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Psicologia Musicale II parte - II lezione

Nella prima lezione abbiamo affermato che la cultura musicale d’origine sviluppa un fondamentale
bagaglio di conoscenze, per lo più implicite.
Ma esso si forma su una base biologica; nella seguente lezione iniziamo a trattare le leggi
percettive che sottendono alle capacità ritmiche in musica.

La natura motoria dell’esperienza ritmica

La sincronizzazione motoria rappresenta la faccia più visibile dell’esperienza ritmica, movere il


piede, dondolare una parte del corpo, battere le mani, etc., movimenti osservabili fin dai primi anni
di vita. Movimenti che dimostrano la capacità dell’essere umano di estrarre dalla musica misurata
una pulsazione regolare sottintesa e di coordinare il movimento corporeo in modo da sintonizzarsi
su di essa. Si tratta di una capacità innata e universale, le cui radici vanno rintracciate nelle forme
di periodicità sperimentate già nella fase prenatale (ritmo cardiaco, di suzione) e successivamente
rinforzate attraverso le forme comunicazione globali (parola, canto, movimento, spostamenti nello
spazio, mimica facciale) che in tutte le culture caratterizzano la relazione adulto-bambino:
dondolare e sollevare il neonato, cullarlo cantando ninne nanne, coinvolgerlo in giochi ritmico-
motori.
Non sono ancora chiari i meccanismi neurologici che consentono al nostro corpo di entrare in fase
con la pulsazione, ma alcuni risultati delle ricerche sono illuminanti.

Fin dai primi studi di B. M. Teplov (1986/1965) e P. Fraisse (1911/1996) si osserva che, in
presenza di ritmi sonori, assistiamo ad un fenomeno corporeo particolare di induzione motoria
più o meno evidente, più o meno consapevole dimostrando la natura motoria dell’esperienza
ritmica.
Per comprendere meglio il fenomeno vi riporto la traduzione di uno dei primi scritti di B. M. Teplov:
! La natura profonda del senso ritmico è motoria.
! Ciò risulta da tutti gli studi sperimentali dedicati dagli psicologia questo problema, compresi
! quelli di autori che, come Meummann o Koffka, erano contrari sul piano teorico alle
! “concezione motoria” del senso ritmo.
! Ecco come Bolton relaziona i risultati delle numerose esperienze sulla percezione di rimi
! oggettivi e sulla ritmizzazione soggettiva da lui condotte: “La maggioranza dei soggetti
! sente che una forza incoercibile li spinge a compiere dei movimenti muscolari che
! accompagnano il ritmo. Se reprimono i movimenti di un muscolo essi riappaiono in un
! altro. (...) La forma più frequente di questi movimenti accompagnatori consiste nel battere
! una pulsazione con il piede, muovere la testa, dondolare tutto il corpo. Tre soggetti
! accompagnano l'accento metrico con contrazioni muscolari del diaframma e della cassa
! toracica e non riescono a reprimerle. Contrazioni leggere e solamente accennate sono
! presenti alla radice della lingua e nella laringe. La maggioranza dei soggetti non ha
! coscienza dei loro movimenti muscolari tant'è che la loro attenzione non è mai stata attratta
! da essi a tal punto che uno di loro non ha mai avuto coscienza delle contrazioni ritmiche
! delle sue palpebre”. (…) La conclusione di Bolton fu che questi movimenti non sono
! semplicemente il risultato, ma la condizione dell'esperienza ritmica.”

Lo scritto di Teplov continua riportando svariati esperimenti simili, alcuni dei quali portati avanti
dallo stesso P. Fraisse. Al termine riassume il risultato delle osservazioni con queste parole:

! 1 La percezione del ritmo include generalmente delle reazioni motorie. Si può trattare di
! movimenti visibili della testa, delle braccia, della mano, di un dondolamento di tutto il corpo
! ma anche -casi più frequenti- di movimenti “embrionali” che non si possono vedere:
! movimenti dell'apparato vocale o respiratorio, dei muscoli delle membra, dei muscoli
! profondi della cassa toracica e della cavità addominale. (…) La percezione del ritmo non è
! mai puramente uditiva; essa costituisce un processo uditivo-motorio. Scrive Fraisse: “Tutto
! il ritmo, strumentale o vocale, é innanzitutto movimento prima di diventare percezione”.
Psicologia Musicale II parte - II lezione

! 2 La maggioranza dei soggetti osservati non ha coscienza delle reazioni motorie tant'è che
! la loro attenzione non è attratta da essi. Gli sforzi per reprimere queste reazioni non fanno
! altro che trasferirle in altri organi, quando non interrompono la stessa esperienza ritmica.

! 3 L'esperienza ritmica è attiva per sua natura. Non si può semplicemente “sentire” un ritmo.
! L'uditore potrà sentirlo solo se lo “coproduce” e “coopera”. Scrive Fraisse: “Parliamo di
! esperienza piuttosto che di percezione, essa è accompagnata da reazioni affettive dove la
! componente motoria gioca un ruolo fondamentale”.

! 4 Tutto ciò si determina innanzitutto attraverso la percezione dell'accento ritmico. Da un


! punto di vista psicologico, l'accento ritmico trova la sua espressione in una forma originale
! di attività: una “sensazione di azione”, qualcosa di “energico” e di “teso”. Una sorta di
! “colpo interiore”, e questa esperienza è legata a reazioni motorie più intense.

! Dunque affermiamo che il senso ritmico-muscolare si manifesta perché la percezione della


! musica si accompagna a delle reazioni motorie che restituiscono a livelli differenti, il corso
! temporale del movimento musicale o, in altri termini, che la percezione della musica ha un
! carattere attivo, uditivo-motorio. (TEPLOV B. M, 1966, Psychologie des aptitudes musicales, pp.
! 338/339/344/345, PUF Presse Universitaire de France, Paris)

La natura muscolare dell’esperienza ritmica ha portato alle definizione di “senso ritmico” piuttosto
che di “orecchio ritmico”.

Questo era già stato intuito da grandi didatti della musica del novecento, primo fra tutti E. Jaques-
Dalcroze, poi C. Orff, E. Willems, che hanno utilizzato il corpo (movimento/gesto/voce) come
strumento musicale primario, naturale e potente veicolo di esperienze musicali percettive,
espressive, creative, cognitive.

Vi segnalo due link che esemplificano due modi diversi di utilizzare il movimento in ambito
didattico:
- il primo giocoso, semplice, intuitivo. Pur essendo eseguito da studenti adulti che imparano il
metodo Dalcroze e si “mettono nei panni” dei bambini, possiamo rintracciare le tipiche modalità
del gioco infantile “far finta di suonare” https://www.youtube.com/watch?v=RXB67nHnty0
- il secondo mostra più o meno lo stesso obiettivo (sincronizzarsi con la pulsazione della musica e
saperla mantenere durante pause irregolari) in un contesto meno spiritoso h t t p s : / /
www.youtube.com/watch?v=zsROX7pQdZM

Entrambe le semplicissime attività allenano corpo e mente ad agire in sincronia, abituando i


partecipanti a prestare la massima attenzione ed essere pronti a reagire.

Il secondo video utilizza due movimenti elementari: la camminata e il battere le mani. Movimenti
comuni sui quali, come vedremo, si fonda la ritmicità dell’essere umano.

Relazione fra ritmi corporei e percezione uditiva

La complessità e l’eterogeneità dei movimenti che l’uomo ha acquisito nel corso della sua
evoluzione (dai semplici movimenti biologici, ai più raffinati come usare coltello e forchetta, fino ad
arrivare ai virtuosismi degli acrobati ma anche dei musicisti) sono frutto dei meccanismi di
anticipazione tipici degli animali superiori che hanno avuto, ed hanno tuttora, un’importante
funzione per la sopravvivenza e l’adattamento.
Paul Fraisse, psicologo che affronta in modo approfondito la percezione temporale, osserva la
relazione fra i principali e più evidenti ritmi corporei e la percezione dei ritmi uditivi, giungendo alla
conclusione che la psicologia del ritmo inizia con la psicologia dei movimenti umani ordinati.
Psicologia Musicale II parte - II lezione

I ritmi corporei comuni (masticazione, suzione, camminata) si situano tutti entro la stessa banda di
frequenza, molto stretta, che va dai 20 centesimi di secondo (cs) ai 180 cs, e nota che il valore più
rappresentativo è fra i 60 cs agli 80 cs pur presentando minime variabili antropometriche e di età (i
bambini piccoli hanno ritmi corporei più veloci).
Anche la percezione di ritmi uditivi si situa più o meno entro gli stessi limiti: immaginate una serie
di suoni identici e isocroni, se la distanza fra i suoni è superiore ai 2 secondi la mente fatica a
raggrupparli, la sincronizzazione è insicura a meno che non immaginiamo interiormente una
scansione raddoppiata che suddivida la pausa; al contrario se la distanza è minore di 1/8 di
secondo, la pausa fra i suoni non è più percepibile e la mente percepisce un gruppo sonoro simile
ad un tremolo.

Ascoltate un frammento dell’inizio della composizione di G. Ligeti “Lux aeterna” per coro misto
https://www.youtube.com/watch?v=-iVYu5lyX5M
impossibile per l’ascoltatore percepire la pulsazione eppure è scritta in 4/4.
L’uso di lunghe durate non ci permette di raggruppare mentalmente i suoni e creare, fra loro, una
relazione temporale prevedibile.

Fraisse studia anche un tempo corporeo particolare, il tempo spontaneo, cioè quella velocità
preferita da ognuno di noi quando realizziamo movimenti semplicissimi come battere un indice su
tavolo, dondolare una gamba, dondolare un braccio, picchiettare con una matita.
Anche questa velocità risulta assimilabile ai ritmi motori biologici.
A. M.Freschi a proposito del tempo spontaneo:
! Non è dimostrata la sua relazione diretta con i ritmi corporei (polso, cuore) ma gli studiosi
! sono concordi nel ritenere che l’esecuzione di una pulsazione regolare e la sua
! sincronizzazione su una musica risultino più agevoli entro la gamma del tempo spontaneo,
! e in genere se la velocità della pulsazione non “supera i confini del passo”, cioè se non è
! troppo lenta o troppo veloce per essere scandita camminando. Il concetto di tempo
! spontaneo ci è di aiuto anche per capire un altro aspetto della sincronizzazione. (...)
! Quando battiamo le mani o ci muoviamo sulla musica generalmente non stiamo
! riproducendo ciò che sentiamo realmente, ma stiamo estraendo, o meglio, inferendo dal
! flusso musicale una scansione periodica sottesa. In realtà noi stiamo inconsapevolmente
! scegliendo fra diverse scansioni periodiche sottintese. Fra queste !tendiamo a scegliere,
! per sincronizzarci, quella scansione la cui velocità si colloca nel tempo spontaneo.
! Secondo la Dynamic Attending Theory proposta da M. Riess Jones, ogni individuo ha un
! proprio andamento periodico interno in base al quale l’elaborazione dell’evento è ottimale
! (referent period). Quando entra in relazione con una sequenza complessa come quella
! musicale, composta di più livelli gerarchicamente strutturati (pulsazione, accento metrico e i
! ritmi delle varie parti degli strumenti o voci) , “accorda” i propri ritmi interni con un livello,
! generalmente quello più prossimo alla pulsazione interna, che viene chiamato referent
! level. Una volta che l’ascoltatore si è “agganciato” alla musica in questo modo, può dirigere
! l’attenzione selettiva (focal attending), sia verso le periodicità più veloci che verso quelle
! più lente. Queste strategie non escludono la possibilità di adottare una strategia di ascolto
! globale, attraverso la quale i diversi livelli siano percepiti simultaneamente. Quest’ultima
! sembra caratterizzare un livello di competenza più avanzato.!
! (Lucchetti, Ferrari, Freschi, INSEGNARE LA MUSICA, Carocci Faber, Roma, 2012)

All’ascolto della Marcia op.99 di S. Prokofiev che ha indicata in partitura una pulsazione molto
veloce (1/4 =134, alcune edizioni 144) non solo gli adulti ma anche i bambini scelgono
istintivamente di sincronizzarsi con l’accento metrico, cioè l’1 del metro 2/4.
https://www.youtube.com/watch?v=kkL-ruotbl4
Psicologia Musicale II parte - II lezione

L’identificazione fra la pulsazione che si attiva a livello percettivo (o per capirci “all’ascolto”) e la
figura della notazione scritta scelta come unità di tempo, funziona nella maggioranza dei casi;
occorre però che teniamo presente che non sempre c’è corrispondenza fra il piano percettivo e
quello della scrittura. Quindi, fra percezione ritmica e organizzazione ritmica di un ascolto musicale
(vedi Ligeti) e fra percezione ritmica e organizzazione grafica dello stesso brano non c’è
necessariamente corrispondenza.

Altrettanto interessanti le osservazioni di Fraisse sul fenomeno del dondolamento, movimento


ritmico tipico della specie umana e animale.
Dondolare un piede, una gamba, la parte superiore del corpo, etc., movimenti frequentissimi nelle
nostre giornate, ritmi motori apparentemente senza uno scopo preciso.
Anche questo ritmo motorio si situa nella banda di frequenza della quale abbiamo parlato in
precedenza; è tipico dei bambini ma si osserva anche negli adulti e si presenta come movimento
stereotipato nelle situazioni di malessere.
Si tratta di un regolatore del benessere fisico e psicologico, serve a regolare le tensioni
muscolari in funzione della postura e dell’attenzione. Ha lo scopo di ricarica energetica sia in
senso rilassante sia in senso riattivante.
Fraisse ne parla per portare l’attenzione sulla valenza affettiva ed emotiva del movimento ritmico,
sottolineando la relazione fra il piacere fisico e l’attività ritmico-motoria.

Non potendo realizzare insieme attività ritmiche a partire dai ritmi motori biologici allego tre
esperienze didattiche che utilizzano la camminata come base di partenza per l’approccio allo
sviluppo del senso ritmico.

La prima Inspirazioni è tratta dal libro CERLATI P., ALBARELLO D., Abitare i suoni, ed. Pro
Civitate Christiana, Assisi.
L’attività è pensata per i ragazzi della prima media ma scegliendo alcune parti è possibile proporla
anche a ragazzi più piccoli.

La seconda Strane andature... dal libro FERRARI F., (2002) Giochi d’ascolto. L’ascolto musicale
come tecnica di animazione, ed. Franco Angeli, Milano

La terza Pulsando dal libro di STROBINO E., VINEIS D., Il teatro del ritmo, Centro studi Maurizio
Di Benedetto, Lecco.
Potete trovare il libro online a questo link https://www.musicheria.net/rubriche/musica-d-insieme/
54-il-teatro-del-ritmo

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