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Lezione 01 febbraio 2005 1 di 16

\Lezione 01/02/2005
Fin ora abbiamo parlato della resistenza al taglio dei terreni, abbiamo detto come si determina con
le prove di laboratorio sui materiali campionabili in modo indisturbato, oppure in sito nel caso dei
materiali non campionabili. (oppure su materiali campionabili quando si vuole risparmiare sulle
prove di laboratorio…per estrapolare i dati ricavati in laboratorio in alcuni punti ad altri punti in cui
non si sono prelevati i campioni).
Abbiamo sempre fatto riferimento al criterio di rottura nei terreni nella forma:
τ = c + σ tgϕ dove abbiamo particolarizzato tensioni totali o tensioni efficaci
τ = c ' + σ ' tgϕ ' a seconda delle condizioni che stavamo considerando.
Il criterio di resistenza che abbiamo considerato: criterio di Mohr-Coulomb è stato scelto come un
legame tra la τ (sforzo di taglio) che agisce su una certa superficie e lo sforzo normale σ che agisce
sulla stessa superficie. Questa relazione è la relazione che lega la τ alla σ a rottura, nel momento in
cui c’è rottura.
σ
τ

Se per un certo valore di σ la τ è inferiore a quella definita da questa formula non c’è rottura, se è
uguale c’è rottura, non è possibile che ci siano valori superiori.
È possibile esprimere il criterio di resistenza dei terreni anche in un altro modo, che è abbastanza
più conveniente per affrontare certi tipi di problemi ad esempio: i problemi delle spinte sulle opere
di sostegno.
Se consideriamo sempre sul piano di Mohr τ,σ la retta che indica la rottura:

τ
τ = c + σ tg φ
φ

φ C
A O σ3 B σ1 σ

Sappiamo che a rottura il cerchio Mohr dell’elemento di terreno che si è rotto è tangente alla retta
(disegniamo metà cerchio, perché dall’altra parte è uguale, il centro del cerchio si trova sull’asse
delle sigma), ora indichiamo con σ3 e con σ1 le tensioni principali rispettivamente minima e
massima al momento della rottura.
Siccome si può immaginare che una volta fissata la σ3 c’è uno ed un solo cerchio che passa per la σ3
ed è tangente alla retta di rottura. Quindi data la σ3 la σ1 è perfettamente individuata oppure il
contrario data la σ1 la σ3 è perfettamente individuata . Questo significa che esiste un legame tra la σ3
la σ1 a rottura ed è quindi possibile esprimere il criterio di resistenza anche come la relazione tra le
tensioni principali a rottura:

per il momento indichiamo semplicemente con sigma, non perché stiamo indicando volutamente tensioni totali, ma
perché le indichiamo come tensioni generiche
abbiamo che data la definizione del criterio di resistenza, la retta di rottura ha una inclinazione data
dall’angolo di attrito φ, e l’intercetta sull’asse delle τ è proprio ciò che abbiamo chiamato valore di
coesione c, consideriamo il raggio che tocca il punto di tangenza tra la retta di rottura e il punto a
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rottura. Indichiamo con O,A,B,C questi punti che ci interesseranno. Possiamo scrivere che CB che è
il raggio del cerchio di Mohr a rottura è uguale a:
CB = A Bsen ϕ
σ1 −σ 3
ma CB è uguale al raggio quindi: CB =
2
AB invece è uguale alla coordinata del centro del cerchio di Mohr OB più il tratto AO, dove OB è
uguale a: ½ somma delle tensioni, AO invece considerando l’angolo e il valore della coesione è
uguale alla coesione c per la cotangente dell’angolo φ:

(
AB = OB + AO = ( ) σ1 + σ 3
2
+ c cotg ϕ )
sostituendo questi valori così definiti, nella prima relazione CB = ABsenφ otteniamo:
σ1 − σ 3  σ1 + σ 3 
= + c cotg ϕ  senϕ operando le opportune semplificazioni, otteniamo
2  2 
che:
σ1 − σ 3 σ +σ3
= c cosϕ + 1 senϕ adesso possiamo esprime σ1 in funzione di σ3 oppure
2 2
il contrario, allora esprimiamo il primo caso, mettiamo in evidenza ed eliminiamo il 2 moltiplicando
il secondo termine, otteniamo:
σ1 − σ 3 = 2c cosϕ + (σ1 + σ 3 )senϕ
σ1 (1 − senϕ ) = σ 3 (1 + senϕ ) + 2c cosϕ trasformo il cos φ, e dividiamo tutto per (1-senφ)

σ1 = σ 3
(1 + senϕ )
+ 2c
1 − sen2ϕ
(1 − senϕ ) 1 − senϕ

σ1 = σ 3
(1 + senϕ ) + 2c (1 − senϕ )(1 + senϕ ) ⇒
(1 − senϕ ) (1 − senϕ )2
σ1 = σ 3
(1 + senϕ ) + 2c 1 + senϕ
(1 − senϕ ) 1 − senϕ
se anziché esprimere la σ1 in funzione della σ3 avessi fatto il contrario, avrei trovato:

σ 3 = σ1
(1 − senϕ ) − 2c 1 − senϕ
(1 + senϕ ) 1 + senϕ
ricordiamo le formule di trigonometria sappiamo che:
1 + senϕ  ϕ
= tg 2  45° +  = K P
1 − senϕ  2
questo rapporto lo chiamiamo Kp, coefficiente di spinta passiva, mentre
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1 − senϕ  ϕ
= tg 2  45° −  = K a
1 + senϕ  2 viene definito coefficiente di spinta attiva Ka,

è facile verificare che il prodotto Ka ⋅ Kp =1; e che Kp > Ka ;


definiti questi coefficienti posso scrivere che la σ1 =σ p =σ3Kp + 2c Kp tensione limite di
Rankine passiva

mentre: σ 3 = σ a = σ1Ka − 2c Ka tensione limite attiva


Queste sono le formule di Rankine. È un altro modo di esprimere il criterio di resistenza come
relazione tra le tensioni principali a rottura.

Possiamo fare una piccola applicazione di queste relazioni per un caso che ormai conosciamo bene:
provino in cella triassiale. È un provino che va a rottura pertanto alle tensioni principali a rottura si
possono applicare le relazioni di Rankine.

σ1 = σc + F/AT
F/AT o (σ1 – σ3)
σc
σc o σ3 σr = σc
σc
+ =

σc

Ricordiamo come si svolge la prova di compressione triassiale, applichiamo una σc cioè una
pressione di cella, uno sferico, successivamente applichiamo un deviatore, quindi alla σc,
sommiamo una F/AT, per cui alla fine abbiamo che sul campione agiscono una σ radiale che è
uguale ad una σ3, e una tensione assiale che è uguale alla σc più la F/AT (σ1).
Seguiamo l’evoluzione dello stato tensionale di questo provino sul piano di Mohr, vedendo cosa
succede al cerchio di rottura. Per il momento per semplificare ci riferiamo ad una prova drenata per
cui tensioni totali e tensioni efficaci coincidono.
Possiamo riportare su un piano di Mohr, la retta di Mohr τ = c + σ tgφ:

τ = c + σ tgφ

σ3 σ1
a rottura σ

Alla fine della compressione sferica il cerchio di Mohr del provino è rappresentato da un punto
sull’asse delle ascisse, il valore σ3 rimane costante durante tutta la prova (nelle nostre condizioni di
partenza prova CD). Cominciamo ad applicare il deviatore degli sforzi, cosa succede? Succede che
mentre prima le due tensioni principali, massima e minima, coincidevano, adesso σ1 comincia a
diventare maggiore di σ3 si forma il cerchio di Mohr, man mano che aumenta il deviatore il
diametro del cerchio di Mohr aumenta mentre il valore σ3 rimane lo stesso, per cui abbiamo dei
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cerchi che evolvono durante la prova secondo la condizione raffigurata. La prova si fermerà, cioè il
provino avrà raggiunto la rottura quando il cerchio sarà diventato tangente alla retta di Mohr.
In realtà quando noi facciamo la prova, facciamo il ragionamento opposto, perché troviamo il cerchio a rottura e poi
determiniamo come inviluppo la retta.
In questo momento si è raggiunta la σ1 a rottura e possiamo dire che essa è legata alla σ3 che
abbiamo applicato dalla relazione:
(tensione principale massima in funzione di quella minima, prima relazione)
σ1 =σ3Kp + 2c Kp questa relazione vale a rottura.
Potremmo fare la prova anche in un modo diverso, ad esempio sempre nel piano di Mohr faccio una
prova che si chiama di estensione:

τ
σ1
σ3 – σ1

+ τ = c + σ tgφ

decomprimo σ3 σ1
σ

Parto da uno stato tensionale sferico in cui la tensione è uguale σ1 poi pian piano decomprimo, cioè
applico una decompressione dello stato tensionale, decompressione laterale. Questa decompressione
può essere ottenuta nella cella, facendo ridurre la pressione di cella e aumentando la tensione assiale
e quindi applicando una σ3 – σ1 perché la somma deve essere σ3.
In questo caso cosa succede: partiamo dal punto σ1 e questa volta il cerchio di Mohr, man mano che
evolve il secondo stato tensionale si sviluppa a sinistra del punto tracciato, avrò una condizione
come raffigurato fino ad arrivare a rottura. L’intercetta del cerchio massimo con l’asse delle sigma
ci da proprio la σ3 e avremo che essa sarà legata alla tensione massima dalla relazione:
σ 3 = σ1Ka − 2c Ka

Ricordando le proprietà dei cerchi di Mohr, se facciamo passare una retta per il punto σ3 che
rappresenta il polo del cerchio di Mohr allora il punto di intersezione della retta con il cerchio mi
da gli stati tensionali sulla giacitura parallela alla retta.

σ
β τ

β
P≡(σ,τ)

σ3 σ1

Polo del cerchio


di Mohr

Ad esempio supponiamo che la retta abbia inclinazione β, se considero all’intero del provino una
giacitura con la stessa inclinazione cioè sempre β, posso ottenere la tensione normale e la tensione
tangenziale di questa giacitura andando a vedere il punto di intersezione con il cerchio di Mohr,
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questo punto P avrà una certa σ e una certa τ che saranno proprio quelle agenti su quella giacitura.
Se queste sono le proprietà del polo del cerchio di Mohr, è facile intuire che posso individuare quali
sono le giaciture sulle quali avviene la rottura, perché questo punto di tangenza tra il cerchio e la
retta è un punto che certamente rappresenta uno stato tensionale su una delle infinite giaciture
dell’elemento di volume.
τ

di rottura
τ = c + σ tgφ
P

σ3 σ1
σ

Quindi nell’elemento di volume c’è una giacitura sulla quale agisce questo stato tensionale, ma
questi valori di τ e σ sono legati tra di loro dal criterio di rottura, sono cioè le τ e σ che inducono
alla rottura. Su quale giacitura agisce questo stato tensionale? Basta unire il polo del cerchio di
Mohr con questo punto e sappiamo che la rottura avviene lungo giaciture parallele a questa retta,
quindi avremo che in realtà c’è lo scorrimento di una parte del materiale rispetto all’altra rispetto a
questi piani e a questa inclinazione. (bisogna considerare la condizione simmetrica, ci sarà
scorrimento anche dall’altra parte, per giacitura che sono parallele alla retta che unisce il polo del
cerchio di Mohr con il punto di tangenza anche nel quadrante negativo). Ci sono due famiglie di
curve lungo le quali avviene lo scorrimento del materiale.
Vediamo è possibile definire un angolo? O questo varia di volta in volta?
Ricordando le proprietà degli angoli al centro e degli angoli alla circonferenza di un cerchio:
(legge sugli angoli)
angoli alla circonferenza e al centro che insistono sullo stesso
arco, in queste condizioni l’angolo alla circonferenza è la metà
Metà dell’angolo
formato dal raggio dell’angolo al centro.

Otteniamo:

90°
90°+ φ
45° - φ/2

φ
σ1
45°+ φ/2 90°- φ

Consideriamo il polo del cerchio di Mohr, la retta di tangenza alla retta di rottura e la retta che
unisce il centro del cerchio di Mohr con il punto di tangenza, otteniamo un triangolo rettangolo,
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l’angolo al centro sarà 90° - φ, ora se consideriamo l’angolo alla circonferenza che sottende lo
stesso arco dell’angolo al centro che abbiamo considerato prima, questo angolo varrà la metà
pertanto sarà 45° - φ/2. Possiamo dire che la rottura avviene su superfici inclinate di 45° - φ/2
rispetto alla verticale.

Consideriamo adesso una applicazione più vicina ai problemi di ingegneria:


Consideriamo il caso di un terreno in condizioni geostatiche ed immaginiamo che sia omogeneo e
nell’ipotesi più semplice che sia asciutto, avrà un certo peso γ.
Immaginiamo di inserire all’interno di questo terreno una parete ideale verticale che indichiamo con
AB e supponiamo che questa parete sia sottilissima, liscia e che sia indefinita perpendicolarmente
(al foglio). In questo modo possiamo considerare il problema come piano e che l’inserimento della
parete non ha cambiato lo stato tensionale.
A

z σ v = γz
P
σ h = k 0 γz
B k 0 = 1 − sin ϕ < 1 Coefficiente a riposo per terreni
NC o debolmente OC

Considerando un punto P ad una generica profondità z dal piano di campagna possiamo dire che le
tensioni sono rimaste invariate all’inserimento della parete, ed in particolare abbiamo che la
tensione verticale che in questo caso è sia totale che efficace, perché non c’è acqua, è data un γ
asciutto per zeta, cioè
σ v = γz
E la tensione orizzontale σh sarà pari a
σ h = k 0 γz
Dove k0 è il coefficiente di spinta a riposo.
Se il terreno è normal consolidato o debolmente consolidato sappiamo che questo coefficiente si
può porre come:

k 0 = 1 − sin ϕ < 1
cosicché σh è minore di σv.
Facciamo questa ipotesi in modo tale che possiamo anche dire qual è il cerchio di Mohr del punto P
prima dell’inserimento della parete e dopo anche, visto che la parete non ha provocato ancora
niente.
Sul piano di Mohr essendo σh e σv tensioni principali, poiché non ci sono tensioni tangenziali in
condizioni geostatiche avremo che la σh sarà la tensione principale minima e la σv la tensione
principale massima. Il cerchio di Mohr del provino è questo:
τ
φ

σh σv
σ
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Ora si può dimostrare, dati i valori k0, che in condizioni geostatiche il cerchio è ben lontano dalla
retta di rottura. (questo lo determinate per esercizio, mi dovete dimostrare che il cerchio di Mohr di un
punto qualsiasi del sottosuolo in condizioni geostatiche è un cerchio che è ben lontano dalla retta di rottura.
Risp: perché alle condizioni geostatiche si arriva per successive compressioni di tipo edometrico, e
sappiamo che per compressione edometrica non si raggiunge la rottura).

A questo punto dobbiamo operare uno scavo, immaginiamo di operare in questo modo: infiliamo
nel terreno una parete di altezza L e supponiamo che questa parete sia molto sottile, supponiamo
che l’attrito parete-terreno sia nullo cosicché non insorgono sforzi tangenziali per effetto
dell’infissione della parete, supponiamo inoltre che la parete sia molto lunga nella direzione
perpendicolare al foglio, così da poter considerare il fenomeno come piano. Cioè in tutti i piani
paralleli al foglio si ripete la stessa condizione:
A’ A

B
Dopo aver infisso questa parete asportiamo tutto il terreno che si trova a sinistra della parete, cosa
succederà? Mentre prima a destra e a sinistra della parete agivano le stesse tensioni orizzontali
quindi la parete era in perfetto equilibrio, dopo aver rimosso questa parte di terreno annulliamo le
tensioni orizzontali sulla sinistra, quindi agiscono soltanto le tensioni orizzontali sulla destra.
Supponiamo che la fondazione della parete sia tale che per effetto di questo squilibrio di tensioni a
destra e a sinistra la parete subisca soltanto una rotazione cosicché si porta dalla posizione AB alla
posizione A’B, supponiamo anche che questa rotazione sia piccola, perché se questa rotazione è
piccola, allora possiamo immaginare che il piano di campagna non cambi posizione, infatti se la
rotazione fosse molto grande allora il terreno si allargherebbe e il piano di campagna andrebbe
verso il basso e cambierebbe la tensione verticale nel punto P, invece se immaginiamo che gli
spostamenti sono piccoli ed avendo già ipotizzato tensioni tangenziali nulle all’interfaccia parete
terreno, allora possiamo dire che la tensione verticale σv in P rimane costante, ciò che varia è la
tensione orizzontale. Man mano che prosegue la rotazione il terreno si decomprime e la tensione
orizzontale diminuisce, allora i cerchi di Mohr evolveranno in questo modo:

τ
φ

σh σh σv
σ

La tensione verticale rimane costante, la tensione orizzontale diminuisce, il cerchio di Mohr evolve
verso sinistra, man mano che avviene la rotazione il cerchio evolve verso sinistra, fino a quando
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diventa tangente alla retta di rottura, in quel momento il terreno alle spalle della parete si è rotto e la
tensione agente sulla parete è una tensione attiva σh, questa tensione che abbiamo visto essere:

σh = ka σv − 2c ka

Supponiamo ora di partire sempre dalle stesse condizioni iniziali e poi di far ruotare la parete AB
non più verso sinistra ma verso destra, abbiamo un qualcosa che spinge la parete AB contro il
terreno: A A’

B
Possiamo dire che questa volta le tensioni verticali per l’ipotesi che abbiamo fatto rimangono
ancora costanti, ma le tensioni orizzontali aumentano, la condizione di partenza è la stessa, la σv
rimane costante mentre questa volta la σh aumenta:
τ
φ

σh σv
σ

(col tratteggio la nuova situazione)


in una prima fase il cerchio di Mohr si ridurrà di diametro, poiché la σh sta aumentando, ad un certo
punto diventerà uguale alla σv per cui avremo uno stato di compressione sferico, ma la σh può
ancora aumentare poiché non siamo ancora a rottura, il cerchio si sposterà verso destra con una σh
che adesso è una tensione principale massima e quindi potremo fare aumentare la σh fino ad arrivare
a rottura. In questa condizione quanto varrà la tensione orizzontale? Sarà:
σh = k pσv + 2c k p
quella che abbiamo trovato per decompressione del terreno non è altro che una tensione limite attiva
del Rankine, mentre nella seconda condizione la σh è una tensione limite passiva del Rankine.

Con questo meccanismo di far ruotare la parete verso sinistra o verso destra che cosa abbiamo
voluto simulare? Che cosa poi cercheremo di progettare sulla base di queste considerazioni? Il
primo meccanismo, cioè quello della rottura attiva è quello che si verifica normalmente proprio alle
opere di sostegno.
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Immaginiamo un muro di sostegno con un certo terrapieno, quello che succede che per effetto della
spinta della terra il muro ruota, trasla, la parte dietro al muro si decomprime, allora ogni elemento di
terreno lungo una verticale va a rottura secondo questa condizione:

Schematizziamo il muro con una parete liscia priva di attrito come quella che abbiamo appena visto,
cosa possiamo dire? Qual è l’andamento delle σa? In ogni punto dietro al muro agisce la σa perché il
terreno si è decompresso fino a rottura. L’andamento lo possiamo vedere perché sappiamo che
σa = kaσv − 2c ka
ma la σv sappiamo essere uguale a: σ v = γz
per cui possiamo scrivere:
σa = ka γz− 2c' ka dove il valore di coesione è uguale a c’
a questo punto facciamo qualche considerazione, consideriamo prima il caso più semplice (caso A)
poi analizzeremo il caso B in cui la coesione è diversa da zero.
Il caso A è quello che si verifica spessissimo, consideriamo cioè la coesione del terreno c’ nulla,
nella maggior parte dei terreni la coesione è trascurabile o addirittura nulla, allora se
(caso A)
c’ = 0 σa = ka γz
Volendo disegnare l’andamento delle tensioni, l’andamento sarà lineare:

σa

Risultante
H z

1/3H

Il coefficiente angolare della retta è proprio kaγ, quindi l’andamento delle σa è del tipo disegnato, ad
ogni profondità questo valore è dato dalla relazione σa= kaγz, ma allora possiamo anche trovare qual
è la risultante di queste tensioni orizzontali sulla parete, possiamo cioè determinare la spinta della
terra sulla parete in condizioni di rottura attiva. Ciò è semplice, se la parete è alta H non dobbiamo
fare altro che determinare l’area di questo triangolo:
H H
1
Sa = ∫ σ a dz = ∫ k a γzdz = k a γ H 2
0 0
2
in questo caso il valore della spinta esercitata dal terreno sulla parete è uguale a 1/2kaγH2. (questo è
il valore della spinta sulla parete nell’ipotesi di parete liscia verticale, in assenza di acqua e per un
meccanismo di rottura attivo, rotazione della parete verso l’esterno, e in assenza di coesione).
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Sappiamo anche che se la distribuzione delle tensioni è triangolare, la spinta agirà nel baricentro
dell’area delle tensioni, la risultante Sa agirà a 1/3 dalla base della parete.
Consideriamo ora la condizione B
(caso B)
Se c’è coesione, quindi c’ ≠ 0, abbiamo detto che avremo: σa = ka γz− 2c' ka
Avremo che l’andamento è ancora lineare ma la retta non passa più per l’origine, e l’andamento
sarà di tipo a farfalla:

Trazione
Se scavo fin qui non
c’è bisogno di
parete z*

H – zc Compressione

Avremo una zona in cui le tensioni saranno negative, poi ad una profondità z* la σa si annulla.
Tale altezza si trova eguagliando a zero la relazione: σa = ka γz− 2c' ka
0 = ka γz* − 2c' ka da cui:

2c' ka 2c'
z =
*
= profondità di scavo che non ha bisogno di opere di sostegno.
ka γ γ ka
Questa profondità naturalmente dipende dal tipo di terreno, infatti è funzione sia della coesione che
dell’angolo contenuto in ka. otteniamo quindi un punto in cui le tensioni sono nulle, al disopra sono
negative, al disotto sono positive, abbiamo un diagramma a farfalla in cui abbiamo al disopra
trazione e al disotto compressione. Cosa significa in realtà questo, esiste in realtà questa trazione?
No perché il muro di sostegno non è capace di applicare una trazione sul terreno, se il muro si
muove, non applica una trazione, semplicemente si stacca. Questo diagramma significa che per
indurre la rottura del terreno, ci sarebbe bisogno di trazione al disopra di questo punto di tensioni
nulle, mentre basta già una compressione al di sotto. Ciò ci dice che, il punto di intersezione della
retta, tensioni nulle, ci indica l’altezza di sicurezza, fin dove possiamo effettuare uno scavo senza
aver bisogno di costruire una parete di sostegno.
Dato un certo tipo di terreno esiste una profondità z* per la quale la rottura è possibile sono in
condizioni di trazione.
Se invece dobbiamo fare uno scavo più profondo come si calcola in questo caso la spinta?
Per un matematico la risultante sarebbe calcolata sottraendo al triangolo di compressione il
triangolo di trazione, ma ciò per noi non è valido.
Questo perché in realtà le trazioni non esistono nel sottosuolo, quindi la spinta sarà data soltanto
dalle tensioni di compressioni:
indicando con zc (la stessa prima indicata con z*) l’altezza critica del muro, cioè la profondità di
scava al disopra della quale bisogna proteggere lo scavo, la restante parte sarebbe H – zc, allora non
dobbiamo fare altro che determinare l’area di questo triangolo, considerando che la tensione
orizzontale qui sarà uguale a:
σ h (H ) = k a γ (H − z c )
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alla basta fare questa tensione per l’altezza del triangolo diviso 2, che sarà uguale
1
k a γ (H − z c )
2
Sa =
2
Noi adesso abbiamo fatto tutti i conti senza acqua, ci siamo posti nelle ipotesi più semplice
possibile considerando che ci sia solo lo scheletro solido senza acqua, poiché ovviamente quando
c’è l’acqua le cose diventano più complicate.

Vediamo cosa succede con l’acqua:


consideriamo un caso semplice, uno strato di terreno permeabile poroso di spessore H che poggia su
una formazione impermeabile, (senza queste ipotesi di base diventa piuttosto complesso), l’acqua è
in quiete, la superficie freatica arriva sul piano di campagna. Inseriamo la solita parete AB
sottilissima, infinitamente lunga perpendicolarmente al foglio e liscia che non modifica lo stato
tensionale.

u=0 A

Dopodiché asportiamo tutto ciò che c’è a sinistra della parete:


A u=0

Questa parete adesso regge il peso di terreno e acqua. Ecco perché ho detto immaginiamo che ci sia
una formazione impermeabile ed ho portato la parete fino a tale formazione, infatti se ciò non ci
fosse stato lo strato impermeabile, supponendo il terreno omogeneo, avendo realizzato una parete
AB di altezza H, asportando il terreno a sinistra si sarebbe instaurato immediatamente un moto di
filtrazione, con tale moto cambiano le cose, non è così semplice determinare pressioni interstiziali e
tensioni efficaci, per il momento quindi analizziamo un caso più semplice ponendo appunto lo
strato impermeabile e la parete fino a tale strato.
Naturalmente vale il principio delle tensioni efficaci di Terzaghi:
σ =σ' +u σ v' = γ ' z
σ v = γ sat z σ ho
'
= k0γ ' z prima dell’inserimento della parete (condizioni geostatiche)
u = γ wz σho = k0γ ' z +γ wz
tutto ciò prima di asportare il terreno, vediamo cosa succede dopo:
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per le ipotesi che abbiamo fatto le tensioni verticali possiamo ritenere che siano rimaste le stesse:
σ v = γ sat z
la u visto che non c’è flusso di acqua, quindi l’acqua rimane in condizioni idrostatiche rimane pari
a: u = γ wz
di conseguenza la tensione efficace verticale rimane: σ v = γ z
' '

cosa succede alla tensione orizzontale σ’ho?


Il terreno si sta decomprimendo, questa tensione efficace orizzontale si riduce, e si riduce fino a
rottura dove risulta essere uguale alla σa’ del Rankine:
σ h' = σ a' = k aσ v' − 2c ' k a = k aγ ' z − 2c ' k a
la tensione orizzontale totale sarà uguale ad una tensione totale del Rankine:
σ h = σ a = k aγ ' z − 2 c ' k a + γ w z
questi sono i nuovi stati tensionali, vediamo ora cosa succede dal punto di vista delle spinte e
facciamo come prima riferimento a due casi, il caso il cui c’= 0 e il caso in cui c’≠ 0.

(caso A: c’ = 0)
in questo caso abbiamo che σ h = σ a = k aγ z e che σ h = σ a = k aγ z + γ w z
' ' ' '

così come non moltiplicavamo il termine γwz per k0 quando trattavamo le spinte a riposo, così
possiamo fare anche per ka perché la spinta dell’acqua è sferica.
Vediamo l’andamento lungo la verticale delle tensioni:

σa

H Sa

H σa’ u
3

z
La tensione totale orizzontale σa sarà composta da due aliquote, una è la σa’ e l’altra la u.
Abbiamo una spinta che indichiamo con Sa totale che è uguale alla somma di due spinte, una Sa’ e
una Sw cioè la spinta totale orizzontale che si esercita sul terreno e che sarebbe in realtà l’area di
tutto il triangolo è dovuto dalla somma della spinta dovuta dal terreno e dalla spinta dovuta
all’acqua. Per calcolare questi valori possiamo sempre calcolare l’area dei due triangoli.
Per quanto riguarda la spinta dovuta al terreno, consideriamo quanto vale la tensione efficace σa’
alla profondità H, (cioè alla base della parete) essa vale ka γ’H per cui la spinta sarà uguale a
½ γ’kaH2 .
La Sw invece vale ½ γw H2.
S a = S a' + S w = 12 γ ' k a H 2 + 12 γ w H 2
siccome abbiamo due triangoli, la spinta totale Sa sarà posta a H/3 dalla base della parete.
Ora facciamo un po’ di conti per vedere quanto sulla spinta totale influenza lo scheletro solido e
quanto quello dell’acqua.
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Inseriamo i valori, facciamo il caso di:


(per la maggior parte dei terreni il gamma saturo è intorno al due)
γ sat = 2 t/m 3
ϕ ' = 30°
ϕ
k a = tg 2 (45 − ) = 0.33
2
S a' = 12 ⋅ 1 ⋅ 0.33 ⋅ H 2
S w = 12 ⋅ 1 ⋅ H 2
S a'
⇒ = 0.33
Sw
la spinta dello scheletro solido è circa un terzo di quella esercitata dall’acqua, questo vuol dire che
spinta dovuta all’acqua è una parte notevolissima della spinta totale, quindi capite la necessità di
apporre sempre dietro le opere di sostegno dei drenaggi che possano abbattere le pressioni
dell’acqua, perché in questo modo la spinta sull’opera si riduce moltissimo.
Secondo voi questa spinta del terreno in presenza di acqua è uguale alla spinta quando non c’era
acqua?
1 1
In assenza di acqua S a' = k a γH 2 in presenza di acqua S a' = k aγ ' H 2
2 2
γ è sempre molto maggiore di γ’ perché questo γ’ non è il terreno asciutto, è il peso di
galleggiamento tiene conto della spinta esercitata dal basso verso l’alto dall’acqua sul terreno.
Quindi è un terreno più leggere perché si trova immerso in acqua, il suo peso è minore, ma siccome
le tensioni orizzontali dipendono dalle tensioni verticali, in questo caso con ka nel caso a riposo con
k0 ma sono valori proporzionali, allora l’acqua alleggerendo il peso del terreno fa anche si che le
spinte del terreno siano inferiori, però inserisce la sua spinta che maggiore di quella del terreno.
Quindi quando poi ch’è acqua la somma delle spinte del terreno e dell’acqua diventa maggiore della
spinta del solo terreno senza acqua.

(caso B: c’≠ 0)
visto il primo caso, questo diventa semplice da analizzare, qui bisogna solo considerare un ulteriore
termine. ka γ’ σa

H
σh
σ h’
u = γw z

La tensione efficace orizzontale ha questa espressione: σ h' = σ a' = k aγ ' z − 2c ' k a


La tensione totale orizzontale ha l’espressione: σ h = σ a = k aγ ' z − 2 c ' k a + γ w z
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La tensione efficace ha un andamento come in diagramma con una parte negativa e una positiva. La
retta delle u vediamo che per z = 0 la tensione totale è proprio uguale a – 2c’√ ka, perché la
pressione dell’acqua u è nulla, ad esempio per z = zc la tensione totale è proprio uguale a γwz, in
realtà dovrei avere un andamento di questo genere:
σa

H zc u = γw z = σh

σ h’

z
Ora però se volessi calcolare le spinte come dovrei fare? Ho detto che questa in realtà è una cosa
teorica, le tensioni orizzontali negative sono quelle che dovremmo applicare per portare il terreno a
rottura, ma non sono esercitate dall’uomo. In realtà quello che succede che cos’è? Supponiamo una
profondità zc allora quello che succede è che fino alla profondità zc agisce soltanto la pressione
dell’acqua, quindi avremo in questo punto la u = γwz che è uguale anche alla tensione totale
orizzontale, cioè nel tratto superiore a zc l’unica pressione che c’è è quella dell’acqua che è anche
quindi anche quella totale.

In un terreno stratificato, se γ’ varia lungo l’altezza dello scavo, chiaramente non avremo più
un’unica retta ma una spezzata e individueremo con solito procedimento un valore di z compreso
tra 0 e a, ad esempio in un terreno con due strati, (naturalmente se vi sono più strati si procede allo
stesso modo): abbiamo sempre lo strato impermeabile perché dobbiamo ancora tener conto dei moti
di filtrazione, poi supponiamo acqua fino a piano campagna e supponiamo che ci siano due strati di
terreno, un terreno 1 e un terreno 2: (primo esempio coesione nulla)

(1)
H
a
1 γ sat ϕ ' c '1 = 0
1

z ( 2 ) ' '2
2 γ sat ϕ2 c = 0

in questo caso dovremmo scrivere se H è l’altezza della parete e a l’altezza del primo strato,
considerando sempre l’asse z, avremo (i calcoli sono fatti già a rottura, dopo che la parete ha
ruotato):

0≤ z≤a σ h' = σ a' = k a(1)γ '(1) z


a≤z≤H σ h' = σ a' = k a(2 )σ v' = k a(2 ) (γ '(1)a + γ '(2 ) ( z − a) )
siccome gli angoli di attrito sono diversi e siccome ka dipende dagli angoli di attrito bisogna
distinguerli per i due strati.

ka(1)γ’(1) Per l’andamento delle spinte avremo che per z compreso tra 0 e a, abbiamo una retta
che passa per l’origine e che ha una inclinazione pari a , nel secondo tratto abbiamo
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che il coefficiente angolare sarà uguale a ka(2)γ’(2) sicuramente ha una inclinazione diversa, ma non è
soltanto il coefficiente angolare che cambia ma per il passaggio da uno strato ad un altro le tensioni
orizzontali cambiano il proprio valore:
ka(1)γ’(1)

Supponiamo:
a
H
Sa’
Sw ϕ 2 > ϕ1 (
k a = tg 2 45 ° − ϕ2 )
ka(2)γ’(2) z
k a( 2 ) < k a(1)

Nel punto (segnato) la tensione verticale è la stessa sia che esso appartenga allo strato superiore sia
che appartenga allo strato inferiore. La tensione orizzontale naturalmente sarà diversa in quanto
sono diversi gli angoli di attrito e quindi sono diversi i valori di ka.
Dalle supposizioni sopra fatte vediamo che se lo strato inferiore a un angolo di attrito più elevato
dello strato superiore, vuol dire che questo terreno (inferiore) ha delle caratteristiche meccaniche
migliori di quello del terreno superiore. Infatti un angolo di attrito basso o nullo si traduce nella
massima spinta, cioè il carico verticale viene trasmesso totalmente alle tensioni orizzontali, invece
la presenza di attrito riduce questa trasmissione.
Avrò quindi una riduzione del valore delle tensioni orizzontali e anche una diversa pendenza della
retta.
Adesso per determinare la spinta sulla parete bisogna determinare l’area del poligono (tratteggiato
in rosso) e poi si può trovare facilmente il suo baricentro. Questa naturalmente è la spinta dovuta
alla tensione efficace, ad essa bisogna aggiungere la spinta dell’acqua (area tratteggiata in blue).

Supponiamo di avere un terreno, sempre con la formazione impermeabile sotto, terreno saturo di
acqua, supponiamo che la superficie freatica sia coincidente con il piano di campagna, con acqua in
quiete, supponiamo per semplicità che la coesione c’ siamo uguale a zero, in modo tale che σa’
possa essere scritta semplicemente come ka’σv’ senza l’altro termine.
2c'
Abbiamo visto che quando c’era la coesione, c’era una altezza data da: zc = che era
γ ka
l’altezza di sicurezza per uno scavo libero. Adesso invece considerando c’= 0 dobbiamo proteggere
per qualsiasi altezza perché le tensioni ci sono sempre, di compressione, ci sono azioni che
sicuramente il terreno può esercitare sulla parete.
Condizioni drenate

2cu/γsat
H

Supponiamo di rifare questa parete, di togliere il terreno a sinistra e di fare ruotare la parete. Ora
questo è un terreno con l’acqua dentro, supponiamo che sia un terreno a grana fine. Noi sappiamo
bene che se il terreno è a grana fine, questa condizione che esprimiamo con la rotazione della parete
può essere una condizione drenata o non drenata, in funzione del rapporto tra la velocità di
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spostamento della parete e il coefficiente di consolidazione del terreno. In generale se un terreno è a


grana fine, nella pratica, la rimozione del terreno a sinistra allo scavo si può considerare istantaneo
rispetto alle condizioni di drenaggio del terreno. La condizione t = 0 è una condizione non drenata,
soltanto dopo un certo tempo si raggiungono le condizioni drenate.
Cosa vi aspettate che succeda alle pressioni dell’acqua, quando in condizioni non drenate c’è una
decompressione? Cioè quando le tensioni totali si stanno riducendo cosa succede alle pressioni?
Il fatto che ci sia una decompressione porterebbe il materiale a tentare un aumento di volume, ma
nel momento in cui i pori tendono a dilatarsi, l’acqua riduce la sua pressione, cioè le pressioni
dell’acqua si riducono, possono diventare addirittura negative e queste azioni esercitano un’azione
di compressione come se ci fosse una parete.
Analizziamo la condizione t = 0, se volessimo usare la relazione espressa in termini di tensioni
efficaci, dovremmo conoscere queste tensioni efficaci, ma in una condizione non drenata la tensione
verticale efficace non la conosciamo. Conosciamo certamente la tensione totale verticale, che è pari
a gamma saturo per zeta, ma la tensione efficace non possiamo conoscerla poiché la pressione
efficace u durante una condizione non drenata non è più uguale a gamma dell’acqua per zeta,
cambia ma non sappiamo quando, ci conviene ragionare pertanto in termini di tensioni totali,
scriviamo la formula del Rankine in termini di tensioni totali:
σa = kaσv − 2cu ka
essendo in termini di tensioni totali il usiamo il coefficiente di coesione non drenata, cioè quello
ricavato dalla prova di compressione triassiale non consolidata non drenata. L’altro parametro
ricavato dalla prova UU era un angolo di attrito φu = 0;
i risultati di tale prova infatti erano tre cerchi di uguale diametro con valore di τ = cu.
Se dobbiamo considerare il risultato di questa prova il valore di ka sarà uguale a:
ϕu
k a = tg 2 (45° − ) = tg 2 45° = 1 da ciò segue che σa = σv − 2cu
2
noi stiamo considerando un terreno con il valore c’ = 0, ma in termini di tensioni totali otteniamo
questa relazione, su scritta.
Ciò significa che ci sarà una profondità alla quale la σa si annulla, al di sopra ci sono tensioni
negative, al di sotto tensioni positive.
σ a = 0 quando → σ v = 2cu
2c u
ma la tensione totale verticale è uguale a: σ v = γ sat z = 2cu → z = profondità alla quale
γ sat
le tensioni totali si annullano.
Le tensioni totali avranno un andamento a farfalla, ancora una volta c’è una profondità tale che se lo
scavo è minore di quella profondità non c’è bisogno di mantenere lo scavo, ma ciò in condizioni
non drenate, perché quando invece le condizioni diventano drenate il diagramma diventa di totale
compressione per le tensioni diventano come quelle viste prima.
Se facciamo uno scavo tenendo conto che la cu è molto più grande della c’, e che non è una vera
coesione ma un parametro di comodo di riferimento, significa che questa profondità per la quale
possiamo scavare senza reggere lo scavo in condizioni non drenate, può essere anche notevolissima,
anche di venti o trenta metri, quindi in condizioni non drenate, cioè fino a quando le pressioni
interstiziali non si pongono di nuovo in equilibrio con le condizioni idrauliche al contorno, il terreno
regge fino a quella profondità, quando però le condizioni diventano drenate allora abbiamo una
condizione tutta di compressione, ciò significa che già con una piccola compressione il terreno si
rompe, se poi non c’è addirittura nulla che lo sorregge il terreno crolla. Inoltre abbiamo anche visto
che le superficie di rottura sono inclinate di (45° - φ/2) sulla verticale, per cui sappiamo anche quale
è il cuneo di terreno che va a rottura.

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