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IMPIANTI IDROELETTRICI
(note integrative)
o

I sistemi di conversione dell'energia potenziale idrica in lavoro meccanico possono essere


di vario tipo.

a) Impianti ad acqua fluente.


o

Non hanno un serbatoio a monte, o hanno un serbatoio con una durata di invaso 2
(*)
ore .

Sono impianti caratteristici dei fiumi di pianura, caratterizzati da una portata poco
variabile nel corso dell'anno.
Una parte della portata del fiume viene deviata (con apposite traverse di sbarramento) in
un canale, detto anche canale deviatore, e da questo convogliato in una vasca di carico
con durata di invaso 2 ore.
Sono diffusi lungo il Danubio, il Reno e i grandi fiumi americani e russi.
In Italia, alla fine del 1993, erano presenti 1472 impianti ad acqua fluente per una potenza
complessiva di 3607 MW (Pmedia 2,5MW).

o
o

(*)

Durata di invaso: T = Vu/Qm, dove Qm la portata media annua del


corso/corsi dacqua che alimentano il serbatoio, e Vu la capacit utile del
serbatoio.

-2-

b) Impianti a serbatoio e impianti a bacino.


o
o

o
o

Sono impianti caratterizzati dalla presenza a monte di un sistema di carico (Fig. 2), a
serbatoio o a bacino, che pu essere naturale o artificiale.
Quando il sistema di carico a monte ha una durata di invaso 400 ore l'intero impianto
prende il nome di impianto a serbatoio.
Se la durata di invaso 2< T < 400 ore il sistema di carico a monte prende il nome di
bacino di modulazione, e l'intero impianto: impianto a bacino.

Questi impianti consentono una maggiore elasticit di servizio rispetto agli impianti ad
acqua fluente poich il serbatoio/bacino di alimentazione svolge una funzione di
"polmone"di accumulo.
La potenza media di questi impianti , inoltre, di gran lunga maggiore rispetto ai
precedenti ad acqua fluente.
In Italia , alla fine del 1993, esistevano 144 impianti a serbatoio per una potenza nominale
complessiva di 12286 MW (Pmedia 85MW) e 189 impianti a bacino per una potenza
complessiva di 5893 MW (Pmedia 31MW).

-3-

c) Impianti di accumulazione.
o

I due serbatoi (Fig. 3) sono generalmente artificiali. Il dislivello geodetico legato alla
orografia (aspetto altimetrico/ distribuzione dei rilievi) della zona.

Lenergia richiesta per pompare una determinata massa dacqua dal serbatoio inferiore a
quello superiore maggiore (circa 1,5 volte) di quella che si rende disponibile nel
percorso inverso.
Tuttavia quando lenergia prodotta da altri impianti (termoelettrici, nucleari, ad acqua
fluente e altri non facilmente e/o convenientemente regolabili) in esubero rispetto alla
domanda (ad esempio nelle ore notturne), possibile utilizzarla per pompare lacqua dal
bacino inferiore a quello superiore per immettere in rete lenergia da questa restituita nel
passaggio inverso nelle ore in cui la richiesta di energia elettrica maggiore.
Gli impianti in questione servono dunque per accumulare lenergia elettrica in esubero
(difficilmente immagazzinabile in altro modo) e restituirla quando necessario,
permettendo alla centrali di base (termoelettriche e nucleari soprattutto) di funzionare con
maggiore regolarit e continuit e, dunque, con maggiore rendimento.
In Italia, alla fine del 1993, esistevano 19 impianti di accumulazione per una potenza
complessiva di 6851MW.

-4-

DIAGRAMMA DI DURATA
o

La forma tipica di un diagramma di durata mostrato in Fig.4 .

Quella di Fig.4 la curva media di misurazioni ripetute nel corso di vari anni (anche 56
anni quando il costruttore vuole essere certo della convenienza economica
dellinvestimento, e questo si prevede ingente).
Per quale portata conviene eseguire il progetto della turbina? un problema delicato, ed
il primo passo da eseguire prima di concentrarsi sul progetto della turbina.
Occorre anche osservare che, allinizio, non nemmeno noto il tipo di turbina da
impiegare, anche se dal valore della caduta idrica ci si pu fare, a volte, unidea iniziale.
Ragioni di ritorno economico, legate alla produzione di energia elettrica dellimpianto,
suggeriscono di non fare lavorare la turbina a portate inferiori a quella massima (a cui
corrisponde la massima potenza; la caduta mantenuta sostanzialmente costante dagli
sfioratori del bacino/serbatoio di alimentazione) per un numero di giorni inferiore,
usualmente, a 90100 giorni (Fig. 5a).
Con questo ulteriore dato si pu eseguire uno studio di fattibilit, scegliere dunque il
regime di dotazione e orientarsi in maniera meno incerta sul tipo di turbina (Pelton,
Francis, Kaplan) pi opportuno da adottare.
Scelto il tipo di turbina, dalla letteratura tecnica o dallesperienza maturata nel settore,
acquisibile un andamento tipo del rendimento in funzione della portata (Fig. 5b).
Scelto il numero di giorni in cui si vuole che la turbina produca la massima potenza, si
pu ottenere la corrispondente curva della potenza prodotta nel corso di un anno
sfruttando la curva di durata dellimpianto.
La potenza data da:

o
o
o

o
o

P
con

= f(Q/QMAX).

QgH
1000

-5-

Si ottiene la curva di Fig.5c. Il numero massimo di giorni in cui la turbina pu operare


utilmente pu essere minore di 365 se la portata minima dell'impianto minore della Qmin
di funzionamento della turbina [Qmin turbina = QMAX impianto (Qmin/Qmax)turbina].
La portata minima dellimpianto non , inoltre, quella di cui effettivamente si disporrebbe
dal diagramma di durata. Per legge una portata deve sempre seguire il suo corso naturale
senza essere intercettata dalle opere di presa dellimpianto idroelettrico.
Dal diagramma della potenza si pu ottenere per integrazione
kWh = 24

dt

lenergia totale in kWh ottenibile in un anno tipo, ossia il dato pi importante per valutare
la convenienza economica dellinvestimento.
Non detto che la scelta iniziale dei giorni in cui far lavorare la turbina a Qmax sia la pi
conveniente. Si pu dunque variare GQmax e costruire un grafico che riporta i kWh prodotti
in un anno in funzione di GQmax dal quale ottenere il valore ottimo di GQmax(Fig. 6).

-6-

Si potrebbe pensare di progettare la turbina QDES = QMAX in modo da aumentare la potenza


massima prodotta dalla turbina a causa del maggior valore del rendimento che
accompagnerebbe lesercizio a QMAX = QDES (Fig. 5b). In realt, allaumentare di K
aumentano le perdite per brusca deviazione allingresso della girante per Q < QDES , la
curva del rendimento diventa pi ripida e aumenta il valore della QMIN elaborabile dalla
turbina.

In conclusione ci che si guadagna in termini di kWh nei GQMAX giorni si perde nel resto
dellanno. I valori ottimali di QDES/QMAX sono suggeriti dallesperienza in funzione del
numero tipico di macchina K.

-7-

TURBINE PELTON
(note integrative)
o

o
o

Le turbine Pelton sono costituite da un elemento statorico di distribuzione, composto da


uno o pi ugelli introduttori (Fig. 1 e 2), e da una ruota che porta alla sua periferia una
corona di pale a doppio cucchiaio. Le pale possono essere fuse di pezzo insieme al disco
(Fig. 3) oppure essere a questo calettate e imbullonate (Fig. 4).
Il fluido esce dallintroduttore o bocchello direttamente nell'atmosfera sotto forma di
getto cilindrico.
Il dislivello geodetico hg dei bacini di alimentazione e scarico , a meno delle perdite di
carico hri nella condotta di adduzione e hrb nel bocchello, e della quota z tra lasse del getto
e il pelo libero del bacino di scarico, interamente convertito in energia cinetica (Fig. 5).

-8-

-9-

Assunto il piano orizzontale per lasse del getto quale piano di riferimento per la misura
delle quote geodetiche, la caduta idrica disponibile h lenergia a monte del bocchello (o
ugello introduttore), e vale (Fig. 5 e 6):

h=
o

$%!
&

=h zh

(1)

Applicando Bernoulli tra la sezione i a monte del bocchello e la sezione ristretta del
getto (poco a valle della sezione ristretta del bocchello, Fig. 6), si ottiene:

h=
o

"

"

$%!
&

$%)
&

+h

(2)

dove hrb rappresenta la perdita di carico allinterno del bocchello.


In assenza di perdite (hrb = 0) :
C, = -2gh

(3)
(*)

Per tener conto delle perdite hrb si introduce un coefficiente di perdita u (0,960,98)
cosicch:
(4)
C, = C, = -2gh
e il diametro del getto :

d=0

12

3 $)

dove i il numero di ugelli introduttori presenti.


La coppia motrice si trasmette allalbero a seguito della variazione del momento della
quantit di moto che subisce il fluido durante la sua interazione con le pale del motore
(Fig. 7).

Poich M =4Q(rCu), la coppia, e quindi la potenza trasmessa allalbero, pu essere


regolata variando la portata, ovvero lapertura del bocchello mediante un otturatore
interno detto anche spina Doble (Fig. 6).
Tutta lenergia cinetica C,& /2g del getto deve essere trasferita alla girante, le cui pale
dovranno perci intercettare tutte le particelle dacqua che formano il getto.
(*)

u 0,980,99 a piena apertura della spina;


0,940,95 a met apertura.

(5)

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NUMERO MINIMO DI PALE PASSO LIMITE

Sono diverse le condizioni che devono essere assolte durante linterazione getto-pala. Le
soluzioni proposte sono diverse tra loro bench tutte si prefiggano gli stessi obiettivi. Le
ragioni risiedono nel carattere non stazionario dellinterazione getto-pala che rende
necessariamente approssimata la struttura di procedimenti di calcolo. Alle difficolt di
calcolo si sopperisce con semplificazioni, lesperienza e losservazione sperimentale
ottenendo, inevitabilmente, differenti correlazioni empiriche fra i principali parametri
funzionali in gioco.
Sono di seguito descritti alcuni di questi procedimenti.

a)

Si faccia riferimento alla Fig. 8.

Quando la pala raggiunge la posizione I ha tagliato tutto il getto poich il bordo pi


esterno (lestremit del tagliente) ha raggiunto il filetto 3 inferiore del getto di diametro d.
Nella figura, le lettere maiuscole indicano punti in movimento con la ruota, mentre le
lettere minuscole quelli in movimento con il getto.
La pala ha tagliato il getto secondo la generatrice b1-b'0, la cui traccia pu essere
determinata per punti. Ad esempio, il punto b'0 pu essere determinato osservando che il
segmento b0-b'0 , lungo la traccia del filetto 1, rappresenta lo spazio percorso dalla
particella non intercettata dalla pala I quando si trovava in Bo durante la rotazione di
questultima da B0 a B1. Il tempo impiegato dalla pala I per descrivere larco
:

t 67 86) =

9 :

dove la velocit angolare della girante e rb la distanza radiale dellestremit del


tagliente (punta del tagliente) dallasse di rotazione della girante.

(6)

- 11 Durante questo tempo, la particella dacqua non intercettata dalla pala in b0 si muove alla
velocit C1 e percorre lo spazio

b b = C, t (6> 86) ) =
o

C,

(7)

La porzione di getto delimitata dalla generatrice b1-b'0 (tratteggiata a destra della pala I in
Fig. 8) dovr essere completamente intercettata dalla pala precedente II, altrimenti parte
dellenergia cinetica del getto viene persa.
Le condizioni pi critiche si manifestano per il filetto 3 pi esterno del getto. Affinch
nessuna particella dacqua passi senza essere intercettata, necessario che la particella b1
colpisca il tagliente della pala II prima di raggiungere la posizione limite bL. Occorre
quindi che la pala II copra la distanza angolare (Fig.8) in un tempo t1 maggiore di
quello t2 richiesto alla particella dacqua in b1 per raggiungere la posizione bL.
Per la pala :

t, =

: @
:

(8)

mentre per la particella dacqua

t& =
Poich deve essere t1 > t2, si ottiene:

*) *A
$)

>

:@
:

>

e dunque

& : B C
$)

(9)

& :B C
$)

(10)

& : B C
$)

(11)

Il passo palare =2F/z (con z numero di pale) dovr perci soddisfare alla condizione:

= 2 < 2J

& : B C
$)

(12)

mentre, dalla (11), il rapporto KL /M, tra la velocit periferica delle punte dei taglienti e la
velocit del getto, dovr soddisfare alla condizione:
:

$)

<

& B C

&C8N

& B C

O
P

C8

B C

(13)

Se anzich alla velocit periferica delle punte KL si fa riferimento alla velocit periferica
K, = QR, /2, con D1 diametro medio della ruota, si ottiene:
)

$)

C8

< S:
S)

O
P

B C

(14)

Trasformando la disuguaglianza (12) in uguaglianza si determina il valore massimo del


passo palare (passo limite) e, da esso, il numero minimo di pale z = 2F/ .

- 12 -

Analogamente, anche la particella b0 staccata dalla pala I al suo ingresso nel getto non
sar intercettata dalla pala che precede II se raggiunger la posizione limite bL dopo che
in quella posizione transitata la pala II (Fig. 9). Ripetendo le operazioni precedenti si
ottiene che tale circostanza si verifica quando:
)

$)

CT 8

> S:
S)

O
P

CT

(15)

Per queste condizioni di esercizio, non soltanto il filetto 1 pi interno del getto non
intercettato da alcuna pala, ma anche tutti gli altri. Sono queste le condizioni di fuga della
girante, a cui corrispondono valori nulli del momento, della potenza e del rendimento.
La velocit C1 del getto dipende dalla caduta idrica h (eq.4). Pertanto, per un dato numero
z di pale, quando la diminuzione della quota geodetica hg del bacino di carico tale che
la disuguaglianza (13) o (14) cambia di segno, non tutte le particelle del getto (soprattutto
quelle pi esterne) vengono intercettate dalle pale.

Ma anche prescindendo dalle variazioni della caduta geodetica hg (e quindi delle


conseguenti variazioni della velocit C1 del getto), il passo palare deve essere minore di
quello limite (eq. 12): lenergia cinetica della particella b1 staccata dalla pala I potr
essere convertita efficacemente in lavoro meccanico dalla pala II solo se la traiettoria
della particella potr essere deviata dalla superficie del cucchiaio (traiettoria EXU, Fig.
10). Ma per consentire tale deviazione, il tagliente della pala II dovr intercettare la
particella b1 prima che questa raggiunga la posizione limite bL (Fig. 8).
Dove far avvenire il contatto tra la particella b1 e il tagliente della pala II non di
secondaria importanza perch consentirebbe di determinare il numero di pale strettamente
necessario per recuperare al meglio lenergia cinetica del getto. Per le ragioni appena
discusse il passo palare adottato minore di quello limite, anche del (30 35) %.

- 13 -

b)
o

Un numero di pale elevato, quale potrebbe derivare da uneccessiva riduzione del passo
palare limite, non conveniente per diversi motivi. Lingresso di ogni pala nel getto
causa di possibili deflessioni del getto medesimo, soprattutto se il dorso delle pale non
sagomato opportunamente; inoltre lacqua scaricata da una pala potrebbe colpire il dorso
di quella che segue (Fig. 10), esercitando unindesiderata azione frenante.
Per tener conto delle osservazioni precedenti sono stati proposti in letteratura
procedimenti alternativi a quello appena descritto, che possono essere riassunti da quanto
di seguito illustrato.
Affinch la particella dacqua b1 possa esercitare efficacemente la sua azione sulla pala
necessario che essa abbia a completare la sua traiettoria relativa lungo il cucchiaio
(indicata con EXU in Fig. 10).
Il completamento di tale percorso richiede un tempo t3 dato da:

tU =

(16)

dove come W si intende il valore medio della velocit relativa tra lingresso e luscita del
cucchiaio:

)W

&

(17)

con W2 (0,90,95) W1 per lattrito nelle pale (*).

(*)

Nel sistema di riferimento relativo :

"

X%)
&

"

X%%
&

+ ghX,

Z [ Z inoltre p1= p2 =patm.

- 14 -

- 15 -

Si assume, per semplicit, che la particella rimanga sempre in un piano orizzontale


contenente lasse del getto (Fig. 11a) mentre percorre la traiettoria relative
.
Si ammette altres che la traiettoria relativa
possa essere rappresentata dalla
sezione trasversale media del cucchiaio.
Nel tempo t3 la particella dacqua percorrer, pertanto, un tratto di lunghezza la lungo la
traiettoria assoluta del getto data da (Fig. 11a e 11b):

\ _, \ =
o

9`

&

S =

9`

&

=u

= u t3 (18)

d6
$)

(19)

Nello stesso tempo la pala II ruota con velocit angolare descrivendo con la punta del
tagliente larco:

9`

&

La lunghezza la , che rappresenta la proiezione lungo la direzione del getto della


traiettoria assoluta percorsa dalla particella nel tempo t3, consente di individuare la
posizione B (Fig. 11a) in cui la particella dacqua che non stata intercettata in A dalla
pala I, dovrebbe colpire la pala precedente II per utilizzare appieno lenergia cinetica del
getto.
Ma prima di colpire la pala II questa particella deve percorrere la distanza
con
velocit C1, impiegando un tempo t4 dato da:

t1 =

d6
$)

ud =

$)

ud = t 1 ud

(20)

Pertanto, quando la punta del tagliente della pala I taglia in A il filetto pi esterno del
getto, la pala precedente II deve trovarsi con la punta del tagliente in A permettendo in
tal modo di determinare il passo palare richiesto
.
Un passo palare maggiore non consentirebbe ad alcune particelle dacqua di completare
la loro traiettoria relativa
(e dunque di non essere deviate dal cucchiaio) un passo
inferiore causerebbe inutili interferenze sul getto.
La procedura oltre che laboriosa pure approssimata. Si ritiene infatti che la deviazione
impressa dal cucchiaio sullultima particella dacqua si mantenga in un piano orizzontale
contenente lasse del getto.
In realt, fatta eccezione per la posizione 3 (Fig. 12) in cui lasse del getto incontra
ortogonalmente il tagliente (e per tale ragione si pu ammettere puramente laterale la
deviazione subita dalla particella D sullasse del getto), in tutti gli altri casi le traiettorie
relative dipendono dalla posizione della pala.

- 16 -

Ad esempio, in corrispondenza del primo contatto getto-pala, posizione 1, la traiettoria


rappresentata dalla curva 1-F (Fig. 12b): la direzione della velocit relativa W1 , in tale
posizione, rivolta verso linterno della pala.
Lultima particella colpisce la pala in B dove linclinazione della velocit relativa (e della
pala medesima) imporr alla particella la traiettoria centrifuga B-C (Fig. 12b). Lo scarico,
anche in questo caso, non laterale, anzi c il rischio che la particella esca attraverso
lintaglio, determinando una dispersione del getto dacqua. Per evitare questo
inconveniente il punto B, in cui ha luogo lincontro dellultima particella dacqua (quella
partita dal punto 2, Fig. 12a) con il tagliente del cucchiaio, scelto piuttosto allinterno
della pala, di solito poco lontano dal suo centro (Fig. 12b).
Per lindividuazione di tale punto, una volta definita la geometria del cucchiaio e
linclinazione del tagliente, necessario tracciare la traiettoria relativa del filetto pi
esterno del getto, argomento che sar trattato successivamente.
Per il momento queste osservazioni sono state introdotte solo per far notare che il tempo
t3 necessario per lo svuotamento del cucchiaio andrebbe commisurato alla traiettoria B-C
anzich alla traiettoria D-E come fatto, invece, in precedenza (eq. 16).
Lo scarico dellultima particella non pu avvenire in C perch altrimenti la particella non
verrebbe deviata. Lo scarico deve quindi avvenire in una posizione arretrata C, con la
punta del tagliente nella posizione 6 di Fig. 12a

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Stabilita questa posizione, se fosse nota la traiettoria B-C, e dunque la sua lunghezza
(*)
\f8g , si potrebbe calcolare il tempo t3 :

tU =

e calcolare larco di circonferenza

o
o

(21)

percorso dalla pala con la relazione:

= t U

`l
&

= t3 up

(22)

dove come Dp si indicato il diametro della punte dei taglienti (Fig. 12a).
Per la determinazione del passo palare si deve ruotare ancora allindietro la pala dellarco
pari a:

ehij

&86
$)

u = t1u

(23)

dove u = D /2 la velocit periferica delle punte dei taglienti.


Se ne conclude che nellistante in cui la pala intercettava in 2 tutto il getto, la pala
precedente deve trovarsi in 2 per raccogliere successivamente in B lultima goccia
dacqua partita da 2.
Larco
dunque il valore massimo del passo palare che soddisfa alla premessa
iniziale: non disperdere lenergia di alcuna particella del getto.
Rispetto alla procedura precedente stata rimossa lipotesi semplificativa che riteneva
puramente laterale la traiettoria dellultima particella lungo la superficie del cucchiaio.
Rimane per indefinita la traiettoria effettiva B-C, e dunque non meno approssimato il
calcolo del passo palare.
per queste ragioni che il primo procedimento esposto (eq. 12), basato sulla condizione
limite che lultima particella dacqua colpisca il tagliente in BL (Fig. 8), da pi parti
suggerito per il calcolo del passo palare limite, salvo ridurlo per tener conto delle
approssimazioni e delle lacune su menzionate e discusse.
Un metodo alternativo, spesso adoperato per la verifica del passo palare, quello basato
sulla determinazione delle traiettorie relative dei singoli filetti del getto nel suo insieme
rispetto a un osservatore solidale alla ruota.

Per il calcolo della velocit media W si osservi che, in assenza di perdite, si conserva
lenergia della corrente relativa:
(*)

"

%
%
h8 h

&

"

%
%
j8 j

&

(a)

e che pB = pC = patm perch il getto a contatto con latmosfera. Nota la traiettoria B-C e
la velocit relativa WB allingresso, si pu determinare dalla (a) la velocit relativa Wc e
quindi la velocit relativa media W = (WB+WC)/2 con cui la particella percorre la
traiettoria B-C.

- 18 -

TRAIETTORIA RELATIVA DEL GETTO


o

Per determinare la traiettoria relativa del getto nel suo insieme, senza cio tener conto
dellinterazione con le pale, o le traiettorie relative delle particelle non intercettate dalla
punta del tagliente durante linserimento progressivo di una pala nel getto, sufficiente
applicare le leggi dei moti relativi.
Sia A-B la traiettoria relative percorsa da un punto materiale rispetto a un sistema di
riferimento centrato in O che ruota con velocit angolare costante rispetto a un asse
ortogonale al piano del foglio (Fig. 13).

Nello stesso punto O sia anche il riferimento assoluto. La relazione tra le velocit nei due
sistemi di riferimento , come noto:
(24)

dove
la distanza del punto P da O. La velocit di trascinamento
la velocit che
competerebbe a P se esso, nella posizione in cui si trova, partecipasse allatto di moto
della terna mobile come se fosse ad essa solidale.
Dopo un tempo t1 il punto P, partendo da A, si trovi in 1 (Fig. 13) nello spazio solidale
terna mobile. Il legame tra lo spostamento relativo
dalla (24) osservando che:

e quello assoluto

si ottiene

(25)
o

Il punto 1, raggiunto dal punto P dopo un intervallo di tempo t1, rispetto al riferimento
assoluto ha infatti percorso nello stesso intervallo di tempo, un arco di circonferenza
r1t1 di centro O.

- 19 -

o
o

Per determinare graficamente la posizione 1 del punto P nel riferimento assoluto baster,
perci, tracciare per il punto 1 un arco di circonferenza di raggio r1= O-1 e centro O
lunghezza pari a r1t1 (Fig. 13).
In modo analogo si trova la posizione assoluta 2 del punto P quando transita per la
posizione 2 della traiettoria relativa: si disegna un arco di circonferenza di raggio r2= O-2
e centro O di lunghezza r2t2, se t2 il tempo trascorso per il passaggio del punto P
da A a 2. cos via per gli altri punti della traiettoria relative che, in questa discussione,
si ritiene nota.
In maniera analoga si procede qualora sia nota, come nel caso in esame, la traiettoria
assoluta del getto e si voglia determinare quella relativa, ovvero la forma del getto che un
osservatore solidale alla ruota vedrebbe qualora non vi fossero pale che intercettavano il
getto.
La traiettoria relativa del getto si ottiene facilmente determinando la traiettoria relativa
dei filetti che lo compongono, ad esempio di quello interno, medio ed esterno. Conviene
partire dai punti P, T, Q (Fig. 14) situati sullasse ortogonale al getto perch ivi, le
traiettorie relative e assolute risulteranno tangenti dato che la velocit di trascinamento
lungo la direzione del getto (Fig. 14).
Si prenda in esame, ad esempio, il punto T di tangenza della circonferenza di diametro D1
della ruota con lasse del getto (Fig. 14). Tale punto, considerato appartenente al getto,
percorrer nel tempo t1 la distanza TM= C0 t1 (Fig. 14). Nello stesso tempo t1 la
girante ruota di un angolo =
= t1, dove la velocit angolare della ruota.
Per ottenere nel sistema di riferimento solidale alla girante la posizione della particella
che corrisponde a M nel riferimento assoluto, basta ruotare M allindietro dellangolo .
dunque sufficiente tracciare per M, con raggio OM e centro O, un arco di circonferenza
tale che langolo
sia uguale a .
Allo stesso modo se la posizione assoluta R raggiunta dalla particella partita da T dopo
un tempo t2=2t1, la girante nello stesso intervallo di tempo ruoter di un angolo 2. La
posizione che nel sistema di riferimento relativo corrisponde a R si ottiene ruotando
allindietro R tracciando, per tale punto, un arco di circonferenza
di raggio
e
centro O e di lunghezza tale che langolo
sia pari a 2. E cos via, per punti, si
ottiene la traiettoria T, T1, T2, T3, del filetto medio del getto a partire dal punto T.
Per ragioni di simmetria, il ramo di sinistra della traiettoria relativa del filetto medio del
getto si ottiene ribaltando di 180 il ramo T, T1, T2, T3, prima determinato.
Ripetendo lo stesso procedimento per i punti P e Q (Fig. 14) si ottengono le traiettorie
relative dei filetti 1 e 3 e quindi la geometria del getto vista da un osservatore che ruota in
solido con la girante.
La conformazione del getto nel sistema di riferimento relativo stata impiegata da alcuni
autori per la definizione del passo palare e per il proporzionamento stesso del cucchiaio.
tuttavia utile, come si avr modo di apprezzare, anche per la sagomatura del dorso del
cucchiaio.

- 20 -

Di notevole utilit sono anche le traiettorie relative delle particelle non intercettate dalla
punta del tagliente durante il progressivo inserimento di una pala nel getto. Infatti, oltre a
consentire di determinare per altra via, rispetto ai procedimenti gi illustrati, il passo
palare limite permette anche di verificare la convenienza del passo palare alla fine
adottato e di agevolare la determinazione del numero di pale contemporaneamente in
presa con il getto.
La procedura da adottare riassunta graficamente in Fig. 15, ove sono tracciate le
traiettorie relative delle particelle non intercettate dalla punta del tagliente in A e B,
rispettivamente nel filetto interno ed esterno del getto.

- 21 -

Conviene suddividere le lunghezze dei segmenti


e
(Fig. 15) in tratti di uguale
lunghezza, e poi applicare la composizione dei moti (eq. 25) gi descritta in precedenza.
La traiettoria relativa della particella staccata in A dalla punta del
del tagliente nel suo
ingresso nel getto descritta dalle seguenti relazioni:

(26)

o
o

che consentono di determinare agevolmente la traiettoria A, M, P, N, A1 seguita da questa


particella per un osservatore che ruota in solido con la girante.
In modo analogo si determina la traiettoria relativa percorsa dalla particella staccata in B
dalla punta del tagliente.
Poich nel sistema di riferimento che ruota in solido con la girante le pale sono ferme
ovvio che la traiettoria relativa B-B
B 1 del filetto
etto pi esterno del getto dovr intersecare il
tagliente della pala precedente se si vuole sfruttare tutta lenergia cinetica del getto.
Larco
dunque il passo palare limite sulla circonferenza della punte, lo stesso che
si otterrebbe dalla eq. 12.
In Fig. 16, la traiettoria relativa della particella non intercettata in A dalla pala O2
interseca il tagliente della pala O1 nel punto P, sufficientemente lontano dalla punta del
tagliente, in modo tale da consentire ragionevolmente allultima particella dacqua
d
di
percorrere la superficie interna del cucchiaio senza uscire prematuramente attraverso
lintaglio.

INCLINAZIONE DEL TAGLIENTE


o

Oltre al passo palare necessario stabilire anche la posizione pi opportuna della pala
rispetto al getto e linclinazione
zione del tagliente. A tal riguardo si rivela utile la traiettoria
relativa del getto di Fig. 14. Alcuni autori suggeriscono la soluzione riassunta in Fig. 17.
Posizionata la pala I in modo che il getto ne sfiori il dorso, la pala II collocata in modo
chee il filetto medio del getto (lasse del getto nel riferimento assoluto) colpisca
colpi
ortogonalmente il tagliente in un punto opportuno M.

- 22 -

- 23 -

Il punto M deve suddividere laltezza n del cucchiaio (Fig. 18) in modo tale che:

\, = n ; \& = n
1
o

oppure, secondo altre fonti, in maniera che:

U
o

\, = n ; \& = n
U
r

&
r

(27)


(28)

La condizione di ortogonalit del tagliente rispetto alla traiettoria del filetto medio del
getto risponde a ovvie ragioni legate allefficacia dellinterazione getto-pala. Il tagliente
risulter inclinato di un angolo rispetto alla direzione radiale OM, talch tutti i
prolungamenti dei taglienti delle pale risulteranno tangenti a una circonferenza di raggio
rt (Fig. 17).

Per facilitare il montaggio delle pale, le costole di fissaggio vengono disegnate, nella vista
ortogonale allasse della ruota, in modo tale che pure i loro prolungamenti risultino
tangenti a una circonferenza di raggio rt. In tal modo, fissata correttamente una pala sul
disco, per il corretto montaggio delle altre sar sufficiente accostare tra di loro le costole
(Fig. 17).
Per quanto attiene alla direzione del tagliente, sono stati proposti in letteratura anche altri
approcci. Tutti per, a prescindere dalla diversa formulazione, mirano a posizionare il
tagliente in direzione ortogonale al getto in una posizione intermedia dellarco dazione
del getto pieno, ossia dellarco in cui la pala in presa con il getto di diametro d (eq. 5).
La procedura riassunta dalle Figg. 19 e 20, suggerita da Vivier (1966), ancora
largamente impiegata dai progettisti di scuola francese, ma non solo (Zhang, Oberhasli
Hydroelectric Power Company, Switzerland, 2007).

- 24 -

- 25 -

Secondo Vivier, il tagliente deve risultare ortogonale alla velocit relativa


quando
AA1B1B2 (Fig. 19) intercettato dalla pala che con questa porzione di getto entra in
contatto con A.
I lati che delimitano lunghia cilindrica che andr ad alimentare il cucchiaio della pala
sono cos definiti:

w AA, = l C
u
B, B& = AA, z
v
uBB =
C
t ,
l

(29)

(29)

dove tp il passo palare valutato sulla circonferenza delle punte e K{ = QR{ /2 la


velocit periferica delle punte dei taglienti.
Si determina dapprima il punto M del coltello che intercetter il baricentro G dellunghia
cilindrica imponendo lortogonalit del tagliente rispetto alla direzione del getto.
Si tratta perci di determinare il punto C sulla circonferenza delle punte tale che

|}
$>

e condurre per C lortogonale allasse del getto. Lintersezione di tale ortogonale con
lasse del getto il punto M cercato.
La determinazione del punto M pu avvenire per via analitica trovando lascissa del
punto C che soddisfa leq. 29 (*), oppure per via grafica. In questultimo caso si rivela
utile suddividere il filetto centrale del getto, a partire da G, in un certo numero di
segmenti (distanza percorsa dal getto in un dato intervallo di tempo t) e segnare sulla
circonferenza delle punte, a partire da A, una serie di archi di lunghezza pari al prodotto
del segmento rettilineo per il rapporto delle velocit K{ /M~ . I punti M e C dovranno
cadere allinterno di segmenti delimitati dagli stessi indici.
Definita la posizione del punto M, si dovrebbe correggere linclinazione del tagliente
disponendolo ortogonale alla velocit relativa W (Fig. 19), sennonch il tagliente
potrebbe risultare troppo coricato rispetto alla direzione del getto. Vivier suggerisce di
disporre il tagliente lungo la bisettrice MT dellangolo
(Fig. 19). Si ha cos modo di
individuare il raggio Rt della circonferenza a cui risultano tangenti i prolungamenti dei
taglienti delle pale.

Si osservi che lipotesi di ammettere la direzione del tagliente ortogonale alla direzione
del getto quando G incontra il tagliente comporta = , e quindi :
= = .
(*)

- 26 -

altrettanto logico ammettere che quando il baricentro G dellunghia cilindrica AA1B1B2


colpisce il fondo del cucchiaio (M in Fig. 20), il piano tangente al fondo risulti
ortogonale alla velocit relativa, e cos anche la faccia dingresso del cucchiaio (cio il
piano che si appoggia sul bordo duscita del cucchiaio).
Stabilita la profondit p del cucchiaio ( in funzione del diametro d del getto mediante
correlazioni empiriche che si presenteranno di seguito), si individua per tentativi, con un
procedimento analogo al precedente, la posizione M in modo da assolvere alla
condizione:
}T |
$>

o
o

o
o
o

(30)

verificando altres che la profondit del cucchiaio sia quella stabilita.


In pratica, si procede nel modo seguente:
Si avanza la posizione C della punta del tagliente rispetto alla posizione C
precedentemente trovata e si traccia per C la tangente alla circonferenza di raggio Rt
individuando, in tal modo, la nuova direzione del tagliente.
Si posiziona sul tagliente il punto M tracciando un arco di circonferenza di raggio OM
(noto dalla costruzione precedente, Fig. 19).
Si determina la posizione M sul filetto medio del getto dalleq. 30 (larco AC noto
avendo assunto la posizione C della punta del tagliente).
Per M si traccia una retta ortogonale a W} , e per M una parallela a questa retta. La
distanza fra queste due rette la profondit del cucchiaio che consegue alla posizione
assunta per la punta del tagliente. Si procede in questo modo fino a che la profondit p
del cucchiaio pari a quella stabilita. Assolta questultima condizione determinato
anche il raggio RF della circonferenza a cui devono essere tangenti i prolungamenti
delle facce dei cucchiai.
Lobiettivo della procedura, al di l della laboriosit che essa richiede, quello di stabilire
lortogonalit tra getto e tagliente-faccia del cucchiaio per una posizione intermedia
dellarco dazione getto-pala, qui identificata con il baricentro dellunghia cilindrica che
alimenta la generica pala della ruota.
Ad esempio Nechleba (1957) suggerisce di disporre il tagliente ortogonale alla direzione
del getto in una posizione intermedia tra quelle in cui la pala investita dal getto pieno.
Una pala inizia a ricevere il getto pieno quando con la punta del suo tagliente incide il
filetto pi esterno del getto (punto II, Fig. 21). La pala Lp di Fig. 21 continuer a ricevere
un getto fino a che sar colpita dalla particella staccata in I dalla pala successiva LA.
Questa particella colpir la pala Lp in a nel sistema di riferimento relativo, e in a nel
sistema di riferimento assoluto. Larco limite di getto pieno per la pala Lp quindi dato
dallarco
sulla circonferenza delle punte dei taglienti.
Il procedimento che segue presuppone noto il passo palare che, dunque, deve essere stato
determinato in precedenza con uno dei metodi descritti.
Il metodo procede inoltre per tentativi poich presuppone nota la circonferenza a cui i
prolungamenti dei taglienti devono essere tangenti (oggetto, invece, dellanalisi).
Con questi presupposti, si descrive la traiettoria C1 della particella staccata in I dalla
punta del tagliente della pala LA.

- 27 -

- 28 -

o
o

o
o

o
o

o
o

La particella staccata in I dalla pala La colpisce la pala precedente Lp nel punto a:


intersezione della traiettoria relativa C1 con la direzione del tagliente della pala Lp
(ruotata del passo palare, supposto noto, rispetto alla precedente).
La posizione assoluta a di quella relativa a si ottiene tracciando un arco di cerchio
di raggio
(con O asse della ruota) fino ad intersecare la generatrice superiore V del
getto. Il tagliente in a (tangente alla circonferenza base di raggio r) interseca in d la
circonferenza K1 delle punte (Fig.21).
Su questa circonferenza larco di getto pieno della pala Lp delimitato dai punti II e d.
Nechleba suggerisce di dividere larco
in due parti uguali e di tracciare per il punto
intermedio e la perpendicolare x allasse del getto per ottenere la direzione da
assegnare al tagliente in questo punto.
La distanza r della retta x dallasse della ruota definisce il raggio del circolo a cui
devono essere tangenti i prolungamenti dei taglienti delle pale.
In Fig. 21 anche possibile individuare la posizione relativa b in cui lultima particella
dacqua (quella che parte da II) colpisce il tagliente della pala Lp quando la pala LA si
trova in II.
Il punto b lintersezione della traiettoria relativa C2 che origina in II con il tagliente
della pala precedente (che si trova in f, con
= passo palare). La corrispondente
posizione assoluta b si ottiene tracciando per b, con centro sullasse della ruota, larco di
cerchio
fino ad intersecare il filetto inferiore V del getto.
La proiezione del bordo duscita del cucchiaio su un piano ortogonale allasse della ruota
, di regola, rettilineo.
Per elevati rapporti D/ do (D: diametro medio della ruota, do: diametro del getto), il bordo
duscita disegnato, di solito, parallelo al tagliente.
Negli altri casi la sua direzione stabilita ortogonale alla direzione del getto in un punto
opportuno (si noti la similitudine con il procedimento suggerito da Vivier).
Nello stabilire questo punto occorre osservare che il bordo duscita entra in azione in
ritardo rispetto al tagliente (le particelle dacqua devono percorrere la superficie del
cucchiaio).
Nechleba suggerisce di determinare la posizione h in cui disporre il bordo duscita
perpendicolare alla direzione del getto spostando a destra (Fig. 21) di la la retta x
definita in precedenza per la direzione del tagliente.
La lunghezza la la proiezione lungo la direzione del getto della traiettoria assoluta
della particella durante il suo tragitto lungo la superficie del cucchiaio (eq. 18).
Tracciando per h la retta x ortogonale alla direzione del getto si individua il raggio r
della circonferenza base a cui i prolungamenti della facce del cucchiaio devono essere
tangenti.
La posizione relativa tagliente-bordo duscita ottenuta intersecando le due direzioni in
corrispondenza del punto di intersezione del tagliente con la circonferenza K di diametro
pari a quello medio della ruota (Fig.21).
Per bassi valori del rapporto D/do il tagliente pu avere forma curvilinea mentre per
elevati rapporti D/do ha andamento rettilineo tranne che per il tratto terminale.
La geometria curvilinea del tagliente si ottiene con il procedimento su descritto dopo aver
suddiviso lestensione radiale del cucchiaio in un numero conveniente di parti (Fig. 22).
La procedura che segue , forse, quella pi semplice e rapida da applicare, e si rif al
procedimento suggerito da Nechleba semplificandone in pi parti limpostazione.
La direzione del tagliente infatti approssimata inizialmente con quella radiale. Lintero
procedimento riassunto in Fig. 23. Il punto A quello del tagliente della pala 3 colpito
dalla particella dacqua in A.

- 29 -

Larco
rappresenta perci larco di getto pieno (indiretto)
pala viene fornito il massimo momento motore.
Dallesame della Fig. 23, si ottiene:
$>

e, confondendo in prima approssimazione larco


ancora scrivere:

(*)

$>

(*)

, durante il quale alla

(31)
con il segmento

, si pu
(32)

Larco di getto pieno per la pala 3 inizia quando questa si trova in 2, ovvero quando la
punta del suo tagliente taglia il filetto pi esterno del getto. In questa posizione, e
fintantoch la pala che segue (la pala 2 in Fig. 23) non raggiunge essa stessa la posizione
2, il getto dacqua che riceve la pala 3 in collegamento diretto con il bocchello. Si parla
di getto pieno diretto. Quando per la pala 2 raggiunge la posizione 2, questo
collegamento si interrompe e il getto pieno che la pala 3 continuer a ricevere da questa
posizione in poi detto indiretto.

- 30 -

Posto ancora uA uA, si ottiene dalla (32):

o
o

La lunghezza

o
o

(34)

(up la velocit periferica delle punte dei taglienti).


Il punto A invece determinato dalla conoscenza del passo palare, supposto qui noto (si
ricordi che per il tagliente stata assunta la direzione radiale).
Posizionato il punto A sul filetto pi interno del getto, lintersezione della retta per O
(asse della ruota) e A con la circonferenza delle punte dei taglienti individua il punto 3.
Si divide quindi larco
in due parti uguali e per il punto medio M si traccia la
perpendicolare al getto individuando, in tal modo, il raggio Rb della circonferenza base
dei taglienti (Fig. 23).
Nel punto M, approssimativamente la posizione intermedia durante larco dazione del
getto pieno (indiretto), la direzione del tagliente dunque posta ortogonale al getto.
Come gi visto in precedenza, anche per la faccia del cucchiaio posta la condizione di
ortogonalit con il getto in una posizione opportuna del cucchiaio allinterno dellarco
dazione del getto pieno.
A tal riguardo si osserva che, per quanto attiene al bordo duscita del cucchiaio, lo scarico
dellultima porzione di getto pieno avviene in un punto 4 (Fig. 23) a destra del punto 3
giacch lultima particella dacqua A del getto pieno deve percorrere la superficie interna
del cucchiaio.
La posizione del punto 4 pu essere determinata assumendo, approssimativamente, che la
traiettoria della particella A sulla superficie del cucchiaio coincida con quella puramente
laterale del filetto medio del getto (
in Fig.10). Si pone perci:

(35)

con
velocit relativa media lungo
.
In modo analogo si pu trovare punto 2 (Fig. 23) in cui comincia lo scarico del getto
pieno intercettato dalla pala 3 quando si trovava nella posizione 2:

(33)

si deduce dal disegno; infatti nota la posizione del punto A:

j>
8,

(36)

Larco
dunque larco di getto pieno per la faccia del cucchiaio. Il punto medio K
di questarco la posizione della pala in cui si pone lortogonalit della faccia del
cucchiaio con la direzione del getto.
Si individua anche il raggio Rb della circonferenza base delle facce dei cucchiai (Fig.23).
Il punto 2 in Fig. 23 identifica la posizione della pala 2 quando il tagliente della pala 3
intercetta lultima particella A di getto pieno.
In Fig. 23 lintersezione tra il tagliente e il bordo duscita del cucchiaio posto in
corrispondenza del filetto pi interno del getto. Lindicazione non univoca in letteratura
giacch altri autori scelgono il punto di intersezione sul filetto pi esterno.
La scelta condiziona lestensione della traiettoria delle particelle dacqua allinterno del
cucchiaio, e dunque lefficacia con la quale la pala varia il momento della quantit di
vuoto delle singole particelle dacqua.

- 31 -

DIMENSIONI PRINCIPALI DEL CUCCHIAIO


o

Le sezioni e le dimensioni principali del cucchiaio sono rappresentate in Fig. 24.


Sono diffuse in letteratura numerose correlazioni geometriche, di natura empirica, tra le
dimensioni principali del cucchiaio. La grandezza geometrica di riferimento , di solito, il
diametro d0 del getto (Tab. 1).

Una pala con una lunghezza B2 troppo elevata d luogo a uneccessiva superficie dattrito
per il getto appiattito. Viceversa, una larghezza B2 troppo esigua induce una forte
curvatura alla traiettoria della vena deviata che pu ostacolare levacuazione dellacqua
dal cucchiaio (incrocio tra i filetti della vena deviata e il getto principale).
Il miglior compromesso si ottiene per rapporti B2/ d0 3,54 che si impiegano quando
richiesto il massimo rendimento a pieno carico.
Se per le condizioni di carico variano sensibilmente durante lesercizio, tale rapporto
darebbe luogo a eccessivi attriti quando la turbina parzializzata.
In tali casi si preferisce dimensionare il cucchiaio per una portata e quindi per diametro do
minore di quello nominale, e dunque per un rapporto B2/d0 2,83,2, minore del
precedente (che verr invece adottato quando le condizioni di esercizio sono poco
variabili).

- 32 -

- 33 -

La dimensione del cucchiaio (e quindi il rapporto B2/d0 prescelto) non influenza tanto il
valore massimo del rendimento quanto il suo andamento con la portata (Fig. 25).

La distanza B = (Dp -D)/2 tra la punta del tagliente e il centro del getto (Fig. 26)
condiziona lo sparpagliamento del getto sul cucchiaio. Il getto, dopo essere stato
suddiviso dal tagliente, si appiattisce sulla superficie e si allarga fino ad interessare allo
scarico un arco di estensione b 2do (Fig. 26), se non maggiore (~ 1,1 L).

Osservando le traiettorie delle particelle (Fig. 26), si nota come allinizio del contatto
getto-pala, quando langolo tra la velocit relativa W e la direzione del tagliente
1>90, la particella dacqua segua la traiettoria centripeta a; successivamente, quando
090, la traiettoria centrale b e, verso la fine dellazione della pala sul getto, quando
2<90, la traiettoria centrifuga c.
Lo sparpagliamento delle traiettorie relative determina un aumento della superficie
bagnata del cucchiaio (e quindi delle perdite per attrito) tanto pi grande tanto maggiore
la profondit B della punta del tagliente (Fig. 26).

- 34 -

- 35 -

o
o
o
o

Langolo di attacco 2b del tagliente varia allincirca tra 2024 (sez. B, Fig. 24) per
conferire al cucchiaio una resistenza e una durata accettabile.
In genere tale angolo assume un valore minore in corrispondenza della sezione di
tangenza con lasse del getto per aumentare verso le parti estreme del coltello, con valori
maggiori verso lattacco delle pale al disco (Fig. 27).
Langolo del bordo duscita 2b (Fig.28) dovrebbe essere nullo se non fosse per lurto
inevitabile tra la lamina fluida che esce dal cucchiaio e il dorso della pala che segue.
Langolo 2b deve essere tale che a pieno carico (getto con il massimo diametro d0) la
lamina risulti al pi tangente al dorso della pala che segue.
I valori di 2b da adottare lungo il bordo di uscita del cucchiaio derivano dallesperienza,
e landamento riportato in Fig. 27 ne rappresenta un esempio.
Laumento dellangolo 2b verso il disco permette di migliorare levacuazione dellacqua.
Procedendo verso il disco diminuisce, infatti, la velocit periferica u2, cosicch per
aumentare la velocit assoluta C2 allo scarico e la sua inclinazione rispetto alla direzione
periferica, e favorire in tal modo lallontanamento dellacqua dal cucchiaio, necessario
aumentare linclinazione 2 della velocit relativa (Fig. 29).

Occorre anche osservare che langolo di flusso della corrente relativa allo scarico del
cucchiaio non uniformemente distribuito sullo spessore 5 della lamina fluida (Fig.28)
poich diversa la curvatura delle traiettorie seguite dalle singole particelle dacqua.
Inoltre, le particelle dei filetti pi interni stanno ancora percorrendo una traiettoria curva
in prossimit dello scarico, e le forze centrifughe su di esse agenti si scaricano sui filetti
pi esterni non pi guidati dalla superficie del cucchiaio. Ne consegue una deviazione
della lamina fluida verso lesterno e un angolo medio di flusso 2 maggiore di quello 2b
della pala (Fig. 28). Lo scarto tra i due angoli dipende dalla larghezza B2 del cucchiaio e
dal diametro do del getto, e pu essere stimato con la relazione seguente (Nechleba):
[

2 - 2b 15 6> (gradi)
o

(37)

Stabilito perci langolo 2b della sezione del cucchiaio (ad es. la sezione media B-B di
Fig. 24) quello effettivo del flusso pu essere stimato con leq. 37 e, sulla base di questo
valore, pu essere computata la perdita di energia cinetica M&& /2 allo scarico e impostata
la verifica del passo palare, limitatamente al possibile urto della vena fluida con il dorso
della pala che segue.
A tal riguardo occorre valutare lo spessore s della lamina fluida allo scarico del
cucchiaio. Nota lestensione b della lamina ( b 2d0 oppure, secondo altri autori, b1,1L)
e la velocit relativa media W2, lo spessore s pu essere determinato dallequazione
della portata:

s =

&

% *

(38)

- 36 -

[%>

(C, u) =

[%>

W,

dove QW la portata ricevuta dal cucchiaio (che si muove con velocit u) data da:

(39)

Alcuni autori legano direttamente lo spessore s della lamina al diametro do del getto
mediante correlazioni empiriche. Secondo Lo Presti, ad esempio:

S ( 0,120,15) d0

(40)

INTAGLIO DEL CUCCHIAIO


o

Allingresso della pala nel getto (Fig. 30) la direzione della velocit relativa molto pi
inclinata dellangolo costruttivo 2b presente sul contorno pi esterno del cucchiaio.
Pertanto, se la forma ellittica del cucchiaio fosse mantenuta anche per la porzione pi
esterna dello stesso, il getto verrebbe intercettato in modo non ottimale e lurto che ne
deriverebbe tenderebbe a deviare il getto dalla sua direzione rettilinea, con un inevitabile
calo delle prestazioni della turbina.

Nella pala originale Doble (Fig. 31) lintaglio venne concepito come lintersezione del
getto con la superficie della pala nella posizione di primo ingresso, dimodoch tutto il
labbro entrasse in azione allo stesso tempo (Fig. 31b).
La pala presenta un intaglio profondo, con un becco sporgente anche in pianta (Fig. 31d);
si presenta perci molto aperta e indebolita.
Nella successiva rotazione della pala nel getto, il becco precede gli altri punti del labbro
nel contatto con il getto, incidendo la porzione di getto che, staccatosi dal cucchiaio,
prosegue per raggiungere, suddiviso, la pala precedente.

o
o

- 37 -

- 38 -

Se si vuole mantenere compatta lultima porzione del getto ed evitare lincisione su di


esso praticata dal becco, si deve evitare la sporgenza dello spigolo centrale (Fig. 32). In
questo caso la pala entrando nel getto lo taglier dapprima sui fianchi mediante il labbro
dellintaglio senza che lo spigolo centrale, che rimane arretrato, abbia ad interferire con la
porzione del getto che andr a colpire la pala precedente.
Lintaglio risulta in questo caso meno profondo, e il profilo del labbro segue pi da vicino
landamento delle linee di livello del cucchiaio: la pala assume una forma pi chiusa e pi
robusta.
La porzione del cucchiaio in prossimit del labbro dellintaglio mostra uno spessore
sottile che, unendosi con lo spessore pi grosso del bordo di scarico d origine, durante il
processo di formatura, a elevate tensioni interne che tendono a rendere fragile la regione
del cucchiaio adiacente allintaglio.
In Fig. 33 sono riportate alcune forme di intaglio suggerite da varie case costruttrici. Sono
da preferire le forme c, f, g, in cui la forma del tagliente arretrata e non tende a incidere,
dividendolo, il getto.

- 39 -

PROCEDURE STANDARDIZZATE
o

Negli impianti di piccola potenza (< 10MW), le procedure di progettazione sono


standardizzate per contenere i costi. In questi casi, soprattutto per la determinazione del
passo palare e dei raggi delle circonferenze base alle quali porre tangenti i prolungamenti
del tagliente e del bordo duscita del cucchiaio, si adottano correlazioni di natura empirica
in luogo delle (laboriose) costruzioni, per lo pi di natura grafica, descritte in precedenza.
Secondo alcuni autori (Politecnico di Losanna) per rapporti D/B2 > 2,8 al rapporto 4/B2
tra il raggio della circonferenza base del bordo duscita del cucchiaio e la larghezza del
medesimo si pu assegnare il valore:
"

6%

0,32 0,35

(41)

Per quanto attiene al tagliente, si suggerisce di inclinarlo di 67 rispetto alla traccia del
bordo duscita, e di porre la loro intersezione in corrispondenza del filetto pi esterno del
getto.
Per la lunghezza complessiva della pala riportata (Fig. 34) si suggerisce:

mentre per il numero di pale:

LA 2,15 B2

(42)

z (0,5 ) + 15

(43)

con D diametro medio della ruota.

>

- 40 -

CURVE CARATTERISTICHE
o

La determinazione per via teorica delle curve caratteristiche poggia su una serie di
semplificazioni che possono essere facilmente comprese descrivendo con maggior
dettaglio levoluzione nel tempo dellinterazione del getto con le pale simultaneamente in
presa.

NUMERO DI PALE SIMULTANEAMENTE IN PRESA


o

o
o

Noti il diametro medio della ruota D, il diametro del getto do e le dimensioni principali
del cucchiaio; determinati il numero di pale e i raggi delle circonferenze base dei taglienti
e delle facce del cucchiaio; il numero di pale simultaneamente in presa con il getto pu
essere determinato nel modo di seguito descritto.
Si prenda a riferimento la ruota di Fig. 35 i cui dati principali sono: D=1150mm,
d0=160mm, z=13pale, n=500 giri/min.
(computato sulla circonferenza
In Fig. 36a, la pala O2 entrata nel getto dellarco
delle punte).
Lultima particella che transitata per B ha percorso la distanza:

m B = 9`

l /&

o
o

C =

$>

(44)

senza ancora raggiungere la pala precedente O1.


Nelleq. 44, Dp il diametro della circonferenza delle punte, up la corrispondente velocit
periferica e Co la velocit del getto.
Procedendo allo stesso modo per tutti gli altri punti compresi tra B e M possibile
tracciare la linea Mm che delimita a destra la parte del getto, staccata dalla pala O2, che si
dirige verso la pala O1.
Nelle Figg. 36a/36b la pala O2 in contatto solo con una parte del getto mentre la pala O1
riceve il getto pieno.
In Fig. 36c la pala O2 in contatto con il getto pieno e ha escluso completamente la pala
O1 dal getto che proviene dal bocchello.
La pala O1 anchessa in contatto con il getto pieno (indiretto) e lo sar finch la
particella partita da B (quando la punta del tagliente della pala O2 si trovava in quella
posizione) non colpisce il suo tagliente.
La posizione della pala O1 ove ci avviene (indicata con linea tratteggiata in Fig. 36c)
sar determinata pi avanti (Fig. 36f). Per il momento, la distanza
percorsa da questa
particella vale:

B a =

$>

(45)

Le direzioni delle velocit relative W0 e W0 delle particelle dacqua sui filetti estremi
del getto indicano che, per la pala O2, il flusso ha direzione centripeta.

- 41 -

- 42 -

- 43 -

In Fig. 36d, la pala O3 entra a sua volta in presa con il getto in B con la punta del suo
tagliente.
La velocit relativa W0 indica che la direzione del flusso chiaramente centripeta,
dimodoch lacqua uscir in 5 (Fig. 36 f). Bisogner che lacqua, uscendo, non
colpisca il dorso della pala che segue n, tanto meno, la corona che porta le pale.
La pala O2 sempre in contatto con il getto pieno. Non pi cos per la pala O1 che
riceve solo una parte del getto, quella delimitata a destra dalla linea Mm.
Valgono le relazioni:

MA =

m" m =
Il passo palare p pari allarco

$7
l

(46)
Co
up

(47)

- 44 -

In Fig. 36e, lultima particella partita da A (Fig. 36c) senza entrare in contatto con la pala
O2 non ha ancora raggiunto la pala O1. Al momento ha percorso la distanza:

M"A =

Co
up

(48)

La pala O2 riceve ancora il getto pieno ma soltanto la parte inferiore ancora in contatto
con il getto proveniente dal bocchello. In questo istante tre pale sono in presa simultanea
sul getto.
In Fig. 36f, la pala O1 riceve lultima particella dacqua. Due sole pale sono attive (O2 e
O3), e ricevono il getto pieno. Per la pala O2 questa per lultima posizione di getto
pieno.
Larco
dunque larco durante il quale la pala O2 riceve il getto pieno.
Il punto P2, in cui la particella dacqua che non entrata in contatto con il tagliente della
pala O3 in B colpisce il tagliente della pala O2, si pu determinare nel modo di seguito
descritto.
Si disegna la traiettoria relativa di tale particella e il tagliente della pala O2 quando O3 si
trova in B (
= passo in Fig. 36 f).
Si determina lintersezione P (Fig. 36 f) della traiettoria relativa con il tagliente di O2
quando la punta del tagliente di O3 in B.
Per P si traccia un arco di circonferenza di raggio r =
, con C centro della ruota,
fino ad intersecare il filetto interno del getto. Tale intersezione definisce il punto P2 in
cui avverr lincontro della particella con il tagliente della pala O2 (nel riferimento
assoluto).
Pertanto, dalla Fig. 36 f si ottiene:

BP& =

o
o

lT

(49)

In maniera analoga si trova il punto P1 in cui lultima particella partita da A, quando in


questa posizione si trovava la pala O2, incontra il tagliente della pala O1.
In Fig. 36c si vede che quando la pala O2 si trova in A, la traiettoria relativa della
particella non intercettata in A dalla pala O2 colpisce il tagliente della pala O1 nel punto
P (nel sistema di riferimento solidale alla ruota).
Nel riferimento assoluto il contatto avviene in P1 che si ottiene tracciando per P un arco
di circonferenza di raggio r = CP fino ad intersecare la generatrice inferiore del getto.
Pertanto:

A P", =
o

$>

C0
up"

(50)

Quando la pala O4 entrer in presa con il getto si avranno ancora tre pale in presa
simultanea.
Il numero di pale in presa contemporanea sul getto aumenta al diminuire del rapporto
D/d0 e dunque, come si vedr, allaumentare del numero tipico di macchina K. In genere,
il numero di pale in presa sul getto pu variare da 3 a 5.
In Fig. 36 g, indicata la posizione della pala O1 quando lultima particella dacqua che
ha colpito il tagliente in P1 abbandona il cucchiaio.
La determinazione del punto M1 incerta perch presuppone la conoscenza della
traiettoria relativa P1M1 (oppure P1S1, Fig. 36 f) percorsa da detta particella sulla
superficie del cucchiaio.
La velocit relativa W1 allo scarico minore di quella allingresso W0 (Figg. 36f / 36g) a
causa delle perdite per attrito.

- 45 -

Dallequazione dellenergia della corrente relativa si ottiene:


"

>

posto:

%8 %
>
>

&

+z =

"

u u, , p = p, = p

si ricava:
&

%
)

&

%
>

%8 %
)
)

&

+ z, + hr

, z

hr

z,

(51)

(52)

(53)

La perdita di carico , di solito, correlata alla velocit a monte. Posto dunque:

h = m&
dalla (53) si ottiene:

In genere:

&

%
>

W, = W 1 m&

W, (0,85 0,9)W

Stimata a sentimento lestensione della traiettoria relativa


percorrenza:

t=(

)W

> )/&

(54)

(55)

(56)
, si calcola il tempo di

(57)

e quindi langolo di cui ruota la pala:

= t

(58)

Lacqua in M1 esce con una velocit relativa W1 che giace in un piano praticamente
parallelo al piano medio della ruota. Calcolata in M1 la velocit periferica uM1 si pu
calcolare la velocit assoluta allo scarico CM1 e la corrispondente perdita di energia
&
cinetica M,
/ 2g che ha luogo per questa posizione del cucchiaio.
Si pu notare dalla Fig. 36g come CM1 sia inclinata verso lalto e ci giustifica perch,
osservando il funzionamento di una Pelton con luce stroboscopica, si vedano delle
particelle dacqua risalire la ruota (regione indicata con z in Fig. 36g) dalla parte opposta
del getto.

Langolo
(Fig. 36g) langolo di attivit o di azione di una pala.
La conoscenza di questo angolo, anche se in modo approssimato, consente di distribuire
appropriatamente gli iniettori attorno alla ruota Pelton quando il valore del numero tipico
di macchina ne suggerisce un numero maggiore di uno. Qualora il secondo iniettore fosse
dislocato dopo il primo di un angolo apprezzabilmente minore di
, o subito dopo
il contatto del tagliente con lultima particella dacqua (punto P1), il cucchiaio
riceverebbe nuova portata prima che abbia interamente smaltita quella intercettata
dalliniettore precedente.

- 46 -

CURVE CARATTERISTICHE
o
o

Lapproccio teorico di seguito esposto approssimato; ci nonostante i risultati cui d


luogo si dimostrano in accordo con i risultati delle prove sperimentali.
Il cucchiaio supposto in presa continua con il getto, e in una posizione per la quale il
getto ortogonale al tagliente (Fig. 37). Lipotesi non corretta poich il getto in presa
con il cucchiaio solo durante il suo arco di attivit e la posizione relativa pala-getto varia
continuamente durante linterazione della pala con il getto medesimo.

Con queste ipotesi, allingresso del cucchiaio la velocit assoluta C1 e la velocit


periferica u1 sono tra loro parallele, e quindi (Fig. 37):
W, = C, u,

(59)

dove C, = C , = C .
Langolo 1 della faccia del cucchiaio (Fig. 37), non pu essere nullo (1 1012)
cosicch, al primo ingresso nel cucchiaio, lacqua subisce un brusco cambio di direzione.
La perdita di carico che ne consegue per ignorata dal modello.

- 47 -

Alluscita del cucchiaio la velocit relativa W2 inclinata di un angolo 2 che, in prima


approssimazione, ritenuto pari a quello della pala (in realt 2 > 2b , eq.37). Pertanto:

&

= u& W& cos&

(60)

La potenza trasmessa alla ruota perci data dalla relazione (si ammette u1 = u2 = u):

P = Qu (C

C &)

(61)

che, per le relazioni precedenti, pu essere riscritta nella forma:


P = Qu (W, + W& cos& ) =

= QuW, 1 +

W&
cos& =
W,

= QuW, (1 + mcos& )

(62)

con m = W2/W1 coefficiente minore di 1 (~ 0,90) per tener conto della perdita per attrito
lungo la superficie del cucchiaio e del fatto che langolo 2 della pala (assunto dal
modello quale parametro geometrico di riferimento) minore di quello 2 del fluido.
Ricordando che:
(63)
W, = C, u = C u
la potenza pu anche essere riscritta nella forma

P = Qu (C u)(1 + m cos & ) =


= QC&

$7

$% (1 + m cos & )
%

>

(64)

Per una data portata Q, ossia per una data caduta idrica h e una data apertura della spina, e
dunque per assegnati Q e C0, la potenza varia tecnicamente con legge parabolica in
funzione della velocit periferica u, o del rapporto u/C0 (Fig. 38).

- 48 -

o
o

Si annulla (oltre che per u = 0) per u = uf = C0 che rappresenta la velocit di fuga (*) della
turbina.
Il rendimento della turbina dato, tenuto conto della (64), dalla relazione:

"2

"2% &
"2

$>

$%>

(1 + m cos & ) = 2&

$>

$%>

(1 + m cos & )

(65)

con u 0,960,98.
Landamento di qualitativamente lo stesso della potenza P senza per mostrare
variazioni apprezzabili con lapertura della spina poich, in un ampio campo delle portate
(Q/3 Q QMAX), il coefficiente di perdita del bocchello u sostanzialmente costante.
Il valore massimo di si manifesta per u/C0 = 0,5, cio quando la velocit periferica u

teoricamente pari alla met della velocit C0 del getto ( u


La coppia motrice data dalla relazione:

MAX

= C0/2).

M = 9 = Q & (C u)(1 + m cos & )

(66)

e varia linearmente con la velocit periferica u (linee a tratto continuo, Fig. 39).

I risultati delle prove sperimentali (curve tratteggiate in Fig. 39) mostrano che la velocit
ottimale per il massimo rendimento
u = K -2gh
(67)

si ottiene per valori del coefficiente di velocit K compresi tra 0,41 e 0,5, comunque

minori del valore teorico pari a K = & .


Anche la velocit di fuga minore di quella teorica ( la velocit del getto) e dipende dal
grado di apertura della spina.
(*)

Per tale valore della velocit periferica nemmeno la particella pi interna del getto
intercettata dalle pale. Tutta lenergia cinetica del getto dissipata: nulla la potenza
trasmessa alla ruota.

- 49 -

INFLUENZA DELLA VELOCIT DI ROTAZIONE E DELLA PORTATA


SULLA CURVA DEL RENDIMENTO
o

La velocit di rotazione della turbina influenza sensibilmente la perdita di energia cinetica


M&& / 2 allo scarico. Infatti, allaumentare di u corrisponde una diminuzione della velocit
relativa & , = M, K, e un aumento di C2.
Allaumento di n si accompagna anche una deformazione della traiettoria relativa del
getto (Fig. 40). Le traiettorie relative si incurvano maggiormente, e le particelle pi
esterne del getto possono sempre pi facilmente attraversare la ruota senza essere
intercettata dalla pale.
La traiettoria delle particelle pi interne del getto mostra uninclinazione sempre pi
accentuata in corrispondenza del primo contatto con le pale. La corrente relativa tende
perci ad urtare il dorso della pala e a esercitare unazione frenante.
Per tutte queste ragioni laumento di n dannoso nei riguardi del rendimento. Qualora
laumento di velocit sia conseguente a una manovra di regolazione ( e dunque
momentaneo), le perdite che ne conseguono facilitano il raggiungimento delle nuove
condizioni di esercizio.
Occorrer sempre prevedere nella camera di scarico la necessaria protezione contro il
getto diretto (condizioni di fuga), o comunque contro la velocit C2 che aumenta con u2 e
ne ha, allincirca, la medesima direzione.
Qualora n diminuisca (aumento del carico elettrico), la traiettoria relativa del getto si
distende (Fig. 40). Non ci sono pericoli di fughe di portata, la velocit relativa
& , = M, K, aumenta e con essa la perdita per attrito.
Alluscita del cucchiaio C2 aumenta, ma diretta in direzione contraria a u2 e di ci
occorre tener conto nel predisporre la protezione della camera di scarico.
Se ne conclude che la turbina Pelton, contrariamente alle turbine Francis e assiali, non si
presta al funzionamento a velocit di rotazione variabile, oppure a caduta variabile
mantenendo costante la velocit di rotazione (la deformazione delle traiettorie relative
ora conseguenza della variazione della velocit del getto, proporzionale a ).
Il diagramma a conchiglia di una Pelton (Fig. 41) mette bene in evidenza questo
comportamento.
Le curve di isorendimento (di forma approssimativamente ellittica) sono strette lungo n e
molto allungate lungo lasse della portata, a dimostrazione della poca adattabilit al
variare del regime di rotazione e dellottimo comportamento invece al variare della
portata.
La curva del rendimento di una Pelton in funzione della portata per un dato regime di
rotazione , infatti, molto pi piatta rispetto a una Francis (Fig. 42), anche se il valore
massimo del rendimento non supera, nelle migliori condizioni, il 90% contro i valori del
9293 % ottenibili con le Francis e le Kaplan.
La Pelton richiede per una minore portata per il funzionamento a vuoto.
Dallesame della Fig. 41 si osserva inoltre che i valori pi elevati del rendimento si
ottengono per rapporti D/d0 compresi nellintervallo D/d0 1214.

- 50 -

- 51 -

Landamento del momento e della potenza trasmessi allalbero di una turbina Pelton
mostrano delle inevitabili oscillazioni nel tempo (Fig.43).

Durante larco di attivit di una pala il momento trasmesso allalbero aumenta


progressivamente per raggiungere un valore massimo, approssimativamente costante
durante larco di getto pieno, per ridursi infine a zero.
Le aree A1 e A2, rappresentando integrali del tipo , offrono il difetto e,
rispettivamente, leccesso di energia motrice rispetto al lavoro resistente dato dal carico
applicato allalbero.
A causa di tale squilibrio la velocit angolare varier da un valore massimo (MAX) a un
valore minimo (MIN). Per contenere lo scarto = MAX - MIN necessario
immagazzinare leccesso di energia A=A2A1 in una massa volanica, rappresentata nel
caso in esame della ruota medesima, per sopperire al deficit energetico nei periodi in cui
il momento inoltre inferiore a quello resistente.
Lirregolarit ciclica pu essere contenuta entro margini prestabiliti agendo sul
momento dinerzia I della ruota. Infatti poich:

A = A& A, = I

9%- 89%-
&

= I (}d } )

posto, ad esempio, = /1000 ne consegue:

9- W9-

&

= I

(68)

(69)

- 52 -

DIMENSIONAMENTO PRELIMINARE
NUMERO DEGLI INIETTORI
o

Indicato con i il numero degli iniettori, la portata complessivamente elaborata dalla


turbina :

Q=

3[%>
1

C i =

3[%>
1

i -2gh

(70)

dove d0 e C0 sono rispettivamente il diametro e la velocit dei getti, u il coefficiente di


perdita del bocchello e h la caduta idrica disponibile.
Sostituendo la precedente nellespressione del numero tipico di macchina si ottiene:
(71)
,

,
&
4 d i - (2gh)1 d (/4),/& 2,/1 i -
D i - d
K=
=
= 1,05

U
,/&
(gh)
(gh),/& D
(gh)1
u
d
d
= 2,1
2i- = 2,1 K 2i -
D
D
-2gh

Landamento di K al variare del rapporto d0/D, tra il diametro del getto e quello medio
della ruota, e il numero i di introduttori mostrato in Fig. 44.

Le condizioni ottimali per linterazione getto-pala si manifestano per rapporti D/d0


compresi tra 10 e 14. Lesperienza suggerisce comunque di non scendere per tale
rapporto sotto il valore di 7.
Appurato che la velocit W2 allo scarico del cucchiaio deve essere inclinata di un 2
rispetto alla direzione periferica per impedire lurto con il dorso della pala che segue, la
minima perdita di energia cinetica C&& / 2g si ottiene ponendo, in sede preliminare di
progetto, C & = 0.
In condizioni ottimali di esercizio lo scambio di energia quindi dato dalla relazione:

gh = [ gh = u, c

dalla quale (u1 = u = D/2):

= u, c, = u, -2gh = K 2gh

K =

&

(72)

(73)

- 53 -

gh
gh
1
=
=
2
2
2
u
Ku 2gh
2 Ku

$)

$)

22u
2id

=2

2u
id

(74)
(75)

C1
= t
(76)
u
o Poich u 0,960,98 e 0,880,9 i valori di e t risultano entrambi maggiori di
2; il numero di flusso in queste macchine coincide con il numero di pressione t.
o Tenuto conto delle relazioni precedenti, la scelta del numero degli ugelli e la
determinazione del diametro medio D della ruota pu essere eseguita con lausilio dello
schema di Fig. 45.

Per quanto concerne la scelta del regime di rotazione occorre dire che la costruzione di
alternatori con n>1000 giri/min impegnativa poich, per limitare la velocit periferica,
bisogna aumentare lestensione assiale dellalternatore per poter alloggiare gli
avvolgimenti elettrici, rendendone per difficoltoso il raffreddamento.
Occorre tener presente che i generatori delle turbine idrauliche devono essere verificati
per la velocit di fuga (~ 2 volte quella nominale).
Anche per queste ragioni raramente le turbine idrauliche superano i 750 giri/min.
Nellambito delle piccole potenze, la velocit di rotazione delle turbine Pelton varia
solitamente tra 7501500 giri/min in modo da diminuire i costi della turbina
(diminuiscono le dimensioni) e del generatore elettrico. Negli impianti di piccola potenza
il costo del macchinario incide sensibilmente sul costo complessivo dellimpianto.

- 54 -

DISEGNO DELLA PALA


o

Si disegnano la vista frontale del cucchiaio e le sezioni principali A-A e B-B (Fig. 46)
sfruttando le correlazioni empiriche che legano le dimensioni caratteristiche del cucchiaio
al diametro del getto.
Si impongono gli angoli allingresso e alluscita della sez. A-A (ad esempio, 2 nella
parte inferiore e 30 in quella superiore, Fig. 46). Il valore di tali angoli, soprattutto
quello della parte superiore, dipende essenzialmente dal rapporto d0/D tra il diametro del
getto e quello medio della ruota, e dunque dal numero tipico di macchina K che da quel
rapporto dipende (K = cost d0/D, eq. 71).
Allaumentare di K aumenta il rapporto d0/D e con esso il rapporto tra laltezza della pala
(sviluppo radiale) e il diametro D della ruota.
Il passo palare sul diametro interno diminuisce e il rischio che la corrente intercettata
dalla pala allinizio del suo attacco al getto (la corrente relativa , allingresso della pala
nel getto, marcatamente centripeta) vada allo scarico ad urtare la pala che segue sempre
pi elevato (Fig. 47). Per favorire levacuazione dellacqua perci necessario aumentare
langolo 2b della sezione di scarico allaumentare di K o del rapporto d0/D.
Oltre agli angoli 2b alle estremit della sez. A-A di Fig. 46 occorre, per la regolarit
geometrica del cucchiaio, stabilire anche gli angoli 2b delle sezioni palari ottenute con
piani paralleli alla sezione principale B-B, indicate in Fig. 48 con i numeri 1, 2, 3, , 6.
La distribuzione degli angoli alluscita delle varie sezioni ha ragioni essenzialmente
geometriche e segue un criterio di progressivit fra i quattro valori in precedenza adottati
per le sezioni principali A-A e B-B (Fig.46).
Langolo di inclinazione delle facce del tagliente aumenta procedendo dalla mezzeria
(sez. B-B) verso le estremit, con valori pi alti verso lattacco della pala al disco, per
assicurare una resistenza e una durata accettabile al cucchiaio.
Un angolo 2b eccessivo alluscita della sez. A-A (Fig. 46) dunque accompagnato da un
aumento generalizzato dello stesso angolo anche nelle altre sezioni ortogonali alla faccia
del cucchiaio, con un inevitabile aumento della perdita di energia cinetica M&& / 2 allo
scarico. Per queste ragioni, per valori elevati del rapporto d0/D laumento dellangolo 2b,
necessario per impedire lurto della vena uscente dal cucchiaio con il dorso della pala che
segue, pu essere ottenuto troncando la parte terminale della pala (Fig. 47).
Il tagliente ha, di solito, la sua parte terminale curva anche quando venga, per il resto,
disegnato rettilineo. Laccorgimento serve per favorire il primo ingresso della pala nel
getto (aumentare langolo tra la velocit relativa e la generatrice del tagliente per renderlo
pi prossimo a 90).

- 55 -

- 56 -

- 57 -

Distribuiti gli angoli di ingresso e di uscita sulla sezione frontale del cucchiaio (Fig. 48),
si dispongono sulla sezione principale A-A (Fig. 49) una serie di piani, indicati con i
numeri romani I, II, III, , paralleli al piano che si appoggia sui bordi di scarico del
cucchiaio.
Questi piani tagliano la sezione A-A in un certo numero di punti (2 per ogni piano, fatta
eccezione per quello tangente al fondo del cucchiaio) che possono essere riportati sulla
vista frontale in corrispondenza della traccia A-A del piano di sezione (Fig. 49).
Lintersezione dei precedenti piani di sezione I, II, III, con il profilo della sezione
principale B-B (Figg. 46 e 49) genera altri punti che possono essere riportati sulla sezione
frontale in corrispondenza della traccia relativa al piano di sezione B-B.
In conclusione, per ogni piano di sezione I, II, III, IV, si dispone di quattro punti sulla
vista frontale del cucchiaio. Si aprono due strade per definire la geometria delle altre
sezioni del cucchiaio parallele a quella principale B-B e indicate con i numeri 1, 1A, 2,
3, in Fig. 48.

- 58 a) Dai quattro punti disponibili per ciascun piano di sezione I, II, III, si tracciano, nella
vista frontale, le curve di livello corrispondenti. Tali curve possono essere disegnate con
asse di simmetria parallelo al coltello (Figg. 48 e 49), oppure lievemente inclinato verso
lesterno (Fig. 50) allo scopo di favorire lo scarico della portata intercettata dalla pala al
suo ingresso nel getto.

In tal caso il profilo delle sezioni (le cui tracce sono indicate nella vista frontale del
cucchiaio, Fig. 48), si ricavano con le regole delle proiezioni ortogonali (Fig. 49).
Il profilo delle sezioni deve risultare regolare: la traiettoria delle particelle dacqua deve
sempre essere tale da esercitare una azione premente sulla pala. Se ci non si verificasse
occorrerebbe rivedere il tracciato iniziale delle linee di isolivello.
b) In alternativa si possono disegnare i profili delle sezioni 1, 1A, 2, 3, partendo dalla
larghezza e dalla profondit ricavate rispettivamente dalla vista frontale e dalla sezione
A-A (Figg. 46, 49, 51 e 52).
Le curve di isolivello I, II, III, si ricavano di conseguenza (Figg. 48 e 51) e anche qui si
dovr aver cura di ottenere curve regolari e con linee di impluvio secondo le attese.
o Per completare il disegno della pala occorre definire la geometria del dorso.
essenziale che la traiettoria delle linee di corrente relativa allingresso della pala nel
getto non abbiano, se possibile, ad urtare il dorso della pala.
o Occorre perci definire opportunamente il profilo del dorso delle pale in corrispondenza
delle sezioni indicate con I, II, III, IV, sulla vista frontale del cucchiaio in Fig. 51 e
sullo sviluppo delle sezioni 1, 2, 3, di Fig. 52.
o I piani di traccia I, II, III, IV, individuano le sezioni della pala allinterno dellintaglio
che entrano in contatto con la superficie esterna del getto in corrispondenza dei filetti
fluidi I, II, III, IV, di Fig. 53.
o Dai profili delle sezioni palari 1, 2, 3, (Fig. 52) si ottengono le tracce del profilo interno
della pala (quello attivo, che intercetta il getto) in corrispondenza dei piani di taglio I, II,
III, IV,(si ottengono sezioni simili a quella A-A di Figg. 46 e 49).
o Per poter disegnare appropriatamente il dorso della pala nelle sezioni I, II, III,
necessario disegnare la traiettoria relativa del corrispondente filetto del getto a partire dal
bordo di attacco del labbro dellintaglio (Fig. 52).

- 59 (FIG. 51 E FIG. 52: ESEMPI DI DISEGNO TECNICO IN FORMATO A3)

- 60 -

o
o

o
o

Loperazione relativamente semplice per via grafica qualora il disegno di Fig. 52 sia
eseguito su carta lucida. In tal caso occorre disegnare, ad esempio su carta normale, le
traiettoria relativa del getto (Fig. 53) e poi ruotare il foglio lucido contenente le sezioni I,
II, III, (Fig. 52) attorno allasse della girante finch la traiettoria relativa del filetto
corrispondente del getto passa per la punta del profilo interno (quello che riceve il getto)
della pala.
Si riporta su lucido, copiandola, la traiettoria in questione ottenendo in tal modo
linformazione cercata.
In Fig. 52 non si imposto il passaggio della linea di corrente per la punta del profilo
interno ma, a partire dal disegno del dorso della sezione principale I ( quella che passa per
il tagliente del cucchiaio), sono state riportate le traiettorie relative degli altri filetti (II,
III,) rispettandone la posizione reciproca.
Per la presa sul getto delle altre sezioni la pala deve ruotare rispetto alla posizione
corrispondente alla sezione I. Si ha cos la possibilit di accertare in modo rapido che la
sezione IV e poi, in sequenza, le sezioni V, III, VI e II entrano in presa con il getto prima
della punta del tagliente (sez. I).
Una tale evenienza, e cio che la pala entri in contatto con il getto dapprima con i fianchi
del labbro dellintaglio anzich con la punta del tagliente, suggerita in letteratura
(Nechleba, Bchi) per evitare che la punta del tagliente, nella successiva rotazione, abbia
ad incidere (dividendolo) la porzione del getto che sar intercettato dalla pala precedente.
La procedura riassunta nelle Figg. 51 e 52 offre anche la possibilit di gestire ed accertare
appropriatamente leventuale interferenza del getto con il dorso del cucchiaio.
Per evitare il trascinamento dellaria compresa tra il getto e il dorso della pala, e la
formazione di zone di depressione (possibili fenomeni di cavitazione), sarebbe
auspicabile disegnare il dorso della pala in maniera tale che la corrente relativa possa, da
questo, distaccarsi nettamente.
Si suggerisce un angolo di 34 tra linclinazione del dorso e la velocit relativa W
allimbocco (angolo in Fig. 54). Si raccomanda altres un angolo tra lintradosso
(profilo attivo) e lestradosso (dorso) del cucchiaio non superiore ai 1215 per la sezione
mediana della pala (quella contenente il tagliente), e non eccedente 1518 per la sezione
intermedia dellintaglio (sez. x-y in Fig. 54).
Non sempre possibile soddisfare pienamente a queste condizioni.
Allaumentare del numero tipico K, ovvero del rapporto d0/D, la traiettoria relativa del
primo filetto del getto diventa sempre pi penetrante. In questi casi la profondit
dellintaglio pu causare un indebolimento eccessivo della pala. Per queste ragioni pu
essere inevitabile accettare un urto del getto sul dorso della pala e il conseguente calo del
rendimento per lazione frenante che si viene a determinare sulla ruota. questo il caso di
Fig. 52.
La geometria del dorso della pala consente di completare la regione dorsale delle sezioni
trasversali 1, 2, 3, di Fig. 52.
Accanto alle famiglie di sezioni 1, 2, 3, A, B, C, e I, II, III, altre sezioni possono
essere proposte dal progettista per controllare la forma del cucchiaio durante la
lavorazione (*).
Ad esempio le sezioni oblique indicate con 8 e 9 nelle Figg. 51 e 52. La geometria di
queste sezioni si ottiene facilmente sfruttando le intersezioni delle loro tracce con le curve
di livello A, B, C, D, e le regole delle proiezioni ortogonali.

(*)

La pala solidamente ottenuta per fusione e rifinita successivamente per molatura. Il


materiale comunemente impiegato lacciaio inox 13Cr4Ni.

- 61 -

- 62 -

BOCCHELLO E SPINA
o
o

o
o

La forma e la compattezza del getto dipendono dalla geometria della spina e del
bocchello.
Le difficolt nellottenere getti di forma regolare durante la regolazione della portata
suggerirono inizialmente in Europa luso di un getto rettangolare ottenuto mediante una
bocca regolabile con una lingua oscillante (Fig. 55). Il lato superiore A della lingua era
mobile intorno a un perno O in modo da ridurre, con la sua rotazione, la sezione di
efflusso ai valori corrispondenti delle portate parziali.
Lo strozzamento della vena, gi sensibile alla massima apertura, diventava notevole ai
carichi parziali rendendo considerevole la perdita di carico.
Il rendimento di questi distributori era intorno al 92% e quello totale della turbina non
superava il 75% a pieno carico.

- 63 La spina regolabile Doble (1900) sporgente dallugello (Fig. 56) risolse la questione e si
impose in tutte le applicazioni.
o La sporgenza della spina e il profilo concavo della stessa danno luogo a una bocca
anulare convergente che permette al getto, per tutte le aperture, di proseguire compatto e
cilindrico in direzione assiale.
o Alluscita della bocca le particelle dacqua assumono traiettorie curvilinee concave: la
pressione aumenta verso la spina per evitare che la pressione sulla sua superficie abbia a
scendere al di sotto di quella atmosferica.
o Lesperienza ha per segnalato che con questa geometria la punta della spina soggetta a
una considerevole usura. La punta assai sporgente impediva inoltre di avvicinare la
girante al bocchello.
o Oggi si preferiscono spine con punte aventi generatrici rettilinee (Fig. 57) che alla
semplicit costruttiva abbinano anche un buon rendimento.
La forma pi tozza consente di avvicinare la girante al bocchello fino a distanze minime
di (45) d0.
o Coppie di valori degli angoli e (Fig. 57) diffusi nelle applicazioni sono i seguenti:
2/2 = 50/75, 52/80, 60/90 ovvero rapporti 2/2 2/3.
o Nelle Figg. 57, 58 e 59 sono riportate alcune delle correlazioni suggerite in letteratura per
il proporzionamento della spina.
Nelle Figg. 60, 61 e 62 sono riportati alcuni particolari del bocchello e della spina e un
esempio del loro disegno assieme.
o

- 64 -

(FIGG. 61a, 61b 62: ESEMPI DI DISEGNO TECNICO IN FORMATO A3)

- 65 -

PORTATA ATTRAVERSO IL BOCCHELLO


o
o

Alluscita del bocchello ha luogo una contrazione della vena (Fig. 57); la velocit del
getto valutata prendendo a riferimento tale contrazione.
Il rapporto tra la sezione ristretta Ac del getto e quella di uscita Ab del bocchello
denominato coefficiente di contrazione della vena. Pertanto, detta Q la portata elaborata
dalliniettore, si pu scrivere:

Q = A C = A$ -2gh = A* -2gh = A* -2gh =

3`%:
1

-2gh

(77)

dove = Ac /Ab il coefficiente di contrazione della vena, u il coefficiente di perdita


del bocchello, = u il coefficiente di efflusso e C0 la velocit del getto in
corrispondenza della sezione ristretta AC.
Per la spina sagomata secondo il criterio suggerito in Fig. 58, si pu fare uso del
diagramma sperimentale di Fig. 63 per una stima del coefficiente di efflusso . In genere
la portata Q incrementata del 510% rispetto alle condizioni di progetto per tener conto
di una possibile eccedenza della portata durante lesercizio.

In conclusione, dalla (77) si ottiene:

d* = 0
o

(,, r,,,)2
O
-&

= d 0

(,, r,,,)

(78)

Alcuni autori calcolano il diametro del bocchello tenendo conto della presenza della
spina. In questo caso si rendono necessari alcuni passaggi per risalire, note la portata di
progetto e la corsa massima della spina, al diametro del bocchello; oppure, noti la
posizione della spina e il diametro del bocchello, alla portata del getto.

- 66 -

Se con c si indica la corsa massima della spina (Figg. 56, 57, 58 e 59), la portata elaborata
dalliniettore data dal prodotto dellarea del tronco di cono AB per la velocit di
efflusso corrispondente (Fig. 64).

Assunto AB ortogonale alla bisettrice dellangolo - (Fig. 64), si ottiene:

AB =
o

Daltra parte:
AP = A0 cos

d$

+
d6
+
= & cos 2
2

B C

= 2c

B C
cos
cos

(78)

(79)

per cui, il diametro D0 del baricentro di AB risulta:

D = D* 2AP =

2
D* sin

B
2
B

(80)

mentre larea del tronco di cono AB data da:

2
A = D AB = c
D

c
sin

B
cos

2
2
B

cos

(81)

Il coefficiente di flusso ora riferito a questarea (Rubbo), cosicch:

2
Q = A -2gh = c
D* c sin
-2gh

cos
cos

2
2
B

cos

(82)

- 67 -

Il coefficiente di efflusso varia con lapertura della spina e la forma delliniettore. In


prima approssimazione si pu fare uso del diagramma di Fig. 65 per stimare la
dipendenza del coefficiente di efflusso dalla posizione della spina c/cMAX (Rubbo).

Noti Q e h, assunta la corsa massima c della spina e stabilito il coefficiente di efflusso ,


si pu risalire al diametro Db del bocchello con lausilio delleq. 82.
Si pu altres, determinato Db, valutare come varia la portata in funzione della corsa della
spina. Infatti, se nelleq. 82 c si intende come la generica posizione della spina, stabilito
in funzione del rapporto c/cMAX (Fig. 65) nota anche la portata Q e quindi il diametro
corrispondente del getto d0 = 0 C

4Q

o
o

con C (0,97 0,98)-2gh .

Variando la corsa della spina da zero fino al valore massimo, il diametro del getto
aumenta da zero a d0 (Fig. 66).
A titolo orientativo, per la spina Doble di Fig. 66a sono stati ottenuti gli andamenti
sperimentali riportati nelle Figg. 66b e 66c rispettivamente per il diametro e per il
rendimento delliniettore (*) (Tenot).
Si nota che tra 1/4 c/cMAX 1 il rendimento delliniettore i = & praticamente
costante, variando da 0,96 a 0,94.
Ne consegue che per 1/3 QMAX Q QMAX il coefficiente di perdita u dellugello rimane
praticamente costante, variando tra 0,97 e 0,98.
In conclusione, per Q 1/3 QMAX:

Q = (0,97 0,98)-2gh

[%
1

(83)

con dx diametro del getto per la portata generica Q (Fig. 66b, d0: diametro del getto per la
massima apertura, Q = QMAX).

(*)

Perdita di energia nelliniettore:


M & M &
=
dove M = -2 e M = -2
2

Pertanto:
= (1 & )
Nota: u indicato con K0 in Fig. 66c.

=1

= &

- 68 -

- 69 -

STRUTTURA DEL GETTO


o
o

A prima vista il getto prodotto da un iniettore dimensionato correttamente si presenta


liscio e cilindrico dopo la sezione ristretta.
Un esame pi attento mostra che:
il getto divergente. Presenta inoltre una zona centrale convergente (regione 1, Fig.
67), costituita da sola acqua, circondata
circondata da una sezione anulare progressivamente
crescente formata da unemulsione di acqua e aria (regione 2, Fig. 67);
(*)
la superficie del getto mostra numerose increspature, peraltro instabili ;
al centro del getto presente un difetto di velocit dovuto alla scia generata dalla spina
delliniettore (Fig. 67).

(*)

Il diametro del getto a diverse distanze del bocchello risulta perci funzione aleatoria
del tempo ed difficile da rilevare sperimentalmente.

- 70 -

La divergenza o dispersione del getto dipende dalla:


geometria dellintero iniettore, convergenza del bocchello, posizione della spina;
velocit del getto e dunque dal numero di Reynolds: Re = 4 C0 d0 / ;
tensione superficiale e dunque dal numero di Weber: W = C /0

$> [>

Per un dato iniettore e un dato liquido i due numeri Re e W sono tra loro, evidentemente,
correlati.
In Fig. 68 mostrato come varia il raggio medio del getto al variare della distanza dal
bocchello per diverse coppie di valori dei numeri di Reynolds e Weber.
Allaumentare del numero di Reynolds, ossia della velocit C0, aumenta lattrito con
laria esterna e, a parit di distanza x dal bocchello aumenta il diametro medio del getto.
Le condizioni per ottenere un getto di buona qualit (minima dispersione e ovalizzazione)
possono essere cos riassunte:
piccole velocit nella condotta di collegamento alliniettore: diametri della condotta
fino a circa 45 volte il diametro d0 del getto e velocit C =0,075 0,1?-2gh ;
grandi raggi di curvatura RC per il gomito di raccordo degli introduttori alla condotta
forzata: RC /r 4 (r: raggio tubazione).
Inoltre, tra il gomito e il bocchello opportuno prevedere:
un tratto rettilineo di lunghezza l 6d0 ;
un convergente a monte del bocchello (Fig. 60) per raddrizzare e uniformare il moto;
28 palette radiali simmetriche allinterno del convergente per rimuovere eventuali
moti rotatori delle particelle fluide, assai dannosi per la stabilit del getto a la durata
della spina.

FORZE AGENTI SULLA SPINA


o
o

A causa della loro forma le spine non sono mai equilibrate, e la loro tendenza ad aprire o
chiudere dipende dal profilo della spina e del bocchello oltre che al diametro dello stelo.
Alcuni costruttori adottano soluzioni che danno unapprezzabile tendenza a chiudere
indipendentemente dalla posizione della spina. Una tale soluzione rischiosa qualora si
dovesse verificare la rottura accidentale degli organi che provvedono allapertura
delliniettore. La chiusura spontanea delliniettore pu, infatti, causare una pericolosa
sovrappressione allinterno della condotta di adduzione (colpo dariete).
La sovrappressione p che si verifica nella condotta forzata a seguito di un tempo di
chiusura TC della spina minore o uguale al ritmo tr = 2L /a della condotta di lunghezza L
(a: velocit di propagazione dellonda di pressione nellacqua, ~ 1330 m/s) :
p = a V
(84)
dove V la velocit dellacqua nella condotta prima della manovra di chiusura
delliniettore.
La lunghezza L della condotta legata al dislivello geodetico, mentre la velocit V una
scelta di compromesso tra la necessit di contenere i costi della condotta (che aumentano
con il diametro) e lopportunit di ridurre le perdite di carico (che diminuiscono con
laumentare del diametro della condotta).

- 71 -

Pertanto, per attenuare la sovrappressione p non rimane che aumentare il tempo di


chiusura TC della spina rispetto al ritmo tr della condotta per contenere p (AllieviMichaud)

p =

o
o
o
o

&
j

(85)

allinterno del limite ammesso dalla sicurezza della tubazione ( 30% della pressione di
esercizio, secondo quanto prescrive la normativa in materia, quindi TC = 42LV / 0,3 pes.).
Per tutte queste ragioni sarebbe preferibile, nelle applicazioni, disporre di una spina con
tendenza ad aprire per la maggior parte della corsa.
La forza assiale agente sulla spina pu essere calcolata determinando la distribuzione
della pressione lungo la sua superficie.
A tal fine si dovrebbe tracciare landamento delle linee di corrente nel condotto anulare
tra la spina e lugello, e da questo risalire alla pressione p sulla superficie della spina.
In prima approssimazione, date le modeste dimensioni del canale (Fig. 69), si pu ritenere
la velocit di attraversamento costante in direzione ortogonale alla linea media di
corrente, questultima pu essere inoltre approssimata con la curva che unisce i baricentri
delle larghezze meridiane a (Fig. 69) del canale meridiano tra la spina e la parete
interna del bocchello.

La velocit media C di attraversamento :

C =

3 [

O%
>)

$> (

3 [

=C

[%>

1 [

(86)

per cui, trascurando gli attriti, la pressione statica p data dalla relazione:
"

=h

$%
&

=h

o Se si trascurano gli attriti, C = -2 , pertanto:


"

= h 1

[%>

$%>

[%>

&

1 [

1 [
&

&

(87)

(88)

e su un elemento anulare della superficie della spina agir in direzione assiale la spinta
elementare:
dFx = p 2 dr
(89)

- 72 -

La spinta globale FX pu essere considerata la differenza FX FX tra la forza FX agente


sulla superficie della spina che va dalla punta fino al diametro massimo della spina, e la
forza FX agente, invece, sulla superficie posteriore che si raccorda allo stelo (Fig. 70).

Il diametro dello stelo pu essere variabile; indichiamo con dt il diametro in


corrispondenza del supporto (Fig. 71).
La forza FX data dallintegrale:

o
o

F =

2pr dr

(90)

che pu essere risolto per via numerica nota la distribuzione della pressione lungo r.
Leq. (88) pu essere utilizzata fino alla bocca duscita del bocchello, mentre la spina si
protrae oltre per assicurare una traiettoria concava alle linee di corrente e dare origine a
un getto di forma compatta e stabile.

La funzione integranda assume un valore nullo in corrispondenza della punta della


spina. Rimane per incerta la determinazione del prodotto tra luscita del bocchello e
la punta. Approssimando a sentimento landamento di tra dMAX e dZ (Figg. 69a /69b)
si ottiene FX per una data posizione della spina e, al variare di questultima, landamento
di Fig. 69c.
Nei riguardi di FX la spina mostra sempre una tendenza ad aprire.
Occorre per considerare il contributo FX legato alla distribuzione della pressione sul
retro della testa della spina, e questa forza ha sempre una tendenza a chiudere.

- 73 -

Sul retro della spina la velocit di flusso pu essere trascurata (le sezioni di flusso sono
molto pi grandi rispetto alla regione anteriore della spina) e la pressione statica pu,
dunque, essere ritenuta costante e pari a 4. Pertanto (Figg. 70 e 71):

F" = (d&}d d& ) gh


3
1

e la forza complessiva F vale:

F = F F" = 2
o

o
o
o

o
o

Quando la spina completamente chiusa:

[- /&

pr dr (d&}d d& ) gh
3
1

F = d&* d& gh
1
3

(91)

(92)

(93)

dove db il diametro del bocchello e dt il diametro dello stelo in corrispondenza del


supporto. Per dt = db la spinta Fx0 nulla quando la spina chiude il bocchello.
La procedura di calcolo qui suggerita presenta varie approssimazioni che allontanano il
valore FX da quello sperimentale.
In genere si preferisce ricorrere alla sperimentazione per le geometrie pi ricorrenti
dellinsieme spina-bocchello.
In Fig. 70 riportato landamento tipico della forza assiale sulla spina quando il diametro
del bocchello db pari a quello dt dello stelo in corrispondenza del supporto (cilindro di
equilibramento).
Landamento degli sforzi, necessari per chiudere liniettore, ottenuto per una data
geometria delliniettore pu essere esteso a iniettori geometricamente simili osservando
che:

d
[> &

(94)
T dT
T
T [T>
La pressione p e larea A sono, infatti, proporzionali rispettivamente alla caduta idrica h e
al quadrato del diametro d0 del getto. Lattrito sulla superficie della spina, proporzionale a
C2, anchesso proporzionale alla caduta idrica h (ignorando gli effetti legati al fattore
scala).
Dallesame della Fig. 70 si nota come la spina non sia affatto equilibrata. Le curve 1 e 2
di Fig. 70b si riferiscono a spine nuove, mentre la curva 3 relativa a una spina usata.
Per le prime due curve, la spina ha una tendenza a chiudere sulla prima parte OA della
corsa della spina. In A la spina equilibrata. Da A a B lo sforzo per fermare la spina
aumenta sensibilmente, per divenire massimo a piena apertura (massima tendenza ad
aprire della spina).
Gli sforzi sulla spina riportati sui grafici di Fig. 70 comprendono:
la spinta determinata dalla distribuzione della pressione sulla spina;
lattrito sulla superficie della spina;
lattrito dello stelo della spina sui supporti.

- 74 -

- 75 -

o
o

Lorigine degli sforzi , in entrambi i grafici di Fig. 70, in O se il diametro del bocchello
db uguale a quello dt dello stelo in corrispondenza del supporto.
Un aumento del diametro dt (d in Fig. 70b) aumenta la tendenza ad aprire, spostando in
basso lorigine del grafico (Fig. 70a).
Viene in tal modo eliminata la tendenza a chiudere della spina ai bassi carichi (piccole
aperture/portate), aumentando la sicurezza nei riguardi del colpo dariete nei casi di
rottura accidentale del meccanismo di regolazione.
Per diminuire il lavoro richiesto al servomotore di regolazione, si pu cercare di
contrastare la tendenza ad aprire della spina mediante molle (Figg. 70a e 71).
In tal caso, lo sforzo di manovra cui deve sopperire lapparato di regolazione , per ogni
posizione della spina, la differenza tra la spinta agente sulla spina e la forza elastica
generata dalla molla.

Il grafico di Fig. 71 si riferisce a una spina con un diametro dello stelo dt = d maggiore
del diametro del bocchello. Inoltre, la molla di compressione comincia ad agire a partire
da una data apertura della spina (indicata con A in Fig. 71).
Dai grafici delle Figg. 70b e 71 si nota come, con luso, liniettore tenda a modificare la
propria curva degli sforzi: aumenta il tratto in cui manifesta una tendenza a chiudere
(qualora sia db = dt) ed incrementa lo sforzo richiesto al servomotore per equilibrare la
spina nel tratto in cui questa tende ad aprire.

- 76 -

o
o

eccanismo occorrer tener conto del massimo sforzo


Nel dimensionare il servo--meccanismo
richiesto proprio in queste ultime condizioni (comportamento della spina dopo un uso
prolungato).
La forza di manovra richiesta ottenuta con un servomotore idraulico (Fig. 72).
Per contenere gli ingombri,
ingombri, oltre ad agire sulla pressione dellolio, si interviene anche sul
numero di cilindri idraulici disposti in serie (Fig. 72).

- 77 -

TEGOLO DEFLETTORE
o
o

La turbina Pelton, munita di bocchello e spina, sarebbe di per s completa e in grado di


funzionare con unottima curva del rendimento.
Le turbine Pelton, per la loro particolare attitudine ad elaborare elevate cadute idriche,
sono sempre collegate a lunghe tubazioni e possono per questo essere soggette a forti
oscillazioni di pressione a causa delle variazioni di velocit che in esse hanno luogo
durante le regolazioni del carico.
&
Se la chiusura della spina avviene in un tempo TC minore o uguale al ritmo = della

condotta (L: lunghezza della condotta, a: velocit di propagazione dellonda di pressione


nellacqua, ~ 1330 m/s), nella condotta si manifesta una sovrappressione p = 4aV (V:
velocit dellacqua nella condotta prima della manovra di chiusura) molto elevata che pu
determinarne il collasso strutturale.
Le tubazioni sono verificate in genere per una sovrappressione p pari al 30% di quella di
esercizio che si ottiene per un tempo di chiusura della spina pari a (Allievi-Michaud):

T$ =

o
o
o

o
o

"&

= 2

,U

(95)

Per la sicurezza dellimpianto dunque opportuno che le manovre di regolazione


avvengano in un tempo T maggiore di quello fornito dalleq. 95.
Un tempo lungo di regolazione pu per determinare una sensibile variazione della
velocit di rotazione della turbina e dellalternatore ad essa collegato.
Per evitare eccessive sovrappressioni da un lato e tempi di regolazione lunghi dallaltro,
si adotta un tegolo deviatore (Figg. 73 e 74) il quale, entrando per primo in azione
deviando parzialmente (Fig. 73) o totalmente (Fig. 74) il getto in tempi molto rapidi
(dellordine del secondo), consente alla spina di essere chiusa successivamente nei tempi
prestabiliti (fino a 1030 s) per contenere lincremento di pressione.
Nella sua prima versione il deviatore agiva sul getto per schiacciamento (Figg. 74 e 75).
Presentava i vantaggi di una rapida azione di intervento (~1 s), di una piccola
penetrazione nel getto per poterlo deviare completamente dalla ruota e, allo stesso tempo,
allargarlo in una lama dacqua (Fig. 75b) facilmente assorbile dalla camera di scarico.
Presentava per il difetto di non prestarsi per il funzionamento parzializzato consentito,
invece, dalla soluzione mostrata nelle Figg. 73 e 76.
In questo caso il deviatore presenta un bordo affilato che entra nel getto dal disotto
deviandolo gradatamente, mentre la parte di getto non deviata continua ad arrivare
regolarmente alle pale della turbina.

- 78 -

- 79 -

- 80 -

o
o

Avvenuta nei tempi prestabili la chiusura della spina, il tegolo nuovamente allontanato
dal getto ma mantenuto sempre a ridosso di questo per ridurre i tempi di manovra.
Questa soluzione permette peraltro di minimizzare lo spazio tra bocchello e ruota,
specialmente in combinazione con spina ottusa, e ci consente di ottenere le migliori
condizioni di intercettamento getto-pala (minore sfaldamento del getto) a tutto vantaggio
del rendimento della turbina.
Questa soluzione, sebbene risulti meno rapida nel deviare completamente il getto ( ora
richiesta una corsa maggiore rispetto al caso precedente perch bisogna tagliare
completamente il getto), si rivela nel complesso pi efficiente rispetto al deviatore
operante per schiacciamento del getto.

FORZE AGENTI SUL TEGOLO DEVIATORE


o

Lo schermo del tegolo di Fig. 74 devia il getto nella direzione xx.


Le forze T e N, in direzione xx e a questa ortogonale, agenti sul tegolo si possono
ottenere applicando il principio della variazione della quantit di moto.

a) direzione xx (azione del getto sul tegolo):

T = Q (C

T )

= Q (C cos C )

(96)

Trascurando gli attriti e le variazioni di quota, dallequazione dellenergia risulta

C0 = C0

(97)

(la pressione a monte e a valle del tegolo quella atmosferica).


Pertanto:

e ha verso opposto a C0.


b) direzione ortogonale a xx:

T = QC (1 cos )

(98)

N = Q C sin

(99)

Alle forze precedenti va aggiunta la forza dattrito lungo xx dellacqua sulla superficie
del tegolo:

F =

$%>
&

(100)

dove il coefficiente dattrito (~ 0,016) e S la superficie del tegolo deviatore bagnata


dal getto.
Il momento rispetto allasse di rotazione del tegolo vale perci (Fig. 74):

M = (F + T)R N

(101)

M = Qrf = -(F + T)& + N & r f

(102)

Deve essere considerato anche il momento di attrito sullasse del perno di raggio r:

che, per sua natura, sempre resistente. Il coefficiente dattrito del perno sul cuscinetto
pu essere posto pari a circa 0,2.

- 81 -

Ne consegue uno sforzo P sulla barra di comando pari a:

P=

} }
T

(103)

dove il momento Mm preceduto dal segno + in fase di sollevamento del tegolo:


disinserimento del deviatore agente sul getto per schiacciamento (Figg. 74 e 75),
inserimento del deviatore tagliante nel getto (Figg. 73 e 76).
Il corrispondente lavoro di manovra sar perci:
L = P c

(104)

se con c si indica la corsa dellasta di comando.


In genere, il lavoro richiesto allorgano di comando determinato sperimentalmente per
deviatori operanti su getti di diametro d0 e caduta idrica h.
Lestensione a deflettori di geometria simile viene eseguita attraverso le leggi della
similitudine meccanica.
Le forze F, N, T (e la loro risultante Q) sono proporzionali al prodotto M & & e dunque al
prodotto & ; la corsa dellasta di comando anchessa proporzionale a d0 cosicch le
forze F, N, T, Q e il lavoro L dellorgano di manovra sono proporzionali a:

F, N, T, Q h d& ; L h dU

(104)

Pertanto, passando dal deflettore modello al prototipo geometricamente simile baster


moltiplicare gli sforzi e il lavoro di manovra del deflettore tipo rispettivamente per i
rapporti:
,,,2

(,,,2)-

[>

- [> -

&

; = [

[>

>-

(105)

REGOLAZIONE DELLA SPINA E DEL DEVIATORE


o
o
o
o
o
o

Lapparato di regolazione deve provvedere alla movimentazione sia della spina che del
tegolo deviatore (doppia regolazione).
I due organi, le cui funzioni sono differenti, sono accoppiati in maniera tale che alla
posizione della spina corrisponda una precisa posizione del deflettore.
Lo spigolo di attacco di questultimo posizionato a una piccola distanza del getto per
essere pronto ad intervenire in caso di necessit.
importante che il deflettore penetri nel getto solo quando la riduzione della potenza non
possa essere ottenuta con una rapida, ma al contempo ammissibile, chiusura della spina.
Un intervento troppo frequente del deviatore provocherebbe una perdita inutile di energia,
oltre allusura rapida della ruota e del deflettore medesimo.
Lapparato di regolazione prevede spesso il collegamento diretto del deviatore al
dispositivo di regolazione.
Nello schema semplificato di Fig. 77, il movimento della spina governato
indirettamente dallo spostamento del deviatore.
Infatti, il distributore 1 del servomotore 2 che comanda la spina 3 controllato dal
movimento del deflettore 4, a sua volta azionato dal servomotore 6 il cui cassetto di
distribuzione 7 comandato direttamente dal regolatore di velocit 11.
La camma 5 assicura la corrispondenza desiderata tra la posizione della spina e quella del
deflettore.

- 82 -

o
o

Lo schema di Fig. 77 presenta due difetti:


il deviatore interviene sempre, anche quando il regolatore deve effettuare piccole
correzioni. Ne consegue che:
a) la spina non ha modo di intervenire direttamente nei casi in cui una piccola
riduzione del carico renderebbe possibile il solo intervento in chiusura della spina;
b) linserzione del deflettore prima che la spina abbia il tempo di ridurre il diametro
del getto provoca lo sparpagliamento del getto con conseguenze, a lungo andare,
nefaste per le durate delle pale.
Il comando indiretto della spina conduce necessariamente a un ritardo nello
spostamento della spina medesima.
Per evitare gli inconvenienti descritti sono state proposte soluzioni come quella descritta
nello schema semplificato di Fig. 78.

La differenza principale consiste nella sostituzione del punto fisso 8 dellasta a bilanciere
9 a cui collegato il distributore 1 del servomotore 2 della spina (Fig.77), con un
collegamento diretto 12 allasta di comando 10 collegata direttamente al regolatore di
velocit 11 (Fig. 78).
In questo modo, ambo i cassetti di distribuzione 1 (per la spina) e 7 (per il deviatore) sono
sotto lazione diretta del regolatore pilota 11.
Occorre in questo caso prendere degli accorgimenti sui dispositivi di regolazione dei
distributori per consentire alla spina di effettuare la regolazione fine senza che il deviatore
entri in azione (rendendone lenta la velocit di manovra).
Il deviatore dovr invece intervenire per primo quando la variazione del carico
rilevante.

- 83 -

TURBINE FRANCIS
(note integrative)
GEOMETRIA DEL CONDOTTO MERIDIANO
o

o
o

La forma del condotto meridiano (Fig. 1) regolata dal valore del numero tipico di
macchina

K = =

2>,

?>,

(1)

Le dimensioni principali della girante (Fig. 2) vengono stabilite attraverso coefficienti


espressi in funzione di K, in forma per lo pi grafica.
Le correlazioni proposte poggiano sulla teoria della
della similitudine meccanica e riassumono
lesperienza maturata da numerosi specialisti del settore.
I simboli e le definizioni adottate variano a seconda delle tradizioni della scuola di
appartenenza o della consuetudine tecnica.

- 84 -

P = 1000

2
or

nB

n P

H H

n =P?& =H?8 1

CV con
con V 0,85 si ottiene: nB V 179,3 K ; K V 0,005577 nB

- 85 -

- 86 -

In luogo del numero tipico di macchina K trova tuttora impiego (G. Krivichenko, 2000;
(*)
Sandrolini e Nardi, 1996) la definizione di velocit specifica ns :

nB = 0

= n P,/& H 8r/1 = n

>,

),%

(2)

e invece dei numeri di pressione e di flusso

, =

(3)

si fa ancora largo uso delle velocit specifiche ottenute dividendo quelle reali per la
velocit di riferimento -2gH.
I simboli impiegati variano a seconda degli autori. Ad esempio, si usano lettere minuscole
per le velocit specifiche e le lettere maiuscole per quelle reali, legate tra loro dalla
relazione tipo:
c=

-&

(4)

oppure la lettera K seguita a pedice dalla lettera che contraddistingue la velocit in


questione:

K =

-&

(5)

Le diverse definizioni non possono che generare confusione. Nel proseguo di queste note
si far uso delle espressioni del numero tipico di macchina K e dei numeri di pressione e
di flusso e , recepiti per la loro funzionalit anche dalla recente normativa europea.
Poich molti dei diagrammi che raccolgono lesperienza maturata nella progettazione
delle turbine idrauliche fanno uso di simboli e definizioni differenti, si provveder a
suggerire il loro legame con quelli prima menzionati e qui adottati.
A prescindere dai simboli e dalle definizioni impiegate, di particolare interesse cogliere
le ragioni che motivano landamento dei principali parametri che regolano la geometria
del condotto meridiano in funzione di ns o K.
A tal riguardo, un diagramma particolarmente completo quello di Fig. 3 (Nechleba).
In esso, CB = B /-2gH la velocit specifica allingresso del tubo di scarico suggerita
per ottimizzare il comportamento a cavitazione della turbina.
Nello stesso diagramma anche suggerito il valore della velocit specifica Cs per
ottenere (per la portata di progetto) il valore massimo del rendimento.
Il valore di Cs e Cs determina il diametro Ds della sezione di scarico della girante
(ingresso del tubo di scarico).
Se in corrispondenza del diametro DS (Fig. 2) ancora presente lostruzione del mozzo
(ci si verifica frequentemente soprattutto per numeri tipici compresi tra 0,40,7),
dallequazione della portata si ottiene:
Q = C 1 D&B D& = C 1 D&B 1 `%
3

`%

(6)

per cui, assunto il rapporto Dh/DS, si ricava DS (Dh : diametro del mozzo).

(*)

P = 1000 QH /75 la potenza allalbero in CV. Se al rendimento si assegna un valore


medio pari a 0,85 (Nechleba, 1957) si ottiene il seguente legame tra ns e K: ns = 179,3K.

- 87 -

- 88 -

Dai diagrammi di Fig. 3, il valore di Cs che intende massimizzare il rendimento minore


del valore di CS che si prefigge, invece, di minimizzare lNPSH. Ne consegue, dalleq. 6,
che DB > DB e il minor valore della velocit assoluta allo scarico consente di
contenere le perdite di carico nel tubo di scarico e di aumentare lefficienza con cui
avviene il recupero dellenergia cinetica CS2 /2.
In altre formulazioni, il diametro DS ricavato sempre dallequazione della portata:

Q=
o

o
o

D& 1

$ 9` 3

&

`%
`%

DU 1
3

`%
`%

(7)

una volta stabilito il rapporto Cs /us.


Il valore di Cs /us suggerito in letteratura si aggira mediamente tra 0,250,30.
Dai diagrammi di Fig. 3 si ottiene per il rapporto Cs /us un valore pressoch costante, e
pari a 0,25 per numeri tipici K compresi tra 0,42,3; il rapporto Cs /us assume valori poco
diversi, e mediamente pari a 0,3 nel medesimo intervallo di K. evidente la concordanza
delle due impostazioni.
Il valore della velocit periferica:

u, =

-&

-&

(8)

in corrispondenza del diametro esterno D1 (*) della girante condiziona la deviazione


angolare della corrente fluida attraverso la girante, e quindi la curvatura delle pale e il
grado di reazione.
Questi effetti possono essere messi qualitativamente in evidenza prendendo a riferimento,
per semplicit, la palettatura di una turbina assiale (Fig. 4).
Posto Cu2 = 0, il legame tra le velocit Cu1 e u1 riassunto dallequazione dello scambio
di energia:
u, C , = [ gH
(9)
A parit di , al diminuire di u1 diminuisce il diametro esterno della girante (minori
costi) ma aumenta Cu1 (eq. 9), e con essa langolo di flusso 1 e la velocit assoluta C1.
Allaumentare di 1 aumenta anche la curvatura del condotto interpalare (Fig. 4a): perdite
di carico pi elevate e maggiori rischi di separazione della corrente sul lato in depressione
delle pale.
Inoltre, laumento della velocit C1 d luogo a una diminuzione del salto di pressione tra
monte e valle della girante, ossia del grado di r. Infatti:
)8 %

"

%8 %
)
%

&

%8
%

&

%
)

= [ gH

$%) 8$%%
&

energia (eq.9) alla velocit Cu1 (e quindi a C1 e al numero di pressione =

(10)

, $)

perci, se per una data caduta idrica H si riduce u1, laumento imposto dallo scambio di
%
)

provoca una progressiva diminuzione della pressione statica a monte della girante rispetto
al valore presente allimbocco del tubo di scarico con il rischio di favorire lo sviluppo
della cavitazione sullintera estensione della palettatura (soprattutto delle sezioni
adiacenti alla corona).

(*)

Il bordo dingresso della girante rimane parallelo allasse fino a valori del numero
tipico di macchina K prossimi allunit. Per valori maggiori occorre inclinare il bordo
dingresso e distinguere i diametri D1i e D1e che ne delimitano il contorno. Le velocit
periferiche u1i e u1e sono riferite a questi diametri.

- 89 -

Questi inconvenienti diventano sempre pi accentuati allaumentare della caduta idrica H


(e quindi al diminuire di K). Occorre perci limitare superiormente il valore di H e
inferiormente il valore di K per contenere adeguatamente i valori di Cu1 e u1. Ne consegue
un valore limite anche per .

Lesperienza suggerisce valori di u1 non inferiori a circa 0,65 (Figg. 2a e 3a), e dunque
numeri di pressione non superiori a 1,2 (eq. 8), limpiego di numeri tipici K superiori a
0,350,4 e HMAX 600 m (U
UMAX 70 m/s).
Allaumentare del numero tipico K aumenta la curvatura del condotto meridiano (Figg. 1
e 2a)) e le linee di corrente si addensano verso la corona. Ma, con laumentare della
velocit lato corona aumentano i rischi di cavitazione per controllare i quali opportuno
che il raggio di curvatura (indicato con r in Fig. 2a) del contorno esterno del condotto
cond
meridiano non sia inferiore a D1e/10 sul punto ove collocato il bordo dingresso della
girante.

Per la stessa ragione anche la velocit meridiana


meridian C,
(Fig. 2a) alluscita del distributore
non dovrebbe essere troppo elevata ma compresa tra 0,150,31.
0,150,31. E ci equivale a imporre
un limite al valore del numero di flusso

3 `) ) 6

che varia tra 0,230,4 nellintervallo di K tra 0,42,4 (Fig.5).

(11)

- 90 -

Allaumentare di K il condotto meridiano della turbina si allarga verso il tubo di scarico


per ridurre la velocit con la quale lacqua entra in questultimo e quindi la perdita di
carico connessa con il recupero dellenergia cinetica CS2 /2.
Lallargamento della girante in genere eseguito inclinando la generatrice della corona di
un angolo di circa 1020 rispetto allasse di rotazione.
Un tale angolo di divergenza non genera il distacco della corrente dalla corona per
lazione delle pale della girante che sospinge lacqua verso il contorno esterno.
Una simile divergenza non potrebbe essere sostenuta in assenza di pale, ad esempio
allinterno del tubo diffusore dove, per ostacolare la tendenza alla separazione, si soliti
sfruttare leffetto centrifugo indotto da una modesta componente tangenziale
appositamente assegnata alla corrente alluscita della girante.

- 91 -

o
o

I diagrammi delle Figg. 2, 3 e 5, o altri simili, permettono solo una prima stima dei
principali parametri geometrici del condotto meridiano della girante.
La forma definitiva del condotto (ovvero leffettiva geometria del contorno del disco
porta pale, della corona di ricoprimento, del bordo dingresso e di uscita delle pale) , in
genere, il risultato dellesperienza e della sensibilit del progettista.
Rimane ancora valida, soprattutto per numeri tipici K inferiori allunit, lidea di
sagomare il condotto meridiano assumendo una appropriata distribuzione della velocit
meridiana lungo la direzione del deflusso.
Il procedimento riassunto in Fig. 6. Determinati DS, D1 e B1 (Figg. 2, 3 e 5) e assunta la
geometria della linea media del condotto meridiano, la distribuzione delle aree pu essere
determinata dallequazione della portata una volta stabilita la legge di variazione della
velocit meridiana fra i valori estremi Cm1 e Cs (fig. 5b).
Infatti, nota Cm in corrispondenza della coordinata curvilinea s (lungo la linea media del
condotto meridiano) si ottiene larea della sezione di flusso A = Q/Cm = 2 r b (in Fig. 6, r
e b sono indicati rispettivamente con simboli r e ) e quindi la larghezza locale b della
girante, ottenendo per punti la geometria dei contorni del mozzo e della corona.
Per numeri tipici superiori allunit le osservazioni precedenti, legate al raggio di
curvatura del contorno esterno che precede il bordo dingresso della girante e alla
divergenza della corona rispetto allasse di rotazione, possono rendere la procedura meno
agevole del previsto o poco efficace.
A tal riguardo pu essere di riferimento la geometria suggerita da Bovet (1963) e poi
sostenuta da altri autori (Vivier, 1966; Jaumotte, 1968; Sandrolini e Naldi, 1996),
soprattutto di scuola francese. ancora largamente impiegata in ambito industriale e negli
studi professionali.
La procedura suggerita copre lintero intervallo delle turbine Francis e pu essere
riassunta dal disegno del condotto meridiano di Fig. 7. Le grandezze geometriche sono
tutte rapportate al raggio esterno R2e del bordo duscita della girante, e dunque espresse in
forma adimensionale.

- 92 -

- 93 -

Il loro valore dato in funzione del numero tipico di macchina K


Larghezza del distributore:
b0 = 0,8(2 - 0,3355K) 0,3355K

r = 0,7 +
1

(12)

,,

,UUrr W ,

(13)

= 0,8 +

(14)

Punti di raccordo del contorno esterno:

r Z = 0,493/(0,3355 K)&/U per K < 0,82 z


r Z = 1,255 0,3(0,3355 K) per K > 0,82

(15)

\Z = 2,4 1,9(2 0,3355 K)0,3355K

(16)

= 3,08 1 \ 0 \ 1 \

(17)

Il contorno meridiano lato mozzo e corona della girante ottenuto dallequazione


seguente:

Punti di raccordo del contorno meridiano del mozzo con la geometria del distributore
e con lasse di rotazione:
e

(*1)

dove ym lordinata del punto di massimo della curva di eq. 17 (Fig. 8).
Per il profilo della corona si suggerisce:
x&Z = 0,5

(18)

indipendentemente dal valore del numero tipico di macchina K.


Risulta pertanto fissato il rapporto y2e /yme del contorno esterno (Fig. 7):
%

= 3,08 1

%
e

0 e% 1

Daltra parte, dalla Fig. 7, risulta anche (*2):


y&Z = r

r&Z = r

%
e

(19)

(20)

pertanto lordinata massima yme del profilo della corona anchesso determinato dalle eq.
19 e 20:
insieme al raggio rme:

(*1)

(*2)

yZ = (
rZ = r

% / )

yZ

Nella formulazione originale la dipendenza era con il numero:


(Q/) ,r
n =
= 0,3355K
(2gH ) ,or

In Fig. 7 tutte le quote sono rapportate al raggio R2e. Dunque:


R &Z
R Z
Y&Z
r&Z =
= 1; r Z =
; y&Z =
; .
R &Z
R &Z
R &Z

(21)
(22)

- 94 -

o
o

Per il profilo del mozzo impiegata solo la prima parte della curva di Fig.8 (0 xi l / 4)
con ymi = roi (eq.13).
Per un dato valore del numero tipico di macchina K il contorno del condotto meridiano
della turbina perci univocamente determinato una volta stabilito il raggio esterno R2e
del bordo duscita delle pale (Fig.8).
Secondo Bovet, il valore massimo del rendimento in funzione di K varia poco e si ottiene
in corrispondenza di un valore del numero di flusso

2e =

39%

3%% 9%

$%

9%

(23)

pressoch costante e pari a & = 0,27.


Per quanto attiene la posizione del bordo di ingresso lato mozzo, Bovet suggerisce per il
numero di pressione:

, = 9% %

)!

(24)

un valore pressoch costante e pari a , = 0,86.


Stabilita la forma del condotto meridiano occorre definire i profili del bordo dingresso e
di uscita delle pale e determinare lungo lo sviluppo di questi gli angoli di flusso della
corrente.

- 95 -

ANALISI DELLA CORRENTE MERIDIANA


MERIDIANA
LINEE DI CORRENTE
o

Compito della palettatura quello di operare la necessaria variazione del momento della
quantit di moto della portata Q che attraversa la girante affinch
affinch il momento M che si
rende disponibile allasse:

M = Q =r, C

' r& C & ?

(25)

sia quello che corrisponde al salto idrico H:

gH
o

) $) 8 % $%

} 9

"2!

(26)

Nelle relazioni precedenti M il momento lordo disponibile allalbero, Ma il momento


utile, =M ' M ? M=1
1 ' ? la potenza dissipata per attriti meccanici e per
ventilazione, m il rendimento meccanico, v = (Q - Qf) /Q il rendimento volumetrico, Qf
la portata che trafila dagli elementi di tenuta, gHt il lavoro meccanico eseguito dallunit
di massa del fluido sulla girante, id il rendimento idraulico, la velocit angolare, u, C ,
e u& C & i valori medi dei prodotti della velocit periferica con la componente tangenziale
della velocit assoluta rispettivamente allingresso e alluscita della girante.
La velocit periferica varia lungo il bordo di uscita della girante, e anche lungo il bordo
dingresso (per numeri tipici superiori allunit) (Fig. 1). Inoltre, la velocit meridiana
sensibilmente influenzata dalla curvatura del condotto meridiano.
I triangoli
iangoli delle velocit variano dunque lungo i bordi che delimitano la palettatura e
ciascuna sezione palare dovr perci essere sagomata diversamente dalle altre.
Per dimensionare le singole sezioni palari
ri essenziale la conoscenza della distribuzione
della
lla velocit meridiana allingresso e alluscita delle pale, tenendo debitamente conto
della curvatura del condotto meridiano.
In quanto segue si ignorer la presenza della palettatura allinterno del condotto
meridiano (*); si assumer inoltre Cu =0, il fluido aviscoso e la corrente in regime
stazionario.
Lipotesi di fluido aviscoso meno drastica di quanto sembri. Il reale deflusso della
corrente avviene in regime di moto turbolento, e per tali condizioni il fluido procede, fatta
eccezione per un sottilee strato a ridosso delle pareti (strato limite) dellordine del decimo
di millimetro, come se non fosse soggetto ad attriti interni.
Il fatto pu essere meglio chiarito confrontando i profili di velocit laminare e turbolento
allinterno di un condotto cilindrico
ci
(Fig. 9).

(*)

In questa fase la geometria delle pale non nota; anzi loggetto dello studio.

- 96 -

In regime laminare la viscosit del fluido si manifesta attraverso forze tangenziali tra
strati cilindrici concentrici che se riducono la velocit allinterno di uno strato aumentano,
per converso, quella dello strato esterno adiacente.
Ne risulta il profilo di velocit di Fig. 9a.
In regime di moto turbolento, le componenti pulsanti delle velocit determinano uno
scambio di quantit di moto tra strati che livella il valore della velocit negli strati
adiacenti, ad eccezione dello strato limite dove la velocit diminuisce rapidamente per
annullarsi in corrispondenza della parete.
Il profilo di velocit perci quello di Fig. 9b, molto simile a quello di un fluido privo di
viscosit (attriti interni nulli).
Date le premesse il moto pu essere riferito allosservatore inerziale e lequazione che
regola lequilibrio della corrente assoluta assume la forma:
C =

$%
&

+ gz = E

dove = rot C la vorticit della corrente assoluta e E lenergia totale dellunit di


massa.
Per uno spostamento elementare ds = Cdt lungo una linea di corrente si ottiene:
C C dt = 0

cio lenergia totale E = " +

$%
&

(29)

+ gz si conserva lungo una linea di corrente.

Se si ammette che il moto origini da un ambiente a energia totale costante, lenergia totale
E deve conservarsi in tutto il campo di moto, e dunque E = 0.
Lequazione del moto si riduce a:
C = 0
(30)
e una soluzione il moto irrotazionale
=0
(31)
il quale, come ben noto, implica (essendone condizione necessaria e sufficiente)
lesistenza di una funzione potenziale tale che:
C =
In coordinate cartesiane:

C =

(27)

(28)

E Cdt = dE = 0

e quindi:

"

, C =

, C =

(32)
(33)

Le superfici a potenziale = cost, dette superfici equipotenziali, sono ortogonali al


vettore velocit M , e dunque alle linee di corrente che le attraversano.
Infatti, per uno spostamento elementare = (, , ) lungo una superficie = cost
si ottiene:

d =

dx +

dy +

dz = ds = 0

(34)

C dx + C dy + C dz = C ds = 0

(35)

C = div C =

(36)

Ma, ricordando la (32), anche:

la velocit M dunque ovunque ortogonale alla superficie equipotenziale = cost dato


che sempre ortogonale e un vettore a questa tangente.
Per un fluido incomprimibile, lequazione di continuit data dallequazione:
$

$P

=0

- 97 -

Se indichiamo con V lo spazio delimitato da una superficie chiusa S, vale (Lemma di


Gauss)
C dV

dove n

$P

dV

C n # C n # C n dS

=n , n , n ? il vettore normale esterno alla superficie S.

C n dS

Il valore nullo della divergenza del vettore velocit


velocit C ,, impone che sia complessivamente
nullo il flusso del vettore C attraverso la superficie
icie S: la portata che entra attraverso la
porzione S di S dovr necessariamente uscire dalla rimanente superficie S S.

Sia q la portata che attraversa la superficie S1 ottenuta ruotando attorno allasse della
girante la curva s1 (Fig. 10). S2 e S3 siano, analogamente, le superfici generate dalla
rotazione attorno allasse della girante delle curve s2 e s3.
Si consideri il volume racchiuso dalle superfici S1 e S2.
Per la (37), la portata q che attraversa la superficie S2 deve essere la stessa che attraversa
a
S1, dunque q= q.
Alla stessa conclusione si perviene se si considera il volume delimitato dalle superfici S1
e S3, e quindi la portata q che attraversa S3 deve essere ancora pari a quella che
attraversa S1, e dunque q= q.
Pertanto, la portata volumetrica che attraversa le superfici generata dalla rotazione attorno
allasse della girante di curve qualsiasi che si appoggiano ai punti A e B di Fig. 10, deve
essere sempre la stessa quando il fluido incomprimibile e il moto stazionario. E tale
portata
ortata dovr dipendere solo dalle coordinate dei punti A e B.
perci possibile introdurre una funzione delle sole coordinate tale che la differenza
dei valori che essa assume in due punti sia pari alla portata che attraversa la superficie
generata dallaa rotazione attorno allasse di una qualsiasi curva che congiunge i due punti (
o una quantit proporzionale alla portata).
Con riferimento alla Fig. 11, posto
dQ 2d
(38)
e muovendo da A verso B, si pu scrivere, osservando che AB
dd6
AB :
dQ

2d

='dz? #

dr

='dz, dr?
dr e

2=rdz C # rdr C
C ?

(39)

(37)

- 98 -

Dalla (39) si ricava immediatamente il legame tra le componenti Cz e Cr della velocit e


le derivate parziali

della funzione :
C

dr #

e ricordando il legame (eq. 40) tra M e :

o
o

' r z

rC dr ' rC dz

dz

(41)

(42)

La funzione di corrente ,, provenendo dal principio di conversazione della massa,


soddisfa automaticamente lequazione di continuit M 0.
Per riformulare le equazioni che reggono il moto in termini di occorre riscrivere in
funzione di la condizione di irrotazionalit rot C 0.
In coordinate cilindriche, le componenti del vettore vorticit possono essere ottenute
considerando i minori algebrici del determinante simbolico:

(40)

Le linee di corrente, tangenti al vettore velocit M , sono anche linee a = cost.


Infatti, lungo una linea a = cost:

, Cr

i,

rC

i%

Il moto lungo ciascun piano coordinato regolato dalla componente della vorticit
ortogonale a quel piano.

(44)

- 99 -

Lequilibrio della corrente meridiana Cm =(Cz, Cr) quindi regolato dalla componente u
del vettore vorticit lungo la direzione i, . Si ottiene:

che, esprimendo la velocit attraverso le funzioni di corrente (eq. 40), diventa:

ottenendo, infine, lequazione differenziale:


%

(45)

=0

(46)

=0

(47)

Analoga equazione si ottiene per la funzione potenziale sostituendo nellequazione di


continuit alle velocit le loro espressioni in funzione di .
Posto, infatti, Cu =0, si ottiene (*):

C = div C =

1 (rC ) 1 C
C
+
+
=
r r
r
z

+ r

%
%

(48)

ottenendo, infine, lequazione differenziale che governa il moto della corrente meridiana:
%
%

o
o

%
%

=0

(49)

Interessa maggiormente, per i nostri scopi, lintegrazione dellequazione differenziale in


termini della funzione di corrente & = 0.
Lintegrazione della equazione differenziale (49) di ausilio nel posizionamento dei
bordi di ingresso e uscita delle pale. La sua integrazione non per essenziale come
quella della funzione di corrente (che offre come risultato il tracciato delle linee
meridiane di corrente) e per, per questo, essere omessa.
Per lintegrazione della (47) possono essere adottate varie tecniche numeriche (elementi
finiti, differenze finite, ecc). Lapproccio basato sul metodo delle differenze finite
richiede modeste risorse di calcolo senza pregiudicare la qualit della soluzione finale e
sar, per questa ragione, descritto.
Al disegno del condotto meridiano si sovrapponga un reticolo a maglie quadrate di lato l
(Fig. 14).

Per un moto a potenziale ( = 0) C = e, in coordinate cilindriche loperatore


differenziale :
1

= i,
+ i&
+ iU
r r
z
r
(*)

- 100 -

o
o
o

Ai nodi del reticolo si assegnino, a sentimento, dei valori iniziali per che si provveder
provveder
poi a correggere fino a raggiungere la convergenza.
La correzione dei valori
ori di deve avvenire nel rispetto dellequazione che governa il
moto e delle condizioni al contorno.
Nellintegrazione dellequazione differenziale (47), alle derivate si sostituisce il rapporto
incrementale. Lapprossimazione dunque tanto migliore quanto
quanto pi piccolo
lincremento nelle variabili r e z: laccuratezza della soluzione migliora al diminuire del
lato l delle maglie.
Si distinguono due casi:

a) I lati delle maglie non sono intersecati dal contorno del condotto (Fig. 15).

- 101 -

Nei punti A e B

(*)

P
%

>

P h

>8

Analogamente, lungo r:

mentre:

Nel nodo centrale 0:

)8

%W

)W

8&
e%

%8

&e

(50a)

8& >

e%

>

(50b)

(51)
%8

&

e%

(52)

Laggiornamento del valore della funzione di corrente nel nodo 0 alliterazione


terazione
(i+1)-esima si ricava perci dalla semplice relazione (nodo B, Fig. 14):

W,

= 11 , # & # U # 1 '
,
,

&

=& ' 1 ?

(53)

b) I lati delle maglie sono intersecati dal contorno del condotto. Gli esempi di Fig. 16
riassumono tutti i casi
asi che si possono presentare.

I nodi ausiliari A, B, C, D inseriti nei reticoli di Fig. 15 e 16 non devono necessariamente


pensarsi posizionati nel centro dei segmenti delimitati da due nodi adiacenti.
Lapprossimazione della derivata prima con il rapporto
rapporto incrementale attribuisce alla
funzione un andamento lineare tra due nodi adiacenti. Pertanto, il rapporto ((1 - 0) / l1
(Fig. 16 a) rappresentativo della derivata parziale
tra i nodi 0 e 1.

(*)

in un qualunque punto compreso

I punti A, B, C, D, sono nodi ausiliari che si aggiungono a quelli effettivi 0, 1, 2, 3, 4


per esprimere alle differenze finite le derivate delleq. 47.

- 102 -

Con queste osservazioni, si pu ancora scrivere (Fig. 16 a):


%

P h

e calcolare le derivate prime con i rapporti incrementali:

)8

e)

>

Sostituendo le (55) nella (54), si ottiene:


%

mentre per la derivata

>8
e%

%8 >
e%

>8

e) e

>

)8

>8

(55)

(56)

e e

(57)

%8

e eWe

(58)

Il rispetto dellequazione differenziale (47) che governa il moto esige:

Posto: , =

Analogamente, per la derivata seconda lungo r:


%

(54)

)8 >

e)
e

e) e

>8
e%

%8

eWe

%8 >
e%

e 1 = e , si ottiene dopo alcuni passaggi:

W,

)W
%W
")

>8

e e

)
i
W 8 %

=0

(59)

(60)

%
W 8#()$"
%)

)
)
&W" W"

(61)

" # )$"
)
)
&W W
") "

Analogamente, per il caso di Fig. 8b, si ottiene:

W,

)W "

%W
% "

- 103 -

CONDIZIONI AL CONTORNO
o

Allingresso e alluscita del condotto si impone un valore uniforme della velocit


meridiana. Per rendere ragionevole tale assunzione converr aggiungere al disegno del
condotto meridiano della girante due regioni ausiliarie,
ausiliar e, rispettivamente a monte e a valle,
per allontanare
anare i bordi del dominio di calcolo ove si pone Cm=costt dai tratti curvi del
condotto.

Se il bordo AB fosse troppo vicino alluscita della girante (Fig. 17) gli effetti legati alla
curvatura del mozzo e della corona si rifletterebbero sulla distribuzione della velocit AB,
rendendo irragionevole lipotesi di Cm = cost. Le medesime considerazioni valgono per la
posizione del bordo dingresso CD. La regione ausiliaria
ausiliaria a monte deve inoltre includere
anche il distributore in modo da poter desumere landamento della velocit meridiana
lungo il suo sviluppo assiale.
Nelle applicazioni numeriche comodo intendere come frazione di Q in modo da
limitare la sua variazione
zione tra 0 e 1, oppure tra 0 e 100. In questultimo caso, in luogo del
legame dQ = 2d
usato in precedenza, si scriver:
scriver

dQ

; C

[ %
,

(62)

e il legame tra le velocit e le derivate di diventa:

C =

&

&

(63)

- 104 -

Nel tratto duscita AB si porr Cm = Cz = cost(r) mentre in quello dingresso CD Cm = Cr


= cost(z). Integrando con queste condizioni le (63) si ottengono le seguenti distribuzioni
di Cz (lungo AB) e di Cr (lungo CD).
tratto AB

tratto CD

o
o
o

100

%8 %

%8 %
h

(64)

% = 100 1 '
6
*

(65)

Lungo il contorno AD si porr = 0 mentre BC = 100.


Si aggiornano quindi i valori di nei nodi interni del dominio di calcolo fino a che lo
scarto massimo tra due iterazioni
terazioni successive risulter minore di un valore prefissato.
La conoscenza dei valori di nei nodi del reticolo consente di tracciare le linee di
corrente per prefissati valori di da semplici interpolazioni lungo i lati delle maglie.

BORDI DINGRESSO E DI USCITA


o

Eseguito il tracciato delle linee meridiane di corrente si esegue il posizionamento dei


bordi dingresso e di uscita delle pale della girante e del distributore prendendo a
riferimento i diametri D1e, D1i, D2e, D2i e D suggeriti dallesperienza (Figg. 3, 5 e 7).
Il bordo duscita nelle vicinanze della corona disposto, soprattutto nelle Francis veloci
(valori elevati di K o della velocit specifica ns , eq. 2, o del numero caratteristico dei giri

n& = >, 53K ) pressoch ortogonalmente alle linee di corrente (Figg. 18 e 19).
Nel procedere verso ill mozzo il profilo del bordo duscita devia sensibilmente dalla
ortogonalit alle linee di corrente (Figg. 19 e 20) per ottenere sezioni palari di estensione
non troppo dissimile e per allontanare adeguatamente il bordo duscita dallasse.
2>,

- 105 -

essivo avvicinamento del bordo duscita verso lasse d infatti luogo a una
Un eccessivo
riduzione del passo palare, soprattutto per le sezioni adiacenti al mozzo, con il rischio di
una eccessiva occlusione della superficie libera di attraversamento.
Daltra parte, non nemmeno conveniente disporre il bordo duscita troppo distante
dallasse di rotazione. Le pale potrebbero risultare troppo corte (Fig. 21), determinando
un aumento del carico palare che potrebbe favorire linsorgere della cavitazione nelle
sezioni palari adiacenti alla corona.
Inoltre, la presenza di una componente tangenziale Cu2 allo scarico si amplificherebbe nel
procedere verso luscita della girante, nella regione priva di pale che conduce la corrente
verso il tubo di scarico, dato che, in prima approssimazione,
approssimazione, si conserva il momento della
quantit di moto del fluido (r Cu cost).
La componente tangenziale non pu essere convertita allinterno del tubo e lenergia
cinetica ad essa associata deve, pertanto, ritenersi perduta. Sotto questo aspetto, la
posizione c del bordo duscita delle pale di Fig. 21 pi conveniente delle soluzioni
a e b.
I valori suggeriti in letteratura (Figg. 3 e 5) per i diametri D2i e D2e o per le velocit in
corrispondenza a questi, hanno proprio lo scopo di mediare tra queste esigenze
contrapposte.
A tal riguardo, si suggerisce anche di controllare che lestensione meridiana lm della pala
sulla corona (Fig.21) risulti allincirca pari a:

\ -D,Z

(66)

con che varia tra 6,58


8 per K 0,4 fino a 4,55 per K 2,5.
Il bordo dingresso nelle turbine Francis con numero tipico K minore dellunit
usualmente parallelo allasse di rotazione (Fig. 2a). Per numeri tipici maggiori (Figg. 18,
19 e 20) il bordo dingresso inclinato (D1e > D1i , Fig. 2a). Esso procede allincirca in
direzione ortogonale alle linee di corrente nelle vicinanze della corona per proseguire poi
pi o meno parallelamente alla traccia del bordo duscita.

- 106 -

Definita con questi criteri la posizione dei bordi dingresso e di uscita delle pale, dal
tracciato delle linee meridiane possibile calcolare le velocit meridiane allingresso e
alluscita delle singole sezioni palari e da queste risalire ai rispettivi triangoli delle
velocit.
Per ciascun tubo di flusso (Fig. 19) la velocit meridiana media
media data dalla relazione:

o
o

'( )

#:! ! +,7

&36

(67)

dove B la larghezza locale del tubo di flusso.


I profili di velocit lungo i bordi dingresso e uscita sono simili a quelli di Fig. 22.
Leffettiva distribuzione di Cm potr, con buona approssimazione, essere ottenuta per
interpolazione (Fig.22).
Le linee di corrente che delimitano i tubi di flusso identificano anche le sezioni che
saranno prese a riferimento per il dimensionamento delle pale.
Prima di descrivere la procedura
cedura di calcolo sono per necessarie alcune precisazioni sulle
condizioni ottimali di incidenza allingresso della girante.

- 107 -

INCIDENZA OTTIMALE ALLINGRESSO


DELLA GIRANTE
o

Per una corrente incomprimibile, aviscosa e in regime stazionario, lequazione che


governa il moto nel sistema di riferimento che ruota in solido con la girante :
W X + 2W =

+ gz

(68)

= i, + i& + iU

(69)

"

%8 %

&

dove X = W = rot W la vorticit della corrente relativa. Le componenti di X si


ottengono dai minori algebrici del determinante simbolico:
i,

rW

i%

i)

In coordinate cilindriche loperatore assume la forma:


Lenergia totale gHW della corrente relativa

gHX = " +

%8 %

&

+ gz =

, i&

, iU .

>
.

"

(70)

pu anche essere riscritta nella forma (*):


gHX = " +
o

$%
&

+ gz rC = gH rC

In una turbina idraulica la corrente perviene alla girante attraverso il distributore. Le pale
del distributore sono a semplice curvatura per cui, se si ignora la variazione della velocit
meridiana nella direzione dellasse, la componente tangenziale Cu1 della velocit assoluta
alluscita del distributore pu anchessa ritenersi costante lungo tale direzione.
Inoltre, nel traferro tra luscita del distributore e lingresso della girante, non essendoci
momenti esterni agenti sul fluido, si conserva (a meno delle perdite viscose) il momento
della quantit di moto r Cu.
In tale regione si pu pertanto assumere

(71)

( $ )

= 0,

( $ )

= 0 e ritenere

assialsimmetrico il deflusso ( C = 0 ) ; dunque (rC ) = 0.


In conclusione, se la corrente assoluta origina, come si suppone, da un ambiente a energia
totale gH = cost anche il sistema di riferimento relativo vede originare il moto da un
ambiente a energia totale relativa gHW uniforme.
Moltiplicando scalarmente ambo i membri delleq. 68 per lo spostamento elementare Wdt
si ottiene lequazione dellenergia:
W X Wdt + 2W Wdt = (gHX ) Wdt

(*)

Al riguardo, basta sostituire nelleq. 70 al posto di W2 lespressione


&
W & = (u C )& + C
che deriva dalla composizione dei moti:C = u + W.

(72)

- 108 -

dalla quale risulta

o
o

(*1)

=gHX ? Wdt

o
o

(73)

# 2

(74)

dalla quale si evince che la corrente relativa nelle ipotesi poste al pi caratterizzata da
un moto a vorticit costante:
X '2
(75)
Lequazione differenziale precedente pu essere risolta sovrapponendo allintegrale
generale dellequazione omogenea associata

ossia la conservazione dellenergia totale relativa gHW lungo una generica linea di
corrente.
Questa conclusione, assieme alla precedente (moto che origina da un ambiente a energia
gHW uniforme), assicura ovunque nel campo di moto un valore nullo del gradiente.
Lequazione del moto si semplifica dunque nella seguente:
W /

d=gHX ?

/W

(76)

una soluzione particolare dellequazione completa


co
X '2, ad esempio caratterizzata
da un valore nullo della portata Q che attraversa il rotore.
Pertanto, indicando con W9_ il campo di moto correlato al moto irrotazionale / W 0
e con W2_ quello particolare con Q=0 associato allequazione completa X '2, il
campo di moto registrato dal sistema di riferimento relativo pu essere riscritto nella
forma:
W W2_ # W9_
(77)
Le caratteristiche del moto W2_ sono quelle tipiche di un flusso vorticoso (Fig. 23), con
senso di rotazione contrario a quello della girante (*2).

Non essendoci trasporto di portata, la girante si comporta come una semplice sorgente di
vorticit i cui effetti si estendono anche a monte
m
e a valle dei condotti interpalari (Fig. 24).
Le condizioni di incidenza ottimale sono di solito ottenute assegnando alla velocit
relativa W1 la stessa inclinazione del bordo di ingresso delle pale.

(*1)

Per una funzione scalare ,


posto lo spostamento elementare Wdt

si ottiene ds
(*2)

d , d , d

d #

d #

Il condotto interpalare di Fig. 23 disegnato in un piano conforme.

ds =d , d , d ?,

d .

- 109 -

Dal triangolo delle velocit allingresso (Fig. 24):

tg
,*

tg,

) |

$)

) 8$ )

(78)

dove Cu1 la componente tangenziale della velocit assoluta determinata dalla corona di
pale distributrici che precede la girante.
Linclinazione 1 cos determinata quella che deriva da un approccio monodimensionale
secondo il quale,
le, nel riferimento solidale alla girante, quando la portata Q nulla, il
fluido ruota in solido con velocit angolare anzich essere soggetto al moto a vorticit
costante X '2 di Fig. 23.
Gli effetti del moto W2_ deviano la direzione locale di W dall valor medio 1 (Fig. 25a) e
impongono una correzione al tradizionale criterio che regola la condizione ottimale di
incidenza.

La scomposizione del moto relativo W nei moti vorticoso W2_ e di attraversamento


W9_ (Fig. 25b) trasferisce su questultimo il problema della direzione ottimale del
flusso poich, tra i due moti in questione, lunico ad essere legato al trasporto della
portata Q.

- 110 -

Il moto W2_ (Fig. 23) non offre infatti alcun margine di intervento, anzi totalmente
avverso dal problema legato alle condizioni di incidenza, a differenza del moto di
attraversamento W9_ (Fig. 25b) per il quale si pu invece porre la condizione (Figg. 26
e 27).
, 9_
,*
(79)

In realt i gradienti di pressione indotti dalla curvatura del condotto interpalare


interp lare (*)
inducono, nel moto a monte, una distorsione delle linee di corrente
cor
che causa di una
perdita per incidenza anche se il valor medio dellangolo di flusso ,9 pari a quello 1b
delle pale.
In genere queste distorsioni sono modeste e i suoi effetti possono essere in prima
approssimazione ignoranti.

(*)

I gradienti indotti dalle forze di Coriolis interessano solo il moto vorticoso W9_ .

- 111 -

In conclusione, la condizione ottimale di incidenza si pu ottenere con soddisfacente


approssimazione ponendo ,9_
,* in luogo della pi tradizionale ma meno corretta
condizione 1 = 1b.
Si confrontino, a tal proposito, gli andamenti delle linee di corrente
corrente del moto relativo W e
del moto di attraversamento W9_ riportati nelle Figg. 25 e 27 per due diverse condizioni
di flusso. Una volta imposta la condizione di incidenza ottimale al moto di
attraversamento (eq. 79, Fig. 27) anche il moto risultante W W9_ # W2_
imbocca le
2
pale in modo liscio (Fig. 27), senza subire la brusca deviazione visibile invece in Fig. 25a.

Dal triangolo delle velocit allingresso della girante di Fig. 28:


Cu,

u, # Wu,

u, # =Wu, 2_ # Wu, 9_ ?

(80)

Indicando con u1 e u2 le componenti tangenziali delle velocit indotte a monte e a valle


della girante dal moto a vorticit costante W2_ (Fig. 23), la relazione precedente pu
anche essere riscritta nella forma (Fig. 28):

Wu, 9_

'=u, ' Cu, ' |u, |?

Cu, # |u, | ' u,

(81)

e langolo medio
io della corrente allingresso della girante nel moto di attraversamento
risulta

, 9_

tan8, '

) 01>

tan8,

$)

) 8$ ) 8| ) |

(82)

il quale maggiore dellangolo di flusso 1 legato allapproccio monodimensionale:

tan8,

$)

) 8$ )

(84)

- 112 -

La condizione di incidenza ottimale qui proposta impone ,9_ = ,*. Pertanto, note le
velocit Cm1 e Cu1 dal tracciato delle linee di corrente e, rispettivamente, dallo scambio di
energia, langolo 1b del bordo dingresso delle pale dato dalla relazione (eq. 82):

tg ,* =

$)

|) |
) 8$ ) 8 )
)

(85)

dove la deviazione |u, |/u, pu essere desunta dalle note correlazioni di Busemann

(Fig.29) e Wiesner

)
)

-B 2):
.
3>,

Bisogna inoltre prestare attenzione al fatto che queste valutazioni della deviazione sono
basate su un condotto meridiano con direzione radiale in prossimit del bordo palare pi
esterno (quindi per pompe con K 1,2 e per turbine Francis con K molto molto basso),
cio nell'ipotesi che qu valga X = 2 .
Per la maggior parte delle turbine Francis questa condizione non si verifica, v quindi

considerato che il gradiente di pressione responsabile della deviazione angolare )


)

regolato dal moto a vorticit costante X = 2 sin (con n direzione ortogonale alla
superficie di corrente e linclinazione del piano meridiano rispetto allasse di rotazione).

La deviazione angolare ) pu essere cos rivalutata:


)

)
)

)
)

5_6

(sin )

Nella (86) l'esponente 0,8 ricavato da studi sperimentali.


La procedura rimane comunque approssimata, avendo considerato in questo caso un
condotto meridiano tipo quello rappresentato in Fig. 30.

(86)

- 113 -

o Per la risoluzione della (85) sar necessario ricorrere a uno schema iterativo poich la
deviazione

)
)

funzione ancora di 1b oltre che dal numero di pale.

o Il legame tra gli angoli di flusso ,9_ e 1 dato dalla relazione (Fig. 28):

tg,

$)
$)

$)

) 8| ) |W

) 01>

)
j)

| |
)
,8 ) 8
)
7 8) 01>

(87)

o Le particelle fluide imboccano le pale della girante senza brusche deviazioni quando,
approssimativamente, ,9
,*. Pertanto, per un dato valore dellangolo del bordo
9_
dingresso delle pale della girante, le pale del distributore dovranno far s che la velocit
assoluta arrivi al rotore con direzione:

tg ,

)
j)

| |
)
,8 ) 8
)
7 8):

(88a)

se si vuole rendere minima


ma la perdita per incidenza allingresso del rotore.
o Alluscita della girante la corrente relativa W2 subisce una deviazione angolare rispetto
alla direzione del bordo di fuga delle pale (Fig. 31). La velocit tangenziale Cu2 perci
data dalla relazione (Fig. 31):
%
Cu& u& # u& ' Wu&9 u& ' C& cot &* # u& Cu&9 #
u&
(88b)
%

- 114 -

gH

La deviazione u& /u& alluscita della girante di una turbina Francis non ha gli stessi
effetti sullequazione dellenergia come nelle pompe e nei compressori centrifughi. Infatti
gHt ora data dalla relazione:
u, Cu, ' u& Cu&

u, Cu, ' u& =Cu&9 # u& ?

u, Cu, ' u& =u& ' C& cot &* # u& ?

e la correzione u& moltiplicata per la velocit periferica u2, in genere minore di u1 (la
differenza aumenta con il diminuire del numero tipico K).
Il numero di pale inoltre maggiore rispetto alle
all pompe e ci contribuisce a diminuire il
valore di

%
%

Una procedura approssimata per valutare la deviazione

Il moto di ricircolazione che si instaura


insta a a portata nulla allinterno della girante (Fig. 32)
non d luogo alle medesime velocit u, e u& sulle sezioni di estremit girante.
Assumendo che il centro del vortice indotto dalla rotazione della girante coincida con il
centro di massa del condotto interpalare,
interp lare, e ricordando che il vortice ruota con velocit
angolare uguale e contraria a quella della girante, le velocit
vel
u, e u& possono essere
espresse nella forma (Fig. 32)

|u, |

con rc dato dalla relazione:

|u& |

&
U

qui di seguito descritta.

=r, ' r ?

(90)

=r ' r& ?

(91)

)8 %
%8 %
)
%

sin
3

(92)

quando il condotto interpalare venga approssimato con un settore circolare compreso tra i
raggi r1 e r2 (z il numero di pale).

(89)

- 115 -

Ne consegue:

e la possibilit di calcolare
o

%
%

= f(z, &* ) =

:8 %
)8 :

)
)

valutando con Busemann la deviazione

logaritmiche (* = cost = ,* = &* ) per cui, nelladoperare leq. 93,

I risultati di Busemann sono per riferiti a condotti con pale sagomate secondo spirali
%

prendendo a riferimento langolo 2b.

(93)

La deviazione

, al pari di

sar calcolato

, dipende anche dallestensione radiale del condotto

interpalare, e rimane sostanzialmente costante per rapporti r1/r2 maggiori di un valore


limite.
Le approssimazioni e le semplificazioni della procedura descritta sono state superate
tarando i risultati delleq. 93 con quelli ottenuti da numerose simulazioni numeriche
bidimensionali e aviscose eseguite su condotti interpalari sagomati con pale a spirale
logaritmica.
Per condotti interpalari di estensione radiale tale da non influenzare la deviazione della
corrente relativa, i valori di

%
%

forniti dalleq. 93 risultano in soddisfacente accordo con i

risultati numerici sostituendo al rapporto r1/r2 il valore suggerito dalla relazione empirica:
)
%

= EXP (1 0,0018 z & sin &* )

Riassumendo, la deviazione

%
%

= (

%
%

sin &* + 19,4 z 8&,r + 0,054

(94)

pu essere calcolata con le regolazioni seguenti:


%

&3

& ( ) / % ) 8,
3

sin

%
U ) / % ) 8, 3

:
8,
%
) :
8
% %

)
%

)
)

2: _2%:

(95)

(96)

sostituendo al rapporto r1/r2 il valore fornito dalleq. 94.


Gli angoli costruttivi 1b del bordo dingresso delle (singole) sezioni palari che
compongono la girante presuppongono la conoscenza della componente tangenziale Cu1
della velocit assoluta.
Ma la distribuzione di tale velocit (lungo il bordo dingresso della girante) determinata
dallinclinazione delle pale del distributore, dallestensione radiale del traferro tra
distributore e girante e dalla curvatura locale del condotto meridiano.
Alluscita delle pale del distributore la corrente assoluta subisce inoltre una deviazione
angolare, spesso ignorata dalle tradizionali procedure di calcolo.
Prima di proseguire nel dimensionamento della girante perci opportuno descrivere il
comportamento fluido dinamico del distributore.

- 116 -

DIMENSIONAMENTO DELLE PALE


DISTRIBUTRICI
o

o
o

Alle pale del distributore sono affidati due compiti:


la regolazione della portata;
la direzione della velocit assoluta allingresso della girante.
La lunghezza delle pale deve assicurare il loro mutuo ricoprimento (Fig. 33) in modo da
poter interrompere lafflusso dellacqua alla girante. Per assicurare la tenuta, la geometria
delle pale del distributore deve essere a semplice curvatura.
Per le turbine Francis lente (K
( < 0,7) il diametro D0 (Fig. 34) 40100 mm pi grande
del diametro esterno della girante.
girant
Per le Francis con K compreso tra 0,7 e 1,3 il bordo duscita delle pale distributrici
posto allincirca dove il condotto meridiano comincia curvare.

Per le Francis veloci, D0 poco diverso dal diametro esterno D1e (Fig. 34) del bordo
dingresso della girante. Per queste turbine, la distanza radiale a cui collocare i perni delle
pale distributrici determinato dal punto del contorno esterno della turbina ove il
condotto meridiano inizia a curvare in direzione assiale.
assia
Una stima del diametro D0 pu essere operata impiegando i diagrammi statistici delle
Figg. 2a e 3a (pag, 84 - 87).
87) La procedura riassunta dallo schema seguente
eguente (*).

(*)

Il diametro D0 =D qui inteso come il diametro del bordo di fuga delle pale
distributrici nelle condizioni di massima apertura.

- 117 -

Fig. 3a

= C
; u,Z ;

6

`)

C
-2gH ; U,Z

= u,Z -2gH

`
&
U,Z = ) ) = ABC
&
9
6
D
`)

2
2
= A =
T
= `T 6
3 6

+ (4 6)

AE

Il numero di pale del distributore legato al diametro D0 con la relazione empirica:


z`

-`>
1

(97)

dove D0 inteso in mm.


Il numero di pale distributrici deve inoltre differire da quello della girante per evitare
fluttuazioni periodiche della portata quando le pale della girante passano simultaneamente
sotto quelle del distributore, e per aumentare la frequenza di risonanza del sistema.
In genere, il numero di pale distributrici zD pari, e spesso un multiplo di 4 (16, 20, 24
pale).
La geometria del distributore pu essere cilindrica (Fig. 35a): lasse dei perni parallelo
allasse di rotazione, oppure conica: lasse dei perni inclinato rispetto allasse di
rotazione (Fig. 35b) di un angolo (solitamente pari a 30).

- 118 -

SCHIERE RADIALI
TRASFORMAZIONE CONFORME DELLE COORDINATE
o

Come gi detto, le procedure di progetto comunemente impiegate (Nechleba, Vivier)


spesso ignorano la deviazione che la corrente assoluta subisce alluscita delle pale.
Lentit di questa deviazione pu per essere tale da variare apprezzabilmente la
componente tangenziale Cu1 e langolo di incidenza della corrente relativa W1
allingresso della girante, con riflessi negativi sullo scambio di energia (e dunque di
potenza) e sul rendimento per le condizioni nominali di esercizio.
In genere si sopperisce alla inadeguatezza del progetto aggiustando linclinazione delle
pale distributrici durante il collaudo.
Ma quando, per ragioni di economicit, le pale distributrici non sono regolabili la resa
della turbina in termini di potenza massima e di rendimento potrebbe essere
compromessa.
Per tener conto approssimativamente della deviazione angolare della corrente assoluta, la
geometria del distributore pu essere ottenuta da quella di una schiera piana per mezzo di
una trasformazione conforme delle coordinate. Questa trasformazione ha la peculiarit di
conservare gli angoli.
Sulla superficie di corrente di Fig. 36 le curve coordinate m e u sono tra loro mutuamente
ortogonali, cos come lo sono le rette parallele agli assi coordinati del riferimento
cartesiano , .

Per stabilire localmente una relazione di similarit tra curve nei due sistemi sufficiente
porre la seguente condizione tra i lati delle maglie che sottendono a tratti corrispondenti
delle curve:
[

[C

poich ad essa corrisponde = (Fig. 36).

[N

(98)

- 119 -

La relazione precedente stabilisce una corrispondenza tra le coordinate m e e le


coordinate e .
Lungo un arco di circonferenza (Fig. 36) la variabile corrente ;; pertanto, in tutta
generalit, lecito porre:
L

(99)

dove la costante arbitraria L0 dovr avere le dimensioni di una lunghezza.


Ne deriva dalle (98), (99) e dalla Fig. 36:
['

[C

dm

= , # L

dalla quale

[
B 5

(100)
(101)

Le relazioni (99) e (101) descrivono perci la corrispondenza tra le coordinate curvilinee


(m, u) (m, r)) di una curva su una superficie assialsimmetrica e le coordinate cartesiane
( , )) della medesima curva tra
trasformata nel piano cartesiano - (e viceversa) quando si
vuole che la trasformazione delle coordinate conservi gli angoli nei due sistemi, quello
piano e quello curvilineo.

In entrambi i sistemi possibile introdurre per lanalisi del moto la funzione di corrente
.. Posto che i due condotti interpalari (Fig. 37), quello reale (Fig. 37a) e quello
trasformato (Fig. 37 b), siano attraversati dalla stessa portata, allora tra linee
linee di corrente
corrispondenti deve scorrere la medesima portata e manifestarsi la stessa variazione della
funzione di corrente .
Pertanto:

d =

dm #

d #

(102)

Ma, ricordando le relazioni (99) e (100), per le quali:

si ottiene:

>

L dmGr

L d , d

Nz

>
,

>

z
C

(103)

(104)

- 120 -

o
o

Le precedenti consentono di determinare il legame che deve sussistere tra le velocit nei
due sistemi di coordinate.
Prima di procedere si rendono necessarie alcune osservazioni
osservazioni per giustificare le
approssimazioni che accompagneranno la procedura che sar suggerita per il progetto del
distributore.
Le superfici di corrente nella regione che ospita il distributore differiscono luna dallaltra
a causa della curvatura del condotto meridiano (Fig. 38).

Le pale del distributore hanno per geometria a semplice curvatura per assicurare il
contatto delle superfici delle pale (Fig. 33) e garantire la tenuta in condizioni di totale
chiusura.
Il dimensionamento del distributore presupporr pertanto, indirettamente, un campo di
moto perfettamente bidimensionale, oltrech radiale, prendendo a riferimento le
caratteristiche del moto lungo unopportuna superficie di corrente.
A tal riguardo, alcuni autori (Nechleba, Ventrone) suggeriscono
suggeriscono quella nelle vicinanze
della corona di ricoprimento, immediatamente allesterno dello strato limite (ad es. la
superficie b, b1, b2 di Fig. 38) dove le velocit sono pi elevate.
Altri (Vivier, Jaumotte), quella media (ad es. la superficie c, c1, c2 di Fig. 38) per tener
conto delle caratteristiche medie del deflusso attraverso il distributore. E, forse, questa
scelta quella che meglio compensa le approssimazioni che accompagnano la procedura
di calcolo che qui viene proposta.
Lapproccio bidimensionale suggerisce inoltre, per il dimensionamento del distributore,
di fare riferimento (Fig. 39) alla proiezione C cos , su un piano ortogonale allasse
di rotazione, della velocit Cm0 pertinente alla superficie di corrente prescelta.
lta.
Negli sviluppi che seguono il moto e la superficie di corrente m u (Fig. 36) saranno
pertanto considerati radiali, e descritti nelle coordinate polari r, .
Nella proiezione su un piano ortogonale allasse (Fig. 39), la velocit tangenziale Cu non
subisce alcuna variazione, mentre quella radiale Cr pari alla proiezione C cos
della effettiva velocit meridiana Cm0.

- 121 -

o
o

Dellinclinazione locale delle altre linee meridiane di corrente (Fig. 38) e della
larghezza locale dei tubi di flusso si
s terr conto in seguito.
Indicando con dq la portata per unit di larghezza che attraversa il tubo di flusso tra due
linee di corrente e +d
del condotto interp
interpalare (Fig. 40) il bilancio di massa tra le
portate entranti e uscenti attraverso il contorno
contorno dellelemento ABC porge, in regime di
moto stazionario, la relazione (Fig. 40a):
dq

dalla quale:

q d

q AB

='r d? #

C
F
C


, ='r d, dr?
rd r
dr
C dr # C rd
q

&

'

z
C

(105)

(106)

- 122 -

Posta la condizione che attraverso tubi di flusso corrispondenti scorra la medesima


portata, il bilancio delle portate di massa entranti e uscenti porge, nel piano trasformato
(Fig. 40b), la relazione:
dq
dalla quale:

qd

='d? #

C q
F
CN 'q

C d # CN d

(107)

(108)

Ricordando
rdando la (104), con dm ora coincidente con dr, si ottiene:

C q
F
CN 'q

>
,

>

>

&

'

>

>

C
>

(109)

e dunque il legame cercato tra le velocit nei due sistemi di riferimento:


$

>

, CN

(110)

>

o, pi semplicemente,
ente, con L0=1:
C
o

r C , CN

r C

(111)

Si posto che allinterno dei due condotti interpalari


interp
(quello nel piano r, e quello nel
piano interpalare) scorra la medesima portata q, pertanto attraverso i lati corrispondenti
AB e AB (Fig. 41) sar:
Ma, per la (110), CN
e quindi

>

cosicch:

q
t
L

&3

&3

&3/

tCN

(112)

(113)
(114)

- 123 -

La costante L0 esprime dunque il rapporto tra il passo lineare t della schiera piana
trasformata e il passo angolare 2/z
2 di quella radiale.
Porre L0 =1 equivale perci ad assumere t =2/z.
=2
Si consideri nel piano , una schiera di pale rettilinee (Fig. 42).
Il legame tra le coordinate , del profilo delle pale descritto dalla semplice relazione:
[N

tg

(115)

Le coordinate polari r, si ottengono combinando leq. 115 con le relazioni d


e d L d.
Si ottiene:

tg d

tg L d

L dr/r
(116)

- 124 che, integrata tra r1 e r dopo aver posto 1 =0, d:

= cot ln

dalla quale:

r1

e BJ
e

o
o

&3 B

J)

(117)

ln

&3

r1

ln

J
r

r1

(118)

(119)

Per una schiera piana con profili di forma qualsiasi la precedente potr sempre scriversi
con riferimento alla corda l e allangolo di calettamento dei profili medesimi.
Per una geometria curva della linea media del profilo nel piano , la coordinata polare
nel piano radiale si ottiene dalla relazione (eq. 103 con dm = dr):

, r = r, eC

Per la corrispondenza tra le coordinate e , alla proiezione \ cos K del profilo rettilineo
lungo (Fig. 42 a) corrisponder, nella schiera radiale (Fig. 42 b) langolo di
r
avvolgimento della pala = cot ln 2 , e al passo lineare t quello angolare 2/z.
Pertanto:

[N/[

(120)

quando si disponga dellequazioni analitica = f() del profilo nel piano , .


Sebbene per il distributore sia di fondamentale importanza soprattutto la geometria del
bordo di fuga, cura deve essere rivolta anche alla direzione del bordo dingresso per non
penalizzare il rendimento.
Linclinazione della velocit a monte delle pale distributrici dipende dalle modalit con
cui lacqua alimenta la corona di pale distributrici.
Quando la turbina sistemata allinterno di una camera(*) in cemento aperta, la direzione
della velocit allingresso del distributore approssimativamente radiale; langolo di
ingresso si sceglie di norma tra 6070% (rispetto alla direzione tangenziale) e la forma
delle pale quella di Fig. 43a (quella superiore nel piano , ; quella inferiore nel piano
radiale r, ).
Per volute a spirale in cemento buona norma assumere, quale direzione della velocit a
monte del distributore, langolo della spirale.
Pu accadere in questi casi che tale angolo risulti minore di quello richiesto alluscita
delle pale cos che il distributore, rispetto al caso precedente, debba rimuovere parte del
momento della quantit di moto tangenziale della corrente.
Ci si riflette sulla curvatura delle pale, come si pu notare dalla Fig. 43b.
Per volute a spirale in metallo, le pale del distributore sono precedute da una corona di
pale fisse che hanno la funzione di irrigidire la sezione trasversale della voluta che
tenderebbe altrimenti ad aprirsi sotto lazione della pressione interna (Figg. 44 e 45).
Le condizioni allingresso delle pale distributrici dipendono questa volta dalla profilatura
delle pale predistributrici (stay blades).

(*)

Per i sistemi di alimentazione della turbina Francis si veda pi oltre.

- 125 -

- 126 -

Il proporzionamento del predistributore segue le medesime regole del distributore.


A monte la direzione della velocit determinata dallangolo della spirale della voluta(*1).
Questa direzione, come si vedr, pressoch indipendente dalla portata.
In genere, le pale predistributrici sono profilate in modo da non operare alcuna deviazione
sul fluido (spirale logaritmica).

Definite in questo modo le direzioni della velocit a monte e a valle del distributore, la
procedura di calcolo pu essere riassunta come segue.
(*2)
si calcola il
Stabiliti i raggi dingresso e duscita della schiera e il numero di pale
rapporto t / l della schiera piana trasformata:

&3 B

ln

r2
r1

(121)

stimando inizialmente langolo di calettamento , ad esempio come media tra gli angoli
1 e 2.
(*1)

Per il distributore z
+ (4 6) con D diametro del bordo di fuga delle
1
pale. Le pale predistributrici sono in genere met di quelle distributrici.
(*2)

Si veda la procedura di calcolo della voluta descritta pi avanti.


-`()

- 127 -

Scelta lascissa xA/ l del punto di alzata massima si pu calcolare la curvatura c del
profilo della schiera piana per mezzo
mez della correlazione di Howell - Constant:

o
o

,8

|J% 8J) | (*)

#
L

,8

Lesponente n vale 0,5 per le schiere deceleranti (Fig. 43b) e 1 per le schiere acceleranti
(Fig. 43a).
La deviazione angolare (che si conserverebbe nel passaggio dalla schiera piana a quella
trasformata radiale se la corrente fosse aviscosa e bidimensionale), secondo la stessa
procedura ammonterebbe a:

m$ \

(124)

Adottando un profilo della famiglia NACA a 4 cifre,


cif lalzata massima yA/ l una
funzione di c e xA/ l,, ed dunque di immediata determinazione.

Langolo di calettamento allora dato dalla relazione:

(122)

= &

(125)

dove i , angolo tra la tangente alla linea media allingresso e la corda, una funzione
nota di xA/ l e yA/ l.. Nella eq. 125, si adotta il segno meno quando la schiera piana
accelerante (1 < 2) e il segno pi quando la schiera piana ,invece, decelerante (
( 1 > 2).
La procedura pu essere reiterata, ricalcolando t/ l con langolo
ngolo di calettamento dato
dalleq. 125 fino a che non si registrano variazioni significative tra due valori successivi
di .
Le coordinate polari r, del profilo trasformato nel piano radiale richiedono, infine, la
conoscenza della derivata d /d del profilo nel piano , (eq. 120).

(*)

Per schiere deceleranti: m

&

0,23 2 \ +

6 8J)
r

Per schiere acceleranti m pu essere valutato con il diagramma di Fig.20 nel capitolo
delle turbine Kaplan.

- 128 -

La distribuzione degli spessori deve assicurare la resistenza strutturale e limitare le


perdite per attrito. Si adoperano distribuzioni tipiche dei profili aerodinamici; lo spessore
di estremit nullo (*).
Sono altres impiegate pale distributrici con linea media rettilinea nel piano r, e
distribuzione degli spessori simmetrica (Fig. 47).

Il principale elemento di incertezza quando si opera in tal modo risiede nella deviazione
che la corrente assoluta subisce alluscita della schiera, e quindi nella determinazione
dellangolo di calettamento da assegnare alla pale distributrici.
Tale incertezza si riflette sulla componente tangenziale Cu1 della velocit assoluta
allingresso della girante e sullangolo di incidenza.
La procedura descritta in precedenza pu essere applicata a ritroso per operare una stima
della direzione di C1 alluscita del distributore.

(*)

Appendice A.

- 129 -

o
o

Noti i raggi r1 e r2 che delimitano la corona di pale distributrici (Fig. 48), langolo di
calettamento univocamente definito dallangolo 1b del bordo duscita delle pale. Il
numero di pale Z si ritiene anchesso noto. Langolo 1b , spesso, considerato pari
allangolo di flusso su un piano ortogonale allasse di rotazione (Fig. 39):
1b = 1 = atan (Cm1 cos 1/ Cu1), conteggiando al pi lostruzione palare nel calcolo di
Cm1.
Lintersezione della retta per A1 (Fig. 48a) inclinata di 1b rispetto alla direzione
tangenziale (ma anche, per costruzione, allasse X) con la circonferenza di raggio r2
consente di determinare lestremo A2 della pala direttrice. Si possono perci determinare
la lunghezza A, A& della pala e langolo 2b del bordo di ingresso del distributore (Fig.
48a).
dunque nota la deviazione costruttiva = |,* &* | del profilo nel piano
trasformato , .
Per ogni punto nel riferimento X, Y si possono ricavare le coordinate polari
r = -x & + y & , = atan(x/y)e le coordinate trasformate , (*):
z N = ln r1 z
M
d = d
=
d =

Si pu determinare langolo di calettamento = atan(& /& ) = atan O

rapporto t/ l della schiera piana trasformata di quella radiale:


e

ln

r2
r1

lnr2
1

C%

P e il
(126)

Per la determinazione dellascissa xA/ l del punto di alzata massima si possono esprimere
le coordinate , del profilo nel riferimento x, y della corda (Fig. 48b).
Allo scopo sufficiente operare una rotazione, pari allangolo di calettamento , del
sistema di riferimento , (Fig. 48b).
Applicando la correlazione di Howell Constant langolo di flusso della corrente
alluscita del distributore pu essere stimato esplicitando 1 dalla relazione:

&3 B

(125)

|J) 8J% |

#
L

,8

(127)

Nel risolvere la (127) |, & | = , & e n = 0,5 se ,* > &*, mentre |, & | =
& , e n = 1 se ,* < &* .
Qualora langolo 1 dato dalla (127) differisca dal valore atteso occorre modificare
langolo di calettamento delle pale distributrici nel piano X, Y (Fig. 48a).

(*)

Si assume L0 =1.

- 130 -

ACCOPPIAMENTO FLUIDODINAMICO
GIRANTE-DISTRIBUTORE
DISTRIBUTORE
o
o

o
o

Sia nota la geometria del condotto meridiano e siano stati posizionati e sagomati i bordi
dingresso e duscita delle pale della girante e del distributore (Fig. 49).
Per il corretto dimensionamento di ambedue i sistemi palettati necessario
necessario accoppiare
fluidodinamicamente la girante al distributore in modo da soddisfare i dati di progetto H e
Q con la massima efficienza.
A tal riguardo si pu prendere a riferimento la superficie di corrente media C-C
C 2 (Vivier,
Jaunotte) oppure quella b--b2 a ridosso della corona (Nechleba, Ventrone) dellesempio
riportato in Fig. 49.
Su questa superficie si pone, di solito, Cu2 =0 alluscita della girante per rendere minima
la perdita di energia cinetica allo scarico della turbina.

Una modesta componente tangenziale Cu2 favorisce per la diffusione nel tubo di scarico
giacch le forze centrifughe che ne derivano tendono ad ostacolare uneventuale
separazione dello strato limite consentendo, tra laltro, di impiegare per il tubo angoli di
divergenza pi elevati.
I condotti interpalari sulle superfici di corrente a ridosso del mozzo presentano sezioni di
attraversamento minori rispetto a quelli sulle superfici di corrente pi esterne. E la
differenza aumenta procedendo verso il bordo duscita della girante.
Per contenere la velocit relativa W2, e le perdite ad essa associate, pu essere adottata la
condizione W2=u2 in luogo di Cu2 =0.
Allingresso del tubo di scarico ora presente una componente tangenziale Cu2 che, non
essendo recuperabile nel tubo
tu di scarico, deve intendersi persa.
La velocit relativa W2 che ne risulta per minore rispetto alla condizione Cu2 =0, e le
minori perdite per attrito parietale attraverso la girante sono in genere tali da compensare
la perdita di energia cinetica Cu22/2g.
Anzi, per alti numeri tipici, quando la velocit relativa elevata, la condizione W2=u2 d
luogo, di solito, a una diminuzione della perdita complessiva e dunque a un guadagno sul
rendimento (Nechleba).

- 131 -

o
o

Per questi riguardi, la condizione Cu2=0 si rivela


vela efficace solo per le turbine Francis lente
(K 0,350,6).
Riassumendo, scelta la superficie di corrente di riferimento e il criterio di ottimizzazione
per il deflusso alluscita della girante: Cu2=0 oppure W2 = u2 , si calcola la componente
tangenziale Cu1 allingresso della girante dallequazione dellenergia:
gH

[ gH

u, Cu, ' u& Cu&

(128)

Le velocit meridiane Cm1 e Cm2 si ricavano dal tracciato delle linee meridiane di corrente
(Figg. 49 e 50):

C,,

2/

&3) 6) N)

, C&

2/

&3% 6% N%

(129)

dove x il numero di tubi di flusso, Q, e Q& le larghezze locali del tubo di flusso
allingresso e alluscita in corrispondenza dei raggi R1 e R2, mentre R, e R& i
corrispondenti coefficienti di ostruzione dati dalle relazioni:

1'

&3)

, &

1'

&3%

(130)

nelle quali z il numero di pale, Sc1 e Sc2 gli spessori circonferenziali della pala su R1 e
R2.

z =14 17?-

(131)

S V 20 B0

(132)

Il numero di pale pu essere stimato con la relazione empirica

o con il diagramma di Fig. 51.


Gli spessori circonferenziali si deducono da quelli normali,
normali per la sua stima possono
essere adoperate le seguenti relazioni empiriche:

(dove S in mm; B: larghezza allingresso della girante, in m; H: caduta idrica, in m;


z: numero di pale)

- 132 S 0,005 D0 + 0,002

(Francis lente)

S 0,01 D0 + 0,002

(dove S in m; D: diametro esterno della girante, in m; H: caduta idrica, in m; z: numero


di pale).
Si calcolano gli angoli di flusso 1 e 2 dalle relazioni:

tg, =

o
o

$)

) 8$ )

, tg& =

$%

% 8$ %

(133)

Si risale agli angoli costruttivi dei bordi dingresso e di uscita delle pale tenendo conto
rispettivamente della condizione ottimale di incidenza e della deviazione u& /u& della
(*)
corrente relativa W2 :

tg&* =
o

(Francis veloci)

$%

tg,* =

% 8$ %S

) 8$

$%

$)

|) |
)8 )
)

% 8($ % 8 %

)

8 ) )
78)
) j)

= %ij%
)


W % %
j%
% j%

(134)
,

)

W % %
78% % j%

(135)

Dal triangolo della velocit allingresso della girante e dallangolo 1b del bordo
dingresso delle pale si perviene alla direzione del flusso alluscita del distributore
risolvendo lungo la superficie di corrente prescelta per laccoppiamento fluidodinamico
girante-distributore.
Nel traferro tra girante e distributore si conserva a meno delle perdite, il momento della
quantit di moto. Perci, indicando con il pedice 0 luscita del distributore, R1Cu1=R0Cu0.
La velocit meridiana si ricava dal tracciato delle linee di corrente (Figg. 49 e 50):

con

C =

2/

&3> 6> N>

=1

! >

&3>

(136)

(137)

e zDIST numero di pale distributrici stimato, per esempio, con la relazione empirica:
z[ B 1 -2R
,

o
o

+ (4 6)

(138)

Si ricorda che le pale distributrici hanno geometria a semplice curvatura per assicurare un
efficiente grado di tenuta nella condizione di totale chiusura.
Langolo del distributore riferito a un piano ortogonale allasse. Occorre pertanto
rilevare anche langolo 0 (Fig. 52) che la tangente alla linea di corrente sul bordo duscita
delle pale distributrici forma con una retta ortogonale allasse di rotazione.

(*)

Si veda il capitolo: Incidenza ottimale allingresso della girante.

- 133 -

Si ottiene:

tg

$>
$ >

> $>

) $ )

(139)

oppure, ricordando il legame tra langolo di flusso 1 e langolo costruttivo 1b del bordo
dingresso della girante necessario per garantire una corrette incidenza (eq. 87):

tg

>

,

) ) ,8) 8 )
j>

78):

(140)

Langolo di flusso in un piano ortogonale allasse risulta pertanto (Fig. 52):

tg
o
o

tg cos

(141)

Stabiliti il raggio rI di ingresso del distributore e langolo di flusso 1 della corrente si


procede con il dimensionamento della schiera piana trasformata di quella radiale.
Si pu procedere secondo lo schema riassunto nella Fig. 53(*).

(*)

Si veda il capitolo: Dimensionamento


Dim
delle pale distributrici.

- 134 -

Il segno di = determina la curvatura della linea media (Fig. 43). Per schiere
acceleranti < e la curvatura della linea media rivolta verso l'alto. Il carattere
accelerante o decelerante della schiera condiziona il segno della differenza * e di
= . Per una schiera accelerante > * e = .
Il carattere della schiera, accelerante oppure decelerante, deve intendersi, inoltre, riferito
alla schiera piano trasformata poich nella schiera radiale sempre Cr > Cr giacch la
sezione di attraversamento diminuisce nella direzione del flusso. Occorre pertanto
(*)

&
confrontare tra loro le velocit 0(r CuI )& + (r CmI ) e 0(r Cu0 )& + (r Cm0 )&

all'ingresso e all'uscita della schiera piana (la velocit Cm si ricava dal tracciato delle
linee di corrente, mentre Cu = Cm cot ); Oppure gli angoli e .

- 135 -

- 136 -

o
o

Qualora sintenda adottare un profilo simmetrico si vedano le note riportate nel capitolo
dedicato al dimensionamento delle pale distributrici.
Per le altre sezioni palari della girante si parte dalluscita del distributore, seguendo le
linee di corrente corrispondenti (Fig. 49).
Dal reticolo di flusso si calcolano i valori pertinenti della velocit meridiana Cm0 (eq.
136) e dellinclinazione 0 della linea di corrente rispetto al piano ortogonale allasse, e
quindi la componente tangenziale Cu0 alluscita del distributore con la relazione:

Cu =

$> B 5>

JT>: @

(142)

(il segno + se la schiera piana accelerante, il segno meno nel caso opposto).
La procedura assume approssimativamente costante la deviazione angolare lungo il bordo
duscita del distributore, e quindi anche langolo di flusso 0 su un piano ortogonale
allasse di rotazione pari a quello determinato alluscita del distributore lungo la
superficie di corrente presa a riferimento per laccoppiamento fluidodinamico girantedistributore(*).
Si procede quindi verso il bordo dingresso della girante dove si calcola Cu1 dalla
conservazione del momento della quantit di moto:

Cu, =

Cm, =

>
)

Cu

(143)

2/

Dal tracciato delle linee di corrente si ricava la velocit Cm1 allingresso della girante:
&3) 6) N)

(144)

e quindi langolo 1b della corrispondente sezione palare imponendo la condizione di


incidenza ottimale:

tg,* =

dopo aver determinato langolo di flusso 1:

tg, =

)

8 ) )
78)
) j)

$)

) 8$ )

(145)

(146)

Alluscita della girante la componente Cu2 si ricava dallequazione dello scambio di


energia:

gH = [ gH = u, Cu, u& Cu&

(147)

La velocit meridiana Cm2 deriva invece dalla equazione della portata per il tubo di
flusso in esame:

Cm& =

2/

&3% 6% N%

Langolo costruttivo 2b infine dato dalla relazione:

tg&* =

$%

% 8$ % W

%
%
%

(148)
,

)
% %
W

78%
% j%

(149)

La determinazione di 1b (eq. 145) e 2b (eq. 149) richiede lattivazione di una procedura


iterativa poich u, /u, , , e u& /u& , & dipendono rispettivamente da 1b e 2b.
(*)

Per questi riguardi sarebbe forse pi opportuno riferire il calcolo della deviazione
angolare , e quindi il dimensionamento del distributore, alla linea di corrente media
anzich a quella adiacente alla corona (Vivier).

- 137 -

GEOMETRIA DELLE SEZIONI PALARI


o

o
o

Determinati per ciascuna sezione palare gli angoli costruttivi 1b e 2b dei bordi d
ingresso e di uscita occorre stabilire la geometria di tali sezioni e un criterio per la loro
rappresentazione grafica.
Le superfici di corrente di Fig. 49 non sono sviluppabili in piano, come invece sarebbe
necessario per poter disegnare le sezioni palari che su di esse si avvolgono.
Per sopperire allinconveniente si pu fare uso dei coni di sostituzione oppure del metodo
di rappresentazione conforme noto
not come metodo dei triangoli degli errori.
Il secondo approccio quello pi largamente impiegato in un ambiente industriale, e
perci descritto nelle note che seguono.
METODO DEI TRIANGOLI DEGLI ERRORI
Inn Fig. 54a mostrata lintersezione della pala con una generica superficie di corrente.
Il profilo meridiano di tale superficie suddiviso in parti uguali, di estensione pari ad a.

Si considerino le circonferenze che passano per i punti che delimitano i tratti di lunghezza
a in cui stato suddiviso il profilo meridiano della superficie di corrente (Figg. 54 e
55).
Sulla superficie di corrente queste circonferenze intersecheranno la traccia della sezione
palare nei punti 0 -1 -2 -3 -4
- -5 (Fig. 54 a).

- 138 -

Attraverso questi punti si facciano passare dei piani meridiani (le cui intersezioni con la
superficie di corrente sono indicate con linea a tratti in Fig. 54a).
o Si individuano dei triangoli rettangoli (Fig. 54a), ciascuno dei quali sostiene (ne
rappresenta la loro ipotenusa) un tratto della curva 0 -1 -2-5.
o Questi triangoli sono stati distesi in piano in Fig. 54b e disposti in modo tale che le loro
basi, costituite dagli archi di circonferenza 00, 11, 22.55; siano tra di loro parallele.
I triangoli devono succedersi nella giusta sequenza, che quella stabilita sulla superficie
di corrente (Fig. 54a).
o I vertici dei triangoli 0, 1, 2,,5 riproducono in piano lo sviluppo(*) della sezione palare
data la congruenza che viene a stabilirsi tra i triangoli sulla superficie e sul piano.
o Linclinazione della curva rispetto a una delle rette parallele disegnate nel piano di
Fig.54b perci pari a quella formata dalla curva con la tangente alla circonferenza
corrispondente sulla superficie di corrente (Fig. 54a)
o In Fig. 54c mostrata la vista circonferenziale della sezione palare.
o La procedura da adottare pu essere riassunta nel modo seguente.
1) Si divide il profilo meridiano della superficie di corrente (la linea meridiana di corrente)
in un dato numero di tratti di lunghezza a (Fig. 55).
2) Si disegna un fascio di rette parallele distanti tra loro la lunghezza a (Fig. 56). Su
questo piano si disegna la sezione palare (sviluppo piano delle sezioni palari). Langolo
formato dalla linea media del profilo palare rispetto a una retta (parallela alle precedenti)
passante per il bordo di ingresso e di uscita pari a quello presente sulla superficie di
corrente. Non si necessita pertanto di alcuna correzione degli angoli ottenuti dai calcoli di
progetto.
o

(*)

Il grado di approssimazione dello sviluppo piano a quello reale sulla superficie di


corrente aumenta con il diminuire dellestensione dei triangoli.

- 139 3) Dai punti di intersezione del profilo con le rette parallele si tracciano dei segmenti a
queste perpendicolari, definendo i triangoli
t
tratteggiati di Fig. 54b.
Si individuano in tal modo lestensione, in piano, degli archi di circonferenza 00, 11,
22 da riportare sulla vista circonferenziale (Fig. 54c).

4) Da un punto generico sulla superficie di raggio r0 si riporta larco


= 00
00 (Fig. 54c).
Si congiunge 0 con il centro della circonferenza (traccia dellasse di rotazione).
Lintersezione di tale raggio con la circonferenza di raggio r1 individua il vertice 1 del
triangolo
. Dal punto 1 si riporta, seguendo la direzione indicata nello sviluppo
piano (Fig. 54b) larco
= 11 . Si congiunge 1 con il centro comune a tutte le
circonferenze; lintersezione con la circonferenza di raggio r2 individua il vertice 2 del

triangolo
nella vista circonferenziale.
Si procede allo stesso modo per gli altri punti per ottenere, alla fine, la proiezione
circonferenziale della sezione palare di cui quella in Fig. 54b ne lo sviluppo in piano.
5) Si agisce in modo analogo per tutte le altre linee
linee meridiane di corrente mantenendo
costante (per ragioni di semplicit operativa) la lunghezza della suddivisione a. anche
conveniente assumere unorigine comune per la suddivisione in tratti di uguale lunghezza
delle linee meridiane di corrente (Fig.
(Fig 57)

6) Ottenute le proiezioni circonferenziali di tutte le altre sezioni palari nel modo sopra
descritto, si disegna sulla vista circonferenziale il fascio di piani meridiani 0, 1, 2, 3,
rappresentato in Fig. 58.
7) Dalle intersezioni di tali piani con la pala si ottengono le corrispondenti sezioni
meridiane. sufficiente considerare per ogni piano meridiano i punti di intersezione A,
B, C, D,(Fig. 58a) con le proiezioni circonferenziali delle singole sezioni palari a, b, c,
d, e.
Le distanze radiali rA, rB, dei punti di intersezione consentono di determinare, con le
regole delle proiezioni circolari, i punti corrispondenti A, B, C, sulla sezione
meridiana (A, B, C, distano dallasse di rotazione la medesima distanza dei punti A,
B, C).

- 140 -

ausilio delle sezioni meridiane si possono infine ottenere, sulla vista


8) Con lausilio
circonferenziale, le curve di livello ottenute intersecando la pala con un dato numero di
piani tra loro paralleli e ortogonali allasse di rotazione che, per aspetti legati alla
fabbricazione
ricazione della pala, vantaggioso siano tra di loro equidistanti. Si procede cos. Il
piano I (Fig. 59a), ad esempio, interseca la sezione meridiana 1 a una distanza dallasse
pari a r1.
Il punto corrispondente sulla vista circonferenziale della pala si ottiene dallintersezione
della circonferenza di raggio r1 con la traccia 1 del piano meridiano (Fig. 59b).

- 141 In modo analogo si procede per lintersezione del piano I con le altre sezioni meridiane
della pala ottenendo, in tal modo, la curva di livello I nella vista circonferenziale.
9) Si procede in modo analogo per gli altri piani.
Le curve di livello e i profili delle sezioni meridiane devono presentare un andamento
continuo e regolare se si vuole assicurare alla pala una forma priva di irregolarit.
o Il bordo dingresso, a differenza di quello di uscita, non di norma contenuto in un piano
meridiano (Fig. 60), tranne che per le turbine Francis a basso numero tipico di macchina.

o
o

La sua inclinazione consente di contenere lo sviluppo periferico della pala nelle adiacenze
della corona. In genere, langolo di avvolgimento delle pale nella vista circonferenziale
intorno a 60.
Il profilo del bordo dingresso sulla vista circonferenziale deve presentare una forma
regolare e continua per garantire alla pala una curvatura priva di discontinuit.
A tal fine, e anche per controllare adeguatamente langolo di avvolgimento di ciascuna
sezione palare, pu risultare comodo disegnare in anticipo sulla vista circonferenziale i
profili dei bordi dingressoo e di uscita delle pale (Fig. 60a)
Su questi si possono riportare con le regole delle proiezioni circolari, note le linee
meridiane di corrente, i punti dingresso A, B, C, e di uscita a, b, c, delle singole
sezioni palari (Fig. 60).

- 142 -

o
o

Come si appena visto, il primo passo il disegno dello sviluppo piano della generica
sezione (Fig. 61).
Allo scopo potrebbero essere impiegati profili della serie NACA, ad esempio quelli a 4
cifre aventi la linea media formata da due archi di parabola che si fondono nel punto di
alzata massima assicurando la continuit della derivata prima. Limpiego di profili
appartenenti ad ununica famiglia agevola, infatti, la costruzione di pale prive di
irregolarit.
Nel riferimento della corda , la geometria della linea media descritta dalle relazioni:
N
N
e

= (,8

= ( /e)% 2

N /e

N /e

/e)

e e per 0 < /\ < d /\


1 e 1 + e 2

per d /\ < /\ < 1

(150)

(151)

Langolo i tra la tangente allingresso ( / l =0) della linea media e la corda l dato dalla
relazione:
N /\

tg = 2 /\ = A \

(152)

mentre langolo u tra la tangente alla linea media alluscita ( / l =1) e la corda vale:

tg =

1 \ = B \
N

Lordinata di alzata massima A/ l si ricava, noto = ,* &* e stabilita lascissa


dalla relazione:
N

&

\
(,8 /\)%

d86
cot
&d6

+0

d86 &
cot &
&d6

d6
,

(153)
A/

l,

(154)

Note le coordinate del profilo nel riferimento della corda , occorre riportarle nel
riferimento m, u dello sviluppo piano delle sezioni operando una rotazione da , a m,
u e poi una traslazione da m, u a m, u (Fig. 61b):

=

>

>

+ B

B J 8B J
N
J B J

(155)

- 143 -

o
o

o
o

Lintersezione del profilo nel piano m, u con il fascio di rette parallele distanti tra loro la
suddivisione prescelta a (Fig. 61a) definisce i punti 0, 1, 2, 3,
Langolo di avvolgimento della sezione palare nella vista circonferenziale dato dalla
relazione (Fig.62):

(156)

Il valore finale di dipende dalla scelta iniziale della ascissa del punto di alzata massima
A/ l. Infatti, scelto A/ l noto langolo u e quindi langolo di calettamento = &* +
del profilo nel piano m-u e dunque la corda \ = m / sin . Si pu perci variare
lascissa A/ l finch langolo di avvolgimento non coincide con il valore atteso.
La procedura fin qui descritta si limita a definire le coordinate del profilo atte a garantire
un determinato angolo di avvolgimento partendo dagli angoli costruttivi 1b e 2b e dallo
sviluppo meridiano della sezione palare.
Per ottenere una pala di geometria regolare per necessario stabilire la posizione
relativa delle sezioni palari imponendo un vincolo geometrico.
Nelle applicazioni si impone solitamente che il bordo duscita delle pale giaccia su un
piano meridiano (Fig. 60a)
Assunto pertanto questo quale origine per la coordinata sulla vista circonferenziale, la
posizione relativa delle singole sezioni univocamente definita.
Nella vista circonferenziale della pala (Fig. 60a) tutte le sezioni verranno perci riportate
a partire dalla traccia di tale piano.

- 144 -

La procedura pu essere cos riassunta (Fig. 63):

Alla linea media va aggiunta una distribuzione degli spessori (v. appendice).
Per trasferire lintradosso e lestradosso sulla vista circonferenziale occorre qualche
attenzione qualora non si faccia uso diretto dello spessore circonferenziale.
Per i profili aerodinamici gli spessori si intendono in direzione ortogonale alla linea
media.

- 145 -

Per la determinazione della coordinata polare B del punto B dellintradosso (Fig. 64),
ottenuto riportando ortogonalmente alla linea media, per il punto B, il semispessore ,
basta osservare che il punto B (Fig. 64) deve avere la medesima coordinata polare del
punto B, cio B = B.
Pertanto:

6T

6 '

6T 6"
hT

6 '

@B

2:

hT

(157)

Analogamente, per il corrispondente punto c dellestradosso:

$T

6 #

$T $"
jT

6 #

@B

2:

jT

(158)

- 146 -

CAMERE DACQUA E VOLUTE


o

o
o
o

Per cadute idriche inferiori a 5 metri e macchine di piccole dimensioni, la turbina posta
allinterno di una cassa dacqua in cemento (Fig. 65 a) turbina ad asse verticale, b)
turbina ad asse orizzontale).
Lacqua alimenta la turbina in modo non ottimale (Fig. 66a), in particolar modo nella
parte della camera dove lacqua fluisce in direzione contraria alla rotazione della turbina,
ed perci costretta a subire bruschi cambi di direzione.
Per limitare le perdite necessario limitare la velocit di afflusso che, in genere, varia tra
0,81 m/s ( C 0,050,1 -2gh , B D + (1,3+1,5) m ).
Per migliorare lafflusso dellacqua verso lapparato di distribuzione, la turbina pu
essere collocata eccentricamente allinterno della camera (Fig. 66b).
Per cadute maggiori, ma inferiori a circa 20m, la turbina posta allinterno di casse
spiraliformi in cemento (Figg. 66c e 67).
La portata che perviene al distributore solo per 2/3 (allincirca) convogliata attraverso la
cassa a spirale, le sezioni trasversali della quale sono calcolate per ottenere una velocit di
attraversamento costante.
La velocit dellacqua a monte scelta un po pi elevata rispetto alla soluzione
precedente (camera dacqua). Si assume in genere:
C (0,1 0,12)-2gH

(159)

- 147 -

- 148 -

Per cadute maggiori di 20 m la spirale di metallo, ghisa o lamiera saldata (Fig. 68).
In questo caso la voluta avvolge completamente la corona di pale distributrici in modo da
convogliare lacqua nel modo pi uniforme possibile in direzione circonferenziale.
Per attenuare lo stato tensionale e la tendenza ad aprirsi
aprirsi sotto lazione delle forze S
generate dalla pressione interna, la voluta irrigidita disponendo alluscita (Figg. 68a / b)
una corona di pale fisse (predistributore).
(predistributore)
Per la generica sezione della voluta (Fig. 68b), definita dallangolo al centro (*) (Fig.
68a), la portata elementare che attraversa la sezione dS = b dR data dalla relazione:
dQ C

(*)

b dR C

(160)

Langolo al centro misurato a partire dal piano meridiano 1 che passa per il punto
di intersezione del profilo della spirale con la circonferenza base, il cui raggio in Fig. 68a
RIV.

- 149 -

- 150 -

Se si impone che il moto spiraliforme dellacqua allinterno della voluta sia


accompagnato dal contorno della medesima senza che abbia luogo alcuna interazione, il
momento della quantit di moto tangenziale R Cu si conserva e la relazione precedente
pu essere riscritta nella forma:
dQ C = C b

dalla quale:

QC = R C

Lintegrale:

,C

dR

b
dR = C
R

R
b dR =
R

(161)

R
b dR
R

(162)

(163)

b dR

ridefinisce larea A della generica sezione della voluta prendendo a riferimento la


velocit CuIV presente sulla circonferenza base di raggio RIV. Larea Ar, (tratteggiata in
Fig. 68d) denominata area ridotta della sezione reale della velocit di area A.
Analogamente, alla larghezza

b =b

o
o

(164)

si d il nome di larghezza ridotta.


Sfruttando la definizione area ridotta (eq. 163), la portata Q che attraversa la sezione A
della voluta pu essere scritta nella forma compatta:

QC = C A

,C

(165)

Nelle turbine idrauliche la lingua della voluta continua oltre la circonferenza base di
raggio RIV per divenire, essa stessa, una delle pale predistributrici (Fig. 68a).
Lo spessore della lingua sotteso in direzione circonferenziale a un angolo al centro
indicato con in Fig. 68a. Pertanto, la portata complessiva Q convogliata dalla voluta
allingresso delle pale predistributrici non si distribuisce su un angolo di 360, ma di 360-.
La portata Q che interessa la sezione A della voluta (o quella ridotta Ar, ad essa
corrispondente) perci anche pari a:
ovvero, poich Q = C A
voluta (Fig. 68a):

,,

QC = Q U

8T

= C A

,C

(166)

con Ar,1 sezione ridotta della sezione dingresso 1 della

,C

=A

,, U

8T

(167)

La generica sezione Ar, della voluta dunque nota una volta determinata quella
allingresso Ar, 1.
La precedente pu essere impiegata anche in altro modo. Nota Ar, 1, stabilita Ar, (minore
ovviamente di Ar, 1) si pu determinare langolo al centro a cui deve essere collocata.
Per determinare la sezione ridotta Ar, 1 occorre fissare un valore appropriato della velocit
Ce allingresso della voluta.
Dallequazione della portata nella condotta di adduzione che si collega alla voluta:

Q = 1 D&Z CZ
3

(168)

C = Cu, )

mentre dalla conservazione del momento della quantit di moto nella sezione 1:

In genere, si pone Cu1 = Ce per evitare decelerazioni nel tragitto tra la sezione AZ =
di collegamento con la condotta di adduzione e il contorno spiraliforme della cassa.

(169)
3`%
1

- 151 La velocit Ce da adottare varia da 2 a 6 m/s, ed suggerita dallesperienza in funzione


della caduta idrica H (Fig. 69, dove cZ = CZ /-2gH la velocit specifica).
o Per contenere lerosione dovuta alla sabbia trasportata dallacqua, si consiglia per Ce un
valore non superiore a 10 m/s.
o In conclusione, la procedura di calcolo pu essere cos riassunta.
1) Si calcola Ce assumendo un valore appropriato per la velocit specifica ce in funzione
della caduta idrica.
2) Si assumono i raggi di ingresso RIV e di uscita RIII delle pale predistributrici. Il raggio RIII
di poco superiore al raggio di ingresso delle pale distributrici
distributrici (~ 1015mm).
o

- 152 3) Si determina la velocit tangenziale C allingresso del predistributore assumendo sul


raggio esterno della sezione 1 dingresso della camera a spirale Cu1 = Ce :

CZ

V CZ

W`

(170)

4) Si calcola larea ridotta Ar, 1 allingresso della spirale


Q

CIV
u A

,, A ,,

(171)

I punti 3) e 4) possono essere reiterati per rimuovere lapprossimazione iniziale


R, R # DZ (Fig.70).

5) Stabilito il raggio R1 della sezione dingresso della cassa a spirale si disegnano le sezioni
intermedie A2, A3, A4, (Fig. 68c). Per la generica sezione A si determina la sezione
ridotta corrispondente con la relazione:
(172)
A

,C

W&"

20&C (R ' R ' C ?&


R

dR

(il raggio della sezione deriva dallo sviluppo delle sezioni assunto per la voluta
partendo da quella iniziale A1 (Fig. 68c) ).
6) Dallassunzione che la portata si distribuisca sulle sezioni trasversali della voluta
proporzionalmente allangolo al centro (Fig. 68a),
a), che si traduce nella eq. 167, si ricava
la posizione angolare +
della sezione A rispetto alla sezione A1.
7) Una volta posizionate le sezioni A sono note anche le distanze radiali RIV + 2
2 del loro
punto pi esterno rispetto allasse della turbina.
Questi punti sono di solito raccordati con archi di cerchio (Fig. 68a).

- 153 -

o
o

o
o

La sezione A1 dingresso della spirale viene, infine, aperta per facilitare la realizzazione
del tratto della voluta che opera il raccordo tra la spirale e la condotta di adduzione.
La procedura di progetto precedentemente descritta, basata sul principio della
conservazione del momento della quantit di moto, presenta linconveniente di fornire
velocit medie di attraversamento che diventano sempre pi elevate con il diminuire della
distanza radiale del contorno della voluta dallasse.
Se da un lato ci consente di ridurre le dimensioni, dallaltro comporta un aumento della
perdita di carico.
Per questa ragione il procedimento impiegato soprattutto per le Francis a basso numero
tipico di macchina per le quali, in genere, si pu fare affidamento su una minore velocit
specifica ce allingresso della voluta (Fig. 69).
Anche per questo motivo, spesso, le aree delle ultime sezioni della voluta, quelle
prossime alla lingua, vengono maggiorate di circa il 10%.
Un approccio alternativo quello di dimensionare la voluta ammettendo costante la
velocit di attraversamento, e pari alla velocit Ce allingresso.

In questo caso, per la sezione della voluta distante langolo della lingua (Fig. 71) si
potr scrivere:
C
C
QC = Q Q U = Q 1 U
(173)
e
Dalle (173) e (174) si ottiene:

CC = d = d = CZ

per cui, posto:

anche

` &
`

2
2

x=1

=1U

(174)

DC = DZ x

(175)
(176)
(177)

- 154 -

Nei riguardi delle perdite di carico attraverso la voluta unidea ancora pi vantaggiosa
della precedente consiste nellassumere costante la perdita di carico per unit di
lunghezza della voluta. Posto pertanto:

=f

= cost

, $%

` &

(178)

e assumendo costante il coefficiente di perdita f (moto turbolento), si ottiene la


condizione:
$ %
`

anche:

dalla quale:

Q C = CC

`%
1

= cost =

=Q 1
$ `%
$ `%

`
`

o
o

(179)
`%
1

=x

= x,/r = 1

Combinando insieme le (179-181) si ottiene:


$

=1

= CZ

$ %

= x &/r = 1

(180)

(181)

,&

(182)

,1

(183)

Gli andamenti dei rapporti C/ Ce e D / De in funzione dellangolo sono diagrammati in


Fig. 71, dove con linea tratteggiata anche mostrato landamento del rapporto D / De
nellipotesi di velocit di attraversamento costante.
Si pu notare come la condizione di ammettere costante la perdita di carico per unit di
lunghezza comporti una diminuzione meno rapida del diametro delle sezioni della voluta.
La forza di trazione agente sulle pale predistributrici pu essere calcolata con la relazione
seguente (Fig.71):

F =

[W@

(184)

se con p si indica la pressione dellacqua, S la sezione della voluta tratteggiata in Fig. 71,
d e le distanze del baricentro della sezione S dal profilo esterno della voluta e dallasse
del perno delle pale fisse del predistributore.
Per concludere il capitolo delle turbine Francis opportuno affrontare altri due
argomenti: le curve caratteristiche delle macchine in questione, e l'effetto del condotto di
scarico. Il primo ben discusso sul libro di macchine di G. Ventrone, il secondo
presente come appendice in queste note.

- 155 -

TURBINE ASSIALI
(note integrative)
TIPOLOGIE E CAMPO DI IMPIEGO
o

Le turbine con giranti a flusso assiale vengono impiegate quando il numero tipico di
macchina K maggiore di 2,5.
Sono dette ad elica se le pale della girante sono fisse, e perci montate su un mozzo
cilindrico (Fig. 1). Sono invece denominate Kaplan quando langolo di calettamento delle
pale della girante pu essere modificato al variare della portata in modo da contenere le
perdite per incidenza (Figg. 2-4).
2
Il rendimento delle turbine Kaplan, rispetto a quelle ad elica, assume perci valori elevati
in un ampio campo di portate, dal 40 al 120 % della portata di progetto (Fig. 5).
per questa ragione che si cercato,
cercato, nel tempo, di estendere il campo di funzionamento
delle Kaplan fino a cadute idriche di circa 70 m, sconfinando nel settore delle turbine
Francis.

Allaumentare della portata aumentano le dimensioni della turbina e il costo del kWh
installato.
questo linconveniente che accompagna gli impianti aventi cadute idriche molto basse
dove sulla portata che si deve agire per aumentare la potenza erogabile.
Per contenere i costi, e rendere perci appetibile lo sfruttamento dei numerosi corsi
dacqua soggetti a modesti salti idrici, necessario contenere non solo le opere di
ingegneria civile ma anche quelle di costruzione del macchinario elettro-meccanico.
elettro meccanico.

- 156 -

- 157 -

- 158 -

- 159 -

- 160 -

o
o
o

A tal riguardo, le turbine a bulbo offrono una soluzione interessante. In esse lalternatore
si trova immerso nella corrente e forma con la turbina un unico insieme.
Il generatore pu essere posto a valle, allinterno del diffusore (Figg. 6 e 7) oppure a
monte della turbina (Figg. 8 e 9).
Nella soluzione a valle, la presenza dellalternatore complica la geometria del diffusore,
dando altres origine a perdite maggiori (velocit di attraversamento pi elevate).
Presenta per il vantaggio di contenere lo sviluppo assiale dellimpianto, e la
refrigerazione dellalternatore non costituisce in genere un problema.

- 161 -

o
o

o
o
o

o
o
o
o
o

Dal punto di vista dellefficienza del diffusore, la soluzione con lalternatore a monte
migliore, ma presenta lo svantaggio di allungare linstallazione.
Le turbine a bulbo sono prive di voluta. Ci consente non solo di ridurre le opere di genio
civile e di installazione (~ 15% in meno), ma anche di migliorare le condizioni di moto
della corrente che accede alla girante dato che ora procede lungo traiettorie rettilinee. Il
miglior rendimento dei condotti di adduzione consente di aumentare la velocit assiale e
di contenere il diametro della ruota di circa il 78 % rispetto al diametro della girante di
una turbina Kaplan classica.
Anche lestensione assiale dellintero gruppo si rivela inferiore rispetto allinstallazione
verticale (il rapporto L/D tra la lunghezza del gruppo e il diametro della ruota pari a
circa 1,8 per la turbina a bulbo contro i 2,53 delle soluzioni ad asse verticale).
I problemi della soluzione a bulbo sono legati al raffreddamento dellalternatore, e ci
limita la potenza massima ottenibile che si aggira intorno ai 2030 MW.
Le difficolt di realizzazione dei gruppi a bulbo derivano dallimmersione totale della
macchina elettrica. essenziale impedire allacqua di entrare.
Una soluzione consiste nel riempire lalternatore di olio in pressione. Lolio assicura
lisolamento e pu essere efficacemente utilizzato per trasferire allacqua esterna il calore
generato dagli avvolgimenti elettrici.
Non mancano i problemi, ad esempio quelli legati allumidit presente nellolio, che non
facile da eliminare totalmente e che pu ridurre la capacit di isolamento dellolio.
Per il raffreddamento dellalternatore si pu, in alternativa, fare uso di aria compressa.
In genere, per gli impianti che prevedono limpiego di turbine tubolari, il distributore
fisso e le pale della girante sono regolabili per potenze fino a circa 1000 kW.
Per potenze superiori, fino a circa 2030 MW la ruota di tipo Kaplan e il distributore, di
tipo conico, regolabile.
Le Figg. 2, 3, 4 e 10 mostrano alcune soluzioni costruttive di turbine Kaplan.
interessante osservare in Fig. 10 il collegamento turbina-alternatore mediante un
moltiplicatore di giri (dai 175 giri/min della turbina ai 750 giri/min dellalternatore),
soluzione che consente di contenere le dimensioni e i costi dellalternatore.
(*)
altres possibile osservare in Fig. 4 la presenza di un distributore conico , soluzione
che permette di ridurre le dimensioni radiali della turbina.
La girante della turbina in Fig. 2 ha un diametro di 6,25m e un peso di 87t.
La Fig. 11 offre un quadro generale, anche se schematico, delle possibili soluzioni
impiantistiche che interessano le turbine a flusso assiale.

(*)

Lasse di rotazione delle pale , in genere, inclinato di 30 rispetto allasse di rotazione


della girante.

- 162 -

- 163 -

- 164 -

GEOMETRIA DEL CONDOTTO MERIDIANO


o
o

In Fig. 12 schematizzata la forma tipica del condotto meridiano di una turbina Kaplan o
ad elica.
In genere il rapporto tra il diametro d del mozzo e del mantello D stabilito in funzione
del numero z di pale, in modo da garantire lo spazio necessario per ancorare le pale e
accomodare i meccanismi per la loro regolazione (nelle Kaplan).
A titolo orientativo si pu fare affidamento ai dati riportati in Tab. 1.

La transizione dalla geometria cilindrica del mozzo (o del mantello) a quella piana che
alloggia le pale del distributore ha la forma tipica di un arco di ellisse.

- 165 -

Per la scelta dei diametri D e d possono essere di ausilio anche le relazioni:

D K 0
3

con K 45

dove:

2(!l7#!:!,)

K 2([ B

o
o

, D[m]

3
U

Q ([,r B

* Z) / (gH)

,or

(1)

(2)
(3)

Il progetto della turbina eseguito per una portata inferiore a quella disponibile (portata
massima a cui si prevede la turbina possa operare) per ottenere un rendimento medio di
esercizio pi elevato. Il rapporto tra la portata di progetto e quella disponibile suggerito
dallesperienza (Tab. 1).
Il rendimento massimo ovviamente riferito alla portata di progetto. Per la portata
massima dellinstallazione, il rendimento pu essere stimato con la seguente correlazione
empirica:
77.

2W 777

&r 1 2
,

S!l7#!:!,

(3)

in tal modo possibile stimare la potenza effettiva P = QgH sia per le condizioni di
progetto (Q
. , 2W 77. = ) sia per la massima portata dellimpianto, a parit di
caduta idrica disponibile.
Il regime di rotazione deriva da uno studio preliminare di fattibilit. Si suggerisce
comunque che la velocit di rotazione n della turbina non superi il valore suggerito dalla
seguente relazione, nota come relazione dei costruttori europei:

d = DU0,718 0,073513 K 2([ B ) V = [m]

2SW = 2W

(7! !/!#)

; Q

,,,

%/
)/%

[giri/min]

(4)

dove:
H la caduta idrica in m;
P2 = QgH2 la potenza attesa per la portata massima disponibile per
limpianto (massimo rischio per la cavitazione) espressa in kW (2 dato da eq.3).
Le dimensioni principali della girante e del condotto meridiano sono legate alla portata
massima dellinstallazione attraverso i parametri e (dedotti dal numero tipico di
macchina K = Q ,r /(gH) ,or) o da altre relazioni di natura empirica (eq. 1 e 2).
In tal modo si ha la possibilit di contenere la velocit di attraversamento per la portata
massima e i conseguenti rischi per la cavitazione. La verifica a cavitazione, dovendo
essere effettuata per le condizioni pi gravose, va infatti eseguita per la portata massima
disponibile per limpianto.
Il progetto della palettatura , invece, eseguito per la portata di progetto.
La distanza delle pale distributrici dallasse della girante usualmente pari a 0,25 D
mentre laltezza B del distributore, bench vari con il numero tipico di macchina K(*),
allincirca pari a B 0,4 D.
Il mozzo e il mantello esterno della turbina possono avere geometria cilindrica in
corrispondenza delle pale della girante. In questo caso, tra pala e mozzo e tra pala e
mantello, esister inevitabilmente un gioco (variabile con la posizione delle pale) che pu
risultare ragguardevole, a tutto svantaggio del rendimento volumetrico.

(*)

Si vedano a tal proposito i diagrammi statistici proposti nel capitolo dedicato alle
turbine Francis.

- 166 -

o
o

Per valori elevati della potenza si adotta pertanto una geometria sferica per il mozzo e il
mantello anche per queste ragioni.
La curvatura del condotto meridiano ragguardevole. Il campo di moto deve perci
essere valutato con i procedimenti bidimensionali gi descritti a proposito delle turbine
Francis.
Dal tracciato delle linee di corrente (Fig. 13) si potranno determinare le velocit
meridiane allingresso e alluscita della girante e del distributore palettato.
Lo schema di calcolo segue quello gi visto per le turbine Francis.
In genere la distanza tra il distributore e le pale della girante suggerita dallesperienza
tale da assicurare un deflusso sostanzialmente cilindrico della corrente attraverso la
girante, con una distribuzione della velocit meridiana poco discosta dalluniformit.
Alluscita della girante la componente tangenziale Cu2 , in genere, posta uguale a zero
per ridurre lenergia cinetica allingresso del tubo di scarico, o leggermente positiva per
ostacolare la separazione dello strato limite dalle pareti di questultimo.

- 167 -

AERONAMICA DEI PROFILI IN SCHIERA (cenni)


o

Lo sviluppo in piano di una generica sezione cilindrica della girante assimilabile, sotto
il profilo aerodinamico, a una schiera piana costituita da un numero infinito di profili che
si susseguono con passo palare t (Fig. 14).

La simmetria assiale della girante consente, infatti, alla corrente di riprodurre le stesse
condizioni di moto allinterno di ciascun condotto interpalare. Esattamente quello accade
in una schiera piana formata da un numero infinito di profili alari.
Caratteristica peculiare di una schiera quella di modificare definitivamente le propriet
del campo di moto. La velocit e la pressione a monte della schiera W, e p, (oppure C, se
la schiera stazionaria) vengono modificate in W& (oppure C& ) e p2 a valle della
medesima a causa della interazione che accompagna il deflusso della corrente attraverso
la schiera.
Con riferimento alla Fig. 14, si isoli il generico profilo palare con la superficie di
controllo abcd e si applichi al fluido da essa racchiuso il principio della variazione della
quantit di moto.
Le curve ad e bc sono distanziate tra loro ovunque del passo t della schiera.
La simmetria del campo di moto impone perci lungo tali contorni della superficie di
controllo gli stessi valori della pressione, velocit e tensioni tangenziali viscose e
turbolente.
Se si ignorano le tensioni tangenziali dattrito sui contorni ab e dc paralleli al fronte
della schiera, la scrittura della quantit di moto offre, per la componente tangenziale Ft
esercitata dal fluido sul profilo, la espressione(*):
F = W t [W , (W & )] = W t(W & W , )
(5)

Nella (5) compaiono solo caratteristiche cinematiche della corrente (Wu1 e Wu2) e
geometriche della schiera (il passo palare t). Allo stesso risultato si perverrebbe dunque
anche se si supponesse il deflusso del fluido attraverso la schiera privo di attrito.
(*)

la forza per unit di larghezza del profilo; espressa in N/m. Con Wu e Wm si


intendono i moduli delle corrispondenti velocit.

- 168 -

La componente della forza in direzione assiale (sempre esercitata dal fluido sul profilo) Fa
invece data dalla relazione:
F = (p, p& )t [N/m]
(6)
dove (p1 p2) la differenza di pressione statica attraverso la girante. Ma attraverso
questultima si conserverebbe, a meno delle perdite, la pressione totale della corrente
relativa, perci:
p1

"

%8 %
)
)

&

"

Pertanto:

&

+h

(7)

%8
%

&

%
)

+h

(8)

La precedente, ricordando che per lequazione di continuit (il fluido si ritiene


incomprimibile) Wm1=Wm2, si pu riscrivere nella forma:
)8 %

"

%8 %
%
%

La geometria assiale della girante rende lecita lipotesi di corrente cilindrica (u1 = u2)
cosicch il salto di pressione (p1 p2) pu essere riformulato in termini di velocit
relativa:
p1 8p2

p2

"

F =

% 8
%

&

% W

&

%
)

1+

(W

&

&

% 8
%

%
)

(9)

W , )t 1 +

&

% 8
%

%
)

(10)

Per una data deviazione angolare 1-2, gli effetti degli attriti (la perdita di carico hr) si
riflettono solo sulla componente Fa della forza nella direzione del deflusso.
In condizioni ideali (hr =0), lespressione di Fa diventa:
Fa =

%W

&

(Wu& Wu, )t

(11)

= t(Wu& Wu, )

Poich:

(12)

la circuitazione attorno al profilo (Fig. 14) le eq. 5, 10 e 11 possono essere riscritte nella
forma:
F = W
(13)
F =

o
a)

%W

&

Fa =

1+
%W

&

&
%8
%

%
)

(14)
(15)

La forza risultante nei due casi, reale e ideale, la seguente.


DEFLUSSO REALE
2
F = 0& t & Wm (Wu, Wu& )& + (Wu& Wu, )&

= t(Wu& Wu, ) 0W & +


= 0W & +

%W

&

%W

&

1+

%W

&

1+

&
%8
%

%
)

&

1+

&
%8
%

&

%
)

&
%8
%

&

%
)

Y =

(16)

- 169 b)

DEFLUSSO IDEALE

F = 0W & +

%W

&

&

(17)

immediato verificare come la forza Fi sia ortogonale al vettore:


WZ =

)W

&

W ,

)W

(18)

(19)

&

Il prodotto scalare F[ WZ dei due vettori infatti nullo.


Tuttavia, qualora invece di WZ si consideri quale riferimento la velocit WZ :
WZ W ,

%W

&

1+

&
%8
%

%
)

la forza F, che nel caso reale agisce sul profilo, a questa ortogonale giacch il prodotto
scalare F WZ risulta nullo. Infatti:

F WZ
o

%W

&

1 +

&
%8
%

%
)

, W W ,

%W

&

1+

&
%8
%

%
)

Riassumendo i risultati ottenuti (Fig. 15), la forza globale F ortogonale a W , inclinata


di un angolo rispetto alla direzione tangenziale, mentre la medesima forza Fi in
condizioni ideali (hr = 0) ortogonale a W , inclinata dellangolo rispetto alla
direzione periferica.

Le definizioni di W e W consentono di riscrivere le (16) e (17) in forma pi compatta


nel modo seguente:
F = WZ
(21)
F = WZ
(22)
Si ottiene, in entrambi i casi, la generalizzazione alle schiere della ben nota relazione
F = CZ ottenuta da Kutta-Joukowski per un profilo isolato investito da una corrente
con velocit indisturbata CZ .
La forza F pu essere scomposta nelle componenti S e R (Fig. 15) ortogonale (portanza) e
parallela (resistenza) a W .

(20)

- 170 -

Le forze S, Si, R possono essere riscritte nella forma:


&
S = CB )% WZ
l

[N/m]

(23)

&
R = C )% WZ
l

[N/m]

(24)

[N/m]

(25)

&
S = CB! )% WZ
l

nelle quali CS (CS,i) e CR sono rispettivamente il coefficiente di sostentamento (portanza)


e di resistenza, mentre l la lunghezza della corda del profilo aerodinamico.
Dallesame Fig. 15, la forza di sostentamento in condizioni ideali Si pu essere correlata a
quella reale S e alla resistenza R con la relazione:
S = S R cot Z

(26)

dalla quale, per la (23)-(24), anche:


CB! = CB C cot Z

(27)

Combinando le eq. 22 e 23 e ricordando la (27) si ottiene infine (Fig. 15):


CB! = CB C cot Z = 2

(29)

A parit di energia meccanica disponibile allalbero gH = u (C , C & ) (*1) , la presenza


degli attriti ( hr ) obbliga il fluido a una maggior espansione attraverso la schiera, come si
evince dal valore pi elevato richiesto alla componente assiale della forza F = t (p, p& )
rispetto al caso ideale.
Poich una maggiore espansione equivale a una maggiore richiesta di energia gH alla
corrente fluida, il rapporto Fai/Fa pu essere assunto come definizione dal rendimento
idraulico della schiera:

B Z

)W

(8

2\ ) B 2\

B 2\ W B

2\

8
W

2\

2\

j
,8 ]
j
j
,W ]
j

2\

2\

(30)

In conclusione, i coefficienti di sostentamento e di resistenza Cs e Cr riassumono in modo


completo ed efficace il comportamento fluidodinamico di un profilo disposto in schiera.
Noti i triangoli delle velocit a monte e a valle della schiera (sezione palare della girante)
e il rapporto passo-corda t/ l , la geometria dei profili potrebbe essere ottenuta risolvendo
leq. 29, che qui si riscrive per comodit:

CB = CB C cot Z = 2

$ ) 8$ %
\

(29)

Poich la geometria del generico profilo aerodinamico legato allangolo 0 di portanza


nulla del profilo isolato(*2), il coefficiente di sostentamento Cs del profilo in schiera pu
essere correlato a quello del profilo isolato attraverso un coefficiente K, detto di mutua
influenza o di effetto schiera, cos definito:

K=$

(*1)

,!7,7

(30)

Lo scambio di energia gHt legato alla componente tangenziale Ft della forza agente
sul profilo. Infatti, ricordando la (5), si ottiene:
F
gH = u(C & C , ) = u(W & W , ) = u
W t
e Ft , per date condizioni di moto, non influenzata dagli attriti ed perci la stessa sia
nel deflusso reale che in quello ideale.
(*2)
Ad esempio, per i profili NACA a 4 cifre (linea media costituita da 2 archi di parabola
che si fondono nel punto di alzata massima garantendo la continuit della derivata prima)
^
la direzione di portanza nulla data da e 100 (gradi). Note le coordinate xA/l e yA/l
del punto di alzata massima nota automaticamente la geometria del profilo
(V.Appendice A2, testo G. Ventrone, pp. 453-466).

- 171 -

Il coefficiente K dipende dal rapporto t/l e dallangolo che la direzione di portanza nulla
del profilo forma con la direzione periferica (fronte della schiera).
Allo stesso modo si pu agire anche per CR:

K =

$]

$],!7,7

(30)

anche se, secondo alcuni autori (Vivier, Nechleba), KR poco diverso dallunit, e
dunque C C, B
.
La procedura piuttosto elaborata e non esente da approssimazioni ed incertezze.
I diagrammi che riproducono gli andamenti di K (eq. 30) mostrano talvolta (Vivier,
Nechleba) andamenti piuttosto differenti (Figg. 16 e 17) bench siano simili a quello
classico proposto da Weinig (Fig. 18) per il caso ideale di fluido aviscoso (Cs=Csi, CR=0).
Una procedura pi semplice e rapida quella che fa uso di correlazioni semiempiriche di
dati sperimentali. I risultati che si ottengono sono di qualit analoga a quelli che si
otterrebbero risolvendo leq. 29 nel modo sopra appena accennato.

- 172 -

Secondo vari autori (Howell, Carter, Hughes) la deviazione angolare (Fig. 19) che la
velocit relativa W2 subisce alluscita di una schiera accelerante :

= m
(31)
e
dove m un coefficiente che tiene conto della geometria del profilo e dellangolo di
calettamento (Fig. 20).

- 173 -

La conoscenza di consente di risalire alla deviazione costruttiva c (Camber) del profilo


mediante semplici relazioni geometriche. La deviazione angolare =1-2 che deve essere
imposta al fluido dalla schiera pu essere riscritta nella forma seguente:

= , & = (,* + i) (&* + ) = (,* &* ) + i

Ma, poich = ,* &* e = m t/\ la (32) diventa:


dalla quale:

o
o

= + i m t/\

C8

,8

(32)

(33)
(34)

Stabilita lascissa xA/l del punto di alzata massima, dal valore di c si risale univocamente
allordinata yA/l di detto punto e quindi alla geometria della linea media(*).
Langolo di incidenza i una scelta del progettista, e pu essere posto uguale a zero se le
condizioni di esercizio variano poco nel tempo.
Per i profili NACA a 4 cifre il fattore m pu essere approssimato prendendo a riferimento
la curva per linee medie ad arco di parabola di Fig. 20.

Per xA/l =0,4 si ha:


yd
= 0,2649 cot + -0,07017 cot & + 0,06628
\
yd
yd
tg = 4,9375 ; tg|Z | = 3,05556
\
\
Per gli altri dettagli geometrici si veda lAppendice A2 del testo di G. Ventrone (pp. 453466).

(*)

- 174 -

La dipendenza di m dallangolo di calettamento = 90 ( misurato rispetto alla


direzione assiale mentre, in Fig. 19, langolo di calettamento riferito alla direzione
periferica) obbliga ad adottare uno schema iterativo (Fig. 21) per risalire, dalla (34), alla
Camber c del profilo.

- 175 -

COMPORTAMENTO A CAVITAZIONE
o

Lo scambio di energia impone per ciascuna sezione palare della girante un dato valore al
coefficiente di sostentamento. Infatti, poich:

anche:

o
o

gH = [ gH = u(Cu, Cu& )

CB = 2

$ ) 8$ %
\

= 2 [
e

(35)
e

(36)

Il coefficiente di sostentamento inoltre legato alla differenza di pressione tra le due


facce della pala. Occorrer perci verificare che la pressione minima non abbia a
scendere al di sotto della tensione di vapore.
Per tale ragione, soprattutto per la sezione palare pi esterna della girante, bisogner
limitare opportunamente il valore di Cs con una scelta opportuna del rapporto passocorda.
Il valore minimo della pressione statica non si manifesta alluscita della girante ma, a
causa dellazione dinamica delle pale, in un punto intermedio del condotto interpalare.
A differenza delle turbine Francis, dove alla diminuzione della pressione attraverso la
girante contribuiva sensibilmente il termine centrifugo (u,& u&& )/2, nelle turbine a flusso
assiale lespansione da ricondurre soprattutto allacceleramento della corrente relativa e
sar, perci, comparativamente assai meno intensa.
Le condizioni critiche possono perci manifestarsi anche a breve distanza dal bordo
dingresso se la punta di depressione dovuta allazione dinamica delle pale (riassunta dal
valore del coefficiente di sostentamento Cs) ragguardevole.
Linstallazione verticale, largamente impiegata per scaricare lalbero dal momento
flettente determinato dal peso proprio della girante, accentua i problemi della cavitazione
a causa del termine geodetico Z (Fig. 22) tra il punto critico di minima pressione e la
sezione di scarico della girante.

- 176 -

Attraverso la girante, a meno della perdita di carico, si conserva la pressione totale della
corrente relativa. La corrente inoltre si ritiene cilindrica, cosicch u1 = u2 = u. Pertanto:

p
+ `b) p +
,`a`
_`
&
%

p +

%
-

&

pZ p

dove p definita dalla relazione:

p = e* =

Sezione critica

&

&

(37)

Uscita girante

Sotto laspetto puramente formale la (37) pu essere estesa anche al moto cosiddetto
indisturbato, assunto quale moto di riferimento per lanalisi aerodinamica della schiera.
Si ha cos la possibilit di correlare la pressione minima pmin alla pressione p (qui
assunta come riferimento) e al valore medio pm della differenza di pressione tra le due
facce della pala.
Posto infatti, per quanto sopra detto

si ottiene:

&

Ingresso girante

_```a```b
p + - _`
p&`a`
+ `b%

= pZ +
%
- 8

&

"$ \ e*
%

%
\

&

(38)

= K p

%
\

= CB

(39)

%
\

&

(40)

nella quale:
l la corda del profilo palare;
b =R lestensione dellelemento di pala in direzione radiale(*).
Dalle (39) e (40) possibile esprimere Wmax in funzione della velocit di riferimento W,
ottenendo:

&
&
& (1
W}d
= WZ
+ 2K " = WZ
+ K CB )
(41)
Dalla (37) si ottiene:

p = p& +

%
%

&

%
-

&

(42)

dalla quale, sostituendo a WMAX lespressione data dalla (41), si ottiene la relazione:
p = p& +

%
%

&

%
\

&

(1 + K CB )

(43)

che lega la pressione minima pmin alla velocit W e ai coefficienti di sostentamento Cs e


di cavitazione Kc.
Applicando lequazione dellenergia tra la sezione di uscita della girante e quella del tubo
di scarico si ottiene (Fig. 23):

z& + & % + "% = zU + & + " h


$%

anche:
pertanto:

"

(*)

$%

"

"

"

+ zU

z&

$%% 8$%
&

&8U

(44)
(45)

+h

&8U

(46)

Il procedimento che qui si descrive si applica alla sezione media del generico elemento
R in cui pu essere suddivisa la pala della girante.

- 177 -

Indicato con

%
j%
% ij 8
%i
%7
%
ij
j%
%
%

il rendimento del tubo di scarico, definito dalla relazione:

B =

z& B

la (46) pu essere riscritta nella forma:


"

"

(47)

$%% 8$%
&

(48)

che, sostituita nella (43), consente di riformulare lespressione di pmin tenendo conto
anche dellinstallazione della turbina ottenendo:
!#

"

"

z& B

$%% 8$%

In condizioni di incipiente cavitazione:


cosicch:

z& = z&

: 8

"

&

&

%
%

p = p
&

%
\

&

%
\

(1 + K CB )

(50)

(1 + K CB ) +

&

%
%

$%% 8$%

l: il(
8 %
d7

&

(51)

(52)

quando, durante il collaudo, a parit di Q, H e regime di rotazione, si registra una


diminuzione prestabilita del rendimento complessivo.
Sfruttando la definizione del numero di Thoma , la (51) pu anche essere riscritta nella
forma:

H = 2g (1 + Kc Cs ) + s 22g 3 2g2
W2

(49)

Il comportamento a cavitazione di una turbina idraulica comunemente riassunto dal


numero di Thoma dato dalla relazione:

C2 C2

W2

(53)

Dalle (51) e (53) si osserva facilmente come allaumentare del coefficiente di


sostentamento Cs dei profili diminuisca il valore limite z2 a cui la girante pu essere
collocata sopra il pelo libero del bacino di scarico (z2 pu assumere valori negativi) e,
come conseguenza, il numero di Thoma atteso dalla turbina non possa che aumentare.

- 178 -

Dalla (48) si vede anche come il tubo di scarico, recuperando sotto forma di depressione
alluscita della girante la quota geodetica z2 e il deceleramento della corrente assoluta
(C&& CU& )/2 , condizioni in maniera sensibile il comportamento a cavitazione della
turbina.
Il tubo di scarico, quindi, non solo permette di aumentare la caduta idrica a disposizione
(*1)
della turbina ma influenza in modo sensibile, favorendolo, anche linnesco della
cavitazione.
Per queste ragioni il tubo di scarico deve essere considerato parte integrante della turbina.
Le relazioni (51) e (53) possono essere impiegate in vario modo.
Note le velocit e il coefficiente di sostentamento dal progetto della girante, stabiliti i
valori del coefficiente di cavitazione Kc e del rendimento del diffusore s (valori medi
intorno a 0,85), dalla (53) pu essere calcolato il numero di Thoma fc e dalla (52) la
quota limite z2 richiesta da ciascuna sezione palare. Per linstallazione si far riferimento
al valore minimo di z2.
Oppure, stabilita la quota limite z2 da un valore di fc stimato in funzione del numero
tipico di macchina K, si dovr verificare con la (51) che per nessuna delle sezioni palari la
quota z2 superi il valore limite precedentemente trovato.
Per la valutazione di fc e Kc si pu fare riferimento alle seguenti correlazioni:
0,06 K & (*2)
(54)
Cs
Kc

0,71
1,33

1
1,37

1,26
1,75

1,46
2,12

(Tab. 2)
o

Si consiglia comunque di non eccedere per il coefficiente di sostentamento Cs il valore di


0,3 per la sezione palare pi esterna e il valore di 11,1 in corrispondenza del mozzo.

(*1)

In assenza del tubo di scarico la pressione alluscita della girante (e, in questo caso,
anche della turbina) quella atmosferica pb, e lenergia allo scarico vale:
p* C&&
E& =
+

2
La velocit media C2, dipendendo dalla portata, geometria delle pale e sezione di
attraversamento la stessa a prescindere dalla presenza del tubo di scarico. In presenza
del tubo invece, nella stessa sezione (indicata con 2 in Fig. 23), lenergia :
p& C&&
E& =
+

2
Sostituendo nella precedente il valore di p2 dato dalla (48) si ottiene:
p*
C&& CU& C&&
E& =
g z& B
+

2
2
e quindi il recupero di energia recuperato attraverso il tubo di scarico
E& E& = (gH) = g z& + B (C&& CU& )/2

Laumento di caduta idrica disponibile deriva dai recuperi della quota geodetica z2 e di
parte dellenergia cinetica C22/2.
(*2)

Il valore di K nella (54) deve intendersi calcolato prendendo a riferimento la portata


massima dellimpianto:
n Q ,r

K=
30 (gH) ,or

- 179 -

FORZE E MOMENTI AGENTI SULLE PALE


o

o
o

Le singole sezioni palari vengono accatastate luna sullaltra lungo una retta che, in
genere, anche lasse di rotazione della pala (e dunque lasse del perno a cui si collega il
meccanismo di manovra delle pale).
La posizione di questo asse condiziona il momento che dovr essere esercitato dal
servomotore durante le operazioni di regolazione e anche le dimensioni della sezione
resistente in corrispondenza del collare di collegamento della pala con il perno.
Per queste ragioni, prima di illustrare i procedimenti per la rappresentazione grafica della
pala, si ritengono opportuni alcuni approfondimenti sui momenti indotti dalle forze agenti
sulla pala.
Le forze agenti sulla pala hanno tre origini distinte:
forze idrodinamiche: portanza e resistenza;
forza peso;
forze centrifughe.

La risultante S + R delle forze idrodinamiche applicata nel centro di pressione, la cui


distanza dal naso del profilo indicata con in Fig. 24.
La distanza pu essere determinata nota la posizione xC0 del centro aerodinamico e il
momento M0 delle forze idrodinamiche rispetto a questo punto.
Per i profili NACA a 4 cifre , in genere:
e
x$ 1
C} 2,5

dove il segno meno nella (57) indica, secondo le convenzioni, che il verso del momento
M0(*) tenderebbe a far ruotare il profilo in modo da ridurre langolo tra W e la corda
(Fig. 25).

(*)

Il momento aerodinamico M0 dato dalla relazione: M = C}

%
\

&

\&

[Nm/m]

- 180 -

Trascurando la resistenza R (in condizioni di progetto R piccola rispetto a S) e per


piccoli valori dellangolo (Fig. 25), il momento aerodinamico rispetto al naso del
profilo vale:
\
M M + S 1 = S
(58)
dalla quale:

o
o

}>

+1=
e

$->
$

\ + 1 = \ 2,5

+ 0,25

(59)

(del segno di M0 e CM0 si gi tenuto conto nello scrivere leq. 58).


Linterazione aerodinamica fluido-pala d dunque origine a un momento rispetto allasse
0 del perno (Fig. 24) pari a:
(60)
M = S d
Lazione di MS, che dovr essere bilanciata dal servomeccanismo di manovra, ha in
genere tendenza a chiudere (Fig. 24).
La forza peso G applicata nel baricentro della sezione palare. Per i profili NACA a 4
cifre la posizione del baricentro rispetto al naso del profilo allincirca pari a p 0,42 l.
Il sistema di forze S + R e G pu essere ridotto alla forza risultante S + R + G applicata in
un punto distante C dal naso del profilo tale che (trascurando, come fatto per R, il
contributo G sin Z )
(G cos Z + S) c = S + G cos Z p
(61)
si ottiene:

c=

/e

@W| B 2\
W| B 2\

(62)

evidente che qualora lasse 0 del perno distasse c dal naso del profilo si
annullerebbe il momento che deve essere vinto dal servomeccanismo.
Spesso, a livello industriale, per semplificare i calcoli si pone approssimativamente:
c 0,5( + p)

(63)

F = A r & r

(64)

assumendo implicitamente che la portanza S e la forza G abbiano lo stesso ordine di


grandezza (la forza peso G relativa a un elemento di pala di estensione radiale r, Fig.
24).
Il terzo contributo legato alla forza centrifuga

dove con A si indicato un elemento di area della sezione palare in corrispondenza del
raggio r (Figg. 24 e 26).

- 181 -

o
o
o

o
o

Poich la distribuzione delle masse non uniforme lungo lo sviluppo della sezione palare,
il momento risultante attorno allasse del perno non nullo.
La tendenza di questo momento , in genere, a chiudere dato che attorno al naso
distribuita una massa maggiore rispetto alla coda del profilo.
La componente Fcx lungo lasse x della forza centrifuga (Fig. 26) d luogo a un momento
rispetto allasse del perno pari a:
M = F z z

Vi sono contributi opposti per gli elementi di area A i cui baricentri abbiano coordinata
z maggiore o minore di quella che caratterizza lasse del perno (Fig. 26).
Per le ragioni dette, il momento complessivo Mc agente sullelemento di pala di
estensione r (Figg. 24 e 26) ha, in genere, tendenza a chiudere, e cos anche quello totale
sulla pala pari a M .
Il momento di manovra delle pale dovr, infine, conteggiare anche il momento dattrito
Mf sul perno. Questultimo pu essere stimato con la relazione:
M = (G + F )r f

(65)

(66)

nella quale G il peso della pala, Fc la forza centrifuga cui soggetta


(F = A r & r), r il raggio del perno e f il coefficiente di attrito (~0,2).
La forza peso G nella (66) va considerata solo nel caso di turbina ad asse orizzontale.
In conclusione, il momento richiesto al servomeccanismo di manovra dato dalla
relazione:
M = M (M + M| + M$ )
(67)

dove il segno + vale durante loperazione di apertura, il segno per quella di chiusura(*).
Il momento che grava sullorgano di comando del servomeccanismo sollecita la pala a
torsione. La posizione dellasse del perno dovr perci essere scelta in modo da rendere
minimo il momento complessivo M (eq. 67).
(*)

Il momento MS+MG+MC ha, in genere tendenza a chiudere. Il momento MG dovuto alla


forza peso dato dalla relazione (Fig. 24):
M| = h G cos Z (p d) h G(p d)

- 182 -

In genere si assume per la posizione dellasse di rotazione della pala il valor medio della
coordinata c/l (eq. 63) del punto di applicazione della risultante della forza idrodinamica e
della forza peso.
Le pale vengono concatenate insieme imponendo che tutte le linee medie dei profili si
intersechino in corrispondenza di tale punto sullo sviluppo piano delle sezioni palari (Fig.27).

Se ej = (C/\)Z[ la coordinata prescelta per il punto di concatenamento (comune per


tutte le sezioni palari), le coordinate dei profili nel riferimento , della corda possono
essere riferite al sistema x, z dello sviluppo piano delle sezioni con la trasformazione
seguente:

cos sin
sin cos

8:

N8N:

(68)

Lorigine del sistema di riferimento x, z centrata nel punto C di concatenamento.


Per ogni sezione palare le coordinate c e c sono date dalle relazioni:

F
= f

:
\

\ Z[

, \,

, \

N
\

(69)

- 183

nelle quali e rappresentano le coordinate del punto di alzata massima(*).


\
\
Per ogni punto dellintradosso e dellestradosso dei profili, cos come di ogni altro punto
caratteristico della linea media, si possono ottenere le coordinata cilindriche Z, R, e le
coordinate cartesiane corrispondenti X, Y, Z osservando che (Fig. 28):
Z = z
= x/R z
i
X = R sin
Y = R sin

(*)

La trasformazione (68) si ottiene facilmente osservando che:


OP = n + m = OO + OP = n + m + x i + z j
pertanto:
OP = x i + z j = ( )n + ( )m
dove
n = cos i + sin j
z
M
m = sin i + cos j
Risulta:
x = ( ) cos ( ) sin z
z = ( ) sin ( ) cos
e quindi la (68).

(70)

- 184 -

DISEGNO DELLA PALA


o

Si procede dapprima a disegnare lo sviluppo piano delle sezioni.


La scelta pi delicata riguarda la posizione dellasse di rotazione della pala che anche la
retta su cui conviene concatenare le singole sezioni. Il procedimento stato descritto nel
capitolo precedente.
Dallo sviluppo piano si procede a disegnare la vista circonferenziale (Fig. 28).
Fatta eccezione per le sezioni di estremit (mozzo e periferia), conviene che le sezioni
palari intermedie siano calcolate operando sezioni cilindriche.
Per le turbine Kaplan, mozzo e periferia hanno uno sviluppo sferico per consentire la
rotazione della pala. Lo sviluppo piano della sezione dovr, in questi casi, essere avvolto
su una superficie sferica con il procedimento che sar descritto nel prossimo paragrafo.

Per la costruzione della pala occorrono le sezioni ottenute con piani ortogonali allasse
(sezioni modello) e le sezioni ottenute con piani meridiani, che mostrano in primo piano
lo sviluppo radiale della sezione palare (Figg. 28 e 29).
Il procedimento grafico da adottare e il disegno dinsieme a cui si deve pervenire
esemplificato nelle Figg. 28 e 29.

- 185 -

- 186 -

AVVOLGIMENTO DI UNA SEZIONE PALARE SU UNA SUPERFICIE


SFERICA
o
o

Il procedimento di calcolo delle sezioni palari si basa comunemente sullipotesi di


corrente cilindrica.
Nelle turbine Kaplan le sezioni cilindriche disposte sui raggi ri e re (Fig. 30) devono
essere avvolte anche sulle superfici sferiche di raggi ri e re per consentire la rotazione
della pala attorno allasse del perno.

La procedura da adottare fa riferimento alla Fig. 31.


Il profilo della sezione palare disegnato nel piano x,z. Lorigine O del riferimento x,
z la traccia, in tale piano, dellasse di rotazione della pala.

- 187 -

o
o
o

Nella stessa figura anche disegnata una circonferenza di raggio OO pari a quello della
superficie sferica su cui si vuole avvolgere il profilo.
Il sistema di riferimento x, y, z quello a cui vengono riferite le coordinate cartesiane del
profilo (e della pala). Lasse z quello di rotazione della girante.
Nellarrotolare il profilo sulla superficie della sfera di raggio R, la coordinata z= AC
(Fig. 31) del generico punto A si trasforma in un arco di circonferenza
raggio R sotteso a un angolo pari a:

= z = AC di

(71)

Lestremit D di tale arco, nel piano x-y, rappresentato dal punto E che dista
dallorigine O del sistema di riferimento principale x, y, z:
R 9 = R cos

Nel piano x, y tale arco misura

(72)

La coordinata x = AB dello stesso generico punto A del profilo nel piano x, z si


trasforma pure essa in un arco di circonferenza, ma di raggio RE.
ed sotteso a un angolo pari a:

d6
S

(73)

Le coordinate x, y del punto A del profilo nel riferimento principale sono perci date
dalle relazioni:
x = R 9 sin z
(74)
y = R 9 cos
La coordinata z si pu ricavare dalla condizione che il punto A deve trovarsi sulla
superficie di una sfera di raggio R, pertanto:
R& = x & + y & + z &
da cui, dopo alcuni passaggi, si ricava:
z = R sin

(75)

- 188 -

TURBINE A GAS
(note integrative)
o

In questi impianti una portata daria aspirata e compressa in un compressore e quindi,


dopo che la sua temperatura stata aumentata sfruttando lenergia termica liberata dalla
combustione di un combustibile, fatta espandere in una turbina.
La potenza richiesta dal compressore molto elevata, circa il 5060% di quella prodotta
dalla turbina, e ci ha costituito per molti anni il principale ostacolo alla diffusione di
questi impianti giacch per ottenere rendimenti accettabili, e paragonabili a quelli degli
altri impianti, necessario adottare temperature molto elevate allingresso della turbina.
Lelevata potenza assorbita dal compressore e lelevata potenza richiesta, per questa
ragione, alla turbina per generare una prestabilita potenza elettrica, impongono inoltre
rendimenti elevati sia per la compressione sia per lespansione.
Soltanto a partire dalla seconda met del 1900, con gli sviluppi della fluidodinamica
computazionale e i progressi tecnologici nel settore dei materiali resistenti alla alte
temperature, questi impianti hanno cominciato a diffondersi sempre pi dapprima nel
settore aeronautico e poi in quello industriale.
Attualmente non trovano rivali nella propulsione aeronautica mentre stanno acquisendo
unimportanza sempre maggiore nella produzione di energia elettrica per la loro
semplicit e compattezza, lelevato rapporto potenza/peso e i bassi costi di investimento.
Coprono un intervallo di potenze che va da 30 kW a 350 MW e svariati campi di
applicazione (propulsione aerea e navale, produzione di energia elettrica anche nella veste
combinata gas-vapore e cogenerativa, sovralimentazione dei motori a combustione
interna, generatori di gas, etc.).

CICLO IDEALE
o

Al fine di chiarire i principali fattori che influenzano le prestazioni di un impianto con


turbomotore a gas, il fluido operativo e tutti i componenti dellimpianto (compressore,
turbina, camera di combustione) sono considerati ideali.
Il fluido operativo costituito da sola aria; la combustione si ritiene perci esterna e il
calore trasmesso allaria attraverso un scambiatore di calore.
La configurazione dellimpianto inoltre quella pi semplice, a ciclo aperto (Fig. 1).

Laria, come detto si suppone ideale, con calori specifici indipendenti della temperatura;
la compressione e lespansione sono considerate isoentropiche (macchine perfette).
Tutta lenergia termica liberata dalla combustione trasmessa al fluido operativo; sono
nulle le perdite di carico nelle condotte di collegamento.

- 189 -

Poich la portata che attraversa il compressore uguale a quella che attraversa la turbina i
bilanci di energia possono essere riferiti all'unit di massa daria.
Il rendimento dellimpianto dato dalla relazione:

&)

=1

&%
&)

=1

$l ( 8% )

(1)

Poich le condizioni dellaria allingresso del compressore sono costanti, e pari a quelle
ambientali esterne, latmosfera esterna opera come uno scambiatore di calore che
raffredda, a pressione costante, laria alluscita della turbina dalla temperatura T4 alla
temperatura T1, chiudendo idealmente il ciclo di Fig. 1b con la trasformazione 4-1.
La (1), ricordando che per ipotesi (fluido ideale) cP =cost, e che:

r =

%
)

% mi)
)

(macchine perfette), pu essere riscritta nella forma:

=1

poich, per la (2):

n
8,
n)
n
%
8,
n%

%
)

$l ( 8) )

= 1 =1
)

)
%

m
mi)

mi)
m

=1

(2)

mi)
m

(3)

(4)

Dalla (3) e dal grafico di Fig. 2, si osserva che:


il rendimento del ciclo ideale aumenta con rc in modo esponenziale (allaumentare di
rc laumento di t sempre meno accentuato);
per un dato rapporto di compressione rc, il rendimento termico ideale diminuisce con
la complessit delle molecole del gas. I valori pi alti si ottengono per gas
monoatomici (k =5/3 1,66), quali largon e lelio (impiegati per questi motivi nei
cicli Brayton chiusi). Laria, essendo per la maggioranza una miscela di azoto e
ossigeno (gas bi-atomici) pu essere considerato alla stregua di un gas bi-atomico
(k=7/5=1,4). Gli idrocarburi, i fluido-refrigeranti, etc. possono essere descritti con un
valore di k 1,1 (gas a struttura molecolare complessa).

- 190 -

Il rendimento termico ideale t dipende solo dal rapporto T2/T1, e non dalla temperatura
massima T3 del ciclo. questa una conclusione in palese contrasto con la realt che,
indirettamente, sottolinea il carattere fortemente semplificato delle ipotesi introdotte
(macchine e fluido ideali).
Il lavoro per unit di massa, cio la potenza specifica P/Qma dellimpianto, dato dalla
relazione:
L=

P
1
1
TU T&
= q, = o1 8, p C (TU T& ) = o1 8, p C T, =
T, T,
Q
r
r
= q1

mi) r C T,

r m
mi)

(5)

I risultati sono diagrammati in Fig. 3. Si osserva che:


P/Qma dipende dalla temperatura massima T3 del ciclo oltre che dal rapporto di
compressione rc e dalle caratteristiche del fluido (k).
Per una data temperatura T3, la potenza specifica P/Qma presenta un massimo per un
rapporto di compressione rc pari a:

r (/2

= (TU /T, )%(mi))


m

(6)

Per questo rapporto di compressione (che aumenta con T3) anche T4 = T2(*) e larea
del ciclo nel diagramma T-S di Fig. 4 diventa massima.

r /2

(*)

= (TU /T, )%(mi)) r /2


m

(v. eq. 4). Pertanto: T& =

T& 0
%

mi)
m

=1

= % = 0 T& = -TU T, = -T& T1

- 191 -

o In Fig. 4 sono riassunti 3 casi limite.


a) rc 1
In questo caso T2 T1 e T4 T3: il lavoro richiesto dal compressore e quello fornito
dalla turbina sono entrambi di entit infinitesimale, mentre finito il calore q1 trasmesso
in input e pari a cp (T3-T2). Il rendimento termico t = L/q1 nullo perch tale L =
P/Qma.
b) rc = rc (P/Qma)
Il lavoro per unit di massa (P/Qma) massimo ( massima larea racchiusa dal ciclo),
ma non lo il rendimento termico t (dunque t < t max).
c) st (uv /uB )wiB
In questo caso:
w

8,
TU
T&
= r =
T,
T,
e dunque T2 approssima la temperatura massima T3 del ciclo.
La potenza specifica P/Qma infinitesima, come lo anche il calore q1 trasmesso in
input. Per:
T,
T,
=1 =1
T&
TU
raggiunge il suo valore massimo perch T2, a meno di un infinitesimo, raggiunge la

temperatura massima T3 quando st (uv /uB )wiB .


A conclusione di queste note sul ciclo ideale si ritiene opportuno ribadire alcune
osservazioni di validit peraltro generale.
Nel ciclo ideale il lavoro di compressione per unit di massa circa il 40% di quello
prodotto dalla turbina. A differenza degli impianti a vapore dove la compressione avviene
in fase liquida, negli impianti a gas la compressione avviene su un fluido allo stato
gassoso. Lunica possibilit di ottenere lavoro utile aumentare il volume specifico del
fluido durante lespansione (L = vdp), aumentando la temperatura del fluido prima di
accedere alla turbina.
w

- 192 -

Il diverso peso dei lavori di compressione e espansione nei cicli a gas e a vapore
attribuisce, inoltre, diversa importanza anche alle perdite fluidodinamiche attraverso il
compressore e la turbina.
Nelle turbine a gas, leffetto combinato delle perdite di carico (che aumentano il lavoro di
compressione e riducono quello della turbina) influenza sensibilmente il lavoro (potenza)
utile e impone, per ottenere valori accettabili delle prestazioni, elevate efficienze sia per il
compressore che per la turbina.
In conclusione, la necessit di elevate temperature massime di ciclo e di elevati
rendimenti per il compressore e la turbina, giustificano le ragioni per le quali solo a
partire dalla seconda met del ventesimo secolo le turbine a gas hanno cominciato ad
affermarsi, grazie ai progressi della scienza dei materiali e della fluidodinamica
computazionale.
Di queste necessit non soffrono gli impianti a vapore, per i quali anche con temperature
del vapore relativamente pi basse e efficienze inferiori delle macchine riescono ad avere
prestazioni soddisfacenti, ed ebbero perci lopportunit di affermarsi fin dallinizio del
secolo scorso.

CICLO LIMITE
o

o
o

Il ciclo limite rimuove lipotesi di fluido ideale, considerando sia la variazione di


composizione del fluido operativo determinata dalla combustione, sia la variazione dei
calori specifici con la temperatura.
I risultati che ne derivano rappresentano pertanto le prestazioni limite che possono essere
raggiunte qualora tutti i componenti dellimpianto fossero perfetti.
Tuttavia, pur rimuovendo queste ipotesi, i risultati delle analisi non si discostano
qualitativamente da quelli del ciclo ideale.
Il rendimento termico t continua a mostrare un andamento crescente con il rapporto di
compressione rc, e ad essere indipendente dalla temperatura massima T3 del ciclo.
La potenza specifica dipende invece da T3 oltre che da rc e, per una data T3, dimostra di
avere un massimo per un rapporto di compressione ancora pari a r /2 = (TU /T, )%(mi)) .
m

CICLO REALE
o
o

Predizioni significative e aderenti alla realt si ottengono solo quando rimossa lipotesi
di idealit da tutti i componenti dellimpianto.
Le perdite fluidodinamiche fanno s che il lavoro richiesto al compressore sia
L = H B / , dove c il rendimento isoentropico del compressore e H B il lavoro
richiesto dalla compressione isoentropica; mentre il lavoro fornito dalla turbina
L = H B , con analogo significato dei simboli.
Nel combustore ci sono perdite dovute alla non completa ossidazione del combustibile e
alla dispersione di calore nellambiente che sono riassunte nel rendimento della camera di
combustione cb.
Attraverso il combustore, gli scambiatori di calore, filtri dellaria, camino, etc., si
manifestano perdite di pressione che rendono il processo di combustione e il rilascio di
energia allo scarico (trasformazione 4-1 in Fig. 5) non pi isobari, e il rapporto di
espansione inferiore a quello di compressione

=f

%
)

; f < 1.

Una frazione (1015%) della portata aspirata dal compressore viene usata per raffreddare
le parti pi calde della turbina, specialmente le pale; in modo da garantirne la resistenza
strutturale (negli impianti attuali la temperatura T3 dei gas molto elevata, tra i
11001300C).

- 193 -

Il mescolamento dellaria prelevata dal compressore con i gas che espandono in turbina
diminuisce lentropia del fluido operativo, contribuendo ad allontanare lespansione dalla
isoentropicit (Fig. 5).
Le perdite per attriti meccanici riducono ulteriormente la potenza disponibile al giunto
poich incrementano la potenza assorbita dal compressore e riducono quella fornita dalla
turbina. Se ne tiene conto con i rendimenti meccanici mc e mT del compressore e della
turbina.
Quando tutti questi effetti sono tenuti in conto(*), si osserva che landamento del
rendimento dellimpianto in funzione del rapporto di compressione sensibilmente
diverso da quello dei cicli ideale e limite poich risulta influenzato sia dalla temperatura
T3 massima del ciclo sia dai rendimenti del compressore e della turbina (Fig. 6).
Landamento di t presenta un massimo per assegnati T3 e rendimenti c e t. Gli effetti di
T3 sono sensibili soprattutto quando il rapporto di compressione rc elevato e lefficienza
del compressore e della turbina bassa.

(*)

Gli effetti del miscelamento tra laria prelevata dal compressore e i gas che attraversano
la turbina sono difficili da descrivere mediante semplici relazioni. I risultati che qui si
descrivono prescindono pertanto da questo aspetto.

- 194 -

Lesistenza di un massimo nelle curve di t pu essere giustificata in modo semplice


prendendo a riferimento il ciclo ideale contrassegnato con la lettera c in Fig. 4.
Per questo ciclo il rendimento ideale raggiunge il suo valore massimo perch linput
termico, bench di entit infinitesima, viene somministrato alla massima temperatura
(T2T3). Il lavoro utile anchesso infinitesimo poich il lavoro richiesto dal compressore
e quello fornito dalla turbina sono allincirca gli stessi.
Tuttavia, quando si considerano i rendimenti c e T (che aumentano il lavoro di
compressione e riducono quello di espansione) ben prima di raggiungere la situazione
limite descritta dal ciclo c) di Fig. 4 nullo il lavoro utile, e con esso il rendimento
dellimpianto poich maggiore di zero lenergia termica q1 in input.
Il rendimento complessivo, annullandosi anche per rc = 1, dovr perci presentare un
massimo per un valore intermedio di rc.
In Fig. 6, sebbene qualitativamente, mostrata anche linfluenza dei rendimenti c e T
sul rendimento complessivo dellimpianto (linee tratteggiate).
I vantaggi che derivano da elevati valori dell'efficienza del compressore e della turbina
sono inoltre pi sensibili quando T3 bassa.

Queste osservazioni giustificano le ricerche in atto sia per migliorare lefficienza


fluidodinamica del compressore e della turbina, sia per aumentare la temperatura T3
massima del ciclo con lo studio di nuovi materiali e raffinate tecnologie di
raffreddamento.
Per quanto concerne la potenza specifica, questa dipende ancora da T3 e dai rendimenti
e T, e continuano a mostrare un massimo per rapporti di compressione non lontani da

quello ottimo r = (TU /T, )%(mi)) ottenuto per i cicli ideali e limite.
I valori ottimi di rc , sia per quanto concerne il rendimento sia per quanto riguarda la
potenza specifica, aumentano con laumentare di T3.
Le curve del grafico di Fig. 6 si ottengono adoperando le relazioni descritte nel testo.
m

o
o

- 195 -

RIGENERAZIONE
o

Per aumentare il rendimento di un turbomotore a gas i gas allo scarico della turbina
possono essere impiegati per aumentare la temperatura dellaria alluscita del
compressore (Fig. 7). In tal modo, per raggiungere la medesima temperatura T3
necessaria una minore quantit di combustibile con ovvio guadagno in termini di
rendimento.

A tal fine, uno scambiatore rigenerativo R (Fig. 7) posto tra il compressore e la camera
di combustione per riscaldare laria compressa sfruttando il contenuto entalpico dei gas si
scarico. La rigenerazione detta totale se i gas di scarico sono raffreddati fino alla
temperatura T2 dellaria alluscita del compressore (T6 = T2), cedendo lenergia termica
q = Cp (T1 T& ) per unit di massa dei gas combusti.
La rigenerazione termica totale non , ovviamente, praticamente possibile poich
richiederebbe una superficie di scambio termico infinita. Pertanto, sar sempre T6 > T2 e
lo scambio termico rigenerativo q = Cp (T1 T ) < q .
Si definisce efficienza dello scambiatore rigenerativo R il rapporto

& !7
&,!

8y
8%

(7)

dove la seconda uguaglianza subordinata allipotesi semplificativa Cp


Cp B .
Se, oltre a questultima ipotesi, si trascura la portata di massa di combustibile rispetto a
quella dellaria, per =1 (rigenerazione totale) si avrebbe:
Q Cp (Tr T& ) = (Q + Qm )Cp (T1 T& ) Q Cp (T1 T& )

e quindi T5 T4 (Fig. 7, dove supposto unitario).


A parit di T1, T3 e rc la rigenerazione termica non modifica i lavori di compressione ed
espansione, e quindi il lavoro utile (potenza specifica), del ciclo ideale.
Nella realt, la perdita di carico addizionale introdotta dallo scambiatore R riduce il
rapporto di espansione e quindi anche la potenza specifica, sia pure lievemente.
Per un ciclo ideale (fluido operativo e macchine ideali) il rendimento vale:
=1

C (T T, )
q&
T T,
=1
=1
q,
C (TU Tr )
TU Tr

- 196 Posto =1 (T6 = T2, T5 = T4), si ottiene:

=1

% 8)

poich

= 1

n%
8,
n)
n

8,
n

= 1 ) = 1 ) = 1 ) r m

8,
T&
TU
= r =
T,
T1

mi)

(8)

La rigenerazione termica possibile solo se T4>T2 pertanto la (8) vale solo se


T, T, (
= r
T1 TU

e quindi

T,
8&(
= r
TU

8,)/
8,)/

TU &(
r <
T,

<

T, 8(
r
T&

TU
&(
>
T,

8,)

= r

8,)/
8,)/

/2

Landamento di t per un ciclo ideale con rigenerazione totale ( =1) mostrato in Fig.8
per alcuni valori del rapporto T1/T3. Per confronto anche indicato landamento di t per
un ciclo ideale in assenza di rigenerazione ( =0).

Si osserva che t diminuisce allaumentare di rc (assume il valore massimo t = 1- T1/T3


per rc =1), e si mantiene superiore al rendimento ideale del ciclo senza rigenerazione

(=0) finch r < r /2 = (TU /T, )%(mi)) .


Daltra parte, per r > r /2 il ciclo in Fig. 7 perde di significato applicativo giacch
T 2> T 4.
A parit di rc il rendimento t aumenta allaumentare di T3 poich aumenta la temperatura
media a cui viene somministrato il calore q1 (lungo il tratto 5-3 dellisobara p2).
Per 0 < < 1 si ottengono i risultati di Fig. 10, sempre nellipotesi di ciclo ideale.
m

o
o

- 197 -

o
o
o

Si osserva che il rendimento, nellintervallo di rc per cui T2 < T4, sempre compreso tra i
casi =0 (assenza di rigenerazione) e =1 (rigenerazione totale).
Per un ciclo reale gli effetti della rigenerazione termica sono riassunti in Fig. 11.
Si osserva che ora il rendimento vale zero quando rc =1 anche quando =1 a causa delle
perdite di energia che accompagnano il funzionamento delle macchine reali.
Il rendimento aumenta con , raggiungendo un massimo per rapporti di compressione
relativamente bassi. Il valore massimo di t aumenta con ma si sposta verso valori
minori di rc.
In conclusione, con la rigenerazione termica si ottiene:
un aumento sensibile del rendimento per bassi valori del rapporto di compressione rc;
la potenza specifica diminuisce leggermente rispetto al caso privo di rigenerazione a
causa della perdita di pressione nello scambiatore rigenerativo;
un aumento dellingombro e dei costi dellimpianto a causa dello scambiatore
rigenerativo gas/gas le cui superfici di scambio termico devono essere molto estese
per sopperire ai bassi coefficienti di scambio termico dellaria e dei gas di scarico.
Limpossibilit di estendere i benefici della rigenerazione termica agli alti rapporti di
compressione (necessari per ottenere elevate potenze specifiche; r /2 (TU /T, )%(mi)) )
rende questi impianti poco attraenti in ambito industriale. La rigenerazione trova talvolta
applicazione nella propulsione stradale poich in questi casi i rapporti di compressione
sono bassi e la possibilit di avere rendimenti elevati ai carichi parziali di ovvio
interesse.
m

- 198 -

COMPRESSIONE CON RAFFREDDAMENTO INTERMEDIO


(INTERCOOLING)
o

La rigenerazione termica aveva come obiettivo un aumento del rendimento, mentre la


compressione con raffreddamento intermedio mira ad incrementare la potenza specifica.
Linconveniente principale, come si vedr, consiste in una riduzione del rendimento.
Un modo per aumentare il lavoro netto (potenza specifica) di un gruppo turbogas quello
di ridurre il lavoro richiesto dal compressore per un dato rapporto di compressione.
Il raffreddamento dellaria durante la compressione consente di raggiungere questo scopo
poich ne riduce il volume specifico (L = vdp / ). Per questi riguardi la
compressione isoterma quella che richiede il minimo lavoro di compressione a parit di
rc = p2 / p1 (Fig. 11).
Rispetto alla compressione isoentropica 1-B (Fig. 11) la compressione isoterma 1-2
consente un risparmio di energia rappresentato dallarea 1-2-B in Fig. 11(*).

La compressione isoterma non realizzabile nella pratica ma pu essere approssimata


con una compressione a pi stadi con raffreddamento intermedio dellaria tra due stadi
successivi. In Fig. 10a la compressione divisa in 3 stadi, e per approssimare la
compressione isoterma sono stati inseriti nellimpianto 2 scambiatori di calore per
raffreddare laria (intercoolers).
Il ciclo ideale rappresentato in Fig. 10b, dove supposto che il raffreddamento riporti la
temperatura dellaria alluscita di uno stadio di compressione al valore iniziale T1.

(*)

Lavoro di compressione per unit di massa (laria considerata un gas ideale):


L$ = H6 H, = H6 H& =

&

Tds = area 2 2 B 1

(il punto 2, avendo la stessa temperatura del punto 1, ha anche la stessa entalpia; I
principio: Tds = dH - vdp; lungo unisobara dp = 0).
Lavoro di compressione isoterma.
I principio: dQ = dH + dL = Cp dT + dL; ma dT = 0, pertanto
dL = dQ = Tds L =

&

Tds = area 2 2 B 1

- 199 -

o
o

o
o

La diminuzione del lavoro di compressione per unit di massa dato in questo caso
dallarea 2- 1- 2-1- 2 -B (non tratteggiata) del ciclo ideale di Fig. 10b.
In entrambi i casi, la diminuzione del lavoro di compressione comporta un aumento del
lavoro utile Lu = LT - LC (ossia della potenza specifica P/Qma) giacch il raffreddamento
intermedio non altera il lavoro prodotto della turbina.
Il rendimento dellimpianto tuttavia diminuisce.
Dallesame delle Figg. 9 e 10b, a causa del raffreddamento, laria entra in camera di
combustione a una temperatura inferiore rispetto al caso standard (T2 < TB) e ci richiede
una maggiore energia termica in input per raggiungere il desiderato valore di temperatura
massima T3.
Il minor rendimento pu anche essere giustificato per altra via confrontando i cicli 1-2-34-1 e 1-2-1-2-1-2-3-4-1 di Figg. 9 e 10 rispettivamente con i cicli 1-2-3-4 (riportati
nelle medesime figure) aventi medesimi input termico q1 = Cp (T3 - T2) e livelli di
pressione.
A causa del raffreddamento, aumenta la cessione del calore q2 allambiente esterno, e il
rendimento = 1 - q2/q1 diminuisce.
In Fig. 9, per la compressione isoterma il calore q2 rigettato nellambiente dato dallarea
20 2 1 4 40, mentre per il ciclo di riferimento (stesso calore q1 in input) dallarea 20
1 4 40 , che chiaramente minore della precedente.
Lo stesso accade per i cicli di uguale input termico q1 e livelli di pressione di Fig. 10.
La compressione con raffreddamento intermedio rigetta nellambiente unenergia termica
q2 maggiore rispetto al ciclo di riferimento, e landamento pari allarea tratteggiata
1 1 2 1 2 1 di Fig. 10b.
Leffetto negativo sul rendimento addebitabile al raffreddamento dellaria durante la
compressione tuttavia mitigato dalle perdite legate al reale funzionamento delle
macchine che compongono limpianto.
In conclusione, il raffreddamento dellaria durante la compressione determina:
un aumento netto della potenza specifica P/Qma = LT - LC, a parit di rc;
riduzione, peraltro modesta, del rendimento complessivo;
un aumento delle dimensioni dellimpianto e dei costi per la presenza degli
scambiatori di calore (generalmente del tipo liquido/gas per limitare la superficie di
scambio termico);
un aumento del rapporto di compressione rc che negli impianti semplici pu essere
limitato dalla temperatura dellaria alluscita del compressore, per problemi legati
alla resistenza strutturale delle pale del compressore e per una ridotta efficacia del
raffreddamento delle pale (statoriche e rotanti) dei primi stadi della turbina a gas;
un pi efficace raffreddamento della turbina a parit di rc e T3 perch laria prelevata
dal compressore a temperatura pi bassa rispetto ai cicli Brayton pi semplici.

- 200 -

RICOMBUSTIONE (Re-heating)
o

La ricombustione dopo una prima espansione in turbina un altro sistema per aumentare
il lavoro utile (la potenza specifica) dellimpianto, agendo questa volta sul lavoro
prodotto dalla turbina (Fig. 11).

I gas dopo una prima espansione da 3 a 4 vengono riscaldati a p = cost in una camera di
combustione supplementare da 4 a 3, fino a una temperatura T3 al pi pari alla
temperatura massima T3.
La ricombustione resa possibile dal notevole eccesso daria impiegato nella prima
camera di combustione ( = Qma / Qmc 5060).
Il lavoro netto del ciclo sia ideale che reale aumenta perch, a causa del riscaldamento a p
= cost aumenta il volume specifico e quindi la capacit di lavoro della seconda turbina.
Nel ciclo ideale di Fig. 11 laumento del lavoro netto rappresentato dallarea 4-3- 4-C.
Il rendimento dellimpianto invece tende generalmente a diminuire.
La post-combustione aggiunge al ciclo base 1-2-3-C il ciclo supplementare C-4-3-4 di
rendimento inferiore poich caratterizzato da un rapporto di espansione p4/p1 minore di

p3/p1. Per un ciclo ideale infatti il rendimento dato dalla relazione = 1

o
o

mi)
m
:

Le perdite di energia che accompagnano il funzionamento delle macchine reali attenuano,


tuttavia, la riduzione del rendimento segnalata dal ciclo ideale.
In conclusione, con la ricombustione si ha:
un aumento della potenza specifica, che si rivela superiore rispetto alla compressione
con raffreddamento intermedio poich la ricombustione agisce sulla turbina, e il
lavoro di questa superiore a quello del compressore;
una riduzione del rendimento globale dellimpianto;
un incremento dei costi e degli ingombri, tuttavia modesto poich relativo alla sola
aggiunta di uno o pi combustori;
una maggiore temperatura dei gas allo scarico che se da un lato contribuisce a
diminuire il rendimento dellimpianto, dallaltro fornisce unenergia termica pi
elevata che potrebbe essere utilmente impiegata in caldaie a recupero a valle della
turbina;
maggiori problemi nel raffreddamento della turbina perch anche gli stadi di bassa
pressione della turbina sono investiti da gas ad elevata temperatura.

o Nella pratica tecnica la ricombustione impiegata nei propulsori aeronautici per


migliorare il decollo e le operazioni di manovra degli aerei, soprattutto militari, poich
assicura un buon incremento di potenza senza eccessivi, anzi con modesti, incrementi di
peso e accettabili aumenti dei consumi.

- 201 -

CICLI COMPLESSI
o

In Fig. 12 esemplificato lo schema di un ciclo Brayton piuttosto complesso che include


tutti i sistemi migliorativi prima descritti: rigenerazione (per aumentare t),
raffreddamento intermedio durante la compressione e espansione frazionata con
ricombustione intermedia (per aumentare il lavoro netto allalbero per unit di massa
daria).

Laria allo stato 1 compressa dal primo stadio di compressione fino alla temperatura T2.
A pressione costante poi raffreddata fino alla temperatura T1 ( T1), e quindi ancora
compressa fino alla pressione p2 e temperatura T2. Entra quindi nel rigeneratore dove
riscaldata fino alla temperatura T5 (in Fig. 12 supposta una rigenerazione totale:
&
q = C (T1 T ) = q = C (T1 T& ) e quindi =
= 1 e Tr T1 ) e poi nella
&,!

prima camera di combustione dove la temperatura dei gas portata fino alla temperatura
massima T3. Segue lespansione nel primo corpo di turbina fino alla temperatura T4, la
ricombustione nella seconda camera di combustione che riporta la temperatura dei gas a
un valore T3 prossimo a quello massimo T3. Alluscita del secondo combustore i gas
espandono nel secondo corpo della turbina fino alla pressione p1 e temperatura T4 e
scaricati nellatmosfera a temperatura T6 dopo aver attraversato il rigeneratore.
Il guadagno in termini di lavoro netto ben visibile in Fig. 12 essendo equivalente alla
somma delle due aree: 1 2 B 2 (beneficio del raffreddamento in compressione) e
C- 4- 3- 4 (beneficio della ricombustione).
Tuttavia, grazie alla rigenerazione, laumento della potenza specifica non pi
accompagnato da una diminuzione del rendimento totale dellimpianto. Infatti, il
riscaldamento dellaria da 2 a B (Fig. 12), ovvero linconveniente che accompagna il
raffreddamento dellaria durante la compressione, non avviene pi a spese di un maggior
consumo di combustibile ma grazie alla rigenerazione termica operata dai gas di scarico;
analogamente, la maggior quantit di calore rilasciata allo scarico del secondo corpo di
turbina(*), ovvero linconveniente della post-combustione, non dispersa nellambiente
esterno ma recuperata nello scambiatore rigenerativo per riscaldare laria compressa
alluscita dal compressore dallo stato B allo stato 5, limitando cos la richiesta di
combustibile.
Se si immagina la compressione composta da infiniti stadi con raffreddamento intermedio
e lespansione anchessa composta da un numero infinito di stadi con ricombustione
intermedia, il ciclo che ne risulta avrebbe, nel caso ideale, la forma mostrata in Fig. 13.

(*)

equivalente allarea sottesa alla curva 4 C del ciclo ideale di Fig. 12.

- 202 -

o
o

In questa situazione limite il ciclo risulta composto da due isoterme, lungo le quali vi
cessione di calore q2 (compressione) e ricevimento di calore q1 (espansione), e due
isobare lungo le quali ha luogo lo scambio termico rigenerativo tra i gas di scarico e laria
compressa alluscita del compressore.
Il rendimento di questo ciclo, noto come ciclo di Ericsson, quello massimo ottenibile
( =
= 1 T, /TU ) per la prestabilita temperatura limite T3.
Nonostante questi impianti aggiungano allelevato valore della potenza specifica
ottenibile anche un elevato rendimento, il loro impiego ostacolato dalla loro complessit
impiantistica rispetto alla soluzione a ciclo Brayton semplice, e agli impianti combinati
gas-vapore che, sebbene di analoga complessit impiantistica, presentano per rendimenti
complessivi pi elevati.

- 203 -

IMPIANTI COMBINATI
GAS -VAPORE
(note integrative)
o

I gas allo scarico di una turbina a gas hanno una temperatura molto alta, intorno ai 500C.
Il loro contenuto entalpico pu essere sfruttato per produrre energia termica in impianti
cogenerativi, oppure per generare vapore e produrre elettricit in impianti combinati gasvapore con rendimenti complessivi intorno al 5060%.
Se si tiene presente che i tradizionali impianti a vapore raggiungono, con la tecnologia
corrente, rendimenti massimi intorno al 4042%, e quelli con turbine a gas intorno al
3840%, evidente il vantaggio termodinamico che deriva dal loro accoppiamento.
Uno schema semplificato dellimpianto rappresentato in Fig.1.

Laccoppiamento tra la sezione a gas (impianto topping) e la sezione a vapore


(impianto bottoming) realizzato mediante uno scambiatore di calore, o caldaia a
recupero (HRSG, Heat Recovery Steam Generator), che utilizza come sorgente termica il
contenuto entalpico dei gas scaricati dalla turbina a gas (Fig. 1a).
La caldaia a recupero costituita da un insieme di scambiatori. Lesempio di Fig. 1a
relativo a una sezione a vapore a un livello di pressione, mostra la presenza di un
economizzatore (ECO), un vaporizzatore (VAP) e un surriscaldatore (SH).
In Fig. 1b rappresentato landamento delle temperature dei gas e del vapore allinterno
della caldaia a recupero in funzione dello scambio termico Q, mentre in Fig. 2 i cicli dei
due gruppi sono riprodotti per comodit espositiva in un unico diagramma T S bench
la scala dellentropia sia diversa per i due cicli essendo diverso il fluido operativo.
La pressione di evaporazione del vapore (Fig. 1b) dipende dalla temperatura iniziale dei
gas e pu variare da 20150 bar (i valori pi elevati per le soluzioni a 3 livelli di
pressione della sezione a vapore).
Il suo valore scelto in modo da ottimizzare il rendimento della caldaia a recupero che,
stabilita la tipologia impiantistica della sezione a vapore (uno o pi livelli di pressione)
condizionato dal grado di avvicinamento delle linee di riscaldamento del vapore e di
raffreddamento dei gas che ha luogo allinterno della caldaia (Fig. 1b).
Per limitare la degradazione del recupero di energia termica, lo scambio termico gasvapore deve infatti avvenire in presenza di piccole differenze di temperature.

- 204 -

Questa condizione, che consente di migliorare il rendimento exergetico dello scambio


termico ottenibile pi facilmente usando due o pi livelli di pressione per la sezione a
vapore, e quindi due o pi linee di evaporazione a diversa pressione, in modo che le
temperature di evaporazione siano pi vicine alla linea di raffreddamento dei gas di
scarico della turbina a gas (Fig. 3).
Le minime differenze di temperatura tra il vapore e i gas di scarico (pinch-point) si
manifestano allinizio dellevaporazione e alluscita del surriscaldatore (lato vapore,
Fig.1) e i loro valori condizionano laumentare complessivo del recupero termico e
lestensione della superficie di scambio termico. Minori sono i valori di e maggiore la
superficie di scambio termico, e quindi i costi della caldaia a recupero. I valori minimi di
sono dellordine di 10 30C.
Per aumentare la potenza generata dalla turbina a vapore si pu operare una postcombustione a valle della turbina a gas (Fig. 4) in modo da aumentare la temperatura dei

- 205 -

o
o
o

gas (anche fino a valori dellordine di 750 800C) e con essa la portata di vapore, e
dunque la potenza dellimpianto combinato.
Non detto che il rendimento aumenti poich lincremento di potenza dellimpianto
(*)
ottenuto con una spesa supplementare di potenza termica nel post-combustore .
Per ridurre la potenza della turbina a vapore, parte dei gas di scarico possono, invece,
essere scaricati al camino prima di entrare nella caldaia a recupero (Fig. 4b).
Brevemente, per riassumere gli aspetti essenziali di questa tipologia di impianti.
Il rendimento di questi impianti , attualmente, superiore al 50%; lincremento notevole
rispetto al rendimento degli impianti a gas a ciclo Brayton semplice (38 40%) o
complessi (~ 45% con rigenerazione, raffreddamento e ricombustione); ma anche degli
impianti a vapore (42 45%).
Il rendimento degli impianti combinati gas-vapore poco influenzato dal rapporto di
compressione della sezione a gas ( rc 16 20, T3 1100 1250C).
Al diminuire del rapporto di compressione, e quindi del rapporto di espansione della
turbina a gas, aumenta la temperatura dei gas allo scarico anche se, per converso, tende a
diminuire il rendimento dellimpianto a gas. Ma aumenta anche lenergia termica
disponibile nella caldaia a recupero, e con essa la produzione di vapore e quindi la
potenza prodotta dalla turbina a vapore.
Il massimo rendimento dellimpianto combinato si ottiene in genere per rapporti di
compressione che rendono massima la potenza specifica Pgas/Qma dellimpianto a gas, e
tale rapporto di compressione circa la met, come noto, di quello che rende massimo il
rendimento della sezione a gas.
Per le condizioni di massimo rendimento dellimpianto combinato, la potenza della
turbina vapore circa 1/3 di quella complessiva e ci spiega la ragione per la quale il
costo per unit di potenza complessiva inferiore a quello dei tradizionali impianti a
vapore. Si aggiunga inoltre che per ottenere elevate prestazioni non necessario ricorrere
a configurazioni complesse, e quindi costose, della turbina a gas. La configurazione
quella pi semplice e ci, unito al vantaggio di poter contare su una tecnologia oramai
consolidata per la sezione a vapore, rende gli impianti combinati gas-vapore sempre pi
diffusi e richiesti sia per la produzione di sola energia elettrica sia per la produzione di
energia elettrica e termica, poich si rivelano i pi convenienti in termini di prestazioni,
emissioni di inquinanti e costi.
(*)

La post-combustione resa possibile dal notevole eccesso daria presente nei gas a
causa degli elevati rapporti di dosatura ( =5060) richiesti dalla turbina a gas.

- 206 -

IMPIANTI COMBINATI A UN LIVELLO DI


PRESSIONE
o

Gli impianti combinati gas-vapore a 1 livello di pressione ( presente un unico


vaporizzatore allinterno della caldaia a recupero) sono impiegati per potenze di piccola
taglia (il rendimento inferiore rispetto alle soluzioni pi complesse, a pi livelli di
pressione) e in applicazioni di tipo cogenerativo.
Il principio di funzionamento il seguente.

Lacqua alluscita del condensatore viene portata dalla pompa P1 (Fig. 5a) alla pressione
pB che regna nel corpo cilindrico dellevaporatore (separatore liquido-vapore); passa
attraverso leconomizzatore (ECO in Fig. 5a) dove viene riscaldata fino a una temperatura
TBi prossima, ma inferiore di circa 10 15C, a quella di evaporazione TBl dellacqua alla
pressione pB.
La differenza di temperatura sc (Figg. 5b e 5c), nota comunemente come
sottoraffreddamento (subcooling), ha lo scopo di impedire lebollizione del liquido
allinterno delleconomizzatore, fenomeno che provocherebbe onde di pressione e
variazioni irregolari della portata dacqua.
In questi impianti non vantaggioso il ricorso agli spillamenti rigenerativi per aumentare
il rendimento. Il compito di degassare lacqua, che nei tradizionali impianti a vapore
demandato allo scambiatore rigenerativo a miscela, ora assegnato al corpo cilindrico

- 207 -

dellevaporatore (Fig. 5a). Il degassaggio viene favorito dalla portata di vapore v (Fig.
5a) prodotto dal vaporizzatore.
Dal corpo separatore, oltre alla portata v di acqua satura allo stato termodinamico Bl
(curva limite inferiore, Fig. 5c), viene prelevata anche la portata di vapore saturo secco
(stato termodinamico Bu, curva limite superiore, Fig. 5c) Qmv che viene inviata al
surriscaldatore (SH in Fig. 5a).
La differenza di temperatura app tra la temperatura T4 dei gas che entrano nella caldaia a
recupero e la massima temperatura Tc del vapore surriscaldato , per ragioni legate alla
superficie di scambio termico e ai costi dello scambiatore, compresa nellintervallo
1050C (pi comunemente tra 30 50C).
La differenza min (pinch-point) tra la temperatura T4I dei gas e la temperatura TB di
evaporazione dellacqua (Fig. 5b) compresa nellintervallo 10 30C ed anche la
minima differenza di temperatura tra gas e acqua che normalmente si realizza nella
caldaia a recupero.

ANALISI DELLE PRESTAZIONI


o

Gli scambi termici che hanno luogo nella caldaia a recupero di Fig. 5a possono cos
essere riassunti:
surriscaldatore SH

Q Cp (T1 T1 ) = Qz (H H6 )
vaporizzatore VAP
Q Cp (T1 T1 ) = z (H6 H6 )
economizzatore ECO

Q Cp (T1 Tr ) = Qz (H6 Hd )

(1)
(2)
(3)

dove Qmg la portata di massa dei gas(*) che entra nella caldaia a recupero, v la portata
dacqua che circola nei fasci vaporizzatori e Qmv la portata dacqua che esce
dalleconomizzatore, entra nel corpo cilindrico e poi, come vapore, attraversa il
surriscaldatore e la turbina a vapore.
Dal bilancio energetico del corpo cilindrico dellevaporatore si ottiene:
Q z H6 + z H6 = z H6 + Q z H6
dalla quale
z (H6 H6 ) = Q z (H6 H6 )
(4)
Lo stato fisico BV con cui la portata di massa V (che circola nei fasci vaporizzatori)
rientra nel corpo cilindrico quello di un vapore umido (titolo xBV < 1) per favorire il
degassaggio dellacqua.
Sostituendo la (4) nella (2) e sommando tra loro i membri delle (1), (2) e (3) si ottiene:

Q Cp (T1 Tr ) = Qz (H H6 ) + Qz (H6 H6 ) + Qz (H6 Hd ) =


= Q + Qd + Q9${ = Q
(5)
q z = 2 !( = (H H6 ) + (H6 H6 ) + (H6 Hd ) = H Hd

dove, posto:

(*)

Si assume per i gas un comportamento ideale e un calore specifico costante con la


temperatura.

(6)

- 208 -

Q Cp (T1 Tr ) = Qz q z

si ottiene:

(7)

nella quale qiv lenergia termica fornita allunit di massa di fluido che circola nella
sezione a vapore dai gas di scarico della turbina a gas allinterno della caldaia a recupero
(Qiv la corrispondente potenza termica).
Per un dato turbogas (Qmg, Cpg e T4), una volta stabilite le caratteristiche del ciclo a
vapore (pcond, pevap, Tc e quindi qiv), la portata di vapore Qmv tanto maggiore quanto
minore la temperatura T5 dei gas alluscita della caldaia a recupero.
Il valore minimo di T5 si ottiene assegnando a = T4I TBl il valore minimo che la pratica
tecnica consiglia come miglior compromesso tra efficienza della caldaia a recupero e
costo delle superfici di scambio termico degli scambiatori di calore.
La temperatura T5 non pu comunque scendere al di sotto di una temperatura minima
ammissibile, che dipende dalla natura e dalla quantit di prodotti indesiderati
(specialmente zolfo) contenuti nel combustibile, per evitare problemi di corrosione
(condense acide) nelle zone prossime al camino. Orientativamente, impiegando metano
come combustibile, T5MIN 100120C; per olio combustibile e gas ottenuti dalla
gassificazione del carbone, T5MIN 140160C.
La temperatura T5 dei gas alluscita della caldaia a recupero non condiziona soltanto la
potenza termica e la portata della sezione a vapore ma anche il suo rendimento
termodinamico.
Per una data temperatura T4 dei gas allingresso della caldaia e per un dato valore del
pinch-point = T4I - TB, la temperatura T5 diminuisce al diminuire della pressione pB di
vaporizzazione (Fig. 6), ma diminuisce anche il rendimento del ciclo a vapore.

Il rendimento dellimpianto combinato dipende perci sia dallefficienza della caldaia a


recupero sia dal rendimento del ciclo a vapore.
Per formalizzare il problema si definisce coefficiente di recupero (o efficienza) della
caldaia a recupero il rapporto:

2!(

27

27 ( 8 )
27 ( 8)

8
8)

(8)

- 209 -

tra la potenza termica Qiv ricevuta dalla sezione a vapore e quella massima Qsg messa a
disposizione dal gruppo a gas, ossia la potenza termica che si otterrebbe raffreddando i
gas fino alla temperatura ambiente T1.
La (7) pu essere perci riscritta nella forma:
27

2(

Cp (T1 T, ) = q z

(8)

Allo stesso modo, la potenza prodotta dalla sezione a vapore assume la forma (Fig. 5):

P = Qz (H H9 )z = Qz (H Hd ) z z = Qz q z z z
= Q Cp (T1 Tr ) z z = Q Cp (T1 T, ) z z

(9)
dove tv il rendimento energetico della sezione a vapore e mv il rendimento meccanico
della medesima sezione (comprendendo in esso anche la potenza assorbita degli organi
ausiliari; mv da alcuni autori detto anche rendimento organico e indicato con ov).
La potenza termica Qsg = Qmg Cpg (T4 T1) scaricata dalla turbina a gas pu anche essere
espressa in altro modo(*).

(*)

P| = [(Q + Q )(HU H1 ) Q (H& H, )] =


1
= Q 1 + (HU H1 ) (H& H, ) = Q L = Q L|

Per la turbina a gas (Fig. 5) la potenza netta allalbero vale:

dove m il rendimento meccanico (organico) del


turbogas e tiene conto della potenza meccanica
dissipata allalbero e di quella assorbita dagli
ausiliari, Qma la portata daria, Qmc la portata di
combustibile, Lu il lavoro specifico lordo disponibile
allalbero riferito allunit di massa daria aspirata
dal compressore e LTG quello netto.
Dal bilancio in camera di combustione:

1
H*
Q H = (Q + Q )HU Q H& Q H* = Q 1 + HU H&

Poich il rapporto di dosatura molto elevato (5060) per assicurare il valore


desiderato della temperatura massima T3, per i calcoli di massima delle prestazioni pu
essere ignorata a 2 membro la portata di combustibile; oppure pu essere assunto HbH2.
A prescindere dalle approssimazioni, il bilancio energetico pu essere riscritto nella
forma:
Q H = Q q
dove qi il calore disponibile per unit di massa daria aspirata dal compressore e che
dunque, a meno delle perdite legate alla conversione di energia, pu essere trasformato in
energia meccanica.
Si definisce rendimento di conversione dellenergia da termica a meccanica per il gruppo
turbogas il rapporto:
L
=
q
Il rendimento complessivo dellimpianto perci:
Q q
P|
Q L
Q q
=
=
=
=
=
Q H
Q H
Q H
Q H

- 210 Dal bilancio dei flussi di energia di Fig. 7 (diagramma di Sankey) la potenza termica
scaricata dal turbogas pu infatti essere riscritta nella forma:

QB = Q Cp (T1 T, ) = Q H (1 )

(10)

e la potenza meccanica PTV prodotta dalla sezione a vapore diventa


P = Q H 1 z z

(11)

La potenza erogata dalla turbina a gas invece:


P| = Q H

(12)

Il rendimento totale dellimpianto combinato gas-vapore pertanto:

n| Wn

2:

= U + 1 z z V

(13)

Per una data configurazione del gruppo turbogas, cio per dati valori di cc, tg, mg,
tenendo altres conto che il rendimento meccanico (organico) m del gruppo a vapore
varia poco con la tipologia dellimpianto combinato, per massimizzare il rendimento
totale del gruppo gas-vapore occorre scegliere i parametri termodinamici del ciclo a
vapore in modo da massimizzare il prodotto tv, detto anche rendimento di recupero.

- 211 -

In sostanza, una volta assegnati valori appropriati ai diversi pinch-point (Fig. 5), la
variabile da ottimizzare la pressione di vaporizzazione pB del ciclo a vapore.
I risultati che si ottengono sono rappresentati qualitativamente in Fig. 8.
Il rendimento di recupero v varia poco con la pressione di vaporizzazione pB, e la
pressione che rende massimo tv spesso troppo piccola e quindi antieconomica:
volumi specifici del vapore troppo elevati e dunque elevate dimensioni e costi degli
scambiatori e delle altre apparecchiature. Per sopperire a questi inconvenienti si adottano
in genere pressioni di vaporizzazione maggiori di quella ottimale; oppure si opta per
configurazione della sezione a vapore a due livelli di pressione.

A differenza degli impianti a vapore gli spillamenti rigenerativi non sono convenienti per
quanto concerne il rendimento.

- 212 Con lo spillamento lacqua entra nelleconomizzatore alla temperatura TSl , pertanto il
coefficiente di recupero vale (Fig. 9)

B =

2!(
27

= 2 !( 2!( =
2

!(

2!(
2!(

(14)

dove Qsg la potenza termica scaricata dal turbogas, Qiv la potenza termica fornita alla
portata di vapore Qmv della sezione a vapore in assenza di spillamenti e Qivs quella in
presenza di questi ultimi.
A pari valore della pressione di vaporizzazione lefficienza s della caldaia a recupero in
presenza di spillamenti chiaramente inferiore a , come testimonia la (14) dato che
Qivs<Qiv (Fig. 9).
Inoltre, anche la potenza prodotta dalla turbina a vapore minore in presenza di
spillamenti. Infatti, fissate la pressione di vaporizzazione pB (e quindi la temperatura TB)
e la differenza di temperatura = T4I TB, la portata di massa di vapore Qmv la stessa
con e senza spillamenti poich:
Q Cp [T1 (T6 + )] = Qz (H$ H6 )
(15)
Pertanto, in presenza di spillamenti (Fig. 9):
PvB = Q z (H$ HB ) + (Q z Q B )(HB H9 ) = Q z (H$ H9 ) Q B (HB H9 )
= P Q B (HB H9 )

dove Pv la potenza prodotta dalla turbina a vapore in assenza di spillamenti.


Il rendimento nei due casi :
PvB P QmB (HB H9 )
=
zB =
Q zB
Q zB
z=

P
Qz

mentre i rendimenti di recupero sono:


B zB =

Si ottiene:

Q zB P QmB (HB H9 )
P QmB (HB H9 )

=
Qz
Q zB
Qz

z =

P
Qz

B zB
P QmB (HB H9 ) Q z P QmB (HB H9 )
=

=
z
Q zB
P
P

dal quale risulta chiaramente s tvs < tv, e dunque la non convenienza degli spillamenti
negli impianti combinati gas-vapore.
Tuttavia, qualora la temperatura T5 risultasse inferiore alla temperatura minima ammessa
dal tipo di combustibile impiegato, ladozione degli spillamenti potrebbe rivelarsi utile
giacch T5S > T5 (Fig. 9).

- 213 -

POST-COMBUSTIONE (Re-Heating)
o

La post-combustione consiste in una combustione supplementare a valle della turbina a


gas per aumentare la temperatura dei gas (si pu arrivare fino a 750 800C) e consentire
una maggiore produzione di vapore, e dunque di potenza, dellimpianto combinato
(Fig.10). La post-combustione resa possibile dal notevole eccesso daria ancora presente
nei gas di scarico del turbogas.
La spesa supplementare di combustibile non assicura per un miglioramento del
rendimento del gruppo combinato.
Un analisi delle prestazioni utile per chiarire i termini della questione.

Si definisce grado di post-combustione il rapporto:

T 8
8)

Si indichi con F la potenza termica totale introdotta nellimpianto combinato. :


F = F + Fp = Q + Q H

(16)

(17)

dove Fg la potenza termica introdotta nella camera di combustione di rendimento cc1


del gruppo turbogas mentre Fpc la potenza termica introdotta nel post-combustore di
rendimento cc2.
Dal bilancio termico nel post-combustore si ottiene:

& F

= Q Cp (T1 T1 ) = Q Cp (T1 T, ) = QB = , F 1

dalla quale:

e quindi:

, F 1
&

F = F ~1 +

, 1

&

- 214 -

dove tg il rendimento di conversione dellenergia da termica a meccanica del gruppo


turbogas.
La potenza termica introdotta nel gruppo a vapore :
Q z = Q Cp (T1 T, ) = Q Cp (T1 T, )( + 1) = , 1 F ( + 1)

mentre la potenza meccanica fornita dal gruppo a vapore vale:

P = Q z z z = , F 1 ( + 1) z z

La potenza fornita dal turbogas vale:

P = , F

pertanto, il rendimento totale dellimpianto combinato, ricordando le relazioni precedenti,


:
P + P , F + , 1 ( + 1) z z F
=
=
F
, 1
F ~1 +

&
+ 1 ( + 1) z z
= , &
& +, 1
(18)
o

La presenza della ricombustione se da un lato, attraverso il grado di post-combustione ,


aumenta il numeratore della (18), dallaltro aumenta anche il denominatore. Non detto
quindi che il rendimento totale del gruppo combinato aumenti. In effetti, sono rare le
situazioni in cui la post-combustione porti a un aumento del rendimento complessivo.
Il rapporto PV / Pg tra la potenza della sezione a vapore e quella del gruppo turbogas :

,87 (JW,) ( (
7 7

(19)

e questo aumenta sempre con il grado di post-combustione . La potenza della sezione a


vapore aumenta sempre con e con essa quella del gruppo combinato.
In questi impianti il generatore di vapore diventa una vera e propria caldaia ad
irraggiamento, a pareti schermate con tubi dacqua e rivestimento in refrattario. La
pressione del vapore sale fino a valori propri delle centrali termoelettriche convenzionali
(80 150 bar). Il ciclo a vapore a un livello di pressione ma con doppio
surriscaldamento per evitare titoli del vapore troppo bassi a fine espansione, e non si pu
escludere anche il ricorso a spillamenti rigenerativi per far quadrare il bilancio termico.
La sezione a vapore diventa il baricentro energetico, mentre la sezione a gas diventa quasi
un accessorio (senza post-combustione Pv / Pg 0,3).
Si perdono perci alcune caratteristiche tipiche degli impianti combinati gas-vapore quali
la rapidit di intervento e la semplicit di costruzione. per questa ragione che i
costruttori riservano questa soluzione (post-combustione) soprattutto ai casi di
ripotenziamento di preesistenti gruppi a vapore, collocando a monte dellimpianto a
vapore una turbina a gas (impianti de repowering).
Negli altri casi sono preferiti impianti combinati senza ricombustione e con la sezione a
vapore a 2 livelli di pressione (si ottengono rendimenti maggiori della soluzione a 1 solo
livello di pressione e sono quindi da preferire quando le potenze sono elevate).

- 215 -

Unultima osservazione sul rendimento di un impianto combinato gas-vapore con postcombustione.


Se si assume costante il calore specifico dei gas con la temperatura (ignorando anche la
diversa composizione dei fiumi prima e dopo la ricombustione) e se si assumono uguali i
rendimenti delle due camere di combustione ( cc1 cc2), la potenza termica totale
introdotta nellimpianto vale:

F = F + Fp
o

::

(20)

Nella (20) stato semplificato anche il bilancio termico in camera di combustione del
gruppo turbogas ponendo Qmc Hu cc Qmg Cpg (T3 T2).
La (20) pu essere riscritta anche in altra forma, aggiungendo e sottraendo a numeratore
Qmg Cpg T1; si ottiene:
F=

27 $ 7 ( 8% )W27 $ 7 T 8

Q Cp [(TU T1 ) (T& T, )] + Q Cp (T1T T, )

Q L + Q Cp (T1T T, )

dove Lu il lavoro specifico lordo disponibile allalbero della turbina per unit di massa
dei gas (a causa degli elevati rapporti di dosatura = Qma/Qmc impiegati, Qmg Qma con
Qma portata di massa dellaria aspirata dal compressore del turbogas).
La potenza complessiva dellimpianto combinato, tenendo conto delle perdite per attriti
meccanici e della potenza assorbita dagli ausiliari, :
P = P + P = Q L + Q Cp (T1T T, ) z z

mentre il rendimento complessivo risulta:

=
o

W$ 7 4 8) ( ( /7
W$ 7 4 8)

(21)

A differenza della precedente formulazione di (eq. 18), la (21) mette chiaramente in


evidenza che, a prescindere dal grado di post-ricombustione e quindi dal valore della
temperatura T4, il rendimento sar massimo quando il lavoro specifico Lu, ovvero la
potenza specifica Pg/Qma del gruppo turbogas, massima.

- 216 -

IMPIANTI COMBINATI A DUE LIVELLI DI


PRESSIONE
o

Per migliorare lefficienza della caldaia a recupero senza penalizzare per il rendimento
della sezione a vapore, e ottenere dunque pi elevati rendimenti totali di conversione
dellenergia da termica a meccanica, la tecnologia attuale si orientata verso la soluzione
a due (o tre) livelli di pressione per la sezione a vapore.
Uno schema semplificato dellimpianto rappresentato in Fig. 11.
Lacqua, alluscita del condensatore, viene portata alla pressione pB che regna nel primo
separatore liquido-vapore (vaporizzatore) di bassa pressione (LPV Low pressure
vaporizer, in Fig. 11) dalla pompa P1, e passa attraverso leconomizzatore di bassa
pressione (LPE Low pressure Economizer, in Fig. 11) dove il liquido viene portato, per
le ragioni gi dette nel capitolo precedente, a una temperatura TBi di alcuni gradi minore
di quella di vaporizzazione TBl.

Si indichi con QmE la portata di vapore alluscita della turbina di bassa pressione, QmBU la
portata di vapore saturo secco estratta dal vaporizzatore di bassa pressione, Qmc la portata
di vapore allingresso della turbina di alta pressione. Deve essere:
Qm9 = Qm6 + Qm
(22)
per cui, indicando con m il rapporto QmBU/QmE si ottiene:
Qm6 = m Qm9

(23)

- 217 -

Qm = Qm9 (1 m)

Dopo aver attraversato leconomizzatore di bassa pressione, la portata dacqua QmE entra
nel corpo cilindrico di bassa pressione che funge anche da degasatore. Il degassaggio
avviene attraverso la portata LPV di vapore umido allo stato termodinamico BV (XBV < 1)
che viene prodotto nei fasci tubieri del vaporizzatore di bassa pressione LPV (Fig. 11).
Dal corpo cilindrico di bassa pressione vengono estratte la portata di vapore saturo secco
(stato termodinamico BU) QmBU = m QmE e la portata Qmc = (1 m) QmE di liquido saturo
(stato termodinamico Bl).
La portata di vapore saturo secco alla pressione pB viene inviata al miscelatore M che
raccoglie anche la portata di vapore Qmc = (1 m) QmE scaricata dal corpo di alta
pressione della turbina a vapore alla stessa pressione pB del corpo cilindrico di bassa
pressione.
La portata Qmc = (1 m) QmE di liquido saturo alluscita dal separatore liquido-vapore
LPV portata alla pressione pBB dalla pompa P2, quindi attraversa leconomizzatore di
alta pressione (HPE High Pressure Economizer, Fig. 11) per entrare poi nel corpo
cilindrico del vaporizzatore di alta pressione (HPV High Pressure vaporizer, Fig. 11).
Alluscita dalleconomizzatore HPE la temperatura TBBi di qualche grado inferiore alla
temperatura del liquido saturo TBBl alla pressione pBB per impedire lebollizione del
liquido e le irregolarit nellesercizio della caldaia a recupero che ne possono derivare.
Allinterno dei fasci tubieri del vaporizzatore HPV circola una portata HPV che dallo
stato di liquido saturo BBl viene portata allo stato BBV di vapore saturo secco dal liquido
allinterno del corpo cilindrico.
Dal corpo cilindrico HPV viene poi prelevata la portata di vapore saturo secco Qmc = (1
m) QmE che viene successivamente inviata al surriscaldatore HPSH (High Pressure
Superheater).
La portata Qmc di vapore surriscaldato entra nel corpo di alta pressione HP della turbina a
vapore dove espande fino alla pressione pB.
La portata di vapore Qmc = (1 m) QmE allo stato termodinamico Do e pressione pB viene
miscelata con la portata di vapore saturo secco QmBU = m QmE allo stato termodinamico
BU e pressione pB.
La portata di vapore QmE = Qmc + QmBU, allo stato termodinamico D che consegue alla
miscelazione (Fig. 11), entra nel corpo di bassa pressione LP della turbina a vapore per
essere infine scaricata, alla pressione pK, nel condensatore.
Landamento delle temperature dei gas di scarico e dellacqua nella caldaia a recupero
mostrato in Fig. 11; in ascissa riportato il rapporto tra la potenza termica scambiata
nella caldaia a recupero e la portata di massa QmE.
Gli scambi termici che hanno luogo nella caldaia a recupero possono essere cos riassunti.
sez. HPSH:
sez. HPV:
sez. HPE:
sez. LPV:
sez. LPE:

(24)

Q Cp (T1 T1 ) = Q (H H66 ) = (1 m)Q 9 (H H66 )


Q Cp (T1 T1 ) = (H66 H66 )

Q Cp (T1 T1 ) = Q (H66 H6 ) = (1 m)Q 9 (H66 H6 )


Q Cp (T1 T1 ) = (H6 H6 )
Q Cp (T1 Tr ) = Q 9 (H6 Hd )

(25)
(26)
(27)
(28)
(29)

Eseguendo un bilancio termico nel separatore liquido-vapore di bassa pressione LPV, si


ottiene:
Q 9 H6 + H6 = Q H6 + H6 + Q 6 H6
= (1 m)Q 9 H6 + H6 + m Q 9 H6

- 218 dalla quale:


o

Q H66 + H66 = H66 + Q H66

(H66 H66 ) = (1 m)Q 9 (H66 H66 )

dove:
q = q + q + q9 + q + q9 =
= (1 m)(H H66 ) + (1 m)(H66 H66 ) +
+(1 m)(H66 H6 ) + [(H6 H6 ) + m(H6 H6 )] + (H6 Hd )

(31)

Sostituendo al 2 membro delle (26) e (28) il 2 membro rispettivamente delle (31) e (30),
e sommando tra loro i membri delle (25) (29) si ottiene:
Q Cp (T1 Tr ) = (1 m)Q 9 (H$ H66 ) +
+(1 m)Q 9 (H66 H66 ) +
+(1 m)Q 9 (H66 H6 ) +
+Q 9 (H6 H6 ) + m Q 9 (H6 H6 ) + Q 9 (H6 Hd )
= Q + Q + Q 9 + Q + Q 9 =
= Q = Q 9 q

(30)

Analogamente, nel separatore liquido-vapore di alta pressione HPV:


dalla quale:

(H6 H6 ) = Q 9 (H6 H6 ) + m Q 9 (H6 H6 )

(32)

(33)

lenergia termica scambiata nella caldaia a recupero per unit di massa di fluido che
circola nel condensatore.
anche:
q = (1 m)(H H6 ) + (H6 H6 ) + m(H6 H6 ) + (H6 Hd ) =
= (H H6 ) + (H6 H6 ) + (H6 Hd ) m(H H6 ) =
= (H Hd ) m(H H6 )

(34)
dalla quale risulta chiaramente che lenergia introdotta nella caldaia per unit di massa di
vapore scaricata nel condensatore diminuisce allaumentare del rapporto m = QmBU/QmE,
ossia della portata di vapore saturo secco estratto dal vaporizzatore di bassa pressione
LPV.
Lo stato termodinamico D della portata di massa QmE allingresso della turbina di bassa
pressione LP si ricava da un bilancio termico al miscelatore M
QmBU HBU + Qmc HDO = (QmBU + Qmc) HD = QmE HD dalla quale, ricordando che
QmBU = m QmE e Qmc = (1 m)QmE si ottiene:
H` = m H6 + (1 m)H`

(35)

H9 = m H9 6 + (1 m)H9 `

(36)

Con buona approssimazione, si pu inoltre scrivere (Fig. 11):

La potenza prodotta dalla sezione a vapore dunque:

P = Q (H H` ) + Q 9 (H` H9 ) =
= Q 9 [(1 m)(H H` ) + (H` H9 )] =
= Q 9 U(1 m)(H H` ) + (1 m)H` H9 ` + mH6 H9 6 V =
= Q 9 U(1 m)(H H` ) + mH6 H9 6 V =
= Q 9 L
dove

L = (1 m)(H H` ) + mH6 H9 6

il lavoro specifico lordo prodotto dalla turbina a vapore per unit di massa di vapore
scaricata nel condensatore.

(37)
(38)

- 219 -

Il rendimento termico del gruppo a vapore pertanto dato dalla relazione:

z=

&!

(,8)(: 8SS )W(h 8Sh )


(: 8 )8(: 8h )

(39)

La (39) pu essere riscritta in altro modo per distinguere pi chiaramente il contributo dei
due distinti livelli di pressione nei riguardi del rendimento complessivo tv del gruppo a
vapore.
Con riferimento al diagramma TS di Fig. 11 si considerino i cicli a vapore A BBl
BBU C EDO A e A Bl BU EBU A, il primo di alta e il secondo di bassa
pressione.
I rendimenti termici di questi cicli sono, rispettivamente:
H H9`{
H6 H96
, =
=
H Hd
H6 Hd
Ne consegue che:
H H9`{ = (H Hd )
H6 H96 = (H6 Hd )

(1 m) (H Hd ) + m (H6 Hd )
(H Hd ) m(H H6 )

che sostituite nella (39) consentono di scrivere:


z=

(,8)(: 8 )W(h 8 )

= (,8)(

dove:

(,8)(: 8 ) W(h 8 )
(,8)(: 8 )

= +

: 8 )W(h 8 )

= (,8)(

(h 8 )

: 8 )W(h 8 )

+ = 1

Poich

lespressione (40) del rendimento tv della sezione a vapore diventa:


z = ( )

o
o

(41)
(42)
(43)
(44)

dalla quale emerge che, essendo I > II, ladozione del 2 livello di pressione porta a una
penalizzazione del rendimento complessivo tv tanto maggiore tanto pi elevato il
coefficiente II, ovvero tanto maggiore il rapporto m = QmBU/QmE tra la portata di
vapore saturo secco estratta dal vaporizzatore di bassa pressione e la portata QmE scaricata
al condensatore.
Anche lo scambio termico complessivo qiV nella caldaia a recupero diminuisce con
laumentare di m.
Come per gli impianti combinati a 1 livello di pressione, si pu sempre scrivere:

Q C (T1 Tr ) = QB = Q H 1
P = Q tv z = QB z z = Q H 1 z z
P = Q H
=2

W7

(40)

= U + 1 z z V

(45)

e concludere che per massimizzare il rendimento complessivo dellimpianto combinato


gas-vapore necessario massimizzare il rendimento di recupero tv.
Lottimizzazione dellimpianto combinato gas-vapore ora pi complesso perch oltre ai
due livelli di pressione pBB e pB occorrer stabilire anche il valore ottimo del coefficiente
m di ripartizione della portata tra i due livelli di pressione della sezione a vapore.

- 220 -

OTTIMIZZAZIONE DELLA PORTATA TRA I DUE LIVELLI DI PRESSIONE


o

Si supponga nota la configurazione della sezione a gas e si ritengano altres assegnate le


pressioni pBB e pB dei due livelli di pressione della sezione a vapore.
Nelle note che seguono sintende descrivere la dipendenza delefficienza della caldaia a
recupero, del rendimento termico della sezione a vapore, e quindi il rendimento di
recupero tv , dal coefficiente m = QmBU/QmE di ripartizione della portata.
Per assegnati valori delle temperature T4 (dei gas allingresso della caldaia a recupero) e
T1 (temperatura ambiente) per valutare la dipendenza dellefficienza della caldaia
(Fig.12).

8
8)

(46)

dal coefficiente di ripartizione m sufficiente analizzare la dipendenza di T5 (temperatura


dei gas allo scarico della caldaia a recupero) da m.

- 221 -

Un rapido esame degli andamenti delle temperature dei gas nella caldaia a recupero
mostrati in Fig. 13 consente di trarre alcune importanti conclusioni.
In Fig. 13a il valore minimo del pinch-point posto sulla pressione di vaporizzazione pBB
pi elevata, mentre in Fig. 13b sulla pressione di vaporizzazione pB pi bassa.
Si nota facilmente come la temperatura dei gas allo scarico della caldaia sia, nel primo
caso, maggiore che nel secondo (T5 BB > T5 B): lefficienza della caldaia a recupero
dunque maggiore nel secondo caso (min su pB) rispetto al primo (min su pBB).
Poich (Fig. 12 e eq. 32 e 33):
q + q9 = (H6 H6 ) + m(H6 H6 ) + (H6 Hd )
= H6 Hd + m(H6 H6 )

diminuisce (Fig.13) quando il pinch-point minimo imposto sul livello di pressione pBB
pi elevato (i valori di HBl e HBU sono stabiliti dalla pressione pB, HA stabilito dalla
pressione pK al condensatore), ne consegue che, in questo caso, m (e quindi la portata di
vapore saturo secco estratta dal corpo cilindrico di bassa pressione) sensibilmente
inferiore rispetto al caso in cui MIN imposto sul livello di pressione pB pi basso. Ma per
le relazioni (34) e (44) anche: qiVBB > qiVB (come evidenzia anche la Fig. 13) e
tvBB> tVB.
In conclusione, allaumentare di m lefficienza della caldaia a recupero aumenta mentre
diminuisce il rendimento tv del gruppo a vapore. Inoltre, il valore di m dipende dalla
scelta dei pinch-point operata sui due livelli di pressione pB e pBB.
Si tratta allora di ricercare per quale combinazione dei valori di pinch-point BB e B il
valore del coefficiente m rende massimo il rendimento di recupero tv.
Allo scopo, pu essere adottata la procedura di seguito descritta.
Si ritengono assegnate le pressioni pB e pBB nonch il valore minimo dei pinch-point
(MIN 1030C).

a) BB = MIN (pinch-point minimo sullalta pressione)


Prendendo a riferimento le Figg. 12 e 13a, si ha:
Q Cp (T1 T1 ) = Q Cp [T1 (T66 + 66 )] = Q 9 (q + q )
Q Cp (T1 Tr 66 ) = Q 9 q 66

Dividendo tra loro i membri delle relazioni precedenti si ottiene:


T1 Tr 66
q 66
=
T1 (T66 + 66 ) q + q
e quindi:
q 66
Tr66 = T1 [T1 (T66 + 66 )]
q + q

Tr66 = T1 [T1 (T66 + 66 )]

anche (eq. 32 e 34)

(: 8 )8(: 8h )
(,8)(: 8hh! )

(47)

Se a qiVBB si aggiunge e toglie Hc - HBU, la (47) pu essere riscritta nella forma:

Tr66 = T1 [T1 (T66 + 66 )]

(: 8h )W(h 8 )(,8)
(: 8hh! )

(48)

dalla quale risulta che T5BB diminuisce allaumentare di m (aumenta lefficienza della
caldaia a recupero).
b) B = MIN (pinch-point minimo sulla bassa pressione)
Dallesame delle Figg. 12 e 13b, si ottiene:

Q Cp [T1 (T6 + 6 )] = Q 9 (q 6 q9 )
Q Cp (T1 Tr6 ) = Q 9 q 6

- 222 e quindi

dalla quale

T1 Tr6
q 6
1
=
=
T1 (T6 + 6 ) q 6 q9 1 q9
q

Tr6 = T1 [T1 (T6 + 6 )]


&AWS

dove

&! h

h! 8

,8 AWS
! h

: 8 8(: 8h )

(49)

(50)

Anche in questo caso, T5B diminuisce allaumentare di m, confermando per via analitica
quanto era emerso in precedenza dallesame della Fig. 13: lefficienza della caldaia a
recupero aumenta allaumentare di m, a prescindere da dove venga imposto il valore
minimo del pinch-point, sulla bassa oppure sullalta pressione della sezione a vapore.
Per unanalisi pi dettagliata dellinfluenza di m su , si considerino i seguenti bilanci
termici in caldaia (Fig. 12 e eq. 32):

Q Cp (T1 T1 ) = Q 9 (q9 + q ) =
= Q 9 [(1 m)(H66 H6 ) + (H6 H6 ) + m(H6 H6 )] =
= Q 9 [m(H6 H66 ) + H66 H6 ]
(51)
Q Cp (T1 T1 ) = Q 9 (q + q ) = Q 9 (1 m)(H H66 )

Dalle precedenti si ottiene:


2
[m(H6 H66 ) + H66 H6 ]
T1 = T1 2 S
$
T1 = T1 2

2S

7 $ 7

(1 m)(H H66 )

(52)

(53)
(54)

Le relazioni (48), (49), (53) e (54) consentono di seguire levoluzione di in funzione di


m tenendo conto al contempo della condizione che il pinch-point, sullalta e sulla bassa
pressione, non deve mai essere inferiore al valore minimo MIN assegnato.
Partendo allora da m=0 (Qmc = QmE, QmBU =0 : sezione a vapore a un solo livello di
pressione), e aumentando m, il valore minimo del pinch-point va imposto sullalta
pressione finch il pinch-point B sulla bassa pressione raggiunge anchesso il valore
minimo ammissibile.
Infatti, con T4III = TBB + min, allaumentare di m T5BB diminuisce (eq. 48), e aumenta
dunque (eq. 46) mentre T4I = TB + B diminuisce (eq. 53) e con essa B.
Quando B = MIN se si continuasse ad imporre sullalta pressione il valore minimo del
pinch-point B risulterebbe minore di MIN.
Raggiunto pertanto il valore m* per il valore B = MIN se si vuole aumentare m per
abbassare ulteriormente T5 necessario imporre il pinch-point MIN sulla bassa pressione
(T4I = TB + MIN).
La temperatura T5 continua ancora a diminuire (eq. 49 e 50), e quindi (eq. 46) continua
ancora ad aumentare, ma T4III = TBB + BB aumenta (eq. 54) e con essa BB.
Il valore di m* si ottiene dal rapporto delle equazioni (51) e (52) dopo aver posto
T4III=TBB+MIN e T4I=TB+MIN.
Si ottiene:
T66 T6
m (H6 H66 ) + H66 H6
=
(1 m )(H H66 )
T1 T66 }
dalla quale dopo alcuni passaggi si perviene alla:

m = ( hh
(

8h )(: 8hh! )8(hh! 8h! )( 8hh 8- )

h 8hh! )( 8hh 8- )W(hh 8h )(: 8hh! )

(55)

- 223 -

Per m = m* il valore della temperatura dei gas allo scarico della caldaia a recupero vale
(eq. 49)
,
Tr = T1 [T1 (T6 + } )] AWS
(56)
dove:

o
o

q9 = H6 Hd

,8

! h

q6 = (1 m )(H H6 ) + m (H6 H6 ) + H6 Hd

(57)
(58)

Assumendo T4 = 560C, Tc = 540C, pBB = 40bar, pB = 15bar pK = 0,05bar, MIN = 8C e


calcolando per m < m* la temperatura T5 allo scarico della caldaia con la (48), e per
m>m* con la (49), landamento dellefficienza (eq. 46) della caldaia a recupero in
funzione di m quello di Fig.14.
Per le stesse condizioni, il valore del rendimento di conversione tv dellenergia da
termica a meccanica della sezione a vapore (eq. 39) mostrato in Fig. 15.
Landamento del rendimento di recupero tv mostrato in Fig. 16. Il valore massimo di
tv si ottiene dunque per m = m* (valore ottimo di m).

- 224 -

OTTIMIZZAZIONE DELLE PRESSIONI DELLA SEZIONE A VAPORE A DUE


LIVELLI DI PRESSIONE

o
o

Per assegnati valori delle pressioni pB e pBB dei due livelli della sezione a vapore, il valore
massimo del rendimento di recupero tv si ottiene quando i pinch-point B e BB sono tra
loro uguali (se pari a MIN), e dunque m = m*.
Si tratta allora di variare la pressione minima e la pressione massima allinterno di
intervalli usuali per questa tipologia dimpianto e calcolare m* con la (55), tv con la (39),
T5 con la (56) e infine con la (46).
I risultati che si ottengono sono riassunti nelle Figg. 17 e 18 per 5 pB 20 bar e
30PBB70 bar.

In Fig. 18 riportato il valore massimo del rendimento di recupero al variare delle


pressioni pB e pBB allinterno degli intervalli segnalati.
Si osserva come per unassegnata temperatura T5 allo scarico della caldaia a recupero
(non deve essere inferiore a quella minima consentita dal tipo di combustibile impiegato
nella sezione a gas) esistano diverse coppie di valori pB e pBB in grado di realizzarla, e per
ognuna di tali coppie nel grafico di Fig. 18 anche indicato il valore massimo atteso del
rendimento di recupero; mentre dalla Fig. 17 possibile ricavare il valore ottimo m* della
ripartizione delle portate tra i due livelli di pressione.
I risultati riportati nelle Figg. 17 e 18 sono stati ottenuti per i medesimi valori di T4, Tc e
MIN del paragrafo precedente.
Gli impianti combinati gas-vapore, cos come quelli a gas e a vapore, non vengono
progettati ad hoc in base alle richieste del cliente, ma vengono scelti fra i modelli a
catalogo delle pi importanti industrie del settore.
La ragione dovuta agli alti costi di progettazione altrimenti richiesti.

- 225 -

In tab. 1 sono indicate le prestazioni di alcuni gruppi combinati oggi commercializzati.


I gruppi turbogas sono di due tipologie: Heavy duty e Aeroderivative. Le turbine
aeroderivative hanno usualmente potenze non superiori a circa 50MW; le taglie di
potenza superiore sono coperte dalle heavy duty.
In genere, il rapporto tra le potenze Pgas/Pvapore circa 2, ossia la sezione a gas produce
circa i 2/3 della potenza totale dellimpianto combinato.

- 226 -

IMPIANTI COGENERATIVI
(note integrative)
o

Viene definito cogenerativo un impianto che produce sia potenza elettrica sia potenza
termica per diversi tipi di utenza. Lenergia impiegata quella che proviene dalla
combustione di un combustibile.
Lenergia termica pu essere richiesta a un livello di temperatura medio - basso (300C,
caso tipico delle cartiere, industrie tessili, riscaldamento di ospedali, uffici, etc.). In
questo caso, poich la combustione di un combustibile fossile d origine ad elevate
temperature (~1500C), la configurazione ottimale dellimpianto cogenerativo vede lo
sfruttamento del calore generato ad alta temperatura come input energetico per un
impianto a vapore o a gas per la produzione di energia elettrica (topping cycle). La
richiesta di energia termica invece soddisfatta a uno stadio intermedio o allo stadio
finale del ciclo di potenza.
In altri casi la richiesta di energia termica a temperatura molto elevata (~ 1400C, come
ad esempio nei cementifici, industrie del vetro, acciaierie, etc.). In questi casi, il calore
generato ad alta temperatura dalla combustione del combustibile fossile viene utilizzato
per soddisfare le esigenze del processo industriale.
Il calore rigettato dal processo termico a temperature ancora relativamente alte
(600800C) pu essere utilizzato come input energetico per un impianto di potenza a
vapore o a gas (bottoming cycle).
I due casi sono riassunti schematicamente in Fig. 1; dove:
Qi la potenza termica in input generata dalla combustione del combustibile
Pel la potenza elettrica generata
Qth la potenza termica richiesta dallutenza
Qd la potenza termica dispersa

In entrambi i casi, dal principio di conservazione dellenergia:


Q = PZ + Q + Q [

(1)

Per caratterizzare sotto il profilo energetico un impianto cogenerativo possono essere


introdotti vari coefficienti. Nei riguardi del primo principio dello termodinamica, sia Pel
che Qth possono essere considerate forme di energia utili dello stesso livello di
importanza. Pertanto il rapporto:
=

, W2
2!

= Z +

(2)

- 227 -

pu essere proposto come rendimento di primo principio dellimpianto cogenerativo.


Questo coefficiente ha il vantaggio di segnalare chiaramente la convenienza della
cogenerazione in virt degli elevati valori che esso assume (0,60,95). Ha per lo
svantaggio di considerare di pari livello termodinamico il valore dellenergia elettrica e
dellenergia termica. In realt, i loro valori sono diversi non solo sotto laspetto
termodinamico (lenergia elettrica pu essere totalmente convertita in energia termica,
mentre questultima pu essere convertita solo parzialmente in energia elettrica), ma
anche sotto laspetto economico (lenergia elettrica molto pi pregiata, e quindi pi
costosa, dellenergia termica).
Per superare linconveniente si pu pensare di proporre un rendimento dellimpianto
cogenerativo basato sul secondo principio dello termodinamica. Allo scopo, in luogo
della potenza termica Qth si pu prendere a riferimento la potenza meccanica che da Qth
potrebbe essere ottenuta con una macchina di Carnot operante tra la temperatura media
Tm a cui viene prodotta Qth e la temperatura ambiente Ta ottenendo:

n
, W2 ,8
n

(3)

Questa nuova definizione di rendimento, sebbene corretta dal punto di vista


termodinamico, non mette tuttavia adeguatamente in risalto il vantaggio della
cogenerazione a causa dei bassi valori che tipicamente assume II (~ 0,30,6).
Per tutte queste ragioni, lindice che meglio sembra caratterizzare il comportamento
energetico di un impianto cogenerativo quello che deriva dal confronto dei consumi di
energia richiesti da un impianto cogenerativo e da due impianti separati (uno per la
produzione di sola energia elettrica, laltro per la produzione di sola energia termica) a
parit di Pel e Qth (Fig. 2).

Si definisce Indice di Risparmio Energetico (IRE) il rapporto:

IRE =
o

2!

2!W W2!) 82!


2!W W2!)

(4)

In Fig. 2 con el* e th* si sono indicati i valori riferimento dei rendimenti di conversione
*
dellenergia da termica ad elettrica e da termica a termica ( el 0,380,5, il limite
inferiore la media dei rendimenti degli impianti tradizionali a vapore e a gas, il limite
superiore invece rappresentativo delle soluzioni tecnologicamente avanzate costituite
*
dai gruppi combinati gas-vapore; th 0,80,9).

- 228 -

Q + Q 2 = , +

Poich (Fig. 2):

(5)

(6)

posto per limpianto cogenerativo:

Z =

,
2!

, =

2!

lIRE pu essere riformulato nel modo seguente:

IRE = 1 )!W

)
W !
)!
)!

=1

W
)
)
)
), ' W ) '
! ,
!

= 1 ',

',

'
W

'

(7)

Per la valutazione dellIRE di un impianto cogenerativo (ossia per la valutazione del


risparmio di combustibile che esso consentirebbe rispetto alla produzione separata di Pel e
Qth) necessario assegnare valori appropriati ai rendimenti di riferimento el* e th*.
La scelta legata al contesto in cui si opera:
Se limpianto cogenerativo in sostituzione di impianti preesistenti per la produzione
separata di energia elettrica e termica, allora corretto prendere a riferimento per el*e
*
*
*
th i valori medi dei gruppi da sostituire ( el 0,38 e th 0,8).
Se invece si vuole valutare pi in generale la convenienza di un investimento
alternativo rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica, allora pi
corretto prendere a riferimento le soluzioni tecnologicamente pi avanzate ( el*= 0,5:
impianti combinati gas-vapore; th*= 0,850,9).
Nelle Figg. 3 e 4 sono riportate le curve a IRE costante sul piano el, th per due diverse
coppie di valori el* e th*, a seconda che si prendano come riferimento impianti
tradizionali o tecnologicamente avanzati per la produzione di energia termica ed elettrica.

La questione non di poco conto perch un impianto cogenerativo avente el = 0,25 e


0,4 ha IRE = 0,15 quando el*= 0,38 e th*= 0,8 ma IRE = -0,06 quando el*= 0,5 e
*
th = 0,9.

th=

- 229 -

Un altro indice di interesse per la valutazione energetica di un impianto cogenerativo


lIndice Elettrico Iel cos definito:

IZ =

(8)

A parit di potenza termica Qth recuperata dalla cogenerazione, tanto pi alto lindice
elettrico Iel (valori tipici 0,110) tanto maggiore la potenza elettrica prodotta con un
basso consumo di combustibile.
La produzione combinata di energia elettrica e energia termica pu essere realizzata con
diverse soluzioni impiantistiche, le pi diffuse delle quali sono:
Impianti cogenerativi con turbine a gas;
Impianti cogenerativi con turbine a vapore in contropressione o in derivazione;
Impianti cogenerativi a ciclo combinato;
Impianti cogenerativi con motori a combustione interna.
I campi di impiego delle diverse tipologie dipendono dal valore della potenza. In Fig. 5
riportata la situazione in Italia negli ultimi anni.

Gli impianti cogenerativi con motori a combustione interna rappresentano la soluzione


pi usata nel campo delle piccole potenze per i minori costi richiesti per la loro
realizzazione.
Le soluzioni con turbine a vapore in contropressione o in derivazione hanno costituito,
prima dello sviluppo e della diffusione degli impianti combinati gas-vapore avvenuta
negli ultimi anni, la soluzione pi impiegata nel campo delle medie e alte potenze.

- 230 -

IMPIANTI COGENERATIVI CON TURBINE A


GAS
o

Lo schema base di un impianto cogenerativo con turbine a gas mostrato in Fig. 6a.

Si suppone che lutenza termica richieda vapore allo stato surriscaldato (stato fisico C, in
Fig. 6b) e lo rilasci allo stato di liquido sottoraffreddato(*) (stato fisico U, in Fig. 6b).
La produzione del vapore avviene allinterno della caldaia a recupero alimentata dai gas
di scarico della turbina a gas (T4 400500C).
Il liquido sottoraffreddato (stato fisico U in Fig. 6b) alluscita dallutenza termica viene
laminato nello scaricatore di condensa SC fino alla pressione presente allinterno del
degasatore (indicato con DEG in Fig. 6a).
La laminazione isoentalpica attraverso SC genera vapore saturo umido (stato fisico U in
Fig. 6b), con titolo dunque maggiore di zero (vapore flash) per agevolare il degasaggio
e mantenere il liquido allinterno del degasatore allo stato di saturazione (stato fisico A in
Fig. 6b).
La condensa prelevata dal degasatore viene quindi portata alla pressione richiesta
dallutenza termica e inviata allinterno della caldaia a recupero.
Indicata con Qmv la portata di massa di vapore prodotta allinterno della caldaia, la
potenza termica fornita allutenza (Fig. 6):

o
o

o
o

(*)

= Q z (H H )

(9)

Nella regione del liquido sottoraffreddato le isobare sono molto prossime


(praticamente coincidenti) alla curva limite del liquido saturo. Per queste ragioni, e con
ottima approssimazione, lo stato fisico dellacqua liquida in un diagramma T-S o H-S lo
si pu ritenere coincidente con lo stato fisico del liquido saturo alla stessa temperatura
lungo la curva limite.

- 231 con Qmv deducibile dal bilancio energetico della caldaia a recupero riassunto dalla
relazione:
Q Cp (T1 Tr ) = Q z (H Hd )

(10)

Come gi visto per gli impianti combinati gas-vapore, Qmg e T4 sono dati caratteristici
della turbina a gas. La temperatura T5 (Fig. 7) legata alla posizione del pinch-point e
quindi al valore della pressione di vaporizzazione (pari al valore della pressione richiesto
dallutenza termica). Noti questi parametri ( 1030C, app 2050C) e la pressione
al degasatore, con le procedure descritte nel capitolo dedicato ai gruppi combinati, si
possono determinare tutte le grandezze che servono per il calcolo della potenza termica
Qth (T5, Hc, HA, etc.).

Lo schema base dellimpianto di Fig. 6 si rivela poco flessibile. Le variazioni richieste di


Pel e Qth si possono ottenere solo con la regolazione della sezione a gas. Al diminuire
della potenza del turbogas diminuisce anche la potenza termica disponibile per la caldaia
a recupero perch diminuisce la temperatura dei gas di scarico (si riduce la portata di
combustibile) e/o la portata dei gas (agendo sul grado dapertura delle pale statoriche
allingresso del compressore, oppure sulla velocit di rotazione del compressore che per
deve essere svincolata da quella del generatore elettrico se il gruppo turbogas collegato
a una rete elettrica a frequenza costante).
La curva AB di Fig. 8 riassume qualitativamente il legame tra Pel e Qth ottenibile in questi
casi.

- 232 -

Per aumentare la flessibilit si ricorre allo schema di impianto mostrato in Fig. 9.


Viene inserito il camino di by-pass per deviare parte dei gas di scarico direttamente al
camino quando la domanda di energia termica bassa, e un post-combustore allinterno
della caldaia per aumentare la temperatura dei gas di scarico e quindi la potenza Qth
trasmessa allutenza termica.

I limiti alla post-combustione sono legati alla presenza di ossigeno nei gas di scarico e
alla massima temperatura sostenibile dai materiali (curva AB, Fig. 8).
possibile escludere del tutto la caldaia a recupero scaricando tutta la portata dei gas al
camino (Qth =0).
Inoltre si pu anche spegnere il turbogas (Pel =0) e alimentare la caldaia con aria esterna
con un ventilatore, previo riscaldamento dellaria mediante il post-combustore.
I vantaggi degli impianti cogenerativi con turbina a gas possono essere cos riassunti:
bassi costi dellimpianto per unit di potenza installata, semplicit e bassi rapporti
peso/potenza, tempi di consegna e realizzazione brevi a causa della standardizzazione di
molti componenti dellimpianto, rapidit e flessibilit delle regolazioni.
Per contro presenta svantaggi nei riguardi dei costi di esercizio e di manutenzione, bassi
valori del rendimento nella produzione di energia elettrica, impiego di combustibili
pregiati (metano e Kerosene).

- 233 -

IMPIANTI COGENERATIVI CON TURBINE A


VAPORE
o

Questi impianti si distinguono in:


Impianti con turbina in contropressione: lo scarico della turbina a vapore avviene a
una pressione maggiore o uguale a quella atmosferica;
Impianti cogenerativi con turbina in derivazione: lutenza termica viene alimentata
derivando parte della portata che fluisce attraverso la turbina, allo scarico della
quale collegato un condensatore operante a una pressione inferiore a quella
atmosferica.
Gli impianti a contropressione vengono solitamente impiegati per potenze inferiori a
25MW e quando la richiesta termica Qth prevalente rispetto a quella elettrica.
Gli impianti a derivazione e condensazione, pi complessi e costosi dei precedenti,
vengono di solito usati quando prevalente la richiesta di energia elettrica.
IMPIANTI A CONTROPRESSIONE

Lo schema di riferimento per questa tipologia di impianti quello di Fig. 10.

Il vapore surriscaldato alluscita della caldaia inviato alla turbina a vapore dove espande
fino a una pressione PUT di qualche bar (dipende dalla temperatura richiesta dallutenza
termica UT).
Per regolare la potenza elettrica e la potenza termica prodotta dallimpianto, la portata di
vapore Qmv alluscita della turbina a vapore pu essere miscelata con una portata
QmUT - Qmv di vapore prelevata alluscita della caldaia, dopo averla laminata attraverso la
valvola V1 alla pressione PUT.
Il divisore di portata (splitter) SP consente di regolare il rapporto delle portate Qmv e
QmUT.
Dal collettore CL viene prelevata la portata di vapore QmUT con contenuto entalpico D
dato dalla relazione di bilancio termico:
Q H` = (Q Q z )HT + Q z H9
(11)

Si ottiene, ricordando che la laminazione attraverso la valvola V1 isoentalpica (Hc =Hc):

H` =

(2n 82( ): W2( S


2n

(12)

Il vapore viene quindi inviato allutenza termica ove condensa fino allo stato di liquido
saturo (stato fisico U Fig. 6) cedendo la potenza termica Qth:
Q

= Q (H` H )

(13)

- 234 -

o
o

Lespansione del vapore attraverso la turbina d invece luogo alla potenza elettrica:
PZ = Q z (H H9 )

dove m il rendimento meccanico della turbina (perdite per attriti meccanici e potenze
assorbite dagli ausiliari dellimpianto).
Lacqua alluscita dallutenza termica subisce unulteriore laminazione nello scaricatore
di condensa SC per ridurre la pressione al valore presente allinterno del degasatore (di
solito di poco superiore a quella atmosferica).
La laminazione produce vapore umido (stato U) che facilita il degasaggio dellacqua.
La pompa P raccoglie la portata QmUT di liquido saturo (stato fisico A, Fig. 10) e ne
incrementa la pressione fino al valore pV.
La regolazione della portata di vapore Qmv inviata in turbina in corrispondenza dello
splitter SP (il cui intervento non modifica le condizioni di funzionamento della caldaia :
pv, Tc rimangono costanti) ampia, consentendo di passare dalla condizione Qmv = QmUT
alla condizione limite Qmv =0.
In questi casi i valori di Pel e Qth sono i seguenti:

a) Qmv = QmUT

PZ = PZ }d = Q (H H9 )
Q

b) Qmv =0

(14)

(15)

= Q (H9 H )

(16)

PZ = 0

= Q (HT H ) = Q (H H )

Q = Q H =

La potenza termica introdotta nella caldaia :

2n (: 8 )
7#.

(17)

(18)

dove Qmc la portata di massa di combustibile, Hu il suo potere calorifico inferiore e gen
il rendimento del generatore di vapore.
Durante la regolazione della portata Qmv Qi = cost.
I rendimenti elettrico e termico nei due casi limiti sopra discussi sono perci i seguenti:
a) Qmv = QmUT

b) Qmv = 0

Z = Z }d = 2n(:8S )
=

=
o

2
2!

2n (S 8 )
Z
2n (: 8 )

Z = 0

HT H

H Hd

( 8 )

H H

H Hd

(19)
(20)

Il valore elevato della pressione allo scarico della turbina rende modesto, in questi
impianti, il rendimento termico del ciclo.
Ad esempio, con pv = 50 bar e con una pressione al condensatore calcolo dellutenza
termica UT di 5bar, e con Tc = 500C, B *. = 0,95, Z = 0,9 , = 0,98 , si ottiene
Z }d = 0,17 e }d = 0,83.

- 235 -

I valori dellindice di risparmio energetico (IRE) per questi due casi limite sono:

a) Qmv = QmUt(*)

Z = Z }d = 0,17

= 0,66 IRE = 1 ,

Questa condizione limite di esercizio rappresentata dal punto A in Fig. 11.

b) Qmv = 0
Si ottiene:
Z = 0
= }d = 0,83 IRE = 0,08
Questa condizione limite di esercizio rappresentata dal punto B in Fig. 11.

Questa tipologia di impianto consente di escludere la turbina a vapore (Pel=0) ma non


lutenza termica (Qth sempre diversa da zero), caratteristica che limita linstallazione di
tali unit quando non vi sia una costante ed elevata richiesta di energia termica.

IMPIANTI A DERIVAZIONE E CONDENSAZIONE


o

Questa tipologia di impianti impiegata quando la produzione di energia elettrica ha un


ruolo preminente nellambito della cogenerazione.
Lo schema di riferimento per questo tipo di impianti quello di Fig. 12, mentre in Fig. 13
mostrato il corrispondente ciclo termodinamico in coordinate T-S.
Lutenza termica UT posta in parallelo alla turbina di bassa pressione LP (Fig. 12).

(*)

Con Z = 0,51 e = 0,90

- 236 -

La portata di vapore Qmv proveniente dalla caldaia suddivisa dallo splitter SP1: una parte
(Qmv - QmHP ) viene inviata alla valvola laminatrice V1, laltra (QmHP) alla turbina di alta
pressione HP.
La valvola V1 lamina il vapore dalla pressione di vaporizzazione pv (Fig. 13) alla
pressione pUT richiesta dallutenza termica. Anche la turbina di alta pressione HP
espande il vapore fino alla pressione pUT.
Le portate Qmv - QmHP e QmHP , agli stati termodinamici C e D0 rispettivamente (Fig. 13) si
mescolano nel collettore CL (Fig. 12). La miscelazione d origine allo stato
termodinamico D definito dalla seguente relazione di bilancio energetico:
(Q z Q )H + Q H`> = Q z H`

(21)

dalla quale, ricordando che la laminazione attraverso V1 isoentalpica, si ottiene:


H` =
o

(2( 82W ) j W 2W S>


2(

(22)

Dal collettore CL viene estratta una piccola portata v di vapore per alimentare il
degasatore DEG (Fig. 12), la portata rimanente (Qmv - v) viene ripartita dal divisore di
portata (splitter) SP2 nelle portate QmUT (destinata allutenza termica UT) e QmLP
(destinata alla turbina di bassa pressione LP).

- 237 -

o
o

Il liquido saturo (stato U in Fig. 13) viene laminato nello scaricatore di condensa SC fino
alla pressione pk presente allinterno del condensatore, e il vapore umido che ne deriva
(stato termodinamico U in Fig. 13) si unisce alla portata di vapore QmLP proveniente
dalla turbina a vapore di bassa pressione LP.
La pompa P1 provvede a inviare il liquido raccoltosi nel pozzetto caldo del condensatore
(stato A in Fig. 12) al degasatore (pressione pDEG, di poco superiore allatmosferica).
Il liquido alluscita del degasatore (stato termodinamico B in Fig. 13) viene compresso
dalla pompa P2 fino al valore della pressione di vaporizzazione pv e inviato al generatore
di vapore(*).
Dal bilancio delle masse in corrispondenza del collettore CL, si ottiene:
Q z = z + Q + Q
(23)
La portata di massa v si ottiene dal bilancio termico del degasatore:
(Q + Q )Hd + z H`T = Q z H6

(24)

per cui, osservando che per la (23)

Q + Q = Q z z

(25)

z = Q z h 8

(26)

e che, a seguito della laminazione attraverso la valvola V2, H`T = H` , si ha:


8
S

La potenza elettrica prodotta dall'impianto vale:

PZ = UQ H H`> + Q (H` H9 )V

(27)

mentre la potenza termica fornita all'utenza termica :


Q

= Q (H` H )

Attraverso le regolazioni delle portate Q , Q e Q rese possibili dai divisori di


portata SP1 e SP2, sono possibili 3 condizioni limite di esercizio dell'impianto
cogenerativo.

a) u = E e quindi = E
In questo caso:

Q = Q z

PZ = PZ }d = UQ H H`> + (Q z z )H`> H9 V =
= UQ z (H$ H9 ) z H`> H9 V

(28)

(29)

dove z ora data dalla relazione:

H6 Hd
H`> Hd
poich dalla (22), essendo in questo caso Q = Q z , H` H`> .
Posto per l'impianto di Fig. 12:
pz = 80 bar ,
p = 5 bar , p = 0,05 bar ,
T$ = 540 C
B = 0,95 , Z = 0,9 , = 0,98
z = Q z

(*)

Si ricorda che nella zona del liquido sotto raffreddato le isobare sono praticamente
coincidenti con la curva limite del liquido saturo. Gli strati termodinamici A,A e B,B a
monte e a valle delle pompe P1 e P2 sono di fatto coincidenti in coordinate T,S.

- 238 Si ottiene per queste condizioni:


,
Z =

2:

,
2( (: 8h )

= 0,365

(30)

=0
(31)
a cui corrisponde un indice di risparmio energetico (prendendo come rendimento di
riferimento Z = 0,51 e = 0,90) pari a:

IRE = 1 ',

'
W
', '

= 0,40

(32)

Il valore negativo dell' IRE qui condizionato sensibilmente dai valori elevati assunti per
i rendimenti di riferimento Z e , i quali sono tarati sulle tipologie di impianti che
attualmente forniscono i rendimenti pi elevati, ossia gli impianti combinati gas-vapore.
Con Z = 0,38 si otterrebbe IRE = -0,04 .
Queste condizioni di esercizio sono rappresentate dal punto A in Fig. 14.

b) = = E
In questo caso PZ = 0 , mentre massima la potenza termica Q .
Si ha, ricordando che attraverso la valvola di laminazione V1 H$ = H$T :
Q

dove

=Q

}d

= (Q z z ) (H$ H )

z = Q z

H6 Hd
H$ Hd

poich dalla (22) ora H$ = H` .


Per gli stessi dati del caso precedente si ottiene:
Z = 0
= }d = Z 2

( (: 8h )

= 0,766

a cui corrisponde un valore dell'indice IRE di:

IRE = 0,172

(pari a -0.044 con


= 0,8).
Queste condizioni di esercizio sono contrassegnate dal punto B in Fig. 14.

(33)

(34)

- 239 c) = , = E
o Tutta la portata di vapore proveniente dalla caldaia viene inviata alla turbina a vapore
d'alta pressione HP. E' nulla la portata di vapore che attraversa la valvola di laminazione
V 1.
o La portata di vapore Q z z viene inviata all'utenza termica UT. E' quindi nulla la
portata Q inviata alla turbina di bassa pressione LP(*).
o In questo caso H`> = H` = H`T e la PZ e Q sono rispettivamente:
con z dato dalla relazione:

z = Q z

h 8
S> 8

(35)
(36)
(37)

Qualora Q fosse inferiore alla richiesta dell'utenza termica, si attiva il circuito di bypass attraverso la valvola V1 in modo da aumentare l'entalpia dello stato D (H` > H`> ).
In questo caso per diminuisce la potenza elettrica prodotta dalla turbina di alta pressione
HP (la maggior richiesta di calore qui supposta impone ancora Q = 0, e dunque di
escludere la turbina di bassa pressione e il tratto del circuito che si collega al
condensatore).
Con gli stessi dati dei casi precedenti, e con Q = Q z e Q = 0 , si ottiene:
Z = 0,20

e quindi un indice IRE pari a

PZ = Q z H H`>
Q = (Q z z ) H`> H

= 0,567
IRE = 0,02

(con el* = 0,38 e th* = 0,8 si otterrebbe IRE = 0,19).


Queste condizioni di esercizio sono rappresentate dal punto C in Fig. 14.
Dal confronto fra le curve di funzionamento degli impianti cogenerativi a contropressione
e a derivazione riassunte nei piani el, th delle Figg. 11 e 14, si nota chiaramente la
maggior flessibilit di esercizio offerta dalla soluzione con turbina in derivazione e la
possibilit di produrre energia elettrica anche quando nulla la richiesta di energia
termica.
In queste tipologie di impianti cogenerativi il recupero dellenergia termica riduce il
rendimento elettrico, soprattutto per la soluzione a contropressione (pUT > patm);
rendimento di per s gi non molto elevato poich per la cogenerazione sono impiegati
impianti a vapore di piccola potenza.
Bench il loro costo sia elevato, offrono tuttavia il vantaggio di poter impiegare
combustibili poco costosi, e di avere grande affidabilit, bassi costi di esercizio e di
manutenzione grazie alla tecnologia oramai consolidata di cui gode questa tipologia di
impianti.

(*)

Questa condizione non ha, in realt, applicazione poich essendo la turbina a vapore di
bassa pressione trascinata in rotazione dal corpo di alta pressione porterebbe a
temperature troppo elevate il vapore che in essa ristagna. Per tale ragione Q non pu
essere 10 20% del suo valore nominale.

- 240 -

IMPIANTI COMBINATI COGENERATIVI


o
o

o
o

la tipologia di impianto cogenerativo oggi pi diffusa nel campo delle medie e grandi
potenze.
Lo schema dellimpianto mostrato in Fig. 16, dove il gruppo combinato gas-vapore a
due livelli di pressione.

Il livello a bassa pressione alimenta, attraverso il collettore CL, lutenza termica UT e la


turbina a vapore di bassa pressione.
Dal collettore prelevata una frazione della portata in esso raccolta per alimentare la
linea del degasatore. La valvola di laminazione V1 consente alla portata spillata di
raggiungere la pressione pdeg presente allinterno del degasatore mantenendo invariato il
suo contenuto entalpico (HD = HI).
Attraverso il degasatore, lacqua prelevata dalla pompa P1 dal pozzetto caldo del
condensatore, posto allo scarico della turbina a vapore di bassa pressione LP, viene
portata dallo stato termodinamico A allo stato termodinamico B lungo la curva limite del
liquido saturo(*)(Fig. 16).
La ripartizione della portata fra i due livelli di pressione (QmHP e QmLP) fatta in modo da
rendere massimo, per i prescelti livelli di pressione, il rendimento di recupero tv. E per
tale scopo le differenze di temperature ai due pinch-point devono essere uguali e pari al
valore minimo ammesso.
Note le portate QmHP e QmLP noto anche lo stato termodinamico D del vapore alluscita
del collettore CL (Fig. 15). Dal bilancio energetico del collettore si ottiene:

dalla quale:

(*)

Q H + Q H` = (Q + Q )H`

H` =

2AW W2W S>


2AW W2W

(38)
(39)

Si riveda la nota all'inizio della trattazione Impianti Cogenerativi Con Turbine a Gas.

- 241 -

Indicate con QmUT e QmLPT le portate di vapore inviate allutenza termica e alla turbina a
vapore di bassa pressione (il rapporto fra queste portate regolato dal divisore di portata
SP, Fig. 15) e con Pg la potenza elettrica fornita dal turbogas, si ottiene:
PZ = P + [Q (H H` ) + Q (H` H9 )]z
Q

o
o

= Q (H` H )

Q = Q H =

La potenza termica introdotta nellimpianto vale:

7 7

(40)
(41)

(42)

dove tot g il rendimento totale della sezione a gas.


La differenza sostanziale rispetto agli impianti cogenerativi a vapore che ora, con gli
impianti combinati a 2 livelli di pressione, il rendimento elettrico pi elevato (>50%), e
lindice di risparmio energetico IRE si mantiene positivo anche quando nulla la richiesta
di energia termica (QmUT = 0).
La presenza del turbogas impedisce per questa tipologia di impianti di produrre solo
energia termica, a meno di non ricorrere alle soluzioni impiantistiche gi descritte per i
gruppi cogenerativi con turbine a gas.
In Fig. 17 mostrata curva tipica di funzionamento dellimpianto in coordinate el, th:

In questi impianti il recupero dellenergia termica Qth influenza si la generazione di


energia elettrica, ma molto meno rispetto agli impianti cogenerativi con turbine a vapore
perch la potenza elettrica prodotta per la maggior parte dal turbogas (Pg / Pv 2).
Poich la pressione pUT richiesta dallutenza termica coincide con la pressione del livello
pi basso del gruppo combinato gas-vapore, questi impianti si rivelano particolarmente
adatti per la cogenerazione quando lenergia termica richiesta a bassa temperatura.
Inoltre, questi impianti consentono di produrre energia elettrica con alti rendimenti
(5060%) anche quando la domanda di energia termica varia durante lesercizio.
Per contro, la bassa flessibilit (Fig. 17) rende questi impianti economicamente
convenienti solo per taglie di potenze medio - alte (40100MW).

- 242 -

IMPIANTI COGENERATIVI CON MOTORI A


COMBUSTIONE INTERNA
o

o
o

Sono usati negli impianti cogenerativi di piccola e media potenza (15kW-10MW) e


quando richiesta unelevata efficienza nella generazione di potenza elettrica (4050%).
Fatta eccezione per gli impianti di modesta potenzialit (1550kW), dove sono impiegati
motori ad accensione comandata, i motori Diesel sono quelli pi largamente utilizzati.
La produzione di energia termica non influenza n la generazione di potenza
meccanica/elettrica n lefficienza con cui questultima prodotta.
Il calore recuperato dai gas di scarico, dallaria compressa nei motori sovralimentati,
dallacqua di raffreddamento e dallolio di lubrificazione. I livelli di temperatura di queste
sorgenti termiche sono, approssimativamente, 7580C per lolio di lubrificazione,
80100C per lacqua di raffreddamento, 150C per laria compressa dei motori
sovralimentati, 400C per i gas di scarico.
Lo schema dellimpianto cogenerativo esemplificato in Fig. 18.

Per ottenere la massima potenza termica Qth dallimpianto, il vettore termico


(generalmente acqua) passa attraverso vari scambiatori di calore raffreddando,
nellordine, dapprima lolio lubrificante (~12% del totale ammontare della potenza
termica Qth), lacqua di raffreddamento del motore (~25% di Qth), laria compressa di
sovralimentazione (~13% Qth), e infine i gas di scarico (~50% Qth).
I vantaggi principali di questi impianti cogenerativi rispetto agli altri sono legati
allaffidabilit, alla durata dellimpianto, ai costi relativamente bassi e alla buona
efficienza anche nel funzionamento ai carichi ridotti.
Per contro sono rumorosi, pesanti e ingombranti e richiedono elevati costi di
manutenzione.

- 243 -

APPENDICE A
MODIFIED NACA FOUR - AND FIVE - DIGIT SERIES WING SECTIONS

Determinazione dei coefficienti: d0, d1, d2, d3.

x=m: =
&

x=1:

x=1:

1.

con:

x=m:

=0

0,01

= ())

m
0,2

1,170 t

0,4

1,575 t

0,5

2,325 t

0,6

3,500 t

Ne consegue:

&
U
w& = + , (1 ' ?) + & (1 ' ? + U (1 ' ?
u
0 # 2 (1 ' ? + 3 (1 ' ?&

v
u
t
w
u
u

2
0
0,01

&

0,01
01 =

_,

u
u

= ,

1,000 t

0,3

= [, + 2& (1 ' ) + 3U (1 ' )& ]

=1

1 (1 ' ? (1 ' ?& (1 ' ?U

0
= 1 2=1 ' ? 3=1 ' ? i ,
&
1
0
0
0
v

U
0
1
u
0
0
uz
u
= ()u

=1

- 244 -

Determinazione dei coefficienti a0, a1, a2, a3

2.

x=m: y =

x=m:

x = 0 : R

[
[

=0
z

x = m : R

dy
dx

2x

d& y
dx &

'

&

=R =

= &[

%W

%
>

&

(profili aerodinamici: R = 1,1019=t I/6??& con I < 8)

[ =,8?

# a, # 2a& x # 3aU x &


# 2a& # 6a
6 Ux

4x U

dy & &
~1 +
dx
d& y
dx &

R
(R

z )_

& &
a
~ +
~1
# a, # 2a& x # 3aU x &
2x
=
a
'
# 2a& # 6aU x
4x U

a , a, , a & , a U

a
# 2a& # 6aU x
4x U

w
u
u

v
u
1
u
t=R z )?_

t
= a m # a, m # a& m& # aU mU
2
a
0
# a, # 2a& m # 3aU m&
2m
z
-2R = a
a
2d& # 6dU =1 ' m? = '
# 2a& # 6a
6 Um
4mU

- 245 -

APPENDICE B
INFLUENZA DEL TUBO DI SCARICO

E& =

In assenza del tubo di scarico, nella sezione 2 il contenuto di energia vale:


+ &%

(a)

E& = "% + & %

(b)

$%

"

con p6 pressione barometrica.


Con il tubo di scarico lenergia nella sezione 2 vale invece:
invece
$%

Mediante lequazione di Bernoulli si pu valutare E2 rispetto alla sezione 3


"

+ & % = " + & zU # h


$%

"

"

+ zU ' z&

$%

"

(c)
(d)

z& # & # h
$%

(e)

Il seguente l'incremento di energia (caduta idrica) disponibile per essere convertita in


energia meccanica, in seguito all'uso del tubo di scarico:
E& E& = z& #

con h B le perdite nel tubo di scarico.


Viste la (d) e la (b), l'equazione (c) pu essere riscritta:
E& = "% + & % =

$%

$%% 8$%
&

'h

(f)

Il tubo di scarico consente quindi di recuperare la quota z2 e di ridurre la perdita di


energia cinetica,, questo avviene grazie allabbassamento della pressione nella sezione 2.
La pressione media all'uscita della girante si calcola dalla (e):
"

"

z& '

$%% 8$%
&

' h B

(g)

- 246 -

Introducendo la definizione di rendimento del tubo di scarico:


%
j%
% ij
8
%7
%
j% ij%
%7

$
La (g) pu essere cos
os riscritta:
"

"

' z& ' $

(h)

$%% 8$%

&

(i)

Da quest'ultima relazione si osserva che il tubo di scarico ha anche un


aspetto negativo: abbassandosi la p2 aumentano i rischi di cavitazione.

In realt la pMIN che effettivamente presente minore della media, a


causa dell'azione dinamica delle pale:
pale
"
"

&

%
%

"

"

"

&

"

%
%

%
-

&

&

%
%

%
-
%
%

' 1
(j)

o Combinando le relazioni (i) e (j):


-

"

h
h

"

' z& =

&

%
%

= "h z& ' $

"

$%% 8$%

&

8
v

(k)

Il primo membro un'energia legata al serbatoio di scarico; la somma degli ultimi due
termini a secondo membro funzione di Q, della geometria della turbina e della
geometria del tubo di scarico, pu essere vista come la riserva minima di energia rispetto
alla tensione di vapore che deve essere
essere presente nel serbatoio affinch nella sezione
critica della turbina si abbia incipiente cavitazione (p
( } = p ?.
Ha lo stesso significato fisico della relazione ottenuta per le pompe:
Cm,&
W,&
=1 # ?
+
2g
2g
e, come questa, una grandezza caratteristica della macchina.
Si definisce quindi, per analogia delle pompe, secondo la scuola tedesca il numero di
Thoma:
POMPE

TURBINE

$ =

(1 + )

Cm,&
W,&
+

2g
2g
H

C&& ' CU&


W&&
p6 ' p

'
z
+

&
$
g
2g
2g
=
$ =
H
H

- 247 -

Nella letteratura tecnica ci sono diverse relazioni che correlano il numero di Thoma alle
turbomacchine. Un valore indicativo di $ per le turbine Francis dato, per esempio,
dalla relazione:
$ = 0,11 K &
Si riporta inoltre, per completezza, che nella scuola angloamericana si ha una diversa
definizione del numero di Thoma per le turbine rispetto alla definizione appena data:

POMPE

p p C &
W,&
Cm,&
+
= (1 + )
+
NPSH =
g
2g
2g
2g
Cm,&
W,&
NPSH (1 + ) 2g + 2g
$ =
=
H
H

altezza totale all'aspirazione al


netto della tensione di vapore
in condizione di incipiente
cavitazione
TURBINE

riserva minima di energia


rispetto alla tensione di
vapore

p& p C&& p6 p
CU&
NPSH =
+
=
z& + + h
g
2g
g
2g
NPSH
$ =

altezza totale all'uscita della


turbina al netto della tensione
di vapore in condizione di
incipiente cavitazione

p6 p
z&
g

H

riserva minima di energia


rispetto alla tensione di
vapore

- 248 -

TESTI DI RIFERIMENTO

G. Ventrone (2006) Macchine per allievi ingegneri, Padova, Cortina.


G. Ferrari (2007) Hydraulic and Thermal Machines, Bologna, Progetto Leonardo.
G. Negri di Montenegro, M. Bianchi, A. Peretto, (2009) Sistemi Enegetici e Macchine

a Fluido, Bologna, Pitagora Editrice.


S. Sandolini, M. Borghi, G. Naldi, (1992) Turbomacchine Termiche. Turbine,

Bologna, Pitagora Editrice.


L. Vivier, (1966) Turbines Hydrauliques et leur Rgulation, Paris, ditions Albin

Michel.

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