lento e tortuoso di abbandono dell’isolazionismo: dal 1935 gli Usa si astengono
dall’intervenire in conflitti che coinvolgono altri paesi, attenendosi alle proprie leggi di neutralità
(anche se queste vengono aggirate durante il conflitto sino-giapponese: la Cina nazionalista evita di
dichiarare apertamente guerra al Giappone allo scopo di non vedersi chiusi gli aiuti USA; ciò spiega
quanto sarà dura per gli USA la perdita della Cina con l’avvento di Mao Tse Tung l’1 ottobre
1949). Nel 1937 Roosevelt pronuncia a Chicago il “Discorso della Quarantena”, in cui denuncia il
carattere totalitario del nazifascismo paragonando lo scoppio della violenza internazionale ad una
malattia contagiosa. Tuttavia tutti i sondaggi esprimono una larga opposizione a qualsiasi
coinvolgimento degli Stati Uniti delle vicende europee, perciò fino alle elezioni del 1940, che gli
assicurano il terzo mandato, Roosevelt ha le mani legate. A modificare questo stato di cose
sopraggiungono contemporaneamente le iniziative tedesche contro Norvegia, Danimarca, Olanda,
Belgio, poi l’attacco alla Francia, e al tempo stesso il maturare della convinzione che non si possa
più posticipare l’invio di aiuti alla Gran Bretagna. In questa situazione Roosevelt cerca di
convincere l’opinione pubblica in due modi:
- agisce sul profilo propagandistico: “se la casa del vostro vicino sta bruciando, potreste continuare
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a rimanere chiusi in casa vostra?”. Ribadisce che la sicurezza americana dipende dalla
sopravvivenza della Gb, la quale va aiutata con ogni mezzo;
- mette in atto una strategia step by step: dal 1939 viene messa in atto la politica del cash and carry
(paga e porta via), che permette ai belligeranti di acquistare merci in USA ma solo se in grado di
pagare in contanti e di trasportarle su loro navi. Il passo successivo è la presentazione al Congresso
del progetto per un lend-lease act (Affitti e Prestiti), che permette al Presidente di “vendere,
affittare o prestare armi, munizioni, generi alimentari e qualsiasi altro strumento di difesa a quei
paesi la cui tutela avesse giudicato vitale per gli Stati Uniti”. Per la prima volta nella sua storia il
Regno Unito aspetta ansiosamente l’approvazione di una legge americana, che entra in vigore l’11
marzo 1941. La legge Affitti e Prestiti rappresenta una svolta radicale nella politica di neutralità
americana.
In seguito all’approvazione del Lend-Lease Act, Roosevelt e Churchill si incontrano su una barca,
agosto 1941, per discutere l’evolvere della situazione mondiale, sottoscrivendo alla fine delle loro
conversazioni, il 14 agosto 1941, la Carta Atlantica (seme della nascita dell’ONU). Contiene i
principi per il futuro ordine mondiale:
- dal punto di vista politico, il disinteresse dei due paesi a ingrandimenti territoriali e la
restaurazione dei diritti di autogoverno per coloro che ne sono stati privati;
- riguardo l’ambito economico, la libertà d’accesso ai commerci e alle materie prime su basi di
eguaglianza e la rinuncia all’uso della forza nell’ambito di un sistema di sicurezza collettivo;
- la Carta auspica inoltre, a seguito della distruzione finale della tirannia nazista, la nascita di un
mondo sicuro, pacifico, libero dalla paura e dal bisogno.
Le relazioni Usa-Jap intanto sono sempre più in crisi e falliscono i tentativi di porvi rimedio; visioni
inconciliabili, il Giappone vuole via libera in Cina e Indocina.
Il coinvolgimento statunitense negli affari europei è sempre maggiore, fino ad arrivare al momento
che determina l’effettivo ingresso in guerra degli USA: il 7 dicembre 1941 il Giappone attacca la
flotta americana ancorata nelle acque di PEARL HARBOR nell’arcipelago delle Hawaii. L’attacco
non è stato autoprovocato dagli USA, tuttavia le continue tensioni nel Pacifico rendono evidente
che Roosevelt non sia stato completamente colto di sorpresa, pur non potendo prevedere dove e
quando si sarebbe verificata l’aggressione.

La SECONDA FASE della guerra

La seconda fase della guerra si apre con l’intervento degli Stati Uniti nel conflitto mondiale. Gli
Alleati riescono a costituire una coalizione antinazista abbastanza salda. Grande Alleanza Usa-Gb-
Urss, nonostante animati da principi e obbiettivi divergenti riguardo il futuro nel dopoguerra. tattica
L’alleanza militare è data dal nemico comune, ma restano presenti le profonde differenze
ideologiche e politiche. L’alleanza resterà sempre un’alleanza anormale e ciò peserà sulle vicende
del dopoguerra.
Il giorno dell’attacco a Pearl Harbor (7 dicembre 1941, il giorno dopo Hitler interromperà
l’operazione Barabarossa per le condizioni climatiche impossibili) il ministro degli esteri Gb va da

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Stalin a Mosca e chiacchierano sull’alleanza e su due problemi principali:
1) La Gb deve riconoscere i nuovi confini Urss, anche se conseguiti in seguito al patto Molotov-
Ribbentrop; la Gb dà risposte ambigue e tergiversa cosciente dell’entrata in guerra degli Usa;
2) Stalin vorrebbe l’apertura di un secondo fronte in Francia per diminuire la pressione tedesca sul
fronte orientale, ed anche qui Gb tergiversa.
Anche se nel 1941 Stalin è ancora in una posizione di vantaggio, già pensa al dopoguerra e aveva
obiettivi di lungo periodo come quello di avere una cintura di stati che salvaguardasse l’Urss.
La Gb di Churchill mirava invece a mantenere l’impero.
Gli Usa di Roosevelt avevano un Grand Design: la creazione di un nuovo sistema internazionale
che garantisse stabilità e sicurezza. La guerra era frutto del protezionismo azionato durante la crisi;
era dunque necessario azionare interdipendenze economiche che dissuadessero dal conflitto.
3 soggetti, 3 obiettivi diversi.

Per quanto riguarda i problemi immediati circa l’apertura del secondo fronte, Usa e Gb si
incontrano durante gli incontri della Conferenza di Arcadia tenuta nei mesi a cavallo tra il ’41 e il
‘42. Punto focale degli incontri era il dibattito sulla strategia da adottare a grandi linee nella lotta
contro l'Asse. La conferenza vide il trionfo della linea “Germany first”, ovvero di un maggiore
impegno bellico nei confronti della Germania, proposta dalla Gb.
1° gennaio 1942: Dichiarazione delle Nazioni Unite. Essa viene elaborata durante la Conferenza
di Arcadia, che Roosevelt e Churchill tengono tra dicembre 1941 e gennaio 1942, e si propone
come una sorta di manifesto della lotta contro l’Asse RoBerTo. I due statisti ribadiscono i principi
già espressi nella Carta Atlantica e assumono due impegni precisi:
1. combattere la guerra con tutte le risorse disponibili e cooperare con gli altri firmatari della
dichiarazione senza sottoscrivere paci o armistizi separati (per rassicurare Urss). Tra i 26 firmatari
anche Cina e Unione Sovietica. Per l’URSS, che da sola sta reggendo il peso della guerra,
sottoscrivere tale impegno comune significa avere la promessa di non essere abbandonata dai nuovi
alleati. Tuttavia l’apertura del Secondo Fronte, che avrebbe alleggerito la pressione tedesca sul
fronte orientale, si fa attendere per 2 lunghi anni. Parte della storiografia sostiene che ci sia stata
intenzionalità a ledere Stalin, affinché nazismo e comunismo si distruggessero vicendevolmente:
tuttavia ciò non è dimostrabile, anche perché in questa fase è prematuro parlare di guerra fredda e
poiché l’obbiettivo comune era fermare il nazismo.

Il ritardo dipende da diverse difficoltà:


- I tedeschi non fanno mistero di aver disposto sulle rive dell’Atlantico un sistema difensivo che essi
giudicano inespugnabile (Vallo Atlantico);
Inoltre USA e GB non attuano le medesime strategie:
la Gran Bretagna ha come priorità la conservazione del suo impero ed è perciò rivolta ad una
Strategia Periferica, che vada quindi a preservare punti strategici in Asia, Africa e le vie di
comunicazione. I britannici riescono a persuadere gli americani dell’opportunità di tentare
l’Operazione Torch: lo sbarco in Marocco e Algeria dell'8 novembre 1942, che non richiede una
preparazione troppo lunga. E’ esattamente espressione della strategia periferica britannica anche lo
Sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943, che tuttavia ben poco incide sulle sorti della guerra (per
Churchill bisogna colpire “the soft underbelly of Europe” = il ventre molle dell’Europa).
Il 25 luglio un duplice colpo di stato porta alla caduta di Mussolini (lo stesso Gran Consiglio del
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Fascismo sfiducia Mussolini) e alla formazione del governo militare con presidente del Consiglio il
Badoglio il quale deve decidere se continuare la guerra a fianco dei tedeschi oppure no. Alla
radiolina dice di sì per evitare rappresaglie tedesche, ma negozia l’armistizio. Il 3 settembre 1943
(reso pubblico l’8 settembre, nei giorni di mezzo si decide come affrontare Hitler per salvare
almeno Roma; “tragedia dell’8 settembre” con la conseguente fuga del governo a Brindisi dando
vita al Regno d’Italia) l’Italia firma l’armistizio, impegnandosi al rovesciamento del fronte e alla
dichiarazione di guerra alla Germania (l’Italia non diventa alleato, ma solo cobelligerante, poiché
rimane paese sconfitto). A nord della linea di combattimento, i tedeschi occupano i 2/3 della
penisola e Mussolini da vita alla Repubblica sociale italiana di Salò.
Gli Stati Uniti prediligono invece la Strategia Frontale: il 6 giugno 1944, quasi un anno dopo la
resa italiana, le forze alleate riescono ad attuare l’Operazione Overlord, famosa come lo Sbarco in
Normandia. La Francia viene liberata in poche settimane (liberazione di Parigi il 25 giugno); nella
primavera del 1945, dopo una logorante battaglia sul Reno, gli alleati penetrano in profondità nel
territorio germanico, mentre i sovietici, occupata la Polonia, avanzano fino a Berlino: il 7 maggio
1945 la Germania subisce la resa.
Vittoria Urss a Stalingrado e poi l’armata Rossa supera la Russia e avanza verso la Germania,
alcune vittorie Usa sul Giappone. La vittoria delle potenze dell’Intesa è ormai molto vicina.

TERZA FASE: Le grandi conferenze inter-alleate


1. Conferenza di Casablanca (14 - 24 gennaio 1943) partecipano Roosevelt, Churchill e De Gaulle.
In cui si decise, dopo aver chiuso col fronte africano, di aprire il fronte italiano. Sarà proprio l’Italia
il primo paese dell’Asse a uscire dalla guerra, e dunque anche il primo banco di prova della tenuta
dell’intesa tra le forze alleate. Durante la conferenza Roosevelt e Churchill lanciano a Stalin un
messaggio rassicurante, poiché affermano il principio della resa incondizionata ed il divieto di
stipulare paci separate con le forze dell’Asse. Tuttavia sono proprio gli anglo-americani i primi a
contraddirsi: i sovietici sono coinvolti nelle procedure dell’armistizio italiano, ma di fatto vengono
tenuti lontano dalla possibilità di controllare quanto accade in Italia
Ciò costituisce il cosiddetto “precedente italiano”, cioè il paradigma che i sovietici a loro volta
seguiranno durante l’occupazione dei territori dell’Europa orientale.
A seguito della resa italiana si tiene la Conferenza di Mosca (18 – 30 ottobre 1943), durante la quale
i tre ministri degli Esteri Molotov (Urss) , Eden (Gb) e Hull (Usa) approvano la costituzione di una
Commissione consultiva europea che predisponga una politica comune nell’Europa liberata. Di
fatto però ciascuno mantiene le proprie riserve ideologiche riguardo il dopoguerra: mentre Stalin e
Churchill condividono una visione ancora radicata nella cultura europea della politica di potenza,
Roosevelt pensa in termini di ordine mondiale e di organizzazioni adatte per governarlo; il “disegno
rooseveltiano” prevede per gli USA il ritorno a casa senza rimanere invischiati negli affari europei,
e ciò può avvenire solo evitando gli errori già commessi: ovvero bisogna creare un’organizzazione
internazionale per la sicurezza collettiva, e poiché per gli USA era stato un errore rimanere fuori
dalla Società delle Nazioni (per non essere poliziotto d’Europa), ora è necessario convincere
l’opinione pubblica che questo nuovo progetto sia molto vantaggioso e poco oneroso, e ciò può
avvenire solo coinvolgendo gli altri grandi, in primis l’Unione Sovietica, con cui condividere
l’onere della sicurezza. Bisogna risolvere l’intrinseco rapporto tra economia e politica, per evitare le
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conseguenze della crisi del ’29, che era stata affrontata con politiche isolazioniste le quali avevano
creato forti nazionalismi: un dopoguerra sicuro e pacifico deve abolire politiche protezionistiche e
garantire il liberismo economico.

2. Conferenza di Theran (28 novembre – 1 dicembre 1943) riunisce Churchill, Roosevelt e Stalin.
Viene assicurato a Stalin l’impegno per aprire il “secondo fronte” entro il 1° maggio 1944, mentre
Stalin promette l’apertura da parte sovietica di un fronte contro il Giappone. Sul piano giuridico-
politico Roosevelt e Stalin non hanno difficoltà ad accordarsi su argomenti quali Pace, Nazioni
Unite e lotta contro il colonialismo; è così aperta la via che condurrà alla messa a punto dello statuto
della nuova organizzazione universale a Dumbarton Oaks (agosto-settembre 1944; si riuniscono i 4
governi poliziotti per delineare i contorni della futura Onu; rimane ancora disaccordo su 2 questioni:
struttura del Consiglio di Sicurezza e la rappresentanza degli Stati federati Urss all’Assemblea
Generale). Ma il tema scottante a Teheran riguarda la necessità per l’Unione Sovietica di
circondarsi di “stati amici” che facciano da cuscinetto: pertanto Stalin, che fonde politica di
espansione e politica di sicurezza, chiede che non sia messa in discussione la posizione che l’URSS
sta acquisendo in Europa dell’est. La questione riguarda in primis la Polonia: USA e GB
acconsentono allo spostamento del confine polacco di 200 km a ovest, sino al fiume Older, a danno
della Germania (viene mantenuto il principio dell’indipendenza ma non quello dell’integrità). Per-
ché gli anglo-americani acconsentono alla richiesta di Stalin? Roosevelt e Churchill sono animati da
interessi diversi, anche se li accomuna un forte senso di colpa per la mancata apertura del “secondo
fronte”. Inoltre, poiché si parla per la prima volta con Stalin di Organizzazioni Unite, bisogna
considerare il coinvolgimento sovietico nella creazione di stati poliziotto; infine non si ha ancora
ben chiaro cosa Stalin intenda per “stati amici” (futuri “stati satellite”); ciò diverrà più chiaro in
occasione del mancato intervento sovietico all’insurrezione di Varsavia nell’agosto 1944: l’Armata
Rossa si ferma a poca distanza dalla città, mentre i tedeschi sterminano la resistenza polacca e
distruggono il ghetto. Così, quando i sovietici entrano a Varsavia, il vuoto di potere è totale, e dopo
essersi resi responsabili della fucilazione di alcune migliaia di esponenti dell’èlite militare polacca,
riconoscono come governo provvisorio il Comitato di Lublino che, formato da esponenti del Partito
comunista polacco, prende il posto del governo legittimo in esilio. Insomma Stalin in Polonia aveva
tenuto fuori gli alleati, applicando il precedente italiano. L’altra grande questione riguarda la
Germania: essa avrebbe dovuto essere posta sotto l’influenza della Gran Bretagna e dell’Unione
Sovietica, poiché le truppe americane si sarebbero ritirate; il problema centrale rimane se il
territorio tedesco debba restare sotto una sola autorità politica o se prevederne la divisione; si
affaccia il concetto di “zone”. Appare chiaro come sia a Teheran che compare il concetto di sfere
d’influenza e non a Yalta come da immaginario comune. Roosevelt delinea il progetto dei 4
poliziotti: Usa, Urss, Gb, Cina potenze che avrebbero dovuto collaborare nel 2° dopoguerra come
garanti dell’ordine internazionale e della pace. Sono i primi passi verso l’Onu. Roosevelt aveva in
mente un’organizzazione che funzionasse grazie ad un accordo tra grandi potenze prime inter pares.
Vennero affrontate anche le questioni Vietnam e Indocina e quella degli stretti (Stalin voleva
sbocco in Turchia).
1944 -> rapida avanzata degli alleati, armata rossa da est e Usa da ovest. Riconoscimento reciproco
Urss e Regno del sud (Italia nel biennio ’43-’45). Stalin era ancora intenzionato a partecipare alla
situazione italiana non gli bastava di aver ottenuto un insulso comitato consultivo. Negoziato con
Badoglio, concessione a Togliatti di tornare in patria. Irrita gli Usa perché Urss cerca di ritagliarsi
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spazi dove non ha diritto. Churchill in un incontro con Stalin propone le percentuali da spartirsi per
i vari Paesi (Romania 90-10, Bulgaria 75-25, Ungheria 50-50, Grecia 10-90), Churchill voleva
trasmettere comprensione all’Urss e tenersi la Grecia.
Nel 1944 ci furono le conferenze di Bretton Woods (interdipendenze economiche; obbligo per ogni
paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso
rispetto al dollaro, che veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi
oscillazioni delle altre valute; la seconda, il compito di equilibrare gli squilibri causati dai
pagamenti internazionali. Il piano istituì sia il FMI che la Banca mondiale) e Dumbarton Oaks.

3. Conferenza di Yalta (1 – 11 febbraio 1945, Crimea, vicino a Urss): la sconfitta della Germania è
alle porte; il senso di colpa che aveva in parte animato gli anglo-americani durante gli accordi di
Teheran è svanito. Roosevelt ha capito le intenzioni di Stalin riguardo gli “stati amici”, tuttavia
permane la necessità di tenere vicina l’Unione Sovietica affinché combatta ancora contro il
Giappone ed entri nell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Yalta è un momento importante ma non
dominante rispetto ad un processo iniziato parecchio tempo prima, in cui la conferenza rappresenta,
a dispetto del deteriorarsi del clima diplomatico, una pausa di moderazione. I temi affrontati sono:
1. accordi sulla Germania: non si parla di smembramento ma di creazione di 4 zone di occupazione
(sovietica + francese all’interno delle zone americana e britannica);
2. sul piano economico non è intenzione né di Roosevelt né di Churchill annientare la Germania con

le riparazioni, ma Stalin è categorico: avendo subito i danni maggiori, esige almeno la metà delle
riparazioni (10 milioni $); Roosevelt non si mostra ostile all’idea, ma le decisioni a riguardo si
rimandano a Potsdam;
3. accordi sui paesi liberati: viene firmata la Dichiarazione sull’Europa liberata, documento in base
al quale i tre grandi si impegnano affinché in ogni stato sia possibile la creazione di “istituzioni
democratiche, scelte autonomamente”, cioè mediante la formazione di governi frutto di “libere
elezioni, governi rappresentativi della volontà della popolazione”;
4. accordi sulla Polonia: resta poco da deliberare dal punto di vista territoriale, dopo i fatti di
Varsavia. Resta il problema politico, dopo il colpo di mano sovietico di porre al potere il
Comitato
di Lubino: viene stabilito che dopo la fine della guerra si costituisca un governo provvisorio di
unità nazionale, integrato con elementi del governo in esilio, col compito di tenere elezioni libere.

Dichiarazione dell’Europa liberata. Riguarda gli accordi sull’Organizzazione delle Nazioni Unite: il
1° tema riguarda il numero di rappresentanti che l’URSS avrebbe avuto nell’Assemblea generale
dell’ONU; partecipano come stati fondatori Bielorussia e Ucraina, a seguito della richiesta sovietica
di ammettere nell’organizzazione tutte le repubbliche dell’URSS singolarmente (richiesta priva di
fondamento giuridico, visto che nessuna delle repubbliche sovietiche ha una personalità
internazionale giuridicamente riconosciuta). Il 2° tema riguarda il Consiglio di sicurezza, l’organo
esecutivo dell’ONU: per evitare che esso assuma deliberazioni operative contrarie a una delle 5
potenze previste come membri permanenti (USA, GB, Francia, Cina, URSS; poliziotti del mondo),
si decide che nessuna delle votazioni del Consiglio sarà valida se avrà il voto contrario di almeno
uno di tali membri = diritto di veto (è l’URSS a proporlo, poiché sa di essere in minoranza dopo il
rifiuto di far entrare nell’ONU tutte le repubbliche sovietiche). L’ultimo tema relativo allo statuto
29
dell’ONU riguarda la questione coloniale: i paesi non ancora divenuti indipendenti saranno
sottoposti ad Amministrazione fiduciaria (Trusteeship) sotto tutela delle Nazioni Unite. Per
Roosevelt il varo dell’ONU è il risultato più importante dei lavori di Yalta: “La conferenza di
Crimea è stata un momento di svolta nella storia del mondo…Essa dovrebbe segnare la fine del
sistema delle iniziative unilaterali, delle alleanze esclusive, delle sfere di influenza, della balance of
power, e di tutti gli altri espedienti che per secoli sono stati provati e hanno sempre fallito”.
Stalin conferma il suo impegno di entrare in guerra contro il Giappone e avanza le sue richieste
come contropartita per l’intervento sovietico: territori giapponesi nonché la creazione di una
compagnia sino-sovietica per il controllo della ferrovia mancese.

Le origini della Guerra Fredda


Alla base di questa vi sono diverse motivazioni:
- mancato adempimento degli accordi di Yalta;
- passaggio da Roosevelt a Truman;
- richiesta sovietica di prestiti agli USA;
- questione tedesca.
E’ errato accusare Roosevelt (accusato di essere stato molle e arrendevole perché tanto era già
malato terminale) di aver venduto l’Europa a Stalin a Yalta: infatti la conferenza è all’origine della
guerra fredda non tanto per le spartizioni territoriali che essa determina, quanto per il mancato
rispetto degli accordi in essa siglati.
Al momento di Yalta Stalin già possedeva la Polonia ed è Stalin a fare concessioni a Roosevelt
promettendo elezioni libere. Roosevelt prima di morire aveva sollecitato Stalin con una lettera a
rispettare la Dichiarazione Europa liberata.
Roosevelt muore il 12 aprile 1945: il giorno stesso Truman prende la carica di Presidente degli Stati
Uniti. Ciò determina un grosso cambiamento nella percezione sovietica, poiché per Stalin viene
meno l’interlocutore che ha avuto durante tutto il conflitto mondiale. Comunque Truman è ben
attento a non cambiare la rotta del suo predecessore, infatti si circonda degli stessi uomini che
circondavano Roosevelt.
Truman è poco esperto in politica estera e dà credito a chi chiede più fermezza e ostilità con l’Urss.
Tra il 25 aprile e il 26 giugno 1945 si tiene la Conferenza di San Francisco, durante la quale viene
approvata la Carta dell’ONU, siglata da 51 stati. Ciò è particolarmente importante per gli USA,
poiché la firma della Carta porta a compimento il progetto di Roosevelt. L’organizzazione che
prende vita, che ha il compito primario di “mantenere la pace e la sicurezza internazionale” (art.1),
è così composta: un’Assemblea Generale, il Consiglio di Sicurezza (con le modalità di voto stabilite
a Yalta) composto da 11 membri (poi 15) dei quali 5 permanenti, gli altri eletti a rotazione ogni due
anni; un Segretario Generale.
Conclusasi la vicenda ONU a San Francisco, segue l’ultima delle grandi conferenze inter-alleate,
quella conclusiva dopo la resa della Germania e prima della resa del Giappone: alla Conferenza di
Potsdam (17 luglio – 2 agosto 1945) Stalin è ancora presente, al posto di Roosevelt c’è Truman, e
Churchill è sostituito, dopo il 25 luglio, da Attlee, il leader laburista che vince le elezioni in Gran
Bretagna grazie ad un programma che punta alla ripresa (proposta di welfare state che si concentri

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sui problemi interni); cambiano gli interlocutori, perciò tendono ad affiorare con facilità
recriminazioni e reciproci sospetti. Gli argomenti di discussione a Potsdam:
Polonia: il confine con la Germania viene stabilito lungo la linea Oder-Neisse;
Germania: viene confermata la divisione in quattro zone, ma si stabilisce che una commissione
alleata di controllo coordini e amministri il paese come un’unica entità economica; anche Berlino,
nel cuore della zona sovietica, viene divisa in quattro zone di occupazione. Quanto alle riparazioni,
Truman è assai meno morbido di Roosevelt: esse devono essere pagate in termini di risorse e
relativamente a quanto sia possibile; ma poichè la zona sovietica è la meno industrializzata, si
prevede che i sovietici possano ricevere sino al 15% degli impianti in eccesso esistenti nelle altre
zone. Quanto all’amministrazione economica unitaria, essa si rivela ben presto impossibile, vista
l’enorme diversità tra il sistema economico sovietico e quello americano. La disparità di ripresa tra
la Germania occidentale e quella orientale viene presto a galla, dunque perché l’Unione Sovietica
insiste nel portare avanti tale politica? Perché necessita veramente delle riparazioni ai fini della
propria ripresa. L’URSS aveva infatti già accennato a chiedere prestiti agli USA sin dal 1942, ma
l’idea viene ripresa in varie occasioni, fino a che, poco prima della conferenza di Yalta, Molotov
illustra all’ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca Harriman la precisa proposta sovietica: un
prestito di 6 miliardi di dollari. All’interno dell’amministrazione americana il segretario del tesoro
Morgenthau è favorevole ad un prestito di 10 miliardi (non a caso pari alla domanda di riparazioni
tedesche formulata da Stalin a Yalta), ma è lo stesso Harriman, dopo la morte di Roosevelt e in
considerazione del comportamento sovietico in Polonia a irrigidirsi e a far valere la necessità che il
prestito sia accompagnato da precisi accordi politici internazionali: il rispetto delle condizioni di
Yalta. Il commento di Stalin è uno solo: gli USA utilizzano il loro potere economico per fare ricatti
sul piano politico: i sovietici scelgono perciò di provvedere da soli alla ricostruzione e diventano
sempre più ostili a ogni ipotesi americana di collaborazione; Stalin darà il via a piani economici
quinquennali e affermerà che l’Urss non ha bisogno dell’aiuto degli Usa. Queste dichiarazioni sono
interpretate come dichiarazione di guerra fredda.
Giappone: la svolta si ha dopo il successo, del primo esperimento di un ordigno nucleare bellico;  il
26 luglio 1945 a Potsdam i governi degli USA, della GB e della Cina inviano un pesante ultimatum
a Tokyo, nel quale fanno allusione ai rischi impliciti nella prosecuzione delle ostilità, senza però
rendere esplicita la minaccia atomica. Stalin non firma l’ultimatum non perché c’è l’intenzione
degli anglo-americani di escludere i sovietici, ma perché l’URSS non si trova in stato di guerra
contro il Giappone: l’atomica non è lanciata in funzione antisovietica, ma per chiudere rapidamente
la questione giapponese. Il Giappone rifiuta la resa (no garanzie su prosecuzione impero): il 6
agosto il primo ordigno nucleare viene sganciato su Hiroshima; l’8 agosto l’URSS dichiara guerra
al Giappone; il 9 agosto una nuova bomba viene sganciata su Nagasaki; il 2 settembre, viene
firmato l’armistizio. Il 12 settembre cessano le ostilità in Corea ed il paese viene diviso in due zone
d’occupazione: quella sovietica a nord del 38° parallelo e quella americana a sud dello stesso.
La vittoria americana sul Giappone influisce sulla posizione sovietica per vari motivi. Stalin non
viene privato di ciò che gli è stato promesso a Yalta, ma l’importanza del successo americano sta
nel fatto che gli USA mostrano di poter dominare non solo l’Atlantico e l’Europa, ma anche il
Pacifico e l’Asia.
Alla fine della guerra gli Stati Uniti sono una potenza mondiale, poiché hanno già proiettato la loro
potenza su tutto il globo e in tutti i campi; l’Unione Sovietica è una potenza dalle enormi
dimensioni geografiche e dalle immense riserve di materie prime ma con gravi problemi di
31
ricostruzione materiale e di definizione degli obbiettivi globali. Mentre l’egemonia statunitense e
l’occupazione militare dei paesi ex nemici avviene senza che le popolazioni interessate avvertano
odio per gli oppressori, l’egemonia sovietica viene esercitata in modo oppressivo. Tuttavia dagli
archivi sovietici emerge che non ci sia mai stato un progetto per assicurare a Mosca il controllo
totale degli stati dell’Europa dell’est, ma sembra che la satellizzazione sia stata il risultato delle
particolari circostanze di ogni paese e della volontà del dittatore di garantire in tutti i modi la
sicurezza e la potenza dell’Unione Sovietica. Tuttavia sembra che Stalin prema per ottenere un
dominio incontrastato soprattutto nei tre paesi collocati nella regione strategicamente vitale al di là
delle frontiere occidentali della Russia:
Polonia: viene davvero costituito un governo di coalizione secondo le intese di Yalta, ma le elezioni
del gennaio 1947 vengono alterate in modo tale da assegnare al “blocco democratico”, i comunisti,
il 90% dei voti; ormai è un regime a partito unico;
Romania: dopo lo scioglimento di tutti i partiti tranne il Partito socialdemocratico che si fonde con
il Partito comunista, e dopo l’abdicazione e l’esilio di re Michele, nel 1948-49 la Romania è uno
stato satellite a tutti gli effetti, guidato da Groza.
Bulgaria: quando l’Armata rossa abbandona il paese alla fine del ’47, si lascia alle spalle un regime
a partito unico guidato dal militante comunista Dimitrov.
Sugli altri paesi dell’Europa orientale Stalin sembra, almeno inizialmente, non intenzionato a
rafforzare eccessivamente la morsa comunista:
Ungheria: alle libere elezioni nazionali del 1945 vince il Partito dei piccoli proprietari, il cui leader
Nagy diventa Primo ministro a capo di una coalizione di governo in cui i comunisti occupano ruoli
subalterni. Tuttavia alla metà del 1946 le tensioni politiche tra Washington e Mosca sono cresciute a
tal punto che il Cremino ritiene necessaria la permanenza di un governo amico a Budapest: nel
maggio 1947 Nagy è costretto a dimettersi e nel maggio 1948 un’elezione truccata assicura la
vittoria schiacciante del Fronte di Indipendenza Nazionale controllato dai comunisti.
Cecoslovacchia: il Presidente Benes, rientrato dall’esilio londinese nella primavera del 1945,
mantiene relazioni cordiali con l’Unione Sovietica, volendo fare del proprio paese un ponte tra est e
ovest. Nel dicembre 1945 tutte le forze armate sovietiche abbandonano il paese, lasciandosi dietro
un governo di coalizione che opera secondo procedure indiscutibilmente democratiche.
Jugoslavia: il leader della resistenza jugoslava Tito, alla fine della guerra nuovo “padrone” di
Belgrado, gode di uno status singolare tra i governanti comunisti dell’Europa dell’est per due
motivi: in primo luogo ha colmato il vuoto politico lasciato dai tedeschi senza un’assistenza
decisiva da parte dell’Unione Sovietica; in secondo luogo nutre ambizioni regionali radicate nella
realpolitik più che nella classica ortodossia comunista; progetta un’ampia federazione che riunisca
l’intera penisola balcanica sotto l’egemonia jugoslava, includendo Albania, Bulgaria e la provincia
settentrionale della Grecia. Inizialmente Stalin chiude un occhio di fronte al tentativo di Tito di
perseguire una politica estera indipendente e aggressiva, ma durante l’inverno 1947-48 denuncia la
proposta di un trattato bilaterale di amicizia tra Jugoslavia e Bulgaria e critica l’appoggio jugoslavo
alla rivolta comunista greca; finchè nel giugno 1948 a Bucarest, durante un incontro del
Cominform, i delegati denunciano la Jugoslavia per aver sfidato Mosca e la espellono.
Probabilmente la conseguenza più significativa dell’uscita di Tito dalla sfera sovietica è l’aumento
dell’ansia ossessiva di Stalin riguardo alle possibili opposizioni alla sua autorità all’interno del suo
stesso blocco.
Quella che per Stalin è una prudente strategia per costruire una barriera difensiva, nel tentativo di
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proteggere le vulnerabili frontiere occidentali della Russia attraverso un “cordone sanitario” di
servili stati cuscinetto, comincia ad essere interpretata dall’amministrazione Truman come il primo
passo di una campagna russa per acquisire il controllo dell’intero continente europeo. In questo
clima di profonda diffidenza reciproca, ritorna a galla la questione tedesca: sulla base
dell’impossibilità di esercitare un’amministrazione unitaria della Germania, nel febbraio 1946 il
segretario di stato americano Byrnes fa circolare l’idea di un patto venticinquennale di garanzia
contro la rinascita del militarismo tedesco. A seguito del rifiuto di Molotov, il progetto non va in
porto, tuttavia esso rappresenta un importante capovolgimento di prospettiva americana, perché
avrebbe significato la presenza di forze militari sul territorio (mentre l’ipotesi iniziale prevedeva il
rapido ritiro di tutte le forze statunitensi dal continente europeo). A ciò segue una dichiarazione di
Stalin il 9 febbraio 1946 in occasione del discorso elettorale: egli annuncia minacciosamente che il
mondo è ormai diviso in due schieramenti ostili, comunista e capitalista, destinati a scontrarsi. Una
settimana dopo l’URSS sembra confermare la svolta aggressiva della politica estera sovietica,
poiché rifiuta di entrare a far parte del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale,
istituite nell’estate 1944 alla Conferenza di Bretton Woods. Negli Stati Uniti la percezione negativa
dei messaggi provocatori provenienti da Mosca sfocia nel Telegram Kennan: Kennan, diplomatico
che ha passato gran parte della sua carriera all’ambasciata statunitense a Mosca, il 22 febbraio 1946
invia ai suoi superiori a Washington un telegramma, proponendosi di spiegare le origini del
crescente atteggiamento bellicoso dell’Unione Sovietica nei confronti dell’Occidente; i tradizionali
nemici della Russia, Germania e Giappone, sono stati sconfitti, perciò Gran Bretagna e Stati Uniti
devono ora essere trasformati da alleati di guerra in pericolosi nemici, al fine di giustificare la
repressione interna del regime. Il telegramma ha un effetto scioccante sull’amministrazione
Truman, ed implica la necessità di una radicale riconsiderazione della politica statunitense nei
confronti dell’Unione Sovietica. Dopo la sua sconfitta elettorale alla fine della guerra Churchill,
sentendo la necessità di una collaborazione anglo-americana in chiave antisovietica, il 5 marzo 1946
pronuncia un famoso discorso: “Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro
è scesa sul continente.”
Kennan annuncia che è necessaria una politica di contenimento e paragona l’Urss a un virus.
La svolta americana riguardo la questione tedesca si ha il 6 settembre 1946 con la Dichiarazione di
Stoccarda: Byrnes rende manifesto il nuovo impegno statunitense nei confronti della Germania,
riguardo la quale non può esserci una soluzione unitaria; l’esercito americano sarebbe rimasto sul
territorio tedesco per tutto il tempo in cui sarebbe rimasta l’Armata rossa, rigiutando del tutto l’idea
di un rapido ritiro. I russi interpretano il gesto come intenzione Usa di conquistare il mondo.
Nel frattempo, dopo l’estate 1946, Gb entra nella sua più profonda fase di crisi, ulteriormente
aggravata dall’inverno più freddo nella storia del paese. Il Foreign Office britannico rende nota la
decisione di sospendere la convertibilità della sterlina, introdotta solo pochi mesi prima, e non solo
di tagliare tutti gli aiuti finanziari, ma anche di ritirare tutte le truppe britanniche da Turchia e
Grecia:
in Turchia Stalin preme per il controllo congiunto turco-sovietico degli Stretti, vitali per la sicurezza
sovietica e per avere uno sbocco sul Mar Nero. Il declino dell’influenza britannica in Turchia lascia
spazio all’intervento di Washington, che interpreta la pressione sovietica come volontà di ottenere
libero accesso al Mediterraneo: perciò Truman invia la portaerei più potente della flotta statunitense
e rinforza la presenza navale nell’area. Ciò incoraggia il governo turco a resistere, nella
determinazione a mantenere il controllo esclusivo degli Stretti;
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in Grecia regna una situazione politica caotica: dopo il ritiro tedesco e l’arrivo delle truppe
britanniche nell’ottobre 1944, appena risulta evidente che le autorità britanniche stanno per riportare
al potere ad Atene il governo monarchico in esilio, l’Esercito comunista greco di liberazione
popolare (ELAS) ed il Fronte di liberazione nazionale (EAM) organizzano un’insurrezione. Stalin,
nel rispetto della considerazione della Grecia come zona di interesse britannico, ignora le richieste
d’aiuto dei comunisti greci. Nel febbraio 1945 c’è un cessate il fuoco e nel marzo 1946 il Partito
popolare monarchico assume il potere, assicurando un orientamento di governo conservatore e
filobritannico. Ma le forze comuniste riprendono le armi, e nella primavera 1946 iniziano a ricevere
aiuti da Jugoslavia, Bulgaria e Albania. Gli USA vedono la rivolta greca come un altro esempio
dell’ingerenza sovietica, ma in realtà Stalin non aiuta direttamente i ribelli greci sia perché diffida
delle rivoluzioni comuniste che non è in grado di controllare direttamente (caso simile è quello
cinese), sia perché comprende che USA e GB non avrebbero permesso la creazione di un regime
nemico in un paese così strategico.
Il 12 marzo 1947 Truman tiene uno storico discorso, formulando la Dottrina Truman: impegno
incondizionato di assistenza statunitense ai paesi che in ogni angolo del mondo siano minacciati sia
da un’aggressione esterna da parte dell’Unione Sovietica sia da una rivolta comunista interna
sostenuta da Mosca.

I 3 pilastri della dottrina Truman


1) Politico-Ideale: per convincere opinione pubblica e congresso a stanziare soldi per situazioni in
Grecia e Turchia bisogna presentare il problema come lotta tra bene e male, free people contro
sistemi totalitari, non limitarsi a descrivere la situazione circoscritta;
2) Economico: il piano Marshall con lo scopo di colmare il dollar gap che impediva all’Europa di
commerciare con gli Usa;
3) Militare: Patto Atlantico del 1949.
Il Congresso risponde prontamente elargendo milioni di dollari, per la Grecia e la Turchia. Per gli
Usa le grandi potenze che storicamente hanno fatto da contrappeso all’impero sovietico non
possano più ricoprire quel ruolo, e debbano perciò essere sostituite dagli Stati Uniti, gli unici ad
essere in grado di imporre dei limiti all’espansione della potenza russa; non attraverso il diretto uso
della forza militare, bensì indirettamente, attraverso la promozione di prosperità, sicurezza e
stabilità delle nazioni a rischio. Questa nuova dottrina del contenimento si propone di contenere
l’avversario all’interno dei propri confini, arginando il cosiddetto “effetto domino” delle nazioni
che si spostano verso la sfera sovietica (si parla anche di Teoria della mela marcia, che contagia
tutte le mele del cestino); tali rischi sembrano più vicini che mai, vista anche la presenza dei partiti
comunisti, in primis quello francese e quello italiano. Il contenimento non contempla l’uso
dell’arma militare se non come ultima possibilità: prevede invece da una parte l’arma politica che
faccia sì che non attecchisca l’ideologia comunista, dall’altra l’arma economica che permetta il
risanamento dei paesi a rischio; una massiccia iniezione di aiuti finanziari statunitensi per
risollevare la vacillante economia europea avrebbe potuto evitare la creazione di terreno fertile per
l’attecchimento dell’ideologia comunista. A questo proposito viene elaborato l’European Recovery
Program (ERP),  detto Piano Marshall, progetto annunciato al mondo dallo stesso Segretario di
Stato. Vista la situazione critica in cui versa l’economia europea, c’è la necessità di assistenza
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finanziaria per coprire i costi delle importazioni essenziali (risorse e materie prime), almeno fino
alla ripresa delle esportazioni. I due elementi che contraddistinguono il Piano Marshall sono:
- la Multilateralità: gli aiuti devono essere distribuiti su base multilaterale anziché bilaterale,
affinché sia l’Europa come unico interlocutore a strutturare le modalità di suddivisione dei capitali
innestati;
- la Genericità: nessun Paese è escluso, possono aderire anche i paesi comunisti dell’Europa
orientale e la stessa Unione Sovietica.
Il ministro degli Esteri britannico e francese, convocano una Conferenza a Parigi, alla quale Stalin
invia il ministro degli Esteri Molotov: ma le condizioni legate al programma di aiuti si rivelano ben
presto inaccettabili per l’URSS. Il 1° luglio 1947 Molotov abbandona la conferenza denunciando il
piano statunitense come un complotto per ottenere il controllo delle economie europee e come
un’intrusione ingiustificata negli affari interni di stati sovrani. Non partecipano alla conferenza i
paesi del blocco sovietico (Polonia e Cecoslovacchia sono costrette a ritirare le proprie lettere
d’accettazione) e neanche la Spagna, per via delle sue simpatie nei confronti dell’Asse durante la
guerra. Le 16 nazioni destinatarie istituiscono l’Organizzazione Europea per la Cooperazione
Economica (OECE), al fine di distribuire i fondi e promuovere il coordinamento delle loro politiche
economiche nazionali (prima volta in cui si assiste al fenomeno di integrazione europea). La
risposta sovietica è aspra: nel settembre 1947 si tiene in Polonia, una riunione dei rappresentanti dei
partiti comunisti dell’Europa orientale più quello italiano e francese, e come sostituto del defunto
Comintern (abolito nel 1943 a seguito delle proteste anglo-americane) viene istituito l’Ufficio di
informazione comunista, il Cominform. Esso, apparentemente destinato a coordinare le attività
politiche dei partiti comunisti europei, diventa in pratica lo strumento del Cremino per il sabotaggio
del Piano Marshall.

Il 1948

Cecoslovacchia: guidata dal Presidente Benes, vi si è instaurato un governo democratico di


coalizione. Ma dopo la decisione di Gottwald, leader del Partito comunista cecoslovacco e Primo
ministro, di piegarsi alla pressione sovietica e di boicottare il Piano Marshall nell’estate 1947, e
ancor di più a seguito del suo sfacciato progetto di riempire la polizia di agenti comunisti, la
popolazione cecoslovacca inizia a ribellarsi. In risposta al crescente malcontento il Cremlino fa
pressione sul Primo ministro affinché formi un governo monopartitico, facendo intendere che
l’assistenza militare sovietica sarebbe stata disponibile una volta eseguite questa richiesta. Il 20
febbraio 1948 Gottwald ricorre a intimidazioni per costringere Benes a nominare un nuovo governo
in cui solo i comunisti possano sceglierne i membri non comunisti: due settimane dopo, l’unico
membro non comunista rimasto, il ministro degli Esteri Jan Masaryk, muore nel misterioso episodio
della defenestrazione di Praga. Seguono le dimissioni di Benes, cui gli succede Gottwald a capo di
un nuovo governo monocolore. Questo rappresenta l’ultimo tassello della creazione dei cosiddetti
“stati amici”, ma è il più preoccupante poiché la Cecoslovacchia era uscita dalla guerra con un
sistema democratico.

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Italia: gli Stati Uniti nutrono molte preoccupazioni poiché il Partito comunista italiano è molto
forte, ma nel maggio del 1947 la Democrazia Cristiana lo estromette dalla coalizione di governo,
nella previsione di ottenere più probabilmente l’assistenza economica statunitense. Le elezioni
italiane del ’48 non vedono il coinvolgimento diretto di USA e URSS, infatti le armi inviate dai
sovietici al PCI sono state in gran parte confiscate, mentre la proposta americana di fornitura di
armamenti al governo viene rifiutata da De Gasperi (perché non abbia effetti controproducenti sulle
elezioni ma anche perché l’Italia è in grado di cavarsela da sola). Se da una parte l’Unione Sovietica
annuncia di essere favorevole al ritorno delle colonie in Italia, dall’altra gli Stati Uniti rispondono di
essere favorevoli al ritorno di Trieste all’Italia. Il 18 aprile 1948 si afferma nettamente la DC di De
Gasperi con il 48% dei consensi, senza però determinare la totale esclusione del PCI.

Germania: le tre potenze occidentali procedono sulla via dell’unificazione economica e monetaria,
istituendo il 1° marzo 1948 una Banca Centrale che emetta un’unica valuta tedesca da utilizzare
nelle tre zone ovest. Il 18 giugno 1948 introducono nelle loro zone unificate una nuova moneta, il
marco tedesco, nel tentativo di combattere l’iperinflazione e il mercato nero. Il 25 giugno per tutta
risposta l’Unione Sovietica procede con l’istituzione di un proprio marco all’interno della zona est.
L’estate del 1948 segna l’interruzione totale della cooperazione inter-alleata nell’occupazione della
Germania. La zona occidentale comprende il 75% della popolazione e le zone industriali più
produttive (Ruhr, Renania e Westfalia) e tutto ciò genera notevole preoccupazione a Mosca sia
perché essa esercita una forte attrattiva sui cittadini tedeschi della zona sovietica, sia perché
potrebbe diventare un baluardo delle potenze capitaliste pericolosamente vicino all’impero
sovietico. Così, nell’estremo tentativo di ostacolare gli alleati occidentali, Stalin si serve della
questione monetaria per far scattare la scintilla: la questione riguarda quale moneta debba circolare
a Berlino, situata nella zona sovietica. Le potenze occidentali si accordano per permettere al marco
della zona sovietica di circolare in tutta la città, a patto che la moneta sia stampata sotto la
supervisione di tutte le quattro potenze, per evitare che i russi inondino la città con una moneta che
rischia di perdere in breve tempo il suo valore. I sovietici sono però irremovibili e iniziano a
distribuire unilateralmente il loro marco in tutta la città. Gli alleati occidentali quindi reagiscono
introducendo nei loro settori il marco tedesco, destinato a distruggere la debole moneta sovietica. La
contromossa delle autorità della zona sovietica non si fa attendere e si attua il 24 giugno con
l’interruzione di ogni collegamento stradale e ferroviario tra la zona occidentale e Berlino: col
Blocco di Berlino l’Urss annuncia che il governo delle 4 potenze nella città è giunto al termine.
Washington e Londra improvvisano un ponte aereo che assicuri il rifornimento di cibo, carburante e
medicine: dopo una diminuzione della visibilità nel dicembre 1948 a causa della nebbia, i
rifornimenti aerei riprendono, arrivando addirittura ad un atterraggio ogni 3 minuti. Truman non
sospende mai il ponte perché sa che Stalin non avrebbe rischiato una guerra abbattendo un aereo
statunitense o britannico, dato che gli USA godono del monopolio delle armi nucleari e possiedono
una flotta di bombardieri capace di trasportarle sopra bersagli sovietici. Il 11 maggio 1949 Stalin
interrompe il blocco e questo è per gli USA un enorme successo, soprattutto propagandistico.
Alla fine della crisi di Berlino:
l’8 maggio ’49 nasce la Repubblica Federale Tedesca (RFT) comunemente chiamata Germania
Ovest. La capitale è Bonn;
il 7 ottobre ’49 nasce la Repubblica Democratica Tedesca (RDT) comunemente chiamata
Germania Est. La capitale è il sobborgo berlinese di Pankow.
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Altre 3 grandi questioni riguardano l’anno 1949:
1. la firma del Patto Nordatlantico
2. la nascita della Repubblica Popolare Cinese
3. la nascita del bipolarismo atomico

Patto Nordatlantico
Lo statista più preoccupato della vulnerabilità dell’Europa occidentale rispetto alla minaccia tedesca
è quello il cui paese ha meno da temere. Il Ministro degli Esteri Bevin Gb abbandona il tradizionale
atteggiamento britannico di distacco rispetto alle questioni riguardanti il continente europeo e
conclude con la Francia, nel marzo 1947, il Trattato di Dunkerque, un patto di mutua difesa che
obbliga ciascun Paese a difendere l’altro da un’aggressione. Tuttavia, poiché il patto coinvolge solo
due paesi ed è diretto contro l’ormai improbabile minaccia di un’organizzazione tedesca, Bevin si
adopera per trasformare il concetto bilaterale di mutua difesa in un sistema di sicurezza
multilaterale diretto contro la minaccia sovietica. Ottenuta la risposta favorevole da Washington,
Bevin persuade i 3 paesi che da poco hanno formato l’unione doganale del BeNeLux (Belgio,
Olanda e Lussemburgo) ad iniziare le discussioni con le potenze del Trattato di Dunkerque: il 17
marzo 1948 i 5 paesi firmano il Trattato di Bruxelles, che li impegna a respingere un attacco armato
in Europa contro uno qualsiasi di loro. È ovvio che da soli questi paesi non sarebbero mai stati in
grado di difendersi dall’Unione Sovietica, così subito dopo il Trattato di Bruxelles, la Gb inizia una
serie di negoziati segreti (Pentagon Talks) con USA e Canada. Truman deve però affrontare
un’ostile maggioranza repubblicana al Senato, tradizionalmente opposta al coinvolgimento
statunitense negli affari europei in tempo di pace, ma un numero crescente di repubblicani inizia a
ripudiare l’isolazionismo del partito: tra questi il Senatore Vanderberg, Presidente della
Commissione affari esteri. Egli, in collaborazione con il sottosegretario di Stato Lovett, elabora la
cosiddetta Risoluzione Vanderberg, che viene approvata dal Senato l’11 giugno 1948: essa
autorizza gli USA a partecipare a sistemi di sicurezza regionali in ogni parte del mondo in modo da
eludere il veto sovietico in sede di Consiglio di Sicurezza ONU; essa inoltre chiarisce la
compatibilità della partecipazione statunitense a un sistema di mutua difesa a protezione di una
particolare area geografica con il principio di sicurezza collettiva espresso nella Carta delle Nazioni;
l’art.51 della Carta ONU autorizza gli stati membri a partecipare ad accordi di difesa regionali
esterni all’organizzazione mondiale (con questa scappatoia gli USA avevano già aderito agli accordi
per la sicurezza globale all’interno del Trattato di Rio del 1947). La risoluzione è in netta
contraddizione con la tradizione statunitense di non aderire ad alleanze difensive in tempo di pace:
questa inversione di tendenza è provocata dal deteriorarsi dei rapporti con i sovietici e soprattutto
dall’episodio shoccante della presa del potere da parte dei comunisti in Cecoslovacchia. Forte della
risoluzione Vanderberg, Lovett inizia il 5 luglio 1948 una serie di discussioni (exploratory talks on
security) con le 5 potenze del Trattato di Bruxelles ed il Canada, che alla fine dell’anno si allargano
anche a Italia, Norvegia, Danimarca, Islanda e Portogallo.
Il 4 aprile 1949 questi 12 paesi firmano a Washington il Patto Atlantico del Nord, cioè un patto di
difesa regionale i cui firmatari si impegnano a fornirsi assistenza reciproca in caso di aggressione
militare, sotto la sorveglianza di un’entità che prende il nome di North Atlantic Treaty Organization
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(NATO). Il Portogallo viene coinvolto nel Patto Atlantico soprattutto a causa dell’importanza
strategica delle Azzorre, oltre che per il fatto che durante la guerra era neutrale ma filostatunitense;
al contrario la Spagna viene esclusa per via della sua vicinanza all’Asse durante il conflitto
mondiale. L’Italia non è interessata al Patto di Bruxelles sia perché durante la sua firma si stanno
svolgendo le elezioni italiane, sia perché il popolo non vuole più saperne di guerra, ed un alleanza
del genere sa proprio di guerra. Una volta vinte le elezioni, de Gasperi accetta di entrare nel Patto
Atlantico, perché informato dai suoi ambasciatori in USA dell’importanza a livello diplomatico-
politico di tale adesione. Tuttavia l’ingresso dell’Italia crea perplessità all’estero, sia per la sua
inaffidabilità, sia per il no a Bruxelles. A questo punto è la Francia a premere affinché sia accettata
l’adesione italiana, per due motivi: 1. senza l’Italia il patto avrebbe coinvolto solo i paesi del nord,
mentre inserirla significa per i francesi assumere la posizione geografica centrale del trattato ed
estendere l’alleanza al Mediterraneo (interessi soprattutto riguardanti l’Algeria); 2. senza l’Italia la
maggioranza dei firmatari sarebbero stati paesi protestanti e per la Francia cattolica sarebbe stato
difficile accettarlo.
Il Patto Atlantico contiene numerose scappatoie: l’articolo 5 obbliga ciascun firmatario a
intraprendere solo le azioni che giudicherà necessarie in risposta a un attacco armato nei confronti
di un alleato (potrà decidere per l’uso della forza sia per il non intervento); l’articolo 11 stabilisce
che le clausole del trattato devono essere rispettate in conformità con le norme costituzionali di
ciascun firmatario; nel caso degli Stati Uniti ciò significa che ogni utilizzo della forza militare
nell’ambito del trattato deve essere approvato dal Congresso = il Patto atlantico non prevede alcuna
clausola di automaticità.
Entrando a far parte della NATO, l’amministrazione Truman inverte due credenze della politica
estera francese:
- la convinzione che gli USA non abbiano alcun vantaggio a intervenire nelle controversie europee
a
meno che i loro interessi vitali non siano direttamente minacciati;
- il principio del panamericanismo, che vede l’Europa come una civiltà estranea ed una potenziale
minaccia.
Gli USA ora accettano ed implementano il costituirsi di una comunità atlantica che soppianti la
concezione tradizionale dell’Oceano Atlantico come grande fossato a difesa del nuovo mondo dalle
devastanti guerre e dalle dannose ideologie del vecchio: nasce un blocco difensivo, che, allargato,
sopravvive tutt’oggi grazie ad un allargamento dei suoi obbiettivi: la guerra in Kosovo scoppiata nel
1999, durante la quale la NATO interviene anche se il paese colpito non è suo membro, mette in
luce la necessità di un nuovo concetto strategico.

I due eventi shock per gli USA sono la perdita della Cina e del monopolio atomico.

Nascita della Repubblica Popolare Cinese


Per ottenere delle concessioni in Cina, a Yalta Stalin si era impegnato a riconoscere Chiang Kai
Shek, che nel 1928 comandò la "Spedizione settentrionale" per unificare la Cina e emerse vittorioso
come leader della Repubblica di Cina. Roosevelt era perciò stato accusato di aver venduto la Cina a
Stalin. Successivamente anche Truman sarà criticato per non aver fatto abbastanza affinché si
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evitasse il regime di Mao Tse Tung: in realtà durante la guerra civile cinese scoppiata nel 1945, gli
USA aiutano Chiang Kai Shek, ma presto interrompono intenzionalmente gli aiuti. Infatti il Capo di
Stato Maggiore dell’Esercito Marshall (lo stesso del Piano), a seguito della sua missione in
Manciuria (’46-’47), nel tentativo fallimentare di stabilire il cessate il fuoco, si rende conto
dell’inutilità degli aiuti USA, sia a causa della corruzione del governo di Chiang e della sua
debolezza militare, sia a causa dell’ampio consenso nei confronti di Mao.
Il 1° ottobre 1949 viene proclamata la nascita della Repubblica Popolare Cinese, subito riconosciuta
dall’URSS e dalla Gran Bretagna (per via di Hong Kong), mentre gli USA considerano come
legittimo governo cinese Taiwan (Formosa), dove si è rifugiato Chiang Kai Shek fondando la Cina
nazionalista. Mao non è inevitabilmente legato a Stalin, ma si allinea sulle stesse posizioni per
ragioni estremamente concrete: necessità di aiuti per le arretrate condizioni economiche del paese e
timore che gli USA intervengano militarmente per capovolgere il risultato della guerra civile. Mao
non ha altra scelta che avvicinarsi a Mosca: il 30 giugno 1949 egli proclama che la Cina deve
“allearsi con l’Unione Sovietica e con i paesi a democrazia popolare” segnalando così che non ci
sarebbe stato nessun Tito asiatico e che si sarebbe rivolto a Stalin come guida e supporto. Così il 14
febbraio 1950 viene siglato il trattato sino-sovietico, nato per le necessità del momento: è un patto
difensivo che prevede per la Cina aiuti economici sovietici, in cambio del rispetto delle condizioni
di Yalta.

Nascita del bipolarismo atomico


I numerosi sforzi per controllare gli armamenti nucleari risultano fallimentari.
Piano Baruch (giugno ’46) = promessa statunitense di cessare il monopolio nucleare accettando di
trasferire la custodia di tutti i materiali fissili alle Nazioni Unite e di distruggere la scorta minima di
armi nucleari. Esso fallisce perché le condizioni poste sono inaccettabili per l’Unione Sovietica
(impegno per i membri delle Nazioni Unite a non costruire mai armamenti nucleari propri e
consenso a ispezioni periodiche).
Così, mentre l’URSS è impegnata in un poderoso riarmo, Truman, nonostante la reintroduzione
della leva obbligatoria,  non ha il coraggio di chiedere al congresso un aumento sostanziale delle
spese militari. Così si affida al monopolio nucleare statunitense nella convinzione che questo
sarebbe durato: ma la credibilità della deterrenza crolla il 29 agosto 1949, quando l’Unione
Sovietica esegue con successo il suo primo test atomico. La fine del monopolio nucleare
statunitense, sommato alla perdita dell’alleato cinese, solleva un’ondata di preoccupazione che
rende necessario un cambio di rotta nella strategia di politica estera. Il 7 aprile 1950 arriva sulla
scrivania del Presidente un documento top secret redatto dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale,
conosciuto come National Security Council 68 (NSC-68): esso fotografa una situazione allarmante
in cui la potenza espansionista sovietica ha già inghiottito l’Europa orientale e la Cina, minacciando
anche il resto della massa eurasiatica. Gli autori dell’NSC-68 concludono che la politica del
contenimento di Kennan si è dimostrata insufficiente per fermare l’inesorabile avanzata del
comunismo nel mondo. Questo messaggio segreto propone: lo sviluppo della bomba all’idrogeno
per ripristinare il vantaggio nucleare statunitense; un sostanziale incremento delle forze di terra, di

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aria e di mare; lo sviluppo delle industrie di difesa per la produzione di armi. Per finanziare un
programma di riarmo così massiccio, l’NSC-68 prevede un aumento del 300% negli stanziamenti
per la difesa (dai 13 ai 50 miliardi di $ l’anno). Si apre un forte dibattito all’interno
dell’amministrazione Truman: il Segretario di Stato Acheson diviene il più strenuo sostenitore della
nuova linea dura, mentre i due maggiori esperti d’affari sovietici in seno al Dipartimento di Stato,
Kennan e Bohlen, osteggiano con forza il progetto in quanto riflette una grossolana esagerazione
delle ambizioni geopolitiche di Mosca. Truman è molto restio a rivolgersi al Congresso ed esita a
pronunciare un appello pubblico ai cittadini per affermare il bisogno di sostenere i duri sacrifici
economici necessari ad una tale politica di riarmo.
Ma l’occasione per avanzare la richiesta di riarmo arriva con la Guerra di Corea, che rappresenta
la concretizzazione della minaccia descritta dall’NSC-68: il 25 giugno 1950 lo Stato comunista
della Corea del Nord invade la Corea del Sud. I motivi di questa invasione sono da ricercare nei
precedenti 5 anni. Nel 1945, sconfitti i giapponesi, USA e URSS dividono al 38° parallelo la Corea
in due zone provvisorie di occupazione. Fallisce il progetto delle Nazioni Unite di tenere elezioni
per creare un unico governo per tutta la penisola: nell’agosto 1946 nasce in Corea del Sud, a seguito
di regolari elezioni, la Repubblica di Corea guidata da Rhee, nazionalista e filo-statunitense che
riscuote forti consensi per non essersi mai macchiato di collaborazione coi giapponesi. Un mese
dopo,nel settembre 1946, in Corea del Nord prende forma la Repubblica Popolare di Corea
governata da Kim Il Sung, uomo fidato del Cremlino. Molto importante per capire la guerra sono
due fattori: 1. i confini sono stati tracciati arbitrariamente; 2. entrambi i governi condividono
l’obbiettivo di unificazione del paese.
Ma cosa convince Kim Il Sung nel giugno ’50 ad invadere la Corea del Sud?
L’esercito popolare nord-coreano gode di un vantaggio decisivo: 135.000 soldati, carri armati
sovietici e artiglieria pesante; al contrario dell’esercito sud-coreano che è la metà per dimensioni e
possiede soltanto armi leggere (Truman aveva infatti negato a Rhee le armi offensive per paura che
siano usate per invadere il nord).

Isolamento diplomatico del governo sudcoreano

Kim Il Sung crede di aver scongiurato la possibilità di un contrattacco statunitense, visto che
Acheson ha dichiarato che la penisola coreana si trova al di fuori del “perimetro di difesa militare”
statunitense in Asia. Sia Mao che Stalin, pur conoscendo le intenzioni di Kim Il Sung, non si
impegnano ad aiutarlo: Stalin si limita ad acconsentire ad un’azione che è per Sung di facile
successo, mentre Mao consente il rimpatrio dei soldati coreani stanziati in Manciuria. Credere che
la Corea non sia una zona di interesse per gli USA si rivela un grave errore: gli Stati Uniti hanno già
perso la Cina, perciò è impensabile non intervenire in Corea, se si vuole evitare l’effetto domino
dell’espansione sovietica. La guerra di Corea diventa un’operazione di polizia internazionale
autorizzata dalle Nazioni Unite: infatti la Corea del Sud, in cui si sono svolte regolari elezioni, si
rivolge all’ONU come paese aggredito. Truman convoca una sessione di emergenza del Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite: grazie all’assenza del voto dei sovietici, che protestano per il
seggio assegnato alla Cina di Chiang Kai Shek e l’esclusione della Cina comunista di Mao, gli USA
ottengono dall’ONU l’approvazione dell’intervento militare. Truman invece di recarsi al Congresso

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con una dichiarazione di guerra, aggira questo passaggio definendo l’operazione coreana come
“un’azione di polizia”, ciò creerà un precedente per i successivi interventi militari statunitensi.
Tra settembre e ottobre le truppe ONU guidate dal generale Mac Arthur scatenano un’efficace
controffensiva. Sorge il problema dei “limiti della guerra”: il generale vuole oltrepassare il 38°
parallelo, ma ciò significherebbe andare oltre l’autorizzazione ONU: Washington autorizza
segretamente di proseguire la guerra in Corea del Nord. Stalin si rende conto del suo errore, così fa
rientrare il delegato sovietico al fine di bloccare qualsiasi risoluzione che minacci l’alleato nord-
coreano. In ottobre Truman persuade il governo britannico a presentare la risoluzione “Unitine for
peace”, che viene presentata all’Assemblea Generale, non soggetta alle regole dell’unanimità
(questo stratagemma permette l’approvazione della risoluzione poiché gli USA godono di una
solida maggioranza di voti, ma in futuro si rivolterà loro contro, quando verrà invocato da altri
paesi). I successi delle truppe ONU spingono Mao ad intervenire inviando, in novembre,
“volontari” cinesi (intervenire con l’esercito avrebbe significato dichiarare guerra all’ONU), mentre
Stalin evita il coinvolgimento diretto, inviando aerei sovietici camuffati con insegne nord-coreane.
Spiazzato dalla controffensiva, Mac Arthur chiede di portare la guerra sul territorio cinese,
proponendo il lancio della bomba atomica su Pechino (sottovalutando portata e conseguenze di
un’escalation nucleare), il blocco navale e l’apertura di un fronte guidato da Chiang Kai Shek.
Quando il generale, senza aver minimamente sottoposto la questione a Truman, mette Pechino di
fronte ad un ultimatum, Truman lo allontana proponendo l’apertura dei negoziati per l’armistizio. Il
26 luglio 1953 viene firmato l’armistizio, che ripristina la situazione precedente delle due coree
divise dal 38° parallelo. Ciò che è iniziato come una rivalità regionale di scarsa importanza, termina
con l’estensione della Guerra Fredda all’intera area dell’Asia orientale e del Pacifico occidentale.

Piano Pleven e strategie militari in occidente

Lo scoppio della guerra di Corea incoraggia Acheson ad agire in Germania: dopo l’approvazione
del riarmo della Germania occidentale nell’aprile 1950, all’incontro del Consiglio atlantico di
settembre egli propone formalmente di incorporare 10 divisioni tedesche alla NATO per rafforzare
le difese dell’alleanza. Parigi non vuole nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di un riarmo
tedesco, ma si rende conto che Washington non è disposta ad accettare un rifiuto. Così il 24 ottobre
1950 il Primo ministro francese Pleven propone un coraggioso progetto: il Piano Pleven prevede la
creazione di una forza militare tutta europea nella quale i contingenti nazionali dei paesi membri
siano integrati al più basso livello possibile; alla Germania ovest non è consentito avere un proprio
esercito nazionale, ma essa può fornire unità militari a tale forza multinazionale. Questo piano ha lo
scopo di mediare tra Usa e Fra. Permetterebbe di rinforzare la difesa europea con soldati tedeschi
(richiesta degli Usa) senza creare un esercito tedesco indipendente (richiesta della Fra), di integrare
unità tedesche in un esercito sopranazionale guidato da un comandante europeo invece che tedesco,
eliminando così la possibilità di rinascita del militarismo tedesco. Con l’astensione della Gran
Bretagna, la proposta Pleven viene accolta da Francia, Italia, Germania occidentale e BeNeLux
(l’Europa ristretta). Così il 22 maggio 1952 viene firmato dai membri della CECA (Comunità
europea del carbone e dell’acciaio del 1951) il trattato istitutivo della Comunità europea di difesa
(CED), ratificato dalla Germania ovest e dal Benelux all’inizio del 1954. L’Italia aspetta
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prudentemente il pronunciarsi dell’Assemblea Nazionale francese, dove il progetto solleva le
critiche di entrambi gli schieramenti politici: i seguaci del generale De Gaulle in pensione
denunciano la proposta di un esercito europeo come un pretesto per il riarmo e la rinascita della
Germania, una violazione intollerabile della sovranità francese; il Partito comunista condanna la
CED come strumento dell’egemonia statunitense in Europa diretta contro l’Unione Sovietica.
Probabilmente però, la causa più importante del fallimento della CED è l’allentamento delle
tensioni della Guerra Fredda in Europa, a seguito della morte di Stalin e della fine della guerra di
Corea: l’affievolirsi della possibilità del verificarsi dell’evento per il quale era nata, ovvero un
conflitto militare contro il blocco comunista. Perciò l’Assemblea Nazionale francese seppellisce la
CED il 30 agosto 1954. A seguito di questo fallimento, i funzionari dei 6 stati firmatari si
riuniscono nell’autunno 1954 insieme a USA e GB per cercare un mezzo alternativo per garantire la
difesa europea: Dulles, nuovo segretario di Stato Americano, ripropone il progetto di Acheson di
convocare i paesi NATO e semplicemente invitare una Germania Ovest riarmata a prendervi parte;
il ministro degli Esteri britannico Eden propone invece di ridare vigore al trattato di Bruxelles del
1948, affiancando a Gran Bretagna, Francia e Benelux, anche l’Italia e la Germania Ovest. Entrando
a far parte di tale organizzazione, che viene ribattezzata Unione Europea Occidentale (UEO). La
Germania Ovest sarebbe diventata membro NATO, contribuendovi con 12 divisioni dell’esercito.

Per impedire ai tedeschi di dominare l’alleanza, vengono aggiunti numerosi emendamenti:


- la GB si impegna a mantenere le proprie forze armate sul continente (mezzo per compensare la
potenza militare tedesca);
- l’esercito tedesco non può operare in maniera indipendente dal comando NATO;
- la Germania Ovest si impegna a non produrre mai le armi ABC (Atomiche, Biologiche e
Chimiche), né fabbricare missili a lunga gittata, bombardieri pesanti, navi da guerra di grandi
dimensioni e sottomarini senza il consenso di almeno 2/3 dei membri UEO.
In cambio di tali restrizioni la Repubblica Federale Tedesca ottiene la fine del regime di
occupazione alleata e la restaurazione della piena sovranità tedesca. Il 23 ottobre 1954 tutti i
firmatari si riuniscono a Parigi, aprendo così la strada alla fine dello status di occupazione della
Germania Ovest, al suo riarmo e al suo ingresso nella NATO il 9 maggio 1955. Meno di una
settimana dopo, l’Unione Sovietica cerca di tenere testa alla sfida lanciata dal riarmo della
Germania Ovest e del suo ingresso nella NATO firmando, insieme ai suoi 7 stati satellite
dell’Europa orientale, il Patto di Varsavia, alleanza militare diretta contro gli Usa.
Il 1953 segna la fine di un periodo di transizione critica, dalla guerra mondiale alla Guerra Fredda,
ed è un anno di fondamentale importanza per due avvenimenti:
1. il passaggio da Truman ad Eisenhower;
2. la morte di Stalin.
cosa posso fare per farti essere non dico più contento, ma almeno meno depresso? più simile al mio
bellissimo e stupendo (e gustoso) Amore????

Passaggio da Truman a Eisenhower

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Nel dicembre 1950, in piena crisi coreana, dopo aver trasformato la NATO da sistema di forze
nazionali slegate tra loro a forza altamente integrata sotto un comando centrale, e dopo aver
trasferito in Europa 4 divisioni di combattimento statunitensi, Truman nomina come primo
Supremo Comandante Alleato il generale Eisenhower. Egli viene richiamato in patria per candidarsi
Presidente alle presidenziali del 1952: il suo avversario, il candidato democratico Stevenson,
difende con fermezza la strategia del contenimento di fronte alla minaccia sovietica; il candidato
repubblicano Eisenhower va nella direzione opposta, rappresentando la nuova ala internazionalista
del proprio partito, che guarda con favore a un ruolo attivo degli USA. Egli è affiancato dal
candidato vice Presidente Nixon e dall’avvocato Dulles per elaborare la propria piattaforma
elettorale, che giudica la politica del contenimento come vigliacca e immorale, in quanto abbandona
milioni di esseri umani alla schiavitù del dominio comunista. I repubblicani avanzano proposte per
la liberazione delle “nazioni schiave” dell’Europa orientale attraverso la strategia del ROLL BACK
= respingere la cortina di ferro, ricacciare indietro i sovietici. Contemporaneamente, una rumorosa
minoranza tra i repubblicani, capeggiata dal Senatore McCARTHY, denuncia a gran voce Truman
per aver permesso all’Europa orientale di cadere sotto la dominazione sovietica, per aver perso la
Cina e per aver perseguito una strategia senza possibilità di vittoria nella guerra di Corea; inoltre il
senatore scatena una vera e propria “caccia alle streghe” alle spie comuniste che secondo lui
infestano il Dipartimento di Stato americano.

In questo clima di dissenso e di sfiducia nei confronti delle politiche perseguite dal precedente
Presidente democratico Truman, il repubblicano Eisenhower ottiene alle elezioni una vittoria
schiacciante, nel novembre 1952. Il nuovo Segretario di Stato Dulles dipinge la Guerra Fredda non
come una rivalità tra due superpotenze che cercano di perseguire i loro interessi nel mondo, ma
come una lotta tra le forze del bene e quelle del male: l’obbiettivo principale è la sconfitta e
l’eliminazione del comunismo, piuttosto che il suo contenimento.
Ma in che modo si può dare concretezza a questi obbiettivi? Bisognerebbe accrescere le spese per la
difesa, ma esse sono già state aumentate col National Security Council (NSC-68) e l’opinione
pubblica non è disposta ad ulteriori sacrifici; inoltre l’amministrazione Eisenhower si è impegnata a
perseguire i tradizionali obbiettivi dei repubblicani, cioè un bilancio equilibrato, la riduzione della
spesa pubblica e delle tasse. Viene così elaborata la dottrina del New Look: gli stanziamenti per la
difesa vengono limitati a meno del 10% del PIL, e ciò è possibile potenziando il settore nucleare
degli armamenti, permettendo maggiore sicurezza a minor costo. Questa strategia della deterrenza
permette di ridurre le spese militari e di dissuadere l’Unione Sovietica dall’intraprendere una guerra
convenzionale in Europa: infatti i bombardieri statunitensi sono in grado di lanciare armi nucleari
contro i bersagli sovietici, mentre i russi non possiedono bombardieri a lungo raggio. Secondo
Dulles gli USA hanno sviluppato la capacità “di effettuare un’immediata rappresaglia con i mezzi e
nei luoghi più convenienti” : questa nuova strategia di Massive Retaliation (Massima Deterrenza)
presuppone che gli Stati Uniti siano pronti a minacciare una guerra nucleare allo scopo di prevenirla
(l’ironico motto del comando aereo strategico è “la pace è il nostro mestiere”). L’essenza della
deterrenza è la credibilità, e la credibilità della dottrina risiede nella First Strike Capability, ovvero
la capacità di distruggere il nemico con un solo colpo. E infatti in questa fase solo gli Stati Uniti
dispongono di bombardieri a lungo e medio raggio e di basi che i sovietici non hanno: per Dulles gli
USA devono essere disposti “ad arrivare fino al limite senza entrare in guerra” (politica di
brinkmanship, da brink=orlo).
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La morte di Stalin nel 1953
A seguito della morte di Stalin avvenuta il 5 marzo 1953, il blocco comunista è pervaso da grande
incertezza per il futuro. Il legittimo erede del dittatore, Malenkov, assume immediatamente il
controllo sia del governo, come Primo ministro, sia del partito come Primo segretario. Una
settimana dopo però i suoi due potenti rivali, il ministro degli Esteri Molotov e il capo della polizia
segreta Berija, lo obbligano ad abbandonare la massima carica di partito in favore di Chruscev. Per i
successivi due anni Malenkov, Chruscev e altri colleghi sono obbligati a governare come una
Leadership collettiva, invece che secondo l’abituale diktat di un singolo. Essa inizia subito a
promuovere una serie di riforme politiche (amnistia ai prigionieri politici, rilascio dei medici
incarcerati da Stalin, restrizione del potere della polizia segreta) ed economiche (riduzione delle
rimesse obbligatorie da parte delle fattorie collettive, aumento dei prezzi pagati ai singoli
agricoltori, riduzione del prezzo dei beni alimentari). La maggiore flessibilità sovietica in politica
estera aumenta dopo che, l’8 febbraio 1955, Chruscev riesce ad ottenere il comando del Cremlino.
La prima iniziativa di peso riguarda il destino politico dell’Austria: il 15 maggio 1955 viene firmato
un trattato che prevede l’evacuazione di tutte e quattro le forze di occupazione del paese, che
riguadagna la propria sovranità politica sotto la condizione di una perenne neutralità. Oltre ad
evacuare l’Austria orientale, Chruscev il 14 maggio 1955 rinuncia ai suoi diritti previsti
dall’accordo raggiunto l’anno precedente con la Repubblica popolare cinese e nello stesso mese
vola a Belgrado per normalizzare le relazioni con il rinnegato regime jugoslavo. Nel 1957 Chruscev
conquista definitivamente la supremazia politica. Mentre in Unione Sovietica si lavora per
sviluppare una politica estera volta al dialogo e alla riduzione delle tensioni globali, Churchill si sta
muovendo nella stessa direzione: il Primo ministro britannico, tornato al potere nel 1951 dopo sei
anni di opposizione, è divenuto strenuo difensore della distensione. Churchill era stato fermo
sostenitore delle armi nucleari, ma l’acquisizione dell’atomica da parte dell’URSS nel 1949 gli
aveva fatto sorgere il timore di un possibile Armageddon che avrebbe annientato la civiltà: una
volta tornato al potere conclude che i mezzi più efficaci per evitare l’annientamento totale siano
periodici faccia a faccia tra i leader dell’Est e dell’Ovest. L’11 maggio 1953 questo veterano delle
conferenze tra i grandi, propone pubblicamente la convocazione del primo summit dai tempi di
Potsdam (1945): la Conferenza di Ginevra si svolge tra il 18 e il 24 luglio 1955 e riunisce
Eisenhower, Bulganin (accompagnato dal Primo segretario del Partito comunista Chruscev) e i
Primi ministri di Gran Bretagna, Eden (che ha definitivamente rimpiazzato Churchill nell’aprile
precedente) e di Francia, Faure. Non emerge niente di significativo dalle conversazioni di Ginevra,
ma questa conferenza è importante non tanto per ciò che viene deciso, bensì perché rappresenta
simbolicamente un importante passo avanti nella Guerra Fredda perché riapre le relazioni tra i due
blocchi.
L’apoteosi del nuovo orientamento nella politica estera sovietica si raggiunge nel febbraio 1956,
quando Chruscev convoca il XX Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica: egli
abbandona formalmente il dogma leninista dell’inevitabilità della guerra tra il mondo capitalista e
quello comunista, difendendo esplicitamente la nuova politica di “coesistenza pacifica” con
l’Occidente. Nella parte segreta del cosiddetto Rapporto Chruscev egli pronuncia un roboante
discorso contro i crimini di Stalin: l’arresto e l’assassinio di persone innocenti; il culto della

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personalità; l’insistenza su una sottomissione assoluta e indiscutibile da parte dei capi comunisti
esteri che ha portato alla rottura con Tito. In aprile Chruscev scioglie il Cominform e in giugno
concede un caloroso benvenuto al maresciallo Tito in visita a Mosca, pronunciando un severo
discorso sulla necessità di garantire una maggiore libertà ai governi comunisti dell’Europa dell’Est.
Chruscev promuove la campagna di “Destalinizzazione” nella speranza di incoraggiare un’ordinata
trasformazione delle relazioni tra Unione Sovietica e i suoi stati satellite sulla base del principio
delle “vie alternative al socialismo”. Ma la pubblicazione del discorso di Chruscev fa ribollire i
satelliti, in primis la Polonia: nel giugno 1956 migliaia di operai della città di Poznan iniziano uno
sciopero per protestare contro il potenziamento dell’industria pesante a scapito dei beni di prima
necessità. In mezzo a questo tumulto crescente la leadership politica di Varsavia si orienta verso
l’antistalinista Gomulka, l’unico uomo capace di tenere una linea a metà strada tra l’insurrezione
anticomunista e l’intervento armato sovietico. Il 19 ottobre una delegazione sovietica guidata dallo
stesso Chruscev giunge improvvisamente a Varsavia chiedendo di essere ammessa alla riunione di
partito: il Partito comunista polacco rifiuta, ed elegge Gomulka a Segretario del partito. Di fronte al
pericoloso movimento di truppe oltre il confine, Gomulka rassicura però i funzionari russi sulla
lealtà della Polonia, dichiarando di voler seguire la campagna di destalinizzazione lanciata dallo
stesso Chruscev, il quale, soddisfatto, fa bruscamente ritorno a Mosca.
Pur riaffermando l’appartenenza della Polonia al Patto di Varsavia, conservando il monopolio del
Partito comunista e mantenendo una rigida censura sulla stampa polacca, Gomulka riesce ad
ottenere un notevole margine di manovra senza provocare la palese ingerenza sovietica negli affari
interni.

Ungheria
L’agitazione polacca si riversa anche in: a Budapest, nell’ottobre del ’56, gli insorti impongono al
governo il comunista antistalinista Nagy, la reintroduzione del sistema multipartitico e l’uscita dal
patto di Varsavia. Soprattutto quest’ultima pretesa è inaccettabile per Chruscev, perché un’Ungheria
neutrale e non comunista sarebbe un pericoloso precedente: così decide di stroncare sul nascere
l’insurrezione ungherese, inviando il 4 novembre 250mila soldati e 5.000 carri armati. Nell’arco di
tre giorni il Primo ministro Nagy viene rimpiazzato dal nuovo capo del Partito comunista Kadar: la
brutale repressione della rivoluzione ungherese rivela i limiti degli impulsi riformistici di Chruscev,
non solo scuotendo i partiti comunisti europei, ma fornendo all’Occidente una potente arma nella
sua guerra di propaganda contro l’Unione Sovietica. In questa occasione il Cremlino non teme
l’intervento statunitense, non solo perché l’amministrazione Eisenhower è colta completamente di
sorpresa, ma soprattutto perché il governo americano è concentrato sulle vicine elezioni e sulla crisi
di Suez.

Crisi di Suez
Riguarda l’assunzione del controllo della Compagnia del Canale di Suez da parte dell’Egitto, al fine
di finanziare la diga con gli introiti dei pedaggi delle navi; la Nazionalizzazione del Canale di Suez
non si scontra con le leggi internazionali, trovandosi esso in territorio egiziano; inoltre il leader
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egiziano Nasser si impegna a indennizzare gli azionisti espropriati, in maggioranza britannici e
francesi, dei cospicui utili che non avrebbero più percepito. Tuttavia l’operazione incontra
l’opposizione di Parigi e Londra: il governo francese è esasperato dal sostegno che Nasser fornisce
ai ribelli algerini, mentre il governo britannico è convinto che Nasser rappresenti una minaccia per
la stabilità del Nord Africa e che debba quindi essere allontanato per evitare gli errori della politica
di appeasement. Così Francia e Gran Bretagna, dopo essersi accordate segretamente con Israele, il
29 ottobre 1956 attaccano l’Egitto a sorpresa attraverso il Sinai ed i principali porti egiziani,
scatenando il 2° Arabo-Israeliano. L’intervento, che inizialmente è un successo militare, si rivela
un disastro diplomatico nel lungo periodo, a causa della vigorosa opposizione statunitense:
Eisenhower è alle prese con la campagna elettorale, gode ancora del merito di aver posto fine alla
guerra di Corea e considera inoltre l’operazione anglo-francese una guerra dal forte sapore di
colonialismo vecchio stampo. A peggiorare la situazione, l’attacco all’Egitto coincide con
l’intervento sovietico in Ungheria: come possono gli USA condannare i carri armati sovietici a
Budapest, mentre tollerano i carri armati israeliani nel Sinai e le truppe anglo-francesi lungo il
canale di Suez? Gli USA presentano pertanto all’ONU una risoluzione per l’immediato ritiro delle
forze d’invasione, ma le Nazioni Unite non possono esprimersi poiché vincolate dal veto anglo-
francese, così si passa all’Assemblea Generale. Nel frattempo l’Unione Sovietica propone un
intervento congiunto sovietico-statunitense, minacciando persino un attacco missilistico contro la
Gran Bretagna. Di fronte a tali pressioni Londra e Parigi accettano il cessate il fuoco il 6 novembre
1956, mentre nel maggio 1957 Israele accetta il ritiro delle proprie truppe dal Sinai in cambio
dell’accettazione da parte dell’Egitto di una forza ONU al confine tra la striscia di Gaza e Israele e
nella città di Sharm el-Sheikh. La crisi di Suez non solo è esemplificativa di una politica di non
allineamento da parte dell’Egitto, ma come l’Ungheria rivela che i satelliti comunisti devono
attenersi alle direttive di Mosca, così Suez dimostra che gli alleati NATO, pur godendo di una
maggiore libertà di perseguire gli obbiettivi nazionali, non possono farlo nel caso si scontrino con
gli interessi di Washington.

Dottrina Eisenhower
A seguito della crisi di Suez, nel gennaio 1957 viene enunciata la cosiddetta Dottrina Eisenhower =
proposta del Presidente che prevede un’estensione degli aiuti economici e militari ai paesi del
Medio Oriente e l’intervento armato in caso di aggressione da parte di un paese comunista.
Nella gara per la superiorità strategica sia per Eisenhower che per Chruscev è opinione condivisa
che il modo più efficace per prevenire lo scoppio di una grave guerra sia potenziare la forza
nucleare, permettendo anche un notevole risparmio derivante dal taglio delle forze convenzionali.
La potenza nucleare non riguarda solo il numero degli ordigni, ma anche i vettori che trasportino gli
ordigni a destinazione: ciò è un problema per i sovietici, che non possiedono un sistema in grado di
trasportare le armi atomiche dalle basi sovietiche ai bersagli statunitensi. A metà degli anni ’50 i
russi hanno operativo un bombardiere a lungo raggio, l’M-4 Bison, ma scelgono di non produrne in
numero sufficiente a controbilanciare il formidabile arsenale di B-52 statunitensi. Tuttavia, durante
uno spettacolo aereo a Mosca nel 1955, facendo volare diverse volte pochi bombardieri Bison, i
russi inducono l’intelligence americana a stimare la potenza aerea sovietica ben oltre la realtà dei
fatti, mentre gli USA possiedono un numero 5 volte superiore di bombardieri a lungo raggio. Ma
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l’URSS ben presto colma il vantaggio statunitense, facendo venir meno la certezza di first strike
capability: per superare l’ostacolo dell’estrema efficienza del sistema radar e delle batterie di missili
contraerei Nike dislocate intorno alle maggiori città statunitensi, i sovietici sviluppano un sistema di
trasporto più difficile da intercettare, cioè il missile balistico intercontinentale (ICBM). Dopo aver
testato il primo ICBM al mondo il 21 agosto 1957, il 3 novembre viene lanciato il primo satellite in
orbita, lo Sputnik, che allarga la competizione dal piano degli armamenti a quello della tecnologia.
Nonostante anche gli Stati Uniti testino con successo un Atlas ICBM nel dicembre 1957 ed il
satellite spaziale Explorer nel febbraio 1958, il danno di prestigio è immenso: i russi vincono il
primo round della sfida spaziale e per la prima volta l’URSS è in grado di colpire con un attacco
nucleare il territorio statunitense. La perdita dell’immunità da un attacco nucleare non è solo uno
shock per gli USA, ma mette in dubbio l’affidabilità dell’ombrello nucleare statunitense agli occhi
dell’Europa occidentale, non rappresentando più una sicura copertura. Ciò spinge i capi di governo
della NATO ad accogliere la proposta statunitense di creare una riserva atomica in Europa: alla fine
della presidenza Eisenhower circa 500 armi nucleari diventano operative nei paesi alleati, e missili
balistici a raggio intermedio (IRBM) vengono dislocati in Gran Bretagna (missili Thor), in Italia e
Turchia (missili Jupiter).

Questione Berlino
Sebbene l’offerta Thor-Jupiter non venga estesa alla Repubblica Federale tedesca, la possibilità che
essa possa avere accesso all’arsenale nucleare risveglia nel Cremlino antiche paure di una Germania
aggressiva. Inoltre Berlino Ovest è diventata la scintillante vetrina occidentale del capitalismo,
rappresentando perciò non solo un motivo di imbarazzo, ma anche una potenziale minaccia per i
vicini governi comunisti. Questo modello di successo nel cuore dell’Europa, l’emigrazione dalla
Germania Est e le pressioni del Segretario del Partito comunista della Repubblica democratica
Ulbricht, spingono Chruscev a riaprire la Questione di Berlino rimasta sopita per dieci anni dopo il
blocco di Stalin del ’48-’49: il 27 novembre 1958 Chruscev lancia un ultimatum, proponendo la
fine dell’occupazione inter-alleata a Berlino e la trasformazione della metà occidentale in una “città
libera” smilitarizzata; l’ultimatum è un messaggio di forza non tanto rivolto agli Stati Uniti, quanto
alla Germania Est di Ulbricht e alla Cina di Mao, il quale critica aspramente le scelte di Chruscev.
Le tre potenze occidentali occupanti respingono unanimemente l’ultimatum sovietico, ma sono
d’accordo a partecipare ai negoziati sullo status politico di Berlino. Durante gli incontri a Ginevra
dall’ 11 maggio al 5 agosto 1959, per sbloccare lo stallo delle discussioni, Eisenhower inoltra un
invito al leader sovietico di visitare gli Stati Uniti: il 15 settembre 1959 Chruscev diventa il primo
leader russo nella storia a mettere piede sul suolo statunitense. I due capi di stato si incontrano a
Camp David, la residenza presidenziale sulle montagne del Maryland: sebbene dalle discussioni
non derivino progressi significativi, Eisenhower persuade il suo ospite a cancellare l’ultimatum e a
partecipare l’anno successivo a un incontro per negoziare un accordo definitivo sulla questione di
Berlino, e accetta l’invito di Chruscev di ricambiare la visita. Le conversazioni di Camp David sono
un successo per il leader sovietico, che tratta con il Presidente statunitense a pari condizioni non
solo aumentando il proprio prestigio in patria, ma presentandosi al pubblico statunitense non come
un tiranno assetato di sangue. Tuttavia il 5 maggio 1960 il Cremlino getta un cattivo presagio
sull’imminente summit che si sarebbe dovuto tenere a Parigi, comunicando che un aereo spia
statunitense d’alta quota U-2 è stato abbattuto all’interno del territorio sovietico. Il Presidente,

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convinto che l’aereo si disintegrasse all’impatto e che il pilota si suicidasse col cianuro in suo
possesso, inventa una storia fittizia: secondo la versione americana l’aereo stava conducendo
osservazioni meteorologiche in Turchia ed era involontariamente volato fuori rotta. A questo punto
Chruscev mostra sia l’aereo (con la raccolta di informazioni di intelligence) intatto sia il pilota (che
conferma la vera natura della sua missione). Nel suo discorso iniziale all’incontro di Parigi il leader
sovietico pretende con astio le scuse pubbliche, la punizione dei responsabili e la fine dei voli spia,
ma al rifiuto del Presidente statunitense, Chruscev insiste per posticipare la conferenza di otto mesi
e revoca l’invito ad Eisenhower in Unione Sovietica. Solo con l’avvento dell’amministrazione
Kennedy, Chruscev accetta l’incontro, che avviene a Vienna il 3 e 4 giugno 1961, durante il quale
rispolvera la proposta che Eisenhiwer aveva rifiutato nel ’58: Kennedy però rifiuta la modifica dello
status politico di Berlino Ovest. Mentre le due superpotenze si atteggiano in modo provocatorio, il
flusso di tedeschi dell’Est attraverso la breccia di Berlino diventa torrenziale, fino a che il 13 agosto
1961 la polizia della Germania Est procede a tendere filo spinato lungo il confine del settore, al
quale tre giorni dopo viene aggiunto un definitivo muro di cemento. Gli USA non reagiscono, se
non condannando verbalmente la costruzione di quel muro che fino al 1989 rimane il simbolo della
Guerra Fredda.

Aree fulcro durante la presidenza Kennedy:


America Latina - Indocina - Guatemala
Il Guatemala è alla fine della seconda guerra mondiale uno dei paesi economicamente più
sottosviluppati e socialmente più arretrati dell’emisfero occidentale. Salito al potere Arbenz, nel
giugno 1952 promulga il più vasto programma di distribuzione di terra nella storia dell’America
Latina: esso autorizza l’espropriazione di migliaia di acri di terra da ripartire tra le persone che la
hanno a lungo coltivata. Ciò non minaccia solo gli interessi dell’èlite di proprietari terrieri
guatemaltechi, ma anche quelli delle imprese straniere: nel febbraio 1953 il governo Arbenz notifica
alla statunitense United Fruit Company l’espropriazione di 225 mila acri di terreno incolto, a
seguito di un indennizzo di 600 mila $ (cioè quanto la compagnia ha dichiarato come valore fiscale
della sua proprietà). La compagnia risponde con la richiesta di 15 milioni di $ e si rivolge a
Washington. Nel frattempo il governo britannico affronta una situazione analoga in Iran: il Primo
ministro iraniano nazionalizza l’industria petrolifera iraniana, irritando i vertici britannici della
Anglo-Iranian Oil Company, che si rivolgono a Washington: Eisenhower incarica la CIA di
rimuovere il Primo Ministro Mossadegh. Il successo dell’operazione incoraggia l’amministrazione
USA a organizzare una campagna simile contro Arbenz in Guatemala. Quando Arbenz chiede aiuto
ai sovietici, ottenendo dalla Cecoslovacchia 2000 tonnellate di vecchi fucili e mitragliatori tedeschi
confiscati alla fine della guerra, Eisenhower coglie il pretesto per dare inizio all’operazione CIA. Il
18 giugno 1953, 200 esuli guatemaltechi addestrati entrano in Guatemala, mentre la capitale viene
bombardata da uomini della CIA. Arbenz fugge in esilio, ed il paese sarà in seguito governato da
una serie di dittature di destra che mantengono stretti legami con Washington. L’operazione della
CIA è il primo esempio di intervento statunitense in America Latina dalla proclamazione della
“politica di buon vicinato” di Roosevelt. Le reazioni dei Paesi latino-americani che lamentano
l’ingerenza statunitense sono molteplici e vengono confermate dall’accoglienza ben poco festosa a

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Nixon, il cui viaggio “di amicizia” si trasforma in un disastro sul piano dell’immagine. Ciò spinge i
funzionari di Washington a prestare maggiore attenzione alla situazione dell’America Latina: sono
perciò comprensibili le parole di Kennedy del suo discorso inaugurale del 20 gennaio 1961, durante
il quale annuncia un ampio progetto di aiuti statunitensi alla regione come perno della nuova
amministrazione. Questo programma di aiuti senza precedenti all’America Latina prevede
l’estirpazione di analfabetismo, fame e malattia e aumento della crescita annuale del 2,5%.
La differenza di questo programma rispetto al piano Marshall è che esso non prevede una struttura
intermedia che sappia destinare i fondi dove veramente ce n’è bisogno, evitando la
maldistribuzione. Kennedy si rende in parte conto del problema, così chiede ai paesi destinatari
l’approvazione di misure di distribuzione della terra e di riforma fiscale. Di fatto gli aiuti non
verranno distribuiti equamente, aumentando così il divario già esistente tra le èlite e i poveri.

Cuba. La crisi dei missili


A Cuba la dittatura di Fulgencio Batista al governo dagli anni ‘30 viene rovesciata il 1° gennaio
1959 dopo una guerriglia iniziata 3 anni prima sulle montagne della Sierra Maestra dal movimento
rivoluzionario di Fidel Castro. Nell’aprile seguente il nuovo leader cubano visita gli Stati Uniti per
rassicurare l’amministrazione Eisenhower delle sue buone intenzioni, negando la presenza di
comunisti e dichiarando solennemente la sua amicizia nei confronti degli USA. Tuttavia Castro
procede a lanciare un vasto programma di riforme che avrebbe sicuramente turbato Washington:
nella primavera del ’59 avvia un trasferimento di proprietà da far impallidire il piano di Arbenz,
espropriando tutte le proprietà di dimensioni superiori ai mille acri e ridistribuendole nazionalizzate
ai contadini e alle cooperative. Gli USA, che inizialmente riconoscono il nuovo regime, diventano
ostili quando Castro colpisce, con la riforma agraria, il monopolio sulla canna da zucchero della
statunitense United Fruit. Il 14 ottobre 1960 Castro nazionalizza tutte le aziende straniere, cosa che
spinge Washington a imporre un embargo su tutte le esportazioni verso l’isola. Quando il leader
cubano riduce il personale dell’ambasciata statunitense all’Avana, Eisenhower interrompe le
relazioni diplomatiche con Cuba. A questo punto Castro si rivolge all’URSS che si impegna ad
acquistare lo zucchero a prezzi superiori di quelli del mercato internazionale. All’Assemblea
Generale dell’ONU del settembre 1960, Fidel pronuncia un’arringa inveendo contro i mali
dell’imperialismo statunitense ed elogiando il suo nuovo protettore sovietico. Cuba rappresenta una
minaccia per gli USA, perché è il primo paese così vicino in cui si afferma un regime filosovietico,
così, insediatosi alla Casa Bianca, Kennedy approva il programma ereditato dal suo predecessore: il
17 aprile 1961 circa 1600 esuli cubani addestrati dalla CIA sbarcano nella Baia dei Porci, ma la
popolazione non si solleva contro Castro come ipotizzato. L’operazione è un fallimento, e ne viene
organizzata una seconda per sabotare il governo cubano (Operazione Mangusta), che però non
avverrà mai. Nell’aprile 1962 Mosca approva la richiesta di Cuba di armi convenzionali contro un
possibile attacco statunitense; a maggio Chruscev ottiene l’approvazione per la costruzione di basi
missilistiche a Cuba, operazione mai compiuta dall’Unione Sovietica al di fuori dei propri confini.
In ottobre un aereo U-2 statunitense torna con fotografie inequivocabili di siti missilistici sovietici

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in costruzione sull’isola: tutti i consiglieri di Kennedy concordano che l’unica soluzione sia la
rimozione di tutti i lanciamissili dall’isola. Kennedy ordina di passare al massimo stato d’allerta
prima della guerra, gesto che quintuplica il numero di bombardieri atomici tenuti in volo, e il 22
ottobre 1962 annuncia pubblicamente l’imposizione di una quarantena navale all’isola, evitando
accuratamente il termine “blocco” perché questo significherebbe un atto di guerra. Inizia così il
periodo rinominato Crisi dei Missili. Gli Usa inoltre avvertono Mosca che un missile nucleare
lanciato da Cuba contro qualsiasi paese dell’emisfero occidentale sarebbe considerato come un
attacco agli Stati Uniti e innescherebbe la rappresaglia atomica. 180 navi da guerra statunitensi
creano una linea di quarantena attorno alla punta orientale di Cuba. L’Urss risponde con l’invio di
30 navi da carico sovietiche dirette a Cuba. La tensione inizia ad allentarsi il 24 ottobre, quando le
quattro navi che trasportano IRBM invertono la rotta (mentre la nave con a bordo la testata nucleare
è già arrivata nel porto cubano). La decisione sovietica di non sfidare il blocco statunitense non
risolve il problema dei missili che già si trovano sull’isola: Chruscev fa pervenire alla Casa Bianca
una lettera in cui richiede, in cambio della rimozione dei missili a Cuba, l’impegno a non invadere
l’isola e a rimuovere gli IRBM Jupiter installati in Turchia. Per non dare l’impressione di piegarsi
alla pressione sovietica, Kennedy si impegna pubblicamente a non invadere Cuba in cambio della
rimozione dei missili, mentre attraverso suo fratello assicura privatamente all’ambasciatore
sovietico di ritirare i missili dalla Turchia, una volta rientrata la crisi. Castro, ignaro delle trattative
segrete tra Mosca e Washington, chiede inutilmente a Chruscev di lanciare un attacco nucleare
preventivo contro gli USA; l’Europa non è minimamente tenuta in considerazione durante l’intera
vicenda, la sua sicurezza è secondaria.

Indocina
Spesso si tende a legare le crisi coreana e vietnamita, poiché entrambe rappresentative della
cosiddetta “teoria del domino”. Ma le due vicende sono molto differenti, perché mentre la vicenda
coreana è scatenata dall’attacco della Corea del Nord nei confronti della Corea del Sud (1950), nel
caso del Vietnam non c’è una data precisa di inizio del conflitto: si parla di escalation verso lo stato
di guerra.
La penisola indocinese, territorio compreso tra Cina e Siam (attuale Thailandia) che include
Cambogia, Laos e Vietnam, è dalla seconda metà del XIX secolo colonia francese. Il movimento
indipendentista vietnamita assume maggiore importanza dopo la prima guerra mondiale, sotto la
leadership di Ho Chi Minh: ex maestro elementare, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, nel 1918
si trasferisce a Parigi, dove si unisce a un gruppo di vietnamiti nazionalisti emigrati che si ispirano
al principio wilsoniano di autodeterminazione dei popoli -> una volta divenuto chiaro che tale
principio è riservato ai soli popoli bianchi, Ho si converte all’ideologia marxista-leninista, fondando
nel 1929 il Partito comunista indocinese. La sconfitta della Francia nel giugno 1940, rivela la
vulnerabilità del grande impero coloniale un tempo invincibile e sembra far avvicinare
l’indipendenza vietnamita: tuttavia nel settembre 1940 le forze giapponesi si riversano nel
Tonchino, la provincia più settentrionale del Vietnam, fino ad occupare l’intero paese. Ho torna
segretamente in patria, dopo l’esilio in Cina, per organizzare la resistenza contro francesi e
giapponesi: nel maggio 1941 fonda il Vietminh (Lega per l’indipendenza del Vietnam) e aiuta
l’intelligence USA fornendo informazioni sui movimenti delle truppe giapponesi, nella speranza di
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ottenere poi l’appoggio statunitense per una rapida indipendenza. Con la sconfitta del Giappone, il
25 agosto 1945 il Vietminh costringe ad abdicare Bao Dai, l’imperatore posto dai giapponesi come
governo di facciata, e il 2 settembre Ho Chi Minh proclama l’indipendenza della Repubblica
democratica del Vietnam, dichiarando (per accattivarsi il pubblico statunitense) “che tutti gli uomini
sono creati uguali e dotati di diritti inalienabili”. Roosevelt è contrario alla ricostituzione del potere
coloniale francese e propone per l’Indocina un’amministrazione fiduciaria internazionale per
prepararla all’indipendenza, tuttavia Churchill denuncia la proposta come un pericoloso precedente
che potrebbe sminuire la posizione coloniale della Gran Bretagna in Asia. La proposta va in fumo
dopo la morte di Roosevelt ed il vuoto di potere postbellico viene colmato dai cinesi a nord e dai
britannici a sud del 16° parallelo: esaurite le operazioni di disarmo dell’esercito giapponese il
controllo torna nelle mani dei francesi, i quali il 23 novembre 1946 scatenano la guerra contro il
Vietminh; Ho Chi Minh predilige la strategia della guerriglia, evitando gli scontri in campo aperto e
concentrandosi su attacchi “hit-and-run” (attacco a sorpresa e dispersione nelle campagne), mentre i
francesi costruiscono avamposti militari isolati nelle campagne da dove conducono missioni
“search-and-destroy” per snidare i vietminh dai loro nascondigli. I francesi, dopo aver riconosciuto
l’indipendenza del Vietnam all’interno dell’Unione Francese, il 14 giugno 1949 riportano al
governo Bao Dai.

Coinvolgimento statunitense in Vietnam: 4 fasi


1ª FASE: guerra franco-indocinese dal 1946 al 1954. Questa fase coinvolge sia l’amministrazione
Truman sia quella Eisenhower. L’amministrazione Truman è in origine imparziale verso la guerra
nel Sud-Est asiatico poiché concentrata sulla situazione europea (prima fase del contenimento).
Tuttavia la defezione della Jugoslavia dal blocco sovietico porta a vedere Ho come un potenziale
Tito, e diversi avvenimenti spostano l’attenzione di Washington sull’Asia (ottobre 1949 Mao
proclama la RPC; aprile 1950 NSC-68; giugno 1950 guerra di Corea). Gli USA vedono sempre
meno la guerra in Indocina come una lotta anticoloniale e sempre più come teatro della Guerra
Fredda. Il 5 gennaio 1950 Ho Chi Minh proclama, dal suo nascondiglio nella giungla, la
ricostituzione della Repubblica Democratica del Vietnam, subito riconosciuta da Mosca e Pechino.
Per controbilanciare l’invio di armi ai Vietminh da parte dei cinesi, il 15 maggio 1950 Truman
annuncia l’invio di 15 milioni di $ a sostegno dello sforzo bellico francese, che ben presto
diventano 150 milioni. Dopo la clamorosa sconfitta francese all’inizio del 1954 nel villaggio di
Dien Bien Phu, il Congresso statunitense, ricordando i precedenti 3 anni di stallo in Corea, si
oppone inequivocabilmente all’intervento militare in Vietnam, respingendo così la richiesta
francese di immediato supporto aereo (nonostante Eisenhower tema che una potenziale sconfitta
francese dia il via all’effetto domino delle forze comuniste nel Sud-Est asiatico).

2ª FASE: dal 1954 al 1963.


A seguito della definitiva sconfitta francese dell’8 maggio 1954, viene organizzata una conferenza a
Ginevra delle 5 potenze (USA, URSS, Cina, GB, Francia): nonostante siano frantumate le speranze
della Francia di preservare la propria autorità coloniale in Indocina, i Vietminh in questa fase fanno
un passo indietro. Infatti la leadership post-staliniana del Cremlino, preoccupata di preservare la sua
nuova reputazione di moderazione e propensione al dialogo, chiede cautela alla delegazione di Ho
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Chi Minh, e lo stesso fa la Cina, appena uscita da tre anni di combattimenti in Corea. La conferenza
termina il 20 luglio con la divisione del Vietnam al 17° parallelo, la proclamazione di due governi
provvisori (quello del Vietminh a Nord e quello di Bao Dai a Sud) e la riunificazione del paese
entro 2 anni sulla base di libere elezioni. Per rispetto ai suoi protettori sovietici e cinesi Ho è
costretto a concedere una soluzione di pace che gli nega la vittoria contro una potenza coloniale
esausta, consegnando il 20% del territorio conquistato ai territori del sud. Nel frattempo Bao Dai
sceglie come Primo ministro Ngo Dinh Diem, il quale, ignorando il divieto di stringere legami
militari con paesi stranieri, si rivolge agli USA. L’iniziale entusiasmo statunitense per la riunione di
Ginevra evapora appena diventa evidente la portata del trionfo di Ho, accompagnato dallo
scarsissimo consenso di Diem: Washington non ha alcuna intenzione di attenersi agli accordi nel
caso in cui interferiscano con il contenimento del comunismo in Asia ;  Laos, Cambogia e Vietnam
del Sud vengono inseriti nel trattato SEATO (che già comprendeva USA, GB, Francia, Australia,
Nuova Zelanda, Filippine, Tailandia, Pakistan): alla fine del 1954 gli USA hanno sostituito la
Francia nella causa anticomunista in Indocina. Non si fanno le elezioni previste per l’estate del
1957: la linea provvisoria lungo il 17° parallelo si fortifica in una frontiera politica di fatto,
separando due stati ideologicamente antagonisti. La cancellazione delle elezioni e l’istituzione del
governo monocratico di Diem provocano la reazione di Ho Chi Minh, che organizza le masse rurali
del Sud contro il governo di Saigon, ovvero contro il loro stesso governo. Nel frattempo Ngo Dinh
Diem si inimica non soltanto i contadini locali promuovendo una riforma agraria con deliberati
meccanismi corrotti di redistribuzione della terra (sono favoriti i profughi cattolici provenienti dal
Nord), ma anche i funzionari di governo di carriera, praticando quindi il nepotismo. A causa della
repressione della polizia di Diem nei confronti dei simpatizzanti nord-vietnamiti nel Sud, Ho decide
di rinforzare la guerriglia del Sud per rovesciare il governo di Saigon: il 20 dicembre 1960 alcuni
agenti di Hanoi (la capitale del Vietnam del Nord) costituiscono nel Sud il Fronte di liberazione
nazionale, braccio della guerriglia nel Sud che si nutre delle continue infiltrazioni dal Nord
attraverso il Sentiero di Ho Chi Minh e che Diem bolla come “Viet Cong” (Vietnamiti Comunisti).
Eisenhower aumenta gli aiuti al governo del Sud in modo radicale, spendendo 1,5 miliardi di $ tra il
1954 e il 1961, mentre Unione Sovietica e Cina contribuiscono con 570 milioni di $ di armi e
forniture per il Nord. Quando si insedia l’amministrazione Kennedy nel gennaio 1961, cresce
l’ammontare di aiuti militari statunitensi a Saigon e il numero di consulenti militari si gonfia fino a
16.500. Inoltre si persuade Ngo Dinh Diem ad adottare il “programma di villaggi strategici” per
proteggere i contadini dai vietcong trasferendoli in villaggi protetti da filo spinato e mine; il
programma è supervisionato da Ngo Dinh Nhu, il corrotto, autocratico e oppiomane fratello di
Diem, detestato dai contadini che, radunati in campi recintati, si allontanano definitivamente dal
governo di Saigon diventando facile preda per i vietcong. Diem si isola dalle masse rurali, facendo
sempre più affidamento su una piccola corte di cattolici di lingua francese che vivono in città: ciò
aumenta il risentimento della maggioranza buddista del Sud Vietnam, finché nel 1963 il governo
proibisce la celebrazione delle festività buddiste reprimendo nel sangue manifestazioni contro tali
restrizioni alla libertà di culto. Diem non fa altro che fomentare una sempre maggiore opposizione
al suo regime, perdendo anche l’approvazione da parte di Washington. Il 1° novembre 1963 Ngo
Dinh Diem viene assassinato dalle opposizioni locali. Il 22 novembre anche Kennedy verrà
assassinato, a Dallas.

3ª FASE: dal 1963 al 1969. Presidenza Johnson


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Dopo l’assassinio di Ngo Dinh Diem il Sud Vietnam attraversa una fase di grande instabilità
politica. Il nuovo presidente Johnson insieme al Segretario alla Difesa McNamara e il Consigliere
per la Sicurezza Nazionale Bundy (gli stessi uomini di Kennedy), è convinto che solo
l’annientamento del Nord Vietnam libererebbe il Sud: la prima ipotesi di risoluzione da sottoporre
al Congresso è il bombardamento del Vietnam del Nord. Il pretesto per convincere il Congresso di
una tale espansione dell’impegno militare statunitense viene fornito a Johnson tra il 2 e il 4 agosto
1964 da un incidente poco chiaro nel Golfo del Tonchino (una regione del Vietnam del Nord): il 2
agosto un cacciatorpediniere americano che dichiara di trovarsi in acque internazionali comunica di
aver subito un attacco. Sembra che la nave sia stata colpita veramente, ma in acque territoriali nord-
vietnamite. Il 4 agosto ancora due cacciatorpedinieri americani in acque internazionali rilevano
rumori di siluri in avvicinamento, ma non vengono colpite.

Nonostante le navi non siano state colpite realmente, Johnson chiede l’intervento dell’uso della
forza: il 7 agosto il Congresso approva la Risoluzione del Tonchino, con cui dà carta bianca al
Presidente per perseguire la non-dichiarata guerra in Vietnam. A seguito della vittoria alle elezioni
presidenziali del novembre 1964, Johnson prepara una campagna di bombardamenti massicci,
chiamata Operazione Rolling Thunder: dopo l’iniziale proibizione di bombardare le aree urbane
densamente popolate del Nord, vengono gradualmente abolite le restrizioni. Tuttavia l’operazione
non distrugge la capacità bellica del Vietnam del Nord, poiché gli ufficiali Vietcong vengono
trasferiti dalle città bersagliate in sicuri nascondigli rurali; inoltre i bombardamenti strategici
americani invece di abbattere il morale, rafforzano la resistenza popolare. È necessario dunque
ripensare la strategia militare: il 10 marzo 1965 Washington annuncia l’invio in Vietnam di un 1°
contingente di truppe di combattimento regolari. Nonostante la promessa di Johnson durante la
campagna elettorale di “non mandare i ragazzi statunitensi a 15mila miglia dalle loro case per fare
quello che i ragazzi asiatici avrebbero dovuto fare da soli”, il numero delle truppe cresce
continuamente, arrivando ad un picco di 540.000 nel 1969. Gli americani si trovano di fronte ad una
guerriglia che non sono addestrati a combattere e la campagna “search and destroy” non riesce a
scovare i vietcong a causa della fitta vegetazione vietnamita. Gli Usa decidono così di ricorrere a
mezzi estremi: con gli aerei cominciano a spruzzare grandi quantità di agenti chimici, come l’agent
orange (contenente tra l’altro diossina) che col tempo ha prodotto danni enormi sia all’ambiente, sia
alla salute dei civili vietnamiti e degli stessi soldati americani.
Negli Stati Uniti nasce un acceso dibattito sull’intervento in Vietnam: chi ne sostiene l’illegalità,
condanna l’inserimento statunitense in una guerra civile; chi ne sostiene la legalità, dichiara
legittima la richiesta di aiuto da parte di Diem, visto che di fatto le due zone si comportano come
entità statuali, anche se non si sono svolte regolari elezioni. I consensi in USA crollano nel 1968,
quando il Vietnam del Nord organizza una grande offensiva contro il Sud, nella speranza di incitare
una sollevazione di massa che dimostri che il nuovo regime di Thieu (divenuto Presidente nel ’67) e
Ky (il Primo ministro) non è degno di supporto.
L’offensiva del Tet parte il 30 gennaio 1968, primo giorno di festa che i vietnamiti celebravano
all’inizio del nuovo anno lunare, nonostante i due Vietnam avessero concordato una tregua festiva:
l’attacco a sorpresa è inizialmente un successo, ma ben presto il passaggio da tattiche di guerriglia a
una guerra convenzionale si dimostra un disastro di fronte alla superiorità militare statunitense.
Tuttavia l’operazione ha un importante significato politico, poiché dimostra l’infondatezza delle
dichiarazioni di Johnson di una vittoria dietro l’angolo e mette in luce la capacità dei nord-
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vietnamiti di sopportare orrende perdite e continuare a lottare in una lunga guerra di logoramento. Il
consenso USA diminuisce ulteriormente a seguito del massacro di My Lai, lo sterminio di 347 civili
inermi da parte di un plotone americano. La crescente opposizione pubblica si manifesta nei
sondaggi della campagna presidenziale del 1968, nei quali è chiaro il vantaggio di Robert Kennedy,
candidato democratico che si muove su una piattaforma pacifista: ciò persuade Johnson a limitare i
bombardamenti e ad avvicinarsi alle condizioni nord-vietnamite per i negoziati di pace. Il 3 marzo
1968 il governo nord-vietnamita accetta l’incontro con gli statunitensi a Parigi, ma i dialoghi di
pace vengono boicottati dal governo sud-vietnamita di Thieu, che riceve segretamente, dal
candidato alla presidenza Nixon, l’invito ad attendere un’amministrazione repubblicana più vicina
ai suoi interessi.

4ª FASE: dal 1969 all’armistizio del 1973 (Presidenza Nixon).


Ritiratosi Johnson dalla candidatura per il suo secondo mandato, il repubblicano Nixon vince le
elezioni e, affiancato dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale Kissinger, elabora una duplice
strategia per far uscire le forze statunitensi dal Vietnam senza subire il disonore della sconfitta
militare. La guerra in Vietnam è ormai una perdita di uomini e di risorse statunitensi, ma il
problema del disimpegno statunitense è che il Vietnam del Sud verrebbe abbandonato, screditando
così la credibilità degli USA agli occhi dei propri alleati: nella primavera del 1969 Nixon incontra il
Presidente sud-vietnamita Thieu ed enuncia la Dottrina Nixon. Gli USA riducono le loro forze di
combattimento in Vietnam, mentre aumentano il supporto logistico all’esercito sud-vietnamita.
Questa strategia di vietnamizzazione affianca al disimpegno una progressiva responsabilizzazione
del Vietnam del Sud, che deve assumersi il peso maggiore dello sforzo bellico. Il numero dei soldati
statunitensi scende dai 540mila di quando Nixon entra alla Casa Bianca ai 25mila alla fine del suo
primo mandato. La vietnamizzazione è affiancata da una duplice strategia:
- canale militare: bombardamenti sul Nord Vietnam estesi anche alla Cambogia;
- canale diplomatico: miglioramento dei rapporti con URSS e Cina:
Nixon mette in atto una Politica Triangolare (USA-URSS-CINA) inserendosi nella falla creatasi tra
i due alleati comunisti ed entrando in un’ottica di multipluralismo diplomatico per guadagnare
ampio margine di manovra: ogni avvicinamento degli Stati Uniti all’Unione Sovietica provoca fra i
cinesi la sensazione di isolamento e viceversa ogni avvicinamento degli Stati Uniti alla Cina
provoca tra i sovietici la stessa sensazione. Il forte rapporto tra le due potenze comuniste inizia a
deteriorarsi gradualmente a partire dalla seconda metà degli anni ’50: Mao perde fiducia nell’URSS
come benefattore economico e si imbarca in un massiccio programma, il “Grande Balzo in avanti”,
per raggiungere l’autosufficienza economica. Nel frattempo Chruscev nel 1959 nega l’invio del
prototipo dell’atomica e dell’assistenza sovietica al programma nucleare cinese; inoltre, nel timore
di una guerra nucleare, ripudia la dottrina dell’inevitabilità del conflitto tra il blocco comunista e
quello americano. Questo avvicinamento di interessi tra statunitensi e sovietici, preoccupa la Cina,
che non vuole restare economicamente sottosviluppata, militarmente debole e diplomaticamente
isolata. La crescente spaccatura diventa incolmabile durante gli anni ’60, finché il 2 marzo 1969 la
“guerra di parole” tra Mosca e Pechino degenera in una guerra vera e propria: forze militati
sovietiche e cinesi si scontrano in un conflitto di frontiera. In questo clima di tensione gli USA si
inseriscono nel contrasto stipulando un trattato con entrambe le forze:
- USA-URSS: si cerca un miglioramento dei rapporti tra le due superpotenze, che si concretizza nel
settore degli armamenti. Tra il 1969 e il 1971 vengono studiati gli accordi per la limitazione degli
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armamenti strategici: il 26 maggio 1972 Nixon e Breznev firmano lo Strategic Arms Limitation
Treaty (SALT); svolta importante che determina l’inizio della fase di distensione.
- USA-CINA: nel timore di quella che ormai Mao considera la minaccia sovietica, la Cina accoglie
i segnali amichevoli da parte degli Stati Uniti. Il miglioramento delle relazioni sino-statunitensi si
concretizza nella Diplomazia del Ping-Pong, che nasce quando, rimosse nel marzo 1971 tutte le
restrizioni statunitensi sui viaggi in Cina, il governo cinese invita una squadra americana di
ping- pong che si trovava in Giappone. A giugno Nixon revoca l’embargo ventennale sulla Cina.
A luglio Kissinger si reca segretamente a Pechino. Nel febbraio 1972 Nixon sarà il primo
Presidente statunitense a compiere un viaggio in Cina: tale apertura crea margine di manovra per
gli USA ed evita l’isolamento della Cina.
Dal settembre 1972 solo 39mila addetti militari statunitensi rimangono in Vietnam del Sud. Il 27
gennaio 1973 viene firmato l’accordo per il cessate il fuoco, poco dopo l’inizio del secondo
mandato di Nixon: gli USA si impegnano a rimuovere tutte le forze armate entro 60 giorni. Ho Chi
Minh, morto nel 1969, non vive abbastanza per vedere il trionfo militare del suo paese nel 1975 e la
riunificazione del Vietnam l’anno seguente. Gli Stati Uniti escono sconfitti: 58mila soldati hanno
perso la vita e centinaia di migliaia di sopravvissuti hanno subito importanti ferite o menomazioni
fisiche. I costi esorbitanti della guerra sono arrivati a 50 miliardi di $ l’anno. Da questo conflitto in
poi si crea la “Sindrome del Vietnam”, la riluttanza a utilizzare la forza militare all’estero per
perseguire interessi statunitensi.

Ascesa e caduta della distensione


La massiccia campagna di riarmo intrapresa dall’Unione Sovietica mira al raggiungimento della
parità strategica con gli Stati Uniti: alla fine degli anni ’60 l’arsenale sovietico di ICBM conta 1050
unità contro le 1054 statunitensi. Nel 1967 il Segretario alla Difesa statunitense McNamara giunge a
considerare l’emergente condizione di parità nucleare tra le due superpotenze come un elemento
positivo per la stabilità mondiale: USA e URSS hanno raggiunto la condizione di “Mutua
Distruzione Garantita” (Mutual Assured Destruction, MAD) = la capacità di distruggere più di un
quarto della popolazione nemica e oltre la metà delle sue industrie in caso di rappresaglia contro
un’offensiva iniziale. Questa reciproca spaventosa prospettiva paradossalmente garantisce ad
entrambe le parti quella sicurezza minima necessaria al raggiungimento di un progresso nei
negoziati per il controllo degli armamenti. Tuttavia alcuni avvenimenti durante la presidenza
Johnson impediscono tali discussioni: in primis l’intervento americano in Vietnam, la successiva
decisione di Johnson di sospendere i bombardamenti nella primavera del ’68 sblocca la situazione.
Il 19 agosto 1968 il governo sovietico invita quello statunitense ad un summit a Mosca, ma quando i
carri armati entrano in Cecoslovacchia, Johnson declina l’invito in segno di protesta simbolica
(anche se la tacita accettazione di Washington dell’ingerenza sovietica a Praga, viene molto
apprezzata a Mosca e mantiene viva la speranza di discussioni sul controllo degli armamenti).
Il 1° luglio 1968 USA, URSS e GB firmano il Trattato di Non-Proliferazione (NPT) impegnandosi
a non fornire armi nucleari o tecnologie per produrle ai paesi non nuclearizzati. Nel 1969 l’avvento
dell’amministrazione Nixon a Washington e il contemporaneo trionfo di Breznev a Mosca,
preparano le condizioni per un significativo passo in avantif nel controllo degli armamenti
strategici: il primo incontro si tiene a Helsinki il 17 novembre 1969, seguito da sei sessioni tenutesi
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a turno nella capitale finlandese e a Vienna. Dopo due anni e mezzo di negoziati e mentre Nixon
diventa il primo Presidente statunitense, dai tempi di Roosevelt a Yalta, a recarsi in Unione
Sovietica, un accordo è pronto per essere firmato: il 26 maggio 1972 i due leader firmano il
Trattato per la Limitazione degli Armamenti Strategici (Strategic Arms Limitation Treaty, SALT).
Il SALT I, restringendo a 1618 i missili balistici intercontinentali (ICBM) sovietici contro i 1054
americani e a 950 i missili balistici lanciati da sottomarino (SLBM) sovietici contro i 710 americani,
sembra a prima vista attribuire un vantaggio all’Unione Sovietica. Di fatto però gli Stati Uniti
godono di 3 importanti vantaggi: una flotta di bombardieri a lungo raggio quantitativamente e
qualitativamente superiore; la capacità nucleare britannica che in un ipotetico conflitto
supporterebbe la strategia statunitense; una superiorità tecnologica decisiva nella costruzione delle
testate.
Il trattato SALT I rappresenta la prima effettiva limitazione della corsa agli armamenti nucleari
dalla fine degli anni ’40.
Il generale Charles De Gaulle, dopo essersi dimesso nel 1946, viene richiamato a Capo del Governo
nel 1958 per salvare la Francia dal caos politico causato dal disastroso sforzo per risolvere la
questione algerina. In Algeria erano presenti oltre 1 milione di francesi non disposti ad abbandonare
i propri privilegi: lo scontro con il Fronte di liberazione nazionale culmina nella battaglia di Algeri
(1957), vinta con metodi brutali dai francesi. La costituzione del comitato di salute pubblica da
parte dei coloni più oltranzisti, che sembra preannunciare un colpo di stato militare in Francia,
mette in crisi definitivamente la 4° Repubblica. Torna così al potere De Gaulle, che reagisce
duramente alla campagna terroristica condotta in Francia dagli oltranzisti di destra dell’OAS (Orga-
nisation Armèe Secrète). Nel 1962 l’Algeria ottiene l’indipendenza.
Dopo essersi liberato dal fardello coloniale e aver aumentato notevolmente i poteri del Presidente a
spese del Parlamento, De Gaulle si concentra su due obbiettivi:
- riportare la Francia al rango che le spetta di potenza preminente in Europa;
- emancipare l’Europa dall’egemonia esercitata dalle due superpotenze.
Inoltre egli sostiene che l’Europa non debba affidare la propria sicurezza agli Stati Uniti, i quali
hanno ormai cessato di essere lo “scudo” per rallentare l’avanzata comunista. La dottrina strategica
di Eisenhower della “Massive Retaliation” non rappresenta per De Gaulle una risposta al problema
della sicurezza europea. Tuttavia non è ritenuta soddisfacente neanche la dottrina di Kennedy della
Risposta Flessibile che non sostiene una risposta proporzionata e convenzionale alla minaccia dei
Paesi del Patto di Varsavia: il timore è che la scomparsa dell’impegno incondizionato di deterrenza
nucleare statunitense possa invogliare l’Unione Sovietica a ingaggiare una guerra convenzionale in
Europa. Nel giugno 1958 De Gaulle propone una radicale ristrutturazione della NATO per
rafforzare il ruolo della Francia, creando un direttorio interno tripartito composto da USA, GB e
Francia: quando la proposta viene respinta da Washington, De Gaulle cerca allora di aumentare
l’influenza francese al di fuori della NATO con il progetto Force de Frappe (forza d’urto) una
capacità nucleare indipendente dotata di 62 bombardieri Mirage IV. L’obbiettivo principale della
Force de Frappe è politico piuttosto che militare, mirando ad aumentare il prestigio e il potere della
Francia affinché essa assuma il ruolo di terza forza rispetto alle due superpotenze e il ruolo di guida
di un’Europa occidentale libera dal controllo statunitense. Il 14 gennaio 1963 De Gaulle pone il
veto alla richiesta di ammissione della Gran Bretagna nella CEE, definendola il “cavallo di Troia
statunitense”, cioè lo strumento con cui gli USA possono esercitare la loro influenza in Europa. Nel
frattempo, nel tentativo di creare un progetto di indipendenza europea, rafforza i legami con la
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Germania, firmando il 23 gennaio 1963 con il Cancelliere Adenauer il Trattato dell’Eliseo, che
prevede la collaborazione franco-tedesca su questioni di sicurezza; Tuttavia l’accordo è reso
innocuo da un preambolo che riafferma la lealtà della Repubblica Federale Tedesca agli Stati Uniti
(5 mesi più tardi, con le dimissioni di Adenauer, il progetto per un asse Parigi-Bonn viene lasciato
cadere). Il 7 marzo 1966 De Gaulle annuncia a Johnson l’allontanamento delle forze militari e aeree
francesi dalla NATO (esce solo dal braccio militare, rimanendo membro del Patto atlantico). Tutti i
tentativi di rompere il sistema bipolare internazionale falliscono: la rivolta studentesca e gli scioperi
del ’68 scuotono la V Repubblica e le difficoltà finanziarie costringono il governo De Gaulle ad
accettare l’assistenza anglo-americana; inoltre l’invasione della Cecoslovacchia rappresenta un duro
colpo, visto che l’attenuazione dei legami con gli Stati Uniti dipendeva anche da un allentamento da
parte di Mosca della morsa sull’Europa dell’Est: De Gaulle rassegna le proprie dimissioni
nell’aprile 1969, facendo crollare il progetto di distensione in un’Europa guidata dalla Francia ed
emancipata dalle due superpotenze.
Ma la chiave della distensione non va cercata a Parigi, bensì a Bonn: sotto la gestione del
Cancelliere Adenauer dal 1949 al 1963, la Repubblica Federale rifiuta di riconoscere la Repubblica
Democratica, e mira alla riunificazione del paese attraverso libere elezioni, che certamente
porterebbero all’assorbimento dello stato comunista dell’Est. Il successore Erhard riafferma questa
politica di forza nei confronti dei paesi comunisti dell’Est, fino a che nel dicembre 1966 viene
costituito un nuovo governo di coalizione che porta al Ministero degli Esteri il socialdemocratico
Brandt, il quale incarna un nuovo approccio alla politica estera nei confronti del blocco sovietico:
egli è convinto che un miglioramento delle relazioni tra Germania Ovest e Germania Est spianino la
strada alla riunificazione dei due Stati tedeschi. Durante il 1967 Brandt muove i primi passi della
sua nuova Ost-politik (Politica Orientale) ripristinando legami diplomatici con Romania e
Jugoslavia, nonostante entrambe abbiano riconosciuto la Germania Est (ripudiando così la dottrina
Hallstein = qualunque relazione diplomatica intrattenuta da un paese terzo con la Repubblica
Democratica Tedesca è da considerarsi un atto ostile e porta all'immediata interruzione delle
relazioni diplomatiche), e riapre le relazioni commerciali con i paesi dell’Est. Dopo un arresto
temporaneo dell’apertura verso Est a seguito dell’intervento militare in Cecoslovacchia nel ’68,
Brandt riprende la sua Ostpolitik: il 28 novembre 1969 dimostra le sue buone intenzioni nei
confronti dell’Unione Sovietica firmando il trattato di non-proliferazione; è il primo Cancelliere
tedesco occidentale a visitare la Germania Est nel marzo 1970. Il 20 agosto 1970 a Mosca firma un
trattato bilaterale di non aggressione, che include l’impegno a riconoscere lo status quo in Europa
(inclusi i discussi confini occidentali della Polonia e il confine tra le due Germanie); il 7 dicembre
1970 sigla a Varsavia il riconoscimento della linea Oder-Neisse e come gesto simbolico visita il
ghetto di Varsavia e rende omaggio alle vittime del nazismo. A seguito di tutte queste aperture, la
dirigenza sovietica decide di sacrificare Ulbricht nell’interesse della distensione, sostituendolo il 3
maggio 1971 con il più condiscendente Honecker. Il 21 dicembre 1972 a Berlino i due Paesi
firmano il Trattato di Base, che prevede l’espansione delle relazioni culturali ed economiche e lo
scambio di delegazioni diplomatiche. Quando il trattato di Base viene ratificato dalla Germania
Ovest l’11 maggio 1973, la Germania Est ottiene finalmente il riconoscimento diplomatico (gli
USA temporeggiano fino al 4 settembre 1974). Il culmine di questa trasformazione storica si ha il
18 settembre 1973, quando i due stati tedeschi entrano alle Nazioni Unite. L’Ost-politik della
Germania Ovest completa il tentativo di Nixon e Kissinger di una distensione mondiale fra i due
blocchi; la distensione viene intrapresa dagli USA perché la politica perseguita fino ad ora non è
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più sostenibile; anche l’URSS sceglie la strada della distensione, poiché trova ancora meno
sostenibili i costi della corsa agli armamenti, aggravati dai costi relativi alla gestione dei paesi
satellite e da un crollo di immagine dovuto all’episodio della Primavera di Praga.

Primavera di Praga
Nel gennaio ’68 il segretario del partito, lo staliniano Novotny, viene rimosso e sostituito da
Dubcek, comunista dissidente. La Cecoslovacchia vive una stagione di radicale rinnovamento
politico e di esaltante fermento intellettuale. Dubcek, pur non avendo intenzione di uscire dal patto
di Varsavia, costituisce una minaccia per l’URSS, preoccupata per gli effetti sugli altri stati del
blocco orientale. Il momento culminante della cosiddetta Primavera di Praga ha luogo il 21 agosto
1968, quando le truppe sovietiche occupano Praga ed il resto del Paese. Fortemente simbolica è
l’immagine dei carri armati che affrontano la protesta studentesca. Per giustificare l’intervento delle
forze armate si usa la Dottrina Brezhnev (o Dottrina della Sovranità Limitata), secondo cui è
necessario intervenire nei paesi satelliti qualora essi siano minacciati da forze ostili al socialismo;
inoltre a nessuna nazione è consentito lasciare il Patto di Varsavia o disturbare il monopolio del
potere da parte del partito comunista.
Durante l’incontro a Mosca del maggio 1972 Brezhnev e Nixon prendono accordi per procedere alla
Conferenza per la sicurezza e la collaborazione in Europa (CSCE) e ai negoziati sulla mutua e
bilanciata riduzione delle forze (Mutual and Balanced Force Reductions, MBFR). Mentre i
negoziati procedono per due anni, Nixon si dimette dal suo incarico di Presidente nell’agosto 1973 a
seguito dello scandalo Watergate (scoperta di attività illegali da parte della sua amministrazione di
Presidente durante la campagna elettorale presidenziale del 1972, e conseguente tentativo di
ostruzione della giustizia da parte dello stesso Presidente). Così è il successore Ford ad incontrare
Brezhnev alla Conferenza di Helsinki del 1° agosto 1975, durante la quale viene firmato l’Atto
Finale della Conferenza per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, considerato da molti come
il supremo coronamento della politica di distensione.
Le proposte sottoposte alla conferenza vengono divise in 3 categorie (dette cesti):
1. riconoscimento formale dell’inviolabilità delle frontiere e dell’integrità territoriale di ogni Stato
sovrano in Europa (cioè il riconoscimento degli stati così come sono usciti dalla seconda guerra
mondiale). Il primo cesto rappresenta il principale trionfo del blocco comunista, che ottiene il
riconoscimento delle acquisizioni territoriali post-belliche di Polonia, Cecoslovacchia e Unione
Sovietica, nonché l’annessione di Estonia, Lettonia e Lituania del 1940;
2. insieme di provvedimenti per l’estensione della collaborazione inter-europea per il commercio,
l’industria, la scienza e la tecnologia, pensati per ridurre le tensioni tra Est e Ovest;
3. difesa dei diritti umani e rispetto delle libertà politiche quali la “Carta Atlantica” e la
“Dichiarazione sull’Europa Liberata” in cambio del tanto desiderato riconoscimento da parte
dell’Occidente dello status quo territoriale europeo, il Cremlino è così costretto al rispetto dei
diritti umani.
Le dimissioni forzate di Nixon non fermano il progresso dei negoziati sul controllo delle armi
strategiche: Ford, che ha poca esperienza negli affari esteri, mantiene in carica il Segretario di stato
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Kissinger, il quale vola a Mosca nel gennaio 1976 per presentare la proposta finale per il trattato
SALT II. I negoziati vengono però rallentati da varie questioni: Kissinger protesta per la presenza
sovietico-cubana in Angola, mentre Mosca è risentita per la sua esclusione dai negoziati di pace in
Medio Oriente. Inoltre alcune proposte dell’amministrazione Ford per il controllo degli armamenti
si rivelano inaccettabili per i sovietici (es. aumento del limite di missili Cruise, velivoli in miniatura
privi di pilota che superano il controllo radar, ma che i russi non sono ancora riusciti a
perfezionare). Nel frattempo all’interno degli Stati Uniti si cerca di impedire all’amministrazione di
fare ulteriori concessioni nel campo del controllo degli armamenti, tanto che il repubblicano Reagan
accusa la politica estera “Ford-Kissinger” di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale
statunitense criticandoli di ignorando l’aggressività dell’Unione Sovietica. Colpito dagli attacchi del
suo stesso partito e timoroso di apparire debole di fronte all’URSS, nel marzo 1976, mentre si
prepara a lanciare la propria campagna elettorale, Ford annuncia che sta per abbandonare il termine
“distensione”, e in aprile decide di interrompere i negoziati del SALT II per il resto del suo
mandato. L’elezione del Presidente Carter nel gennaio 1977 porta alla Casa Bianca un uomo con
un’esperienza in campo di politica estera ancora minore rispetto a quella di Ford. Carter rimprovera
Nixon di aver danneggiato l’immagine degli USA e per questo già durante la sua campagna
elettorale annuncia di voler riportare moralità nella politica estera statunitense (i suoi slogan sono:
“No more Watergate, No more Vietnam”). Così si gioca subito la carta dei diritti umani: per
costringere l’Unione Sovietica a rispettare i diritti umani è però necessario che gli Stati Uniti stessi
li rispettino; per questo gli USA devono mettere in pratica la politica dei diritti umani con tutti,
amici e nemici, e ciò si realizza tagliando gli aiuti economici e militari ai paesi che violano i diritti
umani, smettendo di appoggiare qualsiasi dittatore purché anticomunista. La politica dei diritti
umani e della distensione è fortemente sostenuta dal Segretario di Stato Vance, ma si scontra con il
sostegno ad un ritorno della politica del contenimento da parte del Consigliere per la Sicurezza
Nazionale Brzezinski, un emigrato polacco che vede l’URSS come una potenza intrinsecamente
espansionista, che approfitta della fase di distensione per allargarsi sulle periferie. Carter non riesce
a creare sinergia tra queste due visioni opposte. Il SALT II, firmato il 18 giugno 1979, non viene
ratificato dal Senato a causa di un mutamento dello scenario internazionale che accresce il senso di
vulnerabilità e di perdita di prestigio nel mondo, e che spinge Carter a considerare vincenti le
posizioni di Brzezinski. Così nel 1977 Carter fa approvare il Trattato del Canale di Panama, che ne
restituisce la sovranità ai Panamensi (l’ultima nave statunitense passa nel 1999). Inoltre l’11 no-
vembre 1975 l’Angola si dichiara indipendente. Nonostante una fazione sia appoggiata da soldati
cubani, il Senato americano rifiuta di aiutare le fazioni oppositrici: la nuova Repubblica Popolare
dell’Angola rende pubblico il suo orientamento marxista e l’8 ottobre 1976 firma un trattato
ventennale di amicizia con l’Unione Sovietica. Ciò non rappresenta necessariamente una vittoria
sovietica, tanto che gli investimenti statunitensi in Angola non vengono ostacolati. Tuttavia
l’amministrazione Ford (1974-1977, solo 3 anni perché Nixon si era dimesso) interpreta la guerra
civile angolana nella peggiore luce possibile, descrivendo la forza di spedizione cubana come
volontà di Mosca e condannando l’intervento sovietico in quanto violazione dello spirito di
distensione. La preoccupazione maggiore è che il successo sovietico in Angola spinga altri
movimenti di liberazione nel Terzo Mondo a cercare il sostegno sovietico. Quando nel ’78
Brzezinski annuncia la fine della distensione, si riferisce alla vicenda africana del conflitto tra
Etiopia e Somalia nel Corno d’Africa, sostenendo che “la distensione è affondata nelle sabbie
dell’Ogaden”: l’imperatore etiope Selassiè, a lungo sostenitore degli Stati Uniti, viene rovesciato da
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un colpo militare che pone al potere, nel febbraio 1975, il colonnello Mengistu, il quale vira
nettamente a sinistra chiedendo supporto a Mosca e all’Havana. Nel frattempo la Somalia decide di
sfruttare la caotica situazione etiope per rivendicare la provincia etiope dell’Ogaden, abitato da una
maggioranza di etnia somala. Poiché la Somalia ha firmato nel 1974 un trattato di amicizia con
l’Unione Sovietica, quest’ultima si trova nell’imbarazzante situazione di decidere chi appoggiare
nel crescente conflitto nel Corno d’Africa. Quando le truppe somale invadono l’Ogaden nella
primavera del ’77, Brezhnev opta per appoggiare l’Etiopia, presumibilmente per la sua popolazione
più numerosa e per le dimensioni maggiori. Di conseguenza la Somalia effettua una brusca
inversione della propria politica estera, espellendo tutti i consulenti sovietici e cubani, ripudiando il
trattato di amicizia somalo-sovietico e chiedendo il supporto statunitense: gli USA esitano ad
appoggiare la Somalia, consapevoli di ricevere la richiesta dell’aggressore; Brzezinski propone di
inviare una forza navale nella regione per evitare l’espansione sovietica, mentre per Vance i
sovietici non hanno mire espansionistiche, considerando la vicenda come una crisi locale. Questa
volta Carter appoggia la tesi di Vance, anche se restano forti le preoccupazioni per la minaccia
sovietica. Su richiesta di Mosca le forze etiopi interrompono la controffensiva evitando di
sconfinare in territorio somalo, ed il conflitto finisce nel ’78 con entrambi i regimi al potere e
nessun cambiamento territoriale.
Il teatro della svolta è però l’Asia: il 25 dicembre 1979 l’Unione Sovietica invade l’Afghanistan,
rovesciando il governo del presidente Amin (il cui governo non era considerato scomodo dagli
USA) e insediando il filo-comunista Karmal. Questo intervento armato è il primo da parte
dell’URSS in uno stato non satellite, un paese libero e non allineato, ma nonostante sia
un’aggressione, essa non è espressione di una politica espansionistica, bensì di una politica di
sicurezza: Amin attuava una politica vicina alla Cina, al Pakistan e di riavvicinamento agli USA,
ma l’URSS non vuole perdere l’Afghanistan come stato amico, per la sua importanza in quanto
stato cuscinetto. Mentre i sovietici insediano il nuovo governo, una coalizione di fondamentalisti
islamici organizza un’insurrezione contro il governo Karmal: ciò determina la diserzione di un terzo
dell’esercito afghano in favore dei ribelli e dunque richiede lo spiegamento di ulteriori truppe
sovietiche, fino a raggiungere le 100mila unità nella primavera del 1980. Il governo statunitense
reagisce con indignazione, informando Breznev che la presenza di forze sovietiche in quel paese
avrebbe danneggiato ciò che restava dello spirito della distensione. Il Cremlino ignora gli
avvertimenti, pensando che gli USA avrebbero acconsentito tacitamente come in Ungheria nel 1956
e in Cecoslovacchia nel 1968: invece gli Stati Uniti si uniscono a Egitto, Pakistan e Cina per fornire
assistenza militare coperta alla resistenza islamica (scompare la priorità per la difesa dei diritti
umani); impongono sanzioni all’URSS (embargo alle esportazioni di grano, restrizioni all’accesso
alle acque statunitensi adibite alla pesca e alle esportazioni di alta tecnologia); propongono il
boicottaggio dei Giochi Olimpici di Mosca del luglio 1980 (sono per lo più i paesi del Terzo Mondo
a boicottare, eccetto i paesi africani che non erano stati appoggiati dagli USA nel boicottaggio di 4
anni prima contro l’apartheid). Carter aumenta il budget per la difesa, rinvia la ratifica del SALT II
e porta la questione in seno alle Nazioni Unite. Tuttavia il Consiglio di Sicurezza non riesce a
esprimere un giudizio per via del veto sovietico, ma l’Assemblea Generale chiede il ritiro
dell’Unione Sovietica, e ciò è interessante perché esprime la volontà di molti paesi di nuova
indipendenza, che evidentemente temono che si sia creato un pericoloso precedente (appoggiano i
sovietici solo i paesi ad essa allineati e l’India). Carter considera ormai l’operazione militare
sovietica come l’ultima goccia di una serie di atti di aggressione per mezzo dei quali l’Unione
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Sovietica cerca di sfruttare “l’era dei buoni sentimenti”, così nel gennaio 1980 egli inaugura la
Dottrina Carter: gli Stati Uniti considerano il Golfo Persico così importante per la propria sicurezza
che da ora in poi negheranno a qualsiasi potenza straniera il controllo della regione, con ogni mezzo
necessario, incluso l’intervento militare. Al momento di lasciare la Casa Bianca nel 1981, in favore
del repubblicano Reagan, Carter si è trasformato, da strenuo sostenitore dei diritti umani e della
distensione, in un acceso oppositore della minaccia dell’espansionismo sovietico. Le truppe
sovietiche vengono bloccate in una fase di stallo dai mujaheddin musulmani, che continuano a
ricevere armi statunitensi e cinesi attraverso il Pakistan. L’amministrazione Reagan aumenta il
coinvolgimento militare statunitense fornendo il più avanzato missile manuale, lo Stinger. Con
l’aumentare delle vittime sovietiche molti osservatori iniziano a riferirsi alla situazione afghana
come alla versione sovietica del Vietnam. Gorbachev, nuovo Segretario Generale del Partito
Comunista Sovietico, informa privatamente Reagan della sua intenzione di ritirarsi dall’Afghanistan
durante il loro primo incontro al summit di Ginevra del novembre 1985: nel febbraio 1988 il
Cremlino annuncia pubblicamente l’intenzione di ritirarsi entro un anno ed effettivamente farà ciò
nel febbraio 1989.
Un altro duro colpo accusato dagli Stati Uniti proviene dall’Iran: nel gennaio 1979 lo Scià, il Re
iraniano, lascia il paese, e il potere va nelle mani dell’ayatollah Khomeini, che trasforma il paese da
Monarchia laica e moderna in Repubblica fondamentalista islamica, la cui costituzione è ispirata
alla legge coranica (Sharia). Tutti i legami tra Iran e Stati Uniti vengono troncati di colpo. I vasti
interessi economici statunitensi vengono interamente confiscati e il personale militare e di
intelligence americano viene espulso; i membri filo-statunitensi della vecchia élite politica e
militare che non riescono a fuggire sono imprigionati o uccisi: Khomeini da la dimostrazione che
Teheran non ricoprirà più il ruolo di surrogato degli USA nel Golfo Persico assegnatogli da Nixon,
al contrario l’Iran avrebbe guidato i gruppi islamici contro il cosiddetto “Grande Satana”. Quando
militanti iraniani sospettano un complotto statunitense per rimettere lo Scià sul trono, il 4 novembre
1979, centinaia di essi si precipitano all’ambasciata statunitense a Teheran, prendendo in ostaggio
69 membri del personale diplomatico e consolare. La Crisi degli Ostaggi sfinisce l’amministrazione
Carter per il resto del suo mandato, fino a quando non verranno liberati nel gennaio 1981, con
l’insediamento di Reagan.

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