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PILLOLE DI TEORIA MUSICALE

Vogliamo presentare questa Dispensa di Teoria Musicale quasi come un Dizionario


e allegare alcune parti con disegni e forme facilitate che possono essere insegnate
ai bambini in modo che abbiano una piccola conoscenza della Musica.

La Teoria Musicale è un insieme di metodi per analizzare, classificare e


comporre la musica e i suoi elementi.

Più strettamente può essere descritta come la descrizione in parole degli elementi
della musica e delle relazioni tra la semiografia (o comunemente detta:notazione
musicale) e la sua esecuzione. In generale la teoria può essere considerata “ogni
asserzione, credenza o concezione della musica” (Boretz, 1995).

Lo studio accademico della musica è chiamato musicologia.

La Teoria della musica, in generale, cerca di ridurre il lavoro di composizione e


di esecuzione di brani musicali ad un insieme di regole e idee astratte.
Generalmente i lavori riguardanti la teoria musicale sono sia descrittivi che
prescrittivi, ovvero cercano sia di definire la pratica musicale sia di influenzare la
pratica della musica attuata dopo aver letto i lavori stessi.

A causa di ciò la teoria musicale dipende largamente dalla pratica ma, allo
stesso tempo, suggerisce future esplorazioni. I musicisti studiano la teoria
musicale allo scopo di capire le relazioni che un compositore si aspetta siano
capite nella notazione, un compositore studia la teoria musicale allo scopo di
capire come produrre certi effetti e di strutturare il suo lavoro.

Parlando in generale, la teoria musicale,,,,,, nella tradizione occidentale tratta


dell’armonia e del contrappunto, e quindi usa queste per creare delle strutture
musicali più estese della melodia.

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RITMO E SUONO

IL RITMO

Il ritmo è il rapporto di durata fra i vari suoni e consiste in una periodica e


regolare ripetizione di accenti forti ed accenti deboli.

Una serie di suoni regolari ed uniformi non avrebbe una significazione ritmica se
taluni di essi predominassero sugli altri e non fossero capaci, nell’intensità o
nell’intonazione, di determinare con regolarità periodica la nostra percezione.

E’ stato detto che: in principio fu il ritmo, nel senso che senza di esso non sarebbe
possibile organizzare una melodia di cui il ritmo è l’elemento primordiale.

Infatti i popoli primitivi e selvaggi ed i bambini riducono la loro percezione


musicale principalmente all’elemento ritmico.

Si può ricercare nel ritmo sia un fondamento fisico, sia un fondamento


psicologico. Il ritmo infatti è una legge costante dei movimenti muscolari:
movimento naturale della respirazione, del battito del polso e del cuore.

Ma il ritmo è altresì necessario per coordinare ed uniformare volontariamente i


movimenti del corpo umano quando si tratti di un lavoro collettivo ed imposto da
esigenze pratiche e da considerazioni estetiche. I rapporti dunque fisici e
psicologici del ritmo sono fra loro connessi e aderenti.

Il ritmo non è prerogativa dell’arte musicale, ma anche di poesia e di danza.

Senza sensibilità naturale o cognizioni ritmiche acquisite non è possibile


comprendere o concepire la musica ed il ritmo; questo, più che la melodia, ha la
capacità di esprimere i sentimenti dell’animo umano o di tradurre i fenomeni. Si
pensi di quanta efficacia sono alcune musiche che nella loro estrinsecazione si
affidano prevalentemente alla sua potenza.

Presso i Greci ed i Romani, la Ritmica era una scienza molto coltivata e studiata.

Il ritmo va ben distinto dalla misura: infatti, anche senza l’ausilio di questa, la
musica fu per lungo tempo soltanto ritmica. Si pensi al canto gregoriano ed ai
componenti polifonici del Cinquecento, quando ancora nella grafia musicale non
si usavano i segni della battuta. Quest’ultima può essere considerata una
sovrapposizione meccanica ed artificiale per la determinazione temporanea dei
suoni allo scopo di facilitarne un’esatta esecuzione.

Il ritmo costituisce lo spirito, l’elemento animatore e propulsore della musica,


mentre la misura non ne è che un dato materiale. Se la misura aderisce ai ritmi
di struttura regolare, come a quelli delle marce, delle arie di danza, delle
canzoni, intralcia invece i ritmi di struttura libera.

2
TIPI DI RITMO E FORMAZIONE DEL DISCORSO MUSICALE

I ritmi fondamentali sono il binario ed il ternario.

Il più piccolo elemento del discorso musicale è l’inciso, ossia levare e battere.
Può comprendere una misura o essere a cavallo di due.

Due misure (due incisi) possono formare la semifrase. Due semifrasi (4 misure)
possono formare una frase. Due frasi, 8 misure, possono formare il periodo ,
cioè un discorso musicale con senso compiuto. Un brano musicale è l’insieme di
più periodi.

Questa formazione musicale appena esposta, con ritmi regolari, è la più semplice :
periodo binario regolare.

Il periodo può essere anche ternario, cioè formato da 3 frasi (è sempre il 2 o 3


che vige in musica), può essere regolare, irregolare, composto, ecc.

IL SUONO E LA SUA PRODUZIONE

Il suono è l’elemento di cui si serve la musica per manifestarsi al mondo


sensibile. Esso si può definire come la sensazione prodotta sul nostro orecchio
dalle vibrazioni di un corpo elastico. Il suono è sottoposto a leggi naturali
studiate da quella branca della fisica che si chiama acustica.

Quella parte dell’acustica che riguarda i suoni esclusivamente musicali, oltre a


studiarne la produzione, la trasmissione ed i vari fenomeni che ne risultano, si
occupa anche delle relazioni che questi suoni hanno tra di loro e delle
particolarità degli strumenti che sono capaci di emetterli.

Abbiamo detto che il suono si produce per mezzo delle vibrazioni di un corpo
elastico, poiché l’elasticità è l’indispensabile condizione della sua produzione, a
qualunque specie il corpo che lo emetta, appartenga.

Un corpo si dice elastico, quando, rimosso dalla sua posizione normale di


riposo, vi ritorna compiendo movimenti oscillatori tutti uguali (isocroni).

La musica nella sua pratica, si serve di corde tese di diversa materia, di colonne
d’aria contenute neo tubi sonori, di lamine e di membrane.

Le vibrazioni sonore sono formate da rapide oscillazioni che questi corpi elastici compiono. I suoni
musicali sono compresi fra quelli che vanno da circa 80 a 8000
vibrazioni semplici. 3
Il suono che serve come punto di riferimento degli altri suoni è il diapason (detto
anche corista), che è stato determinato universalmente in un La di 870
vibrazioni semplici al minuto.

Per misurare l’altezza dei suoni si usano strumenti chiamati sirene.

Un suono musicale è possibile soltanto quando le vibrazioni sono regolari. In


caso di irregolarità, invece del suono, si ha rumore.

VIBRAZIONE DEI CORPI SONORI

Le vibrazioni, costituite da rapide oscillazioni regolari di un corpo elastico,


percettibili sono confusamente alla nostra vista, ma sensibili al nostro orecchio,
sono di due tipi: semplici e doppie.

Nel primo caso la vibrazione è considerata come uno spostamento da A e B, nel


secondo caso come uno spostamento da B a A.

Queste vibrazioni comportano alcuni termini che specificano nel linguaggio


della fisica i loro movimenti:

- lo spostamento impresso al corpo vibrante si chiama ampiezza di vibrazione;

- il tempo impiegato nell’andata e ritorno della vibrazione si chiama


periodo di vibrazione;

- i vari momenti in cui si compiono i movimenti delle vibrazioni si chiamano:


fasi di vibrazioni;

- il numero delle vibrazioni conteggiate al minuto viene detto:


frequenza di vibrazione.

Le vibrazioni di una corda o di una lamina avvengono in senso perpendicolare


rispetto al senso di propagazione e sono perciò chiamate trasversali: invece le
vibrazioni dell’aria in un tubo sonoro, essendo costituite da movimenti che
avvengono nella lunghezza del tubo stesso, sono dette longitudinali.

Queste vibrazioni hanno una preponderanza nei fenomeni acustici.

Il numero delle vibrazioni è inversamente proporzionale alla lunghezza del


corpo sonoro.

Le vibrazioni emesse da tutto intero il corpo sonoro danno il suono fondamentale.

La distanza percorsa dal suono durante una vibrazione del corpo che lo
produce si chiama onda.

Anche l’onda può essere semplice o doppia.

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Il modo di vibrare delle corde viene studiato con il sonometro, strumento che
consiste in una cassa di risonanza sulla quale è tesa una corda. Quando questa
viene eccitata, vibra in tutta la sua lunghezza e dà il suono fondamentale; ma,
se un contatto anche leggero, si produce a metà, un terzo, un quarto, o un
quinto etc. della sua lunghezza, la corda si divide in tanti segmenti uguali e
rende una serie di suoni sempre più acuti, detti armonici.

I punti nei quali questa divisione si determina si chiamano nodi, i segmenti che fra
essi intercorrono e che rappresentano le parti vibranti si chiamano ventri.

NOZIONE DI ACUSTICA MUSICALE

TRASMISSIONE DEL SUONO

Come per produrre il suono occorre un corpo elastico, così questa è condizione
necessaria per propagarlo.

Lo studio di come gli essere umani interpretano i suoni è chiamato psicoacustica.

Normalmente il suono ci viene trasmesso per mezzo dell’aria; ma anche i corpi


solidi e liquidi, purchè elastici, sono capaci di propagarlo. Anzi queste due ultime
specie di corpi trasmettono il suono con maggiore intensità. Il suono non si
propaga nel vuoto.

Il suono si trasmette comunicando di molecola in molecola il movimento di


oscillazione da cui deriva: quando questo movimento giunge al nostro orecchio,
si ha la percezione del suono.

Per comprendere con più evidenza la propagazione de l suono ci si può immaginare


quello che avviene in una superficie d’acqua stagnante in mezzo alla quale si getti
un corpo solido. Nel punto dove in cui questo cade, noi vediamo formarsi una serie
di circoli sempre più ampi che giungono alla perife ria. Analogamente, per questo
invisibilmente, avviene nell’aria quando si trasmette un suono. Le vibrazioni sonore,
però, sono molto più complesse. Lo spostamento prodotto da un corpo solido che
cade in una superficie d’acqua stagnante, si manifesta in circoli che si svolgono su
di un piano orizzontale. Invece le vibrazioni sonore che si producono nell’aria si
espandono simmetricamente in tutti i sensi, si svolgono cioè, in senso sferico, e
sono dette onde sonore.

Il suono percorre nell’aria circa un terso di chilometro al minuto secondo. Il


fenomeno acustico è quindi molto più lento di quello luminoso, per cui, quando
al fenomeno luminoso si unisce anche quello sonoro (che è più lento), è facile
calcolare la distanza a cui si trova il corpo produttore del suono.

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RIFLESSIONE DEL SUONO – ECO E RISONANZA

Un raggio di sole che colpisce uno specchio si rifrange seguendo la legge fisica
che l’angolo d’incidenza è uguale all’angolo di riflessione: la stessa legge vale
anche per l’onda sonora. Per questa ragione chi si trova nella traiettoria
dell’onda riflessa , ha la senzazione di una maggiore intensità sonora.

Alla riflessione sonora va strettamente connesso l’ eco.

L’eco avviene quando si emette ad una debita distanza un suono, l’onda del quale,
battendo contro un ostacolo di natura elastica, lo ripete un’altra volta. Il tempo che
separa le due sensazioni segna la distanza dell’ostacolo che riflette il suono. Per
ottenere l’eco è necessaria una distanza di almeno 17 metri dal corpo riflettente.

Si possono avere anche fenomeni di eco multiplo quando diversi ostacoli


riflettono successivamente le onde sonore. Sono celebri, a tale proposito, certe
località in cui il fenomeno si verifica, come nelle grandi piramidi d’Egitto, sotto la
cupola del Duomo di Pisa, nella sala del Trocadero di Parigi…. .

Quando invece la distanza non è sufficiente a produrre l’eco, si verifica il


fenomeno della risonanza, che consiste nella sensazione di una sonorità che
nuoce alla chiara percezione dei suoni emessi.

Tanto l’eco come la risonanza, che si verificano sotto le volte delle chiese, nelle
sale dei concerti o dei teatri, sono dannose agli ascoltatori non meno del difetto
della scarsa sonorità di un ambiente.

E’ possibile moderare l’eccesso di sonorità con drappeggi, tendaggi e con fili


tesi, ma non è altrettanto facile ovviare ai difetti di scarsa sonorità.

QUALITA’ DEL SUONO.

Gli aspetti fondamentali del suono e della musica sono descritti come: ALTEZZA
– DURATA – INTENSITA’ – TIMBRO

L’altezza di un suono dipende dal numero delle vibrazioni che esso compie in un

minuto secondo. Quanto più numero se sono queste vibrazioni, tanto più in alto è il
. suono.

I suoni possono essere classificati in base alla loro altezza, a seconda della loro
frequenza o della distanza relativa da una altezza di riferimento (il la di solito).
Accordare significa assegnare un preciso valore di frequenza alle varie note. La
differenza tra l’altezza di due note è chiamata intervallo. Le note possono essere
disposte in scale musicali e modi musicali. Le scale che si incontrano più spesso
nella musica occidentale moderna sono la scala maggiore e la scala minore.

L’intensità dipende dall’ampiezza delle vibrazione. Quanto è maggiore lo spostamento del corpo
vibrante, tanto più intensame nte la sonorità viene trasmessa al nostro orecchio, per cui si può dire che
l’intensità è la forza in cui viene emesso
un suono. 6
A questa causa principale altre se ne aggiungono altre che rendono forte la
sensazione sonora, come le casse armoniche ed i suoni concomitanti che
accompagnano il suono fondamentale, la condizione dell’ambiente nel quale il
suono è prodotto, la direzione delle onde sonore etc.

La durata

Per durata si intende quanto ogni suono si prolunga nel tempo. Per
rappresentare la durata dei suoni si usano dei simboli grafici posti sul
pentagramma. La parte della teoria musicale che si occupa dello studio di questi
simboli è la semiografia o notazione musicale.

Il timbro è quel carattere particolare che fa distinguere la differenza di uno


stesso suono a seconda degli strumenti da cui è prodotto. Il timbro è il colore del
suono. Da cosa dipende?

La scienza fisica prova che il nostro orecchio distingue soltanto un suono, ma


questo suono è accompagnato da una serie di altri suoni inferiori e superiori
che, se insensibili al nostro organo uditivo, è possibile rilevare per mezzo di
speciali strumenti musicali chiamati risuonatori e da speciali combinazioni. La
struttura e la forma degli strumenti musicali, producendo una diversa intensità di
suoni parziali, sono la causa delle diversità di timbro.

Questi suoni, che si chiamano armonici, costituiscono la maggiore e minore


bellezza timbrica dei suoni stessi. Un suono teoricamente puro sarebbe privo di
caratteristiche e di colore, mentre l’intensità e l’impasto degli armonici col
fondamentale, determinano il maggiore gradimento della sensazione che esso dà.

E’ da questo fato che noi giudichiamo la qualità di una voce e la sonorità di uno
strumento.

SUONI ARMONICI

Suoni armonici, detti anche concomitanti, risultanti, parziali, sono dunque quelli
che si producono all’acuto e al grave del suono principale per la risonanza del
corpo sonoro.

L’esistenza di questi armonici fu segnalata dal teorico veneziano Giuseppe Zerlino


(1517-1590) e più tardi dal parere e dalle esperien ze di Mersenne, Saveur, Tartini.
Il sistema armonico di Rameau fu fondato sulla teoria degli armonici.

Gli armonici non sono un fenomeno di percezione del nostro organo uditivo, ma
hanno positiva esistenza ed una consistenza propria.

Si distinguono due serie di armonici: quelli superiori e quelli inferiori.

I primi si ottengono con la divisione delle parti aliquote della lunghezza del corpo
sonoro (corda, lamina, colonna d’aria) e vanno dal grave all’acuto.

I secondi invece sono l’inverso dei primi e vanno dall’acuto al grave. 7


Mentre i suoni armonici superiori spiegano la generazione dell’accordo
maggiore, quelli inferiori spiegano l’accordo minore, quindi il fenomeno degli
armonici ha una capitale importanza per la spiegazione della tonalità.

I suoni armonici superiori si producono naturalmente nelle corde quando queste


vengono sfiorate dal dito nelle loro parti perfettamente proporzionali (aliquote) e
nei tubi sonori, intensificando il soffio del suonatore (suoni naturali). Però, in
alcuni strumenti a fiato (es. il clarinetto) la serie degli armonici non risulta
completa per l’applicazione dell’ancia, in tal caso si ottengono soltanto gli
armonici di numero dispari.

Gli armonici hanno grande importanza anche come base della tonalità e
dell’armonia.

SCALE MUSICALI

La scala musicale è una serie d’intervalli successivi scelti fra tutti i suoni
percettibili del nostro orecchio e ben distinti per la diversità della loro intonazione
nell’ambito di un’ottava.

L’unisono e l’ottava sono intervalli precedenti rispondenti al rapporto 1:2.

Sin dall’antico furono distinte varie specie di scale secondo l’intervallo di cui si
compongono. Gli antichi distinguevano tre generi di scale:

diatonica - cromatica - enarmonica -

La scala diatonica, composta da cinque toni e due semitoni, è quella su cui è


fondata sin dal tempo dei Greci la musica. Essa deriva dalla successione di
quinte giuste ascendenti che avvicinate, danno la successione diatonica
regolare. Per effetto della trasposizione di questi interballi di quinte, derivano tre
diverse scale: la scala pitagorica, detta anche fisica, servì nella pratica musicale
fino a che questa si attenne allo stile esclusivamente monodico.

Ma per quanto la scala pitagorica rispondesse perfettamente alle esigenze di


una melodia esente da ogni accompagnamento, si dimostrò difettosa quando
essa dovette essere applicata alla musica armonica e polifonica.

Infatti, usando questa scala nello stile armonico, si verificano difetti di intonazione e
battimenti. Insomma la scala fisica fu possibile nella musica dei Greci e in quella
gregoriana, ma si dimostrò inadatta quando vennero praticati gli accordi.

Fu così che nel secolo sedicesimo, Giuseppe Zerlino da Venezia, teorico e


compositore insigne, scoprì con i suoi esperimenti , la base naturale della scala
armonica, che consentiva di ottenere, senza battimenti e senza inconvenienti
d’intonazione, gli accordi consonanti a suoni simultanei.

Paragonando le due suddette scale si trovò che negli intervalli di III, VI, VII esisteva
una piccola differenza espressa con la frazione di s1/s0 e che fu detta comma.

8
LA SCALA DIATONICA
L'orecchio distingue i suoni in una successione confrontando le loro diverse altezze, cioe'
il rapporto fra le frequenze. Consideriamo la serie DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI-DO:
questa successione di suoni viene detta scala, e ciascuna frequenza in essa contenuta
assume il nome di grado. Possiamo esaminare i rapporti fra le frequenze dei vari gradi
successivi nella scala:
Fra i rapporti i piu' piccoli sono quelli tra FA-MI e DO-SI, detti semitoni, mentre gli altri
sono detti toni.
Una scala puo' essere definita come successione di suoni disposti in ordine di toni e
semitoni.
La scala sopra rappresentata, DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI-DO (scala maggiore di DO), e'
diatonica: con questo termine si intende una scala costituita da toni e semitoni diatonici,
formati cioe' da due suoni di denominazione diversa (es: DO-RE).
Un intervallo e' la "distanza" tra due note misurata in toni e semitoni. E' possibile
definire un intervallo, cioe' una distanza, tra qualunque coppia di suoni del sistema
temperato. Una scala non e' altro che uno schema di intervalli, cioe' "distanze", che i
suoni devono avere l'uno dall'altro o a partire dalsuono di intonazione.

LA SCALA CROMATICA
La scala cromatica comprende, nell'ambito di un'ottava, 12 intervalli in un arco di 13 suoni:
I suoni che formano questa scala costituiscono un sistema detto temperato, che divide
l'ottava in una serie di 12 semitoni perfettamente uguali in modo da far coincidere un
suono alterato per innalzamento col diesis (#) con uno alterato per abbassamento col
bemolle (b). I suoni che, a seguito delle differenti alterazioni # o b, cambiano nome ma
mantengono invariata l'intonazione si dicono omologhi (es: FA# = SOLb).
GLI INTERVALLI
Una melodia puo' procedere per gradi congiunti o disgiunti lungo una scala, a seconda che
segua la successione di toni e semitoni o compia dei salti tra i vari gradi. L'andamento
per gradi congiunti o disgiunti e' detto intervallo, che varia di ampiezza a seconda del
numero di gradi che intercorrono tra un suono e l'altro. Per calcolare l' ampiezza di un
intervallo si calcolano i gradi in esso contenuti, compresi il primo e l'ultimo. Un intervallo
puo' essere melodico o

armonico: nel primo caso, i due suoni si succedono in senso orizzontale sul
pentagramma (e nel tempo), nel secondo caso in senso verticale (e sono simultanei).

Esempi di intervalli
Intervallo Denominazione
DO-DO Intervallo di prima (o unisono)
DO-RE Intervallo di seconda
DO-(re)-MI Intervallo di terza
DO-(re-mi)-FA Intervallo di quarta
DO-(re-mi-fa)-SOL Intervallo di quinta
DO-(re-mi-fa-sol)-LA Intervallo di sesta
DO-(re-mi-fa-sol-la)-SI Intervallo di settima
DO-(re-mi-fa-sol-la-si)-DO Intervallo di ottava

Come gia' detto, un intervallo e' la "distanza" tra due note misurata in toni e semitoni.
Vediamo gli intervalli sulla scala cromatica di intonazione LA (A):

Scala cromatica di LA (A)


1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11° 12° 13°
LA LA#, SIb SI DO DO#, REb RE RE#, MIb MI FA FA#, SOLb SOL SOL#, LAb LA
A A#, Bb B C C#, Db D D#, Eb E F F#, Gb G G#, Ab A

I 12 intervalli

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Come gia' detto, un intervallo e' la "distanza" tra due note misurata in toni e semitoni.
Vediamo gli intervalli sulla scala cromatica di intonazione LA (A):

Scala cromatica di LA (A)


1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11° 12° 13°

LA LA#, SI DO DO#, RE RE#, MI FA FA#, SOL SOL#, LA


SIb REb MIb SOLb LAb
C#, D#, F#, G#,
A A#, Bb B C D E F G A
Db Eb Gb Ab

I 12 intervalli

Come gia' detto, un intervallo e' la "distanza" tra due note misurata in toni e semitoni.
Vediamo gli intervalli sulla scala cromatica di intonazione LA (A):

Scala cromatica di LA (A)


1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11° 12° 13°
LA LA#, SIb SI DO DO#, REb RE RE#, MIb MI FA FA#, SOLb SOL SOL#, LAb LA
A A#, Bb B C C#, Db D D#, Eb E F F#, Gb G G#, Ab A

I 12 intervalli

CARATTERISTICHE DEI GRADI


Nella scala diatonica naturale, precedentemente descritta, i semitoni sono situati fra il 3° ed
il 4° grado e fra il 7° e l'8°. Tale scala inizia e termina con un DO.
Il DO, come 1° grado della scala, costituisce il pu nto di intonazione, e' il suono
fondamentale, di base, ed assume il nome di TONICA.
Il 5° grado della scala occupa una posizione di pre dominio sugli altri, ma non presenta
un carattere di stabilita' assoluta: una linea melodica che si viene a trovare su questo
grado assume un carattere di instabilita' e trovera' riposo solo riportandosi sulla TONICA.
Questo grado assume il nome di DOMINANTE.
Il 3° grado della scala e' detto MEDIANTE o CARATTERISTICA o MODALE.
Il 3° grado della scala e' detto MEDIANTE o CARATTERISTICA o MODALE. 12
Il 7° grado della scala ha la peculiarita' di tendere naturalmente verso l'8°. Un discorso
melodico interrotto sul 7° grado rimarrebbe in sosp eso, questo ha una sensibilita'
naturale che lo porta ad appoggirsi all'8°. Per questo il 7° grado e' detto SENSIBILE.
La denominazione degli altri gradi dipende dalla loro posizione relativa a quelli finora
elencati: SOPRATONICA (il 2°), SOTTODOMINANTE (il 4°), SOPRADOMINANTE (il 6°). 12
L'IMPROVVISAZIONE MELODIICA
Il discorso melodico trovera' la sua conclusione sulla tonica, o eccezionalmente sul terzo
grado.
La dominante, dato il suo carattere di instabilita', non verra'usata come suono conclusivo,
ma come punto di sospensione intermedio
La prima frase sara' conclusa sulla dominante o sul secondo grado o sulla sensibile.
La seconda frase, dopo la ripresa del discorso sulla sottodominante, sulla dominante o sulla
tonica, sara' conclusa sulla tonica.

RIASSUNTO
Ora riassumiamo tutti i concetti costruendo la scala maggiore di LA.
La scala maggiore e 'composta da 8 gradi, ovvero otto suoni, che si dispongono su un'ottava. Un grado
e' una delle frequenze della scala, uno dei "suoni" che la compongono. La scala maggiore e' composta da 8
gradi, dal primo all'ottavo. Ogni grado ha un nome, a seconda della posizione nella scala.
I suoni a disposizione in un ottava, per un sistema temperato, sono 12.
Un sistema temperato divide l'ottava in una serie di 12 semitoni perfettamente uguali, in modo
da far coincidere un suono alterato per innalzamento col diesis (#) con uno alterato con
abbassamento col bemolle (b).
In una scala i gradi distano l'uno dall'altro di una certa quantita' di toni e/o semitoni.
Due gradi di una scala possono essere piu' o meno distanti l'uno dall'altro: ad esempio la "distanza"
tra un LA ed un LA# e' di un solo semitono, quella tra un LA ed un SI e' di un tono (due semitoni).
La distanza fra i gradi di una scala e' detta intervallo
Un intervallo e' una distanza, misurata in semitoni. Ad esempio tra un LA ed un LA# c'e' un solo semitono di
distanza, il che costituisce un intervallo pari da un semitono, mentre tra un LA ed un SI ci sono due semitoni
di distanza, che costituiscono un intervallo di due semitoni. Ogni intervallo acquisisce un nome diverso a
seconda della distanza che rappresenta, cioe' a seconda del numero di semitoni da cui e' formato.
Una scala e' costituita da uno "schema" di intervalli, ovvero da una serie di intervalli di ampiezza
diversa tra i suoi gradi.
Una scala maggiore e' composta dallo schema T-T-ST-T-T-T-ST, dove T=tono e ST=semitono, che definisce
la distanza fra i suoi gradi, ovvero gli intervalli della scala. Per costruire la scala maggiore di LA (A),
procediamo come segue:

Scegliamo come primo grado della scala il LA: e' la frequenza da cui si parte.
Seguendo lo schema, leggiamo che la prima distanza e' un tono ("T"-T-ST-T-T-T-ST), percio' ci
muoviamo di un tono giungendo ad un SI (LA->la#->SI): questo sara' il secondo grado della scala.
Seguendo ancora lo schema, leggiamo che la seconda distanza e' ancora un tono (T-"T"-ST-T-T-T-
ST), percio' ci muoviamo di un tono giungendo ad un DO# (SI->do->DO#): questo sara' il terzo grado
della scala.
Seguendo ancora lo schema, leggiamo che la terza distanza e' un semitono (T-T-"ST"-T-T-T-ST),
percio' ci muoviamo di un semitono giungendo ad un RE (DO#->RE): questo sara' il quarto grado
della scala.
Continuando secondo lo schema si definiscono tutti e otto i gradi della scala maggiore di LA, l'ottavo
grado sara' ancora un LA ma di un'ottava piu' alto.

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Otteniamo lo schema seguente:

Scala maggiore di LA
Grado Frequenza
1° LA-A
2° SI-B
3° DO# - C#
4° RE-D
5° MI-E
6° FA# - F#
7° SOL# - G#
8° LA-A

Partendo dal LA, l'intervallo di prima e' quello "che ha distanza zero", ovvero che non
si sposta, e quindi resta sul LA.
Sempre partendo da LA, l'intervallo di seconda e' quello che porta dal LA al secondo grado
della scala.Il secondo grado della scala e' un SI, percio' l'intervallo di seconda e' pari a due
semitoni. Ad un intervallo di due semitoni si da il nome di intervallo maggiore di seconda.
Sempre partendo da LA, l'intervallo di terza e' quello che porta dal LA al terzo grado della
scala. Il terzo grado della scala e' un DO#, percio' l'intervallo di terza e' pari a quattro
semitoni. Ad un intervallo di quattro semitoni si da il nome di intervallo maggiore di terza.
Ora analizziamo, l'intervallo di quinta: esso e' quello che, partendo dal LA e seguendo la
scala, ci porta al quinto grado della stessa. Il quinto grado della scala maggiore di LA e' un
MI. Per passare dal LA al MI ci si deve spostare di 7 semitoni. Ad un intervallo di 7
semitoni si da il nome di intervallo perfetto di quinta.
Ora, sempre restando sulla scala maggiore di LA, partiamo dal SI, e definiamo l'intervallo di
terza. Il SI e' il 2° grado della scala, pertanto un intervallo di terza rispetto ad esso ci porta al
4° grado della scala (2+3-1=4). Il 4° grado della s cala e' un RE. Tra il SI ed il RE c'e' una
distanza, cioe' un intervallo, di 3 semitoni. Ad un intervallo di 3 semitoni si da il nome di
intervallo minore di terza.
Ora, sempre restando sulla scala maggiore di LA, partendo sempre dal SI, definiamo
l'intervallo di quinta. Il SI e' il 2° grado della scala, pertanto un intervallo di quinta rispetto
ad esso ci porta al 6° grado della scala (2+5-1=6). Il 6° grado della scala e' un FA#. Tra il
SI ed il FA# c'e' una distanza, cioe' un intervallo, di 7 semitoni. Ad un intervallo di 7
semitoni si da il nome di intervallo perfetto di quinta.

OSCILLAZIONE SIMPATICA - CASSE DI RISONANZA

Si chiamano suoni simpatici o concomitanti, quelli che naturalmente si verificano in


una corda, in una lamina, etc. quando viene emesso un suono vicino uguale a
quello che esse sarebbero in grado di produrre. Questo fenomeno è dovuto all’aria o
ad un altro corpo elastico che ne trasmette le oscillazioni.
Alcuni strumenti, in uso specialmente nella pratica di un tempo, si giovano di
questo principio (la viola d’amore, la lira-viola)
Il fenomeno dei suoni simpatici si verifica quando sulla cassa di uno strumento che
viene suonato, o nelle vicinanze di esso o nell’ambiente in cui si trova, è collocato un
oggetto di vetro o di metallo che sia in condizioni di entrare in vibrazione quando
un dato suono è prodotto. Il lieve tinnìo che noi rileviamo è prova che tale
oggetto si trova in relazione di simpatia col suono stesso.
Su questo principio si basano i cosiddetti risonatori (risonatori di Helmholtz).
Essi consistono in un piccolo globo di metallo che avvicinato all’orecchio
rinforzano e quindi svelano la presenza dei suoni armonici che uniscono al
suono fondamentale, e che senza congegno, non potremmo distinguere.
Le casse di risonanza, di cui sono muniti tutti gli strumenti a corda ed alcuni a
percussione, sono fatte di legno vibrante o di lamine e, racchiudendo una massa
d’aria, servono a rinforzare notevolmente ed a intensificare la sonorità dello
strumento.
La forma poi di queste casse di risonanza agisce pure sulle qualità timbriche di
esse.
Esiste però una diversità fra i risonatori e le casse di risonanza, perché, mentre
quelli rinforzano un solo e dato suono, le altre hanno il compito di rinforzare tutti i
suoni che uno strumento, che ne è munito, può emettere.

BATTIMENTI. TERZO SUONO DEL TARTINI

Si dice in acustica battimento un temporaneo rafforzamento di un suono dovuto


alla coincidenza momentanea di opposti vibratori. Se in un’unione di due voci o
di due strumenti, uno di essi compie nello stesso tempo una o due vibrazioni in
più dell’altro, questo fenomeno si verificherebbe ogni minuto secondo.
La stessa impressione può essere paragonata alla sensazione che noi proviamo
quando un raggio di luce vacilla.
Il fenomeno dei battimenti è specialmente rilevabile nei suoni di registro basso,
ed è per loro mezzo che si può giudicare la giustezza d’intonazione di due suoni
che debbono essere uguali.

Il terzo suono del Tartini (insigne violinista) viene anche chiamato suono
risultante o differenziale.
Esso è il risultato di due suoni simultanei che hanno tra loro una certa differenza
di vibrazioni.
Quando il numero dei battimenti che avviene fra due suoni è notevole, si rivela
l’esistenza di un nuovo suono più basso.

Il Tartini notò, nelle sue esperienze, che il suono risultante dalla emissione di un
bicordo, equivaleva ad un suono avente un numero di vibrazioni uguale alla
differenza dei due primi.
Ad esempio sol3 e mi2 davano come risultato il do1.
Da questo fenomeno, più tardi, altri trassero argom ento di nuove prove per la
generazione degli armonici, e ci convenne che, mentre gli armonici superiori
spiegano la consonanza maggiore, gli armonici inferiori (partendo dal
quindicesimo) spiegano la consonanza minore.

15
CLASSIFICAZIONE DEGLI STRUMENTI

Nel classificare i vari strumenti musicali, non tutti gli organologici sono concordi,
poiché è diverso è in essi il criterio che li guida.
Però, generalmente, ci si attiene a quella comune ripartizione che anche nella
pratica musicale d’oggi, è osservata.
Tre sono le grandi categorie in cui gli strumenti possono dividersi:
1. strumenti a corda
2. strumenti a fiato
3. strumenti a percussione
Ciascuna di queste categorie comporta delle suddivisioni a seconda del modo
con il quale gli strumenti risuonano.

Per gli strumenti a corda queste suddivisioni sono: 1 – corde


pizzicate - 2- corde mosse dall’arco –3- a corde percosse

Gli strumenti a corde pizzicate , o con le dita o con il plettro, sono indubbiamente i
più antichi di questa categoria; molti usati partic olarmente dai popoli orientali.
Ma oggi, per la loro scarsa sonorità, non entrano di frequente nella pratica moderna.
Difatti l’unico strumento a pizzico conservato nelle nostre orchestre è l’arpa.
Il mandolino e la chitarra restano strumenti di carattere popolare e di scarsa
considerazione artistica.
Ma dal secolo XVII a tutto il XVIII, strumenti a corde pizzicate, come il liuto, le
tiorba e poi il clavicembalo, con le sue varietà (spinetta, claviciterio, verginale,
etc) ebbero un’importanza singolare.

Invece nell’orchestra moderna rimangono gli strumenti a corda mossi dall’arco e


chiamati comunemente archi. Oltre al violino, viola, violoncello, contrabbasso,
rientrano in questo gruppo le antiche viole con tutte le loro varietà, nonché gli
strumenti ad arco usati nel Medioevo (vielle, organisti, ribecchi, gighe, lire-viole
ecc.).

Nella terza suddivisione, a corde percosse, lo strumento più importante è il


pianoforte, che derivò appunto dalla sostituzione dei martelli al saltarello con
plettro, usato nel clavicembalo.
Antico strumento del genere fu il clavicordio. Strumento d’eccezione si considera
il zimbalon ungherese.

La seconda categoria comprende gli strumenti a fiato nei quali l’impulso


vibratorio è dato da una corrente d’aria compressa, mentre l’elemento sonoro è
costituito dalla colonna d’aria rinchiusa in un tubo.
Questi strumenti si dividono in due gruppi: 1- legni 2- ottoni.
Scientificamente questa suddivisione non è esatta, in quanto la materia con cui
sono costruiti non ha che una minima influenza sul loro timbro. Tuttavia è questa
la suddivisione più comune. L’organo fa parte a sé in quanto raggruppa tutte le
specie possibili di strumento a fiato.
Più logica può sembrare la suddivisione secondo il modo di produzione del loro
suono; in tal caso si possono aggiungere due specie: strumenti ad imboccatura
naturale e strumenti ad ancia.
Nei primi il soffio del suonatore penetrando bruscamente nel tubo mette in
vibrazione la colonna d’aria contenuta. Sono compresi in questa categoria i flauti
e gli zufoli.

Nei secondi, il soffio del suonatore entra nel tubo sonoro attraverso l’ancia, che
consiste in una lamina elastica che collocata nell’imboccatura dello strumento è
obbligata da questo soffio ad oscillare rapidamente e ad agire sulla colonna d’aria
contenuta nel tubo stesso. Le ance possono essere semplici o doppie o battenti.
Hanno l’imboccatura con l’ancia semplice il clarinetto ed il saxofono, con l’ancia
doppia il fagotto, controfagotto, l’oboe ed il corno inglese.
E di ance di diversa specie sono muniti gli armonium e le fisarmoniche.

Negli ottoni (trombe, tromboni, corni) la produzione del suono è ottenuta in


modo analogo all’ancia doppia per mezzo delle labbra del suonatore.
Gli strumenti di questa categoria, quando non abbiano buchi o chiavi o pistoni,
possono dare differenti suoni a seconda della diversa tensione delle labbra, ed i
suoni che risulteranno (detti naturali ) costituiranno la serie degli armonici del
loro suono fondamentale.

Negli strumenti a percussione la suddivisione può essere fatta in:

strumenti a suono determinato


strumenti a suono indeterminato

Questi strumenti sono per lo più composti da lamine o membrane tese sopra un
telaio.

Hanno un suono determinato , negli strumenti a lamina, lo xilofono, la celesta, il


glokenspiel, e negli strumenti a membrana, i timpani.
Hanno suoni indeterminati il triangolo, il tam tam, le nacchere, il tamburo, la
grancassa.

17
TEORIA E PRATICA DI LETTURA E DIVISIONE MUSICALE

IL SUONO, LE NOTE, LE FIGURE, LE PAUSE ED IL LORO VALORE

Il suono viene prodotto da vibrazioni di corpi sonori, e queste vibrazioni sono


trasmesse al nostro udito attraverso l’aria.
Il suono può essere determinato ed indeterminato. E’ determinato quando si
può riprodurre con gli strumenti musicali o a mezzo della voce. E’ invece
indeterminato quando non si può riprodurre.

I suoni possono essere gravi o bassi, oppure alti o acuti.


I suoni si distinguono dall’altezza, dall’intensità e dal metallo.
I suoni vengono rappresentati dalle note.

Le note sono sette: do – re – mi – fa – sol – la – si –

Le note si scrivono su di un rigo.

Il rigo è la riunione di cinque linee e quattro spazi, che si contano dal basso
all’alto e si chiama pentagramma.

Pentagramma (dal greco penta, che vuol dire cinque e gramma, ovvero linea) è il rigo
musicale sul quale si scrivono le note. La sua evoluzione parte dal IX secolo d.C. con il
passaggio dalla notazione adiastematica (senza rapporto esatto di intervalli) a un primo esempio
di notazione diastemàtica (dove le altezze sono determinate) con la breve parentesi della
notazione dasiana e, in seguito, l'introduzione di una linea tirata a secco - cioè incisa a pressione
sulla pergamena - e poi disegnata. In seguito le linee divennero due, contraddistinte dalle lettere
C (DO) e F (FA), colorate in rosso e giallo, per poi passare alle quattro del tetragramma (quattro
linee e tre spazi) introdotto dal teorico medievale Guido D'Arezzo.
Il pentagramma è composto da cinque linee parallelle e quattro spazi che intercorrono
tra le linee. Le linee e gli spazi si contano dal basso all'alto. Il pentagramma può
essere:

· Semplice - per la voce umana e per tutti gli strumenti musicali di limitata estensione fonica, come gli archi
e i fiati ecc., per i quali la gamma (scala o estensione) abbraccia o il registro acuto o centrale o basso

Il pentagramma è composto da cinque linee parallelle e quattro spazi che intercorrono


tra le linee. Le linee e gli spazi si contano dal basso all'alto. Il pentagramma può
essere:

· Semplice - per la voce umana e per tutti gli strumenti musicali di limitata
estensione ,fonica, come gli archi e i fiati .,ecc., per
( i quali la gamma (scala
o )estensione)
; abbraccia o il registro acuto o centrale o basso;
 18
· Doppio - formato da due pentagrammi semplici uniti da una graffa, usato da altri strumenti come
il pianoforte, l'arpa, l'armonium e la celesta per i quali la loro gamma abbraccia tutti i suoni degli
strumenti citati in precedenza;

· Triplo - usato per la grafia per le musiche d'organo, due pentagrammi per la tastiera e un
pentagramma per le note gravi affidate alla pedaliera;
· Multiplo - serve per le partiture dei complessi strumentali, vocali strumentali e dell'orchestra.

I tagli addizionali.
Abbiamo visto come si dispongono le note sul pentagramma, ma se abbiamo notato abbiamo un numero limitato di
suoni per l'esattezza 11.

Per gli altri che non sono compresi all'interno del pentagramma utilizzeremo i tagli addizionali. Questi sono dei
piccoli segmenti di linee immaginarie aggiunte al pentagramma per poter ospitare le note che, a causa della loro
altezza, si collocherebbero al di fuori del pentagramma.

Melodia e Armonia

La melodia combina l'altezza delle note con il ritmo. In un brano musicale, la


melodia è la struttura musicale più identificabile. Le melodie spesso sono costruite su
scale musicali. Il contrappunto è lo studio della combinazione e sovrapposizione di
melodie più o meno indipendenti.
Si può parlare di armonia quando due o più suoni emessi simultaneamente, suonano (bene)
insieme, anche se una melodia senza accompagnamento può comunque implicare un'armonia
sottostante. Questa era la definizione più in voga fino ad alcuni decenni fa, questa definizione si
insegna ancora nei corsi base di armonia nei conservatori. In realtà è difficile stabilire se due
suoni sono gradevoli o meno all'orecchio perchédipende molto dall'esistenzialità di ogni persona
(estrazione sociale, esperienze, personalità, ecc..). Oggi l'armonia (a livelli avanzati),
è considerata quella parte della musica che deve rappresentare con uno o più suoni
delle sensazioni, emozioni, un tipo di cultura, ecc, secondo delle regole ben precise.
19
Semiografia

La semiografia (o notazione musicale) è la rappresentazione grafica della musica. Le


note ed i ritmi sono rappresentati da simboli sul pentagramma, i simboli principali sono
la chiave (altezza delle note), il tempo (durata delle note), la dinamica (intensità delle
note). Inoltre vengono usati altri simboli per indicare le ripetizioni (ritornelli), velocità,
interpretazione ecc. La chiave musicale è un simbolo che viene posto sul pentagramma
serve a fissare la posizione delle note e la relativa altezza dei suoni. Può essere posto
all'inizio del pentagramma (maggioranza dei casi) oppure in un punto qualsiasi (ad es. a
metà di una battuta o misura). I segni delle chiavi provengono da una progressiva
alterazione grafica delle lettere dell'alfabeto gotico ovvero:

C chiave di DO3 (do della terza ottava, detto anche do centrale)

chiave di FA2 (fa della seconda ottava, immediatamente al di


F
sotto del do centrale)

G chiave di SOL3 (sol della terza ottava, sopra il do centrale)

Convenzionalmente, le chiavi musicali assumono sette posizioni, rispetto alla linea


sulla quale vengono poste, contraddistinte da un termine specifico

· per la chiave di SOL3

1. Chiave di violino, sulla 2ª linea (dal basso verso l'alto) del pentagramma

· per la chiave di DO3

2. Chiave di soprano, sulla 1ª linea


3. Chiave di mezzosoprano, sulla 2ª linea
4. Chiave di contralto, sulla 3ª linea
5. Chiave di tenore, sulla 4ª linea

· per la chiave di FA2

6. Chiave di baritono, sulla 3ª linea


7. Chiave di basso, sulla 4ª linea
Quindi le chiavi musicali sono tre ma con sette posizioni diverse che danno la possibilità
di porre sul pentagramma la maggior parte di note dei suoni più o meno gravi o acuti di
cui ogni voce è dotata. Tramite queste varie posizioni si sviluppa il sistema di sette
chiavi chiamato Setticlavio:

In musica la parola Tempo può assumere diversi significati a seconda del con testo
in cui viene usata.

· Il tempo inteso come il segno (metro) che stabilisce come è strutturata una misura. Es.: 4/4, 3/4, 2/8 ecc.
· Il tempo inteso come l'unità di durata per la suddivisione di un brano, di una misura in parti
simmetriche. Es.: quando si suona un brano si stabilisce che ogni battito del metronomo vale 1/4.
· Il tempo inteso come una o più parti di una compos izione musicale. Es.: la sinfonia può avere tre o
quattro tempi.
· Il tempo come andatura, velocità o andamento di una composizione. Es.: adagio, allegro, vivace ecc. 20
In musica, la misura è l'insieme di valori compresi da due linee verticali
poste sul pentagramma chiamate: stanghette.
La misura o battuta puo essere di due tipi: semplice o composta; inoltre, può essere di
quattro forme: binaria, ternaria, quaternaria e mista. Il tipo e la forma di una misura è
rappresentato da una frazione che stabilisce il ritmo, la quantità dei valori ch e può contenere
e gli accenti metrico e ritmico. Questa frazione numerica generalmente è posta all'inizio di
ogni brano, può essere posta anche all'inizio di qualsiasi altra battuta del brano cambiandone
il tempo finchè non ci sarà un'altra indicazione. Il numeratore stabilisce il numero di tempi e
il denominatore stabilisce il valore di ciascun tempo. Es. con l'indicazione 3/4 si vuole
specificare che la misura è composta da tre valori di un quarto.
Ogni tempo può essere diviso ulteriolmente in più p arti e questa suddivisione può
essere ancora suddivisa (ogni suddivisione prenderà il nom e di 1° grado, 2° grado,
ecc.). La suddivisione dipende da ciò che si vuole dividere: se il valore è binario si
suddividerà in due; se è ternario in tre parti uguali.
MISURE:

· 1 Misure semplici o
1.1 Binaria o
1.2 Ternaria
o 1.3 Quaternaria
o 1.4 Tempi e suddivisioni misure semplici
· 2 Misure composte
· 3 Misure miste
· 4 Misure incomplete
· 5 Misura otto/ottavi
· 6 Unità di misura, tempo, suddivisione e durata
· 7 Tabella riassuntiva delle misure

Misure semplici

Si intendono misure semplici quelle in cui ciascun tempo è rappresentato da un


valore semplice. Cioè al numeratore c'è il numero 2, 3 e .4
[modifica]
Binaria

Esempio di suddivisione di 1° e 2° grado del tempo 2/2

Misura (musica)

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In musica, la misura è l'insieme di valori compresi da due linee verticali
poste sul pentagramma chiamate: stanghette.
La misura o battuta puo essere di due tipi: semplice o composta; inoltre, può essere di
quattro forme: binaria, ternaria, quaternaria e mista. Il tipo e la forma di una misura è
rappresentato da una frazione che stabilisce il ritmo, la quantità dei valori ch e può contenere
e gli accenti metrico e ritmico. Questa frazione numerica generalmente è posta all'inizio di
ogni brano, può essere posta anche all'inizio di qualsiasi altra battuta del brano cambiandone
il tempo finchè non ci sarà un'altra indicazione. Il numeratore stabilisce il numero di tempi e
il denominatore stabilisce il valore di ciascun tempo. Es. con l'indicazione 3/4 si vuole
specificare che la misura è composta da tre valori di un quarto.
Ogni tempo può essere diviso ulteriolmente in più p arti e questa suddivisione può
essere ancora suddivisa (ogni suddivisione prenderà il nom e di 1° grado, 2° grado,
ecc.). La suddivisione dipende da ciò che si vuole dividere: se il valore è binario si
suddividerà in due; se è ternario in tre parti uguali.
Indice

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· 1 Misure semplici o
1.1 Binaria o
1.2 Ternaria
o 1.3 Quaternaria
o 1.4 Tempi e suddivisioni misure semplici
· 2 Misure composte
· 3 Misure miste
· 4 Misure incomplete
· 5 Misura otto/ottavi
· 6 Unità di misura, tempo, suddivisione e durata
· 7 Tabella riassuntiva delle misure

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Misure semplici

Si intendono misure semplici quelle in cui ciascun tempo è rappresentato da un


valore semplice. Cioè al numeratore c'è il numero 2, 3 e .4
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Binaria

Esempio di suddivisione di 1° e 2° grado del tempo 2/2

22
Esempio di suddivisione di 1° e 2° grado del tempo 3/2
La misura semplice binaria è formata da due tempi il primo forte e il secondo debole.
Es. 2/2, 2/4, 2/8. Nelle immagini a lato è usato in modo improprio l'accento dinamico
per segnare gli accenti metrici e ritmici, si è usata questa piccola licenza in quanto
questi accenti essendo sottointesi non hanno un simbolo proprio.
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Ternaria

La misura semplice ternaria è formata da tre tempi il primo forte e gli altri due deboli.
Es. 3/2, 3/4, 3/8.
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Quaternaria

La misura semplice quaternaria è formata da quattro tempi (il doppio della binaria), il
primo tempo è forte, il secondo e il quarto sono deboli, il terzo è mezzoforte. Es. 4/2, 4/4,
4/8. Molti considerano le misure quaternarie come il doppio della misura binaria; in realtà
non è così a differenza della binaria cambiano gli accenti ritmici, sebbene questi accenti
sono quasi impercettibili ad alcuni musicisti non vedono di buon occhio questa
semplificazione. Tra il tempo binario e quello quaternario vi è una differenza di stile.
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Tempi e suddivisioni misure semplici

Si usano le suddivisioni dei tempi per ottenere una maggiore precisione ritmica, molto
usata nello studio del solfeggio.
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Misure composte

Esempio di suddivisione di 1° e 2° grado del tempo 6/8

Esempio di suddivisione di 1° e 2° grado del tempo 9/8 23


Si intende misura composta quelle in cui i tempi si possono dividere per tre. Se si
vuole ottenere la rispettiva misura composta di una semplice si deve moltiplicare per
tre il numeratore e per due il denominatore. Es: 2/4 = 6/8 ; 3/4 = 9/8 ; 4/4 = 12/8. Per
gli accenti metrico e ritmici valgono le stesse regole.
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Misure miste

Si dicono misure miste quelle composte dall'unione di misure semplici o composte oppure
di un tempo di misura semplice ed uno di misura composta. Le più diffuse sono la misura
quinaria e la settenaria, hanno un solo accento forte sul primo tempo. Es. La misura 5/4 è
formata dall'accoppiamento di una 3/4 + 2/4 e viceversa, gli accenti ritmici sugli
sugli altri tempi sono tutti deboli il senso di 3/4 + 2/4 o 2/4 + 3/4 lo da il compositore
con l'accento dinamico sulle note. Stessa cosa per la misura settenaria formata da una di
3/4 e una di 4/4.
Le misure miste possono essere di due tipi: semplici e composte. Es. 5/4 = 15/8, 7/2 = 21/4.
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Misure incomplete

In musica esisto delle misure che sono incomplete cioè mancano alcuni tempi all'inizio o
alla fine della battuta. Si possono verificare solo in determinati momenti queste
eccezioni: all'inizio di un brano o di un ritornello, alla fine di una brano o di un ritonello.
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Misura otto/ottavi

Èuna particolare misura mista, una gran parte dei musicisti la cosidera tempo ternario composto.
Essa è formata dall'unione di due misuredi 3/8 e una di 2/8. Comunque la forma degli accenti
ritmici può essere sempre cambiata da ll'autore per mezzo degli accenti dinamici.

suddivisione e durata

Queste sono solo delle definizioni che si usano nel gergo musicale.

· Unità di misura: è un valore che basta da solo a formare una misura. Es. tempo 4/4 l'unita di
misura sarà una semibreve (che vale 4/4).
· Unità di tempo: è un valore che basta da solo a formare un tempo della battuta. Es. tempo 3/4
l'unita di tempo sarà una semiminima (1/4).
· Unità di suddivisione: è un valore che basta da solo a formare una suddivisione. Es. tempo 2/4
l'unita di suddivisione di 1° grado la croma (1/8).
· Unità di durata: a differenza degli altri questo valore non dipende dal tempo della misura. È un valore che
viene deciso dall'esecutore o dall'autore di un brano per impostare il metronomo. Es: In cima ad un brano
si trova: "Ottavo = 120", significa che bisogna impostare il metronomo a 120 colpi al minuto e ogni
colpo varrà un Ottavo (croma, 1/8).

24
Tabella riassuntiva delle misure

Binaria Ternaria Quaternaria Mista


5/1, 5/2, 5/4, 5/8,
2/1, 2/2, 2/4, 2/8, 3/1, 3/2, 3/4, 3/8, 4/1, 4/2, 4/4, 4/8, 4/16, 5/16, 5/32, 5/64
Semplice
2/16, 2/32, 2/64 3/16, 3/32, 3/64 4/32, 4/64 7/1, 7/2, 7/4, 7/8,
7/16, 7/32, 7/64
15/2, 15/4, 15/8,
Composta 6/2, 6/4, 6/8, 6/16, 9/2, 9/4, 9/8, 9/16, 12/2, 12/4, 12/8, 12/16, 15/16, 15/32, 15/64
6/32, 6/64 9/32, 9/64 12/32, 12/64 21/2, 21/4, 21/8,
21/16, 21/32, 21/

metronomo è uno strumento usato in musica, che serve per misurare il tempo o la
scansione ritmica.
Fu inventato dal tedesco Johann Mälzel , nel 1816, ma prima di questi vi furono molti
precursori che inventarono diversi apparecchi atti a misurare il tempo. Nel 1600, ad esempio,
vi fu Etienne Louliè e, poco prima del Mälzel, il Winkel, al quale deve il testo
fondamentale della sua scoperta. Sulla base della legge dell'oscillazione pendolare è
stato costruito il metronomo, una sorta di pendolo capovolto, con un'asta graduata ed un
peso, detto lente, che possiamo spostare lungo quest'asta selezionando le pulsazione per
minuto (indicate come MM - acronimo di Metronomo Mälzel - o la sigla di d
erivazione anglosassone bpm, ovvero battiti per minuto.

Metronomo meccanico (a destra) ed elettronico (a sinistra


Si definisce accordo la sovrapposizione eufonica di tre o più suoni ad intervallo di
3ª maggiore o minore, a partire da uno dei suoni di una tonalità prefissata che verrà
poi detto suono o basso fondamentale.
A seconda del numero di note delle quali è formato, un accordo si dirà:

· 2 suoni - Diade o Accordo di Terza (viene considerato una triade incompleta)


· 3 suoni - Triade o Accordo di Quinta
· 4 suoni - Quadriade o Accordo di Settima
· 5 suoni - Quintiade o Accordo di Nona
 5 suoni - Sestiade o Accordo di Undicesima 25
· 5 suoni - Settiade o Eptiade o Accordo di Tredicesima
Notazioni degli accordi e loro composizione

Denominazione delle triadi maggiori e loro composizione

Nella tabella seguente è mostrata la composizione delle triadi maggiori.


Fondamentale Composizione
(inglese)
(italiano) della triade
C Do Do Mi Sol
C# Do# Do# Mi# Sol#
Db Reb Reb Fa Lab
D Re Re Fa# La
D# Re# Re# Fa## La#
Eb Mib Mib Sol Sib
E Mi Mi Sol# Si
F Fa Fa La Do
F# Fa# Fa# La# Do#
Gb Solb Solb Sib Reb
G Sol Sol Si Re
G# Sol# Sol# Si# Re#
Ab Lab Lab Do Mib
A La La Do# Mi
A# La# La# Do## Mi#
Bb Sib Sib Re Fa
B Si Si Re# Fa#
L'accordo minore si ottiente diminuendo di un semitono la seconda nota della triade
maggiore corrispondente. Ad esempio, l'accordo di Do minore è composto dalle note Do
Mib Sol
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Denominazioni e sigle degli accordi più usati

Usando la nota do (C nella notazione inglese) come fondamentale


ecco una breve lista di alcune equivalenze di nomi.
Sigla Sigla Denominazione
Composizione
inglese italiana italiana
C Do Do maggiore Do Mi Sol
Cm Dom, Do- Do minore Do Mib Sol
C7 Do7 Do settima Do Mi Sol Sib
Cmaj7 Do7+ Do settima maggiore Do Mi Sol Si
Cmin7 Do7- Do minore settima Do Mib Sol Sib
C6 Do6 Do sesta Do Mi Sol La
C5 Do (no 3) Do quinta vuota Do Sol
C+ Do aum Do aumentato Do Mi Sol#
Co Do dim Do diminuito Do Mib Solb
Sibb
Cø Do75b Do semidiminuito Do Mib Solb Sib
Csus,
Do4 Do quarta sospesa Do Fa Sol
Csus4
Nota: nella notazione inglese, per indicare l'accordo di settima maggiore (maj7, 7+) si può
anche usare un triangolino come apice ( ), similmente al cerchietto per gli accordi diminuiti.

26
Il contrappunto è l'arte di unire nello stesso brano più linee melodiche. L'origine della parola
è dal latino punctum contra punctum, ovvero nota contro nota (punctum è il termine in
latino medievale equivalente al nostro "nota").
L'espressione si riferisce alla pratica di contrapporre ad un cantus firmus, cioè ad una voce
avente una melodia tratta dal canto gregoriano ed esposta lentamente, una nuova melodia,
secondo regole che si andarono sviluppando via via nel corso della storia della musica e
che giunsero a maturazione nel 1600. La nuova melodia era creata con un'idea imitativa,
ovvero doveva avere caratteristiche (in genere l'incipit) che ricordassero il cantus firmus.
Nel contrappunto l'effetto di accordo dato dall'incontrarsi delle diverse voci è
considerato incidentale. In realtà il contrappunto si concentra sull'interazione
melodica piuttosto che sull'effetto armonico (quest'ultimo doveva essere garantito
dal rispetto di alcune regole di base).
La polifonia, a partire dall'Ars Antiqua in avanti, si corredò via via di consigli, più che
di regole, seguendo i quali si poteva dar vita ad una composizione veramente
polifonica, nel senso che tutte le voci dovevano essere assolutamente indipendenti l'una
dall'altra. In questo senso nel corso del XVI secolo i compositori toccarono il vertice di
questa concezione, fornendo il modello per le generazioni successive. L'uso sapiente e
misurato degli artifici contrappuntistici è riassumibile a titolo di esempio nelle opere di
Palestrina, Marenzio e Orlando di Lasso.
Esempio magistrale dell'uso del contrappunto in epoca barocca può essere considerata
anche tutta l'opera del compositore Johann Sebastian Bach.
Lo sviluppo e l'evoluzione del contrappunto è la caratteristica principale che ha
distinto, e distingue ancora oggi, la musica europea o di matrice europea dalle
musiche di altri continenti.

1. Evidenziazione di un suono ottenuta attraverso la modifica di uno qualsiasi dei parametri del
suono, siano essi la durata, l'intensità , l'altezza o il timbro. Si parlerà, quindi, di A. temporale,
intensivo, frequenziale e timbrico. Si ha A. anche in presenza di un cambio di armonia (A.
armonico) o in coincidenza della percussione di un suono, sul transitorio d'attacco, quindi (A.
transitorio). L'A. per antonomasia nel linguaggio corrente è l'A. intensivo, in genere ottenuto
con un suono più forte degli altri. Nella parte musicale viene segnalato attraverso le indicazioni
sf o sfz (sforzato) oppure fz (forzato), nonché da opportuni segni:

Dall'interazione tra accentuazione del brano e A. metrico (vedi 2.), si hanno coincidenza (A.
commetrico) o sfasamento (A. contrametrico). L'A. contrametrico è alla base dei gruppi
irregolari, della sincope e del controtempo, dell'hemiòlia e di ogni altra forma di ritmo in
contrasto. / Armonia; Suono

2. A. metrico. In ambito metrico, la prima pulsazione in un gruppo di due o tre impulsi che la
nostra sensibilità musicale percepisce come unitario. / Metro

Accessoria, nota

Rispetto ad una nota (1.), si dicono sue note

Per omofonia si intende una composizione plurilineare nella quale le linee si trovino a
distanza di ottava. 27
Nel sistema temperato si definiscono omofone due note con frequenza uguale e
nome differente. Ad esempio: Do# e Reb.

Solfeggio

Il solfeggio è una pratica che consiste nel leggere, ad alta voce e a tempo, uno spartito:
le note sono lette con il proprio nome, ma non intonate.
Questa pratica è utile per i musicisti neofiti, ed aiuta a prendere dimestichezza con lo
spartito, le note, e più in generale con le suddivisioni temporali, con particolari
attenzione a situazioni inusuali (sincopi, ritmi irregolari).
Tale pratica è comunque utile anche ai musicisti più esperti, nello studio di
passaggi particolarmente elaborati nella ritmica.
Il solfeggio cantato prevede che le note, e di conseguenza gli intervalli, siano intonati.

Cadenza

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La cadenza è una formula armonico-melodica utilizzata come interpunzione in un
brano musicale, una sua frase o sezione.
Indice

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· 1 Armonia
o 1.1 Cadenza autentica o perfetta
o 1.2 Cadenza imperfetta
o 1.3 Cadenza sospesa
o 1.4 Cadenza plagale
o 1.5 Cadenza d'inganno
o 1.6 Cadenza frigia
o 1.7 Cadenza evitata
o 1.8 Cadenze in battere od in levare
· 2 La cadenza vocale o strumentale
o 2.1 Canto gregoriano
o 2.2 Opera lirica e concerto
· 3 Bibliografia
· 4 Collegamenti esterni

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Armonia

Essa è uno dei momenti più importanti di una composizione in quanto permette di
stabilire pienamente la tonalità , dà coerenza alla struttura formale del brano e co
stituisce un momento di alta espressività. Può essere paragonata al punt o che conclude
una frase ma bisogna ricordare che esistono cadenze che possono essere più o meno
incisive e possono venir usate per creare un effetto di pausa temporanea o definitiva.
Con l'affermarsi del sistema tonale la cadenza acquistò la funzione a ribadire la
tona lità, attraverso precise successioni accordali.
28
Cadenza autentica o perfetta

I gradi più importanti per la definizione della tonalità di un brano sono il V ed il I. La loro
successione dà origine alla formula di cadenza più nota: la cadenza autentica (o perfetta).

Esempio di cadenza perfetta (V-I)


La formula della cadenza autentica (V-I) può essere estesa includendo il IV od il II
grado (sia nello stato fondamentale che in primo rivolto) ed inserendo anche la quarta e
sesta di cadenza avente funzione di appoggiatura doppia sull'accordo di dominante. In
base a ciò si possono avere due formule assai forti dal punto di vista armonico:

· II-I (in secondo rivolto)-V-I


· IV-I (in secondo rivolto)-V-I

Altre formule usabili sono:

· IV-V-I
· II-V-I

Tre formule meno comuni sono:

· VI-V-I
· III-V-I
· I-V-I

L'accordo di tonica conclusivo, volendo, può essere ornato o tramite un'appoggiatura od un


ritardo. Un'altre variante consiste nel prolungare l'accordo di dominante mentre il basso intona
la tonica sia fungendo come appoggiatura sia per permettere una risoluzione più in là.
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Cadenza imperfetta

La cadenza imperfetta è caratterizzata dalla presenza della progressione V-I in cui il I


grado è allo stato di primo rivolto. Ciò determina la perdi ta di parte del carattere
conclusivo della cadenza autentica indicando una pausa solo transitoria. In questi casi, in
effetti, la conclusione arriva successivamente.

29
Esempio di cadenza imperfetta (V-I in primo rivolto)
Un effetto poco conclusivo lo si può anche ottenere , volendo, utilizzando l'accordo di
tonica allo stato fondamentale ma facendo cantare al soprano la mediana.
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Cadenza sospesa

La cadenza sospesa è quella che termina sull'accord di dominante allo stato fondamentale.
Rispetto alla precedente indica una pausa debole, temporanea.
Il più delle volte il V grado viene preceduto dal IV o dal II ma anche dal I (utile l'uso
della quarta e sesta di cadenza come elemento sottolineativo) o dal VI.

Esempio di cadenza sospesa (I-V)


Spesso la cadenza sospesa viene utilizzata in caso si abbiano due frasi musicali
parallele (od anche due periodi tra loro diversi). In tal caso la prima frase chiude con la
cadenza sospesa e la seconda con quella autentica.
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Cadenza plagale

Consiste nell'uso della successione IV-I e viene spesso usata dopo una cadenza
autentica per marcarne ancora di più il ruolo conclusivo ma può a nche essere inserita
da sola. Può essere preceduta dal VI o dal I grado.

Esempio di cadenza plagale (IV-I) 30


A conclusione di un brano in tonalità maggiore il I V grado può venir anche utilizzato
nella sua forma minore e ciò serve a conferire una colora tura tutta particolare.

Cadenza d'inganno

Si basa sulla cadenza perfetta ma al posto del I grado ne viene utilizzato un altro. In base
a ciò possono esister molte cadenze d'inganno con differente efficacia. La tonalità non
viene smarrita in quanto è sufficiente l'accordo di dominante per definirla appieno (ed
anzi, nella cadenza plagale le definizione tonale è assai incisiva). La progressione più
nota è quella V-VI che conferisce un forte senso di sorpresa.

Esempio di cadenza d'inganno (V-VI)


Una cadenza d'inganno crea un momento di sospensione che determina un aumento d'interesse
verso la composizione in quanto la sensazione di una conclusione viene disattesa ed inoltre fa
sì che il compositore possa aggiungere una o due frasi che chiudano il tutto.

Cadenza frigia

Si tratta di una cadenza tipicamente barocca che consiste nella progressione, in un brano
di tonalità minore, VI (in primo rivolto)-V ove quest'ultimo è nella forma maggiore. In
genere è usata come conclusione di un movimento lento.

Esempio di cadenza frigia (VI in primo rivolto-V)


Il nome deriva dal movimento discendente di un semitono del basso che si ritiene sia
una derivazione delle cadenze, di tipo II-I, della musica medioevale nel modo frigio.

Cadenza evitata

Si costruisce come una cadenza perfetta tranne per il fatto che il V grado viene poi seguito
da un accordo modulante ad altra tonalità (ad esempio una settima di dominante che modula
alla sottodominante). Le possibilità di modulazione poss ono essere, ovviamente, molteplici.
31
Esempio di cadenza evitata in la minore con modulazione a re minore

Cadenze in battere od in levare

Questa differenziazione si basa sul tempo in cui cade l'ultimo accordo della cadenza.
Se si tratta di un tempo forte si ha la cadenza in battere (un tempo definita maschile),
altrimenti si tratta di una cadenza in levare (o femminile).

Esempio di cadenza (perfetta) in battere

Esempio di cadenza in levare


Ogni tipo di cadenza armonica può essere sia in bat tere che in levare.

La cadenza vocale o strumentale

Canto gregoriano

Nel canto gregoriano il termine cadenza indica varie formule melodiche


utilizzate per concludere il brano.
32
Opera lirica e concerto

Nell'opera il termine cadenza indica un passaggio melodico, anche esteso e pressoché


privo di accompagnamento, utilizzato poco prima della conclusione del brano.
Fino alla fine del XVIII secolo le cadenze delle arie d'opera erano quasi sempre scritte o
improvvisate dai cantanti che le eseguivano. In seguito i compositori provvedettero a
scrivere le cadenze vocali per esteso, ma i cantanti non smisero di modificarle o riscriverle.
È celebre la lunghissima cadenza col flauto nell'aria della pazzia di Lucia di Lammermoor
di Gaetano Donizetti, forse composta dal soprano Teresa Brambilla e comunque assente
nell'originale donizettiano. Nel corso del XX secolo i cantanti d'opera abdicarono quasi del
tutto a tale ruolo di compositori aggiunti, ma in cambio si assistette ad un curioso fenomeno
di codificazione di ciò che in origine costituiva un m omento improvvisativo, o almeno
estemporaneo, dell'evento musicale: l'editoreRicordi pubblicò le cadenze (e le variazioni)
raccolte ed elaborate dal maestro Luigi Ricci, che i cantanti presero ad usare regolarmente
in luogo di quelle - più in stile, oltre che normalmente più belle - delle partiture originali.
Solo negli ultimi decenni del secolo la filologia ha cominciato ad aver ragione di questa
tradizione. Per quanto riguarda le cadenze strumentali, nei concerti per strumento solista e
orchestra celebre è quella di Johann Sebastian Bach nel suo Concerto Brandeburghese n. 5
nel quale, verso la fine del primo tempo, l'orchestra tacet e il clavicembalo solista esegue un
brano virtuosistico; viene considerata il primo esempio di cadenza nei concerti solistici. In
Germania viene introdotto in partitura attraverso il termine Kadenz.
In questa accezione, la kadenz si riallaccia al precedente significato armonico in
quanto si svolgeva in questi termini:

· l'orchestra si portava sul V grado della tonalità armonizzato con quarta e sesta (accordo di
Tonica in 2° rivolto)
· questo era il "segnale d'inizio" della cadenza solistica e del tacet dell'orchestra, la quale, da qui
in poi, assiste in silenzio all'improvvisazione del solista
· ultimo segnale era costituito dal trillo su armonia di Dominante, che il solista eseguiva poco prima
di cadenzare sull'accordo di Tonica; contemporaneamente l'orchestra riprendeva a suonare e
concludeva il brano

Le nozioni fondamentali

· 1.L'Ottava
· 2.Toni e Semitoni
· 3.Le Note
· 4.Le Alterazioni
· 5.Il Pentagramma
· 6.Le Chiavi
· 7.Il Tempo

1. L'ottava

La successione dei suoni e'suddivisa in ottave. Un'ottava puo' essere definita come la
distanza che separa due suoni che l'orecchio umano percepisce come uguali, ma ad
altezze diverse (il suono piu' acuto ha una frequenza doppia rispetto al piu' grave). Deve
il suo nome al fatto che i "gradini" principali che un suono deve fare per raggiungere il
suo simile che lo segue - o che lo precede - sono, appunto, otto.
33
2. Toni e semitoni

Piu' precisamente l'ottava e' divisa in dodici parti uguali: i sette suoni principali e le cinque alterazioni.
Queste dodici frazioni sono chiamate semitoni; due semitoni formano un tono. Per capire meglio questo
concetto si pensi alla tastiera di un pianoforte, composta di tasti bianchi e tasti neri. I tasti bianchi
corrispondono ai sette suoni principali (le sette note), i tasti neri alle loro alterazioni. Il passaggio da un
tasto a quello adiacente (bianco o nero) e' un semitono (o mezzotono).

3. Le note

A ognuno dei tasti bianchi corrisponde il nome di una nota. La successione delle note e'
la seguente: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si; dopodiche' comincia l'ottava successiva con un
nuovo Do e cosi' via. I paesi di lingua tedesca e anglosassone usano una notazione che
utilizza le lettere dell'alfabeto, dalla A (il nostro La) alla G (il nostro Sol).

Nota Storica:La notazione italiana (do, re, mi, ecc.) nasce intorno all'anno mille con Guido d'Arezzo, che,
come aiuto mnemonico per le varie altezze della scala, suggerisce ai suoi cantori di usare la prima strofa
dell'inno a San Giovanni di Paolo Diacono, utilizzando la prima strofa di ciascun verso:
UT queant laxis - REsonare fibris - MIra gestorum - FAmuli tuorum - SOLve polluti - LAbii reatum -
sancte johannes
il Si sara' aggiunto piu' tardi, verso la fine del'400 dallo spagnolo Bartolomeo Ramos de Pareja. nel'600,
infine, l'Ut (che in Francia e' ancora oggi usato), diventera' per noi Do, ad opera di Giovan Battista Doni.

4. Le alterazioni

Le alterazioni hanno la funzione di spostare un suono, avanti o indietro, di un semitono (o di un tono, nel
caso di alterazioni doppie). Le note alterate corrisponderanno quindi ai tasti neri del pianoforte. Le
alterazioni sono due: il Diesis (simbolo #), alterazione ascendente, e il Bemolle (simbolo b), alterazione
discendente. Ogni tasto nero, percio', potra' contemporaneamente avere due nomi. Ad esempio, il tasto
nero tra Do e Re potra' chiamarsi Do diesis o Re bemolle, quello tra Fa e Sol Fa
diesis o Sol bemolle, ecc. Le alterazioni vengono neutralizzate dal Bequadro (simbolo ), che
riporta il suono alla nota naturale.
Si ha uno spostamento di un tono nel caso del Doppio Diesis (simbolo , movimento
ascendente) e del Doppio Bemolle (simbolo , movimento discendente).

34
SUONO E LE SUE CARATERISTICHE

Il suono è l'elemento costitutivo della musica ed è riconoscibile


attraverso quattro attributi:
Altezza, Durata, Timbro e Intensità

Il suono e le sue caratteristiche

L'altezza di un suono è ciò che ci permette di direse un suono è


grave o acuto.
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La durata è la proprietà del suono di durare nel tempo. Durate


diverse di suoni successivi danno vita al ritmo.

35
Il suono e
le sue caratteristiche

La durata è la proprietà del suono di durare nel tempo. Durate


diverse di suoni successivi danno vita al ritmo.

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Le note musicali

Le note sono sette e prendono i seguenti nomi: DO, RE, MI, FA, SOL,
LA, SI.
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Le note musicali

Le sette note vengono rappresentate sul pentagramma in modo


da distinguerne l'altezza.
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36
LE NOTE MUSICALI

In realtà, i suoni producibili sono ben più di sett e. Quindi, per


raffigurarli tutti, occorre ripetere la sequenza delle sette note più
volte a diverse altezze.
Le note musicali

SCALA 1 SCALA 2 SCALA 3

Questo provoca la ripetizione dei nomi ogni sette note. L'ottava nota
ha lo stesso nome della prima. Infatti la distanza tra due note di egual
nome ma di altezza diversa si chiama "ottava".

Le note musicali

La ripetizione di uno stesso motivo su ottave diverse è


spesso di buon effetto musicale.

37
Il pentagramma

Le note vengono scritte sul pentagramma, detto anche "rigo"


musicale, il quale è composto di 5 linee orizzontali e 4 spazi. Linee e
spazi si contano dal basso verso l'alto.
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Il pentagramma

Sul pentagramma le note sono disposte in modo alternato sulle


linee e negli spazi

Il pentagramma

Se una nota è posizionata su una linea, quella che nella sequenza


delle sette note viene dopo, occupa uno spazio. Ad esempio se sulla
prima linea c'è un mi, allora nel primo spazio c'è un fa.

Il pentagramma

La posizione delle note sul pentagramma è rappresentativa dell'altezza


dei suoni corrispondenti
38
Il pentagramma

Se le note procedono verso l'acuto, la successione seguirà una


scrittura ascendente.

Il pentagramma

Se le note procedono verso il grave, la successione avrà una


scrittura discendente.

La chiave di violino

La chiave di violino indica la nota SOL, posizionata sulla seconda linea.


Le altre note sono disposte di conseguenza.

La chiave di violino

Per meglio associare il nome delle note alla rispettiva posizione sul
pentagramma è preferibile memorizzare le note sulle linee
separatamente da quelle negli spazi.
39
La chiave di violino

Le note sulle linee sono: MI, SOL, SI, RE, FA.

La chiave di violino

Le note negli spazi sono: FA, LA, DO, MI.

La chiave di violino

Il pentagramma permette di contenere solo 9 note (5 sulle linee e 4


negli spazi). Tuttavia, ciò non basta a rappresentare le note più acute
e quelle più gravi.
Quindi è stato introdotto un sistema per estendere il pentagramma
ogni qual volta ve ne sia bisogno.
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40
La chiave di violino

L'accorgimento utilizzato è quello di usare dei "tagli addizionali", cioè


dei trattini che servono a creare temporaneamente nuove linee e
nuovi spazi sopra e sotto il pentagramma

La chiave di violino

In chiave di violino le note sopra e sotto il pentagramma sono


mostrate in figura.

Le figure musicali

Come abbiamo visto è possibile riconoscere l'altezza dei suoni in base


alla posizione delle note sul pentagramma. Ma questo non è sufficiente
ad indicarne anche la durata.
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41
Le figure musicali

Infatti la durata dei suoni viene rappresentata dando forma diversa


alle note. Queste forme prendono il nome di "figure musicali".

Le figure musicali

Le figure musicali sono costituite da una testa, che può essere


piena o vuota, ed eventualmente da una gamba, la quale può
presentare uno o più tagli.
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Le figure musicali

I nomi delle figure musicali sono: semibreve, minima, semiminima,


croma, semicroma, biscroma, semibiscroma.

42
Le figure musicali

La durata di ciascuna figura vale metà della preced ente ed il doppio della successiva.
Ad esempio, la semiminima vale la metà di una minima e d il doppio di una croma.

Le figure musicali

E' proprio per questo motivo che alcune figure musicali si avvalgono
del prefisso "semi-", che significa appunto "metà".

Le figure musicali

In questo modo si potrà ricordare più facilmente ch e la semiminima


vale metà della minima, la semicroma metà della croma e la
semibiscroma metà della biscroma.

43
Le figure musicali

Nella nostra notazione moderna la semibreve è definita anche come


"intero", in quanto rappresenta la figura musicale di valore più grande.

Le figure musicali

La minima, che vale la metà di un "intero", viene anche chiamata "metà".

Il doppio pentagramma

Il pentagramma e la chiave di violino costituiscono gli elementi di base


per rappresentare l'altezza dei suoni.

44
Il doppio pentagramma

Tuttavia il pentagramma con la chiave di violino può contenere solo


una piccola parte dei suoni che normalmente vengono usati

Il doppio pentagramma

Si è visto che questo inconveniente può essere superato con l'ausilio


dei tagli addizionali.

Il doppio pentagramma

Quando però il suono è molto grave o molto acuto, al nota necessita


di molti tagli addizionali che rallentano e rendono difficoltosa la lettura.

45
Il doppio pentagramma

Le note contenute nel pentagramma inferiore, pur occupando la


stessa posizione di quelle situate nel pentagramma superiore, hanno
nome diverso. Ad esempio la nota sulla seconda linea, che in chiave
di violino è un SOL, nel pentagramma inferiore è un SI.

Il doppio pentagramma

Per identificare le note nel pentagramma inferiore viene utilizzata


un'altra chiave detta chiave di basso. La chiave di basso è anche
detta chiave di FA in quanto, mediante i due puntini, indica la
posizione della nota FA. Le altre note sono disposte di conseguenza.

I tagli addizionali con il doppio


pentagramma

Se di utilizzano insieme i due pentagrammi in chiave di violino e di


basso, le note sotto il primo e sopra il secondo possono essere
rappresentate utilizzando l'altro pentagramma
46
I tagli addizionali con il doppio
pentagramma

Le note sotto il pentagramma in chiave di violino sono le


stesse rappresentate in chiave di basso.

tagli addizionali con il doppio


pentagramma

Analogamente, invece di usare i tagli addizionali per rappresentare le


note sopra il pentagramma in chiave di basso, è possibile utilizzare la
chiave di violino.

Il valore e la forma delle figure musicali

Se di utilizzano insieme i due pentagrammi in chiave di violino e di


basso, le note sotto il primo e sopra il secondo possono essere
rappresentate utilizzando l'altro pentagramma.

47
Il valore e la forma delle figure musicali

Il valore della semibreve è espresso con la frazione 4/4, cioè un


'intero'. Dalla semibreve, del valore di un 'intero', si originano le altre
figure musicali.

Il valore e la forma delle figure musicali

Di conseguenza la 'minima' rappresenta i 2/4 dell'intero (la


metà), la 'semiminima' 1/4, la 'croma' 1/8 e così via.

Il valore e la forma delle figure musicali

La frazione numerica di ogni figura musicale definisce quindi il rapporto


di valore rispetto all'intero. Ad esempio la 'minima', poiché vale 2/4
(cioè 1/2), dura la metà dell'intero

48
valore e la forma delle figure musicali

La frazione numerica di ogni figura musicale definisce quindi il rapporto


di valore rispetto all'intero. Ad esempio la 'minima', poiché vale 2/4
(cioè 1/2), dura la metà dell'intero.

Il valore e la forma delle figure musicali

La durata dei suoni espressa dalle figure musicali è comunque


facilmente intuibile anche graficamente.

Il valore e la forma delle figure musicali

Infatti, al segno ovale della semibreve, per ottenere una minima occorre
aggiungere una gamba; la semiminima ha in più la te sta piena; la
croma ha un taglio nella gamba; la semicroma due tagli, e così via.

49
Il valore e la forma delle figure musicali

Per comodità di scrittura e di lettura, quando è possibile si tende a


sostituire i tagli delle figure musicali di valore più piccolo con delle
linee orizzontali che le uniscano a gruppi di due o più n ote.

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La durata dei suoni e le figure musicali

Come visto, la posizione delle note sul pentagramma individua


l'altezza dei suoni.

La durata dei suoni e le figure musicali

...mentre la forma delle figure musicali ne definisce la durata.

50
La durata dei suoni e le figure musicali

Ad esempio la nota in figura è un SOL, in quanto si trova sulla


seconda linea in chiave di violino, e vale 2/4 perché è una minima.

La durata dei suoni e le figure musicali

Se nella melodia raddoppiamo la durata di alcuni suoni, questi


dovranno essere rappresentati con una forma diversa.

La durata dei suoni e le figure musicali

Essendo la prima e l'ultima nota di valore doppio rispetto alle altre, occorre
rappresentarle diversamente, ad esempio sotto forma di pallini bianchi.

51
La durata dei suoni e le figure musicali

Utilizzando le figure musicali è possibile quindi rappresentare i due


suoni di valore doppio con delle minime e le restanti note con delle
semiminime, in quanto la minima vale il doppio della semiminima.

La durata dei suoni e le figure musicali

In realtà, dato che si parla di rapporti tra le durate dei suoni, sarebbe
possibile rappresentare la melodia con figure musicali diverse.
L'unico vincolo è che la figura musicale utilizzata per i due suoni
estremi valga il doppio delle altre.

La durata dei suoni e le figure musicali

Ad esempio se la prima e l'ultima nota sono semibrevi, le altre note


devono essere delle minime; se invece le due note estreme sono
crome, le note restanti devono essere delle semicrome.

52
Le pause

La musica non è fatta solo di suoni, ma anche di silenzi. Anche i


momenti di silenzio occupano una porzione di tempo ben definita.

Le pause

Ciò appare evidente se all'interno di una melodia sostituiamo un


suono con un silenzio.

Le pause

Chiaramente questo momento privo di suono dovrà essere indicato


con un simbolo che quantifichi con precisione la durata del silenzio.

53
Le pause

Per questo motivo i silenzi in musica vengono annotati con dei simboli
di durata, corrispondenti alle figure, chiamati pause. Le pause
conservano il nome ed il valore delle figure alle quali corrispondono.

Le pause

Per completare l'esempio ascoltato, si dovrà aggiungere quindi una


pausa si semiminima, pari al valore della nota mancante.

Il prolungamento del suono: il punto


di valore

A volte è necessario rappresentare suoni con valori un po' più lunghi


o più corti delle figure musicali disponibili.

54
Il prolungamento del suono: il punto
di valore

Per allungare la durata dei suoni viene utilizzato il punto di valore.

Il prolungamento del suono: il punto


di valore

Il punto di valore è un puntino che, posto di seguito alla nota,


aumenta di metà il suo valore.

Il prolungamento del suono: il punto


di valore

Con questo accorgimento si può compensare la mancanza di figure


per rappresentare particolari lunghezze di suoni.

55
Il prolungamento del suono: il punto
di valore

La varietà che si ottiene dall'utilizzo del punto di valore rende


possibile degli effetti musicali particolari.

Il prolungamento del suono: il punto


di valore

Senza il punto di valore, la successione delle medesime note ha un


effetto totalmente diverso e musicalmente meno interessante.

Il prolungamento del suono: il


doppio punto

Se un punto non è sufficiente a rappresentare l'esatta durata di un suono,


è possibile utilizzare un secondo punto. I due puntini
costituiscono il 'doppio punto'.
56
Il prolungamento del suono: il doppio
punto

Il secondo punto vale la metà del valore del primo.

Il prolungamento del suono: il doppio


punto

Il doppio punto viene utilizzato più raramente del punto semplice. Lo


scopo per cui viene impiegato è quello di ottenere un effetto di
sospensione e brusca ripartenza.

Il prolungamento del suono: il doppio


punto

L'effetto sferzante del doppio punto è evidente ascoltando lo


stesso passaggio realizzato invece con il punto semplice.
57
Il prolungamento del suono: la
legatura di valore

La legatura di valore, come il punto, permette di prolungare il


suono rispetto al valore originario della figura musicale.

Il prolungamento del suono: la


legatura di valore

La legatura di valore è una linea curva che unisce due o più note di
uguale altezza. I valori delle note legate vengono sommati come a
formare un'unica nota.

Il prolungamento del suono: la legatura


di valore

Nel caso in cui siano legate tre o più note, viene posto un arco tra
ciascuna nota e quella successiva. 58
Il prolungamento del suono: la
legatura di valore

Senza legatura di valore la nota deve essere ribattuta.

Il prolungamento del suono: la


legatura di valore

La legatura di valore è tipica nei lunghi bassi di pedale d'organo.

Il prolungamento del suono: la corona

La corona (detta anche punto coronato) è un segno che, posto al di


sopra della nota, ne prolunga la durata a piacere dell'esecutore.

59
Il prolungamento del suono: la corona

Generalmente la corona si trova alla fine di un brano,


sull'accordo conclusivo.

Il prolungamento del suono: la corona

La corona è utilizzata anche per indicare una breve cadenza, cioè


un passo in tempo libero a carattere di improvvisazione.

Il tempo musicale

Quando si parla del tempo musicale di un brano, si fa riferimento al


suo andamento e alla velocità con cui va eseguito.

60
Il tempo musicale

Il tempo musicale costituisce una parte fondamentale del


carattere espressivo di un brano.

Il tempo musicale

PIU' LENTO TEMPO GIUSTO PIU' VELOCE

Infatti, eseguire un brano ad una velocità sensibilmente diversa da


quella per cui è stato pensato può comportare una perditadi dettagli
importanti (se troppo veloce), oppure uno sfilacciamento della linea
melodica (se troppo lento)

Il tempo musicale

Il tempo musicale viene indicato sopra al pentagramma all'inizio del


brano, mediante una didascalia che indica l'andamento della musica
(ad esempio: 'Allegro', 'Adagio', 'Largo', 'Andante Moderato', ecc.).

61
Il ritmo

I fenomeni naturali avvengono seguendo un determinato ritmo: il


continuo alternarsi del giorno e della notte, delle maree, delle stagioni.

Il ritmo

Ciò che differenzia il ritmo rispetto al tempo è che, mentre il tempo descrive
il fluire degli eventi (ad esempio lo scorrere delle ore), il ritmo ne scandisce
il ripetersi regolare (ogni 24 ore si ritorna all'ora di partenza).

Il ritmo

Il ritmo è presente anche in poesia e nel nostro parlato quotidiano,


con gli accenti delle parole.

62
Il ritmo

Ogni parola infatti è costituita da sillabe con accenti forti o deboli.


Ad esempio la parola "Tavolo" è composta di tre sillabe: la prima
con un accento forte, la seconda e la terza con un accento debole.

Il ritmo

Se noi pronunciamo una serie di parole con lo stesso numero di


sillabe e la stessa posizione degli accenti, creiamo un ritmo, la cui
unità fondamentale è la parola.

Il ritmo

Il ritmo è quindi l'organizzazione ordinata dei suoni, secondo il


succedersi di accenti forti e deboli.

63
I tipi di ritmo

A seconda della diversa disposizione degli accenti si distinguono tre


tipi di ritmo: "binario", "ternario", "quaternario".

I tipi di ritmo

Il ritmo binario è composto di un accento forte e di uno debole come


nella parola "Méla".

I tipi di ritmo

L'esempio più tipico di ritmo binario lo si ha nell a marcia.

64-----
--------------------------------------------------------------------------------------------
I tipi di ritmo

Il ritmo ternario è composto di un accento forte e due deboli come


nella parola "Càrdine".

----------------------------------------------------------------------------------------------------
I tipi di ritmo

L'esempio più tipico di ritmo ternario lo si ha nel valzer.

I tipi di ritmo

Il ritmo quaternario è composto di un accento forte e tre deboli come


nella parola "Càpitano" (voce del verbo capitare).

65
I tipi di ritmo

L'esempio più tipico di ritmo quaternario lo si ha nel tango.

DANZE POPOLARI

BOLERO spagnola moderato 3/4

CSARDAS ungherese lento-rapido 4/4 o 4/8

MAZURKA polacca moderato 3/4

MINUETTO francese moderato 3/4 o 3/8

POLKA boema veloce 2/4

SIRTAKI greca lento-vivace

TANGO argentina lento 2/4

WALZER austriaca lento-vivace 3/4 o 3/8


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